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LEZIONE 10 6/04/2016

Oggi ci muoveremo dalle strutture alle singole sezioni. Dopo aver calcolato M,N e T passiamo a valutare le σ
e le τ; in particolare oggi e nella prossima lezione ragioneremo sulle σ. Cosa studieremo?

1)Passaggio dallo sforzo normale N alle σ

2)Passaggio dal momento flettente M alle σ.

Il discorso da fare a monte è un discorso già trattato nelle lezioni precedenti:


se abbiamo una struttura di questo tipo, ad esempio la trave di figura 1 e vogliamo fare una analisi
strutturale andremo a sostituire la struttura reale con il modello matematico

Fig 1.

Stiamo ragionando su una struttura monodimensionale. Cosa si intende per struttura monodimensionale?
E’ una struttura caratterizzata da una dimensione prevalente sulle altre due. Esistono strutture
bidimensionali, come lastre e piastre, in cui due dimensioni prevalgono sulla terza. A tal proposito
consideriamo il piano del tavolo che è chiaramente una piastra. Perché tale piano è una piastra cioè un
elemento inflesso?

Una lastra è un elemento caratterizzato da sollecitazioni nel piano: lo è tipicamente una lastra di vetro,
ma nell’istante in cui la carichiamo fuori piano diventa piastra anche essa.

Ritornando al nostro piano, la struttura ha due dimensioni prevalenti sulla terza ma perché non posso
immaginarla come una trave quindi come un elemento monodimensionale dove la base è molto grande
ovvero con B>>h? In teoria si potrebbe anche fare, ma c’è una differenza perché per un elemento
monodimensionale mi aspetto che si incurvi solo in una direzione quindi se carico mi aspetto che ogni linea,
ogni striscia si inflette allo stesso modo se ciò avvenisse allora sarebbe una trave ma nella realtà è possibile
che l’elemento si infletta in due versi ovvero è possibile che abbia una doppia curvatura. Nell’istante in cui
abbiamo questa inflessione:questo comportamento in due direzioni allora si parlerà di piastra se, invece, il
comportamento è in una sola direzione si parla di trave.

Quindi, per rispondere alla domanda: se fossimo in grado di far inflettere il piano a singola curvatura
potremmo approssimare tale piano ad una trave . E’ evidente che se metto un carico al centro si infletterà
in maniera diversa nelle due direzioni mentre, se metto un carico lineare e lungo tutto la larghezza del
piano (lungo tutta la base B della sezione trasversale) otterrò una trave.

Torniamo al nostro problema: come si passa da questo oggetto ad uno schema strutturale? Si sostituisce
questo oggetto con una linea la quale è l’inviluppo di una serie di punti che sono i baricentri delle varie
sezioni, cioè vado a dividere la mia struttura in varie sezioni, ne prendo il baricentro e li unisco. Nel caso di
strutture come travi con sezione costante e con forma regolare tale operazione è alquanto semplice e ne
viene fuori una retta.

Le operazioni successive sono:tirare fuori lo schema strutturale, mettere dei vincoli e quindi mettere dei
carichi e da qui ottenere dei diagrammi di M, N e T che sono funzione di x. Questo significa che, fissato un
sistema di riferimento su questa trave, se prendo una x qualsiasi sono in grado di esprimere M, N e T.
A questo punto note le M, N e T in x devo tornare sulla struttura e fare delle valutazioni che diventano via
via più puntuali cioè devo estrarre dalla struttura la sezione con ascissa x e di questa conosco M, N e T nel
punto in 1. Il passo essenziale da fare adesso è tirare fuori questo elemento.

ATTENZIONE fin ora ho tirato fuori un concio ovvero un elemento che aveva un certa lunghezza infinitesina
e lo abbiamo indicato con un rettangolo oggi, invece questo rettangolo, che tiro fuori, rappresenta una
sezione trasversale. Per evitare confusione con il concio, per disegnare la sezione trasversale andremo a
tirare delle diagonali e individuaiamo anche il baricentro.

