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28/09/2022

La glottologia studia la linguistica storica. La prima parte tratta la questione della classificazione delle lingue,
una panoramica delle lingue della famiglia indoeuropea, muovendo dall’India spostandosi verso occidente,
vedendo i vari rami della famiglia. La seconda parte va più nel dettaglio, si va ad esaminare le figure vissute
nell’800 fino alla fine dell’800, fondatori della linguistica storica. La linguistica non aveva ancora metodi di
lavoro, vedremo i problemi affrontati da questi studiosi.

Uno degli obiettivi della ricerca linguistica non solo dell’800 è stato il problema della classificazione delle
lingue storico-naturali, ovvero individuare dei criteri in base ai quali organizzare, ripartire le varie lingue in
determinati raggruppamenti, a seconda di certe affinità delle lingue. La ricerca di determinati criteri in base
ai quali classificare le lingue. Si delineano due tipi di classificazioni, che partono da presupposti differenti. La
classificazione genealogica individua i rapporti di parentela tra le lingue e una lingua madre, dalla quale
sono derivate e capire come si rapportano tra di loro. La classificazione tipologica mira a individuare
determinate caratteristiche delle lingue e vedere come sono presenti tra le lingua queste caratteristiche.
Nella classificazione tipologica confronto lingue che tra di loro possono essere imparentate o meno ma
questo non ha rilevanza, devo verificare se determinate caratteristiche sono presenti in quelle lingue. La
classificazione genealogica è il metodo che si è sviluppato nel corso dell’800. Alcuni studiosi tentano una
classificazione tipologica a base morfologica nell’800, ma questo avrà efficacia nel 900.

La classificazione genealogica è la classificazione dell’eccellenza della linguistica storica, la premessa è


individuare somiglianze tra le lingue. La conseguenza della classificazione delle somiglianze è questa, sono
la prova dell’esistenza di rapporti genetici tra le lingue. Il problema è avere a che fare con che tipo di
somiglianza mi serva. Questi tipi di somiglianza non valgono tutti allo stesso modo. Queste somiglianze su
quale piano sono somiglianze valide per poter dimostrare rapporti genetici? La morfologia più che la
sintassi. Il lessico sicuramente non serve a ricostruire rapporti genetici perché ci possono essere fenomeni
di interferenza linguistica. Le lingue indoeuropee sono flessive, contengono nel corpo della parola diverse
informazioni. Se nel corpo della parola ci sono tutte queste informazioni la lingua gode di una maggiore
libertà nell’ordine della parola. L’ordine delle parole, l’ordine sintattico non si presta a ricostruire i rapporti
genealogici. Ci rimane il piano morfologico e quello fonetico-fonologico, che per eccellenza usiamo per
ricostruire rapporti genetici tra le lingue. Il confronto fonetico-fonologico ci consente di individuare la
parentela delle lingue. Gli studiosi analizzano delle liste di parole non per confrontare il lessema, ma per
confrontare la materia fonica che sono presenti in queste forme e vedere se c’è una sistematicità di
corrispondenze. Se troviamo una sistematicità delle corrispondenza sul piano fonetico-fonologico abbiamo
la prova di trovarci di fronte a lingue tra di loro imparentate. Somiglianza delle forme, non ci può essere
identicità tra le forme, se divergono tra di loro, queste divergenze le dobbiamo studiare con l’obiettivo di
vedere se queste divergenze le possiamo inserire in una serie di corrispondenze sistematiche. I rapporti di
parentela si basano su somiglianza dell’anatomia fonica, corrispondenze sistematiche. Equazioni
fonologiche comprovate si possono definire. Se le differenze ricadono in un quadro coerente, pur
divergendo tra di loro, abbiamo la prova di un rapporto genetico, di parentela tra queste forme. Accanto
alla somiglianza formale ci deve essere anche affinità semantica. I rapporti di parentela si possono
ricostruire se c’è somiglianza formale, mai ricercare identità formale o semantica, è un rapporto di
identificabilità. Vedere come queste forme per quanto possano cambiare i loro cambiamenti si possono
spiegare. Le differenze possono essere spiegate in termini di corrispondenze sistematiche. A che livello
della ricostruzione ci troviamo e possiamo avere de termini di confronto, delle prove che la radice
ricostruita è corretta? Possiamo avere dei termini di confronto oppure no. Dipende dalla distanza
cronologica dei materiali usati. Se proietto all’indietro i rapporti genetici, arrivo alla fase preistorica, di cui
non ho prove scritte. Il procedimento per lo studioso è sempre lo stesso, privilegiare le corrispondenze
fonologiche per ricostruire i rapporti fra le lingue. Primato della fonologia per ricostruire rapporti genetici
fra le lingue. Il piano fonetico-fonologico si presta molto, per il numero delle unità funzionali in gioco e la
loro facile identificazione. Pur avendo una lingua antica, è probabile queste unità siano tutte da studiare. Se
confrontiamo dei morfemi tra di loro, è possibile che in questo corpus non ci siano tutti i segni presenti in
quella lingua. Sul piano sintattico, è sufficiente l’ordine delle parole, ma se è una lingua flessiva, non è
affidabile. Queste unità fonetiche non le studiamo in astratto ma quando funzionano nel sistema. I fonemi
sono unità funzionali le studiamo quando funzionano in una parola. Questi sono i motivi fondamentali che
ci evidenziano il piano fonetico-fonologico tra le lingue. Nel ricostruire rapporti genetici andiamo indietro
nel tempo, ricostruiamo delle lingue madri, nel corso del tempo questo problema è stato legato a un’ipotesi
monogenetica. Al giorno d’oggi risulta inaccettabile, distinguiamo famiglie linguistiche, non ne individuiamo
una sola. In passato nel medioevo per influsso della religione cristiana si credeva che l’ebraico fosse la
lingua madre. Solo nell’800 la linguistica storico-comparativa supera questo paradigma biblico. Solo con
l’800 nasce una riflessione scientifica sulle lingue. Per tutto il medioevo si dava credito all’episodio della
Genesi, della torre di Babele. Le differenti lingue sono spiegate come una punizione divina. Uno studioso
che si rese conto per la prima volta dell’esistenza di rapporti di parentela tra le lingue europee fu Jones, che
a fine 700 osservò similitudini tra le lingue antiche dell’Europa. Era un magistrato inglese, interessato alla
cultura della civiltà delle colonie. Fa una riflessione sul sanscrito. Si nota una similitudine tra lingue antiche
dell’Europa e lingue dell’Oriente e si presuppone un rapporto di parentela. Nel 1788 viene osservata questa
similitudine tra il sanscrito e le lingue europee. La diffusione del sanscrito si ebbe grazie a un filosofo che
permise la diffusione della lingua e diede avvio agli studi di linguistica storica. Prima di uno studio
scientifico, Jones ha intuito l’esistenza del rapporto di parentela. Ha anche un’intuizione più raffinata
rispetto agli studiosi 800eschi, che ritenevano il sanscrito lingua madre. Non avendo nessuna base
linguistica, coglie nel segno, le lingue presentano similitudini che potrebbero derivare da una lingua madre
comune.

29/09/2022

La correttezza del ricostruire rapporti genetici è confermata se individuiamo corrispondenze sistematiche.


Ci sono casi di mancata di corrispondenza sul piano del significato. Se riusciamo a trovare rapporti di
identificabilità abbiamo la prova che queste forme possono essere ricondotte a una famiglia genetica
comune.

Modello dell’albero genealogico, Schleicher nel 1861 formulò un modello ricostruttivo dei fenomeni di
parentela linguistica. Secondo la sua teoria la primitiva lingua madre si sarebbe progressivamente
differenziata in rami successivi fino ad arrivare alla differenziazione massima delle lingue figlie. VEDERE
ALBERO GENEALOGICO INDOEUROPEO. Questo modello presenta anche svantaggi. Per la prima volta si è
tentato di dare una rappresentazione valida di quelli che erano i rapporti tra le varie lingue. Il grosso
vantaggio di questo modello è stato di aver dato una sistematizzazione, ci permette di far capire la
posizione reciproca delle lingue note all’epoca. Nel 900 si aggiungono il ramo trocaico e le lingue
anatoliche. Il modello presenta dei grossi limiti, di cui è presupporre che la scissione dei rami siano scissioni
binarie. Altro grosso problema è che un modello del genere è che presuppone nella loro storia queste
lingue siano andate progressivamente differenziandosi tra di loro, senza implicare che siano possibili dei
fenomeni di contatto, di interferenza tra le lingue. Le lingue sarebbero rimaste isolate tra di loro. Quelle che
sono le influenze reciproche tra le varie ramificazioni non possono essere contemplate. Se da un punto di
vista esplicativo ci fa capire bene la posizione della lingua, questo è un pregio. Si sapeva che le lingue
indoeuropee avessero similitudini, ma non si sapeva in che rapporto fossero tra di loro. Questo modello che
è rigido è condizionato dal clima culturale del tempo. La linguistica storica era nascente, non aveva metodi
di studio e fa riferimento alle scienze naturali. S considera le lingue organismi viventi, al pari di un animale.
Nella sua ottica le lingue hanno un ciclo vitale, nel quale la comunità di parlanti non svolge alcun ruolo.
Nella vita di una lingua si sussegue un ciclo vitale che comporta il passaggio da lingua isolante, poi
agglutinante, poi flessiva, arrivata qui la lingua flessiva è quella che funziona meglio si raggiunge la maturità
della lingua, dopodiché finisce. S riesce a reinserire questa idea che già circolava. Siamo in clima organicista,
pochi anni dopo nel 1872 un allievo di S, Schmidt propone un modello che supera l’albero genealogico.
Arriva alla teoria delle onde. Si tratta di vari cerchi che non sono posti gradualmente, la cui posizione
corrisponde all’area geografica in cui sono parlate le lingue. Questo modello parte da una metafora,
immaginiamo un sasso lanciato in un secchio d’acqua, si formano onde concentriche che man mano si
allontanano dal sasso, se cadono più sassi, le onde si sovrappongono tra di loro. L’immagine dei cerchi
concentrici serve a rendere conto dell’estrema fluidità con la quale le innovazioni si diffondono nello spazio
e serve a rendere conto delle affinità che noi riscontriamo su lingue che sono parlate su territori limitrofi,
rispetto a lingue che si trovano a grandi distanze geografiche. Può spiegare perché ci sono similitudini tra
lingue italiche e lingue celtiche. Il vantaggio del modello è descrivere le lingue come un continuo, senza salti
bruschi, ma descrive il contagio come una zona grigia ma continua. Questo modello può descrivere la
fluidità delle lingue, l’assenza di salti bruschi. I risultati di questa visione più dinamica dei rapporti di
parentela non tarderanno a vedersi perché a inizio 900 nascerà la geografia linguistica a partire dal modello
delle onde. Nel 1872 Sm arriva a un modello di parentela delle lingue non solo a livello temporale ma anche
spaziale. Presenta anche dei limiti. Se le dimensioni di variabilità sono lo spazio, il tempo e la socialità, la
socialità non è tenuta presente.

Vari studiosi pur credendo nella classificazione genealogica si interessano alla classificazione tipologica,
rivolta alla tipologia morfologia. La tipologia sintattica, in base all’ordine dei costituenti, si avrà nel 900.
Indice di sintesi indica il numero di morfemi presenti all’interno di una parola, maggiori nelle lingue
polisintetiche, quasi assenti nelle lingue isolanti. Indice di fusione descrive la possibilità con cui siamo in
grado di distinguere i morfemi all’interno di una parola. Se è alto nelle lingue flessive, è basso nelle lingue
agglutinanti. Nel corso dell’800 abbiamo tentativi di classificazione tipologica. Il primo è di Schlegel tra
lingue flessive e non flessive. Von Humboldt identifica quelle flessive, agglutinanti e incorporanti. S
distingue in lingue flessive, agglutinanti e analitiche. Solo nel corso del 900 avremo una classificazione
tipologica sintattica, in particolare con Greenberg. Nel 1963 studia lingua di tutto il mondo, sia che abbiano
rapporti genetici sia che non. Individua questi quattro tipi linguistici: VSO/Pr/NG/NA arabo, ebraico e lingue
celtiche. SVO/Pr/NG/NA lingue romanze. SOV/Po/GN/AN giapponese. SOV/Po/GN/NA basco, che non è
imparentato con nessuna lingua. Il primo elemento fa riferimento alla posizione del soggetto nella frase. Il
secondo parametro sarebbe preposizioni o proposizioni. Il terzo parametro sta per genitivo e nome. Il
quarto parametro è la posizione dell’aggettivo. La classificazione riguarda sempre il determinante e il
determinato.

Il metodo di classificazione per eccellenza è quello genealogico, ha come obiettivo fasi linguistiche passate e
ricostruire una protolingua comune che possa giustificare a posteriori le corrispondenze tra le varie lingue.
La classificazione tipologica mira a individuare le caratteristiche comuni alle lingue fino ad arrivare agli
universali del linguaggio. Un universale è che le lingue possiedano le vocali e le consonanti. Nell’ambito dei
sistemi vocalici, a, i e u, che ci sono obbligatoriamente in tutte le lingue del mondo.

04/10/2022

Jones si rende conto che ci sono similitudini tra le lingue. La scoperta delle lingue indo-iraniche è
importante perché si hanno documentazioni di queste lingue dal secondo millennio. Si dividono in ramo
indiano e ramo iranico. Il ramo iranico la cui documentazione più antica è l’avestico, lingua religiosa, quindi
abbiamo dei canti, dei testi religiosi. Si hanno iscrizioni su pietra, iscrizioni all’aperto, esposte, che mettono
in luce le loro imprese, le loro gesta. La caratteristica del persiano antico è l’uso di un sistema di scrittura
cuneiforme. Dobbiamo vedere come si combinano i due codici. La stragrande maggioranza delle lingue
indoeuropee sono messe per iscritto con l’alfabeto latino. La frammentazione delle lingue iraniche
continua: medio iranico (III d.C.-VII d.C.), iranico moderno. Abbiamo una diacronia di queste lingue che
arriva ai giorni nostri. Una caratteristica delle lingue indo-iraniche è una semplificazione del sistema
vocalico. Caratteristica è la confusione delle vocali medie con la vocale bassa. *e, *a, *o > a. Questa
semplificazione ha tratto in inganno gli studiosi perché all’inizio dell’800 si credeva che il vocalismo del
proto-iranico fosse quello originario. In realtà il vocalismo di queste lingue ha subito cambiamenti. Oggi
questa caratteristica del sanscrito è riconosciuta come cambiamento. Altra caratteristica dell’indo-iranico è
la conservazione della quantità vocalica. Alcune i derivano dall’esito di un suono che noi ricostruiamo. Non
è però corretto pensare che ci siano esclusivamente le tre vocali cardinali, abbiamo anche vocali medie
esito di semplificazioni di dittonghi. Il monottongamento è l’assimilazione di due forme che vanno a
confluire. Per fare una sillaba abbiamo bisogno di una vocale. Ci sono altri suoni che si pongono a metà
strada tra le vocali vere e proprie e le occlusive e possono fungere da centro di sonorità per la sillaba, sono
*m, *n, *l, *r. Queste sonanti danno origine a delle vocali o sviluppano una vocale di accordo.
Caratteristiche dell’indiano antico è la conservazione delle sonanti, in particolare la vibrante. La funzione
delle sonanti dipende dal contesto. Il sistema delle occlusive è caratteristico, è a quattro elementi. L’antico
indiano è l’unica lingua in cui ci sono quattro suoni occlusivi distinti. La maggioranza di lingue indoeuropee
ha ridotto a una posizione di sonorità. Questa differenza tra l’antico indiano rispetto al sistema che
ricostruiamo per il proto-europeo, è stata oggetto di dibattito tra gli studiosi. Al giorno d’oggi tendiamo a
credere che l’indiano antico abbia rinnovato. L’iranico presenta l’esito della perdita del tratto
dell’aspirazione. Legge di Bartholomae descrive un fenomeno di assimilazione a contatto. Se abbiamo una
sequenza costituita da una sonora aspirata seguita da una sorda semplice, c’è contatto tra questi due
elementi, il tratto dell’aspirazione passa al secondo elemento, come anche il tratto della sonorità. Legge di
Grassman descrive un fenomeno opposto, di dissimilazione a distanza. Una consonante aspirata iniziale di
sillaba perde il tratto dell’aspirazione se una seconda consonante aspirata si trova nella stessa sillaba o
all’inizio della sillaba successiva. Avviene tra due segmenti che sono a distanza. Cronologia relativa, quando
studiamo gli effetti delle leggi fonetiche, dobbiamo anche capire come si collocano in successione le varie
leggi fonetiche. Prima ci sono stati gli effetti della legge di Grassman, poi quelli della legge di Bartholomae.
Gli esiti delle articolazioni dorsali, suono occlusivo, che si chiama dorsale perché il dorso della lingua tocca
un punto del palato nella sua articolazione. Sono le palatali, le velari e labio-velari. Qual è la differenza tra
queste tre? Nelle palatali si tocca la parte davanti del palato. Nelle velari avviene all’altezza del velo
palatino. I suoni labio-velari sono quelli contraddistinti da una combinazione di velare più labiale. Se
abbiamo tre dorsali, nelle lingue indoeuropee abbiamo sempre due dorsali, che non sono distribuite in
maniera omogenea. Nell’area occidentale abbiamo la conservazione delle labio-velari e la confusione delle
velari e delle palatali. Nelle lingue orientali troviamo esiti satem, le palatali si sono conservate, labio-velari e
velari si sono confuse. Isoglossa è la linea immaginaria che separa uno spazio geografico da un altro, quello
spazio presenta delle caratteristiche diverse dagli altri spazi. Bartoli a inizio 900 tentò di spiegare gli esiti
linguistici in base alla distribuzione geografica, inserendoli in una dimensione cronica. Una norma areale è
quella delle aree laterali. Se noi abbiamo un’area geografica in cui abbiamo fenomeno di tipo A, poi tipo B,
poi di nuovo A, questa distribuzione geografica può essere messa in una prospettiva diacronica e A fosse la
fase più antica e un’innovazione è avvenuta al centro. Le aree laterali sono conservatrici, mentre le aree
centrali sono innovatrici. Come possiamo spiegare lingue centum nel dominio occidentale e lingue satem
nel dominio centrale? E poi lingue anatoliche e tocariche che hanno esiti centum. In origine tutte le lingue
presentavano l’esito centum, fase più antica che si è conservata nelle aree marginali. Legge delle palatali,
avvenuto in indiano antico, che riguarda le consonanti, la scoperta di questa legge ha avuto conseguenze
importanti per una corretta ricostruzione dell’indiano antico. Descrive un fenomeno di palatalizzazione
importante. È un fenomeno di assimilazione relativo al punto di articolazione. È un fenomeno di
assimilazione a contatto parziale, un’occlusiva velare diventa palatale perché segue una palatale. Abbiamo
prima la legge delle palatali e poi il passaggio della e ad a. La legge delle palatali porta il nome di Collintz-
Saussure. Perché questa legge è stata importante per la ricostruzione del vocalismo dell’indiano antico?
Perché dimostra che il vocalismo ha innovato, indirettamente ha dimostrato una fase preistorica nella quale
esistevano le vocali medie. Indirettamente questa legge delle palatali prova che in indiano antico erano
esistite delle vocali e. Da un punto di vista fonologico questa legge può essere definita come una
trasformazione fonetica che aumenta il numero dei fonemi del sistema fonologico di quella lingua. Quelle
che erano varianti combinatorie (determinate dal contesto fonetico) sono diventate dei fonemi veri e
propri. Due fenomeni importanti sono la laterale sonante che si trasforma in sonante. Un esito fonetico
tipico dell’iranico è la trasformazione della sibilante in un’aspirata.

05/10/2022

Le lingue indoiraniche sono state importanti e hanno segnato la nascita della linguistica storica. A inizio 800
si studieranno le corrispondenze tra le lingue antiche europee e le lingue indo-iraniche. Si considerava il
sanscrito come lingua madre, quindi si attribuiva un vocalismo a tre elementi, difficoltà per le lingue che
presentavano vocali medie. La palatalizzazione è stata la prova che l’indiano antico possedeva vocali medie.
La peculiarità del consonantismo è un sistema a quattro elementi. Talvolta alcune di queste regolarità nel
mutamento fonetico si ritrovano anche in altri rami della famiglia indo-europea, come la legge di Grassman,
che agisce su indiano antico e greco antico. Gli esisti delle dorsali, nei diversi rami troviamo due esiti con
contrapposizione tra oriente e occidente. L’isoglossa centum-satem è rivoluzionata, la differenza si spiega
con la norma delle aree laterali. Legge delle palatali è un fenomeno di assimilazione a contatto tra
consonante velare e vocale palatale. È importante la cronologia relativa, abbiamo prima l’effetto della legge
delle palatali e poi il mutamento del timbro vocalico.

