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stoccaggio underground di H2
INTRODUZIONE ......................................................................................................................... 3
1
4.2 Analisi dei risultati ........................................................................................................................................ 24
CONCLUSIONE ......................................................................................................................... 33
BIBLIOGRAFIA......................................................................................................................... 34
2
Introduzione
L’idrogeno (𝐻2 ) è considerato uno dei pilastri del futuro sistema energetico in quanto, grazie al
suo elevato potere calorifico e alla sua efficienza di combustione, è una valida alternativa
energetica ai combustibili tradizionali utilizzati nell’industria di processo. Una delle fasi più
critiche del ciclo produttivo dell’idrogeno è quella dello stoccaggio. L’idrogeno può essere
conservato e trasportato come gas ad alta pressione, come liquido a bassa temperatura o sotto
forma di sostanze chimiche dove esso è legato in modo stabile ma reversibile (hydrogen
chemisorption). Tra le possibili tecniche utilizzabili si sta studiando quella dello underground
storage in caverne saline. Questa procedura è particolarmente vantaggiosa poiché garantisce
grandi volumi potenzialmente utilizzabili, un ridotto impatto sulla superficie disponibile per
l’ubicazione di altre unità di processo nell’impianto, una sicurezza intrinseca dovuta al
posizionamento underground. Tuttavia l’idrogeno è una sostanza altamente infiammabile che
disperde velocemente, essendo molto leggera, e che dà luogo a reazioni di combustione
estremamente rapide ed esotermiche; queste caratteristiche lo rendono molto pericoloso.
In questo report è stata effettuata la caratterizzazione dei possibili outcomes derivanti dalla rottura
catastrofica del tubo di collegamento della caverna salina con il sistema di trasporto e distribuzione
del gas. Infine è stato individuato un possibile sito di stoccaggio ad Etrez, Bresse Vallons, Francia
in cui, grazie all’utilizzo di Marplot, si è quantificata la zona interessata dai danni dovuti agli
outcomes studiati.
Come strumenti di lavoro sono stati utilizzati i seguenti software: Matlab, Excel, Aloha e Marplot.
3
1. Modello Sorgente
Il modello sorgente che abbiamo utilizzato si basa sulla risoluzione del bilancio di energia
meccanica integrato sul tubo di distribuzione dell’idrogeno. Il bilancio è scritto sotto le seguenti
ipotesi modellistiche che verranno in seguito giustificate:
• Regime stazionario
• Gas ideale
• Trascurabile effetto della gravità sul moto del fluido
• Perdite di carico allo sbocco e all’imbocco trascurabili rispetto alle perdite distribuite
• Assenza di organici meccanici
• Flusso adiabatico
In generale è possibile considerare due differenti idealizzazioni: il moto avviene adiabaticamente
oppure isotermicamente. Il comportamento reale è compreso tra questi due estremi, tuttavia verrà
utilizzato il caso più conservativo, ovvero quello che assicura una portata di rilascio maggiore e
ciò si realizza assumendo che il flusso sia adiabatico.
Dati di input
Pipe length, L 820 m
Pipe internal diameter, d 0.25 m
Upstream temperature, T1 303.15 K
Upstream pressure, P1 10000000 Pa
Ambient pressure, P2 101325 Pa
Relative roughness, ε/d 0.00184
Molecular weight, M 2
Heat ratio, 1.41
Upstream viscosity, 0.0000172 Pa s
Upstream density, ρ 8.04 kg/m3
Gas constant, R 8.31 J/molK
Sound speed, a0 1321.65 m/s
Material Steel
4
1.2 Modello Matematico
Sulla base delle ipotesi modellistiche di cui sopra il bilancio di energia meccanica su un volume
differenziale diventa:
𝑑𝑃 2𝑓𝑢 2 𝑑𝐿
+ 𝑢𝑑𝑢 + =0
𝜌 𝑑
A questo bilancio differenziale va associato il bilancio di energia, nel caso adiabatico, per tenere
conto della variazione di temperatura.
