Sei sulla pagina 1di 13

Lezione 12 – 11 Aprile 2016

Dispense: Lez. 18 (taglio) e Lez. 3 (cerchi di Mohr)


TAGLIO
Il primo concetto da chiarire è: cos’è il TAGLIO SCORRIMENTO? Cosa induce la sollecitazione da taglio?
Immaginiamo di costruire una trave poggiando 2 tavolette di legno l’una
sull’altra (figura 1).
Se applico un carico mi aspetto che queste 2 tavole, visto che le ho solo
Figura 1 poggiate, possono scorrere l’una rispetto all’altra. Quindi quando questa
trave si inflette, o per peso proprio o per la presenza di una forza
concentrata, succede che la faccia inferiore della tavola di sopra ha uno
scorrimento rispetto alla faccia superiore della tavola di sotto (figura 2).
Figura 2 Se invece inchiodo o incollo queste 2 tavole (figura 3) faccio in modo che
lo scorrimento sia nullo e quindi la deformazione della struttura, se soggetta
a carico, sarà differente rispetto al caso di prima.
Intuitivamente si evince che a parità di forza la struttura inchiodata/incollata
Figura 3 si inflette di meno perché l’abbassamento massimo in una struttura (freccia)
per un carico uniformemente distribuito (come in questo caso) vale:
5 𝑞𝑙 4
𝑓=
384 𝐸𝐼
5
 : numero che dipende dai vincoli e dal tipo di carico
384

 q: carico
 l: luce
 E: modulo elastico del materiale di cui è costituita la trave
𝐵𝐻 3
 I: momento di inerzia (per sezioni rettangolari 𝐼 = 12
)
Se battezzo la figura 2 (senza colla) come Sistema 1 e la figura 3 (con colla) come sistema 2 per i 2 sistemi è
tutto uguale, l’unica cosa che varia è I -momento di inerzia- perché se indico con H l’altezza della singola
tavola e B la base delle tavole (uguali per entrambi i sistemi) il momento di inerzia del sistema 1 𝐼1 è pari a 2
volte il momento di inerzia della tavola 𝐼𝑡 perché le 2 tavole sono libere l’una rispetto all’altra:
𝐵𝐻 3
𝐼1 = 2𝐼𝑡 = 2
12
Il sistema 2, invece, presenta una differenza; siccome le tavole sono state incollate e quindi “lavorano”
insieme devo aggiungere il momento di inerzia di trasporto -teorema di Huygens- nel nuovo baricentro del
sistema (nel sistema 1, le tavole, lavoravano ognuna rispetto al proprio baricentro). Ma senza considerare
tutto ciò, nel caso del sistema 2, ragiono su un blocco unico di altezza pari a 2H e quindi posso scrivere
l’inerzia della trave 2 𝐼2 come:
𝐵(2𝐻)3 8𝐵𝐻 3
𝐼2 = = = 4𝐼1
12 12
Il sistema 2 ha un’inerzia 4 volte più grande del sistema 1 (nelle stesse condizioni di carico, se la trave 1 si
abbassa di 4 mm, la trave 2 si abbassa di 1 mm).
Il sistema 2 funziona meglio e il miglior funzionamento è dovuto alla colla/chiodi che abbiamo applicato
perché assorbono lo scorrimento che non è altro che un taglio.
La differenza tra i 2 sistemi si evince anche dalle σ:
𝑞𝑙 2
le 𝜎𝑚𝑎𝑥 del sistema 1 sono date da 𝜎max 1 = 8𝑊 dove W è il modulo di resistenza che per una sezione
𝐵𝐻 2
rettangolare vale 𝑊 = 6
, però metà momento “se lo prende” la tavola di sotto e metà momento “se lo

prende” la tavola di sopra e quindi la σ del sistema 1 è:


𝑞𝑙 2 6
𝜎1 =
8 ∗ 2 𝐵𝐻 2
(nelle 2 tavole del sistema 1 ho i diagrammi delle σ; ho 2 diagrammi a farfalla proprio perché il momento se
lo prendono ognuna per i fatti suoi)
Nel sistema 2, il fatto che le tavole siano incollate fa sì che lavorino come un unico corpo di altezza 2H,
quindi il diagramma delle σ è come se fosse un corpo solo (ammesso che la colla regga quelle τ):
𝑞𝑙 2 6 𝜎1
𝜎2 = 2
=
8𝐵 (2𝐻) 2
Le σ, ovvero le sollecitazioni, nel sistema 2 sono la metà che nel sistema 1; quindi anche come prestazione
funziona meglio il sistema 2 perché la sollecitazione che nasce è la metà (N.B. il carico è uguale su entrambi
i sistemi). Quindi non solo come freccia (deformabilità) la struttura 2 funziona meglio ma anche con le
sollecitazioni; cioè gli stessi carichi inducono delle tensioni che sono la metà. Tutto questo vantaggio è dato
dalla colla/chiodi che ho messo.
Ma quanto deve reggere questa colla? Qual è la sollecitazione di questa colla?