Presenta morfologia conservativa, ricca con caratteristiche relative alla protolingua. Tre generi, tre numeri,
con il duale, è un fatto conservativo, perché l’unico altro ramo che lo conserva è il greco, dove però sta
scomparendo, c’è solo nelle fasi più antiche. Si usa per le parti del corpo, per il resto poco. Nel greco di età
classica è scomparsa. È una categoria viva nel greco antico. Anche il sistema dei casi nominali è ricco,
abbiamo 8 casi: nominativo, vocativo, accusativo, strumentale, dativo, ablativo, genitivo, locativo. Il
nominativo si usa per un’interazione. Il nominativo esprime il soggetto. L’accusativo si usa per
complemento oggetto. Lo strumentale esprime lo strumento con il quale si esprime l’azione. Il dativo
esprime l’oggetto indiretto. Il dativo il complemento di modo o di compagnia. Il genitivo è del complemento
di specificazione. Il locativo per indicare lo stato, il luogo. Questo numero di casi non è conservato, andiamo
incontro a fenomeni di sincretismo, ovvero la fusione di due o più casi tra di loro. L’iranico e l’indiano
antichi presentano il numero originario di casi. Si osserva che i casi più facilmente più soggetti a fenomeni di
sincretismo sono i casi locali, i casi grammaticali sono i casi conservati più a lungo. Che succede a una lingua
se non ha la categoria del caso? È l’ordine delle parole che veicola le informazioni segnalate dalla categoria
del caso. Abbiamo una flessione tematica contrapposta a una flessione atematica. Nella stesura della parola
abbiamo una radice, una vocale tematica e una desinenza. Nella flessione atematica non abbiamo la vocale
tematica. Le vocali tematiche sono o ed e. Il sistema verbale presenta tre temi, che sono il presente,
l’aoristo e il perfetto. In cosa consiste la differenza? È una differenza di natura temporale? Il tema del
presente segnala la categoria del presente. L’aoristo segnala il passato intesa come un’azione momentanea
e del tutto non nel suo svolgimento. Il tema del perfetto segnala un’azione nel passato con i risultati
raggiunti da questa azione. Anche nel verbo abbiamo flessione tematica e atematica. Una caratteristica è la
conservazione del perfetto, ma anche di un modo, il modo ingiuntivo, che abbiamo documentato solo nelle
lingue indo-iraniche, solo nell’indiano antico. Ci sono indicazioni in antico indiano e qualche traccia nel
greco antico. Indica una categoria di passato. Altra caratteristica è la presenta di un ricco sistema di participi
o aggettivi verbali, derivati da un tema verbale, attraverso l’uso di temi verbali. L’armeno classico risale al V
secolo d.C., abbiamo indizi della presenza di persone che parlavano questa lingua già nel III, che abitavano
un’ampia zona che comprendeva le sorgenti dei fiumi Tigri e Eufrate. Abbiamo questa documentazione dal
V secolo perché, a opera di un sacerdote Mesrop, fu creato un sistema di scrittura per mettere per iscritto
una lingua che fino ad allora aveva una tradizione orale. Con il timore che questa lingua vada perduta si
crea un sistema di scrittura per questa lingua. Mesrop tra il 406 e il 407 crea questo sistema di scrittura. I
capi della chiesa armena incaricano il sacerdote di creare l’alfabeto, perché c’era il pericolo che altre lingue
venissero usate per le funzioni religiose, il greco e il siriaco. Questo significava rafforzare la lingua e la
religione, ponendola al sicuro dalla propaganda religiosa del mazdeismo. Al V secolo risalgono le prime
traduzioni della Bibbia, il regno di Armenia ha rinvigorito la sua identità culturale e religiosa, minacciata da
altre lingue e religioni. I primissimi documenti sono traduzioni della Bibbia, ma anche testi greci e siriaci.
Non è solo di testi religiosi, ma anche filosofici e grammatici. Accanto alla letteratura di traduzione ci sono
opere letterarie originali, opere storiche e trattati religiosi. A partire dal V secolo l’armeno fu usata fino al
XIX secolo, ancora oggi si usa dalla Chiesa armena, in maniera simile a quanto accade per il latino nella
Chiesa cattolica. Si passa a una fase di armeno medio e dal XVII si passa all’armeno moderno, si registra una
diversificazione dialettale tra un’area orientale, più conservativa e un’area occidentale, più innovativa.
L’armeno moderno si divide in armeno lingua ufficiale di una zona della ex-Jugoslavia e comunità di lingua
armena che risiedono in Turchia o in vari Paesi del bacino mediterraneo, parlanti bilingui, hanno l’armeno
come lingua d’origine, ma parlano anche la lingua dello Stato. L’armeno ha un aspetto particolare nella
famiglia delle lingue indoeuropee, presenta innovazioni nel lessico e nella morfologia. Presenta, per
esempio, un forte influsso da parte delle lingue iraniche. Il 40% del lessico dell’armeno è costituito da
prestiti. Per lungo tempo si credeva fosse una lingua iranica, fino a che Hubschmann è riuscito a provare
l’autonomia dell’armeno. Il frigio era parlato nell’Anatolia, secondo alcuni ci potrebbe essere un
collegamento tra frigi e armeni, continuatori delle popolazioni frigie. Il vocalismo subisce modifiche, si
perde opposizione di lunghezza, tra vocale lunga e breve. Poi ci sono fenomeni di chiusura delle vocali
medie. L’ultima sillaba si perde, una caratteristica che parte dal piano fonetico con ripercussioni sul piano
fonologico. Uno dei cambiamenti maggiormente decisivi fu il tipo di accento, nella fase del
protoindoeuropeo abbiamo accento libero, che può essere su qualsiasi sillaba, in armeno c’è stata una
profonda trasformazione e troviamo accento fisso sull’ultima sillaba. Questo ha prodotto un indebolimento
nella pronuncia della sillaba finale, che può arrivare fino alla caduta della sillaba finale. Se nell’armeno è
caduta la sillaba finale, si sono creati problemi. È un tipo di mutamento linguistico che partono sul piano
fonetico ma hanno ripercussioni sul piano fonologico. Rotazione consonantica è simile a quella delle lingue
germaniche. Gli esiti sono differenti in base al punto di articolazione. L’occlusiva sorda diventa aspirata.
L’occlusiva bilabiale sorda si trasforma in un’aspirata o cade del tutto. La velare sorda si trasforma in una
fricativa. Le sonore aspirate perdono il tratto dell’aspirazione. Cosa comporta un fenomeno di notazione?
Comporta una rifonologizzazione, il numero delle unità funzionali rimane lo stesso, quello che cambia sono
le pertinenze. Mantiene il numero dei fonemi, cambia la pertinenza, su cosa si basa la funzione fonologica.
Il rapporto tra t e d è un rapporto di sonorità che si trasforma in un’opposizione di aspirazione. Quello che
era un’opposizione del tratto dell’aspirazione si trasforma in un’opposizione di sonorità. La trasformazione
di un sistema fonologico senza che ci sia una modifica nel numero dei fonemi. Altro problema sono gli esiti
satem. Non si conservano le palatali però non si confondono con le velari. La morfologia è innovativa, si
perde la categoria del genere. Si perde il duale nel sistema del numero, nel sistema dei casi si perde il
vocativo. Tuttavia, c’è un’innovazione nella morfologia nominale che anticipa un’evoluzione verso il tipo
agglutinante. In una lingua flessiva abbiamo un solo corpo che veicola più di un’informazione. In una lingua
agglutinante i morfemi sono monofunzionali, veicolano un solo caso. Il plurale si segnala tramite un suffisso
che non ha origine indoeuropea. Questi fenomeni sono stati innescati dalla caduta della sillaba finale di
parola. Da un punto di vista tipologico, le lingue agglutinanti presentano il suffisso del plurale che si colloca
prima del suffisso del caso. Nella sua evoluzione una lingua flessiva può andare incontro a modifiche che
comportano cambiamento di tipologia morfologica, da flessiva ad agglutinante. Il sistema verbale presenta
il tema del presente e dell’aoristo, in cui confluisce il perfetto. I modi sono indicativo, imperativo,
congiuntivo. Si perde la categoria del duale. Lo stesso suffisso del plurale si trova nelle forme verbali. Un
tratto conservativo è l’aumento, un prefisso che ricorre nella morfologia verbale per segnalare il passato.
Segnala un tema verbale del passato. Le altre lingue che presentano l’aumento sono il greco e il frigio.
Anche nel caso dell’albanese ci troviamo di fronte a una documentazione varia. Bisogna aspettare l’XI
secolo perché in fonti bizantine siano menzionati gli albanesi con riferimento a queste popolazioni nei
Balcani. Il primo vocabolario risale al 1685, la primissima documentazione del XV secolo è una formula di
battesimo, datata al 1462. L’individuazione dell’albanese come ramo a sé stante fu accertata già nell’800 da
Bopp, si accorse che l’albanese è un ramo autonomo. Pur essendo un ramo a sé stante non si capisce la sua
origine. Alcuni studiosi lo vedono come erede dell’illirico. Oggi è parlato in Albania e comunità albanesi in
Grecia e nell’Italia meridionale. Nell’ambito dell’albanese si distinguono il tosco e il ghego. Il tosco è la
varietà del sud Albania e si è affermata con la fine della Seconda guerra mondiale come lingua ufficiale
dell’Albania, si parla nelle varie comunità. Il ghego è la varietà del nord Albania. Perdita delle opposizioni di
quantità e alterazioni del timbro delle vocali. Fenomeno dell’avanzamento della posizione vocalica. Le
sonanti nasali e la sonante bilabiale si trasformano in a. La sonante laterale e la sonante vibrante
sviluppano delle vocali di appoggio, i oppure u. Si perde il tratti dell’aspirazione nel consonantismo, da un
sistema a tre elementi arriviamo a un sistema a due elementi. Altra caratteristica sono esiti di tipo satem,
non si confondono mai con le velari. La morfologia albanese conserva tre generi, solo che il genere neutro
presenta chiari segnali di cedimento, il neutro si conserva solo al singolare. Il duale scompare, il sistema dei
casi subisce una trasformazione evidente, abbiamo quattro casi, nominativo, accusativo, ablativo, genitivo.
Una caratteristica del sistema verbale è l’opposizione tra presente e passato. Una caratteristica è la
presenza di un articolo posposto. La Lega balcanica sono fenomeni che si verificano in quelle zone che si
sono influenzate reciprocamente. La spiegazione che si dà di questo articolo posposto è di un fenomeno di
contatto linguistico fra queste lingue nell’area balcanica.

06/10/2022

Due rami della famiglia indoeuropee, lingue slave e baltiche. Ci troviamo in piena età cristiana, inizia
l’espansione di popolazioni. Si è cercato di individuare questa patri originaria, si è arrivati alla conclusione
che all’inizio dell’VIII secolo popolazioni parlanti lingue slave si erano mosse verso occidente, verso sud e
verso nord, partendo dal cuore dell’EU, occupando l’attuale Russia e Bielorussia. Non riuscirono a imporre
la loro lingua. Nelle altre regioni riuscirono a insediarsi. Le zone da cui si presume arrivassero è la parte
orientale della Germania. Si tende a studiare il lessico, quella parte costituita dai termini geografici,
soprattutto i toponimi. Il lessico ereditato non comprende la terminologia relativa a zone geografiche
montuose o relative a zone marine, relative alla costa e alla fauna marina o a pesci d’acqua salata. Al
contrario, i toponimi presentano una ricca terminologia relativa a specchi d’acqua dolce oppure foreste,
piante e animali relative a zone continentali. Mettendo insieme questi dati, dal momento che i toponimi
sono una parte conservativa del lessico, si possono cogliere informazioni, si è identificata la Germania
continentale come patria originaria di popolazioni che parlano lo slavo. Oggi si divide in slavo occidentale:
ceco, slovacco, polacco. Lo slavo meridionale comprende bulgaro, macedone, serbo-croato, sloveno. Slavo
orientale comprende russo, bielorusso, ucraino. La documentazione più antica è datata all’850-860,
rappresentata dall’antico slavo ecclesiastico. Intorno all’850-60 Costantino il filosofo, San Cirillo, preparò un
alfabeto per mettere per iscritto questa lingua, l’antico slavo ecclesiastico, ancora oggi usata come lingua
ufficiale della chiesa russa. Una lingua che si conserva in una sfera particolare. La creazione di questo
sistema di scrittura permise di mettere per iscritto questa lingua. San Cirillo era accompagnato dal fratello
Metodio. Anche in questo caso troviamo l’invenzione di un sistema di scrittura per annotare una lingua in
ambito religioso. Esistono due codici distinti, che viaggiano indipendenti. La prima opera di San Cirillo è la
traduzione della Bibbia, l’alfabeto è ancora oggi conservato dagli slavi che aderiscono alla chiesa ortodossa.
Gli slavi che aderiscono alla chiesa di Roma hanno adottato l’alfabeto latino. Gli slavi all’inizio delle invasioni
erano compatti e omogenei, l’antico slavo ecclesiastico è vicino allo slavo comune, lingua madre di tutte le
lingue slave. Troviamo nel vocalismo un fenomeno che troviamo anche nelle lingue germaniche, riduzione
del sistema vocalico da 5 elementi a 4 elementi. Nel vocalismo non parliamo di un triangolo vocalico, ma di
un trapezio. Caratteristica è la presenza di un trapezio vocalico, quello che cambia sono gli esiti. Le vocali
brevi si confondono in una vocale di timbro o, quelle lunghe in a. Il sistema a tre elementi si riduce a un
sistema a due elementi, l’aspirazione non è più un tratto pertinente. L’aspirazione ci può essere, ma non è
pertinente. Abbiamo esiti di tipo satem. Per la morfologia, abbiamo 3 generi con un ulteriore
caratterizzazione del maschile. Il maschile si comporta in maniera differente a seconda che sia animato o
meno. Abbiamo un’innovazione che fa entrare l’animatezza in gioco. Poi ci sono nomi comuni che hanno
referenti inanimati. Nelle lingue slave si combinano categorie grammaticali del caso con la categoria
semantica dell’animatezza. Troviamo 8 casi, quindi morfologia conservativa. Abbiamo un sistema a due
casi, presente e aoristo. Eliminazione della diatesi media, servono ad indicare una serie di categorie verbali.
Caratteristica è l’espressione del medio tramite desinenze differenti dalle desinenze dell’attivo. Nel primo
millennio a.C. le tribù che parlavano lingue baltiche occupavano una vasta area dell’Europa nord-orientale.
Oltre ai territori dell’attuale Lituania e Lettonia, erano abitate da popolazioni che parlavano lingue baltiche,
la Polonia settentrionale, la Bielorussia, ampia parte della Russia, fino a Mosca, attuale Ucraina. Le lingue
baltiche avevano un’espansione più ampia rispetto di quella di oggi. Il ruolo svolto dalla toponomastica
mostra che i nomi geografici di tutte queste zone erano collegati a forme proprie delle lingue baltiche. Se
nel primo millennio a.C. avevano questa espansione, la pressione di popolazioni parlanti slavo e popolazioni
parlanti germanico, ha fatto sì che si limitassero sulle regioni costiere del Mar Baltico. Al giorno d’oggi le
lingue baltiche si suddividono in baltiche occidentale (prussiano antico) e orientale (lituano e lettone),
sopravvivono solo quelle orientali, quelle occidentali sono del tutto estinte. La testimonianza del prussiano
antico è la traduzione della Bibbia nel XV, dal XVI inizia ad estinguersi. Ha un carattere conservativo,
soprattutto nel vocalismo, conserva il vocalismo originario. È stato sostituito dal lituano e dal tedesco. La
documentazione del prussiano antico sono catechismi, testi religiosi oppure vocabolari tedesco-prussiani.
Oggi il prussiano antico è estinto. Il lituano è documentato dal XVI secolo, sono traduzioni di preghiere e dei
testi di catechismo. La caratteristica è la conservazione di un accento di tipo musicale, non intensivo, il
protoindoeuropeo possedeva un accento musicale. L’accento musicale prevede la segnalazione del
cambiamento di tono sulla vocale. Il lettone la documentazione parte dal XVI secolo, il documento più
antico è un testo di catechismo. Ha subito un maggior numero di cambiamenti rispetto al lituano, non c’è
l’accento musicale. Conservazione delle opposizioni di quantità vocalica, per quanto riguarda le consonanti
le sonore aspirate scompaiono, esiti di tipo satem. Il buon grado di conservazione delle sillabe finali ha
permesso la conservazione del sistema morfologico della lingua madre. In lituano si perde l’ablativo, quindi
abbiamo 7 casi originari, si confonde con il genitivo. Si aggiungono 3 nuovi casi per esprimere l’opposizione
tra esterno e interno nei complementi di luogo. Il lituano mantiene il duale, sia nel nome che nel verbo. Il
prussiano antico conserva 3 generi, il lituano e il lettone eliminano il neutro. La morfologia verbale è più
innovativa di quella nominale, si perde il congiuntivo, la diatesi media, si conserva la distinzione tra
flessione tematica e atematica. Unità balto-slava  è innegabile che le lingue baltiche e slave abbiamo
tratti comuni che sono innovazioni. Per esempio, esiti delle sonanti. Le sonanti sviluppano delle vocali di
appoggio. Semplificazione delle consonanti geminate, che diventano scempie. Per i temi in o l’ablativo
viene usato come genitivo. Estensione del consonantismo del neutro alle forme del maschile e del
femminile del pronome dimostrativo. Altra caratteristica è l’esito comune ed esclusivo, il lessico non è tanto
affidabile nella ricostruzione di rapporti genetici. Gli studiosi dell’800 hanno detto che questa è la prova di
un nodo comune da cui sono partite le lingue slave e quelle baltiche. Tenuto conto dei limiti dell’albero
genealogico le similitudini tra le lingue baltiche e le lingue slave le spieghiamo nei termini dei contatti areali,
nei termini di un continuum spaziale che ha determinato una serie di fenomeni di contatto areale fra
queste lingue. Queste caratteristiche comuni non le spieghiamo col modello dell’albero genealogico, ma
come innovazioni diffuse nello spazio e nel tempo di un continuum. Ci troviamo di fronte a un ramo della
famiglia indoeuropea che si estende dal II millennio a.C. ad oggi. Il greco è la documentazione più antica,
insieme alle lingue anatoliche, che abbiamo. La documentazione più antica che abbiamo è quella del
Miceneo, dialetto greco antico. È un sistema di scrittura lineare B. Documentato nell’isola di Creta ma
anche sul continente greco a Pilo, Cnosso e Tebe, tavolette di argilla cruda in palazzi distrutte dal fuoco, dal
1450 e il 1200. Sono testi amministrativi, si parla di archivi micenei che registravano la contabilità. Da un
punto di vista linguistico non sono interessanti. Sono testi interessanti perché presentano arcaismi.
Abbiamo l’assenza di contrazioni nell’incontro di due vocali. Questi testi da un punto di vista linguistico
presentano caratteristiche interessanti. Il sistema di scrittura è il lineare B, è stata decifrata, il decifratore è
stato Ventris, un architetto che partecipò agli scavi, attraverso lo schema combinatorio è riuscito a decifrare
il codice. Il metodo combinatorio funziona vedendo i segni che più frequentemente ricorrono a fine di
parola. È un sistema di scrittura misto, presenta segni ideografici e fonetici insieme. Un segno ideografico è
un segno che può essere letto in varie lingue, non fa riferimento a una realtà fonica. I segni fonetici sono dei
segni sillabici. La civiltà micenea deve aver usato altri supporti scultorei, ma materiali deperibili, come il
legno, i papiri. Con la distruzione dei palazzi micenei intorno al 1200 cessa l’uso della scrittura in Grecia per
ricomparire intorno all’VIII secolo, con il sistema alfabetico greco. La documentazione del greco alfabetico
inizia dal VII secolo a.C. La situazione linguistica del greco è complessa, perché nel I millennio abbiamo una
situazione politica particolare, una serie di città-stato che presentano varietà linguistiche specifiche. Oggi
ricostruiamo questi dialetti: ionico-attico, eolico, dorico, nord-occidentali, arcadico-cipriota. Ionico-attico
era parlato ad Atene, la penisola attica, la penisola calcidica, Elesponto, isole Cicladi. L’eolico era parlato
isola di Lesbo e le coste della Turchia. La zona del dorico è quella meridionale del Peloponneso, isola di
Creta, Cicladi e nella parte più bassa della penisola anatolica. Arcadico-cipriota era parlato nell’isola di Cipro
e nel centro del Peloponneso. I dialetti nordoccidentali nella zona settentrionale del Peloponneso e
nell’area balcanica. Di questi dialetti abbiamo documenti di tradizione diretta, documenti epigrafici, arrivati
così come erano stati fatti. Abbiamo anche documenti di tradizione indiretta, testi letterari che non ci sono
arrivati nella forma concreta ma ci sono arrivati attraverso la trasposizione fatta nel Medioevo. La Coppa di
Nestore è la più antica documentazione del greco antico. Si pensa che sia in esametro, quella dei poemi
omerici. Si tratta di un’iscrizione parlante, l’oggetto stesso parla e dice qualcosa. Si trova a Ischia. Nella
letteratura greca abbiamo una particolarità, c’era una legge non scritta, il collegamento di un genere
testuale a un determinato dialetto specifico. Questa è un’ulteriore caratterizzazione dei dialetti greci.

