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3.

Introduzione alla teoria elementare delle piastre piane


3.1 Introduzione
Iniziamo ad avventurarci nel “mondo” delle strutture bidimensionali, parlando di piastre. Come
potremo vedere dalla trattazione, cercheremo di estendere in modo abbastanza naturale le teorie della
trave a un comportamento genuinamente bidimensionale. Abbiamo intanto visto che la trave è un
solido caratterizzato da una dimensione prevalente (la lunghezza) rispetto alle altre due; poi, in
generale, ci siamo soffermati sui casi più semplici, ossia quelle ad asse rettilineo; travi che possiamo
pensare di far stare interamente in un piano, nel quale la linea d’asse originariamente è sempre una
linea. La controparte bidimensionale della trave dovrebbe essere quindi un solido che ha due
dimensioni (quelle in piano) prevalenti sulla terza; un solido dunque sottile, ma esteso lungo due
direzioni. Possiamo pensare a una figura di questo genere:

Per semplicità, immagineremo che lo spessore (chiamato ℎ) sia piccolo rispetto alle dimensioni
trasversali. Quindi, se dovessimo avere un solido di forma circolare, prenderemmo in considerazione
il diametro, oppure ancora, se dovessimo trattare un solido di forma rettangolare, la sua dimensione
maggiore. Quindi, come detto, le dimensioni del piano sono maggiori rispetto alle dimensioni in
direzione perpendicolare. Consideriamo un solido riferito a un sistema 𝑥, 𝑦, 𝑧 (tipicamente
quest’ultimo orientato verso il basso).
Vedremo inoltre che la teoria delle piastre consiste fondamentalmente nella teoria della trave, in cui
rifacevamo tutto alla linea media (la linea d’asse della trave) poiché sapere come si deformasse la
linea d’asse era sufficiente per trattare la trave di Eulero-Bernoulli (mentre per sapere come si
deformi la trave completa bisogna anche fornire un’informazione addizionale, però anch’essa
funzione definita sulla linea d’asse, ossia la rotazione per la trave di Timoshenko).
In questo caso noi vogliamo riferire tutta la nostra piastra a quella che sarebbe la superficie del suo
piano medio, in modo che, se collocassimo il sistema di riferimento con l’origine collocata in questo
piano, i punti del piano medio sono individuati dalla condizione 𝑧 = 0, quindi diciamo che 𝑧 = 0
fornisce il piano medio della piastra. Noi quindi volgiamo riferire tutte le quantità che ci interessano
a questo piano medio, nel caso della trave riferivamo tutto alla linea d’asse (individuando per esempio
come componenti di sollecitazione azione assiale, taglio e momento flettente, in quanto appunto le
azioni interne sono riferite all’asse della trave). Qui vedremo che avremo bisogno di definire delle
quantità che sono assimilabili a una generalizzazione del caso di azione assiale, momento flettente,
momento torcente e azioni taglianti.
Nel modo tradizionale di trattare le piastre si fanno molti disegni e si cerca di ragionare andando a
vedere subito il significato fisico di ciò che si fa; noi, invece, seguiamo un approccio che cerca di
definire delle ipotesi cinematiche e, sulla base di queste, derivare in via diretta, o applicando il PLV,
le quantità che ci servono in modo da arrivare progressivamente alle equazioni di equilibrio. Ed è
proprio questa la strada che seguiremo; se vogliamo quindi, una strada basata su una trattazione più
matematica e meno su un approccio dove si fa a vedere subito qual è il significato fisico. Anche se,
una volta trovate le varie quantità, risulterà semplice capirne il loro significato fisico.
In via preliminare, ci conviene, nell’ambito delle piastre, considerare la generalizzazione delle ipotesi
delle sezioni piane, traducendosi nel fatto che ogni segmento perpendicolare alla superficie media si
mantiene rettilineo (questa è l’ipotesi che facciamo).
Anche qui possiamo però generalizzare la teoria della trave di Bernoulli e la teoria della trave di
Timoshenko.
Il primo caso, in cui la sezione della trave si mantiene perpendicolare alla linea d’asse della trave
deformata, trova la sua controparte nella teoria della piastra Sophie-Germain-Kirchhoff, in cui
diciamo che i segmenti perpendicolari alla superficie media rimangono tali a deformazione avvenuta.
Possiamo farci un’idea di questa piastra immaginando che la superficie media sia caratterizzata da
un insieme di spilli perpendicolari alla superficie stessa e, quando la piastra si deforma, questi spilli
si mantengono perpendicolari alla superficie deformata.
[approfondimenti sulla storia di Sophie Germain; a Kirchhoff viene di solito attribuito erroneamente
il grosso del lavoro in merito a questa teoria, ma quest’ultimo ha sostanzialmente messo “a posto” le
condizioni al contorno]
L’altra teoria che abbiamo visto nella trave è quella di Timoshenko, caratterizzata dal fatto che la
sezione retta si mantiene piana ma non più perpendicolare alla linea d’asse deformata, questo
giustifica il fatto che non basta conoscere la funzione degli spostamenti traversali (ossia la forma
linea d’asse a deformazione avvenuta) ma occorre sapere anche come ruota, punto per punto, la
normale.La controparte di quest’ultima teoria è la piastra di Reissner-Mindlin, studiosi arrivati circa
in contemporanea alle stesse equazioni, in cui i segmenti perpendicolari al piano medio rimangono
rettilinei ma non perpendicolari alla superficie media durante la deformazione. Immaginiamo un
piano nel quale abbiamo infilato degli spilli, inizialmente perpendicolari, ma quando il piano si
deforma questi ultimi ruotano indipendentemente da come ruota la superficie.
Ricapitolando temporalmente avremo:

• Trave di Bernoulli-Eulero (~1740)


Una sola funzione: 𝑣(𝑥)
Sezione rimane piana e ⏊ alla linea d’asse deformata
• Piastra di Sophie-Germain-Kirchhoff (~1856)
Una funzione: 𝑤(𝑥, 𝑦)
Segmenti sempre rettilinei e ⏊ alla superficie media
• Trave di Timoshenko (1921)
Due funzioni: 𝑣(𝑥) e 𝜑(𝑥)
Sezione piana ma non ⏊ alla linea d’asse deformata
• Piastra di Reissner-Mindlin (1945-1951)
Tre funzioni: 𝑤(𝑥, 𝑦), 𝜑. (𝑥, 𝑦) e 𝜑/ (𝑥, 𝑦)
Segmenti rettilinei ma non ⏊ alla superficie media

Notiamo che la funzione 𝑤(𝑥, 𝑦), presente in entrambi i modelli piastra, fornisce la deformata della
superficie media, mentre per sapere come ruotano i segmenti perpendicolari ci occorrono le due
funzioni 𝜑. (𝑥, 𝑦) e 𝜑/ (𝑥, 𝑦).
3.2 Piastra sottile deformabile a taglio di Reissner-Mindlin
Fatte queste premesse, noi partiremo dalla piastra di Reissner-Mindlin, la cui formulazione è più
semplice; introdurre il vincolo che le rotazioni siano tali da rendere i segmenti perpendicolari alla
superficie, come nel caso della piastra di Sophie-Germain-Kirchhoff, rende infatti più difficile la
trattazione, specialmente in termini di condizioni al contorno. Abbiamo visto che il contorno nel caso
della trave sono le due estremità; stavolta il nostro contorno sarà la linea che delimita la superficie
media. In una trave infatti dobbiamo dare delle condizioni di vincolo in due punti distinti, invece qui
nella piastra dobbiamo essere in grado di fornire condizioni di vincolo (o di contorno) in tutti i punti
del contorno.

3.2.1 Cinematica
Allora vediamo di introdurre le ipotesi cinematiche, immaginando che l’espressione che forniamo
rappresenti il campo di spostamenti al livello di tutti i punti del continuo che costituisce il nostro
solido, imponendo però che il modo in cui questi si spostano sia legato a questa particolare struttura,
cioè che i segmenti perpendicolari alla superficie ruotino rispetto a questa ma si mantengano sempre
rettilinei. Noi daremo una formulazione completa, perché vogliamo studiare il comportamento della
piastra quando sollecitata sul suo piano, cioè quando si comporta da lastra e successivamente
vedremo il comportamento della piastra flessionale, in relazione a carichi perpendicolari alla
superficie non deformata. Le componenti di spostamento dei vari punti saranno in generale tre, così
espresse:

Quando parliamo di rotazioni 𝜑. e 𝜑/ , intendiamo che il nostro segmento subisce una rotazione che
lo sposta dalla condizione di perpendicolarità rispetto all’asse di riferimento. Per cui lo spostamento
complessivo, a parte la traslazione in direzione dell’asse, è legata mediante 𝑧 all’angolo formato.
La rotazione viene inoltre definita positiva quando è oraria, quindi il punto con coordinata 𝑧 positiva,
subisce uno spostamento in direzione 𝑥 o 𝑦 negativo per effetto della rotazione positiva. Quanto detto
può essere facilmente confrontato con il caso della trave di Timoshenko. Per quanto riguarda lo
spostamento verticale, diciamo che è lo stesso per tutti i punti, dipendente solo da 𝑥 e 𝑦.
Possiamo dunque definire, sulla base di queste ipotesi, in funzione degli spostamenti, le deformazioni
(di dilatazione e scorrimento angolare):

Vediamo subito che per questa ipotesi cinematica, non vi è alcuna deformazione in direzione
perpendicolare al piano medio (𝜀1 = 0), per cui vorrà dire che anche i segmenti perpendicolari al
piano non subiranno alcuno stiramento o accorciamento. Per quanto riguarda gli scorrimenti
possiamo chiaramente vedere l’analogia con la trave di Timoshenko in forma generalizzata.
Per lo sviluppo successivo, può essere conveniente pensare di usare una notazione compatta; la più
semplice che possiamo utilizzare è di tipo matriciale, in questo modo:

Ci conviene chiamare queste matrici in un modo particolare:

Dove abbiamo, nella somma, la prima parte di spostamenti che ha a che vedere con il comportamento
nel piano (membranale) e nella seconda parte gli spostamenti che regolano il comportamento fuori
dal piano (ossia quello flessionale). Nell’ambito delle travi questo discorso si riduceva al
comportamento assiale N (infatti lungo l’asse della trave) e a quelli dovuti a taglio T e momento
flettente M (fuori dall’asse). Anche per le piastre vedremo che, a meno che non siano presenti legami
costitutivi, il comportamento membranale e flessionale sono disaccoppiati.
Per scrivere in maniera ancor più compatta, analogamente a quello che abbiamo fatto per le travi, ci
conviene definire queste quantità che riguardano le derivate delle funzioni sul piano medio (come
curvature a flessione, a torsione e deformazioni taglianti), individuate con delle lettere speciali.
Indichiamo infatti:

Adesso possiamo scrivere le relazioni precedenti in forma molto più compatta:

𝜀. = 𝜂. (𝑥, 𝑦) + 𝑧𝜒. (𝑥, 𝑦)


𝜀/ = 𝜂/ (𝑥, 𝑦) + 𝑧𝜒/ (𝑥, 𝑦)
𝛾./ = 𝜂./ (𝑥, 𝑦) + 𝑧𝜒./ (𝑥, 𝑦)
𝛾.1 = 𝑡. (𝑥, 𝑦)
𝛾/1 = 𝑡/ (𝑥, 𝑦)

Da cui, in forma matriciale:


Stavolta chiamiamo le matrici come segue:

Di nuovo, possiamo riconoscere la prima parte membranale la seconda parte flessionale. In più,
possiamo anche mettere in relazione gli elementi 𝜂 alle corrispondenti variabili in termini di
spostamento, mediante un operatore differenziale:

Il prodotto tra matrici è così definito:

Vedremo che questa trasformazione matriciale ci permetterà di scrivere espressioni estremamente


compatte che potremo esplicitare ove necessario. Allo stesso modo, possiamo costruirci un’altra
relazione di matrici, tra le variabili 𝜒 e 𝑡 alle quantità cinematiche, sempre mediante un operatore
differenziale, come segue.

Potremo scrivere quindi:

3.2.2 Forze e sforzi generalizzati


A questo punto, possiamo iniziare a vedere come si definiscono forze e sforzi generalizzati, nel
problema della nostra piastra. Potremo definire un vettore di forze esterne (le forze di volume),
definite come:

E dobbiamo considerare il lavoro esterno fatto per un’areolina elementare. Quindi dovremo
considerare il rapporto tra il lavoro elementare e l’area elementare che stiamo considerando:
Dove possiamo vedere, ancora una volta, la componente membranale e quella flessionale, che
possiamo generalizzare come nuove matrici nelle seguenti espressioni. Per quanto riguarda la
membranale:

Dove:

Invece, per quanto riguarda la flessionale:

Dove:

Con questo abbiamo trovato, mediante il PLV, come a 𝑢, 𝑣, 𝑤, 𝜑. , 𝜑/ sono associate delle quantità
statiche nel lavoro esterno, rispettivamente 𝑛/ , 𝑛/ , 𝑝, 𝑚. , 𝑚/ .

Analogamente, introducendo il vettore degli sforzi locali:

Vogliamo introdurre il corrispondente lavoro virtuale interno:


Tale relazione definisce le seguenti componenti membranali e flessionali degli sforzi generalizzati

Queste rappresentano le risultanti dello sforzo in direzione x, dello sforzo in direzione y e dello sforzo
tangenziale che esiste nel piano integrato nello spessore della piastra.

Queste quantità le chiamiamo Mx, My, Mxy, Txz, Tyz. Rappresentano i momenti valutati rispetto
al piano della piastra prodotti dalle distribuzioni di sforzo σx σy e τxy quando lo integriamo sullo
spessore della piastra stessa. Vedete che c’è perfetta corrispondenza fra il numero di variabili
generalizzate come deformazioni e il numero di sforzi generalizzati. Mentre le quantità Txz e Tyz non
sono altro che integrali dello spessore delle distribuzioni di sforzi locali τxz τyz. Siamo arrivati a
trovare le quantità associate alle deformazioni generalizzate e queste sono quantità statiche.
Vogliamo verificare che su un elementino rettangolare di area della piastra il lavoro fatto dalle forze
generalizzate esterne per i corrispondenti spostamenti sia uguale al lavoro interno fatto dagli sforzi
generalizzati per le corrispondenti deformazioni generalizzate.

Area=dA=dxdy

Qui abbiamo una forza risultante data da nx


in dA in direzione dell’asse x. Analogamente
una forza esterna ny in dA allineata in
direzione dell’asse y. Considerando che i lati
dell’elementino sono rispettivamente dx e dy
vediamo nell’altro disegno quali sono le
componenti della forza interna.

Secondo la direzione dell’asse x ci sarà


una risultante dello sforzo interno pari a
Mxdy.
Avremo poi una componente degli sforzi in
direzione y pari a Mydx.
Poi avremo due sforzi tangenziali Mxydy e
Myxdx = Mxydx.

Se vogliamo andare a vedere le azioni flessionali (problema fuori dal piano) dobbiamo considerare
un elementino tridimensionale.

Qui avremo da considerare una


componente del carico verticale PdA che
tiene conto della risultante della forza di
volume in direzione di x e y, integrati nello
spessore della piastra.

• mx è una coppia generata da forze


parallele all’asse x
• my è una coppia generata da forze
parallele all’asse y

Per quanto riguarda gli sforzi generalizzati avremo queste componenti:


• Mx in dy che è una coppia
generalizzata dagli sforzi σx integrati
sullo spessore
• My in dx che è una coppia
generalizzata dagli sforzi σy integrati
sullo spessore
• Poi abbiamo i momenti generati sullo
spessore da τxy, vengono definiti
momenti torcenti e varranno
rispettivamente Mxydy e Myxdx. A
questi si accompagnano le forze Tx e
Ty che rappresentano le risultanti nello
spessore Txdy e Tydx.

Quindi vediamo che nel piano abbiamo due componenti di forza esterna a cui corrispondono
situazioni con tre componenti di sforzo generalizzato quindi questo assomiglia molto a quello che
avviene in un sistema piano. Il problema fuori dal piano (cioè flessionale) è più complicato perché
ci sono due coppie esterne che si avvitano rispetto all’asse x e rispetto all’asse y. I corrispondenti
sforzi generalizzati sono invece Mx e My (momenti flettenti) che agiscono nel piano perpendicolare
all’asse x e nel piano perpendicolare all’asse y. I momenti torcenti Mxy e Myx producono torsione. A
questi si affiancano forze verticali taglianti Tx e Ty che sono quelle generate dagli sforzi tangenziali
integrati sullo spessore. I due problemi (nel piano e fuori dal piano) sono completamente separati e
come tali li tratteremo.
Per esplicitare le condizioni di equilibrio utilizzeremo il teorema della divergenza, che gioca lo stesso
ruolo dell’integrazione per parti nel caso monodimensionale relativo alle travi. Detta s un’ascissa
curvilinea che percorre il contorno Γ nel verso indicato in figura e n la normale uscente al contorno,
definita dai suoi coseni direttori αx e αy.

Applichiamo il teorema della convergenza, ci dice che: se abbiamo un certo dominio nel piano xy
caratterizzato da un certo dominio chiuso A circondato dalla linea Γ, allora possiamo considerare se
abbiamo una quantità vettoriale g di componenti gx,gy e consideriamo la normale n alla superficie di
contorno individuata mediante le componenti αx e αy.
Possiamo scrivere quanto segue: questo ci servirà per ottenere le condizioni di equilibrio

3.2.3 Problema membranale


Immaginiamo di considerare la nostra piastra in cui il suo contorno esterno è in parte libero e in parte
vincolato. Quindi la linea di contorno Γ si suddivide in due parti:

• ΓF contorno caricato dove sono distribuite le forze


• Γu contorno vincolato

Queste due parti di contorno si comporteranno in modo diverso perché nel contorno libero δs ≠ 0,
mentre nel contorno vincolato le variazioni dello spostamento devono necessariamente essere δs =
0.
Su ΓF si possono assegnare delle forze di superficie sulla superficie esterna del solido:
Quindi possiamo dire che il lavoro interno compiuto dagli sforzi generalizzati nel problema
membranale per le corrispondenti deformazioni generalizzate dovrà essere uguale al lavoro esterno
fatto dalle forze generalizzate esterne per i corrispondenti spostamenti. Quindi possiamo dire che:

Il lavoro interno virtuale è composto dalle componenti membranali Nx , Ny ,Nxy moltiplicate per le
corrispondenti deformazioni generalizzate dhx , dhy , dhxy in dA.

• dhx non è altro che la derivata rispetto a x della variazione ∂u;


• dhy non è altro che la derivata rispetto a y della variazione ∂v;
• dhxy lavorerà per la derivata rispetto a x della variazione ∂v + la derivata rispetto a y della
variazione ∂u.

Ma il lavoro interno lo possiamo anche scrivere come:

Posso
applicare il
teorema della
divergenza

Raccogliamo i termini che contengono la stessa quantità δu e quelli che contengono δv


Ancora una volta raccolgo i termini che contengono δu e δv:

Devo imporre:

𝐿< = 𝐿> → 𝐿> − 𝐿< = 0

Abbiamo una parte integrata rispetto all’area (i primi due integrali) e una parte integrata rispetto alla
superficie (i secondi due). Possiamo conglobare i termini:

=0 =0

Le equazioni di equilibrio che governano il comportamento nel piano della piastra e valgono nei
punti interni della piastra, sono:
Lungo il contorno deve essere:

Se osservate potete vedere che da un lato assomigliano molto alle condizioni di equilibrio per un
problema generico 3D quando eliminiamo una dimensione, quindi quando lo riduciamo a un
problema piano. Queste sono le c.c. che discendono da un solido tridimensionale quando ci mettiamo
ad immaginare che le forze siano solo secondo le direzioni x e y. Queste stesse assomigliano a quelle
che abbiamo visto nel caso della trave del problema assiale. Siamo arrivati alla soluzione del
problema membranale, possiamo vedere un ulteriore cosa:

cioè le variabili generalizzate che


corrispondono agli sforzi interni

cioè le forze esterne generalizzate

Questi legami ci fanno vedere che è possibile esprimere la relazione:

Espandendo nx e ny vediamo che:


Al contorno, questa qui può essere scritta in una forma corrispondente cioè possiamo dire che le forze
fx e fy collegate in una espressione fm possiamo dire che sono pari a una matrice Nm che moltiplica
Qm.

3.2.4 Problema flessionale


Le forze di superficie saranno rappresentabili mediante i contributi che danno al comportamento
flessionale. Possiamo vedere che su una porzione di questa superficie avremo questa entità:

• Una risultante per unità di lunghezza


• Una forza VdS. La quantità V nasce dall’integrazione sullo spessore delle forze per unità di
superficie pz in dz. Quindi le forze di superficie dirette in direzione z.
• Forze applicate secondo la direzione della normale al bordo e la direzione in ogni punto
tangente al bordo, avremo le forze pn e ps che sono ottenute combinando le componenti px e
py nella direzione della tangente e della normale. Queste azioni danno luogo a questi momenti
Wn e Wsn.
Forze di superficie Questa ha a che vedere con una Questa produce una coppia torcente WsndS.
dirette in direzione z. distribuzione di forze in
Questi sono i contributi da aggiungere alle
direzione normale che produce
forze esterne, tenendo conto che quando le
quindi una coppia esterna di
integriamo sullo spessore ci danno delle
questo tipo, WndS.
risultanti complessive.

Queste formule definiscono le forze generalizzate agenti sul bordo della piastra. Le rotazioni in
direzione tangente e normale al contorno verranno indicate con φs φn. Ora possiamo vedere che:

V compirà lavoro per la Wn compirà lavoro Wsn compirà lavoro per


variazione di spostamento per la rotazione la rotazione della
in direzione perpendicolare della normale (δφn) tangente, che possiamo
alla piastra (δW) chiamare δφsn
Il lavoro interno sarà quello compiuto dalle componenti generalizzate delle forze interne che sono
Mx, My, Mxy, Tx, Ty per le corrispondenti deformazioni generalizzate, quindi avremo:

Ora però ci ricordiamo che le deformazioni generalizzate sono esprimibili come derivate degli
spostamenti generalizzati e dunque arriviamo a riscrivere l’espressione del lavoro interno tenendo
conto di questo fatto:

Riorganizzando i termini:

Questi termini sono rappresentabili come la derivata del prodotto delle due funzioni meno la derivata
della prima funzione per la seconda.

A questo termine tra parentesi quadre dobbiamo sottrarre


quello si ottiene derivando il 1°termine moltiplicandolo per
il 2°termine.

Raccogliamo tutto ciò che è derivabile rispetto a x e rispetto a y:


gx gy

Questo primo integrale verrà portato sul contorno in quanto chiamiamo con gx il termine che sta nella
prima parentesi e con gy l’altro termine tra parentesi, possiamo applicare il teorema della divergenza.

Dove I = integrale invariato;

Raccogliamo i termini che contengono δφx , δφy e δw:

Dobbiamo garantire che:

𝐿< = 𝐿> → 𝐿> − 𝐿< = 0

sia nel lavoro interno che esterno abbiamo un integrale esteso sull’area e uno esteso sulla superficie
di contorno, quindi possiamo inglobarli.

=0 =0 =0
L’arbitrarietà delle deformazioni virtuali comporta che i termini tra parentesi tonde si devono
annullare in tutti i punti della superficie media A. Deve risultare che:

𝝏𝑴𝒙 𝝏𝑴𝒙𝒚
𝝏𝒙
+ 𝝏𝒚
− 𝑻𝒙 = 𝒎 𝒙
𝝏𝑴𝒙𝒚 𝝏𝑴𝒚
+ − 𝑻𝒚 = 𝒎𝒚
𝝏𝒙 𝝏𝒚
𝝏𝑻𝒙 𝝏𝑻𝒚
+ =-p
𝝏𝒙 𝝏𝒚

Queste sono le equazioni di equilibrio che valgono in tutti i punti del nostro solido piastra.
Esiste un parallelo tra le equazioni di equilibrio in sede indefinita per un elemento della piastra e
quelle della trave inflesse. Nel caso della trave deformabile a taglio avevamo una equazione di questo
genere che ci legava il momento flettente e il taglio alle copie distribuite e una che metteva in
relazione il taglio con il carico distribuito trasversale. In questo caso abbiamo un solido con due
dimensioni, quindi due equazioni che coinvolgono i momenti, oltre i momenti flettenti su x e y anche
il momento torcente 𝑀./ . Ovviamente ci sono anche due componenti di taglio sul piano
perpendicolare a x e y. Queste condizioni valgono nei punti interni del nostro solido, però ci sono
anche dei termini al contorno che sono individuati da queste equazioni:

HIJ𝑽 − 𝑻𝒙 𝜶𝒙 − 𝑻𝒚 𝜶𝒚 M𝜹𝝎 + 𝑾𝒏 𝜹𝝋𝒏 + 𝑾𝒔𝒏 𝜹𝝋𝒔 + J𝑴𝒙 𝜶𝒙 + 𝑴𝒙𝒚 𝜶𝒚 M𝜹𝝋𝒙


𝜞
+ J𝑴𝒚 𝜶𝒚 + 𝑴𝒙𝒚 𝜶𝒚 M𝜹𝝋𝒚 U𝒅𝑺 = 𝟎

Di questi 5 termini alcuni devono essere conglobati tra di loro, perché la rotazione rispetto alla
direzione normale e la rotazione rispetto alla direzione tangente non sono indipendenti rispetto alle
rotazioni nelle direzioni x e y.
𝜶𝒙
n = Y𝜶
𝒚

Consideriamo la situazione dall'alto (v. Fig.):


Vettore doppia freccia: 𝝋𝒙 indica un vettore che tende a
produrre una rotazione intorno a y che porta le fibre ad
allontanarsi o avvicinarsi all'asse x. 𝝋𝒚 produce una
rotazione delle fibre intorno all'asse x nel verso positivo o
negativo dell'asse y. Se la direzione s è quella della tangente
al contorno, la rotazione intorno a questa sarà 𝝋𝒏 , con la
stessa logica individuiamo anche 𝝋𝒔 . Otteniamo 4 rotazioni
non indipendenti tra di loro. L'angolo ϑ che la direzione della
normale al contorno n forma con l'asse x è uguale all'angolo
che la tangente al contorno forma con l'asse y, quindi valgono
queste relazioni:
𝝋𝒔 = 𝝋𝒚 𝐜𝐨𝐬 𝝑 −𝝋𝒙 𝐬𝐢𝐧 𝝑
𝝋𝒏 = 𝝋𝒙 𝐜𝐨𝐬 𝝑 + 𝝋𝒚 𝐬𝐢𝐧 𝝑
𝝋𝒙 = 𝝋𝒏 𝐜𝐨𝐬 𝝑 −𝝋𝒔 𝐬𝐢𝐧 𝝑
𝝋𝒚 = 𝝋𝒔 𝐜𝐨𝐬 𝝑 + 𝝋𝒏 𝐬𝐢𝐧 𝝑

𝜶𝒙 𝜶𝒙 ` 𝒄𝒐𝒔𝝑
n = Y𝜶 = Y𝜶 𝒔𝒊𝒏𝝑
𝒚 𝒚 `

Facciamo intervenire una matrice di trasformazione L fatta così:

𝜶𝒙 −𝜶𝒚 𝐜𝐨𝐬 𝝑 −𝒔𝒊𝒏𝝑


𝑳 = e𝜶 𝜶𝒙 f = g 𝒔𝒊𝒏𝝑 𝒄𝒐𝒔𝝑 h
𝒚

Fissiamo i versi positivi di rotazione

L interviene nel rappresentare 𝝋𝒔 e 𝝋𝒏

𝝋𝒔 𝜶𝒙 −𝜶𝒚 𝝋𝒚
i𝝋 j = e𝜶 𝜶𝒙 f i 𝝋𝒙 j
𝒏 𝒚
𝝋𝒚 𝜶𝒙 𝜶𝒚 𝝋𝒔
i𝝋 j = e−𝜶 𝜶 f i𝝋 j
𝒙 𝒚 𝒙 𝒏

𝝋𝒙 e 𝝋𝒚 sono dati dalla trasposta di L che ci fornisce il legame inverso

𝐜𝐨𝐬 𝝑 𝒔𝒊𝒏𝝑
𝑳𝑻 = g h
−𝒔𝒊𝒏𝝑 𝒄𝒐𝒔𝝑

𝜹𝝋𝒙 = 𝜹𝝋𝒏 𝐜𝐨𝐬 𝝑 − 𝜹𝝋𝒔 𝐬𝐢𝐧 𝝑


𝜹𝝋𝒚 = 𝜹𝝋𝒏 𝐜𝐨𝐬 𝝑 + 𝜹𝝋𝒔 𝐜𝐨𝐬 𝝑
𝜹𝝋𝒙 = 𝜹𝝋𝒏 𝜶𝒙 − 𝜹𝝋𝒔 𝜶𝒚
𝜹𝝋𝒚 = 𝜹𝝋𝒏 𝜶𝒚 + 𝜹𝝋𝒔 𝜶𝒙

Sostituiamo 𝜹𝝋𝒙 e 𝜹𝝋𝒚 nell’equazione precedente:


∫𝜞IJ𝑽 − 𝑻𝒙 𝜶𝒙 − 𝑻𝒚 𝜶𝒚 M𝜹𝝎 + J𝑾𝒏 + 𝑴𝒙 𝜶𝟐𝒙 + 𝟐𝑴𝒙𝒚 𝜶𝒙 𝜶𝒚 + 𝑴𝒚 𝜶𝟐𝒙 M𝜹𝝋𝒏 +
J𝑾𝒔𝒏 − 𝑴𝒙 𝜶𝒙 𝜶𝒚 + 𝑴𝒚 𝜶𝒙 𝜶𝒚 − 𝑴𝒙𝒚 𝜶𝟐𝒚 +𝑴𝒙𝒚 𝜶𝟐𝒙 )𝜹𝝋𝒔 M U𝒅𝑺 =0

Arriviamo al risultato che ci serve:

∫𝜞IJ𝑽 − 𝑻𝒙 𝜶𝒙 − 𝑻𝒚 𝜶𝒚 M𝜹𝝎 + J𝑾𝒏 + 𝑴𝒙 𝜶𝟐𝒙 + 𝑴𝒚 𝜶𝟐𝒚 + 𝟐𝑴𝒙𝒚 𝜶𝒙 𝜶𝒚 M𝜹𝝋𝒏 +


J𝑾𝒔𝒏 + J𝑴𝒚 −𝑴𝒙 M𝜶𝒙 𝜶𝒚 + 𝑴𝒙𝒚 (𝜶𝟐𝒙 −𝜶𝟐𝒚 )𝜹𝝋𝒔 M U𝒅𝑺 =0

Sulla parte di contorno vincolato:


p
𝛅𝛚 = 𝟎 ⬌ 𝛚 = 𝝎
rrrr𝐧
𝛅𝛗𝐧 = 𝟎 ⬌ 𝛗𝐧 = 𝛗
𝛅𝛗𝐬 = 𝟎 ⬌ 𝛗𝐬 = rrrr
𝛗𝐬

Sul contorno libero, dove non ci sono vincoli, si devono annullare i termini tra parentesi:

J𝐕 − 𝐓𝐱 𝛂𝐱 − 𝐓𝐲 𝛂𝐲 M = 𝟎
𝑾𝒏 + 𝑴𝒙 𝜶𝟐𝒙+ 𝑴𝒚 𝜶𝟐𝒚 + 𝟐𝑴𝒙𝒚 𝜶𝒙 𝜶𝒚 = 𝟎, dove Wn≠ 0
𝑾𝒔𝒏 + J𝑴𝒚 −𝑴𝒙 M𝜶𝒙 𝜶𝒚 + 𝑴𝒙𝒚 J𝜶𝟐𝒙 −𝜶𝟐𝒚 M = 𝟎

Diamo un significato più preciso ad alcuni termini:

𝐓𝐧 = 𝐓𝐱 𝛂𝐱 + 𝐓𝐲 𝛂𝐲
𝐓𝐬 = − 𝐓𝐱 𝛂𝐲 + 𝐓𝐲 𝛂𝐱

Questi due termini 𝐓𝐬 e 𝐓𝐧 sono le forze di taglio che agiscono sul bordo libero in questo modo:

𝐌𝒏 = 𝐌𝐱 𝛂𝟐𝐱 + 𝐌𝐲 𝛂𝟐𝐲 + 𝟐𝐌𝐱𝐲 𝛂𝐱 𝛂𝐲

𝐌𝒔𝒏 = J𝐌𝐲 −𝐌𝐱 M𝛂𝐱 𝛂𝐲 + 𝐌𝐱𝐲 J𝛂𝟐𝐱 −𝛂𝟐𝐲 M

• Mn è il momento flettente che agisce sulla faccia perpendicolare alla normale n


• Msn è il momento torcente che agisce sulla faccia che ha come normale n

Queste due espressioni discendono dal fatto che Mx ,My e Mxy si trasformano come un tensore del
secondo ordine, quindi se consideriamo la matrice:

𝐌 𝐌𝐬𝐧 𝐌𝐱 𝐌𝐱𝐲
e 𝐧 f = 𝑳𝐓 e f 𝑳
𝐌𝐬𝐧 𝐌𝐬 𝐌𝐱𝐲 𝐌𝐲

Allora possiamo vedere che le posizioni al contorno ci dicono questo:

𝝎 = 𝝎 oppure 𝑻𝒏 = 𝑽
𝝋𝒏 = 𝝋𝒏 oppure 𝑴𝒏 = −𝑾𝒏
𝝋𝒔 = 𝝋𝒔 oppure 𝑴𝒔𝒏 = −𝑾𝒔𝒏

Abbiamo ottenuto, dal principio dei lavori virtuali, con una serie di manipolazioni, le equazioni di
equilibrio nei punti interni e quali sono le condizioni che devono essere soddisfatte dai carichi al
contorno.
N.B. le condizioni di equilibrio si possono ottenere considerando le forze generalizzate agenti su un
elementino.
Prendiamo un elementino di piastra di lati dx e dy con carico distribuito Tx e Ty, sulla faccia
incrementata avremo:

l'equilibrio delle forze verticali ci darà:

𝛛𝐓𝐲 𝛛𝐓𝐱
−𝐓𝐱 𝐝𝐲 − 𝐓𝐲 𝐝𝐱 + z𝐓𝐲 𝐝𝐱 + 𝐝𝐲𝐝𝐱| + }𝐓𝐱 𝐝𝐲 + 𝐝𝐱𝐝𝐲~ + 𝐩𝐝𝐱𝐝𝐲 = 𝟎
𝛛𝐲 𝛛𝐱

la loro somma è uguale a zero, quello che resta è:

𝛛𝐓𝐱 𝛛𝐓𝐲
+ =-p 1° equazione di equilibrio
𝛛𝐱 𝛛𝐲

Per quanto riguarda l'equilibrio alla rotazione nei confronti dell'asse x:


𝐓𝐲 𝒅𝒙
𝐌𝐲 𝐝𝐱

X
𝐌𝐱𝐲 𝐝𝐲 𝛛𝐌𝐱𝐲
𝐌𝐱𝐲 𝐝𝐲 + 𝐝𝐱𝐝𝐲
𝐦 𝐲 dxdy 𝛛𝐱

𝛛𝐌𝐲
𝐌𝐲 𝐝𝐱 + 𝐝𝐱𝐝𝐲
𝛛𝐲
y
𝛛𝐓𝐲
z𝐓𝐲 + 𝐝𝐲| 𝐝𝐱
𝛛𝐲

In questo caso le forze verticali producono momento e il braccio delle due forze è pari a dy,
imponendo l’equilibrio delle rotazioni rispetto all’asse x abbiamo:

𝛛𝐓𝐲 𝛛𝐌𝐱𝐲
𝐌𝐲 𝐝𝐱 + z𝐓𝐲 + 𝐝𝐲| 𝐝𝐱𝐝𝐲 + 𝐌𝐱𝐲 𝐝𝐲 − z𝐌𝐱𝐲 𝐝𝐲 + 𝐝𝐱𝐝𝐲| + 𝐦𝐲 𝐝𝐱𝐝𝐲
𝛛𝐲 𝛛𝐱
𝛛𝐌𝐲
− z𝐌𝐲 𝐝𝐱 + 𝐝𝐱𝐝𝐲| = 𝟎
𝛛𝐲

Con le opportune semplificazioni, trascurando il termine del terzo ordine:

𝛛𝐌𝐱𝐲 𝛛𝐌𝐲
𝐓𝐲 𝐝𝐱𝐝𝐲 − 𝐝𝐱𝐝𝐲 + 𝒎𝐲 𝐝𝐱𝐝𝐲 − 𝐝𝐱𝐝𝐲 = 𝟎
𝛛𝐱 𝛛𝐲

Eliminando i termini che contengono dx e dy che sono fattorizzati arriviamo a trovare:

𝛛𝐌𝐱𝐲 𝛛𝐌𝐲
+ − 𝐓𝐲 = 𝐦𝐲 2° equazione di equilibrio
𝛛𝐱 𝛛𝐲

L’ultima equazione la ricaviamo tenendo conto dell’equilibrio rispetto all’asse y:

𝐌𝐱𝐲 𝐝𝐱

𝐓𝐱 𝒅𝒚
X
𝛛𝐌𝐱
𝐌𝐱𝐲 𝐝𝐲 }𝐌𝐱 + 𝐝𝐱~ 𝒅𝒚
𝐦 𝐱dxdy 𝛛𝐱
𝛛𝐓𝐱
}𝐓𝐱 + 𝐝𝐱~ 𝐝𝐲
𝛛𝐌𝐱𝐲 𝛛𝐱
z𝐌𝐱𝐲 + 𝐝𝐲| 𝐝𝐱
y 𝛛𝐲
Facendo l’equilibrio rispetto all’asse y, otteniamo:

𝛛𝐌𝐱 𝛛𝐓𝐱
𝐌𝐱 𝐝𝐲 − }𝐌𝐱 + 𝐝𝐱~ 𝐝𝐲 + }𝐓𝐱 + 𝐝𝐱~ 𝐝𝐱𝐝𝐲 + 𝐌𝐱𝐲 𝐝𝐱
𝛛𝐱 𝛛𝐱
𝛛𝐌𝐱𝐲
− z𝐌𝐱𝐲 + 𝐝𝐲| 𝐝𝐱 + 𝐦𝐱 𝐝𝐱𝐝𝐲 = 𝟎
𝛛𝐲

Tutti i termini dxdy si possono eliminare perché fattorizzati:

𝛛𝐌 𝐱 𝛛𝐌 𝐱𝐲
− 𝛛𝐱
𝐝𝐱𝐝𝐲 + 𝐓𝐱 𝐝𝐱𝐝𝐲 − 𝛛𝐲
𝐝𝐲𝐝𝐱 + 𝐦𝐱 𝐝𝐱𝐝𝐲 = 0

𝛛𝐌𝐱 𝛛𝐌𝐱𝐲
𝛛𝐱
− 𝐓𝐱 + 𝛛𝐲
= 𝐦𝐱 3° equazione di equilibrio

Per quanto riguarda le condizioni al contorno vediamo a cosa si riducono se consideriamo, ad


esempio, una piastra rettangolare.

3.2.5 Piastra rettangolare

X
𝟏
n 𝐧=i j
𝟎
s

n
𝟎
𝒏=i j
Y 𝟏

Le condizioni viste prima risultano in questo caso semplificate in quanto:

𝑻𝒏 = 𝑻𝒙 𝜶𝒙 + 𝑻𝒚 𝜶𝒚
𝑴𝒏 = 𝑴𝒙 𝜶𝟐𝒙 + 𝑴𝒚 𝜶𝟐𝒚 + 𝟐𝑴𝒙𝒚 𝜶𝒙 𝜶𝒚
𝑴𝒔𝒏 = J𝑴𝒚 − 𝑴𝒙 M𝜶𝒙 𝜶𝒚 + 𝑴𝒙𝒚 (𝜶𝟐𝒙 − 𝜶𝟐𝒚 )

c.c. condizioni su un bordo di normale n parallelo all’asse x:

rrr
𝑾 = 𝑾 oppure 𝑻𝒙 = 𝑽

𝝋𝒏 = 𝝋𝒙 = 𝝋𝒙 oppure 𝑴𝒙 = 𝑾 𝒙
𝝋𝒔 = 𝝋𝒚 = 𝝋𝒚 oppure 𝑴𝒙𝒚 = 𝑾𝒙𝒚

Se questo bordo si può spostare liberamente allora il taglio deve bilanciare il carico trasversale.
Condizioni che si realizzano in un bordo di normale n. Se c’è un vincolo che impedisce la rotazione
in direzione x allora la rotazione è bloccata, se nulla impedisce la rotazione che sposta le fibre nel
verso dell’asse x allora Mx deve essere uguale alle coppie esterne applicate in quel bordo. L’ultima
condizione da vedere è che se questo bordo è vincolato in modo tale da impedire rotazioni che
spostano le fibre nel verso dell’asse y allora questa rotazione deve essere nota. Invece se nessun
vincolo impedisce questo, allora deve succedere che il momento torcente in questo bordo deve
bilanciare la coppia torcente esterna.

• C.C. sul bordo di normale y

𝑾 = 𝑾 oppure 𝑻𝒚 = 𝑽
𝝋𝒏 = 𝝋𝒚 = 𝝋𝒚 oppure 𝑴𝒚 = 𝑾𝒚
𝝋𝒔 = 𝝋𝒙 = 𝝋𝒙 oppure 𝑴𝒙𝒚 = 𝑾𝒙𝒚

Dopo la pausa introdurremo il legame costitutivo. Introdurre il legame costitutivo vuol dire mettere
in relazione i momenti flettenti e torcenti con le curvature e i tagli con gli scorrimenti a taglio.
Vedremo le equazioni che governano la piastra deformabile a taglio.

3.2.6 Legame costitutivo


Introduciamo il legame elastico. Dobbiamo arrivare ad esprimere queste equazioni in funzione delle
variabili cinematiche che definiscono il nostro problema. Abbiamo definito delle variabili
cinematiche che ci permettono di individuare delle deformazioni generalizzate indicate con q. Le
abbiamo scisse in quelle relative al problema membranale e quelle relative al problema flessionale:

𝛘𝐱
⎧ ⎫
𝐪𝐦 𝛈𝐱 ⎪ 𝛘𝐲 ⎪
𝐪 = ƒ … 𝐪𝐦 = ƒ 𝛈𝐲 … 𝐪𝐟 = 𝛘𝐱𝐲
𝐪𝐟 𝛈𝐱𝐲 ⎨ 𝐭𝐱 ⎬
⎪ ⎪
⎩ 𝐭𝐲 ⎭

Dobbiamo mettere in relazione le variabili cinematiche con le variabili statiche Q.

𝐌𝐱
𝐍𝐱 ⎧𝐌 ⎫
𝐐𝐦 ⎪ 𝐲⎪
𝐐 = ‘ ’ 𝐐𝐦 = ‘ 𝐍𝐲 ’ 𝐐𝐟 = 𝐌𝐱𝐲
𝐐𝐟 𝐍𝐱𝐲 ⎨𝐓 ⎬
⎪ 𝐱⎪
⎩ 𝐓𝐲 ⎭

Se il problema è elastico dobbiamo poter esprimere le variabili statiche in funzione di quelle


cinematiche mediante delle matrici elastiche D.
𝐐 = 𝐃𝐪

La matrice D sarà (8x8), però si potrà disaccoppiare tra sforzi normali e sforzi tangenziali, in
particolare:
Sforzi locali
𝛔𝐩 𝛔𝐱
𝛕𝐳𝐱
𝛔
𝛔 = – ˜ 𝛔𝐩 = ƒ 𝐲 … 𝛕𝒛 = Y𝛕 ›
𝛕 𝛕𝐱𝐲 𝐳𝐲

Deformazioni locali:

𝛆𝐩 𝛆𝐱
𝛄𝐱𝐳
𝛆 = ƒ 𝛄 … 𝛆𝐩 = ƒ 𝛆𝐲 … 𝛄𝒛 = Y𝛄 ›
𝐲𝐳
𝛄𝐱𝐲

Se non c’è iterazioni fra sforzi-deformazioni nel piano e sforzi tangenziali:

𝝈𝒑 = 𝒅𝒑𝜺𝒑

𝝉𝒛 = 𝒅𝒛𝜸𝒛

Questo vale a livello di sforzi locali, vogliamo vedere come si traduce a livello di sforzi generalizzati.
Dobbiamo ricordarci:
𝜺𝒑 = 𝜼+ z𝝌

η= 𝒒𝒎
𝛘𝐱
𝛘= ƒ 𝛘𝐲 …
𝛘𝐱𝐲

Se suddividiamo nello stesso modo le quantità che legano gli sforzi

𝜸𝒛 = t
𝐭𝐱
𝐭 = Y𝐭 ›
𝐲

𝛘
𝐪𝐟 = – ˜
𝐭
𝐌𝐱
𝐌= ‘ 𝐌𝐲 ’
𝐌𝐱𝐲
𝐓𝐱
𝐓 = Y𝐓 ›
𝐲

𝐌
𝐐𝐟 = – ˜
𝐓

Quello che possiamo notare è che N è ottenuto integrando gli sforzi locali sigma nello spessore della
piastra, otteniamo per 𝐍𝐱 𝐍𝐲 𝐍𝐳
𝐡
𝟐
𝐍 = H 𝛔𝐩 𝐝𝐳
𝐡
§
𝟐
𝐡
𝟐
𝐍𝐱 = H 𝛔𝐱 𝐝𝐳
𝐡
§
𝟐
𝐡
𝟐
𝐍𝐲 = H 𝛔𝐲 𝐝𝐳
𝐡
§
𝟐
𝐡
𝟐
𝐍𝐳 = H 𝛔𝐳 𝐝𝐳
𝐡
§
𝟐

Similmente otteniamo M integrando nello spessore della piastra 𝐳𝝈𝐩

𝐡
𝟐
𝐌 = H 𝐳𝛔𝐩 𝐝𝐳
𝐡
§
𝟐
𝐡
𝟐
𝐌𝐱 = H 𝐳𝛔𝐱 𝐝𝐳
𝐡
§
𝟐
𝐡
𝟐
𝐌𝐲 = H 𝐳𝛔𝐲 𝐝𝐳
𝐡
§
𝟐
𝐡
𝟐
𝐌𝐳 = H 𝐳𝛔𝐳 𝐝𝐳
𝐡
§
𝟐
Mentre T:
𝐡
𝟐
𝐓 = H 𝛕𝐳 𝐝𝐳
𝐡
§
𝟐
𝐡
𝟐
𝐓𝐱 = H 𝛕𝐳𝐱 𝐝𝐳
§𝐡
𝟐
𝐡
𝟐
𝐓𝐲 = H 𝛕𝐳𝐲 𝐝𝐳
§𝐡
𝟐
𝐡
𝟐
𝐓𝐳 = H 𝛕𝐳𝐳 𝐝𝐳
𝐡
§
𝟐

Considerando che queste sono le risultanti degli sforzi locali e relazioni analoghe a queste valgono
anche per gli sforzi
𝐡 𝐡
𝟐 𝟐
𝐍 = H 𝐝𝐩𝐝𝐳 𝛈 + H 𝐳𝐝𝐩𝐝𝐳 𝛘
𝐡 𝐡
§ §
𝟐 𝟐
𝐡 𝐡
𝟐 𝟐
𝐌 = H 𝐳𝐝𝐩𝐝𝐳 𝛈 + H 𝐳 𝟐 𝐝𝐩𝐝𝐳 𝛘
𝐡 𝐡
§ §
𝟐 𝟐
𝐡
𝟐
𝐓 = H 𝐝𝐳𝐝𝐳 𝐭
𝐡
§
𝟐

Se il comportamento è simmetrico rispetto all’asse z e se le proprietà del materiale non variano


rispetto a z o sono simmetriche rispetto alla distanza dal piano medio, l’integrale della funzione z tra
¨ ¨
− e − risulterà nullo. Si ha la conseguenza importante che la parte che governa il comportamento
© ©
membranale e quello flessionale nella piastra risultano disaccoppiate:
𝐡
𝟐
𝐍 = H 𝐝𝐩𝐝𝐳 𝛈
𝐡
§
𝟐
𝐡
𝟐
𝐌 = H 𝐳 𝟐 𝐝𝐩𝐝𝐳 𝛘
𝐡
§
𝟐
𝐡
𝟐
𝐓 = H 𝐝𝐳𝐝𝐳 𝐭
𝐡
§
𝟐
Osserviamo che 𝛈, 𝛘 e 𝐭 non dipendono da z quindi vengono moltiplicate all’esterno. Nel caso di
piastra omogenea isotropa, si assume dp come una matrice che assume un legame piano negli sforzi
tale che:
𝟏 𝛎 𝟎
𝐄 𝛎 𝟏 𝟎
𝐝𝐩 = 𝟐
=¬ 𝟏 − 𝛎-
𝟏 − 𝛎
𝟎 𝟎
𝟐
Il legame:
𝐄
𝛔𝐱 = J𝛆 + 𝛎𝛆𝐲 M
𝟏 − 𝛎𝟐 𝐱
𝐄
𝛔𝐲 = (𝛆 + 𝛎𝛆𝐱 )
𝟏 − 𝛎𝟐 𝐱
𝐄
𝝉𝐱𝐲 = 𝟐(𝟏® 𝛎) 𝛄𝐱𝐲 = G 𝛄𝐱𝐲

Con questa espressione possiamo vedere che essendo dp una matrice costante risulterà:

𝑵 = 𝒉𝒅𝒑 𝜼

𝒉𝟑
𝑴 = 𝒅 𝝌
𝟏𝟐 𝒑
𝑻 = 𝒉 𝒅𝒛 𝒕

T nasce dal legame in cui la matrice dz è data da:

𝟓 𝟏 𝟎
𝒅𝒛 = 𝑮g h
𝟔 𝟎 𝟏
A questo punto esprimiamo la quantità che ci serve:

𝐍𝐱 𝟏 𝛎 𝟎 𝛈𝐱
𝐡𝐄
‘ 𝐍𝐲 ’= 𝟏§ 𝛎𝟐 ¶ 𝛎 𝟏 𝟎 · ƒ 𝛈𝐲 …
𝟏§𝛎
𝐍𝐱𝐲 𝟎 𝟎 𝛈𝐱𝐲
𝟐

𝐡𝐄
𝐍𝐱 = J𝛈 + 𝛎𝛈𝐲 M
𝟏 − 𝛎𝟐 𝐱
𝐡𝐄
𝐍𝐲 = J𝛈 + 𝛎𝛈𝐱 M
𝟏 − 𝛎𝟐 𝐲
𝐡𝐄
𝐍𝐱𝐲 = 𝛈 = 𝐡𝐆𝛈𝐱𝐲
𝟐(𝟏 + 𝛎) 𝐱𝐲

Per quanto riguarda i momenti, otteniamo:

𝐌𝐱 𝟏 𝛎 𝟎 𝛘𝐱
𝐡𝟑 𝐄
‘ 𝐌𝐲 ’= 𝟏𝟐(𝟏§ 𝛎)𝟐 ¶ 𝛎 𝟏 𝟎 · ƒ 𝛘𝐲 …
𝟏§𝛎
𝐌𝐱𝐲 𝟎 𝟎 𝛘𝐱𝐲
𝟐
𝐡𝟑 𝐄
• 𝐃 = 𝟏𝟐(𝟏§ 𝛎)𝟐 D è l’equivalente della rigidezza flessionale di una strisciolina di larghezza
unitaria quando teniamo conto del termine (𝟏 − 𝛎)𝟐 che rappresenta il fatto che la
contrazione trasversale risulta impedita.

𝐌𝐱 = 𝐃 (𝛘𝐱 + 𝛎𝛘𝐲 )

𝐌𝐲 = 𝐃 (𝛘𝐲 + 𝛎𝛘𝐱 )
𝟏−𝛎
𝐌𝐱𝐲 = 𝐃 𝛘𝐱𝐲
𝟐

Per quanto riguarda infine T:


𝑻𝒙 𝟓 𝟏 𝟎 𝒕𝒙
Y𝑻 › = 𝟔Ghg hY ›
𝒚 𝟎 𝟏 𝒕𝒚

Quindi, indicando con Z rigidità tagliante della nostra piastra:

𝐓𝐱 = 𝐙𝐭 𝐱
𝐓𝐲 = 𝐙𝐭 𝐲

A questo punto vi suggerisco di sostituire queste espressioni nelle equazioni che abbiamo ottenuto la
scorsa volta per poter esprimere tutto in funzione delle nostre variabili, tenendo conto del problema
flessionale, vedremo che i termini 𝛘𝐱 , 𝛘𝐲 , 𝛘𝐱𝐲 contengono le derivate degli angoli di rotazione.
Mentre i termini che contengono 𝐓𝐱 , 𝐓𝐲 sono le differenze delle derivate di W rispetto a x e a y e il
corrispondente angolo. Se sostituiamo nelle equazioni di equilibrio che abbiamo ottenuto, arriviamo
a delle equazioni differenziali che contengono le nostre variabili fondamentali, W, 𝝋𝒙 , 𝝋𝒚 .

3.2.7 Equazioni di equilibrio in termini degli spostamenti


Sulla base di queste informazioni si possono ora esprimere, sostituendo nelle equazioni di equilibrio,
le variabili 𝜑. , 𝜑/ 𝑒 𝑤 che governano la cinematica di questo problema.
Si è visto che le parti:
𝑢(𝑥, 𝑦)
𝑣(𝑥, 𝑦)

governano solo il problema nella parte nel piano. Il problema flessionale. governato da carichi
perpendicolari al piano e coppie, è governato invece completamente dalle funzioni 𝜑. , 𝜑/ 𝑒 𝑤.
Allora si prosegue sostituendo i valori di 𝜒. 𝑒 𝜒/ nelle equazioni dei momenti:

¼½¾ ¼½À
𝑀. = −𝐷 } +𝜈 ~ [20]
¼¾ ¼À

¼½ ¼½¾
𝑀/ = −𝐷 } ¼ À + 𝜈 ¼¾
~ [21]
À

§à ¼½ ¼½À
𝑀./ = −𝐷 ∙ ∙}¼¾+ ~ [22]
© À ¼¾

Dove la [22] corrisponde al momento torcente.


Se si combinano assieme queste 3 equazioni governanti si può osservare che, derivando rispetto a 𝑥
la [5] e rispetto ad 𝑦 la [6] ad entrambi i membri, si ottiene:

¼Ä¾ ¼ÄÀ
¼.
+
¼/
= −𝑝 [23]
¼ ¼Æ¾ ¼Æ¾À ¼ ¼É ƾ ¼É ƾÀ ¼Ä¾ ¼Ê¾
Å + − 𝑇. È = ¼. 𝑚. → + − = [24]
¼. ¼. ¼/ ¼. É ¼/¼. ¼. ¼.
¼ ¼Æ¾À ¼ÆÀ ¼ ¼É ƾÀ ¼É ÆÀ ¼ÄÀ ¼ÊÀ
Å + − 𝑇/ È = ¼/ 𝑚/ → + − = [25]
¼/ ¼. ¼/ ¼.¼/ ¼/ É ¼/ ¼/

A questo punto se si somma membro a membro, si trova che:

¼É ƾ ¼É ƾÀ ¼É ÆÀ ¼Ä ¼ÄÀ ¼Ê¾ ¼ÊÀ


¼. É
+2 ¼.¼/
+ ¼/ É
− g ¼.¾ + ¼/
h= ¼.
+ ¼/
[26]

Tenendo conto dell’equazione [23] si osserva che:

¼Ä ¼ÄÀ
g ¼.¾ + ¼/
h = −𝑝 [27]

Pertanto si procede sostituendo tale valore nell’espressione [26]:

¼É ƾ ¼É ƾÀ ¼É ÆÀ ¼Ê¾ ¼ÊÀ


+2 + − [−𝑝] = + [28]
¼. É ¼.¼/ ¼/ É ¼. ¼/
¼É ƾ ¼É ƾÀ ¼É ÆÀ ¼Ê¾ ¼ÊÀ
+2 + = −𝑝 + + [29]
¼. É ¼.¼/ ¼/ É ¼. ¼/

Derivando ora due volte questa espressione rispetto a 𝑥 e a 𝑦, si ottiene:

¼É ¼Î ½¾ ¼Î ½
É
(∙) = −𝐷 Å + 𝜈 ¼/¼.ÀÉÈ [30]
¼. ¼. Î
¼É ¼Î ½À ¼Î ½
(∙) = −𝐷 Å Î + 𝜈 ¾
È [31]
¼/ É ¼/ ¼.¼/ É
¼É §à ¼Î ½ ¼Î ½À
(∙) = −𝐷 Å ¾
È Å¼/É ¼. + È [32]
¼.¼/ © ¼/¼. É
A questo punto si prosegue sommando i termini:

𝜕 Ñ 𝜑. 𝜕 Ñ 𝜑/ 𝜕 Ñ 𝜑/ 𝜕 Ñ 𝜑. 𝜕 Ñ 𝜑. 𝜕 Ñ 𝜑/
−𝐷 Ï Ñ + 𝜈 + (1
+ 𝜈 © + − 𝜈) z © + |Ó =
𝜕𝑥 𝜕𝑦𝜕𝑥 © 𝜕𝑦 Ñ 𝜕𝑦 𝜕𝑥 𝜕𝑦 𝜕𝑥 𝜕𝑦𝜕𝑥 ©
¼Ê¾ ¼ÊÀ
= −𝑝 + ¼.
+ ¼/
[33]

Raccogliendo i termini a fattor comune, si osserva che:

𝜕 © 𝜕𝜑. 𝜕 © 𝜕𝜑. 𝜕 © 𝜕𝜑/ 𝜕 © 𝜕𝜑/


−𝐷 Ï © } ~+ ©} ~+ ©z |+ ©z |Ó =
𝜕𝑥 𝜕𝑥 𝜕𝑦 𝜕𝑥 𝜕𝑥 𝜕𝑦 𝜕𝑦 𝜕𝑦
¼Ê¾ ¼ÊÀ
= −𝑝 + + [34]
¼. ¼/

A questo punto si denomina con la lettera 𝑀 la quantità seguente:

¼½ ¼½À
𝑀 = 𝐷 Å ¼.¾ + È [35]
¼/

Dall’equazione [35] si osserva che il termine corrisponde al Laplaciano. Pertanto è possibile


riscriverla come segue e ricavare così la prima equazione:

¼Ê¾ ¼ÊÀ
∇© (𝑀 ) = 𝑝 − Å + È [36]
¼. ¼/

La seconda equazione la si ricava dall’espressione del taglio:


¼Ö
𝑇. = 𝑍𝑡. = 𝑍 Å − 𝜑. È [37]
¼.
¼Ö
𝑇/ = 𝑍𝑡/ = 𝑍 Å ¼. − 𝜑/ È [38]

Sostituendo poi l’equazione [23], si ottiene un’altra equazione indipendente pari a:

¼É Ö ¼½¾ ¼É Ö ¼½À
𝑍 Å ¼. É − ¼.
È + 𝑍 Å ¼/ É − ¼/
È = −𝑝 [39]

𝑀
= e∇© 𝑤 − f
𝐷
¼É Ö ¼É Ö ¼½ ¼½À
𝑍 gÅ ¼.É + ¼/É È − Å ¼.¾ + Èh = −𝑝 [40]
¼/

Dove il Laplaciano è uguale a:

¼É ¼É
∇© = − ¼.É (∙) + ¼/É (∙) [41]

Mentre il Laplaciano di 𝑤 corrisponde alla seconda equazione, ricavata dividendo ogni membro per
𝑍:
Æ Ø
∇© 𝑤 − × = − Ù [42]
Derivando l’equazione di equilibrio del taglio un’altra volta, si ottiene la terza equazione che governa
il comportamento della piastra:

¼½¾ ¼½À Ù ¼½¾ ¼½À


∇© Å − È= ÚÛÜ Å − È [43]
¼/ ¼. ×Å É È ¼/ ¼.