QUANTO VALE LA τ (TENSIONE TANGENZIALE) IN UN DETERMINATO CASO? TEORIA DI


JOURAWSKY
N.B. Questa teoria è fondata sulla continuità del materiale; non è valida se il materiale fessura.
Quale è la relazione tra τ e taglio?
[Se nasce il taglio ci sarà sicuro momento flettente perché il taglio è la derivata del momento flettente.
Viceversa potrei avere un M (momento) in assenza di taglio perché se il momento è costante il taglio è nullo.
Se esiste un M potrebbe non esserci il taglio; riesco ad avere una condizione di flessione pura.
Viceversa non avrò mai la condizione di taglio puro, nel senso che l’avrò in un punto, ma un po’ più avanti o
un po' prima ci sarà subito un M, perché il fatto che un taglio ha un piccolo braccio fa nascere il momento
flettente (la condizione di taglio puro è una condizione puntuale, non
esiste su un tratto).]
Estraggo da una trave un concio lungo dx; ho σ da un lato e σ+dσ
dall’altro lato; se ho una variazione del diagramma delle σ vuol dire

Figura 4
che ho una variazione del momento flettente dovuta alla presenza di un taglio.
Il taglio può generare uno scorrimento tra i piani di questa sezione, per cui se mi metto ad una certa quota so
che nascono delle τ sotto la parte di concio evidenziato (figura 4).
Tiro fuori in 3D il pezzo di concio (figura 5) che avrà una sua spazialità e, in
particolare, se la struttura è in equilibrio anche il pezzo estratto sarà in
equilibrio. Come posso scrivere questo equilibrio?
Sulla faccia 2 (sotto) ho le τ (derivanti dallo scorrimento, impedito), sulla
faccia 1 e 3 agiscono le porzione di σ evidenziate.
Scriviamo l’equazione di equilibrio alla traslazione per questo solido in
orizzontale:
∎ ∎

Figura 5 ∫ 𝜎𝑑𝐴 − ∫(𝜎 + 𝑑𝜎)𝑑𝐴 + 𝜏𝐵𝑑𝑥 = 0

 ∎ : area campita (area della faccia 1 e della faccia 3)


 4, 5 e 6 sono facce libere, non sta agendo nulla
 Le τ, sulla faccia 2, sono uniformi (costanti), anche perché sto considerando un’area infinitesima
 Bdx: area della faccia 2 (sotto) (B= 3° dimensione e dx=lunghezza)  area su cui agiscono le τ

 ∫ 𝜎𝑑𝐴  risultante delle σ sulla faccia 1

 ∫ (𝜎 + 𝑑𝜎)𝑑𝐴  risultante delle σ sulla faccia 3
 𝜏𝐵𝑑𝑥  risultante delle τ sulla faccia 2 di sotto
Faccio la differenza tra gli integrali considerando il netto tra gli integrali, ovvero semplifico le σ, perché sono
le stesse, e ottengo:

∫(𝑑𝜎)𝑑𝐴 = 𝜏𝐵𝑑𝑥

𝑀
Siccome 𝜎 = 𝐼
𝑦

 y è la distanza dall’asse neutro (ho un sistema di riferimento che ha origine nell’asse neutro)
𝑀
 𝐼
a meno di E, modulo di Young, è la pendenza del diagramma delle ε (curvatura)
𝑑𝑀
Quindi 𝑑𝜎 = 𝐼
𝑦

