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Termodinamica

13/05/2021.
Abbiamo terminato la parte e gli approfondimenti sulla conduzione e
come vediamo oggi iniziamo e ci dedicheremo alla convezione. La
convezione da un lato si può vedere in un modo molto semplice,
pensiamo alla relazione vista con cui calcoliamo il flusso ceduto per
convezione che altro non è che il coefficiente alpha per la superficie
per la differenza di temperatura ΔT e quindi la relazione è semplice. La
convezione o la si tratta in modo semplificato, o se si va sul dettaglio
diventa un problema spinoso a cui si dedicano corsi interi di
magistrale o dottorato ed alcuni elementi della convezione per quanto
riguarda lo scambio termico e/o del moto del fluido sono ancora
oggetto di ricerca e quindi la scelta che si pone a chi deve cercare di
introdurre le persone a questo fenomeno è quello di cercare di
semplificarvi le cose il più possibile e quindi fare delle
approssimazioni, essere un po' imprecisi con l’obbiettivo di alternare
parti discorsivi e delle serie di formule. La parte discorsiva è quella più
importante e servono a spiegare la complessità di quello che stiamo
cercando di spiegare, le formule servono semplicemente per dirci
(quindi dimostrazioni non ve ne sono molte, tranne solo quando
facciamo un discorso sull’approccio dimensionale non ve ne sono) e le
formule che vi sono vogliono rappresentare semplicemente un
esempio di tutte le formule che dobbiamo scegliere per calcolare
alpha, perché tutto il discorso della convezione mira proprio su come
dover calcolare quell’alpha, perché quella formula è molto semplice e
quindi obbiettivo è come portare una persona che non ha mai
affrontato il problema a saper scegliere la corretta relazione per
calcolare alpha e poi utilizzare alpha per calcolare il flusso. Per poterla
sceglierla correttamente bisogna sapere di che cosa stiamo parlando e
quindi la parte discorsiva serve a dire quale è il problema, ovvero la
convezione, e si ha solo quando si ha una interazione fluido-parete con
moto relativo: un fluido fermo ed una parte adiacente al fluido non è
esempio di convezione. Se tutte le particelle del fluido non si muovono
abbiamo della conduzione, la convezione esiste solo quando vi è moto
relativo e quindi il fatto che vi sia moto, ovvero scambio della quantità
di moto, fa sì che lo scambio termico ne risulti in qualche modo
cambiato rispetto a quello che è l’assetto in quiete e non è solo lo
scambio termico che ne risulta cambiato dal fatto che vi è il fluido in
moto, ma è anche il moto del fluido che risulta perturbato ed alterato
dal fatto che vi sono dei gradienti di temperatura e quindi capiamo che
abbiamo un fenomeno legato al fatto che vi deve essere una differenza
di temperatura perché sennò non vi è scambio termico, se vi fosse solo
il delta T e tutto fosse fermo allora parleremmo di conduzione, nel
momento in cui ho un moto e poi lo vedremo perché ce l’ho e che cosa
lo causa, allora io parlo di convezione e so che da un lato lo scambio di
energia termica viene influenzato ed il moto è influenzato dal fatto che
vi è scambio di energia termica. Le equazioni sono quelle che noi
sappiamo, non è che ve ne sono altre, dobbiamo scrivere
conservazione della quantità di moto, conservazione dell’energia, solo
che non dobbiamo scriverle come le abbiamo scritte in termodinamica
per il corpo omogeneo, dobbiamo tenere conto di tutti i gradienti di
velocità e di temperatura che vi sono in questi casi e quindi dobbiamo
scrivere una equazione differenziale, abbiamo già visto quella della
conduzione come è quando usciamo dalla visione semplificata del
corpo omogeneo e quindi ci ritroviamo a risolvere un sistema di
equazioni differenziali complicato. Noi cerchiamo di capire ma
rimanendo in una visione semplificata, ma per capire dobbiamo
parlare prima di moto del fluido e poi di scambio termico. Per quanto
riguarda il moto del fluido, l’elemento che caratterizza un fluido altro
non è che la viscosità. Ora, per rendersi conto che un fluido è viscoso,
uno degli esperimenti più semplici che si fanno per dimostrare
appunto la viscosità e che cosa è, è proprio quello che vediamo
rappresentato nella figura:
quando andiamo al mare o in una piscina ed usiamo le tavolette per
nuotare ed ipotizziamo che l’acqua sia calma e non vi sia nessuno e
quindi l’acqua è in quiete, noi appoggiamo la tavoletta e poi iniziamo a
tirarla, ovvero applichiamo una forza F a quella tavoletta, che cosa
succede? Se non vi fosse viscosità, la tavoletta scivolerebbe sulla
superficie dell’acqua senza alterarla, ovvero la superficie rimarrebbe
così come, se il fluido è viscoso, l’acqua lo è e quindi proprio perché è
legata alla viscosità, il primo strato di fluido a contatto con la tavoletta
in realtà aderisce alla tavoletta e quindi si porta ad essere solidale con
la tavoletta e quindi sposto la tavoletta ed il primo staterello di fluido,
lo strato che ha aderito alla tavoletta è in grado di trasmettere allo
strato sottostante che in realtà si sta spostando e non solo glielo
comunica, ma tende anche a trascinarlo e quindi mette in movimento
anche quello che a sua volta mette in movimento quello sotto e così
via. Ma questo non è uno spostamento solidale, ovvero come se fosse
un corpo solido, rigido, in cui io sposto tutto alla stessa velocità, ma vi
è la capacità di dire guarda che mi sto spostando, e quindi di
trascinare ma non completamente. Questo vuol dire che se io mi
sposto in verticale partendo dalla tavoletta ed andando verso il fondo
mano a mano la velocità diventa sempre più piccola, ovvero io
continuo a trascinare ma sempre un po' meno e sempre un po' meno,
fino a quando arriviamo sull’altra parte, sul fondo della vasca, dove
l’acqua aderisce al fondo della vasca che è una parete ferma e quindi
noi trascinando riusciamo a generare una situazione di questo tipo in
cui il primo staterello si muove con la velocità della piastra e l’ultimo
strato è fermo e quindi abbiamo un profilo della velocità lungo y,
ovvero in direzione ortogonale a quello che è il movimento. Questa è
l’effetto della viscosità e quindi se vi è questo il fluido è viscoso e
quindi ha la capacità di trasmettere degli sforzi tangenziali, anche in
parte, perché vi è scivolamento relativo, ma non è che uno scorre
sull’altro senza che l’altro se ne accorga e quindi vi è una capacità di
trasmettere degli sforzi tangenziali e questa capacità è legata alla
viscosità e tanto è vero che se noi guardiamo la slide successiva
troviamo una definizione più rigorosa di viscosità, che è la viscosità
dinamica quella che noi ora stiamo considerando e vediamo la prima
relazione che è solo il riassunto di quello che abbiamo detto, ma se la
scriviamo in termini matematici rigorosi, notiamo che lo sforzo
tangenziale su quel piano non è altro che la viscosità per il gradiente di
velocità che si va ad originare.