Le tre equazioni sopracitate corrispondono a tre equazioni differenziali nelle tre variabili
cinematiche, ovvero in 𝜑. , 𝜑/ 𝑒 𝑤.

3.3 Piastra sottile non deformabile a taglio di Sophie-Germain-Kirchhoff

3.3.1 Cinematica
Per semplificare la teoria, si assume che non vi sia alcuna deformazione a taglio:

𝑡. = 0
𝑡/ = 0

Si assuma, inoltre, che i segmenti ruotino mantenendosi sempre perpendicolari alla superficie
deformata. La cinematica complessiva sarà dunque governata dalle seguenti espressioni 𝑆. , 𝑆/ e 𝑆1 :

¼Ö(.,/)
𝑆. (𝑥, 𝑦, 𝑧) = 𝑢 (𝑥, 𝑦) − 𝑧 ¼.
[44]
¼Ö
𝜑. =
¼. ¼Ö(.,/)
𝜑/ =
¼Ö 𝑆/ (𝑥, 𝑦, 𝑧) = 𝑣 (𝑥, 𝑦) − 𝑧 [45]
¼/
¼/

𝑆1 (𝑥, 𝑦, 𝑧) = 𝑤(𝑥, 𝑦) [46]

Il segmento indeformato perpendicolare alla superficie media, si mantiene perpendicolare alla


superficie media quando quest’ultima si deforma. Questa è una teoria complessiva che tiene conto
anche degli spostamenti nel piano; si può notare che, anche in questo caso, il comportamento nei
confronti delle forze applicate nel piano e delle forze applicate fuori dal piano, è disaccoppiato; ciò
che cambia tra la trattazione nel piano e quella fuori dal piano è sicuramente la caratterizzazione della
deformazione. Le deformazioni complessive saranno individuate dalle curvature 𝜒., 𝜒/ e 𝜒./ :

¼½¾ ¼É Ö
𝜒. = − ¼¾
= − ¼.É [47]
¼½À ¼É Ö
𝜒/ = − = − ¼/É [48]
¼À

¼½ ¼½À ¼É Ö ¼É Ö ¼É Ö
𝜒./ = − } ¼ ¾ + ~ = − ż.¼/ + ¼/¼.È = −2 ¼.¼/ [49]
À ¼¾

L’espressione [49] corrisponde alla curvatura torsionale. È importante tenere sempre conto che non
ci sarà alcuna deformazione a taglio e pertanto:

𝑡. = 0
𝑡/ = 0
Le quantità statiche di interesse saranno le seguenti:
á

𝑀. = ∫ 𝜎. 𝑧 𝑑𝑧
É
á [50]
§É
á

𝑀/ = ∫ 𝜎/ 𝑧 𝑑𝑧
É
á [51]
§É
á
𝑀./ = ∫ 𝜏./ 𝑧 𝑑𝑧
É
á [52]
§É

L’unico carico trasversale che ha senso considerare sarà quello distribuito (𝑝), corrispondente a:
á
𝑝 = ∫ 𝐹𝑧 𝑑𝑧
É
á [53]
§É

3.3.2 Principio dei lavori virtuali

Sulla base di questi dati, è possibile scrivere dunque il lavoro virtuale interno, che sarà dato dalla
formula che segue:

𝐿𝑖 = H J𝑀. 𝛿𝜒. + 𝑀/ 𝛿𝜒/ + 𝑀./ 𝛿𝜒./ M𝑑𝐴 =


ç
¼É èÖ ¼É èÖ ¼É èÖ
= − ∫ç g𝑀. + 𝑀/ + 2𝑀./ ¼.¼/ h 𝑑𝐴 [54]
¼. É ¼/ É

Il lavoro virtuale esterno, invece, sarà dato dalla formula seguente, che prevede la somma dell’:

¼èÖ ¼èÖ
𝐿𝑒 = ∫ç 𝑝𝛿𝑤 𝑑𝐴 + ∫î Å𝑉𝛿𝑤 + 𝑊ë + 𝑊ìë È 𝑑𝑠 [55]
¼ë ¼ì

Dove:

¼èÖ
• corrisponde alla rotazione normale: 𝛿𝜑ë
¼ë
¼èÖ
• corrisponde alla rotazione lungo la tangente: 𝛿𝜑ì
¼ì

Per ottenere le equazioni di equilibrio si deve applicare il Teorema della divergenza.


Se si considera il termine 𝑀. , si ottiene che:
¼É èÖ ¼ ¼èÖ ¼Æ¾ ¼èÖ
𝑀. ¼. É
= ¼. g𝑀. ¼.
h− ¼.
∙ ¼.
[56]
¼ ¼èÖ ¼Æ¾ ¼èÖ ¼É èÖ
g𝑀. h= ∙ + 𝑀. [57]
¼. ¼. ¼. ¼. ¼. É
¼É èÖ ¼ ¼èÖ ¼Æ¾ ¼É ƾ
𝑀. ¼. É
= ¼. g𝑀. ¼.
− 𝛿𝑤 ¼.
h+ ¼.
𝛿𝑤 [58]
¼É èÖ ¼Æ¾ ¼èÖ ¼É èÖ ¼èÖ ¼Æ¾ ¼É ƾ ¼É ƾ
𝑀. ¼. É
= ¼. ¼.
+ 𝑀. ¼. É
− ¼. ¼.
− 𝛿𝑤 ¼. É
+ ¼.
[59]

Si procede con un discorso analogo scrivendo il termine 𝑀/ :

¼É èÖ ¼ ¼èÖ ¼ÆÀ ¼É ÆÀ
𝑀/ ¼/ É
= ¼/ g𝑀/ ¼/
− 𝛿𝑤 ¼/
h+ ¼/ É
𝛿𝑤 [60]

Per quanto riguarda i termini che contengono il momento torcente, si ottiene che 𝑀./ :

¼É èÖ ¼ ¼èÖ ¼ ¼Æ¾À ¼É ƾÀ ¼ ¼èÖ


𝑀./ ¼.¼/ = ¼. g𝑀./ h − ¼/ g𝛿𝑤 h + 𝛿𝑤 = ¼/ g𝑀./ h−
¼/ ¼. ¼.¼/ ¼.
¼ ¼Æ¾À ¼É ƾÀ
− ¼. g𝛿𝑤 ¼/
h + 𝛿𝑤 ¼.¼/
[61]

Sostituendo tali espressioni nell’equazione del lavoro virtuale interno, si ottiene:

¼É Æ ¼É ƾÀ ¼É ÆÀ ¼ ¼Æ ¼Æ¾À
𝐿𝑖 = − ∫ç 𝛿𝑤 g ¼.ɾ + 2 + h 𝑑𝐴 + ∫ç ¼. g𝛿𝑤 Å ¼.¾ + Èh +
¼.¼/ ¼/ É ¼/
¼ ¼Æ¾À ¼ÆÀ ¼ ¼èÖ ¼èÖ ¼ ¼èÖ
g𝛿𝑤 Å + Èh 𝑑𝐴 − ∫ç i¼. Å𝑀. + 𝑀./ È + ¼/ Å𝑀./ +
¼/ ¼. ¼/ ¼. ¼/ ¼.
¼èÖ
𝑀/ Èj 𝑑𝐴 [62]
¼/

Dove:
¼Æ¾ ¼Æ¾À
• g𝛿𝑤 Å + Èh = 𝑔.
¼. ¼/
¼Æ¾À ¼ÆÀ
• g𝛿𝑤 Å ¼.
+ ¼/
Èh = 𝑔/
¼èÖ ¼èÖ
• Å𝑀. ¼.
+ 𝑀./ ¼/ È = 𝑔.
¼èÖ ¼èÖ
• Å𝑀./ ¼.
+ 𝑀/ ¼/
È = 𝑔/
A questo punto si può riportare la formula al contorno mediante il teorema della divergenza:

¼É Æ ¼É ƾÀ ¼É ÆÀ ¼Æ ¼Æ¾À ¼Æ¾À


𝐿𝑖 = − ∫ç 𝛿𝑤 g ¼.ɾ + 2 + h + ∫î iÅ ¼.¾ + È 𝛼. + Å +
¼.¼/ ¼/ É ¼/ ¼.
¼ÆÀ ¼èÖ ¼èÖ ¼èÖ ¼èÖ
¼/
È 𝛼/ j 𝛿𝑤 𝑑𝑠 + ∫î gÅ𝑀. ¼. + 𝑀./ ¼/
È 𝛼. + Å𝑀./ ¼. + 𝑀/ ¼/
È 𝛼/ h 𝑑𝑠 [63]

Con:
¼Ö ¼Ö ¼ë ¼Ö ¼ì
= + [64]
¼. ¼ë ¼. ¼ì ¼.

¼ë ¼ì
Dove: = 𝛼. e = −𝛼/ , perciò sostituendo in [64] si ottiene:
¼. ¼.
¼Ö ¼Ö ¼Ö
= 𝛼. − 𝛼/ [65]
¼. ¼ë ¼ì

Analogamente:

¼Ö ¼Ö ¼ë ¼Ö ¼ì
¼/
= ¼ë ¼/
+ ¼ì ¼/
[66]

¼ë ¼ì
Dove
¼/
= 𝛼/ e ¼/
= 𝛼. , perciò sostituendo in [66] si ottiene:

¼Ö ¼Ö ¼Ö
¼.
= 𝛼 +
¼ë / ¼ì
𝛼. [67]

Si sostituisce questo tratto di espressione dall’equazione [63]:

¼òó ¼òÀ ¼òó ¼òó


… ∫õ gÅ𝑀. + 𝑀./ È α. + Å𝑀./ + 𝑀/ È α/ h 𝑑𝑠 [68]
¼. ¼/ ¼. ¼/

Con l’equazione sottostante:

¼òó ¼òó ¼òó ¼òó ¼òó


𝑀. α©. − 𝑀. α. α/ + 𝑀./ α/ α. + 𝑀./ α©. + 𝑀./ α. α/ −
¼ë ¼ì ¼ë ¼ì ¼ë
¼òó ¼òó ¼ò
− 𝑀./ α©/ + 𝑀/ α©/ + 𝑀/ ¼ìó α/ α. [69]
¼ì ¼ë

Si raccolgono i termini a fattor comune:

• Quelli con derivata normale


• Quelli con derivata lungo la tangente

Si ricava che:

¼òó ¼òó
I𝑀. α©. + 2𝑀./ α. α/ + 𝑀/ α©/ U ¼ë
+ I(𝑀/ − 𝑀. )α. α/ + 𝑀./ (α©. − α©/ )U ¼ì
[70]

𝑀ë 𝑀ìë

Momento riportato al bordo Momento torcente riportato al bordo

Quindi nell’equazione del lavoro virtuale interno si ha che:

¼É Æ ¼ É Æ¾À ¼ É ÆÀ ¼òó ¼òó


𝐿< = − ∫÷ δÖ g ¼. ɾ + 2 ¼.¼/
+ ¼/ É
h 𝑑𝐴 + ∫õ 𝑇ë δÖ 𝑑𝑠 + ∫õ Å𝑀ë ¼ë
+ 𝑀ìë ¼ì
È 𝑑𝑠 [71]

Dove:
𝜕𝑀. 𝜕𝑀./ 𝜕𝑀./ 𝜕𝑀/
𝑇ë = Ïz + | α𝑥 + z + | α𝑦 Ó
𝜕𝑥 𝜕𝑦 𝜕𝑥 𝜕𝑦

𝑇ë è la proiezione della forza di taglio. È noto che: 𝐿< = 𝐿> → 𝐿< − 𝐿> = 0 ∀δ𝑤
¼É Æ ¼É ƾÀ ¼É ÆÀ ¼èó
− ∫÷ g ¼.ɾ + 2 + + 𝑝h δÖ 𝑑𝐴 + ∫î g(𝑇ë − 𝑉)𝛿Ö + (𝑀ë + 𝑊ë ) +
¼.¼/ ¼/ É ¼ë
¼èó
+ (𝑊ìë + 𝑀ìë ) ¼ì
h 𝑑𝑠 = 0 [72]

Questo fornisce sia le condizioni di equilibrio che quelle al contorno:

• Condizioni di Equilibrio su A - Per l’arbitrarietà della variazione del campo degli


spostamenti deve risultare come segue:

¼É ƾ ¼É ƾÀ ¼É ÆÀ
+2 + = −𝑝 [73]
¼. É ¼.¼/ ¼/ É

• Condizioni al Contorno su Γ

¼èÖ
+c.c. o =0 oppure 𝑀ë + 𝑊ë = 0
¼ë

La seconda condizione al contorno, ingloba i due termini dell’equazione [72], riportati in seguito:

(𝑇ë − 𝑉) e (𝑊ìë + 𝑀ìë ).


Queste due condizioni al contorno devono dunque essere considerate sempre assieme.

¼èÖ ¼ùúû ¼Æúû


∫î(𝑊ìë + 𝑀ìë ) ¼ì
= − ∫î Å
¼ì
+
¼ì
È 𝛿𝑤 𝑑𝑠 [74]

Si è sostanzialmente fatta una integrazione per parti lungo la linea di contorno considerata.
Inglobando i due termini che contendono 𝑤, si osserva che il secondo termine dell’integrale [74]
corrisponde a:

¼ùúû ¼Æúû
∫î g(−𝑇ë + 𝑉 ) − ¼ì
− ¼ì
h 𝛿𝑤 𝑑𝑠 = 0 ∀𝛿𝑤 [75]

Come seconda condizione al contorno si avrà allora che:

¼üúû ¼ùúû
o δÖ = 0 oppure 𝑇ë + = 𝑉 −
¼ì ¼ì

¼Æúû
Dove 𝑇ë + è il Taglio di Kirchhoff.
¼ì

Si consideri una porzione di bordo della piastra regolare, e si suddivida tale porzione in altre piccole
porzioni (celle). Il momento torcente che agisce nelle due celle, può essere idealmente visto come
una coppia di forze uguali ed opposte. Allora se la distanza delle celle è pari a 𝑑𝑠, si può pensare che
il momento si realizzi mediante una forza orientata verso il basso ed una orientata verso l’alto. Nella
cella vicina, petò, tali forze sono incrementate rispetto a quelle dell’altra cella.
L’effetto globale di queste coppie di forze è una forza totale orientata verso il basso, chiamata 𝑇ë , il
cui valore è:
¼òüúû
𝑇ë = [76]
¼ì

Tale forza di taglio, che corrisponde al momento torcente, verrà poi sommata all’azione tagliante che
esiste sul bordo. Pertanto si avrà che sul bordo, il valore totale della forza tagliante 𝑇ë sarà pari a:

¼üúû
𝑇ë,ÄýÄ = 𝑇ë + 𝑇ë = 𝑇ë + [77]
¼ì

¼üúû
Dove 𝑇ë + è sempre il Taglio di Kirchhoff che deve eguagliare la risultante, in assenza di
¼ì
coppie distribuite lungo il bordo. La difficoltà che è stata riscontrata nello sviluppo della teoria delle
piastre è proprio quella per la quale esistono solamente due condizioni al contorno al posto di tre.
Tali condizioni al contorno riguardano il momento che deve eguagliare l’eventuale azione esterna
applicata, o l’abbassamento al bordo è uguale a zero, oppure il Taglio di Kirchhoff deve eguagliare
la forza di taglio.

Queste sono le condizioni che fissano l’equilibrio per una piastra come quella di Kirchoff.
Il problema è soddisfatto se il bordo della piastra è regolare e non presenta punti singolari, quindi la
direzione della normale varia con continuità lungo il bordo; se la direzione della normale presenta
dei salti, come succede in una piastra poligonale o rettangolare, ci sono delle condizioni addizionali
che sono indicate sul testo, non faremo la derivazione ma analizzeremo i risultati.
3.3.3 Alcune applicazioni

Applicazione 1
Si considera una piastra rettangolare con i lati numerati e si assumono gli assi lungo due lati, con
l’origine coincidente con il vertice A.
La piastra è vista dall’altro, si analizzano le condizioni:
LATO EQUAZIONE ds dn 𝛼. 𝛼/
1) 𝑦=0 𝑑𝑠 = 𝑑𝑥 𝑑𝑛 = −𝑑𝑦 𝛼. = 0 𝛼/ = −1
2) 𝑥=𝑎 𝑑𝑠 = 𝑑𝑦 𝑑𝑛 = 𝑑𝑥 𝛼. = 1 𝛼/ = 0
3) 𝑦=𝑏 𝑑𝑠 = − 𝑑𝑥 𝑑𝑛 = 𝑑𝑦 𝛼. = 0 𝛼/ = +1
4) 𝑥=0 𝑑𝑠 = − 𝑑𝑦 𝑑𝑛 = −𝑑𝑥 𝛼. = −1 𝛼/ = 0

Esempio Lato 1:
Caratterizzato da equazione 𝑦 = 0, se considero un elemento ds diretto
lungo il bordo, questo corrisponde ad un incremento dx, un elemento dn
diretto perpendicolarmente rispetto al contorno risulta essere diretto nella
direzione opposta all’asse y, quindi –dy. Il coseno direttore dell’angolo tra
la normale e l’asse x risulta essere nullo 𝛼. = 0, mentre il coseno direttore
tra la normale e l’asse y è -1, 𝛼/ = −1.

Si può vedere sul lato 3 quali sarebbero le forze presenti, con i loro versi
positivi, fissiamo gli assi x e z. Considero una striscia di piastra presa dal
bordo 4 al bordo 2. Saranno presenti le seguenti Forze Esterne:

• 𝑉! verticale relativa al lato 4;


• 𝑊ë! coppia esterna flettente relativa al lato 4;
• 𝑉© verticale relativa al lato 4;
• 𝑊ë© coppia esterna flettente relativa al lato 4;
Taglio la piastra e isolo un elementino infinitesimo interno, saranno presenti le seguenti Forze
Interne:

• 𝑀. momento interno in x;
• 𝑇. taglio interno in x.
Allo stesso modo si taglia una striscia di piastra dal bordo 1 al bordo 3, si isola un elemento
infinitesimo interno e si analizzano le Forze Esterne e Interne:
• 𝑉Â verticale relativa al lato 1;
• 𝑊ë coppia esterna flettente relativa al lato 1;
• 𝑉Ñ verticale relativa al lato 3;
• 𝑊ëÑ coppia esterna flettente relativa al lato 3;
• 𝑀/ momento interno in y;
• 𝑇/ taglio interno in y.

Si è supposto che non ci siano Momenti Torcenti applicati dall’esterno ma che le uniche azioni
esterne siano le coppie Wn normali al bordo e le forze V perpendicolari al bordo.
Se si impone il PLV, calcolando il lavoro esterno e interno, tenendo conto che il bordo non è continuo
ma ha derivata normale e tangenziale che varia, subisce un salto in corrispondenza degli angoli;
questo fa nascere dei contributi localizzati legati al fatto che sul bordo si dovrebbero fare delle
integrazioni che producono, come indicato sul testo, dei termini che nascono al contorno. Questo
implica che su ciascuno dei lati devono essere soddisfatte le 2 Condizioni al Contorno,
precedentemente esposte, ed un ulteriore Condizione al Contorno sugli spigoli (Per Contorni Non
Lisci):
• Lo Spostamento in corrispondenza di uno dei vertici N deve essere un valore assegnato
oppure il doppio del Momento Torcente nel punto N deve essere pari a 0.

w # = rrrrrr
w §# oppure 2M%& # = 0
[10]

Una piastra con bordo non liscio può anche essere soggetta a Forze Concentrate negli spigoli, se sono
presenti tali forze l’ultima condizione al contorno sugli spigoli diventa:

w # = rrrr
w # oppure 2M%& # = ± F #
[11]

Questo fa capire che in corrispondenza di uno spigolo della piastra nascono dei Momenti Torcenti
che per reciprocità devono avere segni diversi in corrispondenza dello spigolo:
• M%& dx agente sulla cella di lato dx;
• M%& dy agente sulla cella di lato dy.
Il Momento Torcente si può considerare come generato da due forze di valore pari a M%& , considero
la cella di lato dx, una forza sarà orientata verso l’alto e una orientata verso il basso; sulla faccia di
lato dy, per reciprocità, le due forze hanno verso opposto. In corrispondenza dello spigolo le due
forze si sommano e generano un contributo verso l’alto pari a 2M%& .

Sugli spigoli in cui il Momento Torcente è orientato in modo da convergere verso lo spigolo, la forza
risultante sul vertice è orientata verso il basso.
Applicazione 2
Si considera una piastra rettangolare di dimensioni a e b, incastrata nel lato AD, appoggiata nel lato
AB e libera negli altri due lati, soggetta ad una Forza Concentrata sullo spigolo C. L’origine degli
assi xy è posta in corrispondenza dello spigolo A.

Si analizzano le condizioni al contorno nei vari lati:


LATO 1 BORDO APPOGGIATO Equazione 𝑦 = 0
Lo spostamento trasversale deve essere nullo e il momento esterno in direzione normale al bordo
deve essere nullo. La condizione di appoggio della piastra è una generalizzazione di quello che
succede in una trave appoggiata, sulla quale l’abbassamento è impedito e non è presente momento
flettente.
Il lato ha equazione y = 0, perciò l’abbassamento come funzione di x e per y = 0 deve essere nullo;
non sono presenti Momenti esterni e quindi il momento interno normale al bordo, cioè My come
funzione di x e y = 0, deve essere nullo.
• W=0 W- = 0
• y = 0 è W(%,&`.) = 0 M&(%,&`.) = 0

LATO 2 BORDO LIBERO Equazione 𝑥 = 𝑎


Lo spostamento del punto B è impedito per via del vincolo di appoggio sul lato 1. Sul lato libero non
0, ed il momento esterno
sono presenti carichi trasversali quindi deve annullarsi il taglio di Kirchoff V
in direzione normale al bordo deve essere nullo. Quest’ultima condizione implica che il momento
interno normale al bordo, cioè Mx come funzione di x = a e y, deve essere nullo. La prima condizione
implica che il taglio di Kirchoff come funzione di x = a e y sia nullo.

• 0=0
V W- = 0
1ü2 1ü23
• x=a è ( +2 )(%`4,&) = 0 M%(%`4,&) = 0
1% 1&

LATO 3 BORDO LIBERO Equazione 𝑦 = 𝑏


Il bordo è libero quindi non sono presenti forze esterne, il caso è analogo al lato 2, tenendo presente
che il momento interno in direzione normale al bordo è My, verifico le condizioni in corrispondenza
di y = b.
• 0=0
V W- = 0
1ü3 1ü23
• y=b è ( +2 )(%,&`5) = 0 M&(%,&`5) = 0
1& 1%

LATO 4 BORDO INCASTRATO Equazione 𝑥 = 0


Lo spostamento trasversale deve essere nullo e la rotazione deve essere bloccata, la derivata dello
spostamento in direzione normale deve essere nulla.

16
• W=0 =0
1-
16
• x = 0 è W(%`.,&) = 0 =0
1- (%`.,&)

Sui punti A, B, D lo spostamento è bloccato, W = 0 perché: il punto A è un’intersezione tra un lato


incastrato e uno appoggiato, il punto D è all’estremità di un lato incastrato e il punto B è all’estremità
di un lato appoggiato.
Nel punto C lo spostamento trasversale è libero, occorre considerare la condizione al contorno per
gli spigoli:
2M%& 7 = − F 7 [12]
2M%& = − F [13]
(%`4,&`5)

Su questo bordo la distribuzione dei Momenti Torcenti è tale da produrre una forza risultante rivolta
verso l’alto che deve bilanciare la Forza F applicata. Con questo si è riconosciuto (la dimostrazione
è sul testo e non verrà chiesta) che se la piastra non ha un contorno regolare, per regolare si intende
che in ogni punto è definita univocamente la direzione della normale, allora ci sono solo queste
condizioni di equilibrio per il contorno. Se invece il contorno prevede dei punti singolari allora
occorre tener conto delle condizioni sugli spigoli che dicono che o l’abbassamento in corrispondenza
di uno dei vertici è bloccato, oppure il doppio del Momento Torcente valutato nello spigolo deve
essere uguale, a meno del segno, alla Forza Concentrata eventualmente applicata; se non ci sono
Forze Applicate la condizione sarebbe 2M%& = 0.

3.3.4 Equazione della piastra di Kirchhoff


Introduciamo accanto alle condizioni di Congruenza ed Equilibrio le equazioni del Legame
Costitutivo per arrivare a trovare l’equazione della piastra di Kirchhoff in condizioni di
comportamento elastico.

Equazioni Legame Elastico Lineare


M% = DJχ% + νχ&M [14]
M& = DJχ& + νχ%M [15]
(§;)
M%& = D ∙ ∙ χ%& [16]
©

Il coefficiente D tiene conto della rigidezza flessionale in una trave, h è lo spessore della piastra e il
termine (1 − 𝜈 © ) tiene conto del fatto che la contrazione trasversale è impedita; se avessimo tante
striscioline indipendenti esse potrebbero deformarsi trasversalmente, il fatto che siano collegate tra
loro impedisce la deformazione trasversale.

<=Î
D = ©(§;É ) [17]

Il Taglio non si può definire sulla base del legame costitutivo perché la piastra non può deformarsi a
taglio, perciò verrà dedotto dalle condizioni di equilibrio.
Per arrivare a definire l’equazione della piastra di Kirchof, indeformabile a taglio, si sostituiscono le
Equazioni di Congruenza nelle leggi del Legame Costitutivo e successivamente nelle Equazioni di
Equilibrio.
1É >(2,3) 1É >(2,3)
M% = −D } 12 É +ν 13 É
~ [18]
1É >(2,3) 1É >(2,3)
M& = −D } 13 É +ν 12 É
~ [19]
(§;) 1É >(2,3) 1É >(2,3)
M%& = −D ∙ ©
∙2 12 13
= −D (1 − ν) 12 13
[20]

Sostituisco tali espressioni nelle Equazioni di Equilibrio:

1? 6 1? 6 1? 6 1? 6 1? 6
−D z 1 ? + ν 1 É 1 É| – 2 D (1 − ν) 1 É 1 É − D z 1 ? + ν 1 É 1 É| = −p
2 @AB
2 3 @AB
2 3 3 @AB
2 3

[21]

I termini sottolineati dipendono da 𝜈, vengono accorpati e semplificati. Cambio di segno e divido


tutto per D e ottengo:

EQUAZIONE DELLA PIASTRA SOPHIE-GERMAIN-KIRCHOFF

1? 6 1? 6 1? 6 E
? +21 É É + = [22]
12 2 13 13 ? F

L’equazione è in funzione della sola variabile W e governa pienamente il comportamento di una


piastra non deformabile a taglio.
Nel caso di una trave di Bernoulli-Eulero era stata trovata una derivata quarta dello spostamento
trasversale che era uguale al carico distribuito diviso la rigidezza flessionale, questa [22] è la
generalizzazione a un solido bidimensionale dell’equazione della trave.
Viene introdotto l’operatore differenziale per esprimere l’equazione della piastra in forma compatta:

1? (.) 1? (.) 1? (.)