La variazione di σ c’è perché c’è una variazione di M, in quanto I è costante. La σ varia da una sezione
all’altra solo perché sto cambiando M (perché M varia da una x all’altra)  Lungo un dx ho un dM perchè
ho un carico. Inoltre posso esprimere 𝑑𝑀 = 𝑇𝑑𝑥 e quindi:
𝑇𝑑𝑥
𝑑𝜎 = 𝐼
𝑦  sostituisco nell’integrale
∎ ∎
𝑇𝑑𝑥
∫(𝑑𝜎)𝑑𝐴 = ∫ ( 𝑦) 𝑑𝐴 = 𝜏𝐵𝑑𝑥
𝐼
 L’area campita è l’area sulla sezione trasversale tagliata da una corda alla quota del piano dove sto
valutando le τ
 Semplifico ad ambo i membri dx (ovviamente il discorso è valido a prescindere dal dx scelto)
T (taglio) e I (momento di Inerzia) sono indipendenti dall’area, perché il taglio c’è a prescindere dalla striscia
che ho preso (fissata una x e una corda). Il momento d’inerzia non dipende dall’area ma dalla sezione che ho
scelto; quindi T ed I sono costanti rispetto all’integrale e possono essere portati fuori dall’integrale:

𝑇 𝑇𝑆 ∎
𝜏= ∫ 𝑦𝑑𝐴 =
𝐵𝐼 𝐵𝐼

 ∫ 𝑦𝑑𝐴 momento statico
N.B. fino ad ora il momento statico l’abbiamo calcolato rispetto all’intera sezione con riferimento
all’asse neutro; in questo caso è calcolato ancora con riferimento all’asse neutro però è solo esteso
all’area segnata (non tutta la sezione trasversale)
 𝑆 ∎ momento statico dell’area campita (è variabile perché dipende dall’area)
Verifichiamo se quest’espressione è corretta dimensionalmente:

𝑇𝑆 ∎ 𝑓𝑜𝑟𝑧𝑎 ∗ 𝑙𝑢𝑛𝑔ℎ𝑒𝑧𝑧𝑎3 𝑓𝑜𝑟𝑧𝑎


𝜏= [=] =
𝐵𝐼 𝑙𝑢𝑛𝑔ℎ𝑒𝑧𝑧𝑎 ∗ 𝑙𝑢𝑛𝑔ℎ𝑒𝑧𝑧𝑎4 𝑙𝑢𝑛𝑔ℎ𝑒𝑧𝑧𝑎2
è corretta!
Le τ sono forza/superficie, T è una forza, S è una lunghezza3, I è una lunghezza4, B è una lunghezza.
Se mi fisso ad una certa x: T, B, I sono costanti. Le τ dipendono da T, B e I che
però sono costanti; c’è però il momento statico dell’area campita, se cambio l’area

Figura 6 individuata dalla corda cambia il momento statico e quindi cambia la τ.

Guardo alla sezione trasversale del concio e mi costruisco il diagramma delle τ (figura 7):
Istantaneamente, se ho delle τ all’estremità superiore della sezione, avrò delle τ uguali anche all’estremità
inferiore per un fatto di simmetria.
Se voglio sapere quanto vale la τ ad una determinata quota, concettualmente devo prendere un piano che
passa per quella data quota e scrivere l’equilibrio scritto sopra.
Alla quota più in alto (quota1): T, B e I hanno un certo valore; il
momento statico dell’area calcolata rispetto all’asse neutro vale
zero (perché l’area è nulla). Quindi a questa quota le τ sono nulle
e simmetricamente potrei fare lo stesso discorso anche dall’altro
lato.

Figura 7 Man mano che scendo accade che.


Alla quota 2 individuo un’area tratteggiata (area campita) e mi
accorgo che dA è cresciuto linearmente con l’altezza e anche la y è cresciuta linearmente; quindi sta
aumentando l’area con una certa legge e anche il braccio sta aumentando con una legge simile. τ sta variando
con il quadrato di y e quindi mi aspetto che il diagramma delle τ vari con legge parabolica.
Alla quota 3 (sul baricentro) anche se so che il momento statico dell’intera sezione è nullo, però in questo
caso io non sto facendo riferimento al momento statico dell’intera sezione, ma sto prendendo solo quello
riferito all’area che ho campito. Quindi, è evidente, che in mezzeria τ sarà massimo perché da quel punto
inizierà a nascere qualcosa che scarica tanto che arrivando fino a giù diventa di nuovo nullo (perché il
momento statico dell’intera sezione è nullo).
Il diagramma delle τ è parabolico: nullo ai lembi esterni e massimo in mezzeria.
Il fatto che τ fosse nullo in cima è anche intuibile perché visto che la faccia di sopra è completamente scarica
le τ non potevano nascere; se nascevano delle τ doveva esserci qualcosa che le equilibrava ma io so che
quella faccia è scarica.
Quanto vale la 𝜏𝑚𝑎𝑥 ?
𝐻/2
𝑇 𝑇 𝑦 𝐻/2 12𝑇 𝐻 2 3 𝑇 3𝑇 𝑇
𝜏= ∫ 𝑦𝐵𝑑𝑦 = [ ]0 = 3
= = =
𝐵𝐼 𝐼 2 𝐵𝐻 2 ∗ 4 2 𝐵𝐻 2 𝐴 𝐴𝑣
0
2
 𝐴𝑣 area di taglio e nel caso di una sezione rettangolare vale 𝐴𝑣 = 3 𝐴  𝐴𝑣 è un’area fittizia perché