11/10/2022

14/12 esonero

Il dialetto miceneo ci è stato tramandato da queste tavolette, questi testi non sono interessanti dal punto di
vista linguistico, è la contabilità dei palazzi. Si tratta del dialetto greco più antico che conosciamo, il
miceneo. La documentazione di questi dialetto è di due tipi, diretta costituita da materiale epigrafico e
indiretta costituita da testi di autori classici copiati nel corso del tempo, che potrebbero essere meno
affidabili. Una caratteristica della letteratura greca è una distribuzione dei dialetti in base alla tipologia
testuale: prosa in ionico-attico, testo in versi corale dorico, poesia monodica eolico. A partire dal V e dal IV
secolo si diffonde la koinè, che vuol dire dialetto comune, ovvero la diversificazione dialettale della Grecia.
Si assiste alla diffusione del dialetto ionico-attico in tutto il mondo ellenizzato ad opera di Alessandro
Magno. Si assiste al potere politico delle città-stato e alla diffusione di questa lingua comune. questa koinè
è basata sullo ionico-attico e il greco si fonda sulla koinè. Ci sono comunità di greco in Italia meridionale,
Turchia e Cipro. Per quanto riguarda il vocalismo, mantiene il sistema vocalico del protoindoeuropeo, le 10
vocali sono conservate. L’unico fenomeno che va ad alterare è il fenomeno di contrazione. Il miceneo non
presenta ancora queste contrazioni. Caratteristico del greco è l’accento di tipo musicale, la vocale che porta
l’accento è più alta rispetto alle vocali non accentate. In greco antico l’accento è soggetto ad alcune
restrizioni che sono determinate dalla quantità della vocale dell’ultima sillaba, ma non risale mai oltre la
terzultima. Da un punto di vista indoeuropeista un accento di tono è presente ed è probabilmente quello
che aveva il protoindoeuropeo. La sonante vibrante e laterale sviluppa una vocale di appoggio. La sonante
nasale e dentale si trasforma in una vocale. Si crea un elemento che svolge quel ruolo che era svolto dalla
sonante nel protoindoeuropeo. Caratteristica delle occlusive è un sistema a 3 elementi, le sorde, le sonore
e le sorde aspirate. È l’unico ramo in cui le aspirate si conservano ma perdono la sonorità. per quanto
riguarda il centum-satem, siamo di fronte a lingue centum. Caratteristica delle lingue centum è mantenere
le labio-dentali e confonde le labio-velari con le palatali. Nel greco queste labio-velari si modificano se vi è
una vocale palatale, si trasformano in dentali. Si mantengono inalterate solo in miceneo. Caratteristica è la
caduta delle occlusive in posizione finale. Le fricative sono molto poche, una solo fricativa alveolare sorda
nel protoindoeuropeo. Tipico esempio del greco sono esiti differenti se si trova in posizione iniziale o
interna. Se è in posizione iniziale si trasforma in aspirata. La sonante funziona come centro di tonalità.
Quando si trova in posizione interna si perde e questo esiti fa sì che si incontrino due vocali e ci siano
episodi di contrazioni tra vocali. Altra caratteristica è la trasformazione di j e w, semiconsonanti palatali. Ha
esiti differenti, ancora oggi non si sa perché a volte si trasformi in aspirata e a volte in affricata. Alcuni
hanno proposto che le parole di trafila colta hanno esito in aspirata, mentre le parole che appartengono al
linguaggio informale abbiano in esito l’affricata, ma ci sono dei controesempi. Una caratteristica esclusiva
dello ionico-attico è la perdita dell’approssimante, in altri dialetti si conserva. Nel greco ci troviamo di
fronte ad un sistema morfologico nominale e verbale che è conservativo. Al pari dell’indiano antico
troviamo un ampio numero di categorie. Abbiamo 3 generi, 3 numeri (il duale è in via di estinzione), il
sistema dei casi presenta fenomeni di sincretismo. Abbiamo nominativo, vocativo, genitivo, accusativo,
dativo. Caratteristica è la creazione di un articolo determinativo. Se abbiamo l’articolo medievale deriva da
un pronome dimostrativo. La stessa cosa per il greco antico. Questo articolo lo abbiamo già in uso nel greco
medio. Per quanto riguarda la morfologia verbale è conservato il sistema di 3 temi distinti, presente, aoristo
e perfetto. Questi 3 temi presentano una semantica differente. Il perfetto indica un’azione del passato che
si sta compiendo o il suo prodotto. Si fa riferimento anche alla categoria del tema verbale. L’aoristo
presenta l’aumento, l’uso del prefisso e che precede il tema verbale. Il perfetto presenta il
raddoppiamento, ripetizione della consonante iniziale preceduta da e. Questi 3 temi hanno prefissi
differenti e differenti gradi apofonici, che troviamo nella fase più antica e contempla l’esistenza di diversi
timbri vocalici o diverse quantità vocaliche che veicolano informazioni di natura morfologica. L’apofonia
quantitativa prevede vocale lunga o breve o assenza di vocale. L’apofonia qualitativa prevede una vocale di
timbro e o di timbro o oppure assenza di vocale. Questi processi di apofonia li troviamo chiari nell’indiano
antico. Altra caratteristica è l’aumento che si ritrova in poche altre lingue, nel frigio e l’indiano antico. Altra
caratteristica è una buona conservazione di desinenze verbali, primarie e secondarie. Le desinenze verbali
primarie sono le desinenze del presente. Quelle secondarie sono le desinenza del passato. Sono le primarie
che derivano dalle secondarie, aggiungendo una i. Lo scopo di queste differenti desinenze era designare la
categoria del tempo. Abbiamo una serie di modi, indicativo, congiuntivo, ottativo (per esprimere un
auspicio) e imperativo. Morfologia verbale e nominale conservativa. Altro aspetto è l’esistenza di una
diatesi attiva e media. La diatesi media serviva per veicolare una serie di caratteristiche proprie del verbo.
Nel sistema verbale del greco abbiamo un alto numero di suffissi di participi. Abbiamo degli aggettivi verbali
in to. Nel primo millennio a.C. il latino era parlato in una zona molto circoscritta dell’Italia centrale, la
documentazione più antica è offerta da materiale epigrafico, datato tra il 6 e il 7 secolo a.C. che
provengono da Roma e altri centri del Lazio basso, dove troviamo varietà di latino differenti dal latino. Il
falisco e il prenestino sono due varietà. Tutte queste varietà di latino le abbiamo conosciute da materiale
epigrafico. Con l’espansione del potere di Roma queste forme di latino andarono perdute. A partire dal 4
secolo questi centri scomparvero, si estende il latino e si assiste alla diffusione del latino. Questo latino
prima ha soppiantato le altre forme di latino del Lazio, poi ha avuto espansione. A oriente è frenata dal
prestigio del greco, a nord dalle lingue celtiche. Nelle aree in cui sopravvisse, si formano le lingue romanze.
Uno dei documenti più antichi è la fibula prenestina, che presenta un’iscrizione. È un documento
controverso, per molti si tratta di un falso. Il testo è Manio mi fece per Numerio, si tratta di un’iscrizione
parlante. L’oggetto stesso parla e dice qualcosa a chi sta leggendo. Dal punto di vista linguistico presenta
molte caratteristiche accettabili e valide, ma molto probabilmente si tratta di un falso. Lapis niger è un
blocco di marmo del quinto secolo a.C. e presenta un’iscrizione bustrofedica, il senso dell’iscrizione non è
quello che usiamo noi ma è come si muovono i bue in un campo, un rigo da sinistra a destra e un rigo dal
verso opposto. Questa iscrizione non è stata pienamente decifrata. Altro documento è il vaso di Dueno, che
è un vaso che presenta un’iscrizione, rinvenuto tra il Quirinale e il Viminale. Il lapis niger e il vaso di Dueno
sono documentazione diretta. Poi abbiamo la documentazione indiretta è rappresentata da citazioni di
autori antichi e come corpus di leggi antiche. Nel secondo secolo si arriva alla massima espansione
dell’Impero Romano. Poi arriva il volgare. Con la caduta dell’Impero si ha un processo di diversificazione che
porta alla formazione delle lingue romanze. Abbiamo la frammentazione di tutte le varietà romanze. Le
lingue indoeuropee sono l’umbro e l’osco. Abbiamo un corpus epigrafico consistente. Per quanto riguarda
l’osco, abbiamo delle epigrafi del secondo secolo a.C., la tavola bantina ne è un esempio, è un testo
legislativo. Le tavole di Gubbio sono un testo legislativo, documentazione epigrafica, risale al primo secolo
a.C. Sia l’osco che l’umbro che il latino presentano tratti comuni. Le occlusive sonore aspirate si
trasformano in fricative. Altro tratto comune è l’esito delle sonanti vibranti e laterali che sviluppano la
vocali o, le sonanti nasali sviluppano la e. Fase linguistica in cui c’è stato accento intensivo sulla prima
sillaba, proto-sillabico. Altra caratteristica è che le occlusive sorde si sonorizzano quando sono in posizione
finale di parola. Dai sostenitori dell’albero genealogico queste somiglianze sono viste come radici comuni di
queste lingue. Queste innovazioni oggi le spieghiamo in altro modo, facendo riferimento alla sfera
geografica. Si spiegano con fenomeni di contatto e interferenza. A partire dal quarto secolo si sviluppa una
legge dell’accento, la posizione dell’accento dipende dalla quantità della penultima sillaba. L’alterazione del
timbro della vocale si spiega facendo riferimento ad una fase in cui l’accento era sulla o che ha prodotto
un’alterazione del timbro delle vocali atone. Abbiamo la prova indiretta di questa fase nell’alterazione delle
vocali oppure caduta delle vocali finali. Una caratteristica è la presenza di questo accento, ma in una fase
più antica abbiamo un accento proto-sillabico. Le sonore aspirate diventano fricative. Nel sistema delle
occlusive abbiamo esiti centum. Fenomeno di assimilazione regressivo totale a distanza. La labiovelare
impone le sue caratteristiche alla bilabiale. Mancato rotacismo, la fricativa alveolare sorda in posizione
intervocalica si sonorizza e poi diventa una vibrante.

12/10/2022

Morfologia nominale è conservativa, abbiamo 3 generi, 2 numeri, il sistema dei casi subisce meccanismi di
sincretismo, nominativo, genitivo, dativo, accusativo, vocativo e ablativo. Fenomeni di sincretismo ci sono
stati nel locativo che si è fuso nel vocativo, lo strumentale nell’ablativo. Per quanto riguarda i temi
pronominali è la presenza di un tema eteroclita, consiste nella formazione di forme che appartengono allo
stesso paradigma da temi differenti. Il sistema verbale presenta una destrutturazione forte. In latino
abbiamo solo 2 temi verbali, il presente e il perfetto, in cui sono confluiti aoristo e perfetto originari. Il
sistema dei modi è conservativo, indicativo, congiuntivo, imperativo, scompare l’ottativo (categoria verbale
per esprimere un desiderio). Ci sono però forme del latino che sono originarie dell’ottativo. Caratteristica
del latino sono i suffissi verbali in b. Introduce delle innovazioni per altri aspetti. Caratteristica è la
conservazione delle desinenze verbali tra diatesi attiva e passiva, il passivo sono le antiche desinenze del
medio. Caratteristica della diatesi media è un elemento in r, vibrante, in alcune desinenze del medio. Si
deve fare attenzione perché si trova in altri rami della famiglia indoeuropee ed è stata spiegata facendo
riferimento alle zone areali. Caratteristica è la perdita della distinzione tra desinenze primarie e secondarie.
In latino si perde questa distinzione, cade la i caratteristica delle desinenze primarie per effetto dell’accento
primario, intensivo sulla prima sillaba, fa sì che tutte le altre vocali siano pronunciate con meno intensità. Il
sistema dei participi prevede una forma in nt per la diatesi attiva e una forma in to per la diatesi passiva. Le
lingue celtiche, non è facile collocare cronologicamente l’inizio dell’espansione di popolazioni parlanti
lingue celtiche, probabilmente avvenne a metà del primo millennio a.C. Intorno al quarto secolo assistiamo
al momento della massima espansione in Europa e non solo. Abbiamo presenza di popolazioni nella
penisola iberica. Per l’area occidentale i celti arrivano nella penisola iberica, in Europa centrale, nelle isole
britanniche. Per l’area orientale ci fu un’espansione nell’area dei Balcani, anche nella penisola anatolica.
Una minima presenza anche nell’Italia settentrionale. Poi per effetto della pressione da una parte del latino
dall’altra delle popolazioni germaniche, per varie vicende storiche a metà del primo millennio d.C. i celti
sono limitati alle isole britanniche, alla Bretagna e a poche altre aree residuali. Oggi sono solo in queste
zone, parti marginali e orientali della Gran Bretagna. Furono sopraffatti da popolazioni che parlavano lingue
germaniche. Per quanto riguarda la classificazione si opera una distinzione tra celtico continentale e celtico
insulare. Quello insulare è l’unico sopravvissuto. Nel celtico insulare contempliamo anche il bretone anche
se si trova sul continente, perché queste popolazioni sono passate dalla Cornovaglia, hanno attraversato la
Manica e hanno occupato la Bretagna. La documentazione del celtico continentale è costituita da materiale
epigrafico, come per esempio il celtico celtiberico, delle popolazioni che abitavano la penisola iberica, dal
primo secolo a.C. al secondo secolo d.C. Il gallico è di popolazioni celtiche che abitavano la colonia della
Gallia. Il celtico lepontico è documentato da iscrizioni tra il 6 e il 7 secolo a.C. in un’area che corrisponde al
confine tra l’Italia e la Svizzera. Il celtico insulare presenta una continuità che arriva ai giorni nostri. Nel
celtico insulare si opera una distinzione tra gruppo brittonico e gaelico, la labiovelare si trasforma in p, il
gruppo brittonico si chiama celtico p, il gruppo gaelico è chiamato il celtico k, in cui la labiovelare si
trasforma in velare. Al primo gruppo appartengono il gallese (nel Galles), il bretone (nella Bretagna) e il
cornico (lingua della Cornovaglia, già nel 19 secolo si è estinto). Al gruppo gaelico appartiene l’irlandese, il
gaelico (Scozia) e il manx o mannese (dell’isola di Mann, lingua estinta). Questa distinzione si è tentata di
attribuirla al celtico continentale, si ritiene che non sia esclusiva del celtico insulare. La distinzione tra
celtico p e celtico k è ben evidente nel celtico insulare. La caratteristica dei parlanti lingue celtiche è che
sono sempre parlanti bilingui. Nella Bretagna lingua celtica e francese, per esempio. Nel corso del tempo il
celtico insulare ha seguito differenziazioni che hanno reso difficile la comprensione tra le varie lingue
celtiche. Questa è la prova che sia un gruppo di lingue in via di estinzione. La documentazione più antica
delle lingue celtiche è costituita da iscrizioni ogamiche, con l’alfabeto di Ogham, più antiche attestazioni di
lingue celtiche insulari. Quando tra rami vicini delle lingue indoeuropee ci sono tratti comuni i teorici
800eschi vedevano la prova di un ramo comune nell’albero genealogico. Le lingue celtiche e quelle italiche
presentano caratteristiche comuni. Fenomeno di assimilazione regressiva, sia in italico che in celtico. Altra
caratteristica nella morfologia nominale, i temi in o presentano genitivo singolare in i, anche se in celtico si
conservano delle forme residuali nella forma antica in osjo. Questa innovazione non ha eliminato
completamente la forma di genitivo singolare antica. Congiuntivi in a lunga, li abbiamo sia in latino che in
celtico. Ugualmente abbiamo delle desinenze medie che presentano l’elemento r. Fatti di questo genere
erano visti come la prova del fatto che ci fosse stata una storia comune da cui si sono diramate le lingue
celtiche e quelle italiche. Oggi il modello dell’albero genealogico è troppo chiuso, alcuni fenomeni sono di
contatto, di interferenza. Nel caso di desinenze medio-passive in r si è scoperto che sia un arcaismo che si è
conservato in queste lingue, la prova di questo l’abbiamo avuto quando sono state decifrate le lingue
anatoliche e si è scoperto che le desinenze medie presentavano questo stesso elemento in r. È stata tirata
in causa la norma delle aree laterali. Si suppone che fossero un tratto arcaico eliminato nel tratto centrale e
si è conservato nelle aree laterali non in contatto fra di loro, anche molto lontane. Queste date linguistiche
su cui si basava l’unità italo-celtica sono state modificate. Alcune lingue presentano un vocalismo
conservativo, conservano le opposizioni di timbro vocalico. Caratteristico è stati l’accento proto-sillabico.
Per le occlusive, abbiamo un esito comune, le sonore aspirate si confondono con le sonore non aspirate. Ci
troviamo in un’area centum, una caratteristica di tutte le lingue celtiche è costituta dagli esiti di p che dà
zero, cioè scompare del tutto. Questo esito non vuol dire che non ci siano occlusive bilabiali sorde, si
possono trovare, non sono mai originarie, ma sono l’esito secondario. L’antico irlandese è conservativo, 3
generi, 3 numeri e 5 casi, nominativo, vocativo, accusativo, genitivo e dativo. Nel dativo sono confluiti
anche lo strumentale, l’ablativo e il locativo. Una caratteristica che troviamo in latino e nelle lingue celtiche
per i temi in o, si ha una desinenza in oi e non os. La morfologia verbale presenta 5 tempi, presente,
imperfetto, perfetto, futuro, condizionale (categoria di modo, viene ricategorizzata come categoria
temporale), i modi sono indicativo, imperativo e congiuntivo. La morfologia verbale ha presentato
differenze sostanziali. In antico irlandese troviamo pronomi infissi, la prima e la seconda persona quando
svolgono la funzione di complemento oggetto sono espressi da una forma di pronome espressa da m che si
pone tra il suffisso no e la forma verbale beir. Un’altra anomalia è l’ordine dei costituenti nelle frasi
dichiarative, sono lingue con il verbo all’inizio VSO, quando le lingue antiche sono SOV. Le lingue
germaniche sono lingue ben documentate. La classificazione si basa su una differenziazione in tre gruppi:
germanico settentrionale (danese, norvegese, svedese, islandese), occidentale (inglese, frisone, olandese,
afrikaans, tedesco) e orientale (gotico e una serie di lingue non documentale se non da toponimi e
antroponimi, popolazioni che sono eruli, burgundi, vandali, gepidi, tribù della penisola scandinava, che al
pari dei Goti si spostarono sul continente, prima nell’area balcanica e poi verso occidente, varcando i
confini dell’impero romano. Tutte le lingue di queste popolazione sono state sopraffate dal latino e il gotico
è l’unico per cui abbiamo un corpus). Quello orientale è estinto. La patria originaria dei germani è da
collocare nella parte meridionale della penisola scandinava, nella penisola dello Iugland, la parte costiera
che si affaccia nel mar Baltico. A partire dall’ottavo secolo popolazioni che parlavano lingue germaniche si
spinsero a sud, entrarono in contatto con popolazioni che parlavano celtico e latino. Con l’indebolimento
dell’Impero Romano assistiamo a una nuova fase di espansione delle lingue germaniche. Riuscirono a
germanizzare le isole britanniche e le regioni continentali del nord Europa alle periferie dell’impero
romano. La suddivisione è una suddivisione di comodo che permette di capire i rapporti interni tra le lingue
germaniche. Il corpus è costituito da iscrizioni runiche, che sono segni incisi non solo su pietra ma anche su
legno, osso, metallo, che risalgono al terzo secolo d.C. rinvenute in Danimarca e Norvegia.

18/10/2022

La scoperta delle lingue germaniche e varie leggi fonetiche sono state uno dei fattori che ha contribuito alla
nascita della linguistica storica. Il germaniche orientale è l’unico ramo per cui non abbiamo oggi parlanti. I
parlanti attuali parlano il gotico e una documentazione scarsa collegata a Eruli, Burgundi, Vandali, Gepidi.
Non abbiamo un corpus testuale paragonabile al gotico. Il corpus è costituito da iscrizioni runiche, che
risalgono al terzo secolo d.C. Costituiscono la documentazione più antica delle lingue germaniche. La
documentazione del gotico è costituita da una traduzione della Bibbia ad opera di Wulfila. Questo è l’unico
testo gotico che possediamo, si tratta di traduzioni di buona parte del Nuovo Testamento e alcune parti
dell’Antico. Per la redazione di questa traduzione Wulfilia ha costruito un alfabeto, con segni che
provengono dal greco, dal latino e dal runico. Ci troviamo di fronte ad una lingua impiegata nell’ambito
della sfera religiosa e si crea un sistema di scrittura. Il germanico occidentale è suddiviso in due sottogruppi,
l’anglo-frisone e tedesco. Al gruppo anglo-frisone appartiene il frisone e la componente anglo è costituita
dalle lingue della Britannia. In Britannia intorno all’ottavo secolo grazie a monasteri cristiani nasce una
produzione letteraria che comprende opere tradotte e opere originali. Si collega a quest’epoca Beowulf,
che non ha nulla a che vedere con testi di ispirazione cristiana. La fase del medio inglese dal IX al XVI secolo
è caratterizzata da un forte influsso del francese. A seguito della conquista normanna dall’XI al XVI secolo
abbiamo una fortissima influenza del francese e delle altre varietà neolatine. La fase dell’inglese moderno
inizia nel 16. L’altro ramo è costituito dal testo, che si divide in basso ed alto tedesco. Il basso tedesco sono
le varietà della regione settentrionale della Germania. L’alto tedesco è costituito dalle varietà della
Germania meridionale, Austria e Svizzera tedesca. L’area del basso tedesco è l’area della zona pianeggiante
della Germania, l’area dell’alto fa riferimento alla zona alpina. Gli esiti della rotazione semantica li troviamo
nell’alto tedesco, che è il tedesco standard. Per il vocalismo, la caratteristica delle lingue germaniche è
quella di avere non in triangolo vocalico ma un trapezio vocalico, a quattro elementi e gli esiti sono
differenti nelle varie lingue, il denominatore comune è la confusione tra vocali di timbro a e vocali di timbro
o. Non triangolo ma trapezio vocalico. Caratteristica per gli esiti delle sonanti quando occupano centro di
gravità della sillaba è lo sviluppo di aspirate. Un altro problema che riguarda il vocalismo sono gli effetti
della metafonia o Umlaut, entrambi apofonia e metafonia riguardano la modificazione del timbro delle
vocali che veicola informazioni di carattere morfologico. C’è una grossa differenza tra apofonia e metafonia,
se l’apofonia sono fenomeni di alternanza vocalica che non sono mai intaccati dal contesto sintagmatico, i
fenomeni di metafonia sono alternanze condizionate da contesto sintagmatico. Generalmente sono
condizionati da assimilazione tra vocale finale di parola che va a condizionare la vocale tonica. Queste
formazioni anomale di plurale sono frutto della metafonia e attraverso le forme che possiamo ricostruire
nel tempo siamo in grado di spiegare questi esiti vocalici. Altra caratteristica è stata la presenza di un
accento intensivo fisso sulla sillaba radicale di parola. All’azione di questo accento si devono ricondurre
fenomeni del vocalismo e caduta di sillaba atona. La legge di Grimm descrive un fenomeno che riguarda le
articolazioni delle occlusive sorde sonore e aspirate. Il primo passaggio comporta la trasformazione di
un’occlusiva sorda in una fricativa sorda. Le dentali occlusive sorde diventano fricative dentali sorde. Per le
velari abbiamo il passaggio dell’occlusiva velare sorda in una fricativa velare sorda. In questo passaggio è
coinvolto il modo di articolazione, ma il punto di articolazione è uguale. Il secondo passaggio prevede la
trasformazione di un’occlusiva sonora in una corrispondente occlusiva sorda. Il tratto coinvolto non è più il
modo ma il punto di articolazione. Il terzo passaggio prevede la trasformazione di un’occlusiva sonora
aspirata nella corrispondente occlusiva sonora non aspirata. In questo caso abbiamo la perdita
dell’aspirazione. La legge di Grimm da un punto di vista fonologica può essere descritto come fenomeno di
rifonologizzazione, ovvero si passa da una fase con un determinato sistema fonologico ad un’altra fase con
un sistema fonologico, ma questo passaggio non cambia il numero dei fonemi, delle unità dei sistemi
fonologici, cambiano le pertinenze, cioè su cosa si basano le opposizioni fonologiche. Il protogermanico si
trasforma in un’opposizione relativa al modo o al luogo di articolazione. Questa è una caratteristica della
rifonologizzazione, che non cambia il numero dei fonemi. La legge si presta a essere descritta come
meccanismo a catena. A seconda che la modificazione parta dalle occlusive sorde oppure parta dalle
aspirate a non aspirate. La catena di trazione, si crea una casella vuota nel sistema, se le occlusive sorde si
trasformano in fricative sorde, si crea un vuoto, che implica lo scatenarsi del secondo passaggio, che a sua
volta crea un punto vuoto che mette in movimento il terzo passaggio. La casella vuota sarebbe avere un
buco, manca una occlusiva bilabiale sorda. Si vede dove si crea un vuoto nel sistema e come il sistema tenta
di riempire questo vuoto. Potrebbe essere anche che questo meccanismo a catena sia avvenuto dall’ultima
trasformazione, in questo caso si parla di catena di propulsione. In questo caso il meccanismo che mette in
moto il movimento non è la casella vuota ma la tendenza naturale che c’è nei sistemi fonologici a
conservare le opposizioni funzionali. Se le sonore aspirate si trasformano in non aspirate non abbiamo più
un vuoto ma abbiamo una sovrapposizione tra sonore originate dalle aspirate e le sonore originarie. Il
sistema sente la necessità di tenerli distinti, quindi scatena il secondo passaggio, le sonore si trasformano in
sorde. Le sorde originarie si trasformano in fricative sorde. Il problema non è la creazione di un vuoto, ma la
sovrapposizione di cose. La catena di trazione e di spinta presuppongono che la trasformazione sia iniziata
da un capo o dall’altro. La legge di Grimm è stata formulata nella prima metà dell’800, ci sono poi altre leggi
fonetiche che vanno a coinvolgere gli esiti della legge di Grimm. Uno di questi esiti è la legge di Verner, che
descrive un fenomeno di sonorizzazione di una fricativa sorda se la fricativa sorda del protogermanico si
trova simultaneamente in due condizioni: che si trovi tra due elementi sonori e l’accento del
protoindoeuropeo segua e non preceda. Se si verificano queste due convinzioni simultaneamente questa
fricativa sorda si trasforma in sonora. La scoperta della legge è stata importante perché ha messo in
relazione esiti sillabici con posizione accentuale. Si configura come un’eccezione alla legge di Grimm.

