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Lezione 31 27-05-2016

Serbatoi II parte
Nella scorsa lezione si sono trattati i coefficienti elastici che non sono altro che dei coefficienti di
cedevolezza per le strutture curve, in generale: serbatoi, cupole, piastre circolari, anelli ecc. Questo ci
consente di applicare sostanzialmente il metodo delle forze per risolvere questi sistemi. Il metodo delle
forze consiste nel prendere come incognite le forze e assumere come equazioni le condizioni di
congruenza. Se io sostanzialmente tiro fuori dalla mia struttura, in genere iperstatica, queste forze, che
erano delle reazioni vincolari o in linea di massima sollecitazioni interne, vuol dire che ho abbassato il grado
di vincolo della struttura perché ho tirato fuori il suo duale che è una forza. La forza è l’incognita e quindi
può valere infiniti valori perché, finché la struttura che resta abbassata di grado di vincoli è isostatica,
qualunque valore assumano quelle forze, la struttura le equilibrerà sempre quindi diciamo effettivamente
che quelle sono infinite soluzioni elevato al numero di incognite iperstatiche. Quindi l’unica combinazione
tra quelle valide è quella che mi restituisce la congruenza in quanto forze più grandi/piccole violerebbero
gli spostamenti. Consideriamo, per esempio, di liberare un appoggio e di sostituirci una forza ovvero la
reazione vincolare duale. Prendere una forza più grande vuol dire che quell’appoggio invece di essere
fermo come doveva essere si sposterà in un verso o in un altro , in base
a se è più grande o più piccola la forza rispetto al valore giusto. Quando
si sposta di zero, ovvero congruente con il vincolo, allora quello è il
valore giusto. Questo è il metodo delle forze che si aggiunge appunto
alle equazioni cardinali della statica. Quello che ci mancava era capire
quanto valevano i coefficienti di cedevolezza che sono quei termini che
moltiplicati alle forze mi dicono di quanto si sposta, di quanto ruota,
effettivamente quella porzione per effetto di quella forza, infatti il
coefficiente di cedevolezza corrisponde proprio a quanto si sposta o
ruota la porzione considerata per effetto di una forza o coppia pari a
uno. Immaginiamo quindi un serbatoio fatto in questo modo (Fig. 1). Il
serbatoio lo possiamo immaginare costituito da 3 componenti: la
componente cilindrica ovvero questa specie di grande tubo al centro, la
cupola nella parte superiore e la piastra di chiusura nella parte inferiore.
In genere è più probabile che nella parte inferiore ci sia una seconda
cupola, si è preferito considerare però una piastra per visionare più
geometrie differenti considerando quindi un serbatoio abbastanza strano. Figura 1. Serbatoio
Queste 3 componenti di fatto potrebbero essere strutturalmente
indipendenti e collegate insieme. Molto spesso per le strutture metalliche il collegamento è il punto chiave,
cioè io ho più pezzi che poi assemblo insieme. Il Collegamento può essere:

 saldato (generando sistemi continui, connessione continua);


 bullonato (non lo vediamo in questo caso lo vedremo in altri casi);
 chiodato con rivetto (il rivetto non è proprio un chiodo ma sostanzialmente è una connessione
puntuale irreversibile diversamente dal bullone che è una connessione puntuale reversibile perché
lo posso sbullonare a meno che non usi dei congegni fatti apposta anti sbullonamento che in certi
casi sono molto utili) ;
 Collegamento tramite incollaggio (connessione continua che chiaramente qui si presta poco ma in
altri casi potrebbe essere di maggior interesse).
Immaginiamo questa struttura a 3 pezzi che per esempio saldo insieme. Potrei avere anche la necessità di
aggiungere degli irrigidimenti dove le sollecitazioni sono massime. Non abbiamo, ovviamente, nessun
carico quindi alla domanda dove il carico è massimo quando non c’è carico è una domanda che
nasce sbagliata. Consideriamo un serbatoio in pressione, con pressione uniforme, in questo caso i punti
critici sono nelle attaccature dove, come sappiamo, nascono delle forze concentrate che si smorzano se il
tubo è lungo. Se il tubo non è abbastanza lungo le forze non si smorzano, sono massime ai due
estremi e gli estremi interagiscono tra loro, se gli estremi sono molto lontani sostanzialmente l’effetto di
quello che accade è appunto uno smorzamento se invece questi estremi sono più vicini gli effetti tendono
a smozzarsi ma comunque poi si amplificano nuovamente dall’altro lato. Se considero un serbatoio
moderatamente lungo dovrò studiarmi il sistema ponendo le condizioni al contorno sia sopra che
sotto e le relative equazioni differenziali. Se il tubo invece è più lungo di un paio di lunghezze d’onda
(1 o 2 lunghezze d’onda), in modo tale che quello che accade in alto dopo una lunghezza d’onda è
diventato zero e analogamente quello che accade in basso risalendo dopo una lunghezza d’onda
diventa zero, posso studiare il tubo mettendo condizioni al contorno solo giù immaginando che sfumino
in maniera tale da non interagire con quello che accade sopra. Quello che accade dall’estremo di sopra
si smorza e quindi non interferisce con quello che accade sotto. Io sostanzialmente posso porre delle
condizioni al contorno separate. Se le scrivo insieme e faccio i calcoli alla fine mi accorgo che ottengo
lo stesso risultato, però studiare una struttura con 2 condizioni al contorno anziché 4
può essere sicuramente un vantaggio manuale più che pratico.

Per capirne il motivo, infatti, si scopre che quello che a mano


tendo a semplificare se lo faccio con gli elementi finiti al
computer diventa ancora più complicato perché a ogni
semplificazione corrisponde a pensare a qualcosa e fare qualche
scelta. Un calcolatore fa facilmente calcoli, le scelte logiche le fa
con più difficoltà, in quel caso mi conviene semplificare il meno
possibile, complicare al massimo e usare un format costante,
tanto un calcolatore per ogni sistema o 100x100 o 3x3 impiega
praticamente pochissimo tempo per risolverlo, intorno alle
frazioni di secondo, grazie alle tecniche numeriche che usa e alle
proprietà delle matrici. A mano, invece, risolvere sistemi 3x3 o
4x4 sono due mondi diversi e quindi ovvio che molti
ragionamenti che uno fa, li fa per facilitarsi il calcolo a mano, se
a risolvere il sistema è un calcolatore automatico, ci butto di
tutto
dentro, potrebbe addirittura essere più semplice fare il calcolo Figura 2. Serbatoio con anelli di contenimento
complicato con il computer, che il calcolo più semplice a mano.
Proprio perché il calcolatore non capisce niente e macina tutto senza troppi se e ma, posso fargli
risolvere sistemi molto complessi, a mano invece, ogni incognita che risparmiamo ci fa piacere.

Costruire il serbatoio realmente in 3 parti è un problema perché queste parti in acciaio o in qualsiasi altro
materiale necessitano di un collegamento. Se dovessi fare questo serbatoio in calcestruzzo armato il
problema non sussisterebbe perché la sua costruzione potrebbe richiedere un getto unico senza nessun
particolare collegamento. Tra le altre componenti ci sono gli anelli che sono le porzioni più sollecitate del
serbatoio. Se le sollecitazioni sono troppo elevate devo irrobustire ovvero devo fare in modo che ci sia
qualcosa che assorba le sollecitazioni stesse. Cosa ci metto? Un anello di confinamento, ovvero delle
strutture fatte sostanzialmente come in figura 2.
Chiaramente gli anelli di confinamento sono posizionati sulle sezione più
sollecitate. Un serbatoio del genere come si studia? Costruisco questa
geometria con le caratteristiche del materiale e lo studio con gli elementi
finiti. Si può, volendo procedere a mano, provare a fare qualche
ragionamento in più, applicando il metodo delle forze. Dal lembo di sopra,
per esempio, analizzando solo un lato del serbatoio, posso trovarmi in
questa situazione (Fig.3).Questa è una struttura assial-simmetrica quindi è
ovvio che ogni fetta che faccio è rappresentativa della struttura,
addirittura mi basta lo studio di mezza fetta perché la struttura gode di
assial-simmetria completa (il simboletto a farfalla in cima al disegno vuol
dire che la figura è simmetrica rispetto a quel asse). Sempre in figura 3 ho
la piastra inferiore sottoposta a quella distribuzione di carico, dovuta a una
pressione uniforme distribuita perpendicolarmente su tutte le superfici
interne del serbatoio, dove P è la pressione che voglio agisca, ovvero, la
massima pressione che mi aspetto possa presentarsi.