∇! = 12 ? +21 É
13 É + 13 ?
[23]
2

L’equazione della piastra viene scritta in forma compatta:


E
∇! W = F [24]

L’equazione è alle derivate parziali e risulta essere più complicata rispetto a quella della trave, essa
contiene la funzione incognita W; noto W(x,y) la soluzione è completamente definita perché si
possono calcolare direttamente i Momenti Flettenti e Torcenti e, per derivazione, le forze di taglio
Tx e Ty.

¼Æ¾ ¼Æ¾À
𝑇. = } + ~ [25]
¼¾ ¼À
¼Æ ¼Æ¾À
𝑇/ = } ¼ À + ~ [26]
À ¼¾
Per determinare la funzione W(x,y) servono le Condizioni al Contorno che, in alcune situazioni sono
espresse direttamente in funzione di W o della sua derivata, in altre si possono esprimere sostituendo
l’espressione di 𝑀ë e 𝑇ë in funzione di W e delle sue derivate e si può arrivare a imporre queste
condizioni. Il problema dal punto di vista matematico è ben posto e può essere determinato. In
particolare si può vedere che il taglio rispetto a x e y verrà ottenuto sostituendo l’espressione dei
Momenti M% e M& nelle equazioni [25] e [26]:

1Î 6 1Î 6 1Î 6 1Î 6 1Î 6
T% =– D ( Î + ν É ) – D (1 − ν) É = −D ( Î + ν ) [27]
12 12 13 12 13 12 12 13 É

Espressione analoga si ottiene per T& sostituendo nella [26] l’espressione di 𝑀. e 𝑀/ in funzione
delle curvature, alle curvature la congruenza e semplificando i termini.
Esistono dei casi in cui si riesce a trovare una soluzione in forma chiusa, per particolari forme di
piastra, si può fare per una piastra a forma di triangolo equilatero con i 3 bordi appoggiati e con una
piastra di forma ellittica con il bordo interamente incastrato. Per i casi di utilità maggiore, come
potrebbe essere per le piastre rettangolari con varie condizioni al contorno, si dovrà arrivare ad una
soluzione tramite sviluppo per serie; sviluppando opportunamente per serie il carico applicato si può
arrivare a trovare una soluzione generata da una successione, ottenuta dalle risposte sovrapponendo
gli effetti, a tutte queste condizioni di carico, sommando queste si ottiene la soluzione in termini di
spostamento. Noto la soluzione in termini di spostamento si possono ricavare a cascata tutte le altre
grandezze interessate.

3.3.5 Piastra triangolare

Si considera una piastra a forma di triangolo equilatero soggetta a un carico distribuito


uniformemente. La piastra ha un’altezza pari 2a, lato 2a√3 ed è scritta in un cerchio di raggio 2/3a.
Il suo baricentro si trova nel centro del cerchio. Se si adotta un sistema di assi in cui l’asse x risulta
essere la bisettrice di uno degli angoli e l’asse y la retta a questo perpendicolare, le equazioni dei lati
che delimitano la piastra (r,s,t) sono rappresentate dalle rette:

t
baricentro x
Â
r C
𝑥 + Ñ 𝑎 = 0 (𝑟)
s

2 B y
𝑥 − 𝑎 + √3 𝑦 = 0 (𝑠)
3

2
𝑥 − 𝑎 − √3 𝑦 = 0 (𝑡)
3
Se consideriamo una superficie 𝑊:

1 2 2 4
𝑊 (𝑥, 𝑦) = 𝐶. }𝑥 + 𝑎~ }𝑥 − 𝑎 + 𝑦√3~ }𝑥 − 𝑎 − 𝑦√3~ } 𝑎© − 𝑥 © − 𝑦 © ~ (1)
3 3 3 9

Dove C. è una costante che moltiplica l’equazione delle rette r, s, t e l’equazione della circonferenza
di centro O e raggio 2/3a.
Tale superficie W soddisfa l’equazione della piastra del tipo (𝑝. carico distribuito):

𝜕!𝑊 𝜕!𝑊 𝜕!𝑊 𝑝.


+ + = (2)
𝜕!𝑥! 𝜕©𝑥©𝜕©𝑦© 𝜕!𝑦! 𝐷

P Ø ¨Î S
con 𝐶. = Q!R× e 𝐷 = © (§TÉ ) .

𝒉𝟑
D è la rigidezza flessionale della piastra, corrisponde al momento di inerzia di una strisciolina di
𝟏𝟐
piastra di larghezza unitaria, 𝒉 è lo spessore della piastra, (𝟏 − 𝒗𝟐 ) tiene conto del fatto che le
striscioline di cui è composta la piastra stessa non sono libere di contrarsi indipentemente una
dall’altra e quindi la rigidità risulta maggiorata dal fatto che la contrazione trasversale è impedita. La
funzione (2) fornisce quindi la deformata della piastra.

La piastra è semplicemente appoggiata e i tre vertici A,B,C sono soggetti alle condizioni di appoggio.
W soddisfa l’equazione della piastra e le condizioni al contorno che dicono che nel bordo (r) o (s) o
(t):

𝑊 = 0 𝑀ë = 0

perché lo spostamento è impedito in quanto la piastra è appoggiata, e il momento in direzione


normale al bordo considerato (momento flettente) deve annullarsi come succede tipicamente in una
trave se si considera l’analogia con il caso monodimensionale.
La verifica è stata fatta considerando il lato (r). La prima condizione è immediata: essendo la
superficie come prodotto dell’equazione dei tre lati, se si sostituiscono le coordinate dei punti lungo
i tre lati l’equazione si annulla, quindi ci permette di verificare immediatamente che su lato (r), x
vale – 1/3a. Lo stesso avviene sul lato (s) o (t). Essendo il sistema simmetrico, si ha la garanzia che
se le cose funzionano su un lato, funzionano sugli altri due. Valutando quindi il lato di equazione (r),
la condizione è 𝑀. = 0 .
𝜕 ©𝑊 𝜕 ©𝑊
𝑀. = −𝐷 z + 𝜐 | = 0 (3)
𝜕𝑥 © 𝜕𝑦 ©

¼ù
Poiché la funzione W è costante e pari a zero rispetto a y, si ottiene che la sua derivata: ¼/
=0e
¼É ù
quindi anche la derivata seconda. E’ sufficiente quindi verificare che il termine soddisfi la
¼. É
condizione di essere pari a zero. Sviluppando l’espressione:

𝜕 ©𝑊 Ñ ©
8 © 32 Ñ © ©
𝑝.
= }−20𝑥 + 12𝑎𝑥 + 𝑎 𝑥 − 𝑎 + 4𝑎𝑦 + 12𝑥𝑦 ~ | Â =0
𝜕𝑥 © 3 27 64𝑎𝐷 .`§ [ÑR

Tale quantità deve essere pari a zero quando calcolata per il lato (r), cioè quando 𝑥 = − 1[3 𝑎 .

Quindi la funzione W soddisfacendo l’equazione della piastra in tutto il dominio e soddisfacendo le


due condizioni al contorno, è la soluzione del problema. Lo spostamento massimo, che per ragioni
di simmetria, ci si aspetta che avvenga in corrispondenza del baricentro, è possibile ottenerlo quindi
considerando 𝑥 = 0, 𝑦 = 0.
𝑝. 𝑎! 𝑝. 𝑎!
𝑊ÊR. = 𝑊(0,0) = = 0,001029
972𝐷 𝐷

Su una piastra di questa forma, soggetta a un carico uniforme, si è in grado di valutare lo spostamento
massimo. In condizioni elastiche, la verifica da fare sarebbe controllare che questo abbassamento
massimo sia accettabile. Si valutano ora le quantità statiche utili al problema. Queste si ottengono
dalla funzione W. Riprendendo il momento 𝑀. dalla (3), si valuta ora il momento 𝑀/ e il momento
𝑀./ :

𝜕©𝑊 𝜕©𝑊
𝑀/ = −𝐷 z © + 𝜐 | = 0
𝜕𝑦 𝜕𝑥 ©

1−𝜐 𝜕©𝑊
𝑀./ = −𝐷 } ~2z | = 0
2 𝜕𝑥𝜕𝑦

I tre momenti vengono quindi calcolati come:


𝑝0 2
𝑀. = e(5 − 𝜐)𝑥3 − (3 + 𝜐)𝑎𝑥2 − 𝑎2 (1 − 𝜐)𝑥 − 3(1 + 3𝜐)𝑥𝑦 © − (1 + 3𝜐)𝑎𝑦 ©
16𝑎 3
8 3
+ (1 + 𝜐)𝑎 f
27

𝑝0 2
𝑀/ = e(5𝜐 − 1)𝑥3 − (1 + 3𝜐)𝑎𝑥2 + 𝑎2 (1 − 𝜐)𝑥 − 3(3 + 𝜐)𝑥𝑦 © − (3 + 𝜐)𝑎𝑦 ©
16𝑎 3
8 3
+ (1 + 𝜐)𝑎 f
27

𝑝0 4
𝑀./ = (1 − 𝜐) e6𝑦3 + 8𝑎𝑥𝑦 + 6𝑦𝑥2 − 𝑎2 𝑦f
32𝑎 3
t

𝑀. e 𝑀/ hanno struttura simile. baricentro


r

s
E’ possibile osservare che considerando sulla bisettrice 𝑦 = 0 → 𝑀./ = 0 . x

Lo stato di sforzo se si considera un elementino quadrato di piastra y

saranno presenti solo momenti flettenti poiché 𝑀./ = 0 cioè il momento

torcentesi annulla e sono presenti solo 𝑀. e 𝑀/ . Quindi sostituendo

𝑦 = 0 nell’espressioni precedenti:

𝑝0 2
𝑀. = e(5 − 𝜐)𝑥3 − (3 + 𝜐)𝑎𝑥2 − 𝑎2 (1 − 𝜐)𝑥 − 3(1 + 3𝜐)𝑥𝑦 © − (1 + 3𝜐)𝑎𝑦 ©
16𝑎 3
8
+ (1 + 𝜐)𝑎3 f
27

𝑝0 2
𝑀/ = e(5𝜐 − 1)𝑥3 − (1 + 3𝜐)𝑎𝑥2 + 𝑎2 (1 − 𝜐)𝑥 − 3(3 + 𝜐)𝑥𝑦 © − (3 + 𝜐)𝑎𝑦 ©
16𝑎 3
8 3
+ (1 + 𝜐)𝑎 f
27

Per poter valutare i momenti si ha però la necessità di fissare il valore 𝜐. Se si considera, quindi, il
valore del coefficiente di contrazione trasversale 𝜐 = 0.3 ≈ 𝑎𝑐𝑐𝑖𝑎𝑖𝑜. Si possono valutare allora i
momenti flettenti e ottenere dei valori numerici. Inoltre si può notare che è sufficiente fissare una
delle due costanti elastiche per poter lasciare l’altra indeterminata. Si può verificare che nel punto
per 𝑥 = −0.062𝑎 si trova 𝑀.`a¾ , cioè se si va a studiare la funzione lungo la bisettrice si ottiene che
questa è massima in tale punto. Sostituendo si ha quindi:

𝑀.`a¾ = 0.025 𝑝. 𝑎©

𝑀/ = 0.0218 𝑝. 𝑎©

Se si considera 𝜐 = 0.3 ≈ 𝑎𝑐𝑐𝑖𝑎𝑖𝑜, si può verificare che per 𝑥 = 0.129𝑎 si trova 𝑀/`a¾ . Sostituendo
si ha quindi:

𝑀. = 0.0175 𝑝. 𝑎©

𝑀/`a¾ = 0.0259 𝑝. 𝑎©

Se si considera 𝜐 = 0.3 ≈ 𝑎𝑐𝑐𝑖𝑎𝑖𝑜, si può verificare che per 𝑥 = 0 e 𝑦 = 0 cioè nel centro della
piastra:

𝑝. 8
𝑀. = 𝑀/ = ∙ (1 + 𝜐)𝑎Ñ = 0.0241 𝑝. 𝑎©
16𝑎 27

Il valore del momento 𝑀. e 𝑀/ sono dunque uguali. Nel punto al centro della piastra andranno quindi
fatte le verifiche di resistenza poiché esso è il punto maggiormente sollecitato.

Verifichiamo che dimensionalmente le cose tornino:

[𝐹] ©
[ 𝑝. ] = [𝑎 ] = [𝐿]© ⟹ [ 𝑝. 𝑎© ] = [𝐹]
[𝐿]©
3.3.6 Piastra ellittica
In questo esempio, cambiano le condizioni al contorno,
nonostante il carico rimanga uniforme. Si considera una
piastra di forma regolare ellittica con centro della piastra.
La piastra è incastrata lungo tutto il bordo e gli assi
vengono orientati proiettando l’asse x lungo il semiasse
minore (a), l’asse y nella direzione del semiasse maggiore
(b). Il semiasse è quindi la distanza tra
il centro e il bordo. Si considera quindi l’equazione del
bordo, ovvero
dell’ellisse:

𝑥© 𝑦©
+ =1
𝑎© 𝑏 ©

Questa soluzione vale anche se si considera 𝑎 = 𝑏, ovvero


nel caso si tratti di una circonferenza.
Si considera come superficie di tentativo una costante 𝑊.
che
moltiplica l’equazione dell’ellisse elevata al quadrato:

©
𝑥© 𝑦©
𝑊 = 𝑊. z1 − © − © |
𝑎 𝑏

La quantità 𝑊. è l’abbassamento del centro dell’ellisse. Si suppone una condizione di carico


uniforme quindi:
𝑝. = 𝑐𝑜𝑠𝑡𝑎𝑛𝑡𝑒

Operando come in precedenza si dovrà verificare l’equazione governante della piastra:

𝜕!𝑊 𝜕!𝑊 𝜕!𝑊 𝑝.


!
+ 2 © ©
+ !
=
𝜕𝑥 𝜕𝑥 𝜕𝑦 𝜕𝑦 𝐷

E verificare le condizioni al contorno; questa volta il bordo è incastrato e le condizioni al contorno


sono di tipo cinematico:
𝜕𝑊
𝑊|cdëe = 0 ; g =0
𝜕𝑛 cdëe
Si verifica quindi che sul contorno W sia uguale a zero e che la rotazione normale al bordo sia uguale
a zero, perché se il bordo della piastra non può ruotare, allora esso è bloccato.
Viene utile considerare che se si considera un generico punto nel bordo è possibile individuare la
direzione della normale e della tangente. La normale può essere completamente individuata,
considerando un angolo 𝜶 formato dalla normale e dalla direzione dell’asse x. Lo stesso angolo sarà
quello formato dalla tangente e dalla direzione dell’asse y.
Se si prende in considerazione ora un elementino, ritagliato lungo la normale, di lati dx,
dy, si vede che dn avrà proiezioni della direzione x e y del tipo:

𝑑𝑥 = 𝑑𝑛 cos 𝛼
𝑑𝑦 = 𝑑𝑛 sin 𝛼

da cui posso ottenere:

m. m/
cos 𝛼 = ; sin 𝛼 =
më më

E’ possibile ora calcolare la derivata di W rispetto alla


direzione della normale come:

𝜕𝑊 𝜕𝑊 𝑑𝑥 𝜕𝑊 𝑑𝑦
= +
𝜕𝑛 𝜕𝑥 𝑑𝑛 𝜕𝑦 𝑑𝑛

Si controlla che l’equazione della piastra sia soddisfatta. E’ conveniente calcolare le varie derivate
di W, sviluppando prima il polinomio sull’equazione:

𝑥! 𝑦! 𝑥© 𝑦© 𝑥©𝑦©
𝑊 = 𝑊. z1 + + − 2 − 2 + 2 |
𝑎! 𝑏 ! 𝑎© 𝑏© 𝑎© 𝑏 ©
Si eseguono le derivate rispetto a x:

𝜕𝑊 4𝑥 Ñ 𝑥 𝑥𝑦 ©
= 𝑊. z ! − 4 © + 4 © © |
𝜕𝑥 𝑎 𝑎 𝑎 𝑏

𝜕©𝑊 12𝑥 © 4 𝑦©
= 𝑊. z − + 4 |
𝜕𝑥 © 𝑎! 𝑎© 𝑎© 𝑏 ©

𝜕Ñ𝑊 24𝑥
Ñ
= 𝑊. } ! ~
𝜕𝑥 𝑎

𝜕!𝑊 24
!
= 𝑊. } ! ~
𝜕𝑥 𝑎

Si eseguono le derivate rispetto a y:

𝜕𝑊 4𝑦 Ñ 𝑦 𝑥©𝑦
= 𝑊. z ! − 4 © + 4 © © |
𝜕𝑦 𝑏 𝑏 𝑎 𝑏

𝜕©𝑊 12𝑦 © 4 𝑥©
= 𝑊. z ! − © + 4 © © |
𝜕𝑦 © 𝑏 𝑏 𝑎 𝑏

𝜕Ñ𝑊 24𝑦
Ñ
= 𝑊. } ! ~
𝜕𝑦 𝑏

𝜕!𝑊 24
!
= 𝑊. } ! ~
𝜕𝑦 𝑏

E’ necessario anche conoscere le derivate:


𝜕𝑊
g =0
𝜕𝑛 . ÉÉ ®/ÉÉ `Â
R n

𝜕Ñ𝑊 8𝑦 𝜕!𝑊 8
©
= 𝑊. } © © ~ © ©
= 𝑊. } © © ~
𝜕𝑥 𝜕𝑦 𝑎 𝑏 𝜕𝑥 𝜕𝑦 𝑎 𝑏

Quindi sostituendo i valori trovati nell’equazione:

𝜕!𝑊 𝜕!𝑊 𝜕!𝑊 𝑝.


! !
+ © ©
+ ! !
=
𝜕 𝑥 𝜕𝑥 𝜕𝑦 𝜕 𝑦 𝐷

Si vede che il problema è risolubile e la soluzione può essere determinata come:

24 16 24 𝑝. 3 2 3 𝑝.
𝑊. } !
+ © © + ! ~ = ⇒ 8𝑊. } ! + © © + ! ~ = ;
𝑎 𝑎 𝑏 𝑏 𝐷 𝑎 𝑎 𝑏 𝑏 𝐷

𝑝. 1
𝑊. =
8𝐷 Å 3 + 2 + 3 È
𝑎! 𝑎© 𝑏 © 𝑏 !

𝑝. 𝑎! 𝑏 !
𝑊. =
8𝐷 (3𝑎! + 2𝑎© 𝑏© + 3𝑏! )

Questa funzione indica la superficie elastica che soddisfa le condizioni di ?.... con il valore trovato
della
costante 𝑊. .
Si valutano successivamente se sono soddisfatte le condizioni al contorno:

• Prima condizione
• Seconda condizione

A questo scopo si riconsidera la derivata di W rispetto alla normale n:

𝑊|. É /É =0
® `Â
RÉ nÉ
𝜕𝑊 𝜕𝑊 𝜕𝑊 4𝑥 Ñ 4𝑥 4𝑥𝑦 © 4𝑦 Ñ 4𝑦 4𝑥 © 𝑦
= 𝑐𝑜𝑠𝛼 + 𝑠𝑖𝑛𝛼 = 𝑊. z ! − © + © © | 𝑐𝑜𝑠𝛼 + 𝑊. z ! − © + © © | 𝑠𝑖𝑛𝛼
𝜕𝑛 𝜕𝑥 𝜕𝑦 𝑎 𝑎 𝑎 𝑏 𝑏 𝑏 𝑎 𝑏

Si può riscrivere il termine (1) come:

4𝑥 Ñ 4𝑥 4𝑥𝑦 © 4𝑥 𝑥 © 𝑦 ©
z − + | = z + − 1|
𝑎! 𝑎© 𝑎© 𝑏 © 𝑎© 𝑎© 𝑏 ©

In giallo si ha quindi l’equazione dell’ellisse, dunque sul contorno dell’ellisse tale termine si annulla.
Si può riscrivere il termine (2) come:

4𝑦 Ñ 4𝑦 𝑥©𝑦 4𝑦 𝑥 © 𝑦 ©
z − + 4 | = z + − 1|
𝑏! 𝑏© 𝑎© 𝑏 © 𝑏 © 𝑎© 𝑏 ©

Anche in questo caso in giallo si ha quindi l’equazione dell’ellisse, dunque sul contorno dell’ellisse
tale termine si annulla.

𝜕𝑊 𝑥© 𝑦© 4𝑥 4𝑦
g. É / É = z © + © − 1| } © 𝑊. 𝑐𝑜𝑠𝛼 + © 𝑊. 𝑠𝑖𝑛𝛼~
𝜕𝑀 É ® É `Â 𝑎 𝑏 𝑎 𝑏
R n

Anche in questo caso in giallo si ha quindi l’equazione dell’ellisse che sul contorno dell’ellisse stessa,
si annulla, dunque qualunque sia il termine relativo a 𝑐𝑜𝑠𝛼 o 𝑠𝑖𝑛𝛼, ovvero qualunque sia il punto
scelto, quella condizione è soddisfatta.

𝜕𝑊
g =0
𝜕𝑛 . ÉÉ ®/ÉÉ `Â
R n

Si trova dunque che entrambe le condizioni al contorno sono soddisfatte, ciò vuol dire che la funzione
W è la soluzione, cioè fornisce la superficie elastica.
La superficie elastica si deforma mantenendo una forma sostanzialmente ellittica. Quindi se si
osservano le curve di livello, queste saranno altrettanto ellissi. Lo spostamento massimo è quello che
si realizza nel centro dell’ellisse stessa.
Per cui:

𝑊ÊR. = 𝑊(0,0) = 𝑊.
Cioè lo spostamento massimo risulta pari alla costante 𝑊. :

𝑝. 𝑎! 𝑏 !
𝑊ÊR. =
8𝐷 (3𝑎! + 2𝑎© 𝑏© + 3𝑏! )

Si valuta se dimensionalmente le cose tornano in particolare


cercando di capire se 𝑊. sia una lunghezza:

𝑝. 𝑎! 𝑏 ! [𝐹] 1 [𝐿]p
[ 𝑊. ] = Ï Ó=
( ! ©
𝐷 𝑎 +𝑎 𝑏 +𝑏© ! ) [𝐿]© [𝐹] [𝐿]!
[𝐿]Ñ ©
[𝐿]
1
= [𝐿]!
[𝐿]Ñ
= [𝐿]

Si valuta ora l’espressione dei momenti 𝑀. , 𝑀/ , 𝑀./ :

𝜕©𝑊 𝜕©𝑊 4 𝑥© 𝑦© 4 𝑦© 𝑥©
𝑀. = −𝐷 z © + 𝜐 | = −𝐷 𝑊. Ï z3 + − 1| + 𝜐 z3 + − 1|Ó
𝜕𝑥 𝜕𝑦 © 𝑎© 𝑎© 𝑏 © 𝑏© 𝑏 𝑎©

𝜕©𝑊 𝜕©𝑊 4 𝑦© 𝑥© 4 𝑥© 𝑦©
𝑀/ = −𝐷 z + 𝜐 | = −𝐷 𝑊. Ï z3 + − 1| + 𝜐 z3 + − 1|Ó
𝜕𝑦 © 𝜕𝑥 © 𝑏© 𝑏 𝑎© 𝑎© 𝑎 𝑏©

1 − 𝜐 𝜕©𝑊 8𝑥𝑦
𝑀./ = −2 𝑊. 𝐷 } ~z | = − 𝑊. 𝐷(1 − 𝜐) © ©
2 𝜕𝑥𝜕𝑦 𝑎 𝑏

Queste trovate sono le espressioni dei momenti flettenti e del momento torcente. E’ possibile vedere
il valore del momento nel centro della piastra. Vengono inserite 𝑥 = 0 e 𝑦 = 0 nelle espressioni:
1 𝜐 ! ! 1 𝜐 ! !
1 𝜐 𝑝. 4 Å𝑎© + 𝑏© È 𝑎 𝑏 𝑝. Å𝑎© + 𝑏© È 𝑎 𝑏
𝑀. | .`.,/`. = 𝑊. 𝐷 e4 } © + © ~f = =
𝑎 𝑏 8 3𝑎! + 2𝑎© 𝑏© + 3𝑏! 2 3𝑎! + 2𝑎© 𝑏© + 3𝑏!

1 𝜐 ! ! 1 𝜐 ! !
1 𝜐 𝑝. 4 Å𝑏© + 𝑎© È 𝑎 𝑏 𝑝. Å𝑏© + 𝑎© È 𝑎 𝑏
𝑀/ q .`.,/`. = 𝑊. 𝐷 e4 } + © ~f = =
𝑏 𝑎 8 3𝑎! + 2𝑎© 𝑏© + 3𝑏! 2 3𝑎! + 2𝑎© 𝑏© + 3𝑏!

𝑀./ q .`.,/`. = 0

Una volta determinati i momenti nel centro della piastra, si valuta ora come si comportano lungo i
semiassi:

• Lungo semiasse a → 𝒚 = 𝟎:
12𝑥 © 4 4𝑥 © 4
𝑀. | /`. = − 𝑊. 𝐷 Ïz ! − © | + 𝜐 z © © − © |Ó
𝑎 𝑎 𝑎 𝑏 𝑏

L’andamento è parabolico. In particolare in un punto come A è pari a:

8 8
𝑀. | .`R,/`. = − 𝑊. 𝐷 e + 𝜐 ∙ 0f = − 𝑊. 𝐷 𝑣𝑎𝑙𝑜𝑟𝑒 𝑛𝑒𝑔𝑎𝑡𝑖𝑣𝑜
𝑎© 𝑎©

4𝑥 © 4 12𝑥 © 4
𝑀/ q /`. = − 𝑊. 𝐷 Ïz © © − Ñ | + 𝜐 z ! − © |Ó
𝑎 𝑏 𝑏 𝑎 𝑎

In A è pari a:
8
𝑀/ q .`R,/`. = − 𝑊. 𝐷 e © 𝜐f 𝑣𝑎𝑙𝑜𝑟𝑒 𝑛𝑒𝑔𝑎𝑡𝑖𝑣𝑜
𝑎

𝑀./ q /`. = 0

• Lungo semiasse b → 𝒙 = 𝟎:

4𝑦 © 4 12𝑦 © 4
|
𝑀. .`. = − 𝑊. 𝐷 Ïz © © − © | + 𝜐 z ! − © |Ó
𝑎 𝑏 𝑎 𝑏 𝑏

In B è pari a:
8
𝑀. | .`.,/`n = − 𝑊. 𝐷 e 𝜐f
𝑏©
12𝑦 © 4 4𝑦 © 4
𝑀/ q .`. = − 𝑊. 𝐷 Ïz ! − © | + 𝜐 z © © − © |Ó
𝑏 𝑏 𝑎 𝑏 𝑎
In B è pari a:

8
𝑀/ q .`.,/`n = − 𝑊. 𝐷 𝜐
𝑏©

𝑀./ q .`. = 0

Il valore massimo del momento flettente Mx lo si ha sicuramente in corrispondenza dell’estremità


dell’asse x. Lo stesso discorso vale per il momento My, sempre rispetto all’asse x. Anche in questo
caso l’andamento è parabolico, nel centro il valore del momento è pari a quello del momento Mx,
mentre sul bordo il valore cambia.

Il momento massimo che si ottiene, è quello nel semiasse più corto, nel semiasse più lungo il valore
del momento flettente è più basso. Il punto più sollecitato nella piastra è il punto A, ed è in questo
che si andranno a fare le verifiche di resistenza.