non è la vera area della sezione trasversale, ma è quell’area rispetto cui se divido il taglio ottengo la τ
massima.
𝑇 𝑆⊟ 𝐼 2
Passaggio formale: 𝜏𝑚𝑎𝑥 = dove = 𝐻
𝐵 𝐼 𝑆⊟ 3

 𝑆 ⊟ momento statico di metà sezione


Il momento di inerzia sul momento statico (I/S) rappresenta una quantità che è il braccio della coppia interna
2
( 𝐻 è proprio il braccio della coppia interna).
3

SEZIONE A DOPPIA T
Se ho una sezione a doppia T (tipico profilo di trave in acciaio)
la flessione (le σ più grandi che sono sulle aree più grandi
centrifugate) la porta le ali.
𝑇
Viceversa per il taglio so che le τ sono pari a 𝜏 = 𝐵𝐼 𝑆 ∎

La quota la individuo con una linea che chiamo corda, al variare


di questa corda (quota) T e I sono costanti mentre varia il

Figura 8 momento statico dell’area al di sopra di questa corda (cambio la


cordacambio l’area).
Nell’istante in cui passo dalla quota delle ali a quella dell’anima la base ha un brusco salto e quindi se la base
diventa 10 volte più piccola la τ diventa 10 volte più grande e prosegue con una legge parabolica. Quando
poi arrivo all’ala inferiore ho che la base diventa 10 volte più grande e quindi τ diventa di nuovo 10 volte più
piccola.
La flessione è portata dalle ali (o flange) mentre il taglio lo porta l’anima, infatti spesso si usa la
semplificazione:
𝑇
𝜏=
𝐴𝑎𝑛𝑖𝑚𝑎
In maniera cautelativa posso prendere come Area anche il pezzetto di “anima” contenuto nelle ali.
Sappiamo che:
𝑁
𝜎=
𝐴

𝑀
𝜎=
𝑊
 Il valore di W lo prendo dalle tabelle con profili standard (sagomari)
I CERCHI DI MOHR
Adesso dobbiamo valutare lo stato tensionale.
Riepilogo: se vogliamo la 𝜏𝑚𝑎𝑥 esiste questo “trucco” di inventarsi un’area di taglio che è un’area
geometricamente fittizia; però se si spalma la τ su quest’area si ottiene la 𝜏𝑚𝑎𝑥 (metodo puramente
matematico). Se però mi trovo ad una quota dove non ho la 𝜏𝑚𝑎𝑥 la τ me la devo calcolare facendo
l’integrale, cioè valutando il momento statico dell’area intercettata dalla corda rispetto alla quale voglio le τ.
Come si combinano σ e τ?
Ho una trave (figura 9) con dei carichi; come già detto in precedenza, per
passare dalla struttura “reale” a quella matematica (modello strutturale)
devo tirare una linea e vincolo questa linea e ci metto le forze.
Se considero che:
 il quadratino  è il carrello (immagino che se lo voglio spostare in
orizzontale si oppone)
 la pallina  è un cilindretto (se lo voglio spostare in orizzontale,
Figura 9 cammina)
Quando il carrello mi genera una forza (reazione vincolare) nella realtà, a
quest’altezza cosa succede? Introduciamo le cosiddette zone di estinzione. Ho delle forze che perturbano lo
stato tensionale della mia struttura; se però mi metto un po' lontano da quel punto, ad una distanza di
estinzione (dove si estinguono gli effetti locali) io so dire tranquillamente cosa sta succedendo.
In prossimità dell’appoggio, io calcolo M, T, N.. però in realtà quando vado a fare il passaggio da N a σ e da
T a τ quello che ottengo è qualcosa di medio, perché nella realtà avrà una sua diffusione; però noi, per
definizione, non guardiamo a queste cose. Tutto quello che abbiamo detto fino ad oggi è quello che accade
lontano da queste sorgenti particolari che creano scompiglio nel quadro uniforme delle σ, delle τ, ecc.
Questa zona di estinzione è grande almeno quanto una dimensione caratteristica, nel caso delle travi è la
più grande tra base e altezza della sezione trasversale; quindi in realtà io faccio dei calcoli su un’intera
lunghezza della trave ma per un primo pezzo quello che succede è più complicato di quello che io valuto.
Esistono degli studi a parte che vedono cosa succede in quelle zone e danno delle indicazioni, ma il calcolo
standard non lo fa.
Le zone di estinzione non sono solo un problema di calcolo, ma sono anche un problema di
sollecitazione.
Schiaccio un provino (prove su materiali) e voglio sapere quant’è la resistenza a compressione di