Adesso conosciamo M, N e T nel punto 1 in quanto la linea strutturale non è altro che l’inviluppo dei
baricentri e quindi aver calcolato M, N e T su tale linea significa che quando torno nella sezione trasversale
avremo M, N e T applicati nel punto 1.

Per il momento limitiamoci a M e N lasciando T da parte.

N.B M e N dovrebbero essere disegnati entranti nel piano ma non avendo a disposizione una lavagna in 3D
verrano disegnati in tal modo (ribaltati nel piano della sezione).

Perché è importante precisare che M e N sono calcolate rispetto a quel punto e non rispetto ad un altro? Se
mi metto in 1’ che sollecitazioni ho? avrò la stessa N ma non avrò la stessa M perché c’è un trasporto e in
particolare avrò un M’ maggiore. Perché? Spieghiamolo al contrario: riesco a trovare il punto di
applicazione di N annullando la M? Si, si chiamerà centro di pressione ed è un punto traslato più in alto e
tale traslazione avviene ad una distanza M/N. Ora, la nostra quantità in 1’ sarà M’/N ed essendo N costante
si ha che M’>M. Se mi metto alla quota oltre il centro di pressione avrò una coppia M’’ che gira in verso
opposto. Solo alla quota del centro di pressione M = 0 mentre in tutti gli altri punti M è diverso da 0
Su questo concetto dobbiamo porre la nostra attenzione perché se avessi fatto l’inviluppo di altri punti
usciva un altro M infatti se fossi stato in grado di piazzare la linea strutturale sul centro di pressione avrei
avuto M=0. Tale discorso è stato trattato in una lezione precedente, ma rivediamolo:

1)

N Costante a qualunque quota


Quanto vale M nel punto evidenziato? Non vale 0 perché, rispetto al punto 1*, N ha braccio ed M varrà Ne
ovunque mi metto. Tale elemento sarà PRESSOINFLESSO cioè avrà una compressione ed una flessione. Ho

scelto razionalmente la linea d’asse e quindi la struttura è ben rappresentata.

2)
Decido di scegliere come linea d’asse l’inviluppo dei seguenti punti (non baricentrici) e diagrammo lo sforzo
normale e il momento. Avrò N costante ovunque mi metto, il momento flettente sarà pari a zero perché ho
un forza senza braccio. Questo mi porterebbe a dire, erroneamente, che tale struttura è puramente
compressa cioè si accorcia solo, ma nella realtà non è così perché se prendo la sezione rispetto al punto 1*
(il vero baricentro della sezione) ho una certa N ed una certa M=Ne, non ho fatto altro che trasportare N di
una quantià pari ad M/N cioè pari ad e.

Se mi metto nel punto distante e dal vero baricentro avrei avuto solo N ed un M pari a 0.

Ho le stesse condizioni: una volta ho valutato il tutto rispetto al polo 1* ed un altro rispetto al polo 2*.Le
caratteristiche sono sempre le stesse:

-N non cambia

-M può cambiare per effetto del “trasporto” infatti dalla prima analisi veniva M=Ne; dalla seconda M=0.

Il risultato però deve essere sempre lo stesso pertanto quando tiro fuori M ed N dall’analisi strutturale
devo tornare sulla singola sezione trasversale ed applicarli nel punto che era rappresentativo della linea
strutturale. Se non facciamo questo si prendono dei grossi abbagli.

Esiste il modo di trattare insieme M ed N ma noi non lo facciamo perché è più complicato. Pertanto,
tratteremo M ed N separatamente; è possibile fare ciò grazie al PRINCIPIO DI SOVRAPPOSIZIONE DEGLI
EFFETTI. E’ evidente che nell’istante in cui viene meno il principio di sovrapposizione degli effetti quanto sto
facendo è errato, ma lo capiremo la prossima volta. Un motivo per cui tale principio potrebbe venire meno
è che il materiale fessuri oppure plasticizzi cioè non è più elastico lineare. Perché? Banalmento sto dicendo
che M ed N applicati insieme li posso vedere come applicato prima M e poi N e sovrappongo quello che
succede.