𝑑ℎ + 𝑢𝑑𝑢 = 0
L’integrazione di entrambi i bilanci viene effettuata andando a definire le leggi costitutive del
materiale (gas ideale) e definendo una relazione per la densità in funzione della pressione (ciò
viene fatto assumendo la trasformazione isoentropica) e tramite la sostituzione della velocità con
il flusso massico 𝐺 = 𝜌𝑢 , quantità che si mantiene costante lungo tutto il tubo dato che non sono
presenti variazione di sezione, l’integrazione può essere fatta in maniera abbastanza semplice. Gli
sviluppi di questi calcoli possono essere approfonditi nel lavoro del Dr. Mohammed, Thamer J.
[5].
È bene notare che il flusso è sonico infatti è valida la seguente disuguaglianza, e pertanto saranno
riportate le equazioni relative al caso choked.
𝛾
𝑃𝑐ℎ𝑜𝑘𝑒𝑑 2 𝛾−1 𝑃2
=( ) ≥
𝑃1 𝛾+1 𝑃1
L’integrazione delle equazioni di bilancio sopra riportate ci porta alle seguenti relazioni. Il calcolo
della velocità massica 𝐺𝑐ℎ𝑜𝑘𝑒𝑑 è stato effettuato su Excel. In particolare, fissato un valore di 𝑓 ,
assumendo moto turbolento completamente sviluppato (pertanto 𝑓 dipende solamente dalla
rugosità relativa del tubo) si è trovato il numero di Mach, 𝑀𝑎1, e, quindi, la velocità 𝐺𝑐ℎ𝑜𝑘𝑒𝑑 .
Calcolato Reynolds, possiamo verificare l’ipotesi di regime di moto turbolento fatta a monte.
5
𝑇𝑐ℎ𝑜𝑘𝑒𝑑 2𝑌1
( )=( )
𝑇1 𝛾+1
𝑃𝑐ℎ𝑜𝑘𝑒𝑑 2𝑌1
( ) = 𝑀𝑎1 √( )
𝑃1 𝛾+1
𝜌𝑐ℎ𝑜𝑘𝑒𝑑 𝛾+1
( ) = 𝑀𝑎1 √( )
𝜌1 2𝑌1
𝛾𝑔𝑐 𝑀 𝛾𝑔𝑐 𝑀
𝐺𝑐ℎ𝑜𝑘𝑒𝑑 = 𝜌𝑢̅ = 𝑀𝑎1 𝑃1 √ = 𝑃𝑐ℎ𝑜𝑘𝑒𝑑 √
𝑅𝑔 𝑇1 𝑅𝑔 𝑇𝑐ℎ𝑜𝑘𝑒𝑑
𝛾−1
𝑌𝑖 = 1 + 𝑀𝑎𝑖2
2
Discutiamo ora la validità delle ipotesi modellistiche che sono state effettuate:
- Gas Ideale
L’ipotesi di gas ideale, che è stata applicata nell’integrazione dei bilanci di energia che abbiamo
scritto, risulta valida in un certo range di pressione. La non idealità del gas è massima in
corrispondenza della cava poiché lì il valore della pressione è massimo.
6
Fig. 1 Fattore di compressibilità dell’idrogeno in funzione della pressione e della temperatura. [1]
Come possiamo vedere da questo grafico, alla temperatura e alla pressione di stoccaggio la non
idealità si traduce in un fattore di compressibilità che è poco maggiore di 1. Questo giustifica
l’utilizzo della legge di stato di gas ideale. Infatti l’idrogeno è una molecola di dimensioni molto
piccole e pertanto le ipotesi che sono alla base del modello di gas ideale (in particolare interazioni
di volume trascurabili) valgono per un range di pressione abbastanza ampio alla temperatura
ambiente.
Per stabilire se l’effetto della gravità può inficiare la fluidodinamica del gas è possibile analizzare
dei gruppi adimensionali.
Un primo confronto può essere fatto andando a valutare il peso relativo dell’inerzia del moto con
le forze di gravità. Questo confronto è realizzato andando a valutare il numero di Froude definito
come:
𝑣
𝐹𝑟 =
√𝑔𝐿
7
Dove 𝑣 è la velocità media nel tubo, 𝑔 accelerazione di gravità ed 𝐿 la lunghezza del tubo. Andando
𝑄𝑚
a considerare una velocità media 𝑣 = , si vede che la densità diminuisce lungo il tubo dato che
𝜌𝐴
si riduce la pressione. In particolare, l’effetto della gravità si riduce sempre più all’aumentare di 𝑣
ovvero all’aumentare del volume specifico del gas. Una stima può essere fatta andando a mediare
i numeri di 𝐹𝑟 in corrispondenza dell’ingresso e dell’uscita. Il risultato che otteniamo è di circa
200 e quindi l’ipotesi di trascurare questo termine rispetto alle forze di inerzia è lecita.