Figura 10 un calcestruzzo (𝜎𝑚𝑎𝑥 prima che si rompa): se faccio la prova su un cubetto (non è un provino
buono), io in realtà quella prova la devo interpretare perché sono all’interno della distanza di
estinzione; infatti quando faccio la prova il provino non si rompe in verticale (come mi aspetterei in teoria)
ma si rompe a “clessidra” (figura 10) perché ci sono i flussi di tensione che sono tutt’altro che normali,
verticali, ecc. Tutto ciò è noto, quindi il risultato che esce fuori da questa prova si scala con un coefficiente
per tenere conto di tutto questo (si perde il 17% della resistenza, viene una resistenza che è più grande:
resistenza cubo*0.83= resistenza cilindro).
Nei cantieri civili, la prova su un cubetto di calcestruzzo è la cosa più semplice ed economica da
fare anche se la prova più corretta da fare sarebbe su un cilindro con altezza almeno pari al

Figura 11 doppio del diametro.


Il parallelo più corretto e più interpretabile di tutto ciò è quello delle turbolenze in un fluido: se,
in un tubo lungo 100 m, mi metto lontano da una strozzatura (chiave d’arresto, gomito, ecc.) è tutto
tranquillo, se vado proprio lì dentro il flusso non va come mi aspetto.

Se mi metto in un determinato punto della trave (figura 12) so valutare quanto


vale lo stato tensionale; mi prendo un cubetto infinitesimo e mi calcolo M, T
ed N e sono in grado di valutare le σ, però saranno le σ su una data sezione

Figura 12 trasversale e non puntuali. E su una giacitura/piano diversi cosa accade?