Come faccio a garantire che P sia la pressione massima? o metto una


valvola che appena si supera la pressione massima, si apre e libera il fluido
in eccesso oppure devo usare dei coefficiente di sicurezza che dipendono
dalla conoscenza del sistema e che tengano conto che questa pressione Figura 3. Distribuzione
pareti carico sulle
del serbatoio.
che immagino in esercizio possa diventare più grande a causa di un gas
che immetto in maniera semplice oppure un gas che si sviluppa a seguito di reazioni o altro ancora. Mi
accorgo che avendo esploso la mia struttura in questo modo l’ho liberata e in realtà nascono delle forze
d’interazione assiale ma queste sono disaccoppiabili quindi non le considero perché non sono altro che
delle forze tese o anche la componente della pressione che ci sta e però quelle vanno per equilibrio.
Le equazioni cardinali della statica mi bastano e mi avanzano, quelle che non mi bastano sono le equazioni
che mi tengano conto dei tagli e delle coppie. (Fig.4) Come ho scelto queste incognite ho 3 tagli e 3
coppie ovviamente non sono proprio 6 incognite perché comunque se la struttura è in equilibrio nella sua
totalità
lo è anche parzialmente in una porzione e quindi posso sempre
scrivere le equazioni di equilibrio in figura 4 relative all’anello di
contenimento superiore e quindi date le due equazioni di equilibrio
le incognite da 6
diventano 4.
Analogamente lo stesso
ragionamento può essere
fatto per l’anello di
contenimento inferiore
come riportato in figura 5.

−𝑀1 + 𝑀2 + 𝑀3 = 0 ∑6𝑖=4 𝑀𝑖 = 0

∑3𝑖=1 𝐻𝑖 = 0 ∑6𝑖=4 𝐻𝑖 = 0

Figura 4. Analisi forze e momenti Figura 5.Analisi forze e momenti


sull’anello di contenimento superiore. sull’anello di contenimento inferiore
Le mie incognite sono 12 meno le 4 equazioni di equilibrio ho in totale altre 8 equazioni da aggiungere al
sistema per ottenere un'unica soluzione. Posso adottare il metodo delle forze; i valori di H devono essere
compatibili con i vincoli. Cosa facevano i vincoli prima che esplodessi la mia struttura? Per esempio:

𝑊1 = 𝑊2 = 𝑊3 ; 𝜑1 = 𝜑2 = 𝜑3 ; 𝑊4 = 𝑊5 = 𝑊6 ; 𝜑4 = 𝜑5 = 𝜑6

Dove W è lo spostamento duale di H come ente cinematico. Ho scritto così le 8 equazioni che mi
permettono di ricavare univocamente le 12 incognite. Una volta che conosco ad esempio H3 con la
conoscenza del serbatoio posso valutare come va l’andamento del momento e taglio ma visto che so che
sono funzioni smorzate ai fini del progetto conoscere H3 è più che sufficiente perché tanto nel resto del
tubo avrò degli H o tagli più piccoli e dei momenti più piccoli. Ovviamente W1 chi è? Vediamone giusto
qualcuno dei W. W1 è lo spostamento dell’anello orizzontale perché l’anello si sposta in orizzontale? Si
sposta in orizzontale perché l’anello è soggetto ad H1 e M1.
𝐻 𝑀1
𝑊1 = 𝑊𝑎 1 + 𝑊𝑎

L’anello è soggetto al carico? possiamo immaginare di no perché l’anello sta fuori non all’interno della
𝐻1
struttura quindi non interagisce con il carico. 𝑊𝑎 è il coefficiente dell’anello dovuto ad H1. L’anello si
sposta per una forza? SI. L’anello si sposta per una Coppia? No. E quindi sappiano che:
𝐻1 𝐻 𝑀1
𝑊𝑎 = 𝐻1 𝐶𝑎 0 ; 𝑊𝑎 = 0;
𝐻
Dove 𝐶𝑎 0 è la costante elastica dell’anello o cedevolezza C dovuta a 𝐻0 . La forza che m’interessa per la
costante elastica (ovvero per il coefficiente di cedevolezza) che sta tabellata.

Chi è 𝑊3 ? è di quanto si sposta in orizzontale l’estremo di sopra del serbatoio, ovvero:

𝐻3 𝑀3 2𝛼 2𝛼 2 𝑃
𝑊3 = 𝑊𝑠 + 𝑊𝑠 + 𝑊𝑠𝑃 = 𝐻3
+ 𝑀3 + ;
𝛽 𝛽 𝛽
𝐻3 𝑀3
Dove 𝑊𝑠 corrisponde allo spostamento orizzontale dovuto a 𝐻3 ; 𝑊𝑠 corrisponde allo spostamento
orizzontale dovuto a 𝑀3 ; e 𝑊𝑠𝑃 invece corrisponde allo spostamento orizzontale del serbatoio dovuto al
𝑃
Δ𝑃 della pressione. Visto che la pressione è uniforme 𝑊𝑠𝑃 = 𝛽 . Ora per i segni, se ho H3 come in figura
allora questo si sposterà verso sinistra, se ho la coppia M3 che ruota in senso antiorario si sposterà
comunque verso sinistra, se ho P che spinge in fuori si sposta sempre verso sinistra quindi sono tutti e 3
concordi. Fate attenzione che qua non posso dire che la convenzione la cambio di volta in volta perché 𝑊3
sarà uguale a 𝑊2 e 𝑊1 quindi dovranno essere espresse con la stessa convenzione, so ho scelto verso
sinistra positivo anche per gli altri dovrò prendere positivo verso sinistra. Poi dovremo chiederci 𝜑5 quanto
vale? Ovviamente è ancora del serbatoio e quindi corrispode a :

𝐻 𝑀 2𝛼 2 4𝛼 3
𝜑5 = 𝜑𝑠 5 + 𝜑𝑠 5 + 𝜑𝑃 = 𝐻5 + 𝑀5 ; 𝜑𝑃 = 0;
𝛽 𝛽
𝐻 𝑀
Dove 𝜑𝑠 5 corrisponde al contributo dovuto a 𝐻5 ; 𝜑𝑠 5 corrisponde al contributo dovuto a 𝑀5 ; e 𝜑𝑃 invece
corrisponde al contributo del serbatoio dovuto al Δ𝑃 della pressione che è uguale a zero perché la
pressione è uniforme sostanzialmente se quello fosse un palloncino non ruota si allarga solo e quindi è
zero. Facciamo un ultimo della piastra circolare, quello della cupola è parente.