NB: Perché si considera un l’equazione dell’ellisse al quadrato nell’espressione della superficie


elastica?
L’equazione dell’ellisse è un’equazione quadratica quindi le derivate seconde diventerebbero delle
costanti e le derivate quarte sarebbero tutte nulle e quindi una superficie come quella considerata non
potrebbe soddisfare l’equazione non omogenea e non si troverebbe la soluzione per un carico
distribuito. In questo modo si ottiene, invece, una funzione che è quartica, nel senso che contiene la
x e la y sotto potenza. Si è quindi sicuri che le derivate quarte possibilmente saranno costanti, avendo
quindi la possibilità di soddisfare l’equazione completa.
3.3.7 Piastra rettangolare
Si considera una piastra rettangolare appoggiata su tutti i lati e soggetta a un carico ottenuto da
due sinusoidi del tipo:

Il valore del carico è quindi 𝑝. ovvero l’intensità massima che il carico assume in corrispondenza del
centro della piastra. La soluzione della superficie elastica risulta espressa come:

𝜋𝑥 𝜋𝑦 𝑝
𝑊(𝑥, 𝑦) = 𝑊. Å𝑠𝑖𝑛 È Å𝑠𝑖𝑛 È 𝑒𝑞𝑢𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑝𝑖𝑎𝑠𝑡𝑟𝑎 ∇! 𝑊 =
𝑎 𝑏 𝐷

Come visto in precedenza, bisogna verificare che la funzione W soddisfi l’equazione della piastra,
cioè:
𝜕!𝑊 𝜕!𝑊 𝜕!𝑊 𝑝. 𝜋𝑥 𝜋𝑦
+ 2 + = Å𝑠𝑖𝑛 È Å𝑠𝑖𝑛 È (1)
𝜕𝑥 ! 𝜕𝑥 © 𝜕𝑦 © 𝜕𝑦 ! 𝐷 𝑎 𝑏

Si valutano poi le condizioni al contorno, in questo caso condizioni di appoggio:

• Lati 𝑥 = 0 𝑒 𝑥 = 𝑎 → 𝑊 = 0 ; 𝑀. = 0
• Lati y = 0 𝑒 𝑦 = 𝑏 → 𝑊 = 0 ; 𝑀/ = 0

Poiché in condizione di appoggio nei vertici non si devono imporre ulteriori condizioni, perché se
quattro vertici sono appartenenti tutti a lati appoggiati evidentemente la condizione che soddisfano è
che l’abbassamento sia uguale zero. Vengono eseguite le derivate:

𝑑 𝜋𝑥 𝜋 𝜋𝑥 𝑑 𝜋𝑥 𝜋 𝜋𝑥
𝑠𝑖𝑛 = 𝑐𝑜𝑠 ; 𝑐𝑜𝑠 = − Å È 𝑠𝑖𝑛
𝑑𝑥 𝑎 𝑎 𝑎 𝑑𝑥 𝑎 𝑎 𝑎
𝑑 𝜋𝑦 𝜋 𝜋𝑦 𝑑 𝜋𝑦 𝜋 𝜋𝑦
𝑠𝑖𝑛 = 𝑐𝑜𝑠 ; 𝑐𝑜𝑠 = − Å È 𝑠𝑖𝑛
𝑑𝑦 𝑏 𝑏 𝑏 𝑑𝑦 𝑏 𝑏 𝑏

𝜕𝑊 𝜋 𝜋𝑥 𝜋𝑦 𝜕𝑊 𝜋 𝜋𝑥 𝜋𝑦
= 𝑊. Å𝑐𝑜𝑠 È Å𝑠𝑖𝑛 È ; = 𝑊. Å𝑠𝑖𝑛 È Å 𝑐𝑜𝑠 È
𝜕𝑥 𝑎 𝑎 𝑏 𝜕𝑦 𝑏 𝑎 𝑏

𝜕©𝑊 𝜋 © 𝜋𝑥 𝜋𝑦 𝜕©𝑊 𝜋 © 𝜋𝑥 𝜋𝑦
©
= −𝑊. Å È Å𝑠𝑖𝑛 È Å𝑠𝑖𝑛 È ; © = −𝑊. Å È Å𝑠𝑖𝑛 È Å𝑠𝑖𝑛 È
𝜕𝑥 𝑎 𝑎 𝑏 𝜕𝑦 𝑏 𝑎 𝑏

𝜕Ñ𝑊 𝜋 Ñ 𝜋𝑥 𝜋𝑦 𝜕Ñ𝑊
Ñ = −𝑊. Å È Å𝑐𝑜𝑠 È Å𝑠𝑖𝑛 È ; Ñ
𝜕𝑥 𝑎 𝑎 𝑏 𝜕𝑦
𝜋 Ñ 𝜋𝑥 𝜋𝑦
= −𝑊. Å È Å𝑠𝑖𝑛 È Å𝑐𝑜𝑠 È
𝑏 𝑎 𝑏

𝜕!𝑊 𝜋 ! 𝜋𝑥 𝜋𝑦 𝜕!𝑊 𝜋 ! 𝜋𝑥 𝜋𝑦
! = 𝑊. Å È Å𝑠𝑖𝑛 È Å𝑠𝑖𝑛 È ; ! = 𝑊. Å È Å𝑠𝑖𝑛 È Å𝑠𝑖𝑛 È
𝜕𝑥 𝑎 𝑎 𝑏 𝜕𝑦 𝑏 𝑎 𝑏

Derivate miste:
𝜕Ñ𝑊 𝜋 © 𝜋 𝜋𝑥 𝜋𝑦
©
= −𝑊. Å È Å È Å𝑠𝑖𝑛 È Å𝑐𝑜𝑠 È
𝜕𝑥 𝜕𝑦 𝑎 𝑏 𝑎 𝑏

𝜕!𝑊 𝜋 © 𝜋 𝜋𝑥 𝜋𝑦
© ©
= 𝑊. Å È Å È Å𝑠𝑖𝑛 È Å𝑠𝑖𝑛 È
𝜕𝑥 𝜕𝑦 𝑎 𝑏 𝑎 𝑏

Sostituisco ricordando la (1):

𝜋 ! 𝜋 © 𝜋 © 𝜋 ! 𝜋𝑥 𝜋𝑦 𝑝 𝜋𝑥 𝜋𝑦
𝑊. eÅ È + 2 Å È Å È + Å È f Å𝑠𝑖𝑛 È Å𝑠𝑖𝑛 È = 0 Å𝑠𝑖𝑛 È Å𝑠𝑖𝑛 È
𝑎 𝑎 𝑏 𝑏 𝑎 𝑏 𝐷 𝑎 𝑏

𝑝0 1 𝑝0 1 𝑝0 𝑎4 𝑏4
𝑊. = 4 ∙ = 4 ∙ 2 =
𝜋 𝐷 1 + 2 + 1 𝜋 𝐷 𝑏 + 2𝑎2 𝑏2 + 𝑎2 4 𝐷 Å𝑎2 𝑏2 È
2
𝑎4 2 4 𝜋
𝑎 𝑏
2 𝑏 𝑎4 𝑏4

Otteniamo:
𝑝. 𝑎! 𝑏! 𝜋𝑥 𝜋𝑦
𝑊= Å𝑠𝑖𝑛 È Å 𝑠𝑖𝑛 È
𝜋 ! 𝐷 (𝑎© 𝑏© )© 𝑎 𝑏

Si valutano le condizioni al contorno di tipo cinematico sostituendo i valori nell’equazione


precedente:

• Sul lato 𝑥 = 0 → 𝑊 = 0
• Sul lato 𝑥 = 𝑎 → 𝑊 = 0
• Sul lato 𝑦 = 0 → 𝑊 = 0
• Sul lato 𝑦 = 𝑏 → 𝑊 = 0

Ora viene valutato il momento flettente:

𝜕©𝑊 𝜕©𝑊
𝑀. = −𝐷 z © + 𝜐 |
𝜕𝑥 𝜕𝑦 ©

• Per 𝑥 = 0 e 𝑥 = 𝑎 si valutano le conseguenze guardando le espressioni delle derivate:

𝜕©𝑊 𝜕©𝑊
= 0 𝑒 =0
𝜕𝑥 © 𝜕𝑦 ©

𝜕©𝑊 𝜕©𝑊
𝑀/ = −𝐷 z + 𝜐 |
𝜕𝑦 © 𝜕𝑥 ©

• Per 𝑦 = 0 e 𝑦 = 𝑏 si valutano le conseguenze guardando le espressioni delle derivate:

𝜕©𝑊 𝜕©𝑊
= 0 𝑒 =0
𝜕𝑥 © 𝜕𝑦 ©

Anche in questo il discorso è analogo e si ottengono i medesimi risultati validi per 𝑀. . Lo


spostamento masssimo sarà in corrispondenza del centro della piastra.

𝑎 𝑏
𝑊ÊR. = 𝑊 } ; ~ = 𝑊. 𝑣𝑖𝑒𝑛𝑒 𝑐𝑎𝑙𝑐𝑜𝑙𝑎𝑡𝑜 𝑛𝑒𝑙 𝑐𝑒𝑛𝑡𝑟𝑜 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑝𝑖𝑎𝑠𝑡𝑟𝑎.
2 2

Riconsidero i momenti per il centro della piastra:


𝜕©𝑊 𝜕©𝑊 𝜋2 𝜋2 𝜋𝑥 𝜋𝑦
𝑀. = −𝐷 z © + 𝜐 ©
| = 𝑊. 𝐷 z + 𝜐 2 | Å𝑠𝑖𝑛 È Å𝑠𝑖𝑛 È
𝜕𝑥 𝜕𝑦 𝑎2
𝑏 𝑎 𝑏

𝜕©𝑊 𝜕©𝑊 𝜋2 𝜋2 𝜋𝑥 𝜋𝑦
𝑀/ = −𝐷 z © + 𝜐 ©
| = 𝑊. 𝐷 z 2 + 𝜐 | Å𝑠𝑖𝑛 È Å𝑠𝑖𝑛 È
𝜕𝑦 𝜕𝑥 𝑏 𝑎2 𝑎 𝑏

Da cui riscrivendo:
𝜋2 𝜋2 𝜋𝑥 𝜋𝑦 𝑝0 𝑎2 𝑏2 𝜋𝑥 𝜋𝑦
𝑀. = 𝑊. 𝐷 z +𝜐 2 | Å𝑠𝑖𝑛 È Å𝑠𝑖𝑛 È= (𝑏2 + 𝜐𝑎2 ) Å𝑠𝑖𝑛 È Å𝑠𝑖𝑛 È
𝑎2 𝑏 𝑎 𝑏 2 2 𝜋2 𝑎 𝑏
(𝑎2 + 𝑏 )

𝜋2 𝜋2 𝜋𝑥 𝜋𝑦 𝑝0 𝑎2 𝑏2 𝜋𝑥 𝜋𝑦
𝑀/ = 𝑊. 𝐷 z 2 +𝜐 | Å𝑠𝑖𝑛 È Å𝑠𝑖𝑛 È= (𝑎2 + 𝜐𝑏2 ) Å𝑠𝑖𝑛 È Å𝑠𝑖𝑛 È
𝑏 𝑎 2 𝑎 𝑏 2 2 𝜋2 𝑎 𝑏
(𝑎2 + 𝑏 )

Si calcola ora il momento torcente, calcolando in precedenza le derivate:

𝜕©𝑊 𝜋 𝜋 𝜋𝑥 𝜋𝑦
= 𝑊. Å È Å È 𝑐𝑜𝑠 𝑐𝑜𝑠
𝜕𝑥𝜕𝑦 𝑎 𝑏 𝑎 𝑏

𝜕!𝑊 𝜋 2 𝜋 2 𝜋𝑥 𝜋𝑦
© ©
= 𝑊. Å È Å È 𝑠𝑖𝑛 𝑠𝑖𝑛
𝜕𝑥 𝜕𝑦 𝑎 𝑏 𝑎 𝑏

Il momento torcente viene invece determinato come:


1 − 𝜐 𝜕©𝑊 𝜋𝜋 𝜋𝑥 𝜋𝑦
𝑀./ = −2𝐷 z | = −𝑊. 𝐷(1 − 𝜐) Å È Å𝑐𝑜𝑠 È Å𝑐𝑜𝑠 È =
2 𝜕𝑥𝜕𝑦 𝑎𝑏 𝑎 𝑏

𝑝. (𝑎𝑏)3 𝜋𝑥 𝜋𝑦
=− ∙ (1 − 𝜐) Å𝑐𝑜𝑠 È Å𝑐𝑜𝑠 È
(𝑎© + 𝑏© )© 𝜋2 𝑎 𝑏

Vengono inoltre calcolati i tagli, ricordando:

𝜕𝑀. 𝜕𝑀./ 𝑝 𝑎𝑏© 𝜋𝑥 𝜋𝑦


𝑇. = z + |= 2 0 2 Å𝑐𝑜𝑠 È Å𝑠𝑖𝑛 È
𝜕𝑥 𝜕𝑦 (𝑎 + 𝑏 ) 𝜋 𝑎 𝑏

𝜕𝑀./ 𝜕𝑀/ 𝑝 𝑎© 𝑏 𝜋𝑥 𝜋𝑦
𝑇/ = z + |= 2 0 2 Å𝑠𝑖𝑛 È Å𝑐𝑜𝑠 È
𝜕𝑥 𝜕𝑦 (𝑎 + 𝑏 ) 𝜋 𝑎 𝑏
𝑥

Il momento torcente dipende dal cos (𝜋𝑥), cos (𝜋𝑦). L’andamento della funzione per questo è
diverso, il coseno è una funzione che presenta valori massimi in corrispondenza degli spigoli e valori
nulli in corrispondenza dei punti medi dei lati.

Le reazioni vincolari di contorno, il bordo non si deve alzare o abbassare.

𝜕𝑀./
𝑉/ = 𝑇/ + z |
𝜕𝑥

𝜕𝑀./
𝑉. = 𝑇. + z |
𝜕𝑦

Le possiamo calcolare in questo modo: possiamo valutare il taglio di Kirchoff lungo i quattro sublati
e poi dovremo aggiungere le reazioni concentrate in corrispondenza degli spigoli.
→ Per quanto riguarda Vx abbiamo già visto che:

𝜕𝑀./ 𝑝. 𝑎𝑏© 𝑝. (𝑎𝑏)Ñ 𝜋 𝜋𝑥 𝜋𝑦


𝑉. = 𝑇. + =Ï © − (1 − 𝜈) Å− ÈÓ Åcos È Åsin È
𝜕𝑦 𝑎 +𝑏 𝜋© (𝑎 + 𝑏 ) 𝜋
© © © © 𝑏 𝑎 𝑏

𝑝. 𝑎𝑏© 𝑎Ñ 𝑏 Ñ 1 𝜋𝑥 𝜋𝑦
𝑉. = Ï + (1 − 𝜈)Ó Åcos È Åsin È
©
𝑎 +𝑏 © 𝜋 𝜋(𝑎 + 𝑏 ) 𝑏
© © 𝑎 𝑏

𝑝. 𝑎𝑏© 𝑎© 𝜋𝑥 𝜋𝑦
𝑉. = © ©
Ï1 + © ©
(1 − 𝜈)Ó Åcos È Åsin È
𝑎 +𝑏 𝜋 𝑎 +𝑏 𝑎 𝑏
𝑝. 𝑎𝑏© 𝑎© + 𝑏© + 𝑎© − 𝜈𝑎© 𝜋𝑥 𝜋𝑦
𝑉. = © ©
Ï © ©
Ó Åcos È Åsin È
𝑎 +𝑏 𝜋 𝑎 +𝑏 𝑎 𝑏
𝑝. 𝑎𝑏© (2𝑎© + 𝑏© − 𝜈𝑎© ) 𝜋𝑥 𝜋𝑦
𝑉. = Åcos È Åsin È
(𝑎 + 𝑏 )
© © © 𝜋 𝑎 𝑏
Abbiamo già visto che la distribuzione di queste forze lungo gli appoggi corrisponde a un andamento
di questo genere (Figura 4):

Figura 1

Vediamo che sull’appoggio caratterizzato da x = 0, poiché il coseno di 0 è 1, abbiamo una reazione


positiva, con l’andamento verso l’alto e con un andamento rispetto a y sinusoidale. In corrispondenza
dell’altro appoggio, cioè quando x = a, abbiamo il coseno di π; ma il coseno di π vale -1 e quindi
vuol dire che l’andamento di queste è negativo. Però dobbiamo ricordarci che i tagli sulla piastra
hanno un andamento di questo genere, quindi la nostra V è diretta verso l’alto su questa faccia ed è
diretta verso il basso su quest’altra per condizioni di equilibrio. Quindi:

𝜋𝑥 +1 𝑝𝑒𝑟 𝑥 = 0
Åcos È=Y
𝑎 −1 𝑝𝑒𝑟 𝑥 =𝑎

perciò su queste due facce l’andamento è opposto e quindi è di nuovo diretto verso l’alto. Possiamo
dire che:
𝑝. 𝑎𝑏© 2𝑎© + 𝑏© − 𝜈𝑎© 𝜋𝑦
𝑉. | .`. = ± © Åsin È
.`R (𝑎 + 𝑏 )
© © 𝜋 𝑏

Possiamo calcolare quanto valgono queste due risultanti Vx sulla faccia x = 0 e sulla faccia x = a.
Quello che precede il seno è una costante; l’unica quantità che va integrata è la funzione sin(πy/b):

n
𝜋𝑦 𝑏 𝜋𝑦 n 𝑏 2𝑏
H sin 𝑑𝑦 = e Å− cos Èf = − [−1 − 1] = (𝑟𝑖𝑠𝑢𝑙𝑡𝑎𝑛𝑡𝑒)
. 𝑏 𝜋 𝑏 . 𝜋 𝜋

• Sul lato x = 0, la risultante di Vx è:

2𝑏 𝑝. 𝑎𝑏© © © ©)
2𝑝. 𝑎𝑏Ñ
(2𝑎 + 𝑏 − 𝜈𝑎 = (2𝑎© + 𝑏© − 𝜈𝑎© )
𝜋 (𝑎© + 𝑏© )© 𝜋 (𝑎© + 𝑏© )© 𝜋 ©

→ Nello stesso modo possiamo calcolare l’andamento dei tagli di Kirchoff Vy sugli altri due lati,
cioè y = 0 e y = b. Questa volta:
𝜕𝑀./ 𝑝. 𝑏𝑎© © © ©
𝜋𝑥 𝜋𝑦
𝑉/ = 𝑇/ + = © (2𝑏 + 𝑎 − 𝜈𝑏 ) Åsin È Åcos È
𝜕𝑥 ( 𝑎 + 𝑏 © )© 𝜋 𝑎 𝑏

Se andiamo a vedere di nuovo com’è fatta (Figura 4), ci accorgiamo che sul lato posteriore Vy è
orientata verso l’alto quando è positiva, sul lato anteriore è orientata verso il basso quando è positiva.
Ci accorgiamo però che:
𝜋𝑦 +1 𝑝𝑒𝑟 𝑦 = 0
Åcos È = Y
𝑏 −1 𝑝𝑒𝑟 𝑦 = 𝑏

Ciò vuol dire che su questa faccia, le reazioni anziché essere orientate verso il basso sono ancora
orientate verso l’alto. Se vogliamo calcolare la risultante, di nuovo si tratta di integrare il termine
sin(πx/a) e questo varrà:
R
𝜋𝑥 𝑎 𝜋𝑥 R 𝑎 2𝑎
H sin 𝑑𝑥 = g Å− cos Èh = − [−1 − 1] = (𝑟𝑖𝑠𝑢𝑙𝑡𝑎𝑛𝑡𝑒)
. 𝑎 𝜋 𝑎 . 𝜋 𝜋

• Quindi di nuovo troviamo che sull’asse y = 0 la risultante di Vy è:

2𝑎 𝑝. 𝑏𝑎© © © ©)
2𝑝. 𝑎Ñ 𝑏
(2𝑏 + 𝑎 − 𝜈𝑏 = (2𝑏© + 𝑎© − 𝜈𝑏© )
𝜋 (𝑎© + 𝑏© )© 𝜋 (𝑎© + 𝑏© )© 𝜋 ©

Visto che le due distribuzioni sono uguali, sia quelle Vx sia quelle Vy, è chiaro che le risultanti
complessive saranno semplicemente il doppio di queste. Quindi la risultante complessiva V delle
distribuzioni Vx e Vy è:

4𝑝. 𝑎𝑏 © ©
𝑉= I𝑏 J𝑏 + 𝑎© (2 − 𝜈)M + 𝑎© J𝑎© + 𝑏© (2 − 𝜈)MU
(𝑎© + 𝑏© )© 𝜋 ©
4𝑝. 𝑎𝑏 !
= © [𝑎 + 𝑏! + 2𝑎© 𝑏© (2 − 𝜈)]
(𝑎 + 𝑏© )© 𝜋 ©

In conclusione, la risultante delle quattro reazioni è questa:

4𝑝. 𝑎𝑏
𝑉= J𝑎! + 𝑏! + 2𝑎© 𝑏© (2 − 𝜈)M
(𝑎© + 𝑏© )© 𝜋 ©

Questa è la risultante delle reazioni distribuite lungo i bordi; ma sappiamo anche che a queste
dobbiamo aggiungere le forze applicate agli spigoli, perché abbiamo visto che se la piastra ha un
contorno che non è regolare (cioè che presenta un brusco cambiamento nella direzione della normale)
qui nasce una reazione concentrata. Nel caso in cui l’angolo che formano le normali sia un angolo
retto, abbiamo visto che la forza concentrata che nasce è pari al doppio di Mxy. Allora nei quattro
spigoli (Figura 5) le reazioni hanno questi andamenti:
• RA è orientata verso il basso;
• RB è orientata verso l’alto;
• RC è orientata verso il basso;
• RD è orientata verso l’alto.
Figura 2

Tuttavia, il valore numerico di questa reazione Rk, in cui k = A, B, C, D è pari a:


𝑅v = −2𝑀./

dove Mxy è il valore del momento torcente in quel punto ed è pari a:

𝑝. (𝑎𝑏)Ñ 𝜋𝑥 𝜋𝑦
𝑀./ = − (1 − 𝜈) Åcos È Åcos È
(𝑎© + 𝑏© )© 𝜋 © 𝑎 𝑏

- Vediamo che in A le coordinate sono (0,0), quindi cos0∙cos0 = 1∙1, perciò il valore di RA è:

𝑝. 𝑎Ñ 𝑏 Ñ
𝑅ç = −2 (1 − 𝜈)
(𝑎© + 𝑏© )© 𝜋 ©

- Nel punto B, di coordinate (a,0), il momento torcente vale cosπ∙cos0 = -1∙1. Allora vuol dire
che l’espressione appena scritta per RA viene cambiata di segno. D’altra parte però, la
reazione concentrata è pari al doppio del momento torcente cambiato di segno e quindi:

𝑝. 𝑎Ñ 𝑏 Ñ
𝑅w = +2 (1 − 𝜈)
(𝑎© + 𝑏© )© 𝜋 ©

- Allo stesso modo dobbiamo andare a vedere cosa succede in RC: per il punto C, di coordinate
(a,b), se sostituiamo tali valori nell’equazione di Mxy otteniamo cosπ∙cosπ = (-1)∙(-1) = +1,
quindi:

RC = RA.

Il fatto che sia negativo vuol dire che in realtà questa forza è orientata verso l’alto.
- In corrispondenza del punto D, invece, le coordinate saranno (0,b), allora il prodotto tra i
coseni è cos0∙cosπ = 1∙(-1). Quindi il risultato è -1, moltiplicato però per -2, quindi troviamo
che:

RD = RB
ed è quindi orientata effettivamente verso l’alto.

Vediamo ora la risultante complessiva R delle quattro reazioni agli spigoli. Se qui RA, il cui verso
positivo sarebbe orientato verso il basso, è in realtà negativa, vuol dire che la reazione ha come verso
effettivo quello orientato verso l’alto. Analogamente, in C, la reazione non ha il verso indicato in
Figura 4 ma il verso opposto perché qui c’è questo segno meno, quindi significa che sulla nostra
piastra le reazioni sono uguali e sono tutte orientate verso il basso. La risultante complessiva R
diventa:

2𝑝. 𝑎Ñ 𝑏 Ñ 8𝑝. 𝑎Ñ 𝑏 Ñ
𝑅=4 (1 − 𝜈) = (1 − 𝜈)
(𝑎© + 𝑏© )© 𝜋 © (𝑎© + 𝑏© )© 𝜋 ©

Queste reazioni hanno un valore pari a -Mxy e quindi:


• quando sono negative hanno effettivamente il verso indicato;
• quando sono positive sono l’opposto del momento torcente, quindi hanno il verso verso
l’alto; se però questo valore risulta positivo vuol dire che in realtà il suo verso è opposto a
quello dato.
Quindi le 4 reazioni che otteniamo globalmente sono complessivamente orientate così (Figura 6) e
hanno tutte questo valore. Quindi noi troviamo che l’insieme delle forze che i vincoli esercitano è
questo: sui bordi abbiamo delle forze orientate verso l’alto, sugli spigoli complessivamente le forze
sono tutte orientate verso il basso.

Figura 3

Allora, quello che possiamo vedere è che la somma algebrica delle risultanti delle forze distribuite
sui lati V e delle quattro forze concentrate nei vertici R ci deve dare questo risultato:

4𝑝. 𝑎𝑏
𝑉−𝑅 = [𝑎! + 𝑏! − 2𝑎© 𝑏© 𝜈 + 4𝑎© 𝑏© − 2𝑎© 𝑏© + 2𝑎© 𝑏© 𝜈]
(𝑎© + 𝑏© )© 𝜋 ©
4𝑝. 𝑎𝑏 4𝑝 𝑎𝑏
= © (𝑎! + 𝑏! + 2𝑎© 𝑏© ) = © . © © © (𝑎© + 𝑏© )©
(𝑎 + 𝑏 ) 𝜋
© © © (𝑎 + 𝑏 ) 𝜋

4𝑝0 𝑎𝑏
𝑉−𝑅 =
𝜋2
La differenza tra queste reazioni vincolari (quelle orientate verso l’alto e quelle orientate verso il
basso) deve coincidere con la risultante del carico applicato alla piastra. La risultante del carico
esterno applicato è:
R n R n R n
𝜋𝑥 𝜋𝑦 𝜋𝑥 𝜋𝑦 𝜋𝑥 𝜋𝑦 2𝑎 2𝑏
H H 𝑝. sin sin 𝑑𝑥𝑑𝑦 = 𝑝. H H sin sin 𝑑𝑥𝑑𝑦 = 𝑝. H sin 𝑑𝑥 H sin 𝑑𝑦 = 𝑝.
. . 𝑎 𝑏 . . 𝑎 𝑏 . 𝑎 . 𝑏 𝜋 𝜋

In conclusione, la risultante del carico esterno è:

𝑎𝑏
4 𝑝.
𝜋2
che coincide esattamente con la differenza tra la risultante distribuita sui quattro lati appoggiati alla
piastra meno le forze concentrate in corrispondenza degli spigoli.
Quindi fondamentalmente capiamo che il nostro carico a onda viene supportato dalla piastra
equilibrandolo con delle reazioni dirette lungo gli spigoli che hanno questo andamento e che danno
come risultante il termine che abbiamo visto prima, che è maggiore del carico applicato alla piastra
perché c’è questo termine aggiuntivo. Ma queste forze che sono orientate verso l’alto, e che quindi
sosterrebbero il carico applicato, vanno sommate algebricamente alle quattro reazioni sugli spigoli
che sono orientate verso il basso e quindi si sommano algebricamente. Complessivamente quindi, il
carico sinusoidale viene sopportato dalla differenza tra queste e troviamo che l’equilibrio in direzione
verticale è quello scritto sopra.
Questo ci conclude in qualche modo l’esame della piastra appoggiata sui quattro lati e soggetta a
carico sinusoidale.

3.3.8 Serie di Navier


Il passo successivo che possiamo fare è vedere se questa stessa soluzione può essere estesa a
condizioni di carico sinusoidale un po’ più complicate di queste, cioè vedere cosa succede se anziché
prendere in esame una condizione di carico come quella precedente prendiamo in esame una
condizione di carico di questo genere (Figura 7).