19/10/2022

La legge di Verner si configura come una delle eccezioni alla legge di Grimm, nel corso della metà dell’800
furono individuate tre eccezioni. Da un punto di vista fonetico descrive un fenomeno di assimilazione a
contatto parziale, ovvero quando una fricativa sorda del protogermanico che deriva da un’occlusiva sorda
secondo il primo passaggio della legge di Grimm, si trova tra elementi sonori e l’accento della fase
indoeuropea; quindi, conservato in greco e indiano antico, tale fricativa sorda si sonorizza. È un fenomeno
di assimilazione perché le vocali sono sonore e fanno sì che la fricativa si sonorizzi, è parziale perché
riguarda solo il tratto della sonorità. Questo si realizza se l’elemento si trova tra due vocali e segue
l’accento. La scoperta della legge di Verner ha messo in evidenza come anche i tratti soprasegmentali
potevano intervenire negli esiti fonetici. La legge di Verner si configura come una delle tre eccezioni. L’altra
eccezione è la legge di Grassman, non riguarda direttamente le lingue germaniche, descrive un fenomeno di
dissimilazione a distanza. Questa legge riguarda il greco e l’indiano antico, non riguarda le lingue
germaniche, ma chiarisce le corrispondenze tra greco e indiano antico e germaniche dall’altra. Terza
eccezione non porta il nome di uno studioso, nella legge di Grimm il secondo e terzo passaggio sono
mutamenti incondizionati, sono mutamenti fonetici non condizionati. Il primo passaggio non si realizza se
nel corpo della parola è presente un’altra fricativa. Se abbiamo un’occlusiva dentale in latino per il normale
esito della legge di Grimm dovremmo trovare una fricativa non un’occlusiva. Questa trasformazione è
bloccata perché nel corpo della parola è presente un’altra fricativa. Il primo passaggio è un mutamento
condizionato, il secondo e il terzo sono incondizionati. La seconda rotazione consonantica non riguarda
tutte le lingue germaniche, riguarda una differenziazione tra basso ed alto tedesco. Le occlusive sorde
germaniche (quelle derivano da occlusive sonore) diventano affricate o fricative (affricate se a inizio parola
o in posizione post-consonantica, fricative se in altre posizioni). Vediamo questi esiti nell’alto tedesco e nel
tedesco standard. Da un punto di vista dialettale, la distribuzione delle isoglosse non è sovrapposta l’una
all’altra, ma queste isoglosse sono distribuite su un’area geografica molto ampia e non essendo
sovrapposte abbiamo un’area molto estesa tra alto e basso tedesco (ventaglio Reno). La morfologia è
conservativa, differente è il caso dell’inglese. Abbiamo 3 generi e 4 casi, nominativo, accusativo, genitivo e
vocativo. Il gotico conserva anche il vocativo singolare. L’inglese moderno sta subendo un processo di
deriva veloce e sta perdendo le caratteristiche proprie di una lingua flessiva e si sta spostando verso una
caratterizzazione isolante. C’è l’obbligo da parte della lingua di descrivere la categoria di una persona
tramite un’altra parola, un pronome o un nome. Processo di deriva verso il tipo isolante. All’interno di
lingue che sono geneticamente imparentate le singole lingue possono subire trasformazioni di carattere
tipologico pur rimanendo all’interno della stessa famiglia linguistica. Questo è la prova che criteri tipologici
non sono utili per trovare rapporti genetici tra lingue. Altra caratteristica è nella distinzione nella
declinazione dell’aggettivo tra una declinazione debole e una forte. All’inizio del 900 in alcuni monasteri
buddisti furono scoperti dei documenti che risalivano al 6-8 secolo d.C. in lingue note e in una lingua
sconosciuta, poi identificata come tocario. Nel primo millennio il tocario era parlato nel Turkestan cinese.
Abbiamo dei testi religiosi e documenti amministrativi. Spesso si tratta di adattamenti e traduzioni in
tocario di testi indiani, a volte in documenti bilingui veri e proprie, a volte in testi bilingui imperfetti. In ogni
caso il fatto che siano stati scoperti testi bilingui ha permesso di scoprire il tocario. Si distinguono due
varietà, il tocario a, nell’area orientale, la cui documentazione è rappresentata da testi dottrinali e religiosi
e probabilmente all’epoca della redazioni di questi testi il tocario a stava già scomparendo. Il tocario b è il
tocario dell’area occidentale per il quale abbiamo documentazione religiosa e amministrativa,
probabilmente era la lingua corrente, sono stati rinvenuti anche graffiti. Queste due varietà differiscono
tanto che le consideriamo due lingue differenti. La documentazione indoeuropea più a oriente che
abbiamo. Quando furono decifrati i testi il quadro dell’isoglossa centum/satem, subì un forte
scombussolamento perché si scoprirono evidenti esiti centum. Con la decifrazione delle lingue anatoliche
anche loro fu scoperto essere di esiti centum, ci si rese conto che la divisione occidentale/orientali doveva
essere cambiata; quindi, si presuppone satemizzazione nelle aree centrali e conservazione degli esiti
centum nelle aree laterali. La distribuzione geografica si può spiegare facendo ricorso alle aree laterali. Il
tocario è contraddistinto dalla perdita delle opposizioni di quantità. Abbiamo 3 generi, 3 numeri, ha 3 casi,
nominativo, accusativo, genitivo. Nel tocario b è presente anche il vocativo. La morfologia verbale è
contraddistinta dalla conservazione dei tre temi, presente, perfetto e aoristo. Le lingue anatoliche hanno
una documentazione che va dalla metà del secondo millennio fino ai primi secoli d.C., documentazione
antica. Con i primi secoli d.C. si perdono queste lingue e nell’attuale Turchia si parlano lingue che
appartengono ad altre famiglie linguistiche. L’ittito è documentato nell’area centrale, il luvio che è nell’area
sud-occidentale dell’Anatolia, nella regione del nord della Siria, il palaico si trova nell’area settentrionale,
nella zona che si affaccia nel Mar Nero, varie lingue sulla zona costiera che sono il licio, il livio e il cario.
L’ittito, il luvio sono del secondo millennio (cuneiforme e geroglifico), il palaico. Appartengono al primo
millennio luvio geroglifico, le lingue dell’area costiera, una lingua minore. Il pisidio nel terzo secolo. L’ittito è
una lingua i cui testi vennero alla luce nel 1906 ad Hattusa. La decifrazione avvenne solo nel 1915, ci vollero
9 anni per decifrarli, sono tavolette di argilla, sistema di scrittura è cuneiforme, presenta curiosa
mescolanza tra lingua indoeuropea e un sistema di scrittura non indoeuropea, per eccellenza il sistema di
scrittura per mettere per iscritto lingue semitiche. Hrozny decifra i testi, per la prima volta disse che la
lingua è indoeuropea, con un sistema di scrittura semitica. La scrittura cuneiforme è importata dalla
Mesopotamia, c’è un’altra sola lingua indoeuropea con scrittura cuneiforme, il persiano antico. Sono solo
due le lingue indoeuropee che usano un sistema di scrittura tale. È un sistema misto. Sono tavolette di
argilla lasciate ad essiccare al sole, probabilmente questi siti sono stati distrutti da incendi. La distruzione
dei siti ha consentito la conservazione dei testi. I supporti erano l’argilla e il metallo. Abbiamo un trattato in
bronzo. Per quanto riguarda le tipologie testuali, ci troviamo di fronte ad un’antologia ampia, rituali,
incantesimi, inni, preghiere. Abbiamo anche testi divinatori, mitologici e politici, trattati, istruzioni, raccolta
di leggi. Abbiamo una documentazione ampia. Abbiamo anche traduzione di letteratura mesopotamica. Il
palaico è documentato da una serie di testi, la regione è quella si affaccia sul Mar Nero. Il luvio è
documentato dal luvio cuneiforme e quello geroglifico, che presenta un sistema un sistema di scrittura che
è stato creato in Anatolia, indigeno. La documentazione è costituita da iscrizioni monumentali e da sigilli,
iscrizioni monumentali su pietra. Un sigillo è lo strumento che equivale alla nostra firma di oggi, per
attestare la validità di un documento, che attesta l’autenticità. Caratteristica è di essere sigilli bigrafi, sia in
scrittura geroglifica sia in scrittura cuneiforme. L’altra documentazione è costituita dalle lingue costiere, è
una scrittura differente, sono alfabetiche, simili al greco antico, derivate dai caratteri fenici. Lo stesso testo
era in licio e poi in greco. La presenza di testi bilingui ha permesso la rapida decifrazione e comprensione di
queste lingue. Spesso abbiamo testi trilingui che hanno facilitato la comprensione. Per il lidio abbiamo
legende su monete. La documentazione del cario proviene anche dall’Egitto perché i cari erano attivi in
Egitto come soldati mercenari, abbiamo epigrafi funerarie rinvenute in Egitto. Queste lingue sono
identificate come lingue che appartengono al ramo anatolico delle lingue indoeuropee. C’era anche il frigio,
che non appartiene al ramo delle lingue anatoliche. È dello stesso periodo e della stessa area, ma non è
parte delle lingue anatoliche. I rapporti di parentela tra le varie lingue sono provati da una serie di isoglosse
che sono documentate in tutte le lingue che abbiamo visto. Si tratta di isoglosse a livello fonologico,
morfologico e sintattico che provano come queste lingue avessero rapporti genetici forti e fossero
innovative. La scoperta di una serie di tratti innovativi a diversi livelli dell’analisi linguistica è la prova che
queste lingue appartengono alla stessa famiglia genetica.

25/10/2022

2 novembre no lezione

C’è un rapporto di identificabilità attraverso corrispondenze fonetico-fonologiche precise.

Fino a che punto è corretto dire che solo nell’800 nasce uno studio scientifico delle lingue? Bisogna mettersi
d’accordo su cosa si intende studio scientifico, ovvero porsi una serie di domande. Tutte queste domande e
molte altre che presuppongono uno studio scientifico dire che risalgano all’800, sono domande sempre
esistite. L’800 segna un discrimine fondamentale nella storia della linguistica, nasce la linguistica con un
taglio più scientifico. Quali sono i due fattori più importanti dell’800. Il problema della parentela linguistica
è affrontato in maniera scientifica per la prima volta ed è associato al fenomeno del mutamento linguistico.
Un secondo fatto che caratterizza l’800 è la nascita della linguistica come una disciplina istituzionale.
Vengono istituite in Germania delle cattedre di linguistica. Questo contribuisce a delineare la linguistica
come disciplina istituzionale. Se quindi per questi motivi l’800 segna un punto di svolta, è importante
rendersi conto che anche prima c’è stato uno studio. Tra il 1303 e il 1305 il De vulgari eloquentia, nella
ricerca del volgare illustre ci sono riflessioni generali, alcune di queste sono superate al giorno d’oggi, altre
profondamente innovative e moderne. Superata è la visione dei rapporti che ci sono tra il latino e il volgare,
il volgare è la lingua che abbiamo ricevuto dalla nutrice senza bisogno di alcuna regola, senza nessun
apprendimento formale, il latino è lingua di secondo grado, che può essere acquisita solo da pochi e senza
sforzo. Superate anche le motivazioni che dà Dante sull’esistenza del linguaggio, proprietà esclusiva degli
umani, non la possiedono né gli angeli né gli animali. Dante dice che gli angeli possono conoscere i pensieri
l’uno dell’altro oppure specchiandosi in Dio, gli animali non hanno bisogno del linguaggio perché guidati
dall’istinto. È bene che non ci sia comunicazione tra animali di specie differenti. Gli uomini sono guidati
dalla ragione, per questo serve la comunicazione. Ciò che è moderno per il 300 e che lo distacca dal
pensiero medievale, il tentativo di classificazione genealogica delle lingue. Gli unici a conservare la lingua
originaria furono gli ebrei, i popoli che migrarono verso l’Europa si divisero in vari gruppi, un gruppo si
stanziò nell’Europa meridionale, un altro nell’Europa settentrionale, un terzo gruppo a metà tra l’Europa e
l’Asia. In questa tripartizione le lingue romanze, germaniche e slave, poi ci sono quelli che parlano il greco.
Fonda questa teoria sul si, Europa meridionale oc, oil, si. Perché le lingue cambiano? Dopo l’episodio della
torre di Babele, dice che le lingue continuano a cambiare perché sono prodotti umani e come nel tempo
cambiano i costumi umani, anche le lingue non rimangono mai le stesse perché ricadono in esse i costumi
degli esseri umani. Dobbiamo far mente locale sul fatto che all’epoca le cause del cambiamento delle lingue
si tiravano in ballo i motivi più fantastici. Per esempio, i cambiamenti climatici causavano il cambiavano le
lingue. Profonda originalità di Dante per l’epoca. Una prima caratteristica dell’800 è l’affermazione della
linguistica nelle università. Van Humboldt nel 1810 fonda l’università di Berlino, è particolare perché fonde
ricerca e insegnamento. Nel 1821 Bopp riceve la cattedra di linguistica, letteratura orientale e linguistica
generale. L’insegnamento doveva essere un mezzo per diffondere la ricerca. Questo distingue da come si
studiava la linguistica prima. Entra nel sistema accademico. La Germania apre la strada, poi abbiamo in
Francia, Inghilterra e America del Nord. Questa specializzazione disciplinare fa sì che ci si ponga il problema
di dove vada collocata. La linguistica appartiene alle scienze naturali, a quelle storico-sociali, a quelle della
psicologia? Prende dei metodi e dei principi di lavoro da queste discipline, questo vuol dire che nessuna
disciplina può essere presa in isolazione. Le scienze linguistiche nascenti sono in buona parte influenzate dal
romanticismo. Con il romanticismo c’è un momento di accentuazione dei sentimenti di spirito nazionale. La
lingua fornisce ai parlanti la coscienza, la consapevolezza di appartenere a un certo gruppo. Si dà rilievo alla
diversità fra le lingue, le lingue sono catalizzatrici di identità nazionale, sentimento forte nel romanticismo.
Nell’ambito della diversità si cercano rapporti di genealogia. Allo stesso tempo la linguistica è influenzata da
idealismo e positivismo, che in particolare ha avuto un forte influsso nell’800 e nel 900, con la corrente del
neopositivismo. Uno degli obiettivi del positivismo è definire i metodi delle scienze e cogliere le relazioni tra
le varie scienze, facendo riferimento a metodi in queste scienze. Un altro obiettivo è la ricerca di regolarità,
di leggi. Altra caratteristica è la dimensione storica, vedere le lingue come un prodotto storico. Come si
colloca la linguistica rispetto alle altre scienze? Una caratteristica della linguistica dell’800 è la separazione
dalla logica, le lingue erano concepite come espressione di un pensiero universale, tutte le lingue dovevano
funzionare secondo principi logici. Nell’800 assistiamo alla separazione tra linguistica e logica, le lingue sono
considerate un prodotto storico, di una comunità di parlanti. Le discipline che attirano l’attenzione dei
linguisti sono quelle biologiche, le scienze naturali, l’anatomia nella prima metà dell’800, le teorie
evoluzionistiche e la geologia. Qual è il ruolo dell’anatomia comparata? Occorre fare riferimento a Cuvier
che studia le correlazioni tra gli organi delle diverse specie animali e negli studi di anatomia comparata si
opera una distinzione tra gli organi omologhi e quelli analoghi. Gli organi omologhi hanno una stessa
origine, quelli analoghi hanno una stessa funzione. Due organi sono detti omologhi quando derivano per
discendenza diretta da una stessa struttura fisica presente in antenati comuni, anche se le funzioni di questi
organi sono differenti. Gli organi analoghi sono quelli che pur svolgendo funzioni simili non hanno struttura
uguale. La distinzione tra organi omologhi e analoghi e l’individuazione di organi omologhi permette di
stabilire un’origine comune. In questo senso l’anatomia fu presa a modello nel tentativo di cogliere
corrispondenze sistematiche tra le strutture morfologiche, fonetiche delle lingue che permette di ipotizzare
la derivazione di queste lingue da una lingua madre. L’individuazione di organi analoghi apre la strada a
teorie evoluzionistiche. Darwin l’ipotesi fondamentale è che il mutamento delle specie biologiche sia
dovuto a una discendenza con modificazione, ovvero alcuni individui sviluppano delle differenze rispetto ai
genitori, se queste differenze sono importanti per la sopravvivenza dell’individuo, gli individui modificati
vanno a sostituirsi a quelli che non hanno tale modificazione. Queste teorie furono accolte dai linguisti con
entusiasmo e si oppongono al creazionismo. Grande merito di Darwin è stato quello di aver introdotto nelle
scienze naturali la nozione di tempo, di storia. Per la prima volta anche alla linguistica si dà una validità
storica. Anche la genealogia influenza le scienze linguistiche. In particolare, si ha influenza da parte di Lyell,
in particolare la concezione uniformista. Si oppone alla concezione catastrofista. I teorici del catastrofismo
sostengono che ci siano stati eventi catastrofici. I teorici dell’uniformismo sostengono che le varie
trasformazioni subite dalla terra nel corso della storia si possono spiegare ricorrendo a delle motivazioni,
delle cause che sono in azione ancora oggi. A partire dalla seconda metà dell’800 in linguistica si attua il
principio di uniformismo. Per capire come le lingue cambiano dobbiamo studiare le lingue attuali e
applicarli o riferirli al passato. Poi ci sono le scienze psicologiche e sociali che entrano in causa. Tutte le
discussioni teoriche sulla linguistica sono fortemente influenzate da varie scienze, psicologia e sociologia
anche. Il problema della classificazione genealogica delle lingue non è corretto pensare che sia
un’innovazione dell’800. Prima dell’800 non ci si poneva il problema della classificazione delle lingue, non si
deve credere questo. Ci sono stati tentativi di individuare dei sottogruppi. Prima dell’800 si parlava di
un’origine scitica o celtica. In queste famiglie si collocavano molte idee che per noi oggi fanno parte delle
lingue indo-europee. Queste proposte di classificazione erano accompagnate da ideologie complicate, liste
lessicali di parole. Un confronto di questo genere è pericoloso, non c’era base scientifica solida. Nel primo
800 nasce il termine indo-europeo. Uno dei fattori importanti è stata la scoperta del sanscrito. Già nel 700,
ma anche prima, viaggi di esploratori, portavano in Europa notizie, aneddoti, grammatiche di lingue
presenti in oriente. Abbiamo già a partire dal 500 notizie di queste lingue sacre ad opera di Sassetti. Si
colgono similitudini tra lingue religiose dell’India e lingue antiche d’Europa. Nella seconda metà del 700 la
compagnie delle Indie portò in India giovani che tentavano la fortuna lì, permise la diffusione della cultura
orientale in Europa. Al 1784 risale la fondazione Calcutta della Società Asiatica, che aveva la funzione di
indagare la storia civile e naturale, le antichità e le arti dell’Asia. Il fondatore fu Jones, magistrato inglese,
nota delle similitudini tra antiche lingue dell’India e dell’Europa. Ha un’intuizione precoce di dire che c’era
una lingua comune che non esiste più. Capisce che la lingua madre non è il sanscrito, ma una lingua che non
esiste più. La scoperta di queste similitudini fu accolta con entusiasmo dagli inglesi. Jones affermava che
agli inglesi si doveva la diffusione del sanscrito in Europa. Non avevano esclusivamente interessi linguistici,
ma interessi più ampi, la lingua era un mezzo per scoprire la cultura di queste civiltà. La scoperta del
sanscrito è stata una sorta di scintilla che ha permesso di innescare questo interesse per le lingue del
passato e individuare parentela tra lingue dell’India e lingue dell’Europa. La dimostrazione della parentela
linguistica si avrà 20 anni dopo con gli studi di Bopp. Schlegel è uno dei due fratelli che sono rappresentanti
del romanticismo tedesco. Il grande merito fu quello di aver promosso la cultura indiana in Europa. Non è
un linguista, è un uomo di cultura, un critico, che in modo casuale entrò in contatto con la lingua sanscrita.
Durante il suo soggiorno a Parigi entrò in contatto con Hamilton, che lavorava sui manoscritti sanscriti e a
causa del blocco continentale imposto da Napoleone rimase bloccato a Parigi e rimase lì dove studiava
questi testi sanscriti e suscitò interesse a Schlegel. Era un militare e aveva studiato le lingue indiane, si era
iscritto alla Società Asiatica e in Europa continuò a coltivare il suo interesse per il sanscrito. Nel 1797 rimase
in Francia, entrò in contatto con altri linguisti, come Schlegel, e suscitò interesse per le lingue orientali.