Oppure: io faccio questo studio, mi calcolo le σ e le τ ma siamo sicuri che sono
le peggiori? Non è che su un altro piano nascono delle combinazioni peggiori?
Fissata una giacitura (posizione del mio cubetto), dobbiamo essere in grado di caratterizzare
lo stato tensionale anche se ruoto il mio cubetto (figura 13); ovvero, fissato un punto, su
qualunque piano devo essere in grado di valutare le sollecitazioni. Attualmente, con gli
Figura 13 strumenti che abbiamo fino ad oggi, siamo in grado di farlo solo per il piano verticale e per
quello orizzontale. Imparare a calcolare le sollecitazioni in qualunque punto significa trovare
le condizioni di sollecitazione più gravose quando poi dovremo applicare il criterio di resistenza (quando si
rompe).
Per fare ciò esiste un metodo: il METODO DEI CERCHI DI MOHR.
Esiste un cerchio che ci rappresenta lo stato tensionale.
Se taglio il cubetto lungo la diagonale (figura 14) sul piano nasce una quantità
in equilibrio con quelle rimaste (𝜎𝑛 e 𝜏𝑙 ).
Il cerchio di Mohr è uno strumento pratico, è una rappresentazione grafica del
tetraedro di Cauchy.
Essendo il cerchio di Mohr uno strumento convenzionale, in realtà esistono 2
strade per farlo che sono diametralmente opposte.
Figura 14 Devo individuare le sollecitazioni 𝜎𝑛 e 𝜏𝑙 .
Stato di sollecitazione del cubetto:
 𝜏𝑦𝑥 , che per le convenzioni usate fino ad oggi, è una Tau uscente a destra quindi positiva (𝜏𝑦𝑥 >0)
 𝜎𝑦 , di compressione, negativa (𝜎𝑦 <0)
 𝜎𝑥 , di trazione, positiva (𝜎𝑥 >0)
 𝜏𝑥𝑦 , negativa (𝜏𝑥𝑦 <0) (𝜏𝑥𝑦 =𝜏𝑦𝑥 in modulo)
Considero quindi il piano XY e un cubetto.  Vado nel piano σ-τ.
Posso rappresentare gli stati tensionali sulle facce di normale X e Y in un piano σ-τ.
Lo stato tensionale sulla faccia di normale Y quanto vale? Vale 𝜎𝑦 e 𝜏𝑦𝑥 . 𝜎𝑦 <0 e la 𝜏𝑦𝑥 è positiva; ottengo un
punto di coordinate (𝜎𝑦 ; 𝜏𝑦𝑥 ) che è rappresentativo di quello che succede su questa faccia, dello stato
tensionale che ho “fotografato” in questa situazione (τ>0 e σ di compressione). Traccio una retta verticale
passante per il punto (𝜎𝑦 ; 𝜏𝑦𝑥 ), prendo il concio poggiato su
quelle facce e ottengo quello stato tensionale.
Qual è lo stato tensionale sulla faccia di normale X? 𝜎𝑥 e 𝜏𝑥𝑦 . 𝜎𝑥
>0 e 𝜏𝑥𝑦 <0; l’asse delle σ è un asse di simmetria perché le τ in
due direzioni ortogonali sono sempre uguali e opposte. Individuo
il punto di sollecitazione di coordinate (𝜎𝑥 ; 𝜏𝑥𝑦 ), traccio la retta
orizzontale, poggio il cubetto su questa faccia (a terra) e leggo 𝜎𝑥
e 𝜏𝑥𝑦 sulle facce che stanno sui lati (procedimento
convenzionale). Lo stato di sollecitazione dato da questo punto è:

Figura 15 𝜎𝑥 positiva e 𝜏𝑥𝑦 negativa (uscente a sinistra).


Se unisco i punti di coordinate (𝜎𝑦 ; 𝜏𝑦𝑥 ) e (𝜎𝑥 ; 𝜏𝑥𝑦 ), individuo il
punto di coordinate ((𝜎𝑥 + 𝜎𝑦 )/2; 0)≡C che è il centro di un cerchio che ha una caratteristica: i punti della
circonferenza sono tutti stati tensionali su tutte le possibili facce che passano per quel punto. Se ruoto il
cubetto in figura 13, ognuna di quelle coordinate sarà rappresentativa dello stato tensionale su una faccia
Ora ci serve individuare un POLO, ovvero un punto rispetto a cui tirare delle rette e individuare queste
giaciture. Per calcolare il polo uso un metodo pratico: ho già la situazione sui 2 piani, il polo è praticamente
il punto ottenuto dall’intersezione delle 2 rette che individuano le giaciture già note. Se dal polo faccio uscire
una retta inclinata come la giacitura/piano (vettore uscente in questo caso) e ci poggio sopra il cubo, sulle 2
facce del cubo otterrò lo stato tensionale che leggo all’intersezione di quella retta con il cerchio. Quello che
leggo in figura 15 è una σ di trazione e delle τ che sono positive (uscenti a destra), se mi leggo le coordinate
σ e τ di questo punto io conosco il valore di σ e τ sulle 2 facce laterali del cubetto poggiato su quella retta
(procedimento convenzionale).

TENSIONI PRINICPALI Le tensioni principali sono le σ senza τ, i punti 𝜎1 e 𝜎2 sono rappresentativi di


uno stato tensionale dove le τ sono nulle e posso ragionare solo in
tensioni normali.
Se prendo la direzione della retta passante per 𝜎1 e della retta passante
per 𝜎2 e ci metto il mio cubetto, sulle 2 facce del cubetto, costruito
sempre al solito modo, ci sono solo σ (le τ sono diventate nulle). Avrò