Per esempio, domanda : Quanto vale 𝜑6 ?


la 𝜑 ruota per:
𝐻 𝑀 𝐻 𝑀 9 𝐻
𝜑6 = 𝜑𝑝 6 + 𝜑𝑝 6 + 𝜑𝑃 = 𝐻6 𝜑𝑝 0 + 𝑀6 𝜑𝑝 0 + 𝑃𝜑𝑝 ; 𝜑𝑝 0 = 0;

Possiamo anche scrivere per la cupola:


𝐻2 𝑀2 𝐻0 𝑀0
𝑊2 = 𝑊𝑐 + 𝑊𝑐 + 𝑊𝑐𝑃 = 𝐻2 𝑊𝑐 + 𝑀2 𝑊𝑐 + 𝑃𝑊𝑐9 ;

Analogamente si può procedere per tutti i 12 termini che alla fine sono tutti tabellati. Ricavo, quindi tutti
gli 𝐻𝑖 e tutti gli 𝑀𝑖 e conosco le sollecitazioni negli estremi queste poi si smorzano lungo la struttura e
quindi so che nel resto della struttura ho sollecitazioni più basse. Queste le devo accoppiare con le
sollecitazioni assiali che sostanzialmente sulla cupa ci devo mettere il peso del serbatoio meno la
componente verticale della pressione che non è altro P*r dove r è il raggio. Nel tubo la componente
verticale è solo il peso proprio del tubo, nella prassi lo sforzo normale è solamente dato da H6 oppure se
vogliamo considerare l’effetto dello spostamento verticale dobbiamo entrare nel regime completo delle
piastre circolari ma è una cosa più complicata. Quindi così posso dimensionare il serbatoio.

Collegamenti

Se dispongo di più pezzi da montare come li assemblo? La conclusione più scontata è quella di usare delle
saldature. L’alternativa era quella di aggiungere delle flange, praticamente degli elementi che sporgono e
dovrò forarli e bullonarli. I collegamenti abbiamo detto che sono di vario tipo, che in certi casi mi incrociano
problemi tecnologici con problemi strutturali. Collegamento irreversibile: saldatura e
rivettatura/ chiodatura. La chiodatura la faccio a caldo (il chiodo viene riscaldato fino a 900 °C, poi
inserito nel foro e ribattuto. Raffreddandosi si accorcia e va ad essere sollecitato a trazione; i lembi uniti
rimangono tali per l'attrito che si forma tra le superfici adiacenti. L'unione a caldo è adatta a pareti di
spessore fortemente sollecitate) o a freddo ( il chiodo è messo nell'alloggiamento e ribattuto, così la
trazione è modesta, quindi pure l'attrito che si genera tra le superfici adiacenti. In questo modo l'unione è
assicurata dalla resistenza a taglio dei gambi dei chiodi, e non per l'attrito. Questo secondo metodo è
più usato per le lamiere, ed i chiodi son detti ribattini).
Il rivetto è un perno che ha una testa che si tira e praticamente quando torna indietro si espande e quindi
chiude dai due lati. Questi sono collegamenti irreversibili, che si significa? Che se dovessi un domani
smontare questa cosa devo rompere il collegamento il che è una cosa abbastanza complessa . Dissaldare si
può come togliere i rivetti ma sicuramente la struttura che rimane dopo è parzialmente danneggiata. Di
fatto la saldatura è un processo termico che tende a dare uno shock termico al materiale, l’escursione
termica abbastanza ampia provoca delle dilatazioni termiche. Se la struttura è iperstatica come facilmente
potrebbe essere, sapete che la dilatazione termica induce delle sollecitazioni, è vero che dopo aver
dissaldato la struttura si raffredda di nuovo ma se la rigidezza era diversa, un pezzo si è allungato di più,
uno di meno, quando torna indietro restano storti.

Collegamento reversibile: bullonatura. Ciò perché come detto prima il bullone lo metto e lo posso anche
togliere. La bullonatura e rivetto-chiodi sono simili perché sono collegamenti puntuali. La saldatura è un
collegamento più diffuso, chiaramente per un serbatoio in pressione la saldatura mi fa comodo perché così
sigillo tutto se lo facessi con delle flange dovrei mettere delle guarnizioni che tengano la pressione
altrimenti i fluidi in generale uscirebbero. C’è però una differenza perché la saldatura e parzialmente la
chiodatura generano anche un incastro nel senso che i due pezzi che sto collegando sono incastrati tra
loro la bullonatura questo incastro non lo genera e questo è un bel problema. Perché non genera questo
incastro? Quindi l’effetto strutturale è legato a un problema tecnologico perché quando metto i bulloni
devo usare una tolleranza. Cos’è una tolleranza? Una tolleranza consiste nel fatto che il foro per il bullone
non deve avere esattamente lo stesso diametro del bullone perché altrimenti non lo si metterà mai. Ciò
perché un minimo di errore fa si che il bullone non entra più, si usano quindi le tolleranze. Le tolleranze
consentono di fare il diametro del foro più grande del diametro del bullone. Ovviamente ci saranno
standard di più tipi ma quello strutturale, quello che si usa in campo civile, vuole che fino al bullone di
diametro 20 il foro è un millimetro più grande del diametro del bullone. Superato il diametro 20 il foro è un
millimetro e mezzo più grande del bullone. Il foro più grande mi garantisce la costruibilità, ovvero, che
effettivamente riuscite ad infilare questo bullone, purtroppo, non vi garantisce più il vincolo, perché
avendo un gioco nascono dei problemi strutturali che vedremo nelle verifiche dei bulloni. Ciò fa sì che vi
sia una possibilità di spostamento. Se il vostro collegamento ha una possibilità di spostamento, voi dite
vabbè si sposta di un millimetro, ma se abbiamo detto che lavoriamo in piccoli spostamenti, se un
vincolo si sposta di un millimetro, diciamo che si è spostato e quindi è come se il vincolo non ci fosse. Non
ragioniamo su grandi spostamenti, non facciamo macchine o robotica. Quindi quel gioco di fatto ci
annulla l’effetto vincolo e fa si che l’incastro diventi una cerniera o meglio al limite tende a
una cerniera. Sarà sempre una cerniera con una molla, nel senso che il
bullone non ruota liberamente ma ha un certo contrasto nel ruotare, però
di fatto ruota. Il gioco, che quindi è necessario alla costruibilità, generà una
piccola complicazione che affronteremo nel progetto, infatti, se devo
Figura 6. Travatura con studiare degli schemi strutturali, che vincolo considero? un incastro o una
collegamenti a incastro. cerniera? Tenderò a mettere delle cerniere. Questo che ripercussioni avrà?