26/10/2022

Bopp è il primo linguista istituzionale. Schlegel non è un linguista vero e proprio. Il grosso merito di S è stato
quello di aver permesso la diffusione della cultura indiana in Europa. È uno scrittore, critico letterario che in
modo casuale entrò in contatto con la lingua e la cultura sanscrita. S durante un soggiorno a Parigi conobbe
Hamilton che era un militare scozzese in servizio in India che si interessò alle lingue locali, si iscrisse alla
Società Asiatica e anche dopo il suo ritorno continuò a coltivare l’interesse per il sanscrito. Nel 1796 si recò
in Francia per studiare alcuni manoscritti e a seguito del blocco continentale rimase bloccato a Parigi. Entrò
in contatto con S che si era recato lì nel 1802 per raccogliere poesie provenzali. Il suo obiettivo era quello di
un uomo di lettere che aveva studiato in Germania, aveva interessi di filologia. Conobbe Hamilton e S che
non era un linguista, uno specialista di sanscrito, si interesso al sanscrito, come ai testi provenzali, nella
prospettiva dell’uomo romantico, aveva ben presente l’idea che la lingua era il mezzo per conoscere una
cultura del passato. Rientra nello spirito del romanticismo tradizioni del passato, l’interesse linguistico è
uno dei modi per conoscere le società del passato. S abbandona il progetto iniziale e si dedica allo studio
del sanscrito e del persiano antico, lingua iranica. I risultati li abbiamo con la pubblicazione nel 1808 del
libro Sulla lingua e la sapienza degli indiani. La prima sezione è dedicata al sanscrito, poi ci sono parti
dedicate alla cultura, alla tradizione indiane e il libro termine con un’antologia di testi sanscriti. L’interesse
linguistico è un mezzo per capire la società antica. S riconosce sulle orme di Jones la stretta affinità tra
sanscrito, greco, latino, persiano antico e arriva a dire che tutte queste lingue derivano dal sanscrito.
Considera il sanscrito la lingua madre di queste lingue. Jones aveva avuto intuizione che il sanscrito era una
lingua sorella. Questi rapporti di parentela sono dimostrati tramite confronti di parole, di forme e strutture
grammaticali. Questo è un fatto importante, perché per la prima volta si parla di parentela genetica
facendo riferimento alla struttura delle parole. C’è riferimento a studi scientifici che vengono chiamati in
causa come modello di lavoro negli studi di linguistica. A S si deve il metodo di aver assegnato un nuovo
valore al termine grammatica comparata. Se per tutto il 700 si operava soprattutto un confronto statico fra
le lingue e questo confronto aveva l’obiettivo di poter affermare la superiorità di una lingua su un’altra,
l’obiettivo era identificare la lingua superiore, confronto statico, con S il termine è riferito a un confronto
dinamico fra le lingue e l’obiettivo è individuare le relazioni di parentela fra le lingue in una dimensione
storica delle lingue. Per S la grammatica comparata serve a studiare le relazioni tra le lingue in modo del
tutto simile al modo in cui “l’anatomia comparata ha fatto luce sul livello più alto della storia naturale”. La
grammatica comparata non è più statica, ma storica, si deve studiare lo sviluppo storico delle lingue, a
partire dalla comparazione della struttura morfologica fra le lingue. È chiamata in causa anche la struttura
fonetica, i suoni. Se fino ad allora la comparazione al fine di ricostruire rapporti genetici si svolgeva sul
piano lessicale, questo non contemplava un ulteriore salto, ci si fermava al piano lessicale: due lingue sono
imparentate se possiedono un certo numero di parole comuni. La grammatica comparata è un confronto
sul piano morfologico o fonetico. Questo è quanto per la prima volta è stato intuito da S, con Bopp c’è un
pieno sviluppo dell’analisi morfologica delle parole come principio guida per identificare rapporti di
parentela. S credeva nella superiorità del sanscrito. Ingenuità perché vuole identificare la lingua che
funziona meglio. La ritiene migliore perché presenta una maggiore regolarità strutturale, è una lingua che
funziona meglio rispetto al latino, al greco, che nella prospettiva di S già mostravano segni di decadenza. È
interessante vedere come è organizzato il libro di S. Il libro inizia con una sezione dedicata alla lingua,
procede con l’analisi delle idee filosofiche e religiose degli indiani, nella terza parte si considera come delle
migrazioni, movimenti di popoli, siano arrivati nell’India per diffondere lingue indoeuropee. L’ultima
sezione è un’antologia di testi sanscriti con una traduzione in tedesco. Il libro inizia con dati linguistici, con
dei legami genetici genealogici tra il sanscrito e le altre lingue antiche. L’iniziare dai dati linguistici mette in
evidenza l’immensa fiducia che S aveva nel dato linguistico. S è un semplificazione degli ideali che
muovevano questi romanticisti, l’ingenuità della bellezza del sanscrito e la profondità delle tradizioni indiani
riflette un concetto molto diffuso nel romanticismo, l’idea che la cultura, la legge, la religione, la lingua
siano tutte collegate fra di loro e siano espressioni del carattere di un popolo. Questo entusiasmo per il
passato non come interesse linguistico esclusivo, ma insieme ad aspetti culturali è tipico del romanticismo.
Il motivo per cui era andato in Francia era fare la stessa cosa con la cultura provenzale. Il denominatore
comune sia nella ricerca del provenzale sia quella sul sanscrito era scoprire le radici della civiltà occidentale,
che attraverso il sanscrito erano in oriente. ricostruire lo sviluppo della cultura e delle lingue originarie fino
ad arrivare all’età moderna. Problema della classificazione delle lingue, c’è un tentativo della classificazione
tipologica delle lingue ingenua, riconosce le lingue organiche e non organiche, due classi di lingue. Il primo
gruppo dice che si comportano in modo organico, la struttura è caratterizzata da una flessione interna della
radice. La lingua per eccellenza che rappresenta questa tipologia è il sanscrito. Nel secondo gruppo colloca
le lingue nelle quali le relazioni grammaticali non sono espresse tramite flessione interna della radice, ma
sono espresse tramite l’ordine delle parole o tramite l’uso di particelle aggiuntive. Il primo gruppo sono le
lingue più perfetto. La novità di S di aver utilizzato idee e terminologia propria dell’organicismo. S dice che i
due tipi linguistici non potevano derivare l’una dall’altra. Non era possibile che una lingua organica
perdesse il suo status di lingua organica, né una lingua non organica diventasse organica. Germogliavano
con suffissi e affissi le lingue non organiche. Questa dicotomia comporta una serie di problemi. Un primo
problema sta nel fatto che nel secondo gruppo erano collocate lingue che presentavano strutture diverse
tra di loro. La distinzione era tra il sanscrito e tutte le altre lingue. Allo stesso tempo non si rende conto che
nell’ambito del primo gruppo ci possono essere anche differenze strutturali. Se il sanscrito è una lingua
fortemente flessiva, le lingue romanze sono un po’ meno flessive. Anche nel primo gruppo c’è una certa
variabilità, di cui S non riusciva a rendere conto. Il fratello di S propone una diversa classificazione, una
tripartizione. Una distinzione tra lingue monosillabiche, lingue con affissi e lingue con flessione. Questi tre
tipi corrispondono alle lingue isolanti, agglutinanti e flessive. Anche in AS c’è un giudizio di merito, le lingue
con flessione sono le lingue organiche per eccellenza. AS cerca di superare la divisione troppo rigida tra
lingue organiche e non organiche, ma anche questa divisione presenta dei problemi. A partire dal 1818 fu
professore di sanscrito. L’opera di Bopp non sarebbe stata possibile se non ci fosse stato S a diffondere il
sanscrito nella cultura tedesca. S aveva una molteplicità di interessi, uno di questi era la linguistica, Bopp è
esclusivamente un linguista, nel senso tecnico del termine. Sarà il primo ad avere un cattedra di linguistica a
Berlino nel 1821. S e B sono espressioni del romanticismo, Bopp è un tecnico che rimane legato alla
mentalità del 700, dell’illuminismo. Fu celebrato ancora in vita come il fondatore della nuova linguistica
comparativa. È il primo linguista della storia. B studiò l’ebraico, il persiano antico, il sanscrito. Nel 1812
ottenne una borsa di studio per andare a Parigi e studiare le lingue orientali. Quattro anni dopo pubblica
un’opera sulla morfologia verbale del sanscrito. Ancora non si conosceva il termine indoeuropea. Nel
volume alla fine c’è un appendice con testi sanscriti in traduzione. Quest’opera è il primo studio
comparativo delle lingue indoeuropee, è pubblicato nel 1816, nel 1820 pubblica una versione inglese
parzialmente modificata. Nel 1821 ottiene la cattedra a Berlino. Tra il 1816-20 si rende conto del ruolo del
sanscrito. Se nella prima versione dice che è la lingua madre, nella seconda i dubbi che aveva sul ruolo del
sanscrito lo portano a considerarlo uno delle lingue indoeuropee, riesce a collocare in modo corretto il
sanscrito, che presenta una serie di innovazioni, quindi non può essere la lingua madre. Il metodo di B gli
permise di definire i rapporti tra le lingue e di rendersi conto su quale era l’esatta posizione del sanscrito. La
seconda opera importante è Grammatica comparata del sanscrito, della lingua Zend (avestico), del greco,
del latino, del lituano, del gotico e del tedesco. La prima edizione è del 1833-52, la seconda 1857-61. Anche
qui non c’è ancora il termine indoeuropeo. Una lingua che considera anche nella grammatica comparata è
l’albanese, non è nominato, ma B riuscì a identificare la posizione dell’albanese come ramo a sé stante. B
opera attraverso un’analisi comparativa della morfologia verbale, il verbo è quella parte del discorso
tramite cui il soggetto è collegato al suo attributo. Il merito di B è adoperare un’analisi morfematica tramite
segmentazione. Si giustifica la parentela non su confronti lessicali, ma sull’analisi della struttura delle
parole. La segmentazione è originale per l’epoca, è l’aspetto innovativo del lavoro di B. Per esempio, la
terza persona singolare del verbo potere è esaminata come poss ed et. Individua le radici verbali, in questo
caso pot, poi delle radici nominali che sono es e et, che è una forma che originariamente è un pronome. È
una spiegazione che non accogliamo più, ma il grande merito è stato capire la struttura morfematica di una
parola. Unità minime dotate di materia fonica e di significato. Introduce la convenzione di suddividere la
parola in trattini. Un esame del genere si adatta al sanscrito, perché è flessiva ed ha struttura trasparente
delle parole. Esistono lingue con strutture meno trasparenti. Altro merito di B è stato di non considerare il
sanscrito la lingua madre. Questo viene dimostrato da alcune forme verbali. Riesce a spiegare la
corrispondenza tra le forme e riesce a capire che il sanscrito ha subito delle trasformazioni.

08/11/2022

14 esonero 11:45

Bopp il grosso merito è stato aver iniziato un’analisi sistematica su base morfologica, ovvero l’analisi delle
forme verbale e attraverso un processo di segmentazione mirava ad individuare i morfemi, unità di prima
articolazione. Dalle radici verbali derivano anche nomi, le radici pronominali sono quelle costituite da
pronomi. Attraverso un’analisi morfematica ricerca la trasparenza delle forme verbali. Il grosso pregio è
stato di aver introdotto per la prima volta il concetto di segmentazione, che è un metodo di lavoro che
consente di trovare le unità minime della linguistica. Allo stesso tempo ci permette di individuare i sintagmi.
L’idea della segmentazione è sicuramente un dato originale per l’epoca. Accanto a questo ci sono dei limiti
nel lavoro di Bopp, come l’idea che l’ultimo elemento di una forma verbale derivi da un pronome non ha
alcun riscontro scientifico. Ci sono similitudini e differenze con Schlegel, l’interesse per il sanscrito e le fasi
più antiche, una certa forma di organicismo, la fede nella comparazione come unico metodo. Accanto a
questo ci sono differenze, non c’è in Bopp l’interesse dei legami tra la lingua e la cultura di un certo popolo,
Bopp era anche il primo che prende una cattedra universitaria, il primo studioso che ebbe un incarico del
genere. Vediamo le differenze tra i tre iniziatori, Rask, Bopp e Grimm. Bopp può essere considerato il
fondatore degli studi di linguistica comparativa, Grimm si riferisce alla linguistica storica germanica, Rask è il
precursore di entrambi. La figura di Rask ci mostra come non fosse necessario conoscere il sanscrito per
sviluppare una grammatica comparata completa. Rask non conosceva il sanscrito, lo apprese negli ultimi
anni della sua vita, può essere uno dei fondatori della linguistica storica, rimase un po' isolato. Studiò
all’università di Copenaghen, trascorse alcuni anni in Islanda, soggiornò a lungo a Stoccolma, San
Pietroburgo, ebbe una vita sofferente e al suo ritorno nel 1823 a Copenaghen la sua carriera non ebbe un
progresso significativo. Ottenne una cattedra in lingue orientali solo vicino alla sua morte, nel 1822. La
maggior parte della sua produzione è costituita da grammatiche un lingue moderne e antiche. Fece
un’edizione critica dei testi dell’Edda, un saggio sull’islandese antico, fu terminato nel 1814, pubblicato nel
1818. Grammatiche descrittive precise, che presentano una struttura ricorrente, non sono normative,
tentano di spiegare le cause e le origini delle forme. I suoi interessi sono rivolti alle lingue nordiche, testi in
danese, motivi per cui fu danneggiato, perché era il tedesco che si usava per i testi di linguistica storica.
Tuttavia, alcune idee sono originali e corrette. Alcune idee fondamentali sono corrette e ancora oggi
valgono e sono condivise. Per esempio, l’idea che la corrispondenza lessicale è insicura, non è affidale,
perché tramite il contatto reciproco dei popoli un’incredibile massa di parole può entrare da una lingua
all’altra. La corrispondenza è un segno molto più sicuro della parentela o dell’unità originaria. L’accordo
grammaticale è un’indicazione sicura di parentela. Rask si estende alle lettere, questo non ci deve far
cadere nell’equivoco che con lettere intenda il piano grafico, lui intendeva i suoni, la realizzazione sonora di
un determinato segno grafico. Se nel lessico fondamentale ci sono delle coincidenze tali che si possono
scoprire delle regole sistematiche di passaggio delle lettere da una lingua all’altra allora abbiamo la prova di
una parentela tra queste lingue. Un esempio è costituito dalle corrispondenze tra le consonanti del latino e
del greco e quelle dell’islandese antico. Il grosso merito è aver individuato la prima rotazione consonantica.
Solo alla fine della carriera studierà il sanscrito. Il grosso merito è stato di aver colto per la prima volta le
corrispondente fonetiche senza conoscere il sanscrito. Questo saggio fu pubblicato in danese nel 1818, nel
16 uscì il saggio di Bopp. Il merito è aver individuato la regolarità della permutazione delle lettere tra lingue
tra loro imparentate e arrivare a una precoce formulazione della legge di Grimm. La conclusione a cui arriva
è che le lingue germaniche, greco e latino sono imparentate e derivano un ceppo che lui chiama ceppo
tracio. Le sue scoperte, il fatto di aver visto le corrispondenze, passano inosservate. Grimm però nella
formulazione della legge che porta il suo nome cita Rask. Grimm ci troviamo di fronte a una figura di
studioso ben differente rispetto a Rask e Bopp, è uno dei maggiori rappresentanti del romanticismo
tedesco. È stato autore di una famosa raccolta di fiabe popolari tedesche, questo lavoro sulla cultura
tedesca dimostra quali erano gli interessi dominanti di Grimm. La lingua non era assolutamente il suo
interesse primario, era uno dei tanti interessi da vedere negli interessi verso il passato, le radici della
società tedesca. È stato un germanista, non si è interessato ad altri rami della famiglia indoeuropea. Col
fratello studiava legge, ebbe vari impieghi come dipendente statale, bibliotecario, soggiornò a Parigi con
vari incarichi diplomatici, partecipò al Congresso di Vienna. Il suo impegno di bibliotecario lo tenne fino al
1826, che gli diede la possibilità di dedicarsi ai suoi studi. Poi lavorò come professore universitario. Autore
di tante opere, il primo è l’edizione di testi antichi medievali, lavoro di editore di testi, come gli studi
sull’Edda. È legato a sue testi fondamentali, la grammatica tedesca e un dizionario etimologico tedesco,
iniziato col fratello nel 1851 e finito nel 1860. Seguirono altri tre volumi, è una grammatica germanica,
storica comparativa delle varie lingue germaniche. Il primo volume tratta la fonologia, i volumi successivi
della morfologia flessionale e della sintassi. Nella seconda edizione del primo volume rielabora le
osservazioni di Rask nella rotazione germanica. Costituisce una trattazione comparativa delle lingue
germaniche a partire dagli stadi più antichi. Con Grimm appare la definizione di mutazione consonantica
secondo la terminologia tedesca di scivolamento dei suoni. Presentano la rotazione come un movimento
circolare. Il merito di Grimm è stato di essere andato un passettino più avanti e non fermarsi alla prima
rotazione ma aver visto la seconda rotazione consonantica, correlazione tra consonanti del gotico e
dell’antico tedesco. Le corrispondenze forniscono prova adeguata della relazione originaria tra le lingue in
questione, allo stesso tempo offrono una solida base all’etimologia. Parole simili tra loro che non osservino
queste corrispondenze o non sono imparentate o sono dovute a prestiti. Leggendo i suoi testi si ha
l’impressione che il gotico derivi dal latino e che l’alto tedesco dal gotico, ci sono imprecisioni. Ci sono
imprecisioni nella terminologia, tenui, medie e aspirate che non sono accolte oggi. Nonostante i limiti il
quadro generale, la formulazione delle due rotazioni ebbe un enorme successo. Grimm non intendeva
formulare delle leggi, arrivare a una descrizione priva di eccezioni perché si era reso conto che in certe
circostanze la mutazione consonantica non si verifica, questo sarà il lavoro della generazione successiva,
che formulano leggi che sono eccezioni a quelle di Grimm, non interessato a formulare principi rigorosi. Con
Grimm questa sistematicità ebbe diffusione ampia nella comunità scientifica, perché scrive in tedesco.
Quanto alla grammatica con Grimm assistiamo a una concezione storica della grammatica, la sua
grammatica non ha obiettivo normativo, non mira a descrivere qual è il corretto comportamento del
parlante, non c’è interesse filosofico, ma approccio storico-comparativo, basarsi sulle lingue e capire lo
sviluppo storico delle lingue germaniche nel corso del tempo. L’unico approccio corretto è quello storico-
comparativo, non normativo o filosofico. Si parte dai dati delle lingue e si arriva a risultati generali che
quanto a certezza, novità e fascino stanno accanto a quelli dell’anatomia comparate nelle scienze naturali.
Ritorna il confronto con l’anatomia comparata. Nella sua grammatica tedesca mostra come le forme della
lingua tedesca sono incomprensibili se non sono ricondotte alle forme più antiche, unica chiave per rendere
comprensibili le forme del tedesco moderno, la struttura grammaticale di una lingua può essere compresa
solo in termini diacronici. Tutto questo è condizionato dall’idea di fondo che guida gli ideali del
romanticismo. Questa prospettiva lo indusse a studiare tutti gli aspetti della cultura germanica, la
grammatica tedesca fu recepita come un diario della storia linguistica delle lingue germaniche. Un concetto
ben presente era l’idea della superiorità delle fasi linguistiche più antiche, che sono quelle qualitativamente
migliori di una lingua. In Grimm c’è riferimento alla filologia classica, afferma di fare ciò che gli studiosi
avevano fatto per greco e latino, partire dai testi. Grimm era stato editore di testi antichi per studiare le
forme presenti nei testi. Il merito di Grimm è aver introdotto alcuni concetti. Per esempio, la distinzione tra
verbi forti e deboli. Questa è una distinzione ben focalizzata da Grimm. Secondo lui l’etichetta irregolare
non è corretta perché rinvia a qualcosa di marginale, mentre forte è più indicato perché evidenzia come
queste sono le forme antiche. Altro merito è stato di aver distinto Umlaut (metafonia) e Ablaut (apofonia),
la metafonia sono alternanza condizionate dal contesto sintagmatico, l’apofonia sono alternanze
apofoniche non condizionate dal contesto sintagmatico. Ha tentato di dare una spiegazione all’apofonia, lui
dice che è un processo dinamico che risale alla preistoria delle lingue. Costituiscono una negazione del
significato del presente, ipotesi implicita che l’apofonia sia direttamente legata al significato delle forme
verbali. Si presuppone che la scelta delle vocali e l’alternanza delle vocali sia provocata o condizionata da
un valore simbolico delle vocali stesse, come se certi suoni fossero legati a determinati significati. Idee di
questo genere vanno sotto il nome di fonosimbolismo, che vede rapporti tra forma fonica delle parole e
piano semantico.