Figura 4
Il coefficiente davanti al carico lo chiamiamo pmn e consideriamo:
𝑚𝜋𝑥 𝑛𝜋𝑦
𝑝(𝑥, 𝑦) = 𝑝Êë Åsin È Åsin È
𝑎 𝑏
Questo vorrebbe dire che il nostro carico esterno è ancora fatto da una forma globalmente a bolla,
ma è una bolla un po’ speciale perché nel caso precedente avevamo una sola semionda, mentre se qui
consideriamo un numero maggiore di semionde, potremmo avere per m = 3, n = 3, abbiamo una
forma di carico di questo genere: 3 onde di sinusoide in x e 3 onde di sinusoide in y.
Allora si può vedere che w(x,y) è ancora dipendente dallo stesso numero di onde di sinusoide:
𝑚𝜋𝑥 𝑛𝜋𝑦
𝑤(𝑥, 𝑦) = 𝑤Êë Åsin È Åsin È
𝑎 𝑏

dove si può far vedere che wmn è semplicemente data da questa espressione:

𝑝Êë 1
𝑤Êë = ©
𝜋!𝐷 𝑚 © 𝑛 ©
eÅ È + Å È f
𝑎 𝑏

Nel caso m = 1, n = 1 si ritorna alla forma di prima, cioè:

𝑝ÂÂ 1 𝑝ÂÂ 𝑎! 𝑏 !
𝑤ÂÂ = © =
𝜋!𝐷 1 © 1 © 𝜋 ! 𝐷 (𝑎© + 𝑏© )©
ÏÅ𝑎 È + Å𝑏È Ó

Ci sono di mezzo anche queste costanti m ed n ma si tratta semplicemente di riformulare questo


coefficiente. Lo scopo di questo modo di procedere è che in generale si può pensare di sviluppare un
generico carico p(x,y) in serie di Fourier. Si può vedere che il nostro carico p(x,y) risulterà espresso
come una doppia serie:
y y
𝑚𝜋𝑥 𝑛𝜋𝑦
𝑝(𝑥, 𝑦) = x x 𝑝Êë Åsin È Åsin È
𝑎 𝑏
Ê`Â ë`Â

e si può far vedere che i coefficienti pmn sono dati da questa espressione:

4 R n 𝑚𝜋𝑥 𝑛𝜋𝑦
𝑝Êë = H H 𝑝(𝑥, 𝑦) Åsin È Åsin È 𝑑𝑥𝑑𝑦
𝑎𝑏 . . 𝑎 𝑏

L’aspetto importante è che i termini della serie di Fourier sono tutti tra loro ortogonali, cioè c’è la
proprietà di ortogonalità che ci dice che, se abbiamo due indici diversi, il prodotto tra i seni vale:

R
𝑟𝜋𝑥 𝑚𝜋𝑥 0 𝑠𝑒 𝑟 ≠ 𝑚
H Åsin È Åsin È 𝑑𝑥 = –𝑎 𝑠𝑒 𝑟 = 𝑚
𝑎 𝑎
. 2

Lo stesso discorso vale sull’altra serie:

n
𝑞𝜋𝑦 𝑛𝜋𝑦 0 𝑠𝑒 𝑞 ≠ 𝑛
H Åsin È Åsin È 𝑑𝑦 = ƒ𝑏
. 𝑏 𝑏 𝑠𝑒 𝑞 = 𝑛
2
Di conseguenza, se il carico p(x,y) è scomposto nelle sue componenti pmn, segue che la superficie
elastica sarà esprimibile a sua volta come la serie:
y y
𝑚𝜋𝑥 𝑛𝜋𝑦
𝑤(𝑥, 𝑦) = x x 𝑤Êë Åsin È Åsin È
𝑎 𝑏
Ê`Â ë`Â

dove wmn è proprio dato da questa espressione qua:

𝑝Êë 1
𝑤Êë = ©
𝜋!𝐷 𝑚 © 𝑛 ©
eÅ 𝑎 È + Å𝑏È f

Quindi fondamentalmente noi andiamo a sviluppare i calcoli di una serie di componenti; tuttavia la
soluzione la otteniamo semplicemente sovrapponendo le risposte a ciascuna componente, perché le
proprietà di ortogonalità delle funzioni trigonometriche ci garantiscono che, se consideriamo dei
prodotti di funzioni seno con indici r ed m diversi, q ed n diverse, il risultato dell’integrazione è zero.
Questo modo di procedere, però, funziona solo se i quattro lati della piastra rettangolare sono
tutti appoggiati. Se i lati sono tutti appoggiati, allora questo procedimento di sviluppo in serie
doppia, che è dovuto a Navier, funziona e ci dà la soluzione (possiamo ottenere la soluzione
sovrapponendo queste soluzioni).
Il problema è che la soluzione converge correttamente se consideriamo la funzione “superficie
elastica”. Se abbiamo bisogno di calcolarci momenti, tagli e così via, la convergenza della serie è
molto più lenta, perché tutte le volte che noi consideriamo la serie delle derivate, questa converge
più lentamente della serie delle funzioni (per una proprietà tipica: la derivazione numerica aggiunge
dei termini di rallentamento della convergenza).
Fondamentalmente nessuno mai va a considerare numericamente la somma fino a un numero di
termini infinito; si tratterà di considerare un certo numero di componenti, che si chiamano
armoniche, fin tanto che il numero di cifre sia stabilizzato. Il numero di termini che però dobbiamo
considerare quando vogliamo avere una buona rappresentazione delle quantità derivate, tipicamente
i momenti, è più elevato di quello che ci è necessario avere per calcolare le funzioni “abbassamento”.

3.3.9 Piastra rettangolare appoggiata sui quattro lati e soggetta a carico uniforme
Per esempio, una cosa che si può fare è questa: vediamo come si può calcolare una piastra appoggiata
sui quattro lati e soggetta a un carico uniforme p0. Vuol dire che fondamentalmente stiamo
considerando una piastra soggetta a una distribuzione di carico del genere (Figura 8).

Figura 5
Le espressioni scritte precedentemente valgono e si può vedere che la funzione che stiamo
considerando, questa p(x,y), è una quantità costante:
𝑚𝜋𝑥 𝑛𝜋𝑦
𝑝(𝑥, 𝑦) = 𝑝Êë Åsin È Åsin È
𝑎 𝑏

Quindi sostanzialmente stiamo integrando queste quantità. Si può vedere che per carico uniforme p0
si trova che:

16𝑝.
𝑝Êë = 𝑐𝑜𝑛 𝑛, 𝑚 = 1,3,5, …
𝜋 © 𝑛𝑚

cioè con n ed m che valgono solo numeri dispari.


Supponiamo per semplicità che la piastra sia quadrata; se a = b:

16 𝑝. 𝑎! 1 𝑚𝜋𝑥 𝑛𝜋𝑦
𝑤(𝑥, 𝑦) = x x Åsin È Åsin È
𝜋Q 𝐷 𝑛𝑚(𝑛© +𝑚 )
© © 𝑎 𝑎
Ê`m<ìØR{< ë`m<ìØR{<

In particolare vediamo che i momenti flettenti li otterremo considerando l’equazione:

𝜕©𝑤 𝜕©𝑤 16 𝑚© + 𝜈𝑛© 𝑚𝜋𝑥 𝑛𝜋𝑦


𝑀. (𝑥, 𝑦) = −𝐷 z + 𝜈 | = ! 𝑝. 𝑎© x x Åsin È Åsin È
𝜕𝑥 © 𝜕𝑦 © 𝜋 ( ©
𝑛𝑚 𝑛 + 𝑚 © ) © 𝑎 𝑎
Ê`m<ìØ ë`m<ìØ

My avrà una forma assolutamente analoga:

𝜕©𝑤 𝜕©𝑤 16 𝑛© + 𝜈𝑚© 𝑚𝜋𝑥 𝑛𝜋𝑦


𝑀/ = −𝐷 z + 𝜈 | = ! 𝑝. 𝑎© x x Åsin È Åsin È
𝜕𝑦 © 𝜕𝑥 © 𝜋 𝑛𝑚(𝑛 + 𝑚 )
© © © 𝑎 𝑎
Ê`m<ìØ ë`m<ìØ

Il momento torcente è:

(1 − 𝜈) 𝜕 © 𝑤 16 (1 − 𝜈) 𝑚𝜋𝑥 𝑛𝜋𝑦
𝑀./ = −2𝐷 = − ! 𝑝. 𝑎© x x Åcos È Åcos È
2 𝜕𝑥 𝜕𝑦 𝜋 (𝑛© + 𝑚© )© 𝑎 𝑎
Ê`m<ìØ ë`m<ìØ

In modo analogo si possono calcolare i tagli Tx e Ty.


Quello che ci interessa osservare è che - come ci aspettiamo - i valori più elevati dello spostamento
e dei momenti flettenti ce li abbiamo ancora al centro della piastra; al centro della piastra vediamo
che x = a/2, y = a/2 e che quindi:

𝑛+𝑚
𝑚𝜋 𝑛𝜋 ë®Ê 1 𝑠𝑒 è 𝑑𝑖𝑠𝑝𝑎𝑟𝑖
sin sin = (−1)Å © §ÂÈ =| 2
2 2 𝑛+𝑚
−1 𝑠𝑒 è 𝑝𝑎𝑟𝑖
2

Dal momento che n ed m sono sempre numeri dispari, la loro somma diviso 2 è un numero pari.
Questo ci dice che:
• se la metà della somma di n + m è un numero dispari, per es. sin(3π/2)∙ sin(π/2), allora
questo verrà un valore di due quantità positive e quindi sarà positivo;
• se invece (n + m)/2 ci dà un numero pari, allora otteniamo un valore negativo.
La soluzione la possiamo esprimere così:

𝑝. 𝑎©
𝑤ÊR. = 𝜇
𝐷

con μ un certo coefficiente che vale tutto ciò che non contiene il termine (p0 a4)/D, cioè:

16 1 ë®Ê
𝜇= x x (−1)Å © §ÂÈ
𝜋Q 𝑛𝑚(𝑛© +𝑚 )
© ©
Ê`m<ìØ ë`m<ìØ

Invece i momenti massimi nel centro piastra assumono lo stesso valore perché è una piastra quadrata.
Questi li possiamo scrivere nella forma:

𝑀. ÊR. = 𝑀/ ÊR. = 𝛼𝑝. 𝑎©

dove questo coefficiente α vale:

16 𝑚© + 𝜈𝑛© ë®Ê
Å © §ÂÈ
𝛼= x x (−1)
𝜋! 𝑛𝑚(𝑛© + 𝑚© )©
Ê`m<ìØ ë`m<ìØ
Questi coefficienti μ e α li possiamo calcolare in funzione di ν e li possiamo tabellare a seconda del
valore massimo che consideriamo per l’indice m e per l’indice n. Vediamo proiettata una tabellina
dove riusciamo a capire la velocità con la quale riusciamo a trovare la soluzione lavorando sullo
spostamento massimo e sul momento flettente massimo a seconda del numero di termini che
consideriamo.

N.B.: Qui c’era un pasticcio che avevo combinato con i versi: quelli che noi considereremo come
versi positivi per le reazioni agli spigoli sono questi qua (Figura 9); sarebbero compatibili con i versi
positivi che otterremmo sulle forze che agiscono sugli spigoli: su questa faccia le forze sarebbero
orientate in un certo modo e in quest’altra sarebbero orientate in modo opposto.

Figura 6

In particolare nei punti A e C i versi positivi sarebbero orientati verso il basso, nei punti B e D
orientati verso l’alto. Nell’espressione del momento torcente, però, compare un segno meno:
𝑝. (𝑎𝑏)Ñ 𝜋𝑥 𝜋𝑦
𝑀./ = − (1 − 𝜈) Åcos È Åcos È
(𝑎© + 𝑏© )© 𝜋 © 𝑎 𝑏

Se conosciamo il momento torcente, per calcolare quanto vale la reazione concentrata nello spigolo
dobbiamo prenderlo, moltiplicarlo per 2 e cambiare di segno:
- vediamo che nel punto A le coordinate sono x = 0, y = 0. Allora la funzione
cos(πx/a)∙cos(πy/b) = 1∙1 = +1. Quindi vuol dire che la reazione RA ci fornisce:

2𝑝. (𝑎𝑏)Ñ
𝑅ç = −2𝑀./ (0,0) = + (1 − 𝜈)
( 𝑎 © + 𝑏 © )© 𝜋 ©

quindi questo ci conferma che RA è positiva e quindi è effettivamente orientata verso il basso.
- Per quanto riguarda il punto B, di coordinate x = a, y = 0, dobbiamo andare a vedere il
termine variabile spazialmente quanto vale. Qui vien fuori cos(πx/a)∙cos(πy/b) = (-1)∙ 1 = -
1. Allora RB diventa:
2𝑝. (𝑎𝑏)Ñ
𝑅w = −2𝑀./ (𝑎, 0) = − © (1 − 𝜈)
( 𝑎 + 𝑏 © )© 𝜋 ©

Essendo però negativo, vuol dire che il verso effettivo non è quello indicato in Figura ma è
quello opposto, quindi la reazione RB va verso il basso.
- Stesso discorso rispetto a RA vale anche per RC, perché il punto C ha coordinate x = a, y =
b, perciò abbiamo cos(πx/a)∙cos(πy/b) = (-1)∙(-1) = +1. +1 vuol dire che il momento torcente
è negativo in quel punto, ma noi dobbiamo considerarne l’opposto moltiplicato per 2, quindi
complessivamente abbiamo un termine positivo:

2𝑝. (𝑎𝑏)Ñ
𝑅• = −2𝑀./ (𝑎, 𝑏) = + (1 − 𝜈)
(𝑎© + 𝑏© )© 𝜋 ©

Se RC è positiva vuol dire che è orientata come nella Figura.


- La RD è valutata nel punto D di coordinate x = 0, y = b, per cui cos(πx/a)∙cos(πy/b) = 1∙(-1)
= -1. Mxy verrebbe quindi fuori un termine positivo, ma dobbiamo ricordarci che dobbiamo
considerare l’opposto del momento moltiplicato per 2, quindi qui ci viene fuori di nuovo:

2𝑝. (𝑎𝑏)Ñ
𝑅× = −2𝑀./ (0, 𝑏) = − (1 − 𝜈)
(𝑎© + 𝑏© )© 𝜋 ©

Essendo questo negativo, vuol dire che il verso di RD non è quello indicato in Figura ma
quello opposto.

Quindi abbiamo che tutte e quattro le forze risultano correttamente orientate verso il basso.
Volevo invece farvi vedere qua il discorso relativo alla convergenza dello spostamento massimo in
mezzeria e del momento. Evidentemente, per poter fare delle tabelle, abbiamo bisogno di fissare il
valore del coefficiente di contrazione trasversale; qui è stato preso il valore 0.3 (che corrisponderebbe
sostanzialmente all’acciaio). Si è scelto per ragioni di simmetria di usare lo stesso numero
complessivo di termini dello sviluppo nella direzione x e nella direzione y. Adesso andiamo a vedere
qual è quello che si ottiene sommando. Questo coefficiente μ, che è quello che moltiplicato per p04/D
ci fornisce il valore dello spostamento massimo, se prendiamo un solo termine vale 0.004161; se
prendiamo 3 termini la prima cifra significativa è stabilizzata e la seconda sostanzialmente tende a
stabilizzarsi (le ultime due no); se prendiamo m = n = 5, qui vedete che abbiamo 0.004064. Il valore
esatto, cioè quello che si otterrebbe sommando un numero infinito di termini, sarebbe 0.004062 e a
questo arriviamo se consideriamo m = n = 7. Questo quindi ci fa capire che basta un numero
relativamente limitato di termini (nel caso di carico uniformemente distribuito! Se il carico non fosse
uniformemente distribuito lungo la piastra ma fosse distribuito solo su una parte della piastra,
ovviamente occorrerebbe in linea generale un numero maggiore di termini. Se invece il carico è
sufficientemente regolare potranno bastare pochi termini) per arrivare ad una stima accurata
dell’abbassamento.
Se invece andiamo a vedere il momento massimo, cioè il momento Mx al centro della piastra,
vediamo che, se usiamo un solo termine abbiamo una stima molto sballata: già con un solo termine
la prima cifra significativa non è corretta. Se aggiungiamo più termini convergiamo ma tutto
sommato più lentamente, tant’è che, arrivando ad m = n = 7, quindi considerando tutti i termini che
ci servono per fare questa somma, non raggiungiamo ancora il valore esatto. Quindi, a livello di
convergenza sul momento abbiamo bisogno di un maggiore numero di termini per arrivare alla stessa
accuratezza.

Sempre sul testo, trovate un disegno significativo che vi dà l’andamento del momento Mx e del
momento My in corrispondenza del centro della piastra. Qui vedete che gli andamenti sono
leggermente spostati l’uno dall’altro ma, globalmente, rispettano la condizione che al bordo sono
nulli e al centro risultano massimi.
Se invece consideriamo i momenti calcolati non al centro della piastra ma lungo le due diagonali del
quadrato, vediamo che l’andamento dei momenti è parecchio differente, perché il momento M2, che
è quello nella direzione parallela alla diagonale, è globalmente quasi costante, passando dallo spigolo
verso il centro della piastra. Invece il momento perpendicolare M1 ha un andamento che presenta
un’inversione: il fatto che il momento lì sia diverso da 0 ci fa capire che in corrispondenza dello
spigolo della piastra c’è un valore elevato di reazione verticale concentrata. Questa reazione deve
essere assorbita sotto forma di momento lungo la diagonale della piastra.

3.3.10 Piastra rettangolare vincolata ad appoggio su 2 lati opposti


Vediamo adesso invece un’altra tecnica che è stata messa a punto per piastre sempre rettangolari ma
con almeno 2 bordi appoggiati; gli altri bordi possono essere soggetti a condizioni di vincolo
diverso (la cosa essenziale però è che 2 vincoli opposti devono essere appoggiati).
Vediamo una piastra rettangolare (Figura 10) vincolata ad appoggio su questo lato e su questo. Per
praticità, ci conviene questa volta prendere l’asse x applicato non in corrispondenza di un lato ma in
modo da essere l’asse della piastra. In questo modo vediamo che la piastra si orienterà ad avere
lunghezza a e un’altezza b, ma l’asse x divide questo lato (il lato b) in due parti uguali. Quindi i lati
che consideriamo saranno x = 0, x = a, y = -b/2, y = +b/2.

Figura 7
Questa volta vediamo che su questo lato (x = 0) e su questo lato (x = a), noi avremo le condizioni al
contorno che ci dicono che l’abbassamento w è nullo e il momento perpendicolare al lato, quindi
Mx, è nullo. Sui lati invece y = ±b/2 non specifichiamo ancora le condizioni al contorno.
Questa volta assumiamo che l’andamento del carico sia rappresentabile in questo modo:

𝑛𝜋𝑥
𝑝(𝑥, 𝑦) = x 𝑝ë (𝑦) sin Å È
𝑎
ë`Â

cioè lo sviluppiamo in serie solo secondo la direzione x, dove N è un numero grande che idealmente
dovrebbe essere ∞ ma ci fermiamo sempre a un numero finito di termini e pn rappresenta certi
coefficienti che dipendono da y.
Ci aspettiamo che la soluzione della superficie elastica w(x,y) della piastra abbia una forma simile
a questa, cioè che sia a sua volta espressa da una serie semplice: mentre prima avevamo serie doppie
secondo la soluzione di Navier, questa è la soluzione in serie semplice dovuta a Levy. Avremo quindi:

𝑛𝜋𝑥
𝑤(𝑥, 𝑦) = x 𝑤ë (𝑦) sin Å È
𝑎
ë`Â

Vediamo adesso che, se questa funzione deve soddisfare l’equazione delle piastre, deve risultare che:

𝜕!𝑤 𝜕!𝑤 𝜕!𝑤 𝑝


+ 2 + =
𝜕𝑥 ! 𝜕𝑥 © 𝜕𝑦 © 𝜕𝑦 ! 𝐷

- Questa volta vediamo che, se deriviamo termie a termine rispetto a x (immaginando di poterlo fare),
abbiamo che:

𝜕𝑤 𝜋 𝑛𝜋𝑥
= x 𝑛 𝑤ë (𝑦) cos Å È
𝜕𝑥 𝑎 𝑎
ë`Â

π/a lo possiamo portare fuori ma n no, perché dobbiamo sommare rispetto a n. Se deriviamo la
seconda volta, avremo:

𝜕©𝑤 𝜋 © 𝑛𝜋𝑥
©
= − Å È x 𝑛© 𝑤ë (𝑦) sin Å È
𝜕𝑥 𝑎 𝑎
ë`Â

La derivata terza sarà:



𝜕Ñ𝑤 𝜋 Ñ Ñ
𝑛𝜋𝑥
= − Å È x 𝑛 𝑤ë (𝑦) cos Å È
𝜕𝑥 Ñ 𝑎 𝑎
ë`Â

Mentre la derivata quarta ci verrà:



𝜕!𝑤 𝜋 ! 𝑛𝜋𝑥
!
= Å È x 𝑛! 𝑤ë (𝑦) sin Å È
𝜕𝑥 𝑎 𝑎
ë`Â

- Se invece deriviamo rispetto a y, è chiaro che la parte che dipende da y viene minimamente toccata,
quindi la derivata di w rispetto a y sarà semplicemente:

𝜕𝑤 𝑛𝜋𝑥
= x 𝑤ë ′(𝑦) sin Å È
𝜕𝑦 𝑎
ë`Â
Se deriviamo due volte, otterremo:

𝜕©𝑤 𝑛𝜋𝑥
©
= x 𝑤ë ′′(𝑦) sin Å È
𝜕𝑦 𝑎
ë`Â

La derivata terza sarà:



𝜕Ñ𝑤 𝑛𝜋𝑥
Ñ
= x 𝑤ë ′′′(𝑦) sin Å È
𝜕𝑦 𝑎
ë`Â

E la derivata quarta sarà semplicemente:



𝜕!𝑤 𝑛𝜋𝑥
!
= x 𝑤ë ′′′′(𝑦) sin Å È
𝜕𝑦 𝑎
ë`Â

- In questo modo possiamo mettere a posto il primo e l’ultimo termine; ci resta da vedere il termine
che contiene la derivata mista:

𝜕Ñ𝑤 𝜋 © 𝑛𝜋𝑥
©
= − Å È x 𝑛© 𝑤ë ′(𝑦) sin Å È
𝜕𝑥 𝜕𝑦 𝑎 𝑎
ë`Â

𝜕!𝑤 𝜋 © 𝑛𝜋𝑥
© ©
= − Å È x 𝑛© 𝑤ë ′′(𝑦) sin Å È
𝜕𝑥 𝜕𝑦 𝑎 𝑎
ë`Â

Se sostituiamo dentro l’equazione della piastra, vediamo che tutti i termini conterranno queste serie
di (nπx)/a, quindi:
€ €
𝜋 ! 𝜋 © ‚‚(/) 𝑛𝜋𝑥 𝑝ë (𝑦) 𝑛𝜋𝑥
x e𝑛 Å È 𝑤ë (𝑦) − 2𝑛© Å È 𝑤ë
!
+ 𝑤ë ′′′′(𝑦)f sin Å È=x sin Å È
𝑎 𝑎 𝑎 𝐷 𝑎
ë`Â ë`Â

Per il principio di identità di due serie, i coefficienti delle due serie a sinistra e a destra dell’uguale
devono essere uguali, e allora otteniamo un sistema di n equazioni differenziali del tipo:

𝑛𝜋 ! 𝑛𝜋 © 𝑝ë (𝑦)
Å È 𝑤ë (𝑦) − 2 Å È 𝑤ë‚‚ (𝑦) + 𝑤ë‚‚‚‚ (𝑦) =
𝑎 𝑎 𝐷

Quest’ultima possiamo scriverla un po’ meglio e otteniamo un’equazione differenziale del quarto
ordine a coefficienti costanti:

𝑛𝜋 © 𝑛𝜋 ! 𝑝ë (𝑦)
𝑤ë‚‚‚‚ (𝑦) − 2 Å È 𝑤ë‚‚ (𝑦) + Å È 𝑤ë (𝑦) = 𝑤Â (𝑦), 𝑤© (𝑦), … , 𝑤ë (𝑦)
𝑎 𝑎 𝐷

Fondamentalmente qui abbiamo un sistema di equazioni differenziali del quarto ordine nelle
incognite w1(y), w2(y) etc. fino a wn(y). Andiamo a vedere come sono fatte queste equazioni
differenziali. Intanto vediamo che, come tutte le equazioni differenziali, la wn(y) potremmo scriverla
come la somma di wn omogenea più wn particolare:

𝑤ë (𝑦) = 𝑤ë,dÊdƒ (𝑦) + 𝑤ë,ØR{e (𝑦)

dove:
Ø l’equazione omogenea wn,omog è quella che abbiamo quando prendiamo il termine noto uguale
a 0;
Ø l’equazione particolare wn,part è quella che otteniamo quando mettiamo una funzione diversa
da 0.

Ci soffermiamo dapprima sull’equazione omogenea. Questa, di fatto, è del tipo:

𝑛𝜋 © ‚‚ 𝑛𝜋 !
𝑤ë‚‚‚‚ (𝑦) − 2 Å È 𝑤ë (𝑦) + Å È 𝑤ë (𝑦) = 0
𝑎 𝑎

La soluzione di questa equazione sarà la parte omogenea. Qui interviene la solita tecnica per risolvere
questa equazione, cioè si ipotizza che:

𝑤ë (𝑦) = 𝐶𝑒 „/

dove C è una certa costante. Allora vorrà dire che:

𝑤ë ′(𝑦) = 𝐶𝜆𝑒 „/
𝑤ë ′′(𝑦) = 𝐶𝜆© 𝑒 „/
𝑤ë ′′′(𝑦) = 𝐶𝜆Ñ 𝑒 „/
𝑤ë ′′′′(𝑦) = 𝐶𝜆! 𝑒 „/

Sostituiamo all’interno dell’equazione omogenea:

𝑛𝜋 © 𝑛𝜋 !
𝐶 e𝜆! 𝑒 „/ − 2 Å È 𝜆© 𝑒 „/ + Å È 𝑒 „/ f = 0
𝑎 𝑎
e raccogliamo:
𝑛𝜋 © © 𝑛𝜋 !
𝐶𝑒 „/ e𝜆! − 2 Å È 𝜆 +Å È f=0
𝑎 𝑎

Il termine tra parentesi quadre è il polinomio caratteristico.


Le soluzioni esistono in corrispondenza dei valori per i quali il polinomio caratteristico si annulla,
quindi dobbiamo andare a cercare le radici dell’equazione:

𝑛𝜋 © 𝑛𝜋 !
𝜆! − 2𝜆© Å È + Å È = 0
𝑎 𝑎

Questa è un’equazione biquadratica; se metteste λ2 = t, otterreste:

𝑛𝜋 © 𝑛𝜋 !
𝑡 © − 2𝑡 Å È +Å È = 0
𝑎 𝑎

Quest’equazione ammette delle radici fatte così:

𝑛𝜋 ©
𝑡Â,© = Å È
𝑎

Infatti, la soluzione di tale equazione di secondo grado è chiaramente:


𝑛𝜋 © 𝑛𝜋 ! 𝑛𝜋 !
2 Å È ± †4 Å È − 4 Å È 𝑛𝜋 ©
𝑎 𝑎 𝑎
𝑡Â,© = =Å È
2 𝑎

Le 4 radici si otterranno da questa dicendo che λ2 = t, quindi le radici complessive saranno:


𝑛𝜋 𝑛𝜋 𝑛𝜋 𝑛𝜋
𝜆Â = ; 𝜆© = ; 𝜆Ñ = − ; 𝜆! = −
𝑎 𝑎 𝑎 𝑎

Per renderci conto meglio di quanto detto (il ragionamento è anche più rapido, senza bisogno di dover
passare per l’equazione biquadratica) possiamo osservare che il polinomio caratteristico può essere
scritto come:
©
ë‡ © ë‡ © ë‡
e𝜆© − Å R È f = 0 → 𝜆© = Å R È → 𝜆 = ± R

però questa è una radice doppia e quindi ciascuna va considerata due volte.
In base a questo risultato possiamo ricostruire com’è fatta la funzione che soddisfa il polinomio
caratteristico. Qui abbiamo due radici coincidenti, quindi vorrà dire che la nostra soluzione può
essere scritta così:
ë‡ 𝑛𝜋 ë‡/ ë‡ 𝑛𝜋 ë‡
𝑤ë (𝑦) = 𝐴′ë 𝑒 R / + 𝐵′ë 𝑦𝑒 R + 𝐶′ë 𝑒 § R / + 𝐷′ë Å− 𝑦È 𝑒 § R /
𝑎 𝑎

A questo punto teniamo conto del fatto che valgono queste relazioni, cioè che:

> ¾ ®> Û¾ > ¾ §> Û¾


©
= cos ℎ𝑥; ©
= sin ℎ𝑥

dove cos(hx) e sin(hx) sono rispettivamente coseno e seno iperbolico di x. Se sfruttiamo questa
eguaglianza, vediamo che la nostra soluzione (con delle nuove cosanti) la possiamo scrivere così:
𝑛𝜋𝑦 𝑛𝜋𝑦 𝑛𝜋𝑦 𝑛𝜋𝑦 𝑛𝜋𝑦 𝑛𝜋𝑦
𝑤ë (𝑦) = 𝐴ë cos ℎ + 𝐵ë sin ℎ + 𝐶ë sin ℎ + 𝐷ë cos ℎ
𝑎 𝑎 𝑎 𝑎 𝑎 𝑎

Le espressioni iperboliche hanno un andamento fatto così (Figura 11):


Figura 8
Il coseno iperbolico è una funzione pari che non si annulla mai e vale 1 quando x = 0, invece il seno
iperbolico è una funzione dispari che si annulla nello zero. Qui possiamo vedere che questa qui è una
funzione pari, questa è una funzione dispari ma moltiplicata per una funzione dispari ci dà una
funzione pari; mentre questa qui è una funzione dispari e il prodotto di una funzione pari e di una
funzione dispari ci dà una funzione dispari.
In particolare si può vedere che le prime due funzioni a destra dell’uguale sono simmetriche rispetto
a y, mentre le ultime due non sono simmetriche rispetto a y. Quindi, se l’asse y è asse di simmetria
della piastra, allora questi due termini devono andare via, altrimenti avremmo una soluzione che
vìola la simmetria: per piastre simmetriche rispetto all’asse y, Cn = 0 e Dn = 0, quindi restiamo solo
con i primi due termini.