Se il materiale fessura vorrà dire che quando è teso si rompe e non nasce mai una forza di trazione e quindi
non si genera coppia in quanto per generare una coppia serve sia una forza di trazione che una di
compressione. Quando una parte fessura, un pezzo di sezione salta, analogamente accade per un’altra
parte; quindi, ho studiato due situazioni con sezioni che cambiano perché fessurano in un certo modo e, di
conseguenza, quando vado a metterle insieme sto sommando due cose che hanno avuto due storie
completamente diverse. SOLO IN ELASTICITA’ LINEARE vale il principio di sovrapposizione degli effetti: la
struttura risponde sempre allo stesso modo, il suo comportamento non dipende da ciò che è successo un
attimo prima. Se do o meno una super sollecitazione alla struttura non ha importanza perché la stuttura
risponde sempre allo stesso modo.

Studiamo separatamente lo sforzo normale:

valutiamo il seguente sforzo normale:

cosa mi genera tale sforzo? Mi genera un diagramma di compressioni uniformi che è rappresentato in 3D

L’azione dovuta ai carichi esterni è equilibrata da questo diagramma delle pressioni; questo vuol dire che la
risultante è direttamente opposta ad N. In altri termini, la N , che è la caratteristica della sollecitazione che
viene dai carichi esterni, è direttamete equilibrata dal diagramma delle sigma su rappresentato e la
risultante dovrà valere proprio N (stesso modulo e punto di applicazione).

Come calcolo tale risultante? Andrò ad integrare:


∫ 𝜎 𝑑𝐴 = 𝑁 = ∫ 𝜎(𝑦)𝐵(𝑦)𝑑𝑦 = 𝜎𝐴
𝐴 −

Posso anche dire che il diagramma delle σ corrisponde al diagramma delle ε che sono le deformazioni
assiali. Come si passa dalla ε alle σ? Basterà moltiplicare per il modulo Elastico E. Mi accorgo che il
diagramma delle epsilon è costante proprio come lo era quello delle sigma infatti ho solo diviso per il
modulo E.

Che cos’è ε? È il limite dell’accorciamento per la lunghezza del tratto che tende a zero; quindi, dire che le ε
sono costanti significa che se prendo un concio, un piccolo blocco di trave (non più la sezione trasversale!)
ed applico uno sforzo normale, ogni fibra si accorcia della stessa quantità e quindi se le facce erano piane
all’inizio, nella cofigurazione indeformata, resteranno piane anche dopo. Questo va sotto il nome di
PRINCIPIO DI CONSERVAZIONE DELLE SEZIONI PIANE. Questo diagramma è lineare e nel nostro caso ciò è
ovvio, ma più avanti diventerà una ipotesi che chiameremo IPOTESI DI BERNOULLI.

È presente un ulterore effetto: EFFETTO DI POISSON 𝜀𝑡 = −𝜈𝜀𝑎

Coefficiente di Poisson: 0≤ν≤50%

per ogni ε assiale trasversalmente si avrà meno ν volte la stessa ε cioè avrò una espansione o una
contrazione trasversale che sarà variabile tra 0 e 50% di quella assiale . In altri termini, ogni fibra che si
accorcia o si allunga e che ha una sua 𝜀𝑎 avrà trasversalmente una deformazione di segno opposto pari a ν
volte quella assiale. Quindi, se accorcio, ogni fibra spancia trasversalmente o di 0 , se il valore di ν è 0, o fino
al 50 % di quanto si è accorciata.

Si può dimostrare che il 50 % corrisponde all’ incompressibilità cioè si ha la conservazione del volume.

NOTA vado a fare una struttura in calcestruzzo armato e quindi all’interno metto delle barre di acciaio
quindi con un materiale completamente diverso; cosa succede?

La prima ipotesi che si fa è che le barre siano in perfetta aderenza con il calcestruzzo cioè se il calcestruzzo
si accorcia di una certa ε le barre faranno esattamente la stessa cosa. In base a tale ipotesi possiamo dire
che l’acciaio ha la stessa ε del materiale che gli sta attorno. Indicheremo con εs la ε dell’acciao. Questo mi
permette di facilitare il calcolo.