09/11/2022

Non è stato un linguista ma ha segnato un punto importante di svolta, von Humboldt. Si è occupato anche
di linguistica generale, non solo storica. Nasce da una famiglia dell’aristocrazia prussiana, fu un politico, un
diplomatico che si interessò anche delle lingue. A lui si deve la riforma delle università, fu un giurista, un
politico, un diplomatico. Fu ambasciatore della Prussia presso vari governi europei, non un linguista di
professione. A partire dal 1819 si ritirò a vita privata e si dedicò agli studi. Visse a cavallo di due secoli,
autore di numerosi saggi di argomento letterario, politico, storico, antropologico e anche linguistico. gran
parte dei suoi scritti rimase inedita dopo la sua morte. Un libro importante per le sue riflessioni sul
funzionamento delle lingue fu pubblicato nel 1816 dal fratello Alexander, geografo, etnografo, esploratore.
Alla morte del fratello nel 1835 prese le sue carte e le pubblicò con una prefazione. Sulla lingua kawi
dall’isola di Jawa, libro in tre volumi, importante è la prefazione, poi c’è l’introduzione, scritto linguistico più
importante di H, che pertiene la funzione delle lingue. Quali sono le varie tematiche nella riflessione
linguistiche? Affronta problemi di linguistica generale, teorica, per esempio, riflessioni sulla natura e sulla
struttura del linguaggio. Un secondo aspetto è riferito alla linguistica descrittiva, l’analisi, la descrizione di
lingue spesso appartenenti a famiglie differenti. È stato un instancabile raccoglitore di dati, spazia da lingue
lontane fino al sanscrito, interesse per tutte le lingue, non solo quelle indoeuropee. Il terzo aspetto è la
linguistica storico-comparativa, con H vengono ribaditi i principi alla base del metodo comparativo e sarà
molto chiara la distinzione tra quella che è la somiglianza strutturale delle lingue rispetto alla somiglianza su
base genetica. La somiglianza strutturale si basa su un’analisi tipologica delle lingue. Questa somiglianza
strutturale è distinta dalla somiglianza genealogica. Questo nasce dall’aver studiato anche lingue lontane,
esotiche. Questa possibilità di comparare la dimensione tipologica e quella genealogica nasce dall’aver
aperto gli orizzonti alle lingue lontane. Con lui si ha la linguistica tipologica vera e propria, con i linguisti
dell’800 c’erano state distinzioni tra organiche e non organiche, distinzione tra isolanti, flessive e
agglutinanti. H approfondisce la questione della classificazione tipologica, che non nasce con lui, esisteva
già, con lui si ha risistemazione della linguistica tipologica. Una prima riflessione importante è sulla diversità
delle lingue, la lingua kawi è una lingua sacra, si occupa del problema della diversità delle lingue. Era
ossessionato dall’esistenza di lingue differenti. Il problema che si poneva era come possiamo trarre
conclusioni sui processi cognitivi alla base del funzionamento del linguaggio se prima non esploriamo le
differenze tra le lingue in tutta la loro ampiezza. Mette insieme da una parte la variazione delle lingue,
dall’altra l’universalità del linguaggio. Da qui nasce il suo obiettivo di acquisire conoscenza di vare famiglie
linguistiche. Come mettere d’accordo la diversità delle lingue del mondo con l’universalità del linguaggio.
Altro problema che affronta è l’origine del linguaggio, non è qualcosa che è stato inventato, ma è
connaturata alla specie umana. L’uomo è uomo solo grazie al linguaggio e per inventare il linguaggio
doveva già essere uomo. Il linguaggio esiste con la specie umana. Per comprendere il funzionamento del
linguaggio, si deve comprendere l’uomo e su questo si basa la sua visione del linguaggio. Non serve
ricostruire il linguaggio originario dell’uomo, l’uomo non può uscire dalla storia per capire come è stato
creato il linguaggio. Da qui c’è un rifiuto di accettare o respingere qualsiasi ipotesi sulla nascita del
linguaggio, si sposta alla questione natura del linguaggio, cosa conferisce all’uomo il linguaggio. Non crede
che il linguaggio abbia avuto origine come risposta a necessità di ordine comunicativo. Famosa è la
definizione del linguaggio, non è un’opera, non è qualcosa di già realizzato, ma è un’attività in continua
evoluzione. La lingua in quanto attività e continua creazione è una manifestazione dello spirito umano. In
questa concezione del linguaggio, non vuol dire che l’attività linguistica dei singoli parlanti sia sempre
diversa e non riconducibile a categorie universali. Il linguaggio è un’attività ma questo non esclude che il
linguaggio possa essere analizzato con gli strumenti propri della grammatica, la grammatica generale
permette di osservare e comparare le lingue. Il linguaggio non è un semplice prodotto, che si lascia
osservare e sezionare, studiare, piuttosto è un’attività. Il linguaggio è il lavoro eternamente reiterato dello
spirito, volto a rendere il suono articolato capace di esprimere il pensiero. Rapporto tra linguaggio e
pensiero, H definisce il linguaggio come organo formativo del pensiero e fa riferimento al concetto di forma
linguistica interna. Questa è un principio organizzativo del contenuto semantico e del contenuto
grammaticale di una lingua. il linguaggio non si limita a rispecchiare la realtà, ma la parola è una copia non
dell’oggetto in sé, ma dell’immagine che l’oggetto ha prodotto nell’anima dei parlanti. Il nome di H è legato
alla questione del relativismo linguistico, l’idea che ogni lingua esprima una visione del mondo diversa da
tutte le altre e questo è un aspetto che ha avuto particolare risonanza. I parlanti che nascono in una
comunità linguistica sono condizionati dalla lingua che utilizzano. Il pensiero di H è stato portato agli
estremi dall’ipotesi Sapir-Whorf. La specie umana analizza il mondo secondo le modalità stabilite dalla
lingua, che costituisce un filtro forte alla realtà. Quest’ipotesi offre una visione estrema del relativismo
linguistico, la nostra percezione della realtà è condizionata dalla nostra madre-lingua. L’idea che ci sia un
nesso tra lingua e mentalità di una comunità di parlanti non è invenzione di H, già nel corso del 700
discussioni filosofiche permettono di intravedere questo problema. H collega la questione alla forma
linguistica interna, una concezione del linguaggio come qualcosa che non rispecchia in modo passivo la
realtà, ma è un organo formativo del sistema. In questa prospettiva quali conseguenze possiamo vedere
nell’apprendimento di una lingua straniera? Dovrebbe essere la possibilità di acquisire una visione nuova
del mondo rispetto alla prospettiva della L1. Il fatto che ogni lingua offre una visione sul mondo ci deve far
riflettere anche su un altro problema, non tutte le lingue possono essere tradotte in modo meccanico l’una
dall’altra, come se nel passare da una lingua all’altra il problema fosse cambiare l’etichetta a quel referente,
ogni lingua concettualizza la realtà in modo differente. Non è un rapporto tra nome e referente della realtà,
ma c’è una concettualizzazione della realtà. Problema della classificazione delle lingue, la classificazione
tipologica non è una novità in H. Schlegel distingueva tra lingue organiche e meccaniche, che sono tutte le
altre lingue, lingue che non avevano nulla in comune se non essere non flessive. Il fratello di S pur
rimanendo fedele alle idee del fratello, aveva elaborato una classificazione più raffinato, con un sistema a
tre classi, lingue senza struttura grammaticale (isolanti), lingue con affissi (agglutinanti) e lingue flessive. Le
lingue indoeuropee erano poste nelle lingue flessive. Queste prime classificazioni partono da un
presupposto di tipo valutativo, le lingue indoeuropee sono le sole a possedere quella capacità generative
della flessione, quindi sono superiori alle altre. Sono classificazioni semplicistiche, mettere insieme le lingue
indoeuropee antiche e moderne insieme facevano confusione. Il grosso problema è il fatto che non
avessero chiare le distinzioni genealogiche con una classificazione tipologica. Anche Bopp aveva proposto
una classificazione delle lingue, in tre classi: lingue con radici monosillabiche e senza capacità di
composizione, non possono essere lingue organiche, sono senza grammatica; lingue con radici
monosillabiche e capaci di composizione; lingue con radici bisillabiche e formate da tre consonanti che
esprimono il significato fondamentale. In questa classificazione le lingue indoeuropee appartengono alla
seconda classe. Con H arriviamo a una classificazione in isolanti, agglutinanti e flessive, che non è una
novità, era già presente in Schlegel, il merito di H è stato di aver coniato i termini isolante e agglutinante. Il
grosso merito di H non è stato di aver identificato questi tre tipi linguistici. Un primo merito sta nell’aver
distinto con chiarezza i tipi di rapporti che ci possono essere tra le lingue, tre sono i tipi di rapporto che ci
possono essere, rapporti genetici, lingue che appartengono allo stesso ceppo. Il rapporto genetico è il
primo tipo, il secondo è il rapporto areale, lingue che appartengono alla stessa area geografica. La
somiglianza sta nella condivisione del lessico. Il terzo tipo di rapporto tra le lingue sono le lingue che
appartengono alla stessa classe, lingue che presentano delle affinità dal punto di vista della forma
linguistica. Altro grosso merito di H sta nell’aver fatto chiarezza su cosa è un tipo linguistico, è un’entità del
tutto astratta, tutte le lingue presentano una o più forme linguistiche che sono astratte e possibili e ci sono
lingue che sono concrete e realmente esistenti. Non dobbiamo immaginare che le lingue siano
tipologicamente coerenti, tutte le lingue presentano una commistione di caratteristiche tipologiche. Si
parte dall’idea che ci sia sempre una commistione di elementi. I tipi definiti sono solo dei tipi ideali in
rapporto ai quali possiamo misurare le lingue reali, che non possono essere definite con il tipo agglutinante,
flessivo e isolante. Ammette il carattere tipologicamente misto delle lingue, ci possono essere anche
processi di deriva. Non esistono tipi linguistici puri, possono cambiare nel tempo, nella continuità
genealogica di una famiglia ci possono essere mutamenti tipologici. La tipologia di H è su base sintattica,
non esamina la struttura della parola, quanto piuttosto il ruolo della parola nella frase. Vede il ruolo della
parola in una struttura superiore costituita dalla frase. H è anche condizionato dal suo tempo, cade
nell’errore di considerare il tipo linguistico flessivo superiore. Il tipo flessivo è superiore per due motivi:
delimita esattamente i limiti dell’unità costituita dalla parola ed esprime in modo chiaro le relazioni che
legano le varie parole tra loro e che fanno sì che queste parole formino una frase legate tra loro. Le lingue
isolanti non esprimono queste relazioni, il tipo agglutinante esprime uno stato intermedio tra isolante e
flessivo. Cade nell’errore di dare un giudizio di merito. In questo è legato al suo tempo. Pott è uno studioso
differente rispetto alle questioni affrontate da H. Negli anni 30 la linguistica storica ha assetto istituzionale.
Un allievo di Bopp è Pott, professore all’università dal 1833, si dedicò a vari problemi, il rapporto tra lingue
e razze, commentò le teorie di H. Mostra le varie corrispondenze fonetiche tra queste forme, che
permettono di giustificare, di spiegare l’origine comune di queste forme, nell’osservare queste
corrispondenze osserva che il mutamento delle lettere avvengono secondo leggi naturali. Per queste prove
comparative fornisce delle riflessioni di carattere metodologico, merito di Pott. Elenca 180 radici e per
queste cita le corrispondenze nelle varie lingue indoeuropee. Il merito è stato di aver raccolto una massa di
dati e da un punto di vista di riflessione teorica rendersi conto che non è necessaria l’identità dei suoni tra
le forme, ma è importante la corrispondenza sistematica, che implica che si individuino i vari passaggi
fonetici. Il merito di Pott fu di riformulare i dati in tabelle sistematiche.

22/11/2022

Schleicher rappresenta il massimo punto in cui la linguistica storica ha raggiunto il massimo momento di
avvicinamento alle teorie di organicismo. La linguistica non aveva un saldo metodo di lavoro, quindi, si
avvicinerà ad altre scienze, le scienze naturali offrono un momento di riflessione e spunto. Con S siamo a
metà 800. Quelli visti finora non hanno solo l’interesse per le lingue. Assistiamo a una professionalizzazione
delle scienze linguistiche. S fu insegnante, ha avuto un’ampia formazione culturale, inclusa la filologia, la
filosofia e le scienze naturali. Nasce nel 1821, muore nel 1868. Non fu certamente un rivoluzionario, fu un
sistematizzatore della linguistica storico-comparativa 800esca. A lui va il merito di aver chiarito i rapporti tra
la lingua madre originaria e le varie lingue figlie. Si abbandona definitivamente l’idea che le lingue
indoeuropee derivassero dal sanscrito. S vede e spiega, giustifica con motivi fondati, il fatto che le lingue
indoeuropee non derivano dal sanscrito, che è una lingua figlia come le altre. Se questa teoria aveva
trovato terreno fra gli studiosi, spiega delle correlazioni fra le varie lingue nell’ottica che il sanscrito non sia
la lingua madre. L’opera più importante di S è Il compendio della grammatica comparata delle lingue
indoeuropee, prima edizione nel 1861. Ebbe un grande successo, ebbe 4 edizioni, di cui 2 postume. Fu
tradotto anche in altre lingue, in italiano, in inglese. Considerato manuale di base della disciplina linguistica
storica, è stato il modello per testi successivi. Tre sono le innovazioni metodologiche di S. La ricostruzione
del protoindoeuropeo, il modello dell’albero genealogico e il principio di regolarità delle leggi fonetiche.
Rispetto ai suoi predecessori, la vera novità di S non è stata l’uso di forme ricostruite, né tanto meno la
metodologia impiegata. Il grosso merito è stato una fiducia senza limiti, un impegno nel ricostruire in
maniera completa tutte le forme attribuibili alla lingua madre. La sua fiducia era tale che nel 1868 arrivò a
scrivere un racconto in indoeuropeo, La pecora e i cavalli. Fu preso in giro dai suoi contemporanei, arrivare
a credere di utilizzare in maniera ampia una lingua ricostruita. La fonologia aveva la precedenza. Si rende
conto che il sanscrito non è la lingua madre, ma è una lingua sorella delle altre. Questa è la posizione
attuale degli studi indoeuropeisti. Attraverso la legge delle palatali ci si rende conto che si ha la
consapevolezza che il vocalismo dell’indiano antico era innovativo, prova tangibile che il sanscrito ha
innovato per il vocalismo. S si pone su questa direzione, adotta sistematicamente questo metodo
comparativo e arriva alla ricostruzione di suoni, morfemi del protoindoeuropeo. Questo lo porta a
comporre il racconto, avis akvasas ka, seppure queste forme sono probabili cade nell’errore di attribuire il
vocalismo del sanscrito. Tutte le vocali medie sono rappresentate da a. Accanto a questo S cade nell’errore
di dare un giudizio di merito sulle lingue e il protoindoeuropeo. A suo avviso il proto non era una lingua
come le altre, ma la forma più perfetta di lingua. Riprende da Bopp l’idea che le forme verbali derivino da
combinazioni di radici che in origine erano forme autonome. Deriva anche da Bopp l’idea che il proto
subisse nel corso del tempo un processo di progressiva decadenza. Da uno stadio di perfezione e fasi meno
perfette. S va ancora più avanti nell’idea di un ciclo vitale delle lingue, individua tre fasi nella vita delle
lingue, corrispondono ai tre tipi linguistici individuati da Schlegel, isolante, agglutinante e flessivo. Combina
una classificazione tipologica con una genealogica. Il tipo flessivo è la fase di maturità, da cui inizia la
decadenza che chiude la vita delle lingue. L’idea che le lingue avessero un ciclo vitale non è un’idea che
ritroviamo solo in S, ma circolava all’epoca, Curtius, per esempio, credeva che nella storia delle lingue ci
fossero una fase di sviluppo e una di decadenza. Il primo periodo coincide con l’unità, il secondo periodo è
la fase della differenziazione del proto nella molteplicità delle lingue storiche. S in maniera estremamente
ottimistica credeva che tramite la comparazione possiamo ricostruire una lingua in tutte le sue
sfaccettature. Come si pone oggi la linguistica storica indoeuropeista? Il modello che trova maggiore
consenso è che è inevitabile che il proto abbia posseduto tutte le diversificazioni che troviamo nelle lingue
storico-naturali. Il problema è rendersi conto che questa variabilità sono siamo in grado di ricostruirle.
Quello che possiamo fare oggi è il punto di convergenza tra forme documentate nelle lingue storiche. Una
radice indoeuropea è una forma algebrica che ci garantisce la convergenza tra forme documentate nelle
diverse lingue storiche. S ha proposto un modello di un albero che da una lingua madre attraverso delle
ramificazioni binarie progressivamente si arriva a tutte le lingue storiche, effettivamente attestate. Alle
origini dei rami ci sono delle fasi linguistiche comuni. I pregi sono quelli di offrire per la prima volta una
chiara indicazione di quale fosse la posizione reciproca, questo è il merito di S. All’epoca non c’era tocario,
anatoliche e miceneo. Altro pregio è offerto dalla lunghezza dei rami che offre un’immagine approssimativa
della cronologia dei processi di differenziazione. Allo stesso tempo si presta a una serie di critiche. Il primo
problema è prevedere una ramificazione binaria, una forzatura. S lo presenta come dato di fatto, però
questo procedere per diversificazione binaria non ha giustificazione. Altro grosso limite è l’idea che le
lingue vadano progressivamente differenziandosi. Esclude che le lingue appartenenti a due rami differenti
possano avere elementi in comune, oltre a quelli ereditati dalla lingua originaria, possono avere elementi
che derivano dal contatto, dall’intrecciarsi. Pochi anni dopo un allievo di S, Smith, propone la teoria delle
onde. Parte dall’idea che si deve tenere conto della realtà spaziale. Sasso lanciato in un bacino d’acqua, le
onde vanno via via indebolendosi, spiega i fenomeni di interferenza linguistica. Anche il modello della teoria
delle onde presenta dei limiti, non giustifica la dimensione sociale. Sia l’albero che la teoria delle onde sono
modelli esistenti nella seconda metà dell’800. Oggi l’albero ha un valore pratico didattico, però nella
consapevolezza di tutti i limiti. Sia l’albero che la teoria delle onde rimasero un pochino sullo sfondo perché
le grosse problematiche per i linguisti non saranno i problemi di classificazione delle lingue. Quale fossero le
lingue indoeuropee era chiaro, l’obiettivo era capire come le lingue mutano nel corso del tempo. Il focus si
sposta sul mutamento linguistico, se c’è questo disinteresse nei confronti dei rapporti fra lingue è chiaro. A
partire dagli anni 50 dell’800 nessuno studioso diede importanza a trovare delle leggi che giustificavano le
divergenze fra lingue che discendevano da una stessa protolingua. Le leggi fonetiche erano considerato
sullo stesso piano delle leggi naturali. Le lingue sono delle entità biologiche, per S le lingue sono organismi
naturali che senza essere determinabili dal volere dell’uomo sono sorte, cresciute e sviluppate secondo
leggi fisse. La circostanza che le lingue abbiano una loro esistenza del tutto separato dalla comunità dei
parlanti è il principale obiettivo di critica dei neogrammatici. Necessità di avere delle leggi naturali che si
modificano secondo delle leggi fisse, tali leggi costituiscono la loro unità, rappresentano la loro essenza e
possiamo dire di conoscerli quando conosciamo la somma di queste leggi. Si dice che questa idea delle leggi
sia stata influenzata dalle teorie di Darwin. Non è corretto, l’origine delle specie è stato pubblicato nel
1859, S aveva cominciato le sue idee già prima. S vedeva nelle opere di Darwin una conferma sulla validità
del suo modello ma non la fonte ispiratrice delle sue teorie. L’idea di legge fissa è un punto forte di analogia
tra le lingue e le specie biologiche. Le lingue si modificano secondo leggi fisse. Tali modificazioni
costituiscono la loro vita, possiamo dire di conoscerli solo quando conosciamo la somma di questi
mutamenti, tutte le leggi che regolano la vita delle lingue. C’è differenza tra teorie di S e di Darwin, il
concetto di selezione naturale. Prevede una fase di sviluppo seguita da una fase di decadenza, questo
contrasta con la visione di Darwin perché per S il trascorrere del tempo produce un progressivo
decadimento. Mentre per Darwin attraverso la selezione naturale abbiamo un progressivo sviluppo. Questo
è il punto di differenza tra scienze linguistiche e studi naturali. Altro punto di riflessione di S è la posizione
della linguistica storica, opera una distinzione tra filologia e linguistica. La filologia è di tipo storico, studia i
fenomeni in cui la volontà umana ha un ruolo essenziale. Secondo gli organicisti, la linguistica non è una
disciplina storica. La natura è al di fuori della volontà del singolo. Il metodo della linguistica deve essere
quello delle scienze naturali. S restringe il dominio della linguistica alla fonologia e alla morfologia. La
sintassi appartiene alla filologia. Assistiamo alla riduzione della linguistica agli ambiti della fonetica,
fonologia e morfologia. Questo interesse maggiore spiega anche come siano esclusi i contatti fra i diversi
rami dell’albero. I fenomeni di interferenza sono rari a livello fonologico e morfologico, lo sono meno a
livello di lessico. La natura organica del linguaggio è portata agli estremi. Tutti gli studiosi visti finora sono di
linguistica storica. Cosa succede in quest’epoca? È giusti pensare che ci fosse disinteresse per la linguistica
generale? È corretto immaginare che gli studiosi fossero interessati esclusivamente alla visione storica? Non
è corretto pensarlo. Ci sono questioni, interessi relativi alla linguistica generale. Ci sono studiosi che si
dedicarono quasi esclusivamente a questioni di carattere generale. Ci furono poi altri studiosi che si
occuparono esclusivamente di linguistica generale. Uno di questi è Becker, l’interesse suo è descrivere lo
stato di una lingua, avvicinandosi a quella prospettiva di piano sincronico. In particolare, si occupò della
classificazione delle frasi subordinate. Si occupa di sintassi. Tenta di capire qual è la struttura di una frase,
espressione di un pensiero, di un giudizio predicativo. Propone un’analisi bipartita delle frasi, c’è sempre un
soggetto e un predicato. Questo è un fatto innovativo per l’epoca. Per quanto riguarda la classificazione
delle subordinate, operò una distinzione fra frasi soggettive, oggettive, attributive e avverbiali. Oggi queste
etichette sono usate impropriamente, però la divisione è una classificazione tuttora funzionante.