Dobbiamo ora valutare il peso relativo del termine di pressione con la forza di gravità.
2∆𝑃
Introduciamo il numero di Eulero, 𝐸𝑢 = 𝜌𝑣 2 , che rappresenta il peso relativo del termine di
pressione rispetto alle forze inerziali. È necessario valutare il seguente gruppo adimensionale
2∆𝑃
𝐸𝑢𝐹𝑟 2 =
𝜌𝑔𝐿
- Perdite di carico allo sbocco e all’imbocco trascurabili rispetto alle perdite distribuite
Per valutare la validità di questa ipotesi abbiamo effettuato il calcolo delle perdite totali utilizzando
il metodo delle 2-K. Le perdite possono essere calcolate in questo modo:
1
𝑒𝑓 = 𝐾 𝑣2
2 𝑓
Per le perdite distribuite otteniamo un 𝐾𝑓 di circa 44.28 mentre la somma dei 𝐾𝑓 relativa alle perdite
di carico concentrate allo sbocco e all’imbocco è di circa 1.5, pertanto è possibile tranquillamente
trascurarle.
8
2. Modello di dispersione
Per analizzare i fenomeni di dispersione dell’idrogeno a seguito della rottura catastrofica del tubo
di distribuzione è necessario un opportuno modello matematico, basato sulla risoluzione di
equazioni di bilancio. L’equazione di bilancio sull’idrogeno in condizioni transitorie è la seguente:
In cui 𝐶̅ è la concentrazione media della sostanza, variabile nello spazio e nel tempo, 𝑢̅𝑗 è la
componente lungo la direzione j del vettore velocità del vento e 𝐾𝑗 , noto come diffusività
turbolenta, è un coefficiente che tiene conto degli effetti dei vortici dovuti alla turbolenza
atmosferica e delle condizioni ambientali. Questo bilancio è stato ottenuto mediando l’equazione
di bilancio di materia microscopico utilizzando una scomposizione delle variabili in una sua
componente media e una sua componente fluttuante intorno al valore medio. Formalmente il
problema è “chiuso” accoppiando questa equazione con l’equazione di bilancio di quantità di
moto, di energia e opportuni modelli di chiusura che vengono utilizzati per caratterizzare la
turbolenza mediante la definizione di parametri quali l’energia cinetica turbolenta k, e la velocità
di dissipazione di energia cinetica turbolenta, 𝜀. Esistono relazioni che correlano la diffusività
turbolenta a questi parametri. Questo approccio, molto oneroso da un punto di vista
computazionale ma sicuramente più preciso, viene bypassato grazie all’utilizzo di modelli
empirici. Il modello che abbiamo utilizzato, come richiesto dalla traccia del problema, è un
modello gaussiano che definisce dei coefficienti di dispersione, σ, parametri statistici che
rappresentano la deviazione standard dei profili di concentrazione e che quantificano l’effetto della
turbolenza esterna e delle condizioni atmosferiche in maniera molto più semplice. Tali coefficienti
sono disponibili sia in forma grafica sia analitica per varie classi di stabilità in funzione della
distanza downwind. Nella nostra analisi, per effettuare un conto più conservativo, abbiamo scelto
di valutare i coefficienti di dispersione nel worst-case, ovvero dove assumono il loro valore più
basso, che corrisponde alla scelta di una classe di stabilità F.