Se io ad esempio ho una travatura fatta in questo modo( figura 6). Com’è


questa struttura? Iperstatica! Perché sono maglie chiuse se ci calcoliamo
i vincoli in eccesso che ci sono, qua facciamo notte. In realtà questa se
non la saldo ma la bullono in quei giunti non mi darà mai un incastro ma
una cerniera ovvero una struttura fatta in questo modo (figura 7).
Figura 7. Travatura con
La travatura risultante è quindi isostatica, quindi calcolativamente più collegamenti a cerniera.
facile. Anche se era saldata, io chiamavo in causa i teoremi sulla plasticità
che prevedono, nell’eventuale plasticizzazione di un nodo, la formazione di una cerniera plastica. Se
bullono io effettivamente non ho un incastro. Per esempio se faccio una struttura bullonata di questo tipo,
ovvero un classico portalino in cui incastro una trave, una scatola in cui io
ci metto qualcosa (figura 8). Questo schema lo posso vedere come 3
oggetti: 2 pilastri e una trave quindi sono 3 corpi nel piano 3x3=9: 9 gradi
di libertà però ho 2 incastri interni quindi
sei gradi di vincolo e 2 incastri esterni
quindi 6+6=12 e 3 volte iperstatica
Figura 8 oppure in maniera più rapida è una trave
ad asse spezzato quindi un corpo unico, bastava un incastro e quindi
l’altro incastro corrisponde al vincolo in più, c’è chiaramente un incastro di
troppo: 3 vincoli in più quindi la struttura è iperstatica. Se vado a
bullonarla questa se ne cade. Perché in realtà è una struttura labile perché Figura 9
questi non sono incastri ma cerniere e se ho fatto il pezzo unico mi è
andata bene è scesa di un grado: è solo una volta iperstatica; ma se avete collegato trave e pilastri come in
figura 9 ottenete altre cerniere. Arco a 4 cerniere ovviamente labile e me ne accorgerei facendo l’analisi dei
centri però sapendo che l’arco a 3 cerniere è isostatico ho una cerniera in più, è sicuramente diventato
labile. Io un portale in acciaio bullonato non lo posso fare. Vi garantisco che almeno uno di quei vincoli è
saldato altrimenti io utilizzo i controventi. Lo schema triangolare , il triangolino la struttura isostatica per
eccellenza internamente, poi ci vogliono anche vincoli esterni altrimenti ho un corpo che vaga nello spazio.
Mettiamo quindi 3 corpi connessi da 3 cerniere, generano un corpo isostatico cioè un corpo che ha ancora
3 gradi di libertà in quanto corpo e quindi poi devo mettere esternamente 3 gradi di vincolo ma poi ho
ottenuto un oggetto che è stabile. Se invece faccio un quadrato (figura 10),
pure questo è stabile? No, è un corpo che può muoversi. Se io faccio una
maglia bullonata come in figura 10, me la immagino rigida… ma in realtà i
bulloni sotto azioni significative fanno ruotare
un po’ la struttura e quindi forzano i vincoli,
ovviamente sempre in piccoli spostamenti. Per
questo passo alla maglia triangolare. Come me
faccio questa maglia triangolare? Per esempio
Figura 10
aggiungo questo elemento come in figura 11,
dove non ho fatto altro che un triangolo, quindi questa è diventata una
trave appoggiata-appoggiata, ho qua una cerniera e qua un pendolo. Però
Figura 11. Struttura incernierata
con controvento riportato con non era vincolante che
linea tratteggiata mettessi come dire questo
controvento (così si chiamano gli elementi diagonali)
proprio nel passaggio. Se questo è l’ingresso del mio
hangar e metto una cosa in diagonale come faccio a
passare? In quel caso posso pensare di metterlo fuori
(vedi figura 12). Questo è uno schema isostatico perché è
un arco a 3 cerniere il primo, quindi lo spigolo del quadrato in Figura 12
alto a destra è fermo quindi potrebbe generare qualunque
reazione vincolare e ottengo un altro arco a 3 cerniere, aggiungendo tante altre maglie sarà sempre
isostatica. Una serie di telai a più campate, dove per campate si intende ogni trave, sostanzialmente è
labile, ma basta che me lo fermo con un controvento
e ho bloccato tutto. Se io avessi una cosa del genere
(figura 13), dove ho tutte cerniere non devo mettere
un controvento in ogni maglia basta che lo metto in
una maglia, per esempio in questa e la struttura è
diventata isostatica, una volta che quel pezzo non si
Figura 13
sposta più anche gli altri non si spostano più. Avere il
controvento non vuol dire avere questa sbarra che mi blocca ogni luce, ne blocca solo una.

Com’ è l’asta del


controvento? Tesa o
compressa? Se per esempio
ho il vento che spinge da
sinistra questa è tesa ma se
per caso la metto a destra
invece è compressa.(fig.14) Figura 14. La trave tratto punti è relativa alla spinta del vento
da sinistra. La trave a puntini e relativa alla spinta possibile da
destra.
Un pendolo compresso è un pendolo soggetto a
instabilità quindi devo stare attento che potrebbe
instabilizzarsi. Cosa potrei fare? Mi metto per esempio
due controventi in questo modo fig.15 o anche due
così fig.16 e il vantaggio di questa scelta è che sia che
spingo o che tiro da sinistra o da destra ce ne sarà Figura 15
sempre uno teso. Pure nell’altro se fosse compresso si instabilizza, non mi importa molto perché tanto ci
sta quello teso che si oppone allo spostamento e per
esempio potrei usare dei cavi: degli elementi che se
compressi si instabilizzano ma se tesi reggono, invece di
mettere un travone metto un cavo e il cavo regge. Quando
il cavo è compresso si instabilazza ma il cavo non è
pericoloso quando si instabilizza perché si ammolla se ne
Figura 16 scende e non fa danno; se invece metto un controvento con
un profilato che si instabilizza; praticamente avete una trave che all’improvviso parte in fuori, ora se ci
passa qualcuno non è che si fa bene. Se avete delle chiusure, banalmente con dei cartongesso,
praticamente un bozzo che vi esce dalla parete, se avete un macchinario o una tubazione che passa, la
tubazione può avere qualche problema. Quindi è vero che la instabilità non mi spaventa perché tanto ho un
elemento , controvento, che reagisce ma una porzione di struttura che si instabilizza è comunque una
porzione incontrollata perché sapete che l’instabilità vuol dire forme di spostamento non note, cioè note
come sagoma; ma non note come entità, quindi può spostarsi di una quantità qualsiasi. Nell’ipotesi che il
carico si instabilizza in realtà potrei volere che non si instabilizzi proprio: una struttura prestazionale non mi
basta che instabilizzandosi regga abbastanza; a me serve che non lo faccia proprio. Se mi basta che regga il
carico io mi approccio in un certo modo; se invece non voglio un certo comportamento mi approccio in un
altro. Non basta che in un punto stia apposto perché vada tutto bene (metodo tensioni ammissibili); io
devo sapere che deve fare la struttura e quindi faccio una verifica congruente con la prestazione ovvero lo
stato limite.

Ora questa bullonatura genera una cerniera e ad un certo punto, anche se sembra un vincolo meno
stringente potrebbe farmi stare la struttura meglio di come in realtà sta. Cosa significa? Significa che per me
a un certo punto la struttura diventa , come si dice in gergo, pendolare cioè, se io non metto una forza, o un
carico o qualcosa sul pendolo, agisce in modo tale che se teso e compresso è soggetto solo a sforzo
normale. infatti non avendo nulla lungo il pendolo: io ho due vincoli alle estremità che mi dicono momento
flettente nullo: non avendo altre azioni esterne il momento sarà costante se le boundary condition mi
dicono che è nullo, vuol dire che è ovunque nullo e che quindi la derivata è nulla ovunque. Un pendolo non
può avere taglio ma solo sforzo normale, purché non è caricato, infatti negli esercizi un pendolo senza
carichi è un vincolo; se però ci abbiamo messo un’azione allora non è più un vincolo ma diventa
una porzione di struttura, diventa un'altra
struttura che avrà due cerniere. Che il
𝑁
pendolo è solo teso o solo compresso Figura 17 𝜎=
𝐴
significa che se io vedo in una sezione
trasversale cosa accade, mi accorgo che
ho uno sforzo pari a N/A (figura 17), se
putacaso non è più una cerniera ma
diventa un incastro succede che non è più
vero che il momento è nullo perché i
vincoli alle estremità, ovvero le condizioni al contorno mi dicono che c'è una coppia a sinistra e a destra.
Quindi a quello sforzo normale io
aggiungerò una coppia. Questo significa Figura 18
𝑁
che avrò una porzione dove la sigma si 𝜎=
𝐴
aggrava e una si sgrava: sostanzialmente
le sigma potrebbero essere più grandi di
quelle che sto considerando, (figura 18).
Se voglio fare una bullonatura devo avere
tutte cerniere per cui i telai non posso
farli come rettangoli, per cui la mia
struttura deve essere a base triangolare
perché il triangolo incernierato è la struttura isostatica: il modulo minimo, è il mattoncino lego con cui
costruisco tutto. Devo fare in modo da avere delle cerniere perché se a un certo punto mi escono gli
incastri, io calcolo una cosa e ne costruisco un altra e il mio calcolo è completamente fantasioso.
Bullonatura uguale cerniera perché il gioco foro/bullone fa si che esista il gioco e quindi è una cerniera,
però di errori ne posso fare molti. Chi progetta strutture metalliche deve essere molto più esperto di chi
progetta strutture in calcestruzzo armato. Nel centro commerciale l’ingegnere poco esperto lo vedete
subito, se la struttura vibra troppo, è progettata male, no nel senso che crolla, ma progettata con una
filosofia da pura resistenza, ovvero che verifichi solo che non crolli. Ma questo significa progettare male
come anche sbagliare i vincoli perché magari non prevedo lo spostamento ma in realtà ruota e quindi poi si
generano errori a catena. Nei progetti in calcestruzzo io faccio getti, quindi alla fine ho un incastro
perfetto, l’unico limite è che non ho delle betoniere infinite quindi non riuscirò mai a fare un intero edifico
completamente tutto in un giorno però con le riprese di getto (dove finisce un getto ne faccio un altro il
giorno dopo) alla fine sostanzialmente di fatto ottengo continuità, almeno che non passa un anno e quella
superficie si altera, fa presa, si chiude e diventa non porosa per cui il getto successivo non fa più presa. Nel
nostro caso abbiamo pezzi sconnessi e dobbiamo collegarli. Come li collego? Bullono?