Le dimensioni della viscosità nella slide sono spiegate molto bene e vi


sono tutti i passaggi per ricavarlo e vediamo che posso scriverlo come
Pa*s o come kg/(m*s), oltre alla viscosità dinamica che è quella che
abbiamo introdotto qua, spesso si usa la viscosità cinematica che altro
non è che quella dinamica diviso la densità e quindi se noi partiamo da
questi kg/(m*s) e dividiamo per una densità vuol dire moltiplicare per
un volume specifico che in termini di unità di misura stiamo
moltiplicando per m3/kg e quindi il kg su kg va via, m3 su m fa m2 e la
viscosità cinematica ha una unità di misura che sono m2/s.
Normalmente questa è una proprietà che viene normalmente fornita e
non è detto che sia costante, può essere una proprietà che dipende
dalla temperatura e dalla pressione, però è una proprietà che
normalmente troviamo andando su un testo o comunque se andiamo
in una biblioteca o su internet lo troviamo.
Qua abbiamo semplicemente il fatto che se ci spostiamo da un piano
allo spazio, abbiamo un tensore degli sforzi e gli sforzi tangenziali
vanno letti in quello spazio tridimensionale, ma noi non useremo
questo dettaglio, è solo un memo.

Oltre a parlare di moto dei fluidi, oltre a parlare di viscosità un altro


elemento importante è chiedersi sostanzialmente come si comporta o
quale tipo di moto vi è in un fluido che percorre un condotto, quando
io cambio la velocità all’interno del condotto del fluido e questa analisi
venne fatta risalire a Reynolds e la figura vuole ricordare un periodo
storico rispetto cui questi esperimenti venivano fatti, oggi sicuramente
condurremmo tali esperimenti in maniera diversa, però se facciamo
riferimento a questa figura il riferimento è quello di avere un condotto
trasparente in cui vi scorre un fluido che poi scaricherò. In questo
flusso io vado ad inserire una quantità di fluido colorato che viene
inserito insieme all’altro flusso e quindi venivano entrambi all’interno
di questo condotto e potevo vedere che cosa succedeva e quello che
succedeva era sostanzialmente quello che vediamo qui, nei tre casi a, b
ed c.
Inizialmente quando la velocità era entro un certo valore, si notava
che il fluido colorato non si miscelava con l’altro fluido e quindi era
come se tutti procedessero paralleli e quindi come se tutte le velocità
erano parallele tra di loro e non davano luogo a nessun
rimescolamento, alzando la velocità invece si entra nel caso b dove un
primo periodo di ingresso incomincia a rimescolarsi e quindi questa è
una situazione di transizione rispetto alla situazione in cui aumento
ulteriormente la velocità ed arrivo al caso c dove abbiamo completo
rimescolamento, nel senso che le velocità e quindi quel fluido colorato
ci permette di osservare come l’aumento di velocità provochi dei veri
e propri vortici e quindi un rimescolamento importante nel fluido e
questi vortici sono quelli che noi chiamiamo come zona turbolenta e
quindi il moto del fluido è turbolento, nel caso a dove tutte le velocità
sono parallele invece parliamo di moto laminare. Ora questo è quello
di cui si prendeva atto con questa osservazione sperimentale. Ora
Reynolds è un nome che nella fisica ha una certa importanza, ha anche
capito che questo discorso era collegabile ad un discorso di forze di
inerzia e forze viscose appunto e proprio questo rapporto tra queste
due forze, dà luogo ad un rapporto tra numeri che dà un numero
adimensionali che sappiamo cosa è e questo numero prende il nome di
numero di Reynolds. Quando le forze viscose sono preponderanti,
ricordiamo che la viscosità era quella che permetteva di trascinare i
filetti l’uno all’altro, i filetti erano allineati e quindi si comportano nel
modo che avevamo descritto, il tutto è concatenato in modo regolato
quando prevale la viscosità. Quando invece prevale l’inerzia rispetto
alla viscosità si originano questi comportamenti che dietro cosa
hanno? Beh, se pensiamo che dietro abbiamo le velocità delle singole
particelle del fluido, nel caso a io immagino di avere delle velocità
tutte parallele, nel caso c io sicuramente vedo delle velocità in cui il
valore medio è diretto lungo l’asse del condotto perché il fluido sta
andando avanti non è che si è fermato , ma localmente se vado ad
osservare la velocità osservo la velocità diretta in locazioni strane, ad
esempio verso l’alto, verso il basso e così via e quindi anche la
rappresentazione da un punto di vista del vettore velocità risente di
queste considerazioni, andando a dire che il vettore velocità
chiaramente ha tre componenti che sono vx, vy e vz, ma ognuna di
questi componenti la posso immaginare fatta da una componente
costante diciamo che è questa segnata con questo tratto superiore più
una componente casuale:

ora nel moto laminare quella componente casuale è zero e quindi ho


solo questi valori medi costanti, nel moto turbolento istante per
istante quelle componenti che hanno questo apice sono diverse da
zero e caratterizzano localmente il vettore velocità. Quindi siamo in
grado di calcolarle queste componenti? Anche qui vi è una grande
concentrazione della ricerca, i modelli di turbolenza se noi cerchiamo,
troveremo che vi sono quantità di lavoro enormi, perché per capire
che cosa fa la particella servono quantità di calcoli enormi, ma
talmente dettagliato che poi cosa riesco a descrivere come sistema?
Neanche un bicchiere di acqua e quindi la potenza di calcolo limita la
quantità di materia che riesco a descrivere e quindi per studiare i
sistemi più grandi devo rinunciare alla considerazione atomica o
meglio molecolare e quindi in questo caso del moto laminare e
turbolento significa che ho delle velocità che si comportano in maniera
molto diversa.

Il numero di Reynolds è quello che ci permette di vedere o di capire il


passaggio dalla situazione a ad quella c e quindi quel passaggio vuol
dire che il numero di Reynolds è aumentato e la situazione intermedia
b mi va a definire quello che io chiamo come numero di Reynolds
critico, ovvero fino a quel numero lì ho una situazione laminare, oltre
quel numero di Reynolds ho una situazione turbolenta. Quanto vale
questo numero di Reynolds critico? Dipende dalla situazione che sto
studiando, se studio un moto confinato, ovvero il fluido scorre
all’interno di pareti che ne confinano totalmente il movimento, allora
il numero di Reynolds critico è 2500 ma in realtà spesso si parla di una
zona di transizione definita da Reynolds che va da 2500 a 4000 e
quindi in quella zona per quei numeri di Reynolds si dice di essere in
una zona di transizione ma non necessariamente siamo in regime
turbolento, però per fare gli esercizi e quindi per capire se dobbiamo
applicare la relazione per turbolento o per laminare utilizziamo il
valore di 2500, a meno che nell’esercizio non vi sia precisato e quindi
allora usiamo il Reynolds critico fornito dall’esercizio, in mancanza di
informazioni usiamo 2500. Ora, questo diciamo per quanto riguarda il
moto del fluido che è una parte della convezione, perché la convezione
è la situazione in cui un fluido è in moto relativo rispetto ad una
superficie. Che cosa succede quando il fluido incontra la superficie?
Immaginiamo dell’aria, di prender un ventilatore e vi sarà dell’aria che
si muove in uno spazio aperto indisturbato e, poi arriva sul tavolo. Il
fluido che arriva a lambire il tavolo aderisce al tavolo ed incomincia
quel discorso della tavoletta. Lo strato che lambisce il tavolino si
ferma, lo strato sopra per via della viscosità incomincia a rallentare e
trasmette questo effetto allo strato di sopra e così via, però con effetto
diminuito, quindi se il primo si ferma, l’altro va un po' più piano, però
a mano a mano la velocità tende ad essere vicina a quella che ho prima
di incontrare il tavolo. Quello che ho prima di arrivare al tavolo
normalmente prende il nome di zona indisturbata, la velocità che il
fluido ha prima di incontrare il tavolo in molti testi viene indicata
come v∾, ma noi qui nelle slide lo indichiamo come vf. Quello che
stiamo dicendo legato al tavolo avviene anche sulla superficie
terrestre che è una superfice lambita da un fluido ed esiste questo
fenomeno, ovvero vi è una parte di aria, di atmosfera terrestre che
risente della superficie terrestre ed una parte che viaggia senza
sentire l’effetto della superficie terrestre. Questo strato di fluido in cui
io vedo che il fluido ha cambiato comportamento perché risente della
superficie prende il nome di strato limite e quindi anche sulla
superficie terrestre esiste lo strato limite ed è all’interno dello strato
limite in cui abbiamo una modifica dello stato di moto, fuori dallo
strato limite, la corrente continua e non si accorge che vi è la parete e
quindi che cosa avviene dentro lo strato limite? Dal punto di vista
delle velocità abbiamo un rallentamento progressivo, un
rallentamento; a mano a mano che salgo e a mano a mano che salgo la
velocità tende ad essere quella della zona indisturbata. A mano a mano
che vado avanti, la zona “disturbata” tende ad essere maggiore e la
zona con velocità più alta cresce rispetto a questa parte che si è
fermata e quindi diventa prevalente e quindi all’inizio è prevalente che
si ferma, perché della parte interessata è quella subito sopra che
sentirà, quando io sono all’inizio gli staterelli interessati saranno non
so 7,8 e così via, quando vado avanti chiaramente gli staterelli
interessati dall’interazione saranno molto di più. A mano a mano che
salgo ad interessare, anche la velocità, la parte che tende ad
avvicinarsi alla velocità dello strato limite tende ad aumentare e
quindi complessivamente la velocità dentro lo strato limite sta
aumentando, ad un certo punto da comportamento laminare il moto
all’interno dello strato limite diventa turbolento e quindi all’interno di
questo strato avremo quei vortici.