29/11/2022

Questi tre autori minori costituiscono una premessa alla corrente dei neogrammatici. Studiosi che si
pongono in una modalità del tutto differente consentiranno un’apertura e il passaggio alla figura dei
neogrammatici. Steinthal la sua importanza consiste nel fatto che ha messo in evidenza l’importanza della
psicologia negli studi di linguistica per la prima volta. Il suo nome è legato a una corrente di pensiero che
riguarda vari ambiti delle scienze umane, l’etnopsicologia. Cerca di mediare la dimensione individuale con
quella collettiva, sociale. Se il linguaggio è un momento di sviluppo delle capacità dell’individuo, esiste una
dimensione sociale del linguaggio dal momento che i vari individui che appartengono a una comunità
parlano la stessa lingua. Serve a spiegare una serie di fenomeni, cerca di coniugare la dimensione
individuale con quella sociale. Ha reso i linguisti consapevoli delle basi psicologiche nel funzionamento delle
lingue, è un fatto innovativo. Il mettere in evidenza l’aspetto psicologico vuol dire portare all’attenzione il
parlante. Nella formazione di S ebbero influenza Humboldt e Hegel. Studiò nell’università di Berlino,
quando erano morti i due. Fece una tesi di dottorato dedicata all’analisi dei pronomi determinativi nella
visione di Humboldt e uno dei relatori fu Bopp. Una prima caratteristica è una polemica nei confronti della
grammatica generale, della logica. Si schiera contro ogni importazione logica, che non può essere
identificata con la grammatica. Il linguaggio e il pensiero non coincidono. Si può pensare senza ricorrere al
linguaggio. Fa l’esempio degli animali e dei sordomuti. La linguistica non si può fondare sulla logica, ma sulla
psicologia. Non funzionano gli accordi grammaticali, ma c’è una logica. Prova che la logica non è la
soluzione per studiare la lingua. Altro problema che affronta S è la natura e l’origine del linguaggio. Il
linguaggio non è dovuto alla necessità di comunicazione, anche se ha una forma comunicativa. La fonte è
l’autocoscienza, il linguaggio scaturito dalla mente individuale diventa strumento di comunicazione. Non
considera il linguaggio una capacità innata ma assume posizione intermedia. Il linguaggio si assume
istintivamente. Riconosce delle fasi, le prime manifestazioni si hanno nelle interazioni e nelle onomatopee.
Le onomatopee non sono da intendere come imitazione fonica di un oggetto, ma segnalano l’intuizione del
parlante che costituisce una mediazione tra la materia fonica e l’oggetto della realtà. Questa prima fase è
definita come il primo livello della forma linguistica. Il secondo livello è quello contraddistinto dalla
distinzione tra soggetto e predicato che si realizza nelle lingue che possiedono un nominativo e un verbo
finito, le lingue flessive. Anche se dice che tutte le lingue possiedono un soggetto e un predicato. Il terzo
livello è quello più elaborato di tutti. Fa riferimento a un filosofo tedesco, Herbart. Le parole o le frasi si
devono considerare in unione, in corrispondenza con le rappresentazioni mentali, che hanno la loro origine
nelle sensazioni provate dai parlanti. Le dimensioni in gioco sono due: da una parte la rappresentazione
mentale, dall’altra la meccanica psichica. Le prime sono i contenuti, le immagini, derivate dai nostri sensi.
La seconda fa riferimento alle associazioni che si possono istituire nei parlanti. L’etnopsicologia tenta di
rispondere a un problema in varie scienze, come spiegare che il linguaggio, i costumi, la religione… che
sembrano relegate alla coscienza individuale, allo stesso tempo dipendono e sono condizionati dalla
comunità. Proprio l’etnopsicologia spiega il contatto continuo tra dimensione individuale e quella sociale.
Fenomeni che non possono descritti nei termini della psicologia individuale possono trovare con
l’etnopsicologia una spiegazione in quanto sono il risultato delle relazioni tra gli individui all’interno di una
comunità. S si occupò anche del problema della classificazione delle lingue e distingue tra lingue senza
forma e lingue con forma. La differenza sostanziale consiste nel modo in cui le lingue esprimono le relazioni
grammaticali all’interno della frase. le lingue prive di forma, come quelle amerindiane, sono quelle lingue
che esprimono le relazioni tramite parole materiali. Le lingue dotate di forma sono lingue in cui le relazioni
grammaticali sono espresse dalla. Pur differenti le classificazioni queste due modalità presentano dei punti
di contatto. Entrambe tendono a far coincidere le classi con le famiglie linguistiche. Altro denominatore
comune è quello di voler dare un giudizio di merito sulle lingue. Le lingue dotate di forma sono quelle
funzionano meglio. Il ricorrere a una scala di valori è una caratteristica degli autori ottocenteschi. Whitney e
Breal, W ebbe influsso su de Saussure. Entrambi erano poco più giovani di S e Schleicher. L’idea di
concepire le lingue come delle specie biologiche totalmente estranee all’individuo loro due la combattono.
La linguistica storica non può essere una scienza naturale, il posto della linguistica è tra le scienze storiche e
quelle sociali. Entrambi come Schleicher sono studiosi di linguistica storico-comparativa, ma in una visione
diversa. W studia il sanscrito, lontano dall’organicismo. B fu linguistica storico, fu colui che tradusse in
francese la seconda edizione della grammatica comparata di Bopp. Nel 1866 diventò professore di
grammatica comparata a Parigi. È stato anche l’editore delle tavole di Gubbio. Entrambi sostengono la
necessità di distinguere la linguistica storico-comparativa da quella generale. La prima ha come obiettivo lo
studio delle lingue di una stessa famiglia, la seconda deve indagare le leggi e i principi sui quali si basa il
linguaggio. Denominatore comune è la posizione della linguistica, che è una scienza storica. Il linguaggio è
un prodotto umano, non può essere un organismo naturale. W parte da una concezione del linguaggio che
è finalizzato alla comunicazione, concezione sociocomunicativa del linguaggio e in questo si differenzia da
Humboldt, per cui il linguaggio non si origina da esigenze comunicative. Ha una concezione del linguaggio in
una prospettiva sociocomunicativa. W dice che il linguaggio si apprende per imitazione, non è identico al
pensiero, che invece precede il linguaggio. W non è d’accordo di fondare la linguistica sulla psicologia. Se W
sottolinea la componente sociale del linguaggio evidenza come questa dimensione sociale del linguaggio ci
porti a dire che è arbitrario e convenzionale. Nozioni di arbitrarietà sono quelle che troviamo in Saussure.
W arriva a sostenere che non è l’individuo ma è la società che fa e cambia il linguaggio. Convenzionalità e
arbitrarietà sono tratti caratteristici del linguaggio umano, non ci sono nel linguaggio animale, perché è una
forma di comunicazione istintiva. La dimensione sociale si vede nel mutamento linguistico. Tutti gli individui
si rendono conto dell’incapacità a effettuare dei cambiamenti nelle lingue per mezzo dell’autorità del
singolo. È la società che fa e cambia il linguaggio. Il linguaggio non è un possedimento individuale, ma è
sociale. Se il linguaggio esiste per il fine della comunicazione di conseguenza qualsiasi innovazione deve
essere accettato dalla comunità linguistica o almeno dalla stragrande maggioranza della comunità di
parlanti. Ciascun processo di sviluppo linguistico inizia nell’individuo, ma prima di diventare effettivo deve
diffondersi nella comunità di parlanti. Questa dialettica richiama alla dicotomia langue/parole dello
strutturalismo. Tutto questo è impensabile per l’organicismo, per i seguaci di Schleicher. Altro punto di
lontananza con Schleicher è il rifiuto ad ammettere due epoche differenti nella storia del linguaggio. Uno
sviluppo del genere è del tutto inconcepibile per W. Parla di un’unità essenziale della storia linguistica, di
tutte le sue fasi e stadi. Tuttavia, per quanto innovativo ed originale, per alcuni aspetti è un po' vicino agli
studiosi della sua epoca. riconosce delle differenze di grado tra le lingue, che si traducono in un giudizio di
merito. Dice che ci sono delle lingue che sono più complete di altre e che generalmente si può passare da
stadi primitivi a stadi più avanzati. c’è un’idea di evoluzione delle lingue e la possibilità di dare un giudizio di
merito. L’inglese funziona meglio rispetto al figi e l’ottentotto. In queste riflessioni è figlio della sua epoca. Il
mutamento linguistico nasce nell’idioletto del parlante e questi cambiamenti diventano linguistici se si
sviluppano all’interno della comunità, se rimangono nell’idioletto non abbiamo mutamento. La dimensione
individuale si aggancia a quella collettiva, l’unica che è sede di mutamento linguistico. Breal ha vicinanza
con i primi comparatisti e prende le distanze da Schleicher e da ogni concezione naturalistica del linguaggio.
Per B la linguistica non è una scienza naturale, ma storica. Dice l’oggetto di cui tratta la linguistica non esiste
in natura, non ha vita fuori dall’attività umana, la comunità di parlanti è la sede delle lingue. Non è nella
zoologia né nella botanica che si deve cercare confronto, ma nella storia delle istituzioni. Insiste sulla
funzione comunicativa del linguaggio. Il linguaggio è stato uno strumento di comunicazione necessario tra
gli uomini. Allo stesso tempo il linguaggio contiene una limitazione all’uomo che sembra contrastare con la
comprensione: l’individuo non è libero di modificare il linguaggio, il senso delle parole, pena la reciproca
comprensione. Il linguaggio non ha solo dimensione individuale, ma anche sociale. B è famoso per il volume
Saggio di semantica del 1897. Si deve a lui la creazione del neologismo del termine semantica. Questo
termine è diventato poi un termine corrente per la linguistica. L’obiettivo della semantica è studiare le leggi
alla trasformazione dei significati, alla scelta di nuove espressioni, alla nascita e alla morte di intere
locuzioni. B non è il primo che si è occupato del significato, vari studiosi si erano occupati di semantica, però
la fonologia e la morfologia erano il campo di indagine principale. Questo primato della fonologia e
morfologia lo possiamo spiegare: l’attenzione alla diversità delle lingue, a problemi classificatori delle
lingue, non potevano che mettere in evidenza quegli ambiti di linguaggio nei quali le lingue sono più
facilmente maneggiabili. La semantica è di poco aiuto per ricostruire i rapporti genealogici tra le lingue. Allo
stesso tempo altro motivo per il quale possiamo spiegare il primato di fonologia e morfologia è che si
privilegia il confronto tra le forme linguistiche. Confrontare il significato delle parole non funziona. Ecco
perché l’innovazione di B che si rivolge al piano semantico. In realtà si trova poco di semantica nel senso
odierno. Definiamo semantica lo studio del rapporto tra i significati, quella di B è in una prospettiva storica,
diacronica, i significati nel tempo. Quella che B studiava oggi la potremmo definire come semantica storica,
diacronica. B individuò due tipi di leggi, quelle intellettuali del linguaggio e quelle fonetiche. Le prime non
sono cieche, che agiscono sempre, ma sono condizionate dalla volontà dei parlanti. Quindi ritiene che una
volontà è all’opera nei mutamenti linguistici. Nell’ambito di queste leggi intellettuali identifica due
sottocategorie: quelle di specialità e quelle di suddivisione. Un caso di leggi di suddivisione si ha quando
parole che derivano dalla stessa radice nel corso del tempo assumono significati differenti. Analogia e
uniformismo sono concetti di B. Secondo lui l’analogia è in funzione nelle fasi antiche e quelle recenti delle
lingue e nel dire questo B si oppone alla visione degli organicisti, si oppone a Schleicher che considerava
l’analogia il segnale caratteristico dell’inizio di una parabola discendente della vita di una lingua. Il ritenere
che l’analogia abbia sempre funzionato nella storia delle lingue, che non sia qualcosa di esclusivo della fase
di decadenza della lingua si collega al principio di uniformismo. Dice che il funzionamento della vita sulla
terra è sempre stato lo stesso, da che la specie umana utilizza la lingua. L’analogia non è indicatore di
maturità della lingua, ma parte da presupposti psicologici che è sempre esistito nella storia delle lingue. Al
pari di W, B sostiene il rapporto tra linguaggio e pensiero. Sottolinea il ruolo del linguaggio nella creazione
del pensiero, ma sostiene che precede il segno, il linguaggio. Quindi non è il linguaggio a creare il pensiero.
È legato ai primi linguisti storici, riprende la teoria di Bopp sull’origine delle forme linguistiche come nate da
combinazioni di radici indipendenti. L’analisi del linguista era segmentare le forme per individuare le radici.
Un’idea del genere è per B valida, che può essere condivisa. Il grosso merito di B è stato quello di mettere in
crisi l’idea di linguistica come scienza naturale, l’idea che ci sia un ciclo vitale. Il merito di B e W è aver
messo in evidenza il parlante. I neogrammatici sono il gruppo di studiosi tedeschi di grammatica comparate
delle lingue indoeuropeo attivi a Lipsia negli ultimi decenni dell’800. Manifesto dei neogrammatici la
prefazione di Brugmann e Osthoff. Molti sono gli spunti innovativi dei neogrammatici. Questa prefazione fu
pubblicata nel 1878, il saggio è quasi esclusivamente opera di Brugmann. L’altra opera teorica dei
neogrammatici sono i principi di storia della lingua di Paul. La prima edizione del 1880 ebbe una serie di
edizioni di cui le ultime due postume. Queste due opere costituiscono le opere teoriche dei neogrammatici.
Chi erano? Che cosa hanno fatto? Dove hanno lavorato? Come si è consumato lo scisma dei
neogrammatici? Ci sono stati segnali di rottura con la scuola tradizionale di linguistica storica. Come dai
contemporanei furono accolte le loro idee? L’importanza storica e metodologica dei neogrammatici è
sentita dagli studiosi moderni, 100 anni dopo la pubblicazione del loro manifesto varie società linguistiche
hanno voluto ricordare questa corrente di studiosi. Nel 1978 è pubblicato un volume commemorativo dei
neogrammatici. Nel 1986 la società italiana di glottologia dedica il convegno annuale ai neogrammatici.
Qualche anno dopo 1994 la società germanica organizza un convegno sui neogrammatici. Nonostante le
critiche è ben vivo il debito che abbiamo nei confronti di questi studiosi. Qual era il clima culturale in cui
operano? Il manuale di riferimento era la grammatica comparata di Bopp. Circolava anche presso i seguaci
dell’organicismo il compendio delle lingue indoeuropee. I neogrammatici sono un gruppo di studiosi che
ebbero contatto con Lipsia, città presso la quale i neogrammatici orbitarono o per la loro formazione o
perché ebbero un incarico di insegnamento. Curtius e Leskien furono i maestri. Curtius ha rappresentato la
vecchia scuola, colui contro il quale combattono. Leskien è il più giovane tra i neogrammatici, dal 1870 è
stato insegnante a Lipsia, si occupò di lingue slave e baltiche, lavorò sul campo in Lituania e si occupò di
lingue del passato e si dedicò allo studio fonologico e morfologico di lingue slave e baltiche. Studia sul
campo lingue per le quali c’era una comunità di parlanti. Osthoff e Brugmann sono gli indoeuropeisti. Paul e
Sievers sono i germanisti. Questi quattro sono lo zoccolo duro della corrente. Verner, Hubshmann e de
Saussure non sono propriamente neogrammatici. Saussure studiò a Lipsia e una delle primissime opere
riguarda lo studio delle vocali delle lingue indoeuropee antiche e ha scoperto quelle che classifichiamo
come le sonanti. Osthoff è stato professore di linguistica comparativa e sanscrito, si è occupato di
morfologia nominale e verbale. Tra i meriti maggiori c’è la scoperta della sonante vibrante nel
protoindoeuropeo. Brugmann fu professore a Lipsia, allievo di Curtius, influenzato da Leskien. Nel 1876
scrive un saggio nel quale scopre la nasale sonante, i suoi interessi sono rivolti alla fonologia e alla
morfologia. Insieme a Delbruck è autore di un’opera monumentale che costituisce la grammatica
comparata delle lingue indoeuropee, prima edizione tra 1896 e 1900. È un descrizione accurata delle lingue
indoeuropee note all’epoca. Al giorno d’oggi rimane valida, con dei limiti, non c’era il miceneo, il tocario,
l’anatolico.

30/11/2022

Una corrente di studiosi attivi a Lipsia. I due maestri sono due, uno in negativo è Curtius e uno in positivo
Leskien. Il nucleo centrale dei neogrammatici, come indoeuropeisti, sono Osthoff e Brugmann. Altri studiosi
sono Delbruck, Paul e Sievers, germanisti, Verner, Hubshmann e Saussure. Ricoprirono cattedre
universitarie in diverse città della Germania. Brugmann fu anche molto influenzato da Leskien. È stato
autore insieme a Delbruck di Fondamenti della grammatica comparata delle lingue indoeuropee, dedicata a
una descrizione delle lingue indoeuropee. Delbruck si occupa della parte relativa alla sintassi. Il motivo per
cui B è ricordato è che è stato fondatore della rivista Ricerche indoeuropeiste fondata nel 1891, tuttora
esistente. L’altro studioso è Delbruck, colui che si configura come l’esperto di sintassi. D ebbe una cattedra
a Jena, occupando quella cattedra che era stata di Schleicher. A parte la sezione dedicata alla sintassi, è
stato autore di un volume dedicato alla sintassi dell’antico indiano. Paul invece è stato il germanista dei
neogrammatici. Si è occupato delle varie lingue germaniche, autore di una grammatica storica del medio
tedesco, di un vocabolario del tedesco nel 1897, di una grammatica tedesca in cinque volumi nel 1916-20.
Accanto a queste opere relative alle lingue germaniche, P è stato autore della principale opera dei
neogrammatici. Insieme al manifesto dei neogrammatici costituiscono le opere nelle quali i neogrammatici
presentano il loro metodo. Principi di storia della lingua ebbe varie edizioni, l’ultima nel 1920. Insieme al
manifesto sono le opere in cui si mettono in evidenza i metodi di lavoro. Altro germanista è stato Sievers,
tra i più giovani, si occupò di antico inglese, di antico alto tedesco e di questioni di fonetica. Questi studiosi
sono caratterizzati da estrema produttività, scrissero analisi storiche e comparative relative alla maggior
parte delle lingue indoeuropee. Molti ebbero interessi filologici. Tutte queste opere costituiscono ancora
oggi delle opere valide. L’analisi di questi studiosi si riduce alla fonetica e alla morfologia, che sono livelli in
cui il metodo comparativo ha maggiore successo. Non si deve credere che ci sia disinteresse per la sintassi,
ma è perché alla sintassi non si può applicare metodo comparativo con successo. Se nel caso del piano
fonetico-fonologico e morfologico possiamo identificare unità funzionali, per la sintassi non è possibile.
Statisticamente anche se disponiamo di un corpus circoscritto, è probabile che siano documentati i
morfemi, le strutture sintattiche sono più ampie. Se dal 1878 è la data di pubblicazione della prefazione,
l’anno di rottura, l’anno in cui si incomincia a vedere l’opera dei neogrammatici è 1876, tant’è che si
definisce l’anno in cui sembra che tutto sia avvenuto insieme. I neogrammatici entrano in conflitto con
Curtius. Nel 1876 Leskien pubblica un’opera che mostra i metodi di lavoro dei neogrammatici. Ci furono poi
due articoli di Brugmann, il primo sulla ricostruzioni delle nasali dell’indoeuropeo, nel secondo si tratta di
questioni di morfologia e fonologia e propone una ricostruzione del vocalismo del protoindoeuropeo a
cinque vocali. Fino ad allora si attribuiva al protoindoeuropeo le tre vocali presenti nel sanscrito. Per la
prima volta B dice che ci sono le prove per ricostruire anche le vocali medie. Sotto questo aspetto il
sanscrito ha perso queste vocali, non è affidabile. Furono la pietra dello scandalo perché si propone un
modello di vocalismo che contraddice Curtius, poi perché si inizia a delineare un nuovo metodo di lavoro
della linguistica storica e della linguistica comparativa, maggiore fu il fatto che questi due articoli furono
pubblicati in una rivista diretta da Curtius, senza che lui ne fosse a conoscenza. Due anni dopo O e B
pubblicano la prefazione, nella quale mettono in luce i metodi di questa nuova corrente di studi. La
scoperta delle nasali vibranti e l’individuazione della legge delle palatali, che prova l’esistenza di una vocale
media e che produce fenomeni di palatalizzazioni di velare, fenomeno che si chiamerà legge di Collins-
Saussure sono lo spartiacque. Nella prefazione dobbiamo distinguere due parti, una prima parte nella quale
si sottolinea l’importanza della componente psichica del funzionamento delle lingue e l’importanza dello
studio delle lingue vive. Questi due fenomeni sono tra di loro collegati, possiamo studiare la componente
psichica se abbiamo parlanti. Nella seconda parte si parla del principio di ineccepibilità delle leggi fonetiche.
La vera parte innovativa e importante è nella prima parte. Questa è la vera parte innovativa, che sta
nell’aver evidenziato l’importanza della componente psichica e lo studio delle lingue vive. Il linguaggio
umano è un meccanismo di duplice natura, non c’è solo componente fisica nel linguaggio, ma anche
componente psichica, per capirla ci si deve rivolgere ai parlanti. Ci sono fattori psicologici che svolgono un
ruolo importante nelle molte innovazioni, come nelle formazioni analogiche. La linguistica comparata ha
trascurato la componente psichica del funzionamento delle lingue e gli studiosi del passato sono incorsi in
una serie di errori. La disattenzione per la componente psichica ha costituito per gli studiosi precedente un
grave inconveniente che ha reso difficile acquisire dei principi guida nell’analisi del mutamento delle forme
linguistiche. Insomma, se fino ad ora lo scopo della linguistica comparativa era stata la ricostruzione della
lingua madre, fino ad ora ci si era interessati quasi esclusivamente dei periodi più antichi, che erano più
vicini alla lingua originaria, l’indiano antico, il gotico, il greco antico, l’iranico. Le evoluzioni linguistiche più
recenti erano state trascurate con disprezzo. I neogrammatici dicono questa non è la strada corretta per
acquisire dei principi metodologici ai quali fare riferimento per analizzare i mutamenti delle lingue. Dicono
che si deve partire da un principio, partire dal noto per procedere verso l’ignoto, il noto sono le lingue vive.
Studiare le componenti linguistiche di lingue vicine permette di acquisire metodi che poi possiamo
applicare a lingue del passato. Il comparatista deve rivolgersi al presente se vuole acquisire una corretta
metodologia. Le lingue vive devono essere ancora più importanti, significative rispetto a fasi linguistiche del
passato. Se un linguista ha la possibilità di ascoltare con le proprie orecchie come funziona una lingua viva,
per quale motivo dovrebbe basare i principi di funzionamento del sistema fonetico di una lingua
esclusivamente sulle attestazioni di una lingua scritta del passato, che possono essere imprecise,
inaffidabili? Solo rivolgendosi alle lingue vive gli studiosi possono pervenire a un’idea corretta su come si
formano le lingue, su come mutano nel corso del tempo e quindi attraverso le lingue vive gli studiosi
possono acquisire principi metodologici attraverso cui si possono raggiungere risultati affidabili anche nello
studio delle lingue del passato. Emerge chiaramente il principio uniformista, che deriva dalla geologia e si
oppone al catastrofismo, le attività umane sono nel corso del tempo sempre le stesse. Nell’apprendere la
lingua e nel trasmetterla alla generazione successiva la specie umana compie un’attività fisica e psichica che
fondamentalmente è stata sempre la stessa in tutti i tempi. Anche se Schleicher non è nominato,
praticamente tutte le teorie dell’organicismo sono completamente demolite. Se i teorici dell’organicismo
dicevano che c’è un ciclo vitale delle lingue, un’idea del genere è abbandonata dai neogrammatici. Alla fine
della prima parte si cerca di salvare il salvabile, non è detto che le teorie precedenti sono da demolire;
tuttavia, si è accumulata una tale quantità di dati che è importante studiare e revisionare profondamente.
Se i teorici dell’organicismo dicevano che l’analogia erano indizio della decadenza della lingua, i
neogrammatici dicono che l’analogia ha sempre funzionato e funzionerà sempre. Seconda parte del
documento, i due principi focalizzati sono il concetto di ineccepibilità delle leggi fonetiche e il concetto di
analogia. Ogni mutamento fonetico procede in maniera meccanica, quindi ogni mutamento fonetico si
compie secondo leggi che non permettono eccezioni. Pertanto, la direzione del mutamento rimane
costante presso tutti i membri di una comunità linguistica. Questo è il tema per cui i neogrammatici sono
passati alla storia, ma è il punto debole della loro riflessione. Le cose non stanno così. Solo chi si attiene alle
leggi fonetiche si appoggia a un terreno solido. Chi ammette eccezioni, chi ammette che singole parole non
vengano toccate da una determinata innovazione fonetica, costui cade necessariamente nel soggettivismo,
nell’arbitrio, nell’errore. Il fatto che la scuola dei neogrammatici non sia in grado di spiegare tutte le
eccezioni alle leggi fonetiche non costituisce un argomento valido contro i principi proclamati dai
neogrammatici. Se non riusciamo a spiegare tutto vuol dire che ci sono leggi non ancora trovate, oppure
entra in gioco l’analogia. Nella seconda parte viene evocata l’analogia come l’unica possibile spiegazione
dell’ineccepibilità. L’analogia consiste in associazioni di forme, nella costruzione di nuove forme basandosi
su forme esistenti nel sistema. Per risparmiare memoria si applica l’analogia, tutto parte da associazioni
nella mente del parlante. Come l’analogia gioca un ruolo importante, allo stesso tempo si deve ammettere
che innovazioni analogiche siano esistite anche in tempi antichi, dobbiamo usare l’analogia per spiegare
lingue più antiche. Alcuni ritengono che le formazioni analogiche appaiono nelle fasi di decadenza della
lingua, dice tutto questo non ha fondamento. Nasce dall’equivoco che le lingue conducano una vita
autonoma al di sopra dei parlanti. Espressioni e concetti come giovinezza e anzianità della lingua sono
fuorvianti. Dicono una cosa realmente accaduta: se diciamo che il dialetto omerico sia la fase più antica e
scoprissimo una fase linguistica più antica, dovremmo rivedere la questione dell’arcaicità? È quello che
accade con la scoperta del miceneo. Nella distinzione tra nuovo e antico non c’è alcun fondamento,
principio dell’unicità. I neogrammatici erano accusati di usare l’analogia quando non funzionava qualcosa
col principio dell’ineccepibilità delle leggi. Per porsi al riparo da queste critiche dicono che il ricorso
all’analogia è l’ultimo rimedio. In ogni caso il ricorso all’analogia è più accettabile che una deviazione
arbitraria dal procedere meccanico delle leggi fonetiche. Il ricorrere all’analogia è il male minore rispetto a
dire che non è valida l’ineccepibilità delle leggi fonetiche. La seconda parte del manifesto è quella più
debole dal punto di vista teorico. Accanto a quello che è scritto nel manifesto è interessante osservare il
non detto, altrettanto significativo. Mancano le solite dichiarazioni sulla validità dell’operato di Bopp,
considerato il padre della linguistica storica. Non c’è nessun accenno alla memoria dei padri fondatori della
linguistica storica. Altro argomento non detto è il mancato accenno a una qualsiasi questione sulla
classificazione delle lingue. Nel manifesto dei neogrammatici non c’è perché in fondo nella seconda metà
dell’800 sono ormai ben chiare le lingue indoeuropee e le possibili distanze tra le lingue. Vi è una riflessione
sui fondamenti metodologici, quali sono i metodi da utilizzare per studiare il mutamento linguistico, che,
come le lingue, si trasformano nel corso del tempo, questo è l’obiettivo del manifesto. Spostamento da
problemi classificatori, problemi di ricostruzione, il loro obiettivo è capire come le lingue cambiano nel
corso del tempo e acquisire metodi di lavoro utili nello spiegare il mutamento linguistico. riesaminare i
fondamenti, le metodologie usate dagli studiosi di linguistica storica. Ridefinire i principi generali alla base
del funzionamento delle lingue.