1. PROBLEMA: immaginate di avere una trave da destra, una trave da sinistra e una da sotto e i
bulloni stanno dentro. Riesco a infilare la mano e infilare il bullone? Ci sono dei casi in cui chi
progetta sulla carta non pensa che quella struttura ha un suo volume
e quindi se qualcuno mi dice che ci deve stare un bullone, ma non ho
spazio per il foro, il bullone non ce lo mette nessuno.
2. PROBLEMA: ho un profilo fatto come in figura 19 e decido di
bullonare. Provo a mettere i bulloni e mi accorgo che quando infilo il
secondo bullone non entra proprio perché ci sta un ingombro.
Classico errore sugli angolari. Sulla carta ci stanno ma dopo che ho Figura 19
messo il primo l’altro non entra più. In quel caso o rimandano tutto
indetro o non mettono i bulloni, poi non ci si deve meravigliare se crolla. Peggio ancora quando il
bullone è completamente inaccessibile.

Per avvitare i bulloni si devono usare le chiavi dinamometriche perché esistono le coppie di serraggio, nel
senso che io devo stringere il bullone con una certa coppia. Sostanzialmente un bullone (figura 20) è
costituito da una testa e un gambo con una filettatura con certo passo standard e un dado a testa
esagonale e vengono impiegate delle rondelle dette anche rosette per due motivi, il primo per aumentare
l’area di contatto tra la testa e la trave, l’altro, se devo lavorare per attrito, aumenta l’uniformità appunto
dell’attrito, in genere un bullone lavora più per attrito che per taglio. Se immaginate un bullone, si fa la
verifica e si nota che lavora molto
male, invece accoppiati, gli
elementi lavorano insieme e non
come uno spinottino che sta
tirato a destra e a sinistra.

Si può usare il doppio dado cioè


praticamente , con le vibrazioni vi
è il rischio che il dado si allenti,
ma se metto due dadi allora uno
blocca l’altro. Poi ci sono dei
materiali plastici che riempiono la
filettatura quindi una volta stretti
si incastrano nei filetti e quindi il
dado non esce più (frenafiletto).
Avendo un bullone con un certo
passo, io so che dandogli una
coppia sto trasformando la mia Figura 20. Bullone
coppia in una forza di trazione. Il
bullone se lasco, sicuramente si sbullonerà quindi deve essere ben caricato. Se deve funzionare per attrito il
livello di carico deve essere quello giusto. Io non devo stringere forte finché non gira più, ma si usano le
chiavi dinamometriche che sono delle chiavi con una molla tarata e quando la coppia che ho dato fa
superare la forza soglia, la molla cede, scatta e gira libera avvisandovi di aver dato la coppia giusta: la
coppia giusta si valuta meccanicamente, una coppia tramite la filettatura diventa uno sforzo nel gambo.

3. PROBLEMA: Non bisogna solo avere lo spazio fisico perché i bulloni entrino, ma anche la tolleranza
giusta. Un altro problema è questo: il grado di precisione della struttura. Se ho una struttura in
muratura con pietre o blocchi di tufo io che devo progettare dirò: fai un muro di 30 cm-40 cm ma
se dico fai un muro di 30.6 cm voi dovete considerare che già la pietra sarà 28 o 32, quindi il grado
di precisione deve essere compatibile con il materiale. Se io ad esempio faccio un progetto di una
muratura, non userò mai una misura in millimetri ma in centimetri se la fate in metri ancora meglio,
se faccio un muro di 300 mm avete scritto la stessa cosa ma tecnicamente non è la stessa cosa.
Perché 0.30 significa che il grado di precisione sarà 0.30 0.40 0.35 se metto i millimetri mi aspetto
che qualcuno controlli che non è 301. La tolleranza è una percentuale della misura che sto dando.
Quindi una struttura in muratura la progetto in metri, potrei fare anche centimetri, strutture in
calcestruzzo in metri è troppo grezzo, devo usare misure in centimetri, non ha più senso il
millimetro perché dire che una trave è larga 300 mm vuol dire che qualcuno deve essere abile a
evitare che sia 297,5mm; ma una trave fatta di calcestruzzo, fatta in un cantiere, è chiaro che non
sarà mai perfettamente 300 mm. Questo non è per dire che sono cose fatte male, ma è per dire che
io in quel contesto devo essere cosciente di quello che ottengo, questo rientra nei coefficienti di
sicurezza, nei metodi probabilistici, con questo non voglio dire che nei cantieri non si è precisi, ma
la qualità consiste anche nell’essere coscienti della tolleranza e degli errori che mi posso attendere.
Se faccio una struttura in acciaio, è singolare se la faccio con unità di misura in centimetri perché se
io vado col centimetro e poi ho un foro che va al millimetri è sicuro che quando vado a costruire
non mi troverò mai.
Immaginate che si costruiscano dei ponti a conci
(figura 21), Io costruisco due pile e vado a sbalzo con
dei tratti con precompresso. Praticamente prendo un
blocco di 3 metri ci metto delle barre che pretendono e
me lo attacco tra una pila e l’altra e faccio crescere così
la struttura. Ci hanno messo anni a sviluppare questa
Figura 21. Bozza di un ponte a conci.
tecnologia perché, ovviamente, quando ho un ponte di
50 metri che deve combinarsi con l’altro ponte di 50 metri si avrà una tolleranza che può variare anche di
30 centimetri cioè è folle pensare che parto con un mensolone lungo 30 metri e mi trovo con un foro nell’
altro e ci metto una barra e chiudo. Se sto nella fascia di un metro a destra e a sinistra vado bene perché
sono delle tecnologie che si basano sulle ipotesi che ci sia un errore di connessione di (ad esmepio) 1
metro e arrivare a 1 metro vuol dire davvero essere bravi perché ci vogliono sistemi controllati, sistemi di
controllo continuo. Ma lì sono cosciente che il giunto deve reggere un errore tale, quindi in pratica io
progettista devo essere cosciente della possibilità di errore e non dare la colpa a chi costruisce. Io
progettista sono peggiore dell’ esecutore se non tengo conto dell’errore che mi posso attendere se
progetto immaginando che un ponte che sta in mezzo al mare , abbia tolleranza del millimetro!