Ora cosa vogliamo evidenziare con questa slide? Vediamo che qui
abbiamo dphi uguale ad alpha dA per una differenza di temperatura e
poi ci dice che se vogliamo calcolare tutto il flusso devo fare una
operazione di integrazione e quindi sia alpha e sia i coefficienti di
scambio termico convettivo e sia le temperature non necessariamente
sono costanti sulla superficie e quindi per fare un calcolo rigoroso
poniamoci la domanda se il nostro alpha non cambia sulla superficie in
cui avviene la convezione e se le temperature non cambiano sulla
superficie evidenziata. Ovviamente questa è una sollecitazione a noi
ad essere sempre molto attenti, gli esercizi che faremo diventerebbero
troppo complicati se dobbiamo fare anche gli integrali, tratteremo
prevalentemente valori medi, quindi tratteremo alpha pensando che
sia quello medio, le temperature saranno quelle medie e quindi la
relazione da utilizzare ritornerà quella banale, con un alpha che sarà
un valore medio e quindi ora dobbiamo vedere come calcolare questo
alpha che può dipendere da tutte queste grandezze o situazioni: dal
tipo di fluido, dalla velocità tra parete e fluido, dipende dalla
temperatura e pressione del fluido ed anche dalla geometria intesa
come forma della parete e rugosità della parte, perché aumenta o
meno quei moti di rimescolamento di cui abbiamo parlato o li facilità.
Si è soliti fare anche una classificazione delle diverse situazioni che ci
si presentano. La prima l’abbiamo già fatta cioè la convezione avviene
in moto laminare o in moto turbolento, poi si può distinguere se la
convezione è forzata o naturale, ovvero se il moto del fluido sulla
parete avviene in maniera forzata perché vi è una pompa, un
ventilatore che sta spingendo e quindi forzando quel fluido, oppure è
naturale nel momento in cui il movimento del fluido ha origine da
gradienti di densità che si instaurano per le differenze di temperatura.
La famosa intercapedine nella parete multistrato con mattone,
isolante ed intercapedine, abbiamo fatto un problema di conduzione e
se vi fosse lì l’intercapedine tra gli starti considerati, noi abbiamo
messo una resistenza conduttiva, quindi come se l’aria all’interno delle
intercapedini fosse ferma e quindi vi fosse solo conduzione, ma molto
probabilmente vi sono delle differenze di temperature tra le facce
dell’intercapedine o anche originate da altri effetti e quindi all’interno
di quell’intercapedine l’aria non è ferma ma si muove sicuramente
legata a fenomeni naturali. Ovviamente quando si fanno i calcoli di
queste cose se ne tiene conto, quando facciamo i calcoli della potenza
dispersa attraverso la parete. Altra classificazione che si può fare
parlando di convezione è se la convezione è legata ad un deflusso
interno o esterno: interno è il caso tipico di quel moto di fluido
confinato come all’interno di un canale o di un condotto e quindi il
fluido si muove ma è delimitato dalle pareti, diverso è il caso della
lastra piana come quello del tavolo o della tavoletta sul mare, o il caso
della terra, dove la superficie è lambita dal fluido, ma il fluido
comunque non ha qualche cosa che lo sta limitando e quindi lo strato
limite può crescere quanto vuole ed avrà un suo sviluppo in base al
fenomeno, ma non vi è qualche cosa che lo limita in base alla sua
altezza e quindi in questo caso parliamo di convezione con deflusso
esterno.