A questo punto mi chiedo che σ ha? Per passare alla σ si dovrà moltiplicare per il modulo elastico, Es,
dell'acciaio. E’ intuibile che il modulo elastico dell’acciaio è diverso da quello del calcestruzzo e sarà più
grande. In particolare la sigma dell’acciaio sarà:

𝐸𝑠 ε=εs per l’hp di perfetta aderenza


𝜎𝑠 = 𝐸𝑠 ∗ 𝜀𝑠 = 𝜀 ∗ ∗𝐸 =𝜀∗𝑛∗𝐸 =𝑛∗𝜎
𝐸

La linea arancione sarà n volte più grande della linea blu in quanto ho moltiplicato la stessa ε per un
modulo che è n volte maggiore rispetto a quello del calcestruzzo. Posso fare un raggionamento che me la
𝜎
riaccorcia? Scopro che il pezzo blu è pari a 𝑛𝑠 cioè n volte più piccolo della vera 𝜎𝑠. Posso pensare di
moltiplicare la ε per lo stesso modulo del calcestruzzo e non per un modulo n volte più grande quindi
otterrò una σ che è n volte più piccola.
𝜎
σ= 𝑛𝑠

In tal modo riesco a far finta che i materiali che hanno modulo differente siano OMOGENEIZZATI quindi
trattati come il materiale base. Nel nostro caso l’acciaio è trattato come il calcestruzzo con la nota che la σs
che leggo sul diagramma è n volte più piccola della reale.

Aldilà di questa nota grafica adesso andiamo a ragionare meccanicamente:

Con l’aggiunta delle barre si ha: 𝑁 = 𝜎 ∗ 𝐴 + 𝜎𝑠 ∗ 𝐴𝑠 = 𝜎 ∗ 𝐴 + 𝑛 ∗ 𝜎 ∗ 𝐴𝑠


𝐴𝑠
A questo punto introduciamo un nuovo parametro:PERCENTUALE GEOMETRICA DI ARMATURA 𝜌 = 𝐴

N.B Con A è indicata l’area del calcestruzzo quindi a B*h, ma dovremmo andare a togliere l’area delle barre.

𝑁 = 𝜎 ∗ 𝐴 + 𝑛 ∗ 𝜎 ∗ 𝜌 ∗ 𝐴 = 𝜎 ∗ 𝐴(1 + 𝑛 ∗ 𝜌) = 𝜎 ∗ 𝐴𝑛
An

In definitiva adesso che abbiamo una sezione fatta da più materiali, se volessi calcolare il contributo di ogni
materiale dovrei fare quanto fatto sopra, ma riesco a inventare un’ area fittizia :An che battezzeremo AREA
OMOGENEIZZATA che è un’area composta da un mix di calcestruzzo e di acciaio (dove le aree geometriche
hanno “pesi” diversi).

Tale area non ha un senso fisico, non potrò mai andarla a misurare in quanto non esiste, ma presenta una
caratteristica molto importante:se andiamo a dividere N per tale area si otterrà la tensione del calcestruzzo
σ.

È possibile scrivere N anche nel seguente modo:

𝑁 = 𝜎 ∗ (𝐴 + 𝑛 ∗ 𝐴𝑠 ) (2)

N sarà dato da un materiale unificato che in realtà è somma di due, dove il calcestruzzo lavora con la sua
area vera pari ad A mentre l’acciaio lavoro con un'area n volte più grande il che è dovuto al fatto che
l’acciaio ha un modulo n volte più grande quindi il suo contributo è amplificato.

In questo modo è possibile vedere l’omogeneizzazione in modo differente:

Nella (2) è presente la tensione del calcestruzzo moltiplicata per l’area del calcestruzzo più l’area degli altri
materiali omogeneizzati al calcestruzzo. Cioè se quell’acciaio fosse calcestruzzo virtualmente mi darebbe
un’area n volte più grande (per esempio, se metto una barra di acciaio di area pari ad 1 cm2 questa avrà lo
stesso effetto di n*1 cm2 di calcestruzzo).