Quindi abbiamo parlato di errori relativi all’ inaccessibilità, bullone non inseribile, nel senso che non c’è lo
spazio per inserirlo, la tolleranza è coerente in modo tale che quando faccio il progetto un minimo di
tolleranza in millimetri bastano perché se progetto con tolleranza del centimetro devo fare un foro che è
largo un centimetro in più del bullone ma il bullone è qualche millimetro quindi ci ballerebbe dentro,
bisogna essere congruenti. Passiamo ora agli errori strutturali concettuali.

4. PROBLEMA: Se voglio bullonare e ho un profilo a doppia T come faccio la bullonatura? Ho più


possibilità. Partiamo dalla più stupida io uso
un profilo a doppia T (figura 22), tenete
presente che non si usa in questi casi, non Anima
arrivo con una trave HE) perché altrimenti Ali
mi troverei in questa situazione (figura 23).
In figura 23 ho due travi affacciate, faccia a
faccia. Come faccio a connettere con dei
bulloni? Uso delle piastre ovvero uso il Figura 22. Profilo di una trave HE in cui si mettere in risalto
l’anima, ovvero la parte centrale della trave e le ali, ovvero
cosidetto coprigiunto. Metto una piastra le parti superiore e inferiore
sopra, sotto e ai lati (avendo
precedentemente avvicinato le travi). La piastra inferiore e superiore sono come dette coprigiunto,
perché se il giunto è il collegamento questi lo coprono. Se devo collegare le piastre ci sono delle
tecniche un poco più raffinate ma la cosa più terra terra che faccio consiste nel fare degli elementi
uguali alle ali per il coprigiunto di ala , e all’anima per il coprigiunto di anima. Ovviamente sono due
sull’anima e poi bullono. Per semplicità i bulloni si riportano graficamente con delle piccole croci. Se
devo bullonare l’ala io mi trovo sostanzialmente con dei bulloni che scendono e potenzialmente
incrociano quelli dell’anima e già questo potrebbe dare fastidio. Ammettiamo però che non
riscontrassi questo problema. Gli spigoli della trave non sono a spigolo vivo hanno questi sgusci
(figura 24) che sono dei fastidi sia per chi li produce che per chi deve montare queste travi, ma sono
necessari perché servono a incanalare le tensioni, perché in uno spigolo vivo ho forti sollecitazioni;
in uno sguscio le sollecitazioni sono ammorbidite.
Bulloni Coprigiunto

Piastra

Coprigiunto

Figura 23. Nella prima foto una bozza dello schema di due travi HE collegate da 2 coprigiunto e due piastre, ove si mettono in
evidenza le viti con delle piccoli croci. .Nella foto a lato si riporta un collegamento reale con bulloni e piastre coprigiunto.

La testa del bullone non può andare sullo sguscio perché Sguscio
altrimenti entra tutto storto. Anzi se lo stringo già capite che si
inflette, questo bullone che è dritto incomincia a incurvarsi solo
perché sto stringendo.

Se voglio progettare questa connessione, senza entrare in calcoli


troppo sofisticati (che se la struttura se lo merita è opportuno
farlo, ma è abbastanza raro che sia necessario un
approfondimento rispetto a quello che vi dico ora) posso dire che
il taglio è portato dall’anima , allora io faccio in modo che questi
bulloni assorbano il taglio e in questa piastra si trasferisca taglio e Figura 24. Sguscio.
invece nel coprigiunto di ala si trasferisca la flessione. Quindi questa piastra lavorerà a taglio e questi
coprigiunti lavoreranno per la flessione . Ovviamente nella realtà un po’ di taglio se lo prendono i
bulloni di coprigiunto e un po’ di flessione i coprigiunto di anima.

Come dimensiono questa bullonatura. Facciamo finta che ci troviamo su


una trave di un ponte, uno di quelli che si trovano in tangenziale o
sull’autostrada, su un ponte di trenta metri. Potrei farmi assemblare in
officina la trave di 30 metri e poi portarla con trasporto eccezionale in
sito, con una gru me la alzo e poi la monto. Però potrei anche pensare
di dividermela in tratti, cioè faccio 5 tronconi da 6 metri, si trasporta
facile perché ogni pezzo pesa di meno ecc. (figura.25). Quindi abbiamo 5
tronchi da montare. Mi trovo evidentemente da fare tutti quei giunti.
Figura 25. Trave divisa in 5 tronchi
Ho un diagramma del momento e del taglio come in figura 25
nell’ipotesi di carico uniforme (in realtà dovrei considerare le deviazioni di carico, linee di influenza ecc.).
Concettualmente mi trovo in questa situazione, se vado in ognuno di questi giunti mi ritrovo un momento
diverso e un taglio diverso, ovvero, ogni giunto è sollecitato in maniera differente. Non perché uno è pigro,
ma la scelta che sto per fare non è la più saggia: faccio 5 giunti ognuno diverso dall’altro. Nonostante io ci
metta più tempo, non perché siete degli sfaticati ma perché il vostro tempo vale e quindi se dovete stare 2
giorni a progettare una cosa che si può progettare in 30 minuti con una scelta diversa, non ne vale la pena a
meno che non vi svendiate. Bisogna essere il più rapidi possibili, non facendo le cose fatte male ma fatte in
maniera ottimale sia dal punto di visto economico che tecnico. Posso quindi pensare di fare le travi diverse
una dall’altra, ovviamente, data la simmetria alcune potranno essere uguali. Io sto facendo il così detto
“parziale ripristino” ovvero faccio un collegamento in questo punto che assorba momento e taglio: è
progettato benissimo nel senso che copre la domanda richiesta, la mia bullonatura copre quella domanda,
ovviamente, se cambio il punto, cambia la domanda e quindi la bullonatura cambia di volta in volta. Sempre
per esperienza, (non è una regola) so che se faccio 5 bullonature diverse tra loro, devo sperare che quando
poi arrivano i 5 pezzi in cantiere, gli operai non facciano confusione mettendo la bullonatura più debole nel
punto più sollecitato e viceversa: bisognerebbe avere un controllo maggiore in sito ma come dire, questo
avviene se l’errore supera la tolleranza, ovvero, è un errore progettuale, non esecutivo perché certe cose
sono inattuabili. È sbagliato pensare che in un cantiere si abbiano certe tolleranze ma questo tipo di errore
è responsabilità dell’impresa, ci sono, infatti, apposte assistenze, non è colpa del progettista però anche se
voi avete perso più tempo, il committente ci ha risparmiato qualcosina, infatti, avendo una bullonatura più
robusta nei punti più sollecitati e meno dove è meno sollecitata, io ho messo meno bulloni. Un domani,
però, potrei pentirmi molto di quello che ho fatto, non perché crolla tutto, ma perché mi troverei con una
trave che ha un profilo che porta 1000, ma solo perché in un punto portava 600 avete una bullonatura che
porta 600. Detto in altri termini, se un domani quella trave devo convertirla e usarla per un’altra cosa,
quella trave sarà in grado di portare solo quei carichi, oltretutto, se la usassi per una trave che porta mille
avrei un punto debole in quella giunzione. Potevo allora fare il cosiddetto “totale ripristino di resistenza”
che vuol dire che non me ne importa nulla dei carichi . Se sto collegando due travi che a trazione portano
1000; io la giunzione la faccio per 1000 anche se in quel punto mi bastava 500. Praticamente io penso solo
alla capacità degli elementi che connetto e io garantisco che la capacità è conservata, non solo che copro la
sollecitazione che c’è in quel punto (ovviamente minore della capacità dei profilati che sto unendo). Il
parziale ripristino e il totale ripristino sono entrambi fatti bene. Perché il totale ripristino dovrebbe essere
preferibile? Il committente inizialmente mette più bulloni di quelli che mi servivano però se un domani devi
portare la trave da un'altra parte non sprechi l’intera trave, se portava 1000 porta 1000 pure quando la
sposti. Se però hai travi che sopportano carichi diversi potresti trovarti fregato. Voi come progettisti ci
avete guadagnato nel senso sano perché avete fatto una bullonatura che vale per tutti e anche come filiera
va meglio perché ogni pezzo è uguale, se ci sono più pezzi bullonati in modo diverso io devo pensare delle
macchine in grado di fare cose diverse ogni volta, si spreca di più perché in certi punti poteva bastare
meno, ma solo per quel carico. Se voglio cambiare la destinazione d’uso del mio serbatoio da quella di
partenza, mi trovo con qualcosa che va bene. Se per esempio sto progettando un serbatoio a pelo libero,
ho una pressione massima da un lato e minima dall’alto quindi il collegamento di sopra è più debole di
quello di sotto, un
Anima
domani decido di chiudere la valvola e di rendere il serbatoio
a pressione non potete usare quello che avete. Ritorniamo ai Bulloni
problemi e le cose che non funzionano.