9
• Background turbolento non reattivo
• Diffusione molecolare trascurabile
• L’unica componente non nulla della velocità del vento è quella downwind ed è costante nel
tempo e nello spazio
• Il rilascio avviene al ground
• Effetti della buoyancy e del momentum trascurabili
• Rilascio continuo e stazionario
2
𝑄𝑚 1 𝑦 1 𝑧 − 𝐻𝑟 2 1 𝑧 + 𝐻𝑟 2
< 𝑐 > (𝑥, 𝑦, 𝑧) = exp [− ( ) ] {exp [− ( ) ] + exp [− ( ) ]}
2𝜋𝜎𝑦 𝜎𝑧 𝑢 2 𝜎𝑦 2 𝜎𝑧 2 𝜎𝑧
𝑄𝑚 1 𝐻𝑟 2
< 𝑐 > (𝑥, 0,0) = exp [− ( ) ]
𝜋𝜎𝑦 𝜎𝑧 𝑢 2 𝜎𝑧
Dal modello sorgente è stata ottenuta la portata di idrogeno coinvolta nella dispersione; fissate le
condizioni atmosferiche, scelte in maniera tale da effettuare un calcolo conservativo, si sono
ottenute le isopleth relative a tre valori di concentrazione critici:
10
I dati utilizzati per la simulazione della dispersione di idrogeno in aria sono riportati nella seguente
tabella:
11
:
12
L’analisi di questi grafici ci permette di identificare le zone in cui la nube si trova nei limiti di
infiammabilità e quindi dove è possibile che avvenga una VCE. Possiamo vedere che l’UFL e
l’LFL vengono raggiunti prima considerando uno scenario “urbano”. Ciò è dovuto al fatto che la
turbolenza indotta dalla presenza di edifici esterni incrementa la miscelazione. Ciò non accade nel
caso “rurale” e quindi le distanze downwind alle quali si raggiungono i limiti di infiammabilità
risultano più elevate. Per questo motivo la simulazione su Aloha è stata effettuata solamente
considerando uno scenario “rurale” che è quello di nostro interesse, sia data la conservatività
conseguente alla scelta di questo scenario, sia dovuto all’identificazione dei possibili siti in cui
viene realizzata questa tipologia di stoccaggio.
Riportiamo nella seguente tabella una breve schematizzazione dei risultati ottenuti:
Analizziamo ora i risultati che abbiamo ottenuto dall’analisi di dispersione giustificando la validità
delle ipotesi effettuate.
Aloha fornisce delle distanze, considerando uno scenario “rurale”, che sono più grandi rispetto ai
calcoli che abbiamo implementato in Excel e ciò ci conduce a risultati più conservativi.
Analizziamo ora le ipotesi costitutive del modello:
L’ipotesi di diffusione molecolare trascurabile è stata applicata quando è stato scritto il bilancio di
materia sulla singola specie. Questa ipotesi è valida se il contributo del termine convettivo al
13
trasporto di materia è dominante rispetto a quello diffusivo. Ciò può essere quantificato andando
𝑢𝐿
a valutare il numero di Peclet di materia, 𝑃𝑒 = .
𝔇
Considerando un valore della diffusività dell’idrogeno in aria pari a 𝔇 = 7.2 10−5 𝑚2 /𝑠, una
lunghezza caratteristica della dispersione pari a 𝐿~100 𝑚 (spessore medio del plume) e una
velocità del vento 𝑢 = 1.5 𝑚/𝑠, si stima un numero di Peclet di ordine 107, che conferma quanto
precedentemente esposto.
I modelli gaussiani sono applicabili soltanto a gas con una densità paragonabile a quella dell’aria,
cioè in tutti quei casi in cui le forze di galleggiamento sono trascurabili. Nel caso in esame,
l’idrogeno è un gas estremamente leggero, infatti, valutando il rapporto tra i buoyancy factors,
𝑀
𝐵𝐴 = 𝑇 , si osserva che l’idrogeno è circa 14 volte più leggero dell’aria (positive buoyancy).
Nonostante ciò, lontano dalla sorgente si ha una adeguata miscelazione con aria, anche data
l’elevata efficacia di dispersione dell’idrogeno, tale da rendere la miscela neutrally buoyant, e
quindi è stato possibile utilizzare comunque un modello gaussiano, pur consapevoli dei limiti della
scelta effettuata.
In un’ottica conservativa, tutti i conti sono stati effettuati con l’ipotesi di sorgente di rilascio al
ground. Tuttavia, vista l’elevata velocità di rilascio del gas, ci si può aspettare un contributo
significativo del momentum all’altezza di rilascio effettiva del plume. Sfruttando modelli presenti
in letteratura, come quello proposto da Holland [4], si è calcolata un’altezza effettiva della sorgente
di circa 250 m. In queste condizioni, il gas, prima di poter raggiungere il suolo, deve viaggiare per
una maggiore distanza verticale e quindi è soggetto ad una miscelazione più intima con l’aria. Ciò
comporta delle conseguenze molto meno severe.