Quanto vale n?
𝐸𝑠
𝑛=
𝐸
Es è molto stabile e vale circa 210 GPa; E è molto sensibile alla composizione del calcestruzzo ma diciamo
che è circa 30 GPa per cui n=7 quindi 1 cm^2 di acciaio vale per circa 7 cm^2 di calcestruzzo proprio perché
ha un modulo 7 volte più grande.

Scopriremo che tale modulo n può arrivare fino ad un valore pari a 21 perché il calcestruzzo per fenomeni
reologici può arrivare ad essere rigido 1/3 di quello che ci si aspetta in assenza di tali fenomeni.

Ricapitolando:

In presenza di più materiali l’omogeneizzazione mi consente di calcolarli come un unico materiale dove ogni
materiale contribuisce con un’area che non è quella propria ma è in funzione di quanto è più o meno rigido
rispetto al materiale base.

Avrei potuto omogeneizzare anche tutto ad acciaio e in tal caso il calcestruzzo avrebbe contribuito con una
area pari ad 1/n di quella dell’acciaio; naturalmente il risultato non cambia ma la sollecitazione che uscirà
sarà quella dell’acciaio e non del calcestruzzo.

In definitiva, al di là di queste complicazioni su trattate, ci chiediamo: Come si valuta la sigma legata allo
𝑁
sforzo normale? 𝜎 = 𝐴

A questo punto ci chiediamo: Come si valuta la σ a partire da M?


FIG. 2

FIG.3

Consideriamo tale sezione che per effetto di una flessione avrà un certa curvatura (FIG 2). Ad esempio ho la
mensola su disegnata con una coppia. E’ rappresentato il diagramma del momento in cui il momento è pari
costantemente alla coppia m (FIG 3). La struttura si inflette come rappresentato e questo vuol dire che
puntualmente esiste un cerchio tangente quindi è presente una curvatura χ pari a 1/r e questa curvatura è
pari proprio alla pendenza del diagramma delle ε (studiato nella scorsa lezione).
𝜀𝑐
In particolare 𝑥
= χ con εc si è indicata la ε massima di compressione.

Il Concio (su disegnato) soggetto a delle coppie, si inflette quindi nasce un certo Δϕ. Per spiegare meglio
consideriamo un pacco di spaghetti: ci saranno gli spaghetti di sopra che si accorciano mentre quelli di
sotto si allungano. Una serie di accorciamenti ed allungamenti genera una rotazione. Se vado a fare il limite
per Δx 0 ogni spaghetto avrà un certo accorciamento che è di lunghezza infinitesima e quindi la sua
variazione di lunghezza è una ε. Quindi passando dall’alto al basso e passando per il piano neutro che
sarebbe la quota che resta invariata cioè che non si allunga e non si accorcia, avrò un gradiente di ε.

A limite di Δϕ/ Δx-> 0 questo Δϕ diventa una curvatura .

La cosa interessante è che se integro la curvatura si ha la ϕ, se integro due volte diventa l’abbassamento.
Essa rappresenta l’ingresso nel mondo della cinematica ma rappresenta anche l’output nel mondo della
statica ed è ciò che stiamo facendo oggi infatti, la curvatura può essere collegata con il momento, quindi
con il taglio e con il carico.

Questa sezione è soggetta ad una sola coppia M per tale motivo si parla di FLESSIONE SEMPLICE (c’è solo un
momento flettente e lo sforzo normale è nullo). Se ci accoppiamo la N di compressione o di trazione si
parlerà di PRESSO FLESSIONE o TENSO FLESSIONE .
𝜀𝑐
Nel diagramma delle ε non conosciamo sia x che εc e ci aspettiamo il risultato: = χ infatti l’idea è
𝑥
passare da M a ε o a σ
Moltiplicando il diagramma delle ε per E si avrà il diagramma delle σ.