Piastre

Figura 26.Vista di profilo del giunto di anima


5. PROBLEMA: Il giunto di anima è fatto con delle piastre
come in figura 26. Questa è una buona bullonatura infatti Anima
se tiro con delle forze che posso evidenziare con una vista
dall’alto in figura 27, il bullone o lavora per attrito
schiacciando i due piatti tra loro, oppure funziona come un
perno che non è il massimo per un bullone, ovvero lavora
pesantemente a taglio e cioè come se fosse una trave. In
quel caso i due coprigiunto fanno da appoggio e in mezzeria
ho la mia forza che tira quindi il bullone per quanto sta
funzionando se ho la forza F ogni fila di bullone sarà
soggetto a F/2 se ho 3 file di bullone F/3. Guardiamo il Figura 27. Vista dall’ alto in sezione del
giunto di ala in figura 28. Se ho le due forze come in figura la giunto di anima.
forza transita per i bulloni a meno che non faccio una bullonatura per attrito schiacciando i piatti.
In ogni caso o purtroppo questa bullonatura non è ancora fatta bene. Consideriamo per semplicità
solo la prima porzione del profilo di coprigiunto in figura
29. Era una cerniera? Un sistema fatto bene? No! Ora
nasce una coppia spuria ovvero una coppia che non
volevo ma è nata per errore a causa di un’eccentricità tra
Figura 28.Vista di profilo del coprigiunto di ala. gli assi delle piastre. Quando io tiro il sistema tende a
riallinearsi, perché vi ricordo che la trazione è sempre
stabile perché quando tiro 2 oggetti
questi tenderanno sempre a riallinearsi.
Se invece comprimo gli oggetti, questi
tenderanno più facilmente a
instabilizzarsi. Quando ho un giunto che
non è simmetrico come era quello di
prima cioè ho delle piastre solo da una
lato io ottengo proprio quello che
Figura 29. Coppia spuria. accade in figura 29. Questo povero
bullone si è tutto storzellato e io non
l’ho progettato immaginando quella
sagoma quindi il bullone già salta per i fatti suoi, quello che è peggio è che la porzione di struttura
che doveva essere soggetta a sforzo normale, è invece soggetta ad una coppia perché le parti si
inflettono: il discorso fatto prima cioè mi aspettavo un diagramma di
di sigma pulito, ma il diagramma si incurva e mi arriva una sigma più
grande, quindi non solo è probabile che il bullone salti ma è anche
facile che si rompano gli elementi di acciaio perché sono sollecitati più
di quanto ho calcolato, diciamo che funziona molto male. Cosa avrei
dovuto fare? Per esempio mettere una piastra anche sotto (figura 30).
Figura 30.
Quindi il coprigiunto dovrebbe prevedere sotto un'altra piastra. Si impacchetta il tutto con una
piastra che va sopra e le altre due che vanno sotto comunque ho un minimo di simmetria o
quantomeno uno cerca di compensarlo. Cioè avete visto la prima coppia spuria, se non faccio
attenzione davvero bene io mi immagino che funziona in un modo, ma in realtà funziona in
tutt’altro modo. Progettare una bullonatura non è proprio semplice: bisogna avere molta
esperienza. Bisogna avere davvero una buona conoscenza di quello che succede, bisogna essere
fortunati nell’aver visto tante strutture fatte male; così imparate dagli errori. Non è che esiste un
programma, io vi do una formula , voi applicate la formula e la bullonatura viene bene, l’errore
nella bullonatura è dietro l’angolo, cioè veramente progettato bene vuol dire che il calcolo se me lo
faccio, lo faccio bene però se non riesco a (pre)vedere cosa succede, non c’è formula che tenga.
Non è che dico coefficiente di sicurezza 5 e dormo sonni tranquilli. Queste coppie sono subdole
perché è vero che il braccio è piccolo ma la forza in genere è molto grande. Inoltre stiamo parlando
di localizzazioni, quindi tutto passa in un unico punto, già le forze sono grandi in genere poi si
concentrano anche in un punto, quindi seppur i bracci sono piccolini (errori geometricamente
piccoli), ho a che fare con coppie enormi perché le coppie predominano anche con coefficiente di
sicurezza 5 e i bulloni saltano. Non è una sollecitazione più grande di quella che mi aspettavo, ma è
una cosa che non avevo pensato proprio e quindi non ho calcolato. Potrei parlarvi giorni delle
coppie spurie, vi faccio
vedere giusto un altro paio
di casi più significativi. i
coprigiunto si possono fare
ma non è una grande
furbata perché è
complicato, ci vogliono
tanti bulloni, spesso non è
facile farlo ecc. Allora io
come posso fare questo
collegamento? Beh uso la
tecnica del fazzoletto. Che a) b) c)
cos’è un fazzoletto? è un
Figura 31
piatto d’acciaio. Se io ho un
profilo a doppio T anziché fare come visto lo faccio con due sezioni a C con dello spazio in mezzo
(figura 31.a)). Se voglio fare un tirante anziché farlo con una barra tonda o una barra quadrata, lo
faccio con 4 angolari
(figura 31.b)) e mi
guadagno sempre dello
spazio al centro. Potrei
fare anche un tirante
fatto in questo modo,
cosa sto simulando?
Una struttura fatta a T. Figura 32.
Una trave fatta a T me la
faccio con due angolari così il trucco è appunto di avere questo spazio in mezzo. Evito così di usare
il coprigiunto ma praticamente uso solo una piastra nel mezzo. Quello che si mette in mezzo si
chiama fazzoletto. La trave (figura 32) dovete pensarla con un pezzo simmetrico alle spalle. Io ci
piazzo il fazzoletto dietro, e quindi bullono su questa faccia, metto una piastra là in mezzo e
la bullono così. Purtroppo possono nascere altre coppie spurie.
Nel caso che vi ho fatto vedere là, no! Però se vi facessi questo caso (figura 33) nasce una
coppia spuria. Perché sostanzialmente il baricentro di questo sistema che è dove cammina N,
lo sforzo

Figura 33. Due viste frontale e in sezione di una coppia spuria nel collegamento a fazzoletto.
normale, non è a metà dell’ altezza di questo perché presenta delle ali sotto che lo rendono
eccentrico quindi il baricentro è molto più spostato in basso. Se io non metto i bulloni nel
baricentro ottengo una coppia perché praticamente mi fa ruotare la struttura.
Il braccio che si genera, determina la formazione di una coppia, perché la forza nell’elemento
d’acciaio cammina sotto e nel fazzoletto cammina più sopra quindi quel braccio genera una coppia.
Di nuovo i bulloni sono soggetti non più a trazione e taglio ma a delle flessioni strane, il rischio che
questi saltino è altissimo. Ancora una volta queste potevano sembrare simmetriche però il
problema non ce l’ho più in questo piano ma in un altro piano dove ho tutte coppie spurie. Una
struttura progettata bene per l’imponderabile avrà sempre qualche minima eccentricità ma
almeno faccio in modo che siano proprio quelle che non potevo controllare. Non vi ho ancora
scritto una equazione, le equazioni sono semplici formule, tutto sta nel comprendere quello che
succede sul campo quindi è necessaria prima una fase di studio teorico. Per fortuna le
bullonature classiche sono state controllate in laboratorio e quindi sui manuali
trovate come collegare varie cose e in che modo. Però se nel nostro caso non va
bene una bullonatura standard dovete fare voi questi
ragionamenti.