Incominciamo a guardare da vicino il deflusso esterno su lasta piana


ed il deflusso interno che per noi è all’interno di un condotto. Iniziamo
a descrivere di più quello che avviene.
Immaginiamo di avere un fluido in una zona indisturbata che stia
procedendo con velocità vf e vediamo questi filetti di fluido con
velocità tutte parallele, come il caso dell’aria che incontra il tavolo. Qui
il fluido inizia a sentire la lastra e quindi a questo livello, questo è il
primo straterello che sente la lastra e si ferma, in quel momento solo
quella ascissa sente la lastra, subito dopo anche quello sopra risente
del fatto che quello sotto non si è fermato e quindi vi è quella famosa
trasmissione attraverso la viscosità e quindi vi è una forza tangenziale
che viene esercitata sullo strato superiore e quindi la zona che risente
della presenza della lastra inizia ad essere il secondo e poi il terzo, poi
il quarto e così via e quindi questa linea sta rappresentando (viola) la
zona di fluido che a mano a mano risente della presenza della lastra;
sopra a quella linea abbiamo ancora il fluido come era nella zona
indisturbata, ovvero è un fluido che continua a viaggiare con velocità
vf e non risente della presenza della lastra. Ovviamente a mano a mano
che andiamo avanti questa zona si sposta sempre più in alto, perché
trasmetto da uno strato ad un altro strato più alto e così via. Da un
punto di vista delle velocità all’interno della zona disturbata abbiamo
che se io mi muovo per esempio a questa ascissa x, mi muovo in
verticale, a contatto con la lastra la velocità è zero e poi a mano a
mano aumenta ed il profilo delle velocità, lo si può dimostrare ma noi
non lo faremo, è di tipo parabolico. Ora il tema è che la velocità a mano
a mano cresce e allora quanto dico che sono al termine della zona
interessata, quando sono al limite dello strato limite? Quando trovo la
velocità esattamente uguale a vf? Beh, attenzione che una volta che
sono fuori dallo strato limite ne ho tante di particelle che viaggiano a v f
e quindi posso trovare anche quella sopra senza accorgermene e
quindi è difficile stabilire quale sia la prima particella ad avere la
velocità vf. Allora quello che si fa in realtà è dire che lo strato limite
finisce quando io arrivo a trovare una velocità che è il 99% di quel v f e
lì faccio finire lo strato limite perché quella la riconosco bene. Quindi
l’ultima freccia gialla che noi andiamo ad osservare nel profilo di
velocità coincide con la velocità alla fine dello strato limite, ovvero al
99% di vf e quindi lo strato limite è quella zona in cui le velocità vanno
da 0 al 99% della velocità della zona indisturbata ed in questo modo
definisco l’estensione dello strato limite. A mano a mano che procedo
lungo x abbiamo detto più volte che l’altezza dello strato disturbato
ovviamente tende ad aumentare e quindi questo vuol dire che se io
rifacessi qui il profilo ritroverei sempre più parti con velocità elevate
rispetto alle parti con velocità basse e questo vuol dire che
complessivamente questa velocità sta aumentando come valore medio
e ad un certo punto questo aumento di velocità fa in modo che le forze
di inerzia diventano prevalenti rispetto alle forze di viscosità e quindi
avremo una regione di passaggio (figura b dell’esperimento di
Reynolds) e poi entriamo nella zona turbolenta dove come vediamo
continua ad aumentare la zona dello strato limite, ovvero che risente
della lastra ed il profilo di velocità questa volta non è più parabolico,
bensì è un’esponenziale molto ripida e quindi è quasi costante per
capirci, tranne in uno staterello vicino alla parete dove il
comportamento continua ad essere laminare e quindi anche nel
comportamento turbolento, noi abbiamo una zona detta sottostrato
laminare che è un piccolo strato vicino alla parete dove il
comportamento continua ad essere laminare ed il profilo di velocità
continua ad essere parabolico, ma questo strato è così piccolo che
comunque quella parabola la si approssima con un segmento di retta e
quindi si fa un profilo rettilineo delle velocità e questo riguarda
appunto allo strato limite delle velocità.

Qui il discorso è molto simile a quello fatto appunto per lo strato limite
delle velocità: parallelamente a quello, esiste una zona del fluido che
sta muovendosi e quindi arriva a contatto con la parete e si genera una
zona dove dal punto di vista delle temperature il fluido risente della
presenza della lastra e quindi la zona si presenterà nello stesso modo,
con profili di temperature che di nuovo hanno un andamento
parabolico, più esponenziale nelle due zone, quello che qui non
succede è che la temperatura Tp è quella della lastra e il primo
straterello di fluido che si ferma non è che si porta a Tp subito, cioè
quello che si ferma scambia con una parte che è a Tp ed essendo fermo
scambierà per conduzione e quindi tra la superficie della parete ed il
primo strato di fluido abbiamo conduzione, poi sopra abbiamo quelli
in movimento e qui il caso è quello in cui la temperatura del fluido sia
superiore alla temperatura della parete e quindi la temperatura della
parte è questa e a mano a mano che mi muovo in verticale troverò
tratti di fluido a temperatura superiore, fino ad arrivare non proprio a
Tf ma ad un valore limite che fissiamo per trovare la zona che risente
della presenza della parete. Vogliamo fare notare la differenza tra la
zona laminare e quella turbolenta, nel senso che nella zona laminare
quello che si ferma scambierà per conduzione, gli altri dato che hanno
velocità relativa diversa, arrivano sullo strato superiore che viaggia
più veloce si rinnovano parti di fluido che arrivano dalla condizione
indisturbata e quindi più caldi e vengono a contatto con quelli più
freddi e quindi il delta T è un delta T che si rinnova continuamente:
immaginiamo quindi che il primo strato si ferma e quindi scambia con
la parete per conduzione, quello sopra invece a transitargli, non va a
velocità che aveva nella zona indisturbata ma si muove e quindi sopra
a questo fermo arriva fluido che risulta caldo nel senso che mano a
mano che va avanti ovviamente si raffredderà perché cede a mano a
mano calore alla parete, ma risulta caldo e quindi questo rinnovo di
fluido da un contributo allo scambio che è diverso a quello che
avremmo nel caso in cui tutto fosse fermo. Noi ci ricordiamo che la
condizione della conduzione è che tutto stia fermo e quindi io prendo
un fluido con temperatura Tf lo metto sopra una lastra e lo lascio lì
tutto fermo e quello è la conduzione e lo scambio termico è solo
conduttivo, parlo di convezione quando ho movimento e la convezione
genera un rinnovo di fluido, con dei delta T che sono ben diversi dal
fatto di lasciare lì il fluido. Andiamo alla zona turbolenta, dove le cose
diventano ancora più interessanti, perché mentre io prima ragiono
comunque con un filetto che viaggia parallelo all’altro e quindi uno
strato può comunicare solo con quello superiore, quando arrivo alla
zona turbolenta, anche se la direzione principale rimane sempre
quella, il fatto di essere in una zona turbolenta comporta il fatto di
avere particelle che hanno delle velocità verso l’alto, verso il basso e
quindi una particella che magari prima era a contatto con la parete o
vicina alla parete e quindi a temperatura più bassa, grazie alla
turbolenza inizia a salire e si trova a contatto con la parte del fluido
più calda, anche se lei è fredda e quindi il delta T mi diventa molto più
grande rispetto a quello che avrei se lasciassi solo i filetti di fluido e
quindi un delta T più grande aiuta lo scambio termico, ovviamente
questo non vuol dire che la conduzione è migliore della convezione
per capirci, però stiamo dicendo che la convezione avviene grazie
anche a questi meccanismi e quindi al fatto di portare particelle fredde
in zone dove abbiamo delle particelle calde e quindi al fatto comunque
di avere dei gradienti importanti.
Quindi questo è diciamo l’altro caso, solo per chiudere vediamo il caso
in cui la temperatura della parete è superiore a quella del fluido, ma
non vi è molto da aggiungere, ovviamente i profili di temperatura
cambiano. Inoltre qui possiamo vedere come posso definire l’altezza
dello strato limite: facendo il rapporto tra Tp, T che è la temperatura
che io ho lungo lo strato limite ed al denominatore faccio la differenza
tra Tp e Tf e quindi questa T rappresenta l’ultima T dello strato limite
se il rapporto mi da 0,99 e così possiamo capire quale è l’altezza dello
strato limite. Le figure di strato limite di velocità e termica sembrano
identiche e quindi uno potrebbe essere portato a pensare che
coincidano: noi consideriamo che lo strato di fluido interessato dalla
presenza della lastra dal punto di vista delle velocità sia la stesso di
quello interessato dalla variazione di temperatura, in realtà non è così,
o meglio non è detto che sia così, poi potrebbe essere anche così, ma
può anche essere che abbiamo altezza diversa e quindi che le zone
interessate siano diverse.
Ora dovremo ripetere gli stessi ragionamenti di strato limite di
velocità e di temperatura nel caso di un condotto, ovvero nel caso di
flusso interno.