Figura 16
una trazione principale 𝜎1 e una compressione principale 𝜎2 , è una tensione normale pura perché non ha τ al
seguito ed è anche la più grande possibile (o la più piccola); è come se stessi tirando o comprimendo in
quella direzione il mio provino (è come se lo tiro e gli do un taglio in una diversa giacitura).
𝜎1 -P-𝜎2 è un triangolo e l’angolo 𝜎1 -𝑃̂-𝜎2 è un angolo retto (angolo interno ad un semicerchio) per cui le
direzioni principali sono sempre ortogonali; quindi se individuo solo una direzione principale l’altro
possibile verso sarà ortogonale al primo.
Tutto questo in un disegno 2D (figura 16), se lo faccio in un disegno 3D (figura
17) avrò 3 cerchi (𝜎1 , 𝜎2 e 𝜎3  3 direzioni principali); la zona campita si
chiama arbelo di Mohr ovvero la superficie dei possibili stati tensionali in 3D.
Se nel piano riusciamo ad inserire dei domini, ovvero delle linee che mi

Figura 17 indicano un’area dove se sono dentro sono in sicurezza, se sono fuori sono in
crisi, un dominio potrebbe essere quello tratteggiato in figura 17.
In questo caso si potrebbe usare il criterio di resistenza di Rankine.
Se ho uno stato tensionale su questa faccia, mi illudo che la 𝜎𝑥 è la 𝜎1 e la tensione di trazione che ho è 𝜎1 e
supponiamo valga 100; io so che quel materiale, a trazione, si rompe ad una σ di 110 quindi potrei illudermi
che essendo 100<110 sono in sicurezza. In realtà a queste σ sono accoppiate delle τ (perché nello stato
tensionale c’è anche taglio) e quindi la tensione principale diventa 𝜎1 e se la calcolo potrebbe venire più
grande di 110.
Graficamente mi tiro una linea verticale 𝑓𝑡 (figura 16) che individua 𝜎𝑚𝑎𝑥 (per qualsiasi τ) ottenuta da una
prova di trazione e considero questa come retta di crisi, se ho una 𝜎𝑥 più piccola del valore che mi aspetto
pari a 𝑓𝑡 (resistenza a trazione di questo materiale) in realtà esiste una direzione (quella principale) dove la σ
è massima ed è più grande del valore di 𝑓𝑡 e quindi mi trovo in una condizione di crisi. Il cerchio mi dice che
il materiale regge fino a 𝑓𝑡 e qualunque cerchio che sfora quella retta vuol dire che in delle direzioni supera
la condizione di crisi e si rompe. Quindi un cerchio compatibile è un cerchio che si sviluppa all’interno di
questa retta. Similmente potrei crearmi un limite a compressione, cioè fare una prova di schiacciamento,
valutare la σ minima e quello sarà la frontiera dello schiacciamento; un cerchio di Mohr deve essere sempre
all’interno di quella frontiera altrimenti se tocca vuol dire che si schiaccia. Se non valuto la tensione
principale io non colgo la crisi.
Comunque il criterio di Rankine è un criterio molto semplificato perché esiste il confinamento, e non ne
tiene conto. Se io confino so che posso arrivare ad una σ più grande (se ne parlerà più avanti).
Esiste un altro criterio per i materiali metallici che mi dice che il materiale regge una τ massima (metodi
basati su energia distorsionale).
Esistono dei criteri attritivi: se io aumento il livello di σ, la τ che portano cresce.
Con il criterio del confinamento scopro che se io aumento la tensione in un lato (quindi confino) il cerchio si
sposta, è come se stessi dando una σ di compressione a tutto; e se io comprimo, il cerchio si sposta e mi
allontano dalla soglia 𝑓𝑡 .  comprimere/confinare fa bene al materiale!
Con il cerchio di Mohr, noti gli stati tensionali su 2 facce, mi posso posso ricavare gli stati tensionali per
qualsiasi altra inclinazione delle facce.
Il raggio del cerchio di Mohr può essere visto come:
 la τ massima che posso avere
 strumento per calcolare 𝜎1 e 𝜎2
 strumento per calcolare le pendenze del piano dove ho le trazioni
massime o le compressioni massime (se ho un materiale che fessura, nella
direzione dove ho la trazione massima si formerà una fessura)
L’asse delle σ del cerchio è un asse di simmetria.
Il centro del cerchio ha come coordinate ((𝜎𝑥 + 𝜎𝑦 )/2; 0).
Figura 18
Il raggio del cerchio di Mohr, con centro di coordinate ((𝜎𝑥 + 𝜎𝑦 )/2; 0), lo possiamo calcolare come
l’ipotenusa del triangolo 𝜎𝑥 – C –𝜏𝑥𝑦 (teorema di Pitagora) (figura 18):
2
(𝜎𝑦 − 𝜎𝑥 )
𝑅 = √(𝜏𝑥𝑦
2 +
( ) )
2
(𝜎𝑦 +𝜎𝑥 ) (𝜎𝑦 −𝜎𝑥 )
Dove: − 𝜎𝑥 =
2 2