Ultima eccentricità delle tante che potremmo dire è


questa qua (vedi figura 34). Ho questo elemento di una
travatura complicata. Come collego? Prima cosa che ho
imparato è che non arrivo con un profilo a doppio T perché
altrimenti qua sembra ci sia un giunto ma in realtà è impossibile
realizzarlo. Dalla figura è evidente che un coprigiunto qui non è
possibile perché dovrei rompere qualche ala per riuscire a piazzarci
una piastra sopra, quindi il coprigiunto è evidente che funziona
Figura 34.
solo per elementi rettilinei. Per un nodo che preveda 3 elementi,
nel nostro caso addirittura 4, il coprigiunto non è possibile.
Quindi qui si va per forza con il fazzoletto, mi sono ricordato che l’elemento a L è pericoloso; vado
con il doppio C quindi ho tutto simmetrico, faccio le cose speculari quindi ho simmetria sia in
questo piano che nell’altro piano quindi le coppie spurie viste un attimo fa le ho evitate ma se ne
presenta un'altra. Metto questo fazzoletto in mezzo agli elementi e bullono. Se posiziono gli
elementi come in figura 34 però sbaglio. Perché questa è una cerniera, quindi le reazioni vincolari
passeranno per quel punto e quindi anche gli sforzi passeranno per quei punti. Ho invece ottenuto
3 cerniere, ciascuna si forma dove si intersecano gli
sforzi normali dei primi due e gli altri dove si
intersecano a coppia gli altri sforzi normali. Quello che
ho costruito con tutto che è una bullonatura tenderà
pesantemente a un incastro perché su ogni ramo
nascerà una coppia, qual’è questa coppia? Quella
dovuta all’eccentricità di questi centri. Avrei dovuto
fare in modo che le bullonature convergessero tutte in
uno stesso punto. La bullonatura di (figura
35)(diversamente da figura 34) è fatta bene perché
ogni bullonatura si allinea nello stesso punto quindi
non nascono coppie spurie di una coppia di elementi
rispetto all’ altro. Ho così evitato queste eccentricità,
ho evitato quelle nel piano verticale, mi sono fatto
abbastanza furbo da non farle, ma se non faccio ancora
attenzione qua: la coppia spuria potrebbe nascere di
nuovo. Vedete per quanto posso stare attento ne nasce Figura 35.
sempre un’altra! Quindi sono elementi molo critici. Ci sono
interi libri su questo argomento.

Bullonatura ad attrito

La bullonatura ad attrito si fa con una classe di bulloni a resistenza più alta proprio perché il bullone deve
essere preteso per tenere schiacciati i piatti, (termine tecnico che può
riguardare qualsiasi materiale tenuto insieme dai bulloni non per forza
i piatti d’acciaio). Questi elementi mantenuti vanno tenuti T
precompressi quindi la coppia di serraggio è ancora più importante,
più grande come numero e funzionano così. Io ho per esempio 3
elementi (così evitiamo l’eccentricità) (vedi figura 36). Io ho una forza
nel bullone. Quanto è la massima forza che posso dare? È per esempio
il 90% della forza di snervamento. Se il bullone snerva, si allunga in

Figura 36.
maniera libera e non va più bene. Quindi:

𝐹𝑏 = 90%𝐴𝑟𝑒𝑎𝑁𝐸𝑇𝑇𝐴 ∗ 𝑓𝑦𝑑

Dove 𝑓𝑦𝑑 corrisponde alla tensione di rottura del bullone.

𝑓𝑦𝑘
Fate attenzione che: 𝑓𝑦𝑑 = 𝛾
; Purtroppo se di coefficiente per il calcestruzzo armato ce ne è uno solo,
per le strutture in carpenteria metallica (termine tecnico per dire strutture costruite in acciaio) esistono
sostanzialmente un numero enorme di gamma (10-12), per ogni verifica che faccio esce un gamma diverso
perché la resistenza dell’acciaio non è un valore unico di progetto ma dipende dal tipo di verifica che faccio,
più è critica la verifica e più mi cautelo, questo è il classico coefficiente di modello che vi ho citato l’altra
volta. È vero che voglio certezze sul materiale ma se ho anche incertezze sul modello interpretativo del
fenomeno io mi cautelo ulteriormente e quindi quel coefficiente ha anche quella valenza. L’incertezza qua
dove sta? Io immagino che succede una cosa, ma io mi aspetto anche che ne succeda un'altra. Il modello di
calcolo non è al 100% coerente con la realtà e quindi tengo conto dell’ incertezza con un coefficiente.
𝑓𝑦𝑘
Quando scrivo 𝑓𝑦𝑑 in realtà sarebbe più corretto scrivere 𝛾
e il gamma a seconda di quello che faccio
cambia.. Ovviamente questa forza diventa coppia di serraggio. Quando devo stringere un bullone la chiave
dinamometrica me la setto con un regolatore per quel valore di coppia così quando do quella coppia il
cricchetto scatta perché c’è una molla e quindi so che ho stretto bene. Se controllate un cantiere e vi capita
un operaio con una chiave inglese non va bene perché non controlla la coppia. Tutto ciò perché se io
eccedo nella coppia di serraggio il bullone mi si allenta perché snerva e si plasticizza.

Devo calcolare il taglio che sopporta questa bullonatura.

𝑇 = 𝑛𝜇𝐹𝑏 𝑛𝑏

Dove T è il taglio;

n è il numero di facce a contatto, nel nostro caso 2;

𝐹𝑏 è l’attrito che si sviluppa sulle facce a contatto;

𝑛𝑏 è il numero di bulloni che sto mettendo e che funzionano.

Come vedete le formule sono molto semplici: il problema è capire cosa succede. Se il bullone invece è
semplice quanto vale?

𝐹 𝑇 𝑓𝑦𝑑 𝑓𝑦𝑑
𝑇= ;⟶ 𝜏 = ≤ ;
𝜇 𝐴𝑁 √3 2
𝑓𝑦𝑑 𝑓𝑦𝑑
tau è T diviso l’aria netta dei bulloni e deve essere minore uguale di se usate Von Mises, altrimenti
√3 2
se uso Tresca.

Quindi la verifica dei bulloni l’abbiamo fatta. Ma perché abbiamo diviso la forza per il numero dei bulloni?
Chi ce lo dice? In realtà è proprio un l’ipotesi che si fa, ovvero, stiamo ipotizzando che ogni bullone si becca
la stessa aliquota, non è strettamente detto ma in genere è vero. Quindi escludendo casi particolari, ci
siamo sempre posti nel caso in cui valga l’ipotesi della piastra rigida e bullone deformabile.

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