In questo caso consideriamo la sezione di un condotto e partiamo dal


caso sopra. Il fluido arriva dalla zona indisturbata ed incontra
l’imbocco del condotto e quindi in questo caso si deve arrestare su
tutti il contorno del condotto e quindi noi dobbiamo considerare che
quello che avviene su questo piano in realtà avviene su una
circonferenza intera e quindi abbiamo una simmetria circolare. Quindi
se qui abbiamo l’imbocco del condotto il fluido si arresta su tutta la
circonferenza di imbocco e fa nascere uno strato limite su tutta la
circonferenza e quindi questo andamento lo dobbiamo immaginare
che vi è su tutta la circonferenza e quindi su simmetria cilindrica. La
grossa differenza rispetto a prima è che nella lastra piana lo strato
limite poteva crescere senza essere limitato, adesso invece a mano a
mano che cresce in modo simmetrico, sta convergendo verso l’asse del
condotto ma questo avviene diciamo in modo simmetrico da per tutto
e quindi quando raggiunge l’asse tutte le parti lo raggiungono e quindi
non possono continuare a crescere perché hanno occupato tutto il
condotto. Quindi l’aumentare dello strato limite vuol dire sempre un
aumento simmetrico su tutta la circonferenza e quando raggiunge
l’asse del condotto non è che lo raggiunge da un solo lato, lo raggiunge
da tutte le parti e quindi tutto il condotto è occupato dallo strato limite
e quindi siamo arrivati alla parte a destra della figura in alto. Quindi
quando lo strato limite ha raggiunto l’asse del condotto e quindi
occupa tutto il condotto, prende il nome di moto completamente
sviluppato. Prima, la zona a sinistra si chiama zona di ingresso e se
dovessimo fare delle misure per capire quale è la velocità nel
condotto, è ovvio che dobbiamo cercare di andare nella zona in cui il
moto è completamente sviluppato, perché se per esempio prendiamo
la zona di ingresso e misuriamo la velocità, non è assolutamente
rappresentativa di quello che sta avvenendo nel condotto e questo
come vedremo è ancora è più vero nel caso di moto sviluppato. Perché
tra l’altro non è proprio rappresentativa? A sinistra ho la mia velocità,
che è la mia vf (ingresso del tubo) che è uguale lungo tutta la sezione e
quindi il fluido arriva indisturbato ed incontra la sezione del condotto,
se noi chiediamo di calcolare quale è la portata di un fluido di cui
conosciamo quale è la densità basta moltiplicare densità per velocità
per sezione ed abbiamo la portata in massa e quindi la portata che è
qui la possiamo scrivere come:
Se mi pongo il problema di calcolarmi nella sezione dove lo strato
limite inizia a formarsi (secondo profilo di velocità) la portata,
innanzitutto che portata devo trovare? Se chiamo G la portata, qui che
portata devo trovare? Diversa? No, ovviamente perché si rispetta la
conservazione della massa, quello che entra è uguale a quello che esce,
immaginiamo di avere l’acqua che è un fluido incomprimibile in cui la
densità non cambia, quindi in questa sezione abbiamo che la A è la
stessa, rho è la stessa, e questo vuol dire che la velocità media deve
essere uguale alla velocità di ingresso. Ora andiamo a vedere che
profilo di velocità ho: trovo che dove ho lo strato limite chiaramente la
velocità è più bassa della mia velocità che avevo inizialmente e quindi
questo vuol, dire che nella zona indisturbata in realtà qualche cosa è
cambiato rispetto alla vf che avevo prima, le velocità sono ancora
parallele, ma perché si conservi la portata se di lato ho la velocità
bassa ma la velocità media deve essere uguale a vf allora nella zona
indisturbata la velocità è aumentata perché sennò non aumento la
portata in massa e quindi questo vale fin quando non occupiamo
totalmente il condotto con lo strato limite ed anche qui avremo un
profilo di velocità che si può dimostrare essere parabolico e quindi
una parabola che ovviamente va a zero sulla parete ed ha il suo
massimo al centro. Quindi se io calcolo il valore medio di questa
velocità media della parabola, devo trovare che il valore medio è v f,
perché la parabola deve essere la stessa. Ora vediamo il secondo caso
in cui di nuovo il fluido raggiunge indisturbato la parete di imbocco
del condotto, ma lo strato limite prima di raggiungere l’asse diventa
turbolento, mentre nel caso precedente avevamo ipotizzato che lo
strato limite raggiungesse l’asse del condotto e quindi non potesse più
crescere quando eravamo ancora in condizioni laminari, ed infatti il
profilo parabolico era proprio legato al fatto che il profilo fosse
laminare, può succedere invece che prima che si raggiunga l’asse si
sviluppino le condizioni di moto turbolento, con quel sottostrato
laminare di cui abbiamo già parlato e quindi quando il moto è
completamente sviluppato, ovvero lo strato limite ha raggiunto l’asse
del condotto, ecco che noi abbiamo un profilo di velocità all’interno
del condotto molto piatto, non costante e quell’andamento quasi
lineare del sottostrato laminare. Se io mi chiedo queste velocità blu
che corrispondono ad una zona non inclusa allo strato limite, in realtà
una variazione l’hanno avuta, la velocità è aumenta per mantenere la
portata, nel caso però di moto turbolento quello che è interessante è
che se noi dobbiamo misurare la velocità, nel caso laminare non ci
basta mettere un sensore solo all’apice del profilo per capire la portata
nel condotto perché becchiamo la velocità massima e troveremo
quindi una portata più alta di quella reale ed infatti non si fa mai in un
condotto il calcolo della portata con un solo rilevo di velocità , si fanno
più misure in più punti e quindi si calcola il profilo soprattutto in
condizioni laminari; in condizioni turbolente essendo il profilo più
piatto, magari non mettendoci proprio al centro, riusciamo comunque
a trovare una velocità che è molto più rappresentativa e quindi con
meno punti riusciamo a capire quale è la portata, però a condizioni che
siamo in condizioni di moto totalmente sviluppato e normalmente
servono almeno otto diametri dall’imbocco per raggiungere tali
condizioni. Per quanto riguarda lo scambio convettivo è importante
avere in mente che lo strato limite si comporta in questo modo e
quindi esiste una zona oltre la quale in cui tutto il condotto è in
condizioni di strato
limite (dopo il punto
di moto
completamente
sviluppato). Discorso
analogo vale anche
per le temperature. È
ovvio qui che quando
è completamente
sviluppato, sia per lo
strato limite delle
temperature e delle
velocità, sì che allora
coincidono sicuramente qui, in quanto occupano tutto il condotto, non
è che vi siano altre zone in cui andare.
Ora noi dobbiamo andare a calcolare il coefficiente di scambio termico
liminare, ricordo che questo è il nostro obbiettivo. Per fare questo
calcolo e quindi ricavare il coefficiente, vi sono tre approcci: uno è
quello dell’analisi dimensionale che è l’unico che noi faremo, poi
abbiamo quello del metodo di similitudine che partono dal fatto che
quelle famose equazioni della conservazione della quantità di moto,
dell’energia scritte in forma differenziale, quando le vado a sviluppare
assumono una forma e struttura simile e questo fa sì che alla fine
possa legare alcuni parametri tipici del trasporto della quantità di
moto come il coefficiente di attrito che è fondamentale per calcolare il
lavoro di attrito, che nel caso in cui vogliamo per esempio progettare
la pompa che deve spostare l’acqua in un condotto applico la
conservazione della quantità di moto ma devo sapere quale è l’attrito
che l’acqua ha nello spostarsi lungo il condotto, quale è il lavoro di
attrito che devo vincere e quindi mi serve il fattore di attrito diciamo
che questa similitudine mi permette di legare il fattore di attrito a dei
numeri adimensionali (il fattore di attrito è a sua volta dimensionale)
a dei numeri adimensionali che invece nascono dalla soluzione del
trasporto dell’energia, ovvero dalla conservazione di energia ed infatti
vedremo che esiste un legame tra il numero di Nusselt ed il
coefficiente di scambio alla parete. Quindi diciamo che la similitudine
significa che vengono sviluppate in parallelo e vi sono delle condizioni
in cui entrambe le soluzioni possono essere utilizzate in maniera
sinergica e combinata. Ovviamente non aggiungiamo nulla di più
perché per poter andare avanti bisognerebbe introdurre le equazioni,
discuterle e così via. Oppure possiamo andare ad utilizzare modelli
analitici e numerici fondati sulla soluzione dei sistemi di equazioni
differenziali alle derivate parziali desunte da equazioni di
conservazione della massa, della quantità di moto, del momento
angolare, energia e da equazioni fenomenologiche e costitutive. Noi ci
concentreremo sul primo metodo, sull’analisi dimensionale che mira
ad identificare dei gruppi adimensionali che vanno a sostituire le
grandezze che sono caratteristiche del fenomeno, all’interno di uno di
questi gruppi adimensionali avremo il nostro alpha che è il nostro
obbiettivo e quindi l’obbiettivo diventerà come calcolare quel numero
adimensionale, dalla cui conoscenza posso calcolarmi alpha. Allora,
noi sappiamo che le grandezze SI che interessano qui sono lunghezza,
massa, tempo e temperatura e qui avendo il tempo, usiamo theta per
la temperatura.
In questa tabella troviamo una serie di grandezze fisiche e le
rappresenta sia in termini di unità di misura e sia in termini di
grandezze fondamentali, sappiamo come si fa ad arrivare, partendo da