Questa ipotesi risulta essere verificata se il tempo necessario al raggiungimento dello stazionario
per il fenomeno dispersivo è più basso del tempo al quale il flusso diventa subsonico, ciò risulta
valido nel nostro caso dato che consideriamo una cava con volume infinito.
14
2.4 Limitazioni dell’utilizzo di Aloha
Il software Aloha si basa sull’utilizzo del modello gaussiano sopra descritto e pertanto risente di
tutti i limiti dettati dalle ipotesi semplificative che sono state effettuate. Da un punto di vista
computazionale abbiamo riscontrato alcune criticità. Nonostante l’analisi di dispersione di una
nube tossica e di una infiammabile siano governate dalle stesse equazioni, scegliendo come LOC
i limiti di infiammabilità (dato che l’idrogeno non è tossico) troviamo dei campi di concentrazione
differenti nei due casi. Nella determinazione delle zone di rischio suggeriamo di utilizzare i risultati
più conservativi, ovvero relativi a distanze nel raggiungimento dell’LFL e UFL al ground più alte
possibili. Inoltre non abbiamo riscontrato problemi di patchiness nel corso della fase di
simulazione, che tuttavia potrebbero essere presenti in Aloha, soprattutto lavorando in condizioni
atmosferiche molto stabili e quindi con velocità del vento molto basse.
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3. Modellazione di una Vapor Cloud Explosion (VCE)
Un possibile scenario incidentale, che possiamo avere nel caso di rilascio di idrogeno con ignizione
ritardata, è quello della “Vapor Cloud Explosion”. Per poter calcolare la sovrapressione generata
da questa esplosione è necessario determinare l’effettiva massa che può dar luogo al fenomeno di
propagazione di fiamma, ovvero la quantità di materia che è nei limiti di infiammabilità. Questo
calcolo viene tipicamente svolto da un software, andando a risolvere numericamente il seguente
integrale di volume:
Dove 𝑉𝑈𝐹𝐿−𝐿𝐹𝐿 rappresenta il volume della nube che si trova nel range di infiammabilità e 𝑡𝑖𝑔 il
tempo di ignizione. La risoluzione di questo integrale può essere fatta noto il campo di
concentrazione, 𝑐(𝑥, 𝑦, 𝑧, 𝑡), calcolato mediante un modello a dispersione, e noto il tempo a cui
avviene l’ignizione. È importante notare che l’esplosione determina dei cambiamenti importanti
nel campo di temperatura e pressione, questo significa che in fase di modellazione bisogna tener
conto anche della variazione dei limiti di infiammabilità, UFL e LFL, in funzione della temperatura
e della pressione. Pertanto la determinazione della massa effettivamente infiammabile utilizzando
la sua definizione risulta complessa da implementare e in questo report sono stati utilizzati due
diversi modelli per la stima della quantità di materia nei limiti di infiammabilità.
Il primo modello che presentiamo è quello sviluppato da Van Buijtenen [6]. Questo modello
permette il calcolo analitico della massa nei limiti infiammabilità a patto che i coefficienti di
dispersione siano rappresentati da equazioni del tipo:
𝜎𝑦 = 𝑎𝑥 𝑏
𝜎𝑧 = 𝑐𝑥 𝑑
16
Sono stati utilizzati i valori delle costanti a, b, c e d riportati nella tabella 5 di [6] in corrispondenza
della classe F. Il calcolo può essere effettuato mediante questa formula:
𝑏 + 𝑑 𝑥𝐿𝐹𝐿 − 𝑥𝑈𝐹𝐿
𝑚𝑒 = 𝑄𝑚
𝑏+𝑑+1 𝑢
Dove 𝑥𝐿𝐹𝐿 rappresenta la distanza in corrispondenza della quale si raggiunge sulla centerline l’LFL
e 𝑥𝑈𝐹𝐿 la distanza in corrispondenza della quali si raggiunge sulla centerline l’UFL.