2
(𝜎𝑦 +𝜎𝑥 ) (𝜎𝑦 −𝜎𝑥 )
Quindi le tensioni principali valgono: 𝜎1/2 = 2
± √(𝜏𝑥𝑦
2 +(
2
) )

Con la trigonometria mi posso calcolare anche l’angolo α.

Applicazione pratica

Figura 19

Ho una trave e i rispettivi diagrammi del momento e del taglio rappresentati in figura 19.
Ci mettiamo in prossimità dell’appoggio e valutiamo cosa succede nelle posizioni 1, 2 e 3.
Il diagramma delle σ e delle τ sono rappresentati in figura; ovviamente punto per punto dobbiamo entrare
con la M e la T che gli compete e usiamo le formule già note.
Se tiro fuori dalla trave il concio 1; il concio 1 è soggetto a una τ che è nulla
perché sto in alto, il momento è molto piccolo e le tensioni che ho sono le
compressioni. Il concio 1 sarà soggetto a questo stato di sollecitazione.
3𝑇
Il concio 2 è soggetto solo a delle τ che valgono , il taglio è positivo quindi le
2𝐴

τ vanno verso l’alto sulla faccia a sinistra e per simmetria nasceranno anche
nell’altro verso.
Il concio 3 è soggetto a τ pressoché nulle (perché sono al lembo di sotto), a
Figura 20 delle σ di trazione in funzione di M (ancora piccolo).
Per 1 e 3 è inutile fare il cerchio di Mohr per valutare la tensione principale, perché già è principale (σ senza
τ); viceversa 2 è una condizione di taglio puro (solo τ senza σ): le σ
principali quanto valgono?
Se mi faccio il cerchio di Mohr (figura 21) per questa situazione
ottengo per la faccia di normale X una 𝜏𝑥𝑦 positiva e una σ nulla,
viceversa sulla faccia di normale Y ottengo la 𝜏𝑦𝑥 uscente a sinistra
(negativa) e sta sulle facce di normale Y.
Il polo sta all’intersezione di queste 2 rette, il cerchio è centrato
sull’origine degli assi. Per definizione la trazione principale e la
compressione principale valgono quanto il taglio perché il cerchio è
centrato sull’origine, quindi se tiro le direzioni avrò su una giacitura
le 𝜎1 e sull’altra giacitura le 𝜎2 .
Figura 21 Se ho un taglio puro, ho 2 direzioni principali ortogonali, cioè una
trazione pura e una compressione pura, uguali in modulo. Se giro di 45° ottengo le tensioni principali. Se
questo cubetto supera la resistenza a trazione come fessura? Fessura come mostrato in figura 22.
Come regola pratica, le fessure camminano secondo le isostatiche (inviluppo dei punti che
hanno il flusso tutto di compressione o trazione pura); se il corpo fessura lo farà con fessure

Figura 22 inclinate come in figura 22 (concio2) o verticali (concio 3).


Se guardo al concio 4 (figura 19) avrò delle σ di compressione e delle τ; se faccio il cerchio
avrò sulla faccia di normale Y delle τ negative e σ nulla e sulla faccia di normale X avrò delle τ con delle σ
di compressione (negative).
Studiando i cerchi mi accorgo che i flussi di compressione ruotano, al taglio puro ho aggiunto delle σ e il
cerchio ruota.
Se ho trazione pura mi aspetto che le fessure siano sempre in verticale.
Se ho compressione pura e le fessure se si aprono saranno orizzontali perché le trazioni sono ortogonali.
Così si individuano i flussi delle compressioni, l’inclinazione della
compressione principale o della trazione principale porta a dei diagrammi

Figura 23
che sono le isostatiche di compressione (figura 23) e mi mostrano se ho un’eventuale fessurazione e come
può avvenire; all’interno del grafico la compressione forma un arco (effetto arco); se ho una trave che è
caricata questa tenderà a generare dei flussi di compressione che funzionano come un arco.

Potrebbero piacerti anche