queste unità di misura e quindi da queste dimensioni fondamentali.


Facciamo uso di questi elementi cardine della metrologia ed in
particolare modo se noi abbiamo una eguaglianza i due termini a
destra e sinistra devono essere omogenei, devono avere le stesse
dimensione, e se un numero è adimensionale l’espressione monomia
contiene prodotti, rapporti di grandezze fisiche che sono scelte in
maniera tale da far sì che tutte siano nulle. Qui ci sono alcuni numeri
adimensionali, abbiamo il numero di Biot, altri numeri adimensionali
che comunemente utilizziamo sono questi:
anche se poi ne introdurremo altri. Quelli che sono da sapere, per gli
altri possono essere forniti, ma per gli altri si ipotizza che
nell’esercizio noi sappiamo come vengono definiti e sono: Biot,
Nusselt, Prandtl e Reynolds, poi se riusciamo a ricordare Grashof tanto
di cappello, ma spesso diamo la definizione di Grashof se ne abbiamo
bisogno, ma sugli altri, quello si è importante vedere come sono
definiti. Biot è il rapporto tra resistenza conduttiva e convettiva, dove
però la conduzione era riferita alla conduzione del solido e quindi
questo lambda è quello del solido, se io prendo lo stesso rapporto ma
lo faccio nel fluido perché il primo strato del fluido è fermo e vi è la
conduzione allora arriviamo al numero di Nusselt che è la stessa
struttura solo che Biot fa riferimento a lambda del solido e Nusselt fa
riferimento a lambda del fluido e quindi per capirci, quando
parleremo di convezione e ci chiediamo come calcolare alpha il
numero che ci interessa conoscere è il numero di Nusselt, perché se io
conosco il numero di Nusselt e conosco il fluido e quindi conosciamo
in qualche modo lambdaf, e riusciamo a stabilire per esempio che
Nusselt vale 10, so quale è lambdaf, so quale è la lunghezza della lastra,
il diametro del condotto in cui avviene lo scambio termico e quindi
l’unica cosa che rimane è alpha che posso calcolarmi e quindi stiamo
spostando l’incognita da alpha ad un numero adimensionale che per
noi in questo caso è Nusselt. Poi a fianco troviamo anche il significato
fisico di questi numeri adimensionali, sempre il numero di Nusselt
chiaramente è resistenza termica conduttiva fratto quella convettiva.
Il numero di Prandtl è invece il rapporto tra quantità di moto e
diffusività termica in un fluido, ovvero è il rapporto tra il prodotto del
calore specifico a pressione costante per il coefficiente di attrito
dinamico, diviso la conduttività e Prandtl si usa per i fluidi. Il numero
di Reynolds che ci permette di capire se siamo in laminare o in
turbolento è dato da velocità per una lunghezza caratteristica (perché
a seconda di essere su lastra piana o condotto cilindrico quella
lunghezza cambia, nel caso del condotto cilindrico la lunghezza
caratteristica è il diametro) diviso la viscosità cinematica.
Quindi abbiamo introdotto alcuni numeri adimensionali, ma come
dicevamo, l’analisi dimensionale che è quella che noi andiamo ad
utilizzare cerca di andare ad identificare quali sono questi gruppi
adimensionali che ci servono per andare a descrivere il fenomeno.
Partendo dal fatto di sapere che io ho una serie di grandezze fisiche
che caratterizzano il fenomeno, ovvero che caratterizzano una certa
funzione che lega fra di loro queste grandezze e le grandezze che
caratterizzano il fenomeno della convezione, per noi sono queste:

Ovviamente il coefficiente alpha, la conduttività del fluido, il calore


specifico del fluido a pressione costante, la densità del fluido, la
lunghezza caratteristica del sistema, la velocità del fluido fuori dallo
strato limite chiamata v0 che era la vf di prima e la viscosità del fluido.
Quindi noi ipotizziamo che vi sia una equazione che lega fra di loro
queste grandezze, equazione che non conosciamo e queste sono
grandezze che caratterizzano il problema e questo lo diciamo perché
scrivendo le equazioni di conservazione della quantità di moto, di
conservazione di energia, ci accorgiamo che queste sono le grandezze
che compaiono dentro queste equazioni e quindi un conto è non
sapere nulla di queste grandezze, ma un altro conto è invece essere in
grado di saperle classificare. Cosa possiamo fare una volta capito
questo? Possiamo usare il teorema di Buckingham che ci dice che se
noi abbiamo appunto una equazione dimensionalmente omogenea fra
k grandezze fisiche che nel nostro sono 7 e ci muoviamo in un sistema
di unità di misura con p grandezze fondamentali che nel nostro caso
sono 4, allora quella equazione che lega le 7 grandezze fisiche, può
essere ridotta in una equazione non tra 7 grandezze fisiche, ma che
lega fra di loro k-p =7-4 numeri adimensionali e quindi tutto il
fenomeno della convezione che è legato a quelle grandezze elencate
possiamo arrivare a riassumerlo mediante un legame fra tre numeri
adimensionali. Ma quale legame? Questo metodo si chiama semi-
empirico perché questa parte si sviluppa così, teoricamente, con un
ragionamento, ma il legame vero e proprio tra questi tre numeri, li
devo trovare con degli esperimenti e quindi quello che noi facciamo è
vedere quali sono questi tre gruppi e vedremo come si fa
operativamente. Noi per le sette grandezze fisiche abbiamo scritto le
dimensioni, le riportiamo qua:

Ora se noi per esempio abbiamo detto che i numeri adimensionali che
andiamo a ricavare sono 3, adesso noi ci concentreremo solo su come
ricavarne uno, ma il metodo è valido per tutti e tre e nelle slide c’è per
tutti e tre, però la parte iniziale che forse qui non vi è, sta nel fatto che
io devo scrivere i miei primi tre gruppi adimensionali e devo ancora
capire quali sono e li lego a tre grandezze, una per ogni gruppo che
appaiono ad esponente uno e precisamente scelgo alpha per pigreca1,
per pigreca2 scelgo la velocità nella zona indisturbata e per pigreca3
scelgo il calore specifico. Dopodiché moltiplico questo alpha per le atre
grandezze che non ho considerato di quelle sette, ovvero il diametro,
conduttività, viscosità cinematica e densità e quindi come vediamo
ogni gruppo è il prodotto della grandezza che ho scelto io che voglio
che sia presente (ovviamente noi alpha lo scegliamo come primo in
modo tale che essendo senza esponenziale sia più banale ed
immediato da calcolare), dopodiché la serie di prodotti delle quattro
grandezze rimanenti, deve darmi un numero adimensionale e questo è
tutto in termini di dimensioni e quindi noi vediamo che io elevo a
quattro esponenti diversi le quattro grandezze che ho unito a quella
che ho scelto io, adesso devo tradurre questo prodotto in termini di
dimensioni e quindi devo dire da quali dimensioni alpha, D, lambda, ni
e rho sono descritte, perché io devo arrivare ad avere un numero che è
adimensionale che è quel pigreca1 e quindi devo, e qui noi andiamo ad
avere a livello dimensionale:

Se vado a considerare la massa per esempio, noi vediamo che la massa


una ha esponente 1, poi trovo la massa che ha esponente b1, poi ho la
massa che ha esponente d1 e io voglio che alla fine l’esponente totale
deve essere zero, ovvero la somma 1+b1+d1=0. Per quanto riguarda
il tempo abbiamo -3+b1-c1=0 e quindi noi capiamo che poi lo
facciamo per la temperatura e per la lunghezza. Per la temperatura ho
-1-b1=0 ed infine per la lunghezza abbiamo a1+b1-3*d1+2*c1=0.
Quindi qui troviamo che b1=-1 e se b1=-1 noi capiamo che io qui
ottengo che c1=0, se b1=-1 allora troviamo d1=0 e quindi d1 e c1=0
e troviamo che a1=1 e questo vuol dire che pigreca1 è allora
alpha*D^1*lambda^-1*1 perché c1 e d1=0. Questo pigreca1 è il
numero di Nusselt, perché lambda è quello del fluido e quindi questo è
il numero di Nusselt. Quello che abbiamo fatto per uno verrà fatto
analogamente anche per gli altri due:

Poi risolvendo le altre due equazioni con pigreca2 viene fuori


Reynolds e con pigreca3 viene fuori Prandtl e quindi esiste una
relazione che lega Nusselt, Reynolds e Prandtl e quindi Nusselt in
sostanza è una funzione di Reynolds e di Prandtl. Il come quale
funzione spesso si determina sperimentalmente. Il tipo di funzione da
cui di solito si parte per interpolare i dati sperimentali molto spesso è
la seguente:

Dove A è una costante ed anche B che come anche m ed n si


interpolano da risultati di esperimenti nei quali si misurano tutte le
grandezze. Questa parte sullo spiegare l’analisi dimensionale può
andare in una domanda aperta di teoria che comunque si può fare
anche a parole senza fare tutto questo tragitto. Negli esercizi
ovviamente non dobbiamo fare il sistema delle tre equazioni, tutto sta
nel conoscere questa ultima equazione e quindi mi calcolo Reynolds e
Prandtl, mi calcolo da loro due Reynolds ed infine mi calcolo da
Nusselt il valore di alpha e nella parte che rimane di lezione, come le
troviamo queste relazioni, anche perché non è immediato avere dietro
tale fenomeno che è tutt’altro che semplice. Però la struttura di base
su cui ragionare è proprio questa qua che abbiamo visto ed il motivo è
legata al discorso dell’analisi dimensionale e quindi da quelle sette
grandezze che caratterizzano il fenomeno, a questo punto dico bene, al
posto di quelle sotto so che posso fare un legame fra questi numeri
dimensionali, il vantaggio è che ne ho solamente tre, il vantaggio è che
dire che io che sto analizzando un certo numero adimensionale, vuol
dire che in realtà io sto analizzando tantissimi casi con un solo numero
perché sono tanti valori di alpha per D per L che combinati mi danno
sempre quel numero adimensionale. Quindi quello che dovevamo dire
sulla similitudine lo abbiamo già detto prima. Queste, solo a titolo
informativo, sono le equazioni differenziali di cui parlavamo:

Alcune equazioni sono vettoriali ovviamente. Questo Cf è il coefficiente


di attrito alla parete, ve ne sarà anche un altro che è quello di Darchy.

Allora andiamo a vedere quali sono queste correlazioni tra Nusselt,


Reynolds and Prandtl e le andiamo a vedere per ben tre diverse
situazioni: la prima è il caso di convezione forzata su lastra piana, poi
convezione forzata nel caso di moto interno e quindi su canali e
condotti ed il terzo caso è invece quello della convezione naturale.

Questa prima slide che troviamo in realtà non ci dice come calcolare,
ma ci dice che i numeri adimensionali che noi utilizziamo ad utilizzare
come Reynolds, Prandtl, il coefficiente di attrito alla parete ed il
numero di Peclet che altro non è che il prodotto di Reynolds per
Prandtl, questa slide ci dice che il numero di Reynolds, nel caso della
convezione forzata su lastra piana, hai il numero di Reynolds che
cambia mano a mano che ti sposti lungo la lastra, hai un numero di
Prandtl che è definito invece dal cp, dal lambda e dal miu e quindi qui il
tema sarà caso mai che se io ho un fluido in cui la viscosità, la densità
cambia con la temperatura, come la calcolo? Qui l’ipotesi è che il flusso
di fluido si rifaccia alle condizioni di fluido indisturbato e quindi
vediamo che quel V∾ compare che è la Vf di prima. Sul coefficiente di
attrito alla parete di Colburn non ci soffermeremo anche perché non lo
utilizzeremo molto. Quindi occhio che questi come valori cambiano a
mano a mano che ti sposti e se devi calcolare Reynolds ricordati che la
velocità da mettere è quella del fluido indisturbato, però attenzione la
velocità del fluido disturbato a mano a mano che mi sposto aumenta e
quindi Reynolds si alza e quindi ho sempre quella transizione da
laminare a turbolento. Quindi fatta questa premessa, se siamo in
deflusso laminare, noi possiamo calcolare il numero di Nusselt che è il
nostro obbiettivo con la seguente relazione:

Che numero di Nusselt è questo? Ha una certa x nella piastra e quindi


se noi lo vogliamo calcolare qui puoi dire quale è l’alpha in quel punto,
allora se tu vuoi considerare tutta la piastra allora devi pensare di
utilizzare un valore medio ed allora guardiamo questo che mi da un
valore medio tra ed x:

E se vuoi fare tutta la piastra metti x=L semplicemente. Quindi non


sono stravolgenti le relazioni. Allora perché fare tutte queste
relazioni? Ovviamente è necessario capire quale è il contesto, ma
senza quel contesto come riusciamo a capire quel pedice x che
significato abbia, quindi è bene capire quale scegliere, cosa
ovviamente che non è immediato. Queste relazioni non le dobbiamo
sapere, sia chiaro, se vi è un esercizio vengono date, magari ne
vengono date più di una e allora dobbiamo saperle scegliere.
Se siamo nel caso turbolento e misto, ovvero di transizione e vogliamo
calcolare il numero di Nusselt ad una certa x allora usiamo la seguente
relazione:

Però ci dice anche che dobbiamo trovarci in questo caso, noi vogliamo
localmente valutare alpha, ma dobbiamo avere Prandtl che deve
essere in quel range, altrimenti vai a cercare un’altra relazione ed
ovviamente anche qui, questo è quello locale nel caso di deflusso
misto, nel caso di deflusso turbolento parliamo di valore medio di
Nusselt e quindi del coefficiente di scambio termico convettivo con
questa relazione che ha le seguenti condizioni in basso da rispettare
per forza:

Dove Reynolds critico è 5*105 e quindi guarda che deve essere


superiore a questo valore per essere in condizioni turbolente, quindi
bisogna chiaramente saper leggere, perché bisogna capire se il nostro
caso è relativo ad un moto su lastra o su condotto, se siamo su moto
naturale o forzato, se il moto è laminare, misto o forzato, se i numeri
adimensionali rispettano le condizioni che ci sono e così via, il deflusso
misto avviene in una zona ristretta ed il fatto che qui non vi è un
valore medio per deflusso misto è solo legato al fatto che p una media
su uno spazio piccolo, ovviamente ciò non esclude che si possa
calcolare. Qualche volta potremmo trovare anche più di una relazione
che funziona e quindi tutto quello che ci stiamo dicendo è mirato a
portarci a questo tipo di approccio. Il metodo funzionerebbe anche
prendendo come grandezze iniziali nelle prime tre relazioni, solo che
otterremmo dei numeri adimensionali magari di cui non conosciamo il
nome. E comunque noi mettiamo alpha all’inizio, perché altrimenti
incorreremmo il rischio di ritrovarci alpha che compare magari al
denominatore ma con un certo esponente perché è il risultato di quei
sistemi che devo risolvere, diciamo che ce lo ritroveremo con una
potenza e quindi poi per ottenere alpha dovremmo fare la radice.
Passiamo ora ai condotti in cui la questione di temperatura e velocità
assumono significato totalmente diverso perché se qui il flusso è
totalmente sviluppato non avremo più la zona indisturbata e quindi a
cosa facciamo riferimento come temperature e velocità per calcolarci
ad esempio le proprietà dei fluidi? Noi qui facciamo riferimento alla
velocità media ed alla temperatura media. Il concetto qua è che noi
dobbiamo usare la velocità media nel condotto e la temperatura media
nel condotto, poi vi è uno sviluppo più rigoroso. Comunque, come fatto
per la lastra piana, andiamo a vedere quali sono i numeri
adimensionali che andiamo ad utilizzare ed osserviamo qua che
Reynolds la lunghezza caratteristica nel calcolo di Reynolds diventa il
diametro, anzi da per tutto la lunghezza caratteristica diventa il
diametro del condotto che stiamo studiando e dobbiamo fare
riferimento ad una velocità media:

Perché non vi è il pedice x secondo noi, perché non abbiamo un


Nusselt x? Dopo che il moto è completamente sviluppato è tutto
sempre uguale, ovunque io vado, non ha più senso parlare di una certa
x, mentre sulla lastra piana lo strato limite cresce anche quando il
moto è turbolento, nel condotto no, una volta che il moto è
completamente sviluppato è quello e basta, può essere completamente
sviluppato sia in moto laminare e sia in moto turbolento.
Questo coefficiente di attrito di Darchy è invece il coefficiente di attrito
che in assoluto ci interessa di più:

Ci interessa per fare un calcolo della caduta di attrito, ovvero della


caduta di pressione e quindi di quanto varia la pressione lungo x
riferita all’energia cinetica. Numero di Nusselt che per noi è di grande
interesse e la lunghezza caratteristica è diventata un diametro. Quindi
se siamo in deflusso laminare ed in moto completamente sviluppato e
quindi siamo con Reynolds inferiore a 2500, il coefficiente di attrito
sarà pari a:
Numero di Nusselt molto semplici, non vi sono neanche Reynolds e
Prandtl, ma viene fatta la distinzione fra numero di Nusselt areico di
parete costante e numero di Nusselt per temperatura di parete
costante:

Ci sta dicendo che se io prendo il condotto e qui vi è il fluido che


scorre, io posso avere tante situazioni, ma quelle a cui mi riconduco
come riferimento è che ho che la temperatura del condotto è costante
perché è un metallo e conduce bene e fuori ho sempre la stessa
temperatura e quindi posso dire che più o meno quella parete è a
temperatura costante e quindi la condizione che andrò a considerare
sarà la seconda, posso invece avere il caso in cui la quantità di scambio
tra questa parete ed il fluido è costante per ogni unità di lunghezza, in
cui trovo lo stesso flusso ed allora siamo nel primo caso, se invece il
moto è turbolento il coefficiente di attrito è più complicato da
calcolare e si ci rifà a Colebrook e White oppure ad un diagramma
sulle slide per il coefficiente di attrito detto diagramma di Moody, ma
per il calcolo di Nusselt e quindi di alpha vi è la famosa formula di
Dittus-Boelter:
In cui se la temperatura della parete è maggiore della Tm del fluido ed
è così e quindi Nusselt di nuovo legata a Reynolds ed a Prandtl, vi sono
queste condizioni da rispettare e questi esponenti. Questa L/D>10,
vuol dire che la lunghezza deve essere oltre i 10 diametri, cosicché
siamo sicuri che il moto è completamente sviluppato. Vi è anche la
formula quando la parte è più freddo del fluido e così via. Le proprietà
del fluido che dipendono dalla temperatura si devono calcolare alla
temperatura media Tm che è quella temperatura che definiva quella
slide. Infine l’ultimo caso è quello della convezione forzata, dove
abbiamo questo moto che avviene perché vi è la presenza di una
differenza di temperatura in tutte le stanze, a parte gli impianti di
ventilazione, ma anche se non vi è impianto di ventilazione, vi è
movimento di aria legata alla convezione naturale. Nella zona
indisturbata la velocità è zero e quindi il profilo di velocità nello strato
limite deve andare da zero nella parete a zero nella zona indisturbata
in quanto lì abbiamo solo aria ferma che è la condizione in cui non
risento della parete e quindi non risento di differenze di temperatura.
Anche qui i calcoli in questo caso passano per alpha e per il numero di
Nusselt dove Nusselt è calcolato attraverso questa lunghezza
caratteristica e quindi qui compare il numero di Grashof che si usa
solo nella convezione naturale e viene introdotto il numero di Riley
che è il prodotto tra Grashof e Prandtl ed è importante perché spesso
si usa questa combinazione al posto di usare altri numeri
adimensionali ed il numero di Grashof è quello che ci permette di
verificare anziché il numero di Reynolds il passaggio da laminare a
turbolento.

Quindi questi sono esempi che facciamo, la prima relazione è per


pareti verticali, la seconda è per pareti orizzontali ma che sono
riscaldate da un lato e raffreddate dall’altro e cambiano le relazioni e
quindi tra l’altro bisogna ancora vedere quando qui non si precisa la
condizione laminare e turbolenta e quindi comprendiamo questa
attenzione bisogna fare per calcolare la relazione corretta per Nusselt
e da Nusselt calcolare alpha:

Ovviamente cambiando la
sezione, abbiamo una
nuova transizione
ed un nuovo moto

completamente sviluppato.

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