L’altro modello, ripreso da John L. Woodward, consente il calcolo della massa infiammabile noti
𝑥𝐿𝐹𝐿 , 𝑥𝑈𝐹𝐿 , 𝑄𝑚 ed L, la distanza di Monin-Obukov [2]. Questa distanza è definita come 𝐿 =
𝑢∗ 3
𝐻 dove g rappresenta l’accelerazione di gravità, H il flusso termico superficiale, 𝑢 ∗ il 10%
0.41 𝑔( 𝑇)
della velocità del vento valutata a 10 m e T la temperatura ambiente. Per una classe di stabilità F
la lunghezza di Obukov assume un valore costante di circa 10 m. Il calcolo per la frazione di
materia infiammabile può essere fatto mediante questa formula, [2]:
1
𝑓𝑧2 = 0.249 arctan (−214 ( + 0.00077)) + 1.041
𝐿
17
Riportiamo in tabella i risultati che abbiamo ottenuto mediante l’applicazione dei modelli sopra
descritti:
Model me
Dall’analisi dei risultati tabellati si riscontra un ottimo accordo tra i due modelli, tuttavia la
flammable mass stimata assume un valore molto elevato. Questo potrebbe essere ricondotto a
diverse ipotesi che sono state effettuate nello svolgimento dell’analisi delle conseguenze di questo
problema. Ad esempio, la scelta di una velocità del vento molto bassa ha determinato il
raggiungimento delle condizioni di infiammabilità a distanze molto elevate dalla sorgente. Inoltre
è stato utilizzato, come ribadito nelle ipotesi modellistiche, un modello di dispersione stazionario,
ciò significa che stiamo considerando che l’ignizione avvenga dopo che la massa abbia
completamente disperso. Questo è altamente improbabile perché il tempo necessario per
raggiungere l’LFL è molto più alto dei tipici valori del tempo di ignizione ritrovati in letteratura e
di quello necessario a mettere in atto misure di emergenza come per esempio il convogliamento
dell’idrogeno che fuoriesce dal tubo.
Per la determinazione del profilo di sovrapressione abbiamo deciso di implementare il metodo del
TNT equivalente. Le motivazioni alla base di questa scelta sono legate all’aver considerato un
background rurale nei calcoli di dispersione. Nonostante non si tenga conto dell’eventuale effetto
del congestionamento, le ipotesi alla base assicurano risultati estremamente conservativi. Data
l’elevata reattività dell’idrogeno abbiamo attribuito, a partire da dati trovati in letteratura, un valore
di α pari a 0.1. Inoltre riportiamo anche il calcolo delle probit riferite a due possibili danni: morte
per emorragia polmonare e danni strutturali.
18
Fig. 5 Profilo della sovrapressione in funzione della distanza dal punto di ignizione
Per la costruzione delle probit sono state impiegate le seguenti espressioni presenti in letteratura,
che condividono entrambe la stessa variabile causativa 𝑉 = ∆𝑃, [7].
19
Fig. 6 Probabilità di decesso per emorragia polmonare in funzione della distanza
20
Fig. 7 Probabilità di danni strutturali in funzione della distanza dal punto di ignizione
Questi grafici possono essere utilizzati per costruire le effect zones, parte fondamentale della QRA
(Quantitative Risk Analysis). Per la costruzione delle mappe isorischio è necessario determinare il
punto di ignizione che, in un’ottica conservativa, è stato posto in corrispondenza della distanza
alla quale si raggiunge l’LFL sulla centerline (massima distanza dalla sorgente alla quale è
possibile avere l’esplosione).
21
4. Modellazione di un Jet Fire
Un altro possibile scenario incidentale, che possiamo avere nel caso di rilascio di idrogeno con
ignizione immediata, è quello del “Jet Fire”. Per calcolare la distribuzione radiale del flusso
termico radiativo è stato utilizzato il modello della sorgente puntiforme di cui riportiamo le ipotesi
costitutive:
𝐿 5.3 𝑇𝑓 𝑀𝑎
= √ [𝐶𝑇 + (1 − 𝐶𝑇 ) ]
𝑑 𝐶𝑇 𝛼 𝑇 𝑇𝐽 𝑀𝑓
Dove:
22
Dall’equazione sopra riportata abbiamo ottenuto una lunghezza della fiamma 𝐿 = 37.8 𝑚.
Caratterizzata geometricamente la fiamma, è stato possibile ottenere il profilo del flusso termico
irradiato mediante questa equazione:
𝐸𝑟 = 𝑄𝑚 ∆𝐻𝑐 𝜂 𝜏𝑎 𝐹𝑃
Dove:
𝐹𝑝 rappresenta il fattore di vista e 𝜏𝑎 rappresenta la trasmissività, queste due quantità sono state
calcolate mediante le seguenti equazioni:
1
𝐹𝑃 =
4𝜋𝑥 2
𝜏𝑎 = 2.02(𝑃𝑤 𝑥)−0.09
x è la distanza dalla sorgente puntuale radiativa, posta al centro del cilindro modellante la fiamma,
al recettore.