Che faccia avrà il diagramma delle σ? Si ha la così detta OMOTETIA (FIG.2) cioè avremo nient’altro che il
diagramma delle ε ma su un’altra scala in quanto ho moltiplicato ogni ε per E. Naturalmente l’asse neutro
di quota 0 non cambierà. Si avranno delle compressioni in blu e delle trazioni in rosso

Le incognite di tale problema restano sempre due: x, σc o εc

Una prima equazione che possiamo scrivere per introdurre M è l’equazione di equilibrio alla rotazione
posso, però, usare anche un’ equazione di equilibrio alla traslazione, tale equilibrio si ha tra la sollacitazione
σ e la forza esterna N. È un altro modo di vedere la cosa: posso dire che su questa sezione stanno agendo
esternamente delle forze ovvero forza di compressione, coppia e taglio (che non abbiamo visto). Nel
principio del sezionamento è vero anche questo perchého fatto un sezionamento, ho “buttato” un pezzo di
struttura e sto mettendo tutto ciò che quella porzione mi dava, ovvero tre azioni: una forza N, una coppia
M ed una forza T; quindi, abbiamo visto che è ancora possibile ragionare in termini di equilibrio cioè quello
che la sezione internamente dà in equilibrio con quello che gli arriva da fuori.

Detto ciò poniamo l’equilibrio tra le M e le sollecitazioni interne e tra le N e le sollecitazioni interne.
Naturalmente poiché la N non c’è si avrà che la risultante delle σ sarà pari a zero in termini matematici si
ha:

𝑁 = 0 = ∫ 𝜎 𝑑𝐴
𝐴

Ora non è più, semplice come prima in quanto le σ non sono più costanti. Per capire quanto valgono le σ
introduco un sistema di riferimento y e lo piazzo sull’asse neutro in modo che la σ(y=0)=0; in tal modo
𝜎
posso dire che: σ(y) = 𝑥𝑐 𝑦 (ottenuta attraverso la similitudine tra i triangoli σ(y): y= σc: x oppure si ha
𝜎𝑐
che 𝑥
è la pendenza del triangolo e quindi moltiplicando per y si ottiene in valore della σ in ogni punto. Il
𝜎𝑐 𝜖𝑐
valore sarà pari alla CURVATURA per E infatti la curvatura era pari a (lo vediamo tra un po')
𝑥 𝑥

Ritornando alla formula si ha:

𝑥
𝜎𝑐 𝜎𝑐 − 𝜎𝑐
𝑁 = 0 = ∫ 𝜎 𝑑𝐴 = ∫ 𝑦 B(y) dy = ∫ 𝑦 B dy = 𝑆
−(𝐻−𝑥) 𝑥 𝑥 − 𝑥 𝑛
𝐴

Sn Momento statico delle aree

𝜎𝑐
𝑆 = 0; 𝑆𝑛 = 0 → 𝑥 è 𝑏𝑎𝑟𝑖𝑐𝑒𝑛𝑡𝑟𝑖𝑐𝑜: 𝑙 ′ 𝑎𝑠𝑠𝑒 𝑛𝑒𝑢𝑡𝑟𝑜 𝑝𝑎𝑠𝑠𝑎 𝑝𝑒𝑟 𝑖𝑙 𝑏𝑎𝑟𝑖𝑐𝑒𝑛𝑡𝑟𝑜 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑠𝑒𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒
𝑥 𝑛

Il momento statico è nullo il che vuol dire che l’asse rispetto cui l’ho calcolato è baricentrico della sezione in
maniera banale lo si spiega dicendo: quello che sta al di sopra si bilancia geometricamente con ciò che è
presente al di sotto.

Adesso la nostra incognita è solo la x (e non più anche la σc ) ovvero ci stiamo chiedendo: quale è la quota
del baricentro?
Se la nostra sezione è un rettangolo l’asse neutro è ad H/2; se invece, è un triangolo sarà presente ad 1/3 H
ecc.

Dopo aver tirato fuori una prima incognita x vado a ragionare sull’altra incognita: σc o εc e per fare ciò
sfrutto M.