06/12/2022

Appelli 30/01 e 13/02- incontro online 10/12 alle 9

Qual è la novità di questo testo? L’ineccepibilità delle leggi fonetiche anche altri studiosi dell’epoca la
sostenevano. La portata della novità potrebbe non essere l’elemento esclusivo dei neogrammatici. Lo
stesso Verner dice che le leggi fonetiche hanno eccezioni. La novità non è tanto nella seconda parte, quanto
nella prima, l’aver evidenziato in modo chiaro la componente psichica nelle lingue, che noi vediamo nel
parlante, ma anche collegata ai meccanismi di analogia. L’analogia è la formazione di una razione della
lingua basandosi su modelli esistenti. La componente psichica è la novità dei neogrammatici al pari del
principio di uniformismo. Accanto a questo è importante vedere quello che non viene detto nel manifesto,
le dichiarazioni di validità dell’operato dei predecessori, in particolare Bopp. Altro non detto ugualmente
significativo è l’assenza di qualsiasi riferimento alla classificazione delle lingue. Il modello dell’albero
genealogico era ormai acquisita. Questi problemi classificatori non sono per nulla presi in considerazione.
Quello che è la vera novità è il dire che occorre rivedere le procedure e i metodi da utilizzare nella
linguistica storica. Anche se il manifesto non fornisce un modello coerente, i vari argomenti affrontati nella
prima e nella seconda parte sono collegati fra loro. Un collegamento importante che mette in luce la prima
parte sono un’alternativa valida. Incoerenze ci sono, per esempio, una potrebbe essere l’interesse per le
lingue moderne. Le lingue vive offrono il miglior campo di indagine si dice. Però molti studiosi si sono
dedicati anche a lingue antiche, Paul era un germanista, editore di testi del passato. Questa è
un’incongruenza. Il rivolgersi alle lingue vive consente di studiare il meccanismo fonico. Nel fare questo un
cambiamento di canone non può avvenire all’improvviso, deve essere graduale. Questi studiosi si rendono
conto dell’importanza dello studio di lingue vive, altri rimangono ancorati allo studio di lingue antiche.
Questo è una prima questione che giustifica e spiega perché ci sia incongruenza. A partire dalla seconda
metà dell’800 il merito dei neogrammatici è stato di aver identificato una serie di leggi fonetiche. La legge
di Verner e quella di Grassman sono eccezioni a quella di Grimm. Il grosso merito dei neogrammatici è aver
formulato delle leggi che descrivono mutamento linguistico, ancora oggi valide. Spesso queste leggi erano
dedicato al consonantismo delle lingue indoeuropee. La ricostruzione del consonantismo ha proceduto con
maggiore efficacia, il vocalismo è andato a rilento. Il motivo è l’eredità del sanscrito, in cui ci sono tre vocali,
in quanto lingua pari alle altre indoeuropee, però era difficile allontanarsi dall’idea che il sanscrito abbia un
vocalismo differente dal protoindoeuropeo. Questo è il motivo per cui la costruzione del vocalismo è
andata a rilento. Anche i meccanismi di apofonia, alternanza che riguarda il timbro o la quantità di una
vocale, erano sconosciuti e inesplorati perché nel sanscrito non si può studiare l’apofonia. La scoperta della
legge di Collins-Saussure, delle palatali, ha consentito di spiegare la presenza delle vocali medie, si applica
solo alle lingue indo-iraniche. Per il vocalismo dell’antico indiano ha spiegato la presenza di una vocale e.
Paul è il teorico dei neogrammatici, questo non è vero perché è stato anche un germanista. Lo ricordiamo
per I principi di storia della lingua, volume che ha avuto enorme successo, prima edizione nel 1880, l’ultima
nel 1920. Si tratta di uno studio rigoroso e coerente ma anche pesante ed impegnativo. Non è certo
un’opera introduttiva, ma è per specialisti. Il primo motivo per cui si ricorda è dove si collocano le scienze
linguistiche nell’ambito delle scienze. Il principio per cui lo studio linguistico non può essere storico è quello
più famoso per cui si ricorda P. Il linguaggio si può studiare solo in una prospettiva storica. Come si colloca
la linguistica tra le varie scienze? P distingue tra scienze nomotetiche e storiche. Nomotetiche deriva dal
greco, una scienza basata sulle leggi. Le scienze storiche non possono essere basate su delle leggi. Accanto
a questo dice questa distinzione non coincide con la distinzione tra scienze della natura e scienze dello
spirito. Non sono categorie sovrapponibili. Per esempio, la psicologia è una scienza storica ma basata su
delle leggi. La distinzione tra scienze nomotetiche e storiche consiste in: in quelle nomotetiche manca
riferimento all’idea di sviluppo, evoluzione, concetti che sono invece essenziali nelle scienze storiche, siano
essere scienze storiche della natura che scienze storiche dello spirito. Fatta questa premesse vediamo come
posiziona la linguistica. Secondo P è una scienza storica che contiene una componente nomotetica,
rappresentata dalla psicologia. Già Whitney e Breal si era parlato di componente psicologica. Viene ripreso
ma rielaborato. La dimensione psicologica è vista come una dimensione individuale. P e tutti i
neogrammatici non condividono il concetto di etnopsicologia, la psicologia dei popoli, mente etnica
sopraindividuale. Questo non è accettato dai neogrammatici, perché la dimensione psicologica è
individuale. Secondo P l’etnopsicologia non ha fondamento. Un connessione immediata tra stati e processi
mentali si verifica solo nella mente dell’individuo. Il grosso problema è come spiegare il funzionamento
delle lingue? La dimensione psicologica individuale è uguale in tutti i parlanti, questo garantisce la
comunicazione. Secondo P gli obiettivi che possono essere studiati nella prospettiva della psicologia
individuale sono: come si realizza l’attività linguistica, come funzionano i meccanismi di apprendimento del
linguaggio, come si può spiegare il mutamento delle lingue nel tempo, come si può spiegare la
frammentazione delle lingue in dialetti, come si spiega l’origine del linguaggio. P arriva a dire che ci sono
tante lingue quanti sono gli individui, si avvicina a un concetto della linguistica successiva, ovvero l’idioletto.
Come possono tutti questi problemi essere risolti nei termini della psicologia individuale? Come è possibile
che se ci sono tante lingue ci sia poi un’effettiva comunicazione tra individui? È garantita dall’uniformità
costituzionale degli individui. I meccanismi mentali, psichici e fisici sono fondamentalmente gli stessi in tutti
gli appartenenti alla specie umana. L’uniformità dei parlanti consente di riconoscere la dimensione
individuale del linguaggio, che permette di trovare una soluzione ai cinque problemi senza ricorrere
all’etnopsicologia. L’interazione tra individui produce quello che P definisce l’uso linguistico, una specie di
media che deriva dal confronto dei singoli organismi linguistici. La scelta di concentrare l’attenzione
sull’individuo e l’idioletto ha delle conseguenze. Se ogni individuo ha il suo proprio idioletto, come mai
esistono le lingue e non una moltitudine di idioletti? La risposta è che c’è una componente sociale, gli
individui vivono all’interno della stessa comunità linguistica e l’influenza reciproca garantisce uniformità
linguistica. Secondo P qualsiasi cambiamento linguistico parte dall’idioletto, in quanto ogni individuo ha un
certo grado di libertà. Questi cambiamenti si verificano nella lingua, muovono nella stessa direzione e
quindi il mutamento si diffonde in un’ampia parte della comunità linguistica e si arriva al mutamento
linguistico. L’analogia nasce da meccanismi inconsci della mente dei parlanti che poi si riflettono sul
linguaggio. Quello che dice P è alla base c’è un meccanismo psicologico, una categoria anomala viene
modellata su una categoria produttiva. L’analogia non solo rende conto di alcune eccezione alle leggi
fonetiche ma è anche il meccanismo fondamentale di funzionamento del linguaggio. Da’ un ruolo molto più
consistente all’analogia. C’è un ridimensionamento all’ineccepibilità delle leggi. Le leggi non hanno un
potere predittivo ma sono una constatazione a posteriori della regolarità di determinati fatti che avvengono
nella storia delle lingue. Se una legge della chimica ha un potere predittivo, le leggi della linguistica no,
dopo che è avvenuto un determinato mutamento possiamo osservare delle regolarità. Il concetto di
ineccepibilità non deve essere inteso in modo assoluto. Le leggi fonetiche fanno riferimento a determinate
ere storiche. P ritorna sull’importanza delle lingue vive, riprende le teorie dei neogrammatici. L’eredità dei
neogrammatici  oggetto del contendere era il ruolo dell’analogia e il ruolo delle leggi fonetiche. Il
dibattito sull’analogia è stato uno dei motivi dell’attacco contro i neogrammatici. Non si spiegava bene cosa
fosse l’analogia, lo farà Paul. L’accusa di circolarità con cui si invoca l’analogia per salvare il concetto di
ineccepibilità delle leggi fonetiche. P dà maggiore spazio al principio di analogia. Il punto più consistente del
contendere è stato quello delle leggi fonetiche. Alcuni, come i seguaci dell’organicismo, dicevano che già
Schleicher aveva detto ciò sulle leggi fonetiche. Chi è stato oppositore dei neogrammatici è Schuchardt,
Sulle leggi fonetiche. Contro i neogrammatici. S tenta di dimostrare i motivi della sua profonda e radicale
avversione a questo principio dei neogrammatici. La sola frase che i neogrammatici può considerare di sua
esclusiva proprietà è l’ineccepibilità delle leggi fonetiche, che a suo dire non ha alcun fondamento. Quali
sono le motivazioni addotte da S? Osserva che ogni mutamento fonetico opera in un terreno ampio, il
vecchio e il nuovo coesistono in realtà, appaiono distribuiti nell’ambito della stessa varietà anche per il
sesso, il grado di istruzione… Non si può assolutamente parlare di azione meccanica delle leggi fonetiche.
L’unica cosa ineccepibile è il mutamento fonetico sporadico, nel senso che ogni mutamento è sporadico in
qualsiasi fase. Altra accusa di S è di essersi occupati esclusivamente delle lingue indoeuropee, non si
occupano di lingua non imparentate fra di loro. L’interesse per lingue diverse la troviamo in S. Tedesco di
nascita, studia con Schleicher, fu professore di linguistica in Austria. Ha pubblicato una serie di saggi ma mai
un libro. Non aveva mai delineato un impianto metodologico coerente in sé. Si occupa di lingue romanze,
ma anche di basco ed è stato uno dei primi studiosi di pidgin e creoli. Lo studio di questa varietà linguistiche
gli permise di dire che dialetti coerenti sono un’illusione, sono costruzioni di studiosi. Quelli che noi
chiamiamo dialetti sono una mescolanza di forme vecchie e nuove che coesistono in un continuum. Era
contrario alla generalizzazione linguistica. Mentre i neogrammatici miravano a sistematizzare mutamenti
linguistici con leggi, S era anti-sistemico per eccellenza, scettico che si potessero dare regole generali per il
funzionamento delle lingue. Ogni individuo parla un suo idioletto, si avvicina a Paul, ma con una differenza.
Secondo P nonostante l’esistenza dell’idioletto si poteva giungere a generalizzazioni, data un’uniformità
degli individui. Secondo S è impossibile compiere generalizzazioni, sono possibili solo ricerche specifiche su
singole parole. La figura di S è sicuramente la figura dell’oppositore più vigoroso. Un’opposizione è stata
quella del primo studiosi di linguistica storica che è Ascoli. In una lettera aperta a Piero Merlo pubblicata nel
1886 raccoglie pensieri sui neogrammatici. Quello che dice A ridimensione i neogrammatici, nega ogni reale
novità sia nei principi che nei metodi. Si tratta di una più larga applicazione di principi già conosciuti da un
pezzo. Parla di un’insussistenza, tende molto a ridimensionare le figure dei neogrammatici. Anzi dice non
solamente c’è una continuità assoluta tra quanto fatto prima e quanto essi riescono a raggiungere.
Ridimensiona l’operato dei neogrammatici, nega una qualsiasi spinta innovatrice nell’operato di questi
studiosi. La grossa novità non è quello che dicono ma come lo dicono. Ad A si deve l’aver coniato il termine
glottologia, scienza del linguaggio. Fu il primo studioso italiano ad applicare i metodi della linguistica
storico-comparativa tedesca non solo alle lingue indoeuropee ma anche alle varietà romanze. Ad A si deve
la scoperta dell’isoglossa centum-satem. Nel 1870 pubblica un saggio in cui la spiega e gli procurò un
prestigio internazionale. Allo stesso tempo molte riflessioni di A fanno riferimento all’etnologia, ovvero a
suo avviso a linguistica non poteva essere una scienza naturale, ma era una scienza etnologica. Da qui
l’interesse per la categoria del sostrato, etichetta utilizzata per descrivere l’influsso di una lingua originaria
e una lingua che si è sovrapposta. Questi interessi etnologici sono legati ad interessi nei confronti
dell’antropologia. È stato il fondatore dell’archivio glottologico italiano, rivista di linguistica storica. Si
interessò anche di un possibile rapporto tra le lingue indoeuropee e quelle semitiche, arriva alla possibilità
di una monogenesi. Le origini di A, ebraico, lo hanno portato ad interessarsi a questa vicinanza probabile. In
Saggi ladini studia varietà ladine e romanze. Altra eredità è la neolinguistica, Bartoli è il maggiore
esponente. Dei neogrammatici non aveva giudizio positivo, utilizzano questo impianto teorico per
descrivere le lingue ma non hanno detto niente di nuovo. È il teorico delle norme areali, in cui si cerca di
coniugare la dimensione spaziale con quella temporale. Nega un carattere innovativo ai neogrammatici. Il
rigore nell’applicazione delle leggi fonetiche è il punto debole delle teorie neogrammatiche. La vera
innovatività sta nella rilevanza ai fattori psicologici e da qui uso del principio dell’analogia. Altro fatto
innovativo sta nell’importanza delle lingue vive per studiare lingue del passato. Possiamo dire che il grosso
merito è stato non di descrivere come le lingue cambiano ma fornire una spiegazione di come cambiano. Il
vero contributo di questi studiosi non va visto nel concetto di ineccepibilità delle leggi fonetiche. Il giudizio
di Bloomfield, studioso americano che nonostante tutte le critiche mosse ai neogrammatici, dice che i
metodi sviluppati sono ancora i metodi di lavoro utilizzati dagli studiosi. Con questi metodi i mutamenti
linguistici possono essere registrati, classificati e sottomessi alla deduzione e alla previsione. Giudizio più
equilibrato alla corrente dei neogrammatici.

07/12/2022

Come si collocano rispetto ai neogrammatici? Sul finire dell’800 nasce quella disciplina linguistica che va
sotto il nome di geografia linguistica o dialettologia. È una nuova metodologia basata sulla ricerca sul
campo. Anche se questi studiosi saranno fortemente critici nei confronti dei neogrammatici, la nascita di
questo filone è stato indirettamente favorito dai principi dei neogrammatici. Perché loro dicono è
importante studiare le lingue vive e i parlanti. Il primo studioso fu Gilliéron, il quale è stato autore di uno
dei primissimi atlanti linguistici. G tramite qualcuno che lo aiutava riesce a radunare e avere i risultati di una
serie di interviste effettuate da un unico raccoglitore, che per altro non era un linguista. Il vantaggio che
non fosse un linguista è evidente, perché un linguista poteva aspettarsi qualcosa da questi dati e poteva
involontariamente manipolare i dati disponibili. Questi dati sono stati raccolti con estrema precisione, non
sono influenzati da teorie preconcette e si trattava di dati omogenei, perché frutto del raccolto di un’unica
persona. Anche i comportamenti del raccoglitore possono influenzare i dati. A seguito di ciò si arriva alla
pubblicazione di questo atlante. G dice che i dialetti non hanno confini netti, quindi in una stessa area
geografica ci può essere coesistenza di forme nuove e vecchie, si rende conto della non ineccepibilità delle
leggi fonetiche, il mutamento non si diffonde in maniera perfettamente omogenea. Questa raccolta di dati
fa riflettere su come le situazioni storiche influenzino i mutamenti. Collisioni omonimiche, un esempio è per
la parola gallo e gatto nei dialetti francesi del sud-ovest. Non deriva da gallus, ma da altri termini latini,
come fagiano o vicario in questo caso. La forma originaria del latino gallus aveva subito mutazioni che
l’avevano portata a coincidere con gatto. Il fatto che queste due forme arrivino a coincidere formalmente
crea confusione nei parlanti. L’indagine sul campo evidenzia la dimensione storica delle lingue, l’indagine
sul campo ci mostra come l’evoluzione delle lingue sia condizionata da fatti storici. Casi di collisione
omonimica di questo tipo ne sono la prova. Le lingue sono mezzi terapeutici per risolvere. Abbiamo poi
l’Atlante italiano e della Svizzera del sud e un atlante italiano promosso da Bartoli. Indirettamente i
neogrammatici hanno permesso la nascita degli studi di dialettologia. Altro filone di studi di linguistica del
900 è la neolinguistica. Il breviario è pubblicato nel 1918, anche qui c’è interesse per la dimensione
geografica, sempre collegata alla dimensione storica. Bartoli è collegato alle norme areali, principi che
cercano di collegare in armonia distribuzione geografica e dimensione storica. Si cerca di individuare il
rapporto genealogico, la patria dell’innovazione linguistica e la causa dell’innovazione. Queste norme sono
quelle dell’area isolata, aree laterali, area maggiore, area seriore. Quello che è importante è che gli studiosi
non riconoscono valore assoluto alle norme areali, sono solo un’indicazione di una prevalenza di casi, non
fanno riferimento all’ineccepibilità. La norma delle aree laterali dice che nelle aree di margine si conservano
le forme tradizionali, mentre nell’area centrale nasce l’innovazione. La norma dell’area isolata dice che ci
sono aree che rimangono isolate rispetto ad altre aree. Queste norme erano sempre formulate come delle
tendenze non come ineccepibili, gli stessi studiosi si resero conto che c’erano dati che contravvengono a
queste norme. Meillet si colloca a cavallo tra i due secoli. A lui si deve la nascita della linguistica storica in
Francia, è stato amico di Saussure. Ha diffuso i metodi e le teorie dei neogrammatici. Combina queste
teorie con alcune idee nati dalla sociologia. Accetta il principio di ineccepibilità, ma è convinto del principio
ogni parola ha la sua storia. Non ammette la possibilità di mutamenti fonetici sporadici, ma quella che è
chiamata legge fonetica è la constatazione di corrispondenze sistematiche. Abbiamo un avvicinamento alla
concezione di mutamento che è constatazione di forme sistematiche. Con M abbiamo una spiegazione dei
cambiamenti. Alcune delle possibilità si manifestano con necessità, ma non è possibile sapere a priori quali
saranno questi mutamenti. Nella storia delle lingue si può arrivare allo stesso esito con procedimenti
diversi. La linguistica è una scienza sociale e il solo elemento variabile è il mutamento sociale. Il metodo
della grammatica comparata non una ricostruzione dell’indoeuropeo come è stato parlato: è un insieme di
corrispondenze tra lingue storicamente attestate. Non possiamo ricostruire una lingua a tutti gli effetti. Le
forme ricostruite sono i segni mediante i quali si esprimono le corrispondenze, senza pretesa di
rappresentare suoni o parole effettivi. Con M abbiamo pieno raggiungimento di concetti che sono attuali, il
carattere primitivo del protoindoeuropeo e il giudizio di merito. In M abbiamo un pieno superamento
dell’origine pronominale delle desinenze verbali.

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