23
4.2 Analisi dei risultati
Fig. 8 Flusso termico radiativo in funzione della distanza dalla sorgente emissiva
24
Fig. 9 Mappa spaziale profilo termico radiativo
Come possiamo vedere da questi profili i risultati sono in buono accordo tra loro. A circa 150 m il
𝐾𝑊
flusso termico per irraggiamento risulta più basso di 2 e pertanto, utilizzando questo approccio
𝑚2
deterministico basato su dei valori di soglia, possiamo farci un’idea dell’estensione della zona
potenzialmente interessata da danni. Tuttavia è necessario tenere conto della probabilità che
avvenga il danno stesso, e pertanto sono state sviluppate le probit relative ad alcuni possibili effetti
generati dall’outcome analizzato.
- Fatality
25
4/3
Per entrambi gli effetti la variabile causativa è 𝑉 = 𝐸𝑟 𝑡 , in cui 𝐸𝑟 rappresenta il flusso termico
per irraggiamento [𝑊/𝑚2 ] e t il tempo di esposizione, [𝑠]. Le probit sono state costruite a partire
dalle seguenti relazioni trovate in letteratura [7].
26
Fig. 11 Probabilità di ustione di secondo grado in funzione della distanza dalla sorgente emissiva
Questi grafici sono stati costruiti andando ad ipotizzare 5 possibili valori del tempo di esposizione
al flusso termico irradiato dalla fiamma. Questi grafici possono essere utilizzati per costruire le
effect zones, parte fondamentale della costruzione delle mappe di isorischio.
27
4.3 Validità delle ipotesi modellistiche
Questa ipotesi semplifica enormemente il calcolo del flusso termico irradiato, poiché non viene
modellato che la radiazione viene emessa da una superficie. Questo modello fornisce risultati
diversi dal calcolo formalmente corretto, che va fatto andando ad integrare l’equazione di Stephan-
Boltzmann su tutto il campo di temperatura, solamente a distanze sufficientemente piccole. Tanto
più mi allontano dalla sorgente tanto più quello che effettivamente il recettore percepisce è che la
radiazione viene emessa da un punto; questa idealizzazione viene meno in prossimità della fiamma
dove appare evidente che la radiazione viene emessa da una superficie che coincide con quella
della fiamma stessa.
Queste due ipotesi sono strettamente correlate tra di loro. Il calcolo è stato effettuato considerando
le stesse condizioni atmosferiche per le quali sono stati svolti i calcoli relativi alla dispersione.
Pertanto possiamo considerare che la velocità del vento è sufficientemente bassa da non portare
ad una variazione significativa della geometria della fiamma e quindi alla generazione di un angolo
di tilt. È bene ricordare che il Jet Fire è un incendio caratterizzato da una fiamma diffusiva
turbolenta e pertanto la presenza del vento non inficia fortemente sulla sua geometria se non nella
porzione terminale della fiamma, ovvero quella più distante dalla sorgente emissiva.
Commento
Il modello della sorgente puntiforme è, tra i modelli empirici, quello più conservativo e per questo
se ne è ritenuto necessario l’utilizzo. È importante notare che la combustione di idrogeno porta
alla formazione di acqua, la cui presenza induce un aumento della trasmissività, ovvero
dell’assorbimento della radiazione dovuto all’asimmetria della molecola stessa. Questo non viene
modellato poiché si tiene conto solamente dell’umidità atmosferica e non di quella generata dalla
combustione di idrogeno.
28
5. Il caso di Etrez: sito di stoccaggio di 𝐻2
In questo ultimo capitolo riportiamo la contestualizzazione dei risultati precedentemente illustrati
facendo uso del software Marplot. Da ricerche in letteratura è stato identificato un sito attivo nello
stoccaggio di idrogeno underground in cave saline, [3]. Il sito è localizzato ad Etrez, Bresse
Vallons, Francia. Dato che non è stato possibile accedere alla posizione esatta della cava abbiamo
deciso, anche date le ridotte dimensioni della città, di porla in una ambientazione rurale e quindi
lontana dal centro urbano. Le coordinate scelte sono state poste pari a: 46°21’10.94’’ N
5°07’12.26’’ E.