Vediamo come:

Mi metto sull’asse neutro e rispetto a questo asse calcolo il momento flettente

In riferimento alla seguente figura il momento può essere dato dal prodotto di ogni forza per il suo braccio;
ad ogni y avrò una certa forza che andrà moltiplicata per il suo braccio che è proprio y


𝜎𝑐 − 2 𝜎𝑐
𝑀 = ∫ 𝑦 𝜎 𝑑𝐴 = ∫ 𝑦 𝐵 𝑑𝑦 = 𝐼
− 𝑥 − 𝑥 𝑛

In Momento di inerzia !!! sempre >0

N.B la n sta ad indicare che tutte le distanze sono calcolate rispetto all’asse neutro; infatti, se cambio l’asse
cambierà anche il momento di inerzia (vedi teorema di HUYGENS).
𝐻3
Quanto vale il momento di inerzia baricentrico per un rettangolo? 𝐵 12
se lo spostiamo al lembo inferiore
𝐻3
sarà pari a 𝐵
3
𝐻
𝐻/2
2
𝑦3 2 𝐻3
∫ 𝑦 𝐵 𝑑𝑦 = [𝐵 ] = 𝐵
−𝐻/2 3 −𝐻 12
2

𝐻3
Se lo avessi fatto rispetto all’asse inferiore dovevo integrare tra 0 e H e In veniva pari a B (questo senza
3
applicare il terorema di HUYGENS).

Per i profili in acciaio esistono i “Sagomari” che per ogni profilo ci indicano quanto vale il momento
di inerzia (li troviamo sul sito del professore).
𝜎𝑐 𝑀𝑥
𝑀= 𝐼𝑛 → 𝜎𝑐 =
𝑥 𝐼𝑛

𝑀𝑥 𝑀 𝜀𝑐 𝑀
𝜎𝑐 = 𝜀 ∗ 𝐸 = → 𝜀𝑐 = 𝑥; = =𝜒
𝐼𝑛 𝐸 𝐼𝑛 𝑥 𝐸 𝐼𝑛
𝜀
Abbiamo dimostrato che la pendenza del diagramma delle ε ( 𝑥𝑐 ) è proprio pari alla curvatura χ.

È possibile scrivere 𝜎𝑐 anche in un altro modo introducendo 𝑊 = 𝐼𝑛 /𝑥


𝑀
𝜎𝑐 =
𝑊
W si chiama MODULO DI RESISTENZA

In = lunghezza4

M=Forza *lunghezza

W= lunghezza3

Per una sezione rettangolare si ha:

𝐵𝐻 3 2 𝐵𝐻 2
𝑊= =
12 𝐻 6

Per avere il valore di σ ad una qualunque quota basterà usare la seguente formula:
𝜎𝑐 𝑀
𝜎𝑦 = 𝑦= 𝑦
𝑥 𝐼𝑛
Sul sagomario troveremo anche W.

Se ho la presso flessione su vista abbiamo imparato che:

- La N mi genera un diagramma delle σ che è costante ed è pari a N/A. Nel caso in cui avessimo più
materiali la A sarà omogeneizzata.
- La M genera un diagramma a farfalla che nel caso di sezione rettangolare ha l’asse neutro ad H/2
quindi tensione nulla ad H/2

Sommo i due diagrammi e ottengo:

Se voglio conoscere i valori limiti delle σ userò l’equazione binomia di Navier:


𝑁 𝑀
𝜎= ±
𝐴 𝑊
Non abbiamo fatto altro che scrivere la sovrapposizione degli effetti.

Metto ± perché quando sto sopra si sommano mentre quando sto sotto si sottraggono avendo così gli
estremi.

Questa è vera solo se non ho fessurazioni cioè quando il materiale è sempre tutto compresso. Se fisso N
qual è il max momento che posso dare perché non fessuri? Ad esempio sto costruendo una piscina o una
diga e voglio fare in modo che il materiale non fessuri da nessuna parte quindi deve essere tutto
compresso perché se fosse teso potrebbe aprirsi una fessura e l’acqua uscirebbe. Il calcestruzzo è uno di
quei materiali che non ha molta resistenza alla trazione.