Questa parte ci fornisce, però, per ora solo la funzione dell’omogenea. La soluzione particolare
dipende da com’è fatto il carico, cioè dipende da com’è fatto pn. Se assumiamo per semplicità che
pn(y) = const, cioè che la distribuzione del carico in direzione perpendicolare all’asse x sia sempre
costante (può variare da una posizione all’altra lungo l’asse x ma in direzione y si mantiene costante),
allora l’espressione è fatta così:

𝑎 ! 𝑝ë
𝑤ë,ØR{e = Å È
𝑛𝜋 𝐷

Quindi, se accettiamo quest’ipotesi, abbiamo che la nostra funzione wn risulta:

𝑛𝜋𝑦 𝑛𝜋𝑦 𝑛𝜋𝑦 𝑎 ! 𝑝ë


𝑤ë (𝑦) = 𝐴ë cos ℎ + 𝐵ë sin ℎ +Å È
𝑎 𝑎 𝑎 𝑛𝜋 𝐷

3.3.11 Serie semplice di Levy


Si tratta in qualche modo di un’alternativa al metodo di soluzione proposto da Navier che prevedeva
lo sviluppo in serie doppie, tenendo conto però che il metodo di Navier con le serie doppie funziona
bene quando la piastra è poggiata sui 4 lati. Con questo metodo invece il requisito può essere
rilasciato nel senso che è sufficiente considerare che la nostra piastra sia poggiata su due lati
contrapposti. In questo caso per convenienza, mantenendo sempre le misure dei lati a e b dove:
- a è la lunghezza del lato lungo cui misuriamo x
- b è la lunghezza del lato lungo cui misuriamo y
assumiamo il sistema di riferimento a metà di quest'ultimo lato prendendo quindi l'asse x
perpendicolare come in figura

Pertanto, le equazioni di questi lati saranno x=0, x=a, y= -b/2 e y=+b/2.


Fondamentalmente questo metodo di soluzione si basa sul considerare che lo spostamento W, cioè
la superficie elastica della piastra, sia data in questa forma:
y(€)
𝑛𝜋𝑥
𝑊(𝑥, 𝑦) = x 𝑊ë (𝑦) sin Å È
𝑎
ë`Â

L’indice n della seria va idealmente a infinito, ma in realtà ci fermiamo ad un certo ordine N.


Presupponiamo anche che il carico che grava sulla piastra stessa abbia una forma analoga, cioè sia
sviluppabile anche questo in serie semplice nella forma:
y(€)
𝑛𝜋𝑥
𝑝(𝑥, 𝑦) = x 𝑝ë (𝑦) sin Å È
𝑎
ë`Â

In questo modo vediamo che se la soluzione della superficie elastica W è di questo tipo
automaticamente sono soddisfatte le condizioni di appoggio perché sui lati appoggiati dovremmo
evidentemente avere W=0 e questo ci torna fuori completamente perché su x=a e x=0 la funzione
seno vale zero qualunque sia l'indice n. Le condizioni di semplice appoggio impongono anche che il
momento M nella direzione normale, Mx, sia uguale a zero:

𝜕©𝑊 𝜕©𝑊
𝑀. = −𝐷 z © + 𝜈 |=0
𝜕𝑥 𝜕𝑦 ©

e anche qua siamo consapevoli che lungo questo lato y è necessariamente uguale a 0 e
conseguentemente questo termine è autenticamente nullo.

𝜕©𝑊 𝜕©𝑊
𝑀/ = −𝐷 z + 𝜈 |=0
𝜕𝑦 © 𝜕𝑥 ©

Vediamo anche che la derivata seconda di W rispetto a x conterrà ancora la funzione seno in quanto
quando deriviamo due volte un seno otteniamo ancora seno cambiato di segno e quindi anche questa
condizione è soddisfatta. Quindi le condizioni al contorno sui due lati appoggiati sono
automaticamente soddisfatte da questa funzione W che abbiamo preso.
Dobbiamo però fare in modo che la nostra soluzione soddisfi l'equazione completa della piastra:
𝜕!𝑊 𝜕!𝑊 𝜕!𝑊 𝑃
+ 2 + =
𝜕𝑥 ! 𝜕𝑥 © 𝜕𝑦 © 𝜕𝑦 ! 𝐷

La lezione scorsa abbiamo già visto che quando deriviamo questa espressione rispetto a y, le derivate
coinvolgono solo queste funzioni Wn che dipendono solo da y, quindi quando deriviamo due volte
rispetto a y ci verrà fuori la derivata seconda di Wn, quando deriviamo quattro volte rispetto a y ci
verrà la derivata 4 di Wn e così via. Quindi se vogliamo che sia soddisfatta l'equazione della piastra
ci troveremo che tutti i termini si possono scrivere in questa forma:

y
𝑛𝜋 © ‚‚ 𝑛𝜋 ! 𝑝ë 𝑛𝜋𝑥
Š e𝑊ë‚‚‚‚ (𝑦) − 2 Å È 𝑊ë (𝑦) + Å È 𝑊ë (𝑦) − f sin Å È=0
𝑎 𝑎 𝐷 𝑎
ë`Â

Ricordiamo che la sommatoria da 1 a infinito di fatto arriva sino ad N.


Per soddisfare l'equazione qualunque sia n devono essere uguali a zero i termini scritti tra parentesi
quadrata, cioè otteniamo un sistema di equazioni differenziali del 4 ordine a coefficienti costanti del
tipo:
𝑛𝜋 © 𝑛𝜋 ! 𝑝ë
𝑊ë‚‚‚‚ (𝑦) − 2 Å È 𝑊ë‚‚ (𝑦) + Å È 𝑊ë (𝑦) =
𝑎 𝑎 𝐷

Queste equazioni devono essere soddisfatte per ogni n, ma d'altra parte queste sono equazioni
differenziali a coefficienti costanti quindi è abbastanza facile trovarne la soluzione. In particolare,
possiamo vedere che la nostra 𝑊ë (𝑦) può essere scritta come somma di due termini:

• omogenea 𝑊ë,dÊdƒ (𝑦) che sarebbe la soluzione quando il termine noto è uguale a zero
𝑝. = 0
• particolare 𝑊ë,ØR{e (𝑦), 𝑝. = 𝑐𝑜𝑠𝑡

𝑊ë (𝑦) = 𝑊ë,dÊdƒ (𝑦) + 𝑊ë,ØR{e (𝑦)

Il primo termine, come già visto, si può scrivere in questa forma


𝑛𝜋𝑦 𝑛𝜋𝑦 𝑛𝜋𝑦 𝑛𝜋𝑦
𝑊ë,dÊdƒ (𝑦) = 𝐴ë 𝑐𝑜𝑠ℎ Å È + 𝐵ë Å È 𝑠𝑖𝑛ℎ Å È + 𝐶ë sinh Å È
𝑎 𝑎 𝑎 𝑎
𝑛𝜋𝑦 𝑛𝜋𝑦
+ 𝐷𝑛 Å È cosh Å È
𝑎 𝑎
(Abbiamo anche visto che questa condizione ci esce dal fatto che la soluzione dipende da due
esponenziali, uno positivo e uno negativo, e si tratta di un polinomio caratteristico dalle radici doppie
ë‡/ ë‡/
quindi sia la soluzione con R per l'esponenziale, sia la condizione esponenziale di R sono
soluzioni dell'equazione. Allora riorganizzando i termini in modo da fare comparire le funzioni
iperboliche possiamo riscriverle in questo modo). Qui abbiamo riconosciuto che:
• il seno iperbolico è una funzione dispari quindi cambiando segno all'argomento assume
segno diverso
• il coseno iperbolico è una funzione pari quindi cambiando y e -y assume lo stesso valore.

Noi conosciamo che il primo termine è una funzione pari e il terzo è certamente una funzione dispari.
Gli altri due termini, quelli che sono moltiplicati da Bn e da Dn, sono invece dei prodotti: il secondo
è il prodotto di due funzioni dispari che quindi è ancora una funzione pari, mentre il quarto è una
funzione pari per una dispari, quindi una funzione dispari. Se consideriamo accuratamente il
problema vediamo che questa soluzione omogenea dipende da quattro costanti An, Bn, Cn, e Dn e
che queste quattro costanti dovrebbero essere usate per imporre le condizioni al contorno sui due lati
rimanenti. Abbiamo due condizioni al contorno per ogni lato, cioè quattro condizioni, quindi le
possiamo determinare. Se in particolare il tipo di carico che viene applicato alla piastra e le condizioni
di vincolo rispettano la simmetria rispetto all’asse x, vorrà dire che le condizioni che imponiamo da
una parte e quelle che imponiamo dall'altra sono uguali.
Allora possiamo sfruttare questa simmetria, di fatto imponendo le condizioni solo su un bordo visto
che sull'altro si ripeteranno eguali, e tenendo quindi conto che in condizioni di simmetria i termini
che dipendono da Cn e da Dn se ne vanno (si eliminano). Resteranno quindi due costanti (An e Bn)
che però sono sufficienti a fissare le due condizioni al contorno che dovremmo imporre sul bordo.
Resta ancora da vedere la condizione particolare 𝑊ë,ØR{e (𝑦) che dipende in generale da come è
fatto il carico, cioè come sono fatti questi Pn(y).
Se in particolare assumiamo che 𝑝ë (𝑦) = 𝑝d = 𝑐𝑜𝑠𝑡 per ogni n la nostra 𝑊ë,ØR{e (𝑦) sarà a sua volta
costante in quanto deve essere soluzione dell'equazione completa. Se la soluzione completa è
costante la nostra funzione dovrà essere una costante e ciò comporta che 𝑊ë,ØR{e (𝑦) derivata
qualsiasi numero di volte sarà pari a zero.

‚‚ (𝑦) = 0
𝑊ë,ØR{e 𝑛𝜋 ! 𝑝. 𝑝. 𝑎!
𝑊ë,ØR{e (𝑦) = 𝑐𝑜𝑠𝑡 → ‚‚‚‚ → ! 𝑊ë,ØR{e (𝑦) = → 𝑊ë,ØR{e (𝑦) =
𝑊ë,ØR{e (𝑦) = 0 𝑎 𝐷 (𝑛𝜋)! 𝐷

Quindi in conclusione con le ipotesi che abbiamo fatto (carico uniforme e simmetria) la nostra Wn
sarà del tipo
𝑛𝜋𝑦 𝑛𝜋𝑦 𝑛𝜋𝑦 𝑝. 𝑎!
𝑊ë (𝑦) = 𝐴ë 𝑐𝑜𝑠ℎ Å È + 𝐵ë Å È 𝑠𝑖𝑛ℎ Å È+
𝑎 𝑎 𝑎 (𝑛𝜋)! 𝐷

Questa è la tipica componente della soluzione che consideriamo quando abbiamo un carico uniforme
e consideriamo un comportamento simmetrico. Immaginiamo quindi che l'asse x sia un asse di
simmetria e che quindi conoscendo come si comporta un pezzo di piastra riusciamo facilmente a
determinare come si comporta l'altro.

Per esempio, potremmo considerare ancora condizioni di bordi appoggiati anche ai lati paralleli
all'asse x: le condizioni al contorno che dovremmo imporre qui sarebbero ancora:
• spostamento nullo w=0
¼ù
• momento My uguale a zero, quindi che ¼/ = 0

Questo ci permetterebbe, fissandolo su uno dei due lati, quindi per y =+ b/2 o -b/2, di determinare le
costanti An e Bn per ciascuno di questi componenti.
Se invece vogliamo considerare, come ora, una condizione diversa allora dovremmo imporre le
condizioni al contorno che competono: qui stiamo supponendo di avere bordi incastrati per cui
dovremmo imporre:

- abbassamento nullo à 𝑊ë (𝑦) = 0 per 𝑦 = ± 𝑏[2


- rotazione nulla à 𝑊′ë (𝑦) = 0 per 𝑦 = ± 𝑏[2

In realtà è sufficiente imporlo su una delle due perché essendo funzioni pari quando cambiamo b/2
con -b/2 otteniamo lo stesso risultato. Qui le cose si fanno un po’ complicate a livello di calcoli e
quindi vi fornisco già la soluzione (purtroppo nel testo c'è un errore di stampa che rende le cose un
po’ più complicate). Dobbiamo calcolare Wn'(y): derivando si ottiene
𝑛𝜋 𝑛𝜋𝑦 𝑛𝜋 𝑛𝜋𝑦 𝑛𝜋𝑦 𝑛𝜋𝑦
𝑊ë‚ (𝑦) = Å È 𝐴ë 𝑠𝑖𝑛ℎ Å È + Å È 𝐵ë g𝑠𝑖𝑛ℎ Å È+Å È cosh Å Èh
𝑎 𝑎 𝑎 𝑎 𝑎 𝑎

ps. Ricordiamo che la derivata del coseno iperbolico è seno iperbolico e non ci sono cambi di segno,
a differenza del seno e coseno circolare
𝑒 . + 𝑒 §. 𝑒 . − 𝑒 §.
𝑐𝑜𝑠ℎ 𝑥 = , 𝑠𝑖𝑛ℎ 𝑥 =
2 2
𝑑 𝑑
(𝑠𝑖𝑛ℎ 𝑥) = 𝑐𝑜𝑠ℎ 𝑥 , (𝑐𝑜𝑠ℎ 𝑥) = 𝑠𝑖𝑛ℎ 𝑥
𝑑𝑥 𝑑𝑥

Ps2. sul testo c'è un errore di stampa

Le nostre condizioni al contorno ci impongono di dire che dobbiamo fare un sistema di due equazioni
dicendo che (11)
𝑏 𝑛𝜋𝑏 𝑛𝜋𝑏 𝑛𝜋𝑏 𝑝ë 𝑎!
⎧ 𝑊ë } ~ = 𝐴ë 𝑐𝑜𝑠ℎ } ~ + 𝐵ë } ~ 𝑠𝑖𝑛ℎ } ~+ =0
2 2𝑎 2𝑎 2𝑎 (𝑛𝜋)! 𝐷
⎨ ‚ 𝑏 𝑛𝜋 𝑛𝜋𝑏 𝑛𝜋 𝑛𝜋𝑏 𝑛𝜋𝑏 𝑛𝜋𝑏
𝑊 = Å È 𝐴ë 𝑠𝑒𝑛ℎ } ~ + Å È 𝐵ë e𝑠𝑖𝑛ℎ } ~+} ~ cosh } ~f = 0
⎩ ë } 2~ 𝑎 2𝑎 𝑎 2𝑎 2𝑎 2𝑎

Otteniamo quindi un sistema di due equazioni in due incognite An e Bn.


Se risolviamo il sistema abbiamo completamente determinato la nostra funzione Wn. Ciascuna di
queste Wn per ogni indice n soddisfa le condizioni sui bordi e quindi l'insieme di tutte queste
soddisferà le condizioni omogenee sui bordi.
Per risolvere il sistema possiamo
ë‡
• semplificare i fattori comuni Å È nella seconda equazione
R
• usare delle abbreviazioni per termini che ricorrono più volte, quindi per esempio
𝑛𝜋𝑏 𝜋𝑦
𝜆ë = , 𝜂 =
2𝑎 𝑎

Il sistema diventa:

𝑏 𝑝 𝑎!
⎧ 𝑊ë } ~ = 𝐴ë 𝑐𝑜𝑠ℎ(𝜆ë ) + 𝐵ë (𝜆ë ) 𝑠𝑖𝑛ℎ(𝜆ë ) + ë ! = 0
2 (𝑛𝜋) 𝐷
⎨ ‚ 𝑏
) [𝑠𝑖𝑛ℎ(𝜆ë ) + (𝜆ë )cosh(𝜆ë )] = 0
⎩𝑊ë }2~ = 𝐴ë 𝑠𝑒𝑛ℎ(𝜆ë + 𝐵ë

Il termine Pn però lo si trova risolvendo questo ed è fatto:


R 4𝑝.
2 𝑛𝜋𝑥
𝑝ë (𝑦) = H 𝑝. 𝑠𝑖𝑛 Å È 𝑑𝑥 = ƒ 𝑛𝜋 𝑛 𝑑𝑖𝑠𝑝𝑎𝑟𝑖 ⋅
𝑎 2 0 𝑛 𝑝𝑎𝑟𝑖
.

Risolvendo il sistema si ottiene, in forma compatta,

𝑛𝜂 𝑠𝑖𝑛ℎ(𝜆ë ) 𝑠𝑖𝑛ℎ(𝑛𝜂) − [𝜆ë 𝑐𝑜𝑠 ℎ(𝜆ë ) + sinh(𝜆ë )] cosh(𝑛𝜂)


𝑊ë (𝜂) = 𝐾ë Ï1 + Ó
𝑐𝑜𝑠ℎ(𝜆ë ) 𝑠𝑖𝑛ℎ(𝜆ë ) + 𝜆ë

W diventa funziona di 𝜂 e compare una costante 𝐾ë la quale vale


𝑝ë 𝑎! 4𝑝. 𝑎!
𝐾ë = ! ! = ‘𝑛Ž 𝜋 Ž 𝐷 𝑛 𝑑𝑖𝑠𝑝𝑎𝑟𝑖
𝑛 𝜋 𝐷
0 𝑛 𝑝𝑎𝑟𝑖
Una volta trovata la soluzione possiamo calcolare gli spostamenti massimi, i momenti flettenti e così
via semplicemente applicando le espressioni dei momenti Mx e My.
In generale qui si preferisce trovare già la soluzione in forma in qualche modo tabellata. Esse ci
dicono che lo spostamento massimo è lo spostamento calcolato a metà della piastra in corrispondenza
dell'asse x
𝑎 𝑏!
𝑊ÊR. = 𝑊 Å , 0È = 𝜇𝑝.
2 𝐷

dove b è la dimensione trasversale della piastra. Il momento massimo sarà quello calcolato a metà
della piastra
𝑎
𝑀.,ÊR. = 𝑀. Å , 0È = 𝛼. 𝑝. 𝑏©
2

𝜇 ed 𝛼. sono dei coefficienti esclusivamente numerici. My si può scrivere come>


𝑎
𝑀/ Å , 0È = 𝛼/ 𝑝. 𝑏©
2
mentre il valore massimo si troverà in corrispondenza dei bordi e a metà della piastra e si può scrivere
𝑎 𝑏
𝑀/,ÊR. = 𝑀. } , ± ~ = 𝛾𝑝. 𝑏©
2 2
A seconda del valore del rapporto fra i lati possiamo considerare una tabella fissando il valore di 𝜈
altrimenti non possiamo rappresentare graficamente le cose e tipicamente si fa per 𝜈 uguale a 0.3 e
per rapporti variabili tra i lati a/b.

Se prendiamo a/b che tende ad infinito vuol dire che sostanzialmente stiamo considerando una
striscia infinitamente lunga e di larghezza costante. Se viceversa consideriamo valori decrescenti di
questo rapporto stiamo considerando piastre che tendono sempre di più verso una forma quadrata.
Quando si ha a/b uguale a 1 abbiamo una forma quadrata e quando ulteriormente riduciamo il valore
di a rispetto a b stiamo considerando una piastra che sta diventando una striscia ma nel verso
trasversale. Dalla tabella 9.7 possiamo vedere i valori dei coefficienti per rapporti tra i lati infinito, 1
ecc. La figura 9.35 mostra graficamente l'andamento su un intervallo che va fra 0.5 e 2 del rapporto
a/b: si può notare che alcuni coefficienti aumentano gradatamente altri presentano un massimo e poi
si riducono progressivamente.
Nella figura 9.36 si possono vedere fondamentalmente i valori dell'andamento del momento Mx
lungo l'asse longitudinale (ps. i bordi appoggiati sono quelli tratteggiati) che presenta un andamento
parabolico rispettoso delle condizioni di appoggio agli estremi. Nell'altra direzione è riportato il
momento My ritagliato in corrispondenza della metà della piastra e vedete che, essendo incastrato al
bordo, abbiamo dei valori negativi in corrispondenza dei bordi incastrati e un valore positivo in
corrispondenza del centro.
Il valore di My che troviamo al centro, per valori di rapporto tra i lati piccoli, cioè a/b vale 1/2, quindi
la dimensione in direzione y è maggiore della dimensione in x, è più piccolo rispetto al momento
My. Aumentando le dimensioni vedete che il valore del momento più elevato è sempre quello nella
direzione più piccola della piastra quindi per esempio per valori a/b=1 Mx= 0254 e My=0.332 quindi
è più elevato il momento nella direzione più corta. I valori del momento negativo è comunque sempre
più elevato del momento al centro della piastra.
Le cose sono ancora più visibili se consideriamo un rapporto a/b= 2, il momento in direzione x tende
ad appiattirsi progressivamente mentre il momento in direzione trasversale presenta due picchi
abbastanza elevati in corrispondenza dei bordi incastrati e in mezzeria un valore decisamente più
elevato, circa tre volte di quello che abbiamo nella direzione x.
Questo era un esempio di soluzione mediante serie semplice del problema di una piastra rettangolare.
Il problema di Levy è stato sviluppato inizialmente per piastra tutte appoggiate e in effetti nel caso
della piastra poggiata si può vedere che questo sviluppo in serie semplice converge più rapidamente
di quello in serie doppia e quindi potendolo fare è più complicato perché coinvolge delle funzioni
iperboliche e quindi risolvere equazioni di questo genere può non essere comodissimo, però in
generale è sufficiente un numero minore di termini per riuscire ad arrivare ad una buona convergenza
intermedia.
Una grande messa di risultati su varie condizioni di carico la trovare sul libro di Timoshenko: lì c’è
tutta una casistica di varie condizioni di carico anche con carichi variabili con leggi lineari e quindi
la rappresentazione delle soluzioni è lì fornita mediante tabelle di questo tipo.

3.3.12 Soluzione in forma chiusa per piastre in presenza di sole forze applicate ai vertici
e bordi tutti liberi
Consideriamo che sulla nostra piastra siano applicate delle forze in corrispondenza dei vertici
alternativamente verso l'alto e verso il basso.
Come prima i bordi sono tutti liberi e prendiamo un sistema di riferimento questa volta nel centro
della piastra e immaginando che i lati possano non essere uguali (a e b) consideriamo che il carico
p(x,y) sia ovunque uguale a zero, quindi ci sono solo delle forze applicate agli spigoli.

L'equazione della piastra diventa omogenea

𝜕!𝑊 𝜕!𝑊 𝜕!𝑊


+ 2 + =0
𝜕𝑥 ! 𝜕𝑥 © 𝜕𝑦 © 𝜕𝑦 !

Le condizioni al contorno sono due per ogni bordo:


1) taglio di Kirchhoff nullo
2) momento in direzione perpendicolare al lato nullo

In particolare, abbiamo quindi:


¼Æ¾À
• lato 1 𝑦 = − 𝑏[2 𝑀/ = 0; 𝑇/ + ¼.
=0
¼Æ¾À
• lato 3 𝑦 = 𝑏[2 𝑀/ = 0; 𝑇/ + ¼.
=0
¼Æ¾À
• lato 2 𝑥 = 𝑎[2 𝑀. = 0; 𝑇. + ¼/
=0
¼Æ¾À
• lato 4 𝑦 = − 𝑎[2 𝑀. = 0; 𝑇. + =0
¼/

Si può vedere che la superficie elastica in funzione di x e y la possiamo assumere nella forma:
𝑊(𝑥, 𝑦) = 𝐶𝑥𝑦

dove C sarà una costante da determinare. Se prendiamo questa superficie possiamo vedere che le
derivate seconde sono nulle tranne quella mista che vale C:

𝜕©𝑊 𝜕©𝑊 𝜕©𝑊


= 0, = 0, =𝐶
𝜕𝑥 © 𝜕𝑦 © 𝜕𝑥𝜕𝑦

Se le derivate secondo sono nulle chiaramente lo saranno anche le derivate quarte

𝜕!𝑊 𝜕!𝑊 𝜕!𝑊


= 0, = 0, =0
𝜕𝑥 ! 𝜕𝑦 ! 𝜕𝑥 © 𝜕𝑦 ©

conseguentemente se W è fatto in questo modo l’equazione è soddisfatta. Ora andiamo a vedere le


equazioni sui lati perpendicolari a y

𝜕©𝑊 𝜕©𝑊 𝜕𝑀/ 𝜕𝑀./


𝑀/ = −𝐷 z © + 𝜈 | = 0, 𝑇/ = +
𝜕𝑦 𝜕𝑥 © 𝜕𝑦 𝜕𝑥

E perpendicolari a x:

𝜕©𝑊 𝜕©𝑊 𝜕𝑀. 𝜕𝑀./


𝑀𝑥 = −𝐷 z © + 𝜈 | = 0, 𝑇. = +
𝜕𝑥 𝜕𝑦 © 𝜕𝑥 𝜕𝑦

Mentre il momento xy risulta diverso da zero:

(1 − 𝜈) 𝜕 © 𝑊
𝑀./ = −2𝐷 = −𝐷(1 − 𝜈)𝐶
2 𝜕𝑥𝜕𝑦

Notiamo quindi che risulta una costante quindi derivando sia rispetto a x che rispetto a y ci darà zero,
quindi anche il taglio di Kirchooff sarà nullo:

𝜕𝑀./
𝑇/ + =0
𝜕𝑥
𝜕𝑀./
𝑇. + =0
𝜕𝑥

Queste condizioni sono soddisfatte in qualunque posizione. Quindi vedete che questa superficie fatta
così soddisfa l'equazione della piastra come equazione del 4 ordine omogenea e soddisfa anche tutte
le condizioni al contorno corrispondenti a bordi liberi. Adesso dobbiamo però vedere come si fa a
rendere determinato il valore della costante C tenendo conto che però qui abbiamo una piastra con
dei bordi che formano un angolo, quindi abbiamo degli spigoli e noi sappiamo che in ogni spigolo
c'è una forza concentrata di valore ±𝑃 che deve eguagliare la discontinuità che nasce dal momento
torcente. Ci ricordiamo infatti che in ogni spigolo la forza P deve essere pari a

𝑃
𝑃 = −2𝑀./ → 𝑃 = −2(−𝐷(1 − 𝜈)𝐶) → 𝑃 = 2𝐷𝐶(1 − 𝜈) → 𝐶 =
2𝐷(1 − 𝜈)

quindi la nostra funzione W ha questo andamento:


𝑃
𝑊(𝑥, 𝑦) = 𝑥𝑦
2𝐷(1 − 𝜈)

Questo ci fa vedere che la nostra deformata è una superficie rigata e vediamo subito che quando x
=0 e y=0 la superficie non presenta nessun spostamento, quindi lungo lasse x e y i punti della piastra
non subiscono nessun abbassamento. Viceversa, laddove x e y hanno entrambi valore positivo lo
spostamento è verso il basso nel verso positivo della nostra piastra e quindi troveremo un
abbassamento massimo nei bordi pari a (vertice C)

𝑃 𝑎𝑏 𝑃𝑎𝑏
𝑊ÊR. = =
2𝐷(1 − 𝜈) 2 2 8𝐷(1 − 𝜈)

Possiamo vedere che questa superficie è una rigata nel senso che tutte le linee parallele all'asse x si
spostano in direzione verticale formando un pezzo di una falda di un paraboide iperbolico. La piastra
invece presenterà degli spostamenti in verso opposto sui quadranti pari perché abbiamo che x è
positivo ma y è negativo a quindi subirà uno spostamento verso l'alto (vertice B). Quindi le linee
parallele all'asse x subiscono spostamenti verso l'alto diversificati. In modo analogo troveremo uno
spostamento verso l'alto e uno verso il basso nei vertici rispettivamente D e A.
Fondamentalmente la nostra piastra si disporrà in questo modo:

in cui due elementi salgono contrapposti e due subiscono uno spostamento verso il basso. In ogni
caso questa superficie è una superficie rigata. Si vede che questi spostamenti sono concordi con il
verso delle forze che abbiamo disposto. Questa è l'ultima soluzione in forma chiusa per le piastre che
si può considerare.Vi faccio anche notare che potevamo considerare il fatto che l'asse x e l'asse y
costituiscono degli assi di simmetria particolari per la piastra e quindi risolvere lo stesso problema
utilizzando un solo quarto di piastra.

Due osservazioni rapide sul problema visto, una relativa anche al punto precedente.

1) Nel caso della soluzione in serie semplice di Levy assumiamo che il carico P(x,y)=po è
costante allora i nostri coefficienti Pn vanno calcolati, cioè noi diciamo che:

y(€)
𝑛𝜋𝑥
𝑃(𝑥, 𝑦) = 𝑝. = 𝑐𝑜𝑠𝑡; 𝑝(𝑥, 𝑦) = x 𝑝ë (𝑦) sin Å È
𝑎
ë`Â
R R 4𝑝.
2 𝑛𝜋𝑥 2𝑝. 𝑛𝜋𝑥
𝑝ë (𝑦) = H 𝑝(𝑥, 𝑦) sin Å È 𝑑𝑥 = H sin Å È 𝑑𝑥 = ƒ 𝑛𝜋 𝑛 𝑑𝑖𝑠𝑝𝑎𝑟𝑖
𝑎 𝑎 𝑎 𝑎 0 𝑛 𝑝𝑎𝑟𝑖
. .
𝑝(𝑥, 𝑦) è costante quindi può essere portato fuori dall’integrale. Visto come è fatto Pn
possiamo procedere a determinare come sono fatte le funzioni Wn.