29
Come possiamo vedere dall’immagine di cui sopra, a nord ovest del punto sorgente è presente un
lago, in cui ritroviamo parchi acquatici attrezzati e diversi luoghi di aggregazione. Pertanto è stato
analizzato il caso in cui il vento sia direzionato in maniera tale da far disperdere la nube in quella
zona. Per la determinazione delle effect zone abbiamo utilizzato i valori della probit discussi nei
punti precedenti. Un approccio conservativo, come abbiamo spiegato precedentemente, consiste
nel considerare che la nube esploda in corrispondenza dell’LFL; tuttavia si è ritenuto interessate
valutare cosa succede in corrispondenza del parco e quindi a 2000 m di distanza dalla sorgente
emissiva*. Nel caso del Jet Fire, invece, essendo l’innesco immediato, l’effect zone ha origine nel
punto di emissione e per la valutazione delle sue dimensioni si è scelto di utilizzare la probit
relativa ad un tempo di esposizione di 60 s.
EFFECT DISTANCE FROM THE SOURCE, [m] EFFECT ZONE RADIUS, [m]
30
Abbiamo scelto di riportare le zone identificative dei danni per il Jet Fire utilizzando il software
Aloha i cui risultati sono in buono accordo col modello che abbiamo utilizzato:
In questo caso si è riportato il grafico di Aloha che è stato presentato in precedenza la cui
gradazione di colore si basa però su un approccio deterministico al danno e non mediante il calcolo
della probit che è stato effettuato. Il raggio della effect zone calcolato mediante l’utilizzo della
probit è invece segnalato dalla circonferenza di raggio 100 m.
31
Per quanto riguarda l’esplosione i risultati ottenuti in Aloha non sono in accordo che quelli che
abbiamo ottenuti precedentemente, tuttavia riteniamo interessante mostrare l’effect zone calcolata
da Aloha:
Le stesse considerazioni che sono state fatte per il Jet Fire possono essere riapplicate in questo
caso. L’esplosione è supposta avvenire a 2000 m di distanza dalla sorgente. In rosso sono mostrate
sovrapressioni maggiori di 8.0 psi, corrispondenti a distruzione di edifici, in arancione
sovrapressioni maggiori di 3.5 psi, corrispondenti a danni a persone, ed infine in giallo valori di
sovrapressioni maggiori di 1.0 psi che corrispondono alla rottura dei vetri.
Commento
L’analisi che abbiamo effettuato mediante Marplot è sicuramente qualitativa e non fornisce dei
risultati totalmente attendibili. Tuttavia possiamo desumere che il volume di idrogeno
infiammabile è tale per cui, indipendentemente dalla scelta del punto di ignizione, dovunque si
32
ponga la sorgente, sempre in accordo con le indicazioni trovate in letteratura [3] si hanno degli
effetti sulle zone residenziali limitrofe.
Per rendere l’analisi quantitativa sarebbe necessario sia conoscere la precisa ubicazione della cava
salina sia calcolare le frequenze di accadimento relative ai due scenari incidentali precedentemente
esposti.
Conclusione
L’analisi delle conseguenze dello scenario incidentale propostoci è stata effettuata tramite i
seguenti punti salienti:
Dai risultati ottenuti si evincono degli outcomes le cui conseguenze risultano molto severe.
Tuttavia dobbiamo ricordarci che il rischio è una combinazione di probabilità e conseguenza,
pertanto la nostra analisi risulta solo parziale e andrebbe associata ad una valutazione delle
frequenze di accadimento.
33
Bibliografia
[1] MAKRIDIS, Sofoklis. Hydrogen storage and compression, 2017.
[3] SYLVAINE PIQUE, S. P., et al. Preliminary Risk Assessment (PRA) for tests planned in a
pilot salt cavern hydrogen storage in the frame of the French project STOPIL-H2.
[5] MOHAMMED, Thamer J., Lecture No.12 Flow of Compressible Fluids in Pipe.
[6] VAN BULJTENEN, C. J. P. Calculation of the amount of gas in the explosive region of a
vapour cloud released in the atmosphere. Journal of Hazardous materials, 1979.
34