La condizione limite potrebbe essere σ=0

𝑁 𝑀
𝜎= ± =0
𝐴 𝑊
Il momento per cui la σ ad un lembo è nulla si chiama MOMENTO di DECOMPRESSIONE M 0 ed è il
momento per cui se andassi oltre manderei in trazione una parte della mia sezione rischiando la
fessurazione.
𝑀0 𝑁 𝑁
𝑊
= 𝐴
→ 𝑀0 = 𝐴
𝑊 MOMENTO DI
DECOMPRESSIONE

Per sezione rettangolare si ha:

𝑁 𝑁 𝐵𝐻 2 𝐻
𝑀0 = 𝑊= =𝑁
𝐴 𝐵𝐻 6 6

Questa è la condizione per cui le tensioni di trazione e di compressione, al lembo di sotto, si bilanciano e si
annullano. Un momento maggiore mi manda in trazione il lembo di sotto.

Se N=0 quanto vale M0 ? Zero, cioè non riesco a portare flessione se non ho compressione; questo è il
concetto su detto: come fa a nascere una coppia se la forza di trazione non nasce mai?

Scopriamo anche che più grande è N più grande è M quindi i materiali non resistenti a trazione aumentano
la loro capacità flessionale all’aumentare di N.

Consideriamo la sezione:
Se ho un M< M0 sto apposto se invece ho M>M0 non va bene perché la parte di sotto fessura. In questo
caso ottengo che al lembo più teso la tensione è nulla quindi non va mai in trazione. Il diagramma delle σ è
su rappresentato.

La risultante N si troverà nel baricentro ovvero ad 1/3 di H

Sto vedendo le stesse cose in maniera diversa: se sposto N sto spostando il baricentro del diagramma delle
pressioni. Se N sta in mezzeria il baricentro del diagramma dovrà stare in mezzeria infatti se N sta al centro
il diagramma dell σ è costante

Se adesso lo sposto ad H/6 la risultante dovrà trovarsi ad H/6 dal baricentro cioè coincide proprio con 1/3 di
H

Se prendo un’ eccentricità più piccola cioè metto un momento più piccolo cosa succede? Mettendo il
momento ad una quota via più bassa il diagramma diventerà via via più rettangolare.

Attenzione perché queste aree sono pari ad N e quindi man mano che sposto la N, l’area resta sempre
la stessa mentre le sigma variano

Esempio finale: se prendo una pila di libri, se non incollo le copertine, la pila non resisterà alla
trazione infatti appena tento di allontanarli si staccheranno.

Metto i libri uno a fianco all’altro e provo ad alzarli, ho creato una trave di libri, mentre provo ad alzarli mi
cade tutto. Perché mi cade tutto? Perchè è un materiale che non resiste alla trazione, è una trave
appoggiata appoggiata che ha un momento flettente. Tale momento genera una coppia. Chi se la prende?
Nessuno perché non può nascere una coppia in assenza di trazione. Cosa faccio?
IDEA 1

Do una precompressione cioè devo stringerli in quanto nel momento in cui li stringo aggiungo una N.
quanta N? tale da avere la situazione 1 che mi annulla le sigma di trazione.

Questa soluzione non è molto intelligente in quanto è vero che sotto abbiamo annullato le trazioni ma
sopra abbiamo reso doppie le σ di compressione.

IDEA 2

Precomprimiamo i libri non proprio al centro ma un po' più sotto. Cosa succede? Non stiamo sommando un
diagramma rettangolare come nel caso 1 ma mettendoci ad H/6 quindi nel terzo inferiore il diagramma
sarà quello trinagolare su visto. Tale diagramma è molto più furbo perché sotto generiamo delle
compressioni che equilibriano le trazioni ma sopra non aggraviamo nulla. Addirittura spingendo ancora più
sotto la precompressione (IDEA 3) mandiamo in trazione la parte di sopra e la trazione è benefica in quanto
compensa un po' della compressione data dalla flessione.
Ricapitolando:

Sotto ho compensato le trazioni, annullandole; sopra, se do una compressione al centro (rettangolo), rendo
doppie le compressioni.
Se comprimo piu giù del centro (e=-H/6), sopra manterrò le compressioni uguali
Se mi sposto ancora più giù riesco addirittura a ridurre in parte le compressione.

In una struttura questo viene fatto mettendo dei cavi pretesi.

Sugli appoggi però se induco una trazione perché ho il centro di pressione troppo basso potrei avere dei
problemi perché il momento di appoggio è nullo e quindi non ho più nessuna trazione inferiore da
compensare…

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