2) In questo esempio invece vediamo che delle azioni interne presenti Mx e My sono ovunque
nulle, l'unica diversa da zero è il momento torcente. Se teniamo conto della forma di C
vediamo anche che il momento torcente vale:

𝑃 𝑃
𝑀./ = − 𝐷(1 − 𝜈) = −
2𝐷(1 − 𝜈) 2

La nostra piastra i cui lati sono liberi, possiamo pensare che in corrispondenza dei vertici ci
siano dei pilastri e quindi è una piastra su appoggi puntiformi che se li sostituiamo con le
forze che i pilastri esercitano sulla piastra danno luogo a questa situazione. Qui vediamo che,
tenendo conto dell'effettivo andamento, la nostra piastra è soggetta alle seguenti distribuzioni
di momento

D'altra parte però se andiamo a considerare, analogamente con quello ce si può fare con gli
sforzi, possiamo vedere che i momenti principali M1 e M2 saranno orientati su un sistema di

riferimento che rispetto all'asse x è ruotato di 𝛼 = ! , quindi saranno a 45 gradi rispetto alle
direzioni su cui agiscono i momenti torcenti e in questa situazione vedremo che i momenti
sono M1 ed M2 di segno opposto , quindi M1 è pari a p/2 ed M2 è negativo e pari a p/2.

In questo tipo di rappresentazione mediante frecce la doppia punta indica il verso di


rotazione. Quindi questi sono momenti che su una piastra ritagliata di 45 gradi rispetto alla
direzione dei lati x e y sono dei momenti normali esclusivamente ai lati stessi mentre nel
sistema di riferimento xy abbiamo solo dei momenti torcenti, quindi dei momenti che
tendono a torcere il lato stesso. Nella direzione a 45 gradi abbiamo invece solo dei momenti
che tendono a piegare il bordo normalmente alla direzione del bordo stesso.
3.4 Piastre circolari assialsimmetriche
3.4.1 Equazioni indefinite di equilibrio
Nel caso di piastre circolari e in particolare di piastre circolare soggette a un carico simmetrico
rispetto all'asse perpendicolare conviene fare riferimento ad un diverso sistema di coordinate.
Conviene sfruttare la simmetria del problema per fare riferimento ad una formulazione più semplice.
Ricordiamo che nel piano possiamo sempre individuare le posizioni di un punto mediante un sistema
di coordinate cartesiane xy ortogonali oppure mediante coordinate polari.
Per fissare un sistema di coordinate polari dobbiamo fissare una direzione che è quella di raggio che
parte da un punto O rispetto al quale misuriamo gli angoli che chiamiamo anomalie.

La coordinata di un generico punto P sarà individuata da:


• valore del suo raggio r;
• angolo teta che forma il raggio che divide la
posizione del punto P rispetto a un raggio fissato.

Questo vuol dire fondamentalmente che in questo sistema di riferimento piano intersechiamo le due
coordinate ci dicono il raggio della circonferenza e la direzione che il piano perpendicolare a questo
forma con il piano dato, in questa posizione è individuato il nostro punto. Quindi questo punto P è
l'intersezione della circonferenza di raggio r e centro O con la semiretta che parte per O e forma
l'angolo dato rispetto al piano di riferimento. Il sistema di coordinate polari può essere facilmente
esteso al caso tridimensionale usando le coordinate cilindriche cioè consideriamo ancora nel piano
un polo O e un raggio r che individua un angolo 𝜗 rispetto a un raggio prefissato e poi consideriamo
in direzione verticale un asse z (possiamo sceglierlo orientato come si vuole ma per le nostre esigenze
conviene prenderlo orientato verso il basso).

Il sistemo di coordinate che avremo sarà in questo caso:


• r: distanza della proiezione del punto p su questo piano
rispetto al polo;
• teta: angolo formato dal piano passante per O e verticale che
contiene P e il piano che contiene il raggio di riferimento;
• z: distanza del nostro punto dalla sua proiezione.
Quindi P(z, r, 𝜗).

In condizioni di coordinate cilindriche ci può venire


abbastanza spontaneo individuare una piastra
assumendo che il centro della nostra piastra sia
l’origine delle coordinate, e da qui parta l'asse z e poi
considerando uno spessore totale della piastra pari a
h. Possiamo pensare che le posizioni di tutti i punti
della piastra siano rappresentabili mediante la
coordinata z che ci dà la distanza dal centro e
mediante le altre coordinare r e teta che ci danno nel
piano medio della piastra la proiezione del punto sulla
piastra stessa.
Quindi siamo interessanti a considerare una piastra circolare: come nel nostro caso possiamo
individuare completamente la piastra mediante il suo raggio Re che ci definisce il contorno della
piastra stessa. In certe situazioni potrebbe anche essere conveniente considerare delle piastre dotate
di fori concentrici quindi considerare una piastra a doppio contorno in cui il centro è sempre riferito
a questa posizione e la piastra definita da un raggio esterno Re e un raggio interno Ri.
La superficie media della piastra nel primo caso è un cerchio, nel secondo caso la superficie media
della piastra sarà una corona circolare.

Adesso abbiamo però bisogno di poter definire un elementino di volume estratto dalla piastra sul
quale possiamo individuare le componenti dello sforzo.
Possiamo immaginare di considerare sulla nostra piastra una
situazione di questo genere: dall'origine posta al centro della
piastra, consideriamo due raggi, uno individuato da un angolo teta
e uno da un angolo 𝜗 + 𝑑𝜗, poi consideriamo due elementi lungo
il raggio, uno a distanza r e uno a distanza r+dr.
Fondamentalmente riusciremo a estrarre un elementino di volume
infinitesimo di altezza dz e lati pari a
- dr in direzione radiale
- d𝜗 il lato interno in direzione circonferenziale (lungo la
circonferenza)
Su questo elementino possiamo evidenziare le componenti di
sforzo che ci interessa prendere in esame.

Sulla faccia superiore avremo:


• componente normale di sforzo (uscente) 𝜎•
• due componenti tangenziali di sforzo
§ una in direzione radiale 𝜏•‘
§ una in direzione circoreferenziale 𝜏•’

(ps. Ricordiamo che il primo indice ci dice la direzione


della normale e il secondo indice la direzione della
coordinata su cui abbiamo proiettato il vettore sforzo,
quindi qui consideriamo la direzione del raggio e quella
della tangente alla circonferenza)

Sulla faccia nella direzione del raggio avremo:


• componente di sforzo normale lungo la tangente alla circonferenza 𝜎’
• due componenti tangenziali
§ una rivolta verso il basso 𝜏’•
§ una in direzione radiale 𝜏’‘

Sulla faccia che ammette come direzione normale il raggio avremo:


• componente di sforzo normale diretta come il raggio 𝜎‘
• due componenti tangenziali
§ una nella direzione z 𝜏‘•
§ una in direzione parallela alla tangente alla circonferenza 𝜏‘•

Gli sforzi sono positivi quando hanno le direzioni indicate nella figura. Sulle facce non disegnate
evidentemente i versi dovranno essere tutti rigorosamente a quelli dati.
Possiamo lavorare su quelle che sono le risultanti di questi sforzi riportati al piano della piastra, cioè
come abbiamo già visto negli altri casi noi abbiamo bisogno di riferire gli sforzi al piano medio,
allora questi sono sforzi che vivono nel nostro solido tridimensionale. Quindi calcoliamo le risultanti
di questi sforzi nello spessore e calcoliamo i momenti che questi sforzi hanno rispetto al piano medio.

Calcolare gli sforzi riportandoli al piano medio vuol dire fondamentalmente prendere quelli relativi
ad una certa striscia del solido e calcolarne la risultante del momento rispetto alla superficie media
che è quella tratteggiata in verde. Dove Z è la distanza della striscia dalla superficie media.
= =
Dobbiamo tenere conto che stiamo integrando tra − © e ©.
Di questi sforzi però nell'ambito della teoria delle piastre diciamo che 𝜎• non c'è, cioè consideriamo
che non ci sono sforzi in direzione normale diretti nella direzione dello spessore.
Gli altri sforzi presenti sono le sei componenti indipendenti mostrate in figura:
- su una faccia avremo 𝜎’ , 𝜏’1 e 𝜏“{ ;
- nell’altra 𝜎{ , 𝜏{1 e 𝜏{“ .

Possiamo dire che la lunghezza di questi segmenti risulta pari a dr e rd𝜗 e noi calcoleremo le risultanti
per unità di lunghezza del tratto. Calcoliamo per esempio la risultante delle tensioni normali al piano
dovute a 𝜎‘ : diremo che Nr per la lunghezza della faccia su cui agisce (𝑟 d𝜗 ) sarà uguale all’integrale
sullo spessore dello sforzo 𝜎‘ per l’area (d𝑧 ⋅ 𝑟 d𝜗).
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© ©

𝑁{ ⋅ 𝑟 𝑑𝜗 = H (𝜎{ 𝑑𝑧 ⋅ 𝑟 𝑑𝜗) → 𝑁{ = H 𝜎{ 𝑑𝑧
§¨[ §¨[
© ©

In modo assolutamente analogo possiamo trattare la risultante delle tensioni tangenziali


¨[ ¨[
© ©

𝑁{“ ⋅ 𝑟 𝑑𝜗 = H 𝜏{“ 𝑑𝑧 ⋅ 𝑟 𝑑𝜗 → 𝑁{“ = H 𝜏{“ 𝑑𝑧


§¨[ §¨[
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© ©

𝑇{1 ⋅ 𝑟 𝑑𝜗 = H 𝜏{“ 𝑑𝑧 ⋅ 𝑟 𝑑𝜗 → 𝑁{“ = H 𝜏{“ 𝑑𝑧


§¨[ §¨[
© ©

Passiamo all’altra faccia (attenzione che la superficie è lunga dr e alta dz) avremo
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© ©

𝑁’ ⋅ 𝑑𝑟 = H (𝜎’ 𝑑𝑧 ⋅ 𝑑𝑟) → 𝑁’ = H 𝜎’ 𝑑𝑧
§¨[ §¨[
© ©
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© ©

𝑁“{ ⋅ 𝑑𝑟 = H 𝜏“{ 𝑑𝑧 ⋅ 𝑑𝑟 → 𝑁“{ = H 𝜏“{ 𝑑𝑧


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© ©

𝑇’1 ⋅ 𝑑𝑟 = H 𝜏“1 𝑑𝑧 ⋅ 𝑑𝑟 → 𝑇’1 = H 𝜏“1 𝑑𝑧


§¨[ §¨[
© ©

A queste sei componenti di sforzo corrispondono quindi queste sei componenti della risultante nel
piano. Possiamo considerare anche che ci sono i contributi del momento ma saranno dovuti solo a
quelle componenti che producono momento rispetto alla piastra stessa, quindi in particolare possiamo
vedere che le tensioni tangenziali nella direzione z non contribuiranno al momento.
Quindi i momenti risultanti saranno
- Momento flettente
¨[ ¨[
© ©

𝑀{ ⋅ 𝑟 𝑑𝜗 = H (𝜎{ 𝑧 𝑑𝑧 ⋅ 𝑟 𝑑𝜗) → 𝑀{ = H (𝜎{ 𝑧 𝑑𝑧)


§¨[ §¨[
© ©

- Momento torcente
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© ©

𝑀{“ ⋅ 𝑟 𝑑𝜗 = H 𝜏{“ 𝑧 𝑑𝑧 ⋅ 𝑟 𝑑𝜗 → 𝑀{“ = H 𝜏{“ 𝑧 𝑑𝑧


§¨[ §¨[
© ©

- Momento flettente
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© ©

𝑀’ ⋅ 𝑑𝑟 = H (𝜎’ 𝑧 𝑑𝑧 ⋅ 𝑑𝑟) → 𝑀’ = H (𝜎’ 𝑧 𝑑𝑧)


§¨[ §¨[
© ©

- Momento torcente
¨[ ¨[
© ©

𝑀“{ ⋅ 𝑑𝑟 = H 𝜏“{ 𝑧 𝑑𝑧 ⋅ 𝑑𝑟 → 𝑀“{ = H 𝜏“{ 𝑧 𝑑𝑧


§¨[ §¨[
© ©

Adesso viene comodo tenere conto delle ipotesi fatte a proposito della piastra non deformabile a
taglio quindi della piastra di Kirchhoff.
Ogni punto che appartiene alla superficie media della
piastra subisce solo uno spostamento in direzione
perpendicolare alla superficie della piastra stessa, mentre i
punti come per esempio A e B che si trovano all'estremità,
rispettivamente sulla superficie superiore e inferiore, a
deformazione avvenuta si mantengono sulla superficie
superiore e inferiore ma subiscono una rotazione. Il
segmento a cui loro appartengono, che inizialmente è
perpendicolare al piano deformato della piastra, subisce
una rotazione che le mantiene ancora sulla direzione
perpendicolare alla superfice media della piastra deformata
senza che questo segmento subisca nessun allungamento.
Quindi ogni segmento rettilineo alla superficie media della
piastra nello stato indeformato si conserva rettilineo e si mantiene perpendicolare alla superficie
media deformata mantenendosi di lunghezza inalterata. Questo ci fa capire che gli scorrimenti
𝛾{1 𝑒 𝛾’1 devono essere nulli e che la deformazione nella direzione z sarà zero perché non avvengono
variazioni di lunghezza di un segmento perpendicolare alla superficie media.
L'altra condizione è che i punti appartenenti alla superficie media subiscono esclusivamente
spostamenti ortogonali alla superficie media stessa. D’altra parte, avevamo anche trovato che lo
sforzo 𝜎1 si considera trascurabile rispetto agli altri. Quindi le ipotesi che si possono fare ci dicono
che l'andamento degli sforzi nella direzione perpendicolare alla superficie media devono essere
lineari, quindi troviamo che 𝜎{ , 𝜎’ e 𝜏{“ = 𝜏“{ hanno andamento lineare in una piastra elastica.
Fondamentalmente i termini che corrispondono alle risultanti nello spessore, visto che la
distribuzione degli sforzi è lineare si annullano in corrispondenza della superficie media, quindi come
conseguenza troviamo che 𝑁{ , 𝑁{’ , 𝑁’ e 𝑁’{ sono tutte uguali a zero. Se immaginiamo che la
distribuzione sia lineare vediamo che gli integrali sono tutti nulli. A livello di sforzi, 𝜏{1 deve essere
uguale a 𝜏“{ e di conseguenza 𝑀{’ e 𝑀’{ devono fornirci la stessa quantità.

𝜏{1 = 𝜏“{ 𝑒 𝑀{’ = 𝑀’{

Delle componenti risultante che abbiamo visto ne sopravvivono poche, perché, come abbiamo visto,
si annullano in virtù del fatto che gli sforzi sono nulli sulla superficie media e hanno un andamento
lineare. Delle componenti di momento risultante ne abbiamo 4 ma solo tre sono distinte: 𝑀{ , 𝑀{’ e
𝑀’ sono quelle che possiamo considerare indicative.
A questo punto viene utile considerare il concetto di simmetria
assiale. Ciò significa che se consideriamo la nostra piastra,
eventualmente con un doppio contorno, qualunque piano
appartenenti alla stella di piani che ha come retta appoggio l'asse z
deve vedere la stessa situazione. Cioè la piastra, essendo
geometricamente circolare, ha la stessa forma rispetto a qualunque
di questi piani che si appoggiano all'asse z e che intersecano la
piastra stessa. Quindi in questa situazione la sezione ottenuta
secando la piastra con qualunque di questi piani che si appoggiano
all'asse zeta e che sono piani tutti verticali è la stessa.
In questa situazione si vede che le caratteristiche che individuano la
piastra sono indipendenti dall’angolo teta ma dipendono solo dalla coordinata radiale r. Possiamo
quindi affermare che una piastra come forma rispetta questa simmetria assiale. Ora vogliamo che
anche i vincoli rispettino le condizioni assiali, quindi vuol dire che su una piastra di questo tipo i
vincoli che abbiamo sul bordo esterno e sull'eventuale bordo interno (se la piastra ha doppio
contorno), devono essere eguali in tutti i punti del bordo quindi il bordo stesso deve trovarsi in una
di queste condizioni:
• incastrato per intero
• appoggiato per intero
• per intero libero
cioè le condizioni di bordo devono essere le stesse in tutti i punti del bordo.
Possiamo avere condizioni diverse se abbiamo un bordo esterno e un bordo interno, ma comunque
tutti i punti del bordo interno e tutti i punti del bordo esterno devono essere soggette alle stesse
condizioni.

In più vogliamo che anche i carichi esterni rispettino la


simmetria assiale.
Se consideriamo per esempio una sezione fatta così (1 imm.)
una condizione di carico di questo genere rispetta la simmetria
assiale, una condizione di carica come potrebbe essere questa
(2 imm.) non rispetta la simmetria assiale
Noi facciamo l'ipotesi che la piastra, i vincoli a cui la piastra
è soggetta e i carichi a cui la piastra è sottoposto siano tutti
rispettosi della simmetria assiale.

In queste condizioni possiamo far vedere che la risposta della piastra dipende solo dalla coordinata
radiale r, cioè la risposta non dipende dall'angolo teta, quindi dovremmo avere che i carichi p sono
semplicemente p(r) e lo spostamento della piastra, la funzione W, sarà esclusivamente una funzione
di r.
Andiamo vedere adesso la nostra piastra soggetta a queste possibili
combinazioni di forze e risultanti.
In una fetta di piastra possiamo quindi materializzare un piano rispetto
al quale il comportamento deve essere simmetrico.
Vediamo che alcune componenti di quelle che abbiamo indicato non
sono compatibili con questo vincolo: per esempio vediamo che se su una
faccia è presente 𝑇“1 e per equilibrio su quest'altra faccia dovrebbe
essere anch’esso orientato verso l'alto, ma rispetto a questo piano, che è
un piano di simmetria, questi componenti romperebbero questa
simmetria, sarebbero cioè delle componenti antisimmetriche.
È simile a quello che succede su una condizione molto più semplice in
una trave appoggiata soggetta a carico uniforme: rispetto a un piano che
passa per la mezzeria della trave c'è simmetria nei confronti delle azioni
vincolari e del carico, cioè se disegniamo metà della trave possiamo
tranquillamente ribaltando rispetto a questo asse ottenere l'altra metà.
Sulla componente di azioni interne non abbiamo su tutte la stessa
prerogativa: se andiamo a disegnare il diagramma del momento flettente
troviamo che la simmetria c'è, il diagramma del momento ha un
andamento cosi parabolico, e quindi è rispettoso della simmetria, ma al
taglio invece ha un andamento che è emisimmetrico, cioè è una simmetria ribaltata sull'altra metà,
quindi questa è una condizione di carico che non è simmetrica.
Così pure nella nostra situazione questa condizione di carico non è simmetrica e quindi non è
possibile che questa condizione di carico sia presente: queste azioni interne non possono esserci se
il problema deve rispettare il requisito di assialsimmetria. Analoga espressione la possiamo notare
sui momenti torcenti: il momento torcente 𝑀’{ ha un andamento che non è compatibile con le
condizioni di simmetria, quindi anche questa componente non ci deve essere.
Avevamo visto che c'erano 𝑇{1 e 𝑇’1 come risultati e come momenti avevamo 𝑀{ 𝑀{’ 𝑀’ e 𝑀’{ e
queste due devono essere necessariamente uguali per ragioni di simmetria del tensore degli sforzi.
Abbiamo visto però che 𝑇’1 non può essere presente per motivi di rispetto della simmetria assiale e
non può essere presente neanche 𝑀’{ e quindi non potrà esserci neppure 𝑀{’ .

Quindi fondamentalmente le uniche componenti di azione interna compatibili con le assialsimmetrie


sono
• 𝑇{ che agisce sulla faccia perpendicolare la direzione del raggio r;
• 𝑀{ ;
• 𝑀’ .
Queste per altro devono dipendere solo dalla coordinata radiale.

A questo punto possiamo fare un passo avanti e considerare le condizioni di equilibrio di un


elementino di piastra soggetto alle seguenti azioni compatibili con l'assialsimmetria.
Nasce fuori un piccolo problema legato al fatto che il nostro solido che consideriamo è però
individuato da facce che hanno dimensioni diverse o per meglio dire non tutte le dimensioni sono
costanti sulle due facce a differenza del parallelepipedo che possiamo vedere in coordinate cartesiane
regolari dove le due facce opposte hanno la stessa dimensione. In questo caso invece le due facce
opposte in direzione radiale hanno dimensioni diverse e questo si riflette in equazioni di equilibrio
che sono più complicate di quelle che troviamo nel caso della piastra rettangolare.
Sul nostro elemento intervengono le seguenti quantità (immagine):
Le coordinate sono z, r, teta

Allora le forza che sono presenti e le


coppie saranno queste:
- 𝑇{

- 𝑇{‚ = Å𝑇{ + • È
m{
- 𝑀{

- 𝑀{‚ = Å𝑀{ + m{•È
- 𝑀’
- 𝑐𝑎𝑟𝑖𝑐𝑜 𝑑𝑖𝑠𝑡𝑟𝑖𝑏𝑢𝑖𝑡𝑜 𝑝(𝑟)
Visto che tutte le quantità dipendono da una stessa variabile r possiamo lavorare con le derivate totali
(dritte non parziali).
Muovendoci in direzione circonferenziale non deve cambiare il valore del momento 𝑀’ : può
cambiare spostandoci lungo r ma non può cambiare se ci spostiamo lungo lo stesso raggio di un certo
angolo.
Tutto questo va riferito all'elementino nel piano e quindi dobbiamo ricordarci che queste dimensioni
sono rd𝜗, dr, (r+dr)d𝜗.

L'area del settore di corona circolare che stiamo considerando su cui


grava il carico è dS pari a

𝑑𝜃 𝑑𝜃 𝑑𝜃 𝑑𝜃
𝑑𝑆 = 𝜋(𝑟 + 𝑑𝑟)© − 𝜋𝑟 © = (𝑟 © + 2𝑟𝑑𝑟 + 𝑑𝑟 © ) − 𝑟©
2𝜋 2𝜋 2 2

𝑑𝜃 𝑑𝑟 © 𝑑𝜃 𝑑𝜃
= 𝑟 © + 𝑟 𝑑𝑟 𝑑𝜃 + − 𝑟© = 𝑟 𝑑𝑟 𝑑𝜃
2 2 2

Questo fondamentalmente ci dice che l'aria di questo elementino la possiamo trovare moltiplicando
la lunghezza del tratto interno per dr: la variazione del raggio nel tratto esterno rispetto a quello
interno è un infinitesimo di ordine superiore.
Rappresentazione dei momenti con le frecce: osserviamo sin da subito che
se lavoriamo su uno spicchio e rappresentiamo i momenti con le frecce ci
accorgiamo che questa volta, a differenza di quello che avviene quando
lavoriamo con un elemento ritagliato secondo gli assi x e y, abbiamo delle
componenti diverse, perché abbiamo 𝑀{ ′ e 𝑀{ e poi però abbiamo anche
le componenti 𝑀“ .
Se noi dobbiamo considerare l'equilibrio dei momenti applicati nella
direzione perpendicolare al raggio ci accorgiamo che anche questi due
contribuiscono, proiettati in questa direzione, quindi avremo una
equazione che contiene sia 𝑀{ che 𝑀“ oltre ovviamente ai contribuito della forza di taglio.

Dobbiamo finire di ricavare le equazioni che governano il problema, anche se abbiamo già visto che
alcune componenti dell’azione interna non sono presenti per ragioni di simmetria.
Dobbiamo ricordarci che in un sistema di riferimento polare l’elementino che generiamo ha:

• due facce rettangolari uguali di area (ℎ𝑑𝑟);


• la faccia inferiore e quella superiore, sulle quali non ci sono azioni perché stiamo lavorando
a livello di piastra;
• due facce a lati curvilinei, di dimensioni diverse (l’altezza di entrambe è ℎ, ma la faccia che
vediamo ha lunghezza 𝑟𝑑𝜗, mentre la faccia che sta dietro ha lunghezza (𝑟 + 𝑑𝑟)𝑑𝜗).
Le azioni agenti sono:
sulla faccia curva di davanti:

• l’azione 𝑇{
• il momento flettente 𝑀{
sulla faccia curva di dietro:
mĕ
• l’azione 𝑇{‚ = Å𝑇{ + m{
𝑑𝑟È
mƕ
• il momento flettente 𝑀{‚ = (𝑀{ + m{
𝑑𝑟), detto anche momento incrementato
sulle facce rettangolari:

• i momenti flettenti 𝑀’ , che devono essere uguali per rispettare il principio


dell’assialsimmetria (se uno dei due fosse diverso dall’altro vorrebbe dire che c’è una
variazione del momento flettente applicato all’angolo 𝜗 che invece è incompatibile con
l’esistenza della simmetria assiale)

Oltre a queste dobbiamo mettere in conto le forze distribuite 𝑝 per unità di area di superficie. L’area
di superficie riferita al piano medio, ossia la superficie del settore di corona circolare, se ci limitiamo
a considerare i soli termini di uguale ordine, avrà espressione:

𝑑𝑆 = 𝑟𝑑𝑟𝑑𝜗

A questo punto dobbiamo scrivere due equazioni di equilibrio delle forze agenti nella direzione
dell’asse z e un’equazione di equilibrio dei momenti agenti parallelamente alla normale alla faccia.
Prima equazione:
↓ 𝑅1 = 0
↓ 𝑅1 = 𝑇{ 𝑟𝑑𝜗 − 𝑇{‚ (𝑟 + 𝑑𝑟)𝑑𝜗 + 𝑝𝑟𝑑𝑟𝑑𝜗 = 0
𝑑𝑇{
↓ 𝑅1 = 𝑇{ 𝑟𝑑𝜗 − (𝑇{ + 𝑑𝑟)(𝑟 + 𝑑𝑟)𝑑𝜗 + 𝑝𝑟𝑑𝑟𝑑𝜗 = 0
𝑑𝑟
𝑑𝑇{ 𝑑𝑇{
↓ 𝑅1 = 𝑇{ 𝑟𝑑𝜗 − 𝑇{ 𝑟𝑑𝜗 − 𝑟𝑑𝑟𝑑𝜗 − 𝑇{ 𝑑𝑟𝑑𝜗 − 𝑑𝑟𝑑𝑟𝑑𝜗 + 𝑝𝑟𝑑𝑟𝑑𝜗 = 0
𝑑𝑟 𝑑𝑟
I primi due termini si semplificano, mentre il penultimo è infinitesimo di ordine superiore quindi si
trascura perché consideriamo solo termini dello stesso ordine. Ci ritroviamo con due contributi che,
a differenza di quello che accadrebbe se considerassimo un elementino di forma rettangolare, danno
luogo all’incremento di azioni interne:

• uno legato al fatto che l’azione interna, anche se fosse costante con 𝑟, si estende sul tratto di
maggiore lunghezza;
• l’altro al fatto che l’azione interna può variare con 𝑟.
L’insieme di questi due termini fa sì che nascano due contributi. Possiamo raccogliere e scrivere:

𝑑𝑇{ 𝑇{
− e} + ~ + 𝑝f 𝑟𝑑𝑟𝑑𝜗 = 0
𝑑𝑟 𝑟

Moltiplicando per 𝑟 a destra e a sinistra:

𝑑𝑇{ 1
𝑟} + 𝑇 ~ = 𝑝𝑟
𝑑𝑟 𝑟 {
𝑑𝑇{
𝑟 + 𝑇{ = 𝑝𝑟
𝑑𝑟

Il primo membro può essere scritto come la derivata:

𝑑
(𝑟𝑇{ )
𝑑𝑟

L’equazione di equilibrio si può scrivere come:

𝑑
(𝑟𝑇{ ) = 𝑝𝑟
𝑑𝑟

La seconda equazione di equilibrio che dobbiamo scrivere riguarda invece i momenti. Ci conviene
rivedere le azioni presenti, indicando i momenti con una doppia freccia si ottiene:

Le forze di taglio sono entranti. Equazione di equilibrio dei momenti rispetto alla direzione
perpendicolare ad 𝑟:

𝑀˜{ = 0

𝑑𝜗 𝑑𝜗
−𝑀{ 𝑟𝑑𝜗 − 𝑀’ 𝑑𝑟 − 𝑀’ 𝑑𝑟 + 𝑀{‚ (𝑟 + 𝑑𝑟)𝑑𝜗 + 𝑇{ 𝑟𝑑𝜗𝑑𝑟 = 0
2 2

Il termine dovuto al carico distribuito agente non interviene perché è infinitesimo di terzo ordine.
𝑑𝜗 𝑑𝑀{
−𝑀{ 𝑟𝑑𝜗 − 2𝑀’ 𝑑𝑟 + (𝑀{ + 𝑑𝑟)(𝑟 + 𝑑𝑟)𝑑𝜗 + 𝑇{ 𝑟𝑑𝜗𝑑𝑟 = 0
2 𝑑𝑟

𝑑𝑀{ 𝑑𝑀{
−𝑀{ 𝑟𝑑𝜗 − 𝑀’ 𝑑𝑟𝑑𝜗 + 𝑀{ 𝑟𝑑𝜗 + 𝑑𝑟𝑟𝑑𝜗 + 𝑀{ 𝑑𝑟𝑑𝜗 + 𝑑𝑟𝑑𝑟𝑑𝜗 + 𝑇{ 𝑟𝑑𝜗𝑑𝑟 = 0
𝑑𝑟 𝑑𝑟

𝑑𝑀{
e(𝑀{ − 𝑀’ ) + 𝑟 + 𝑟𝑇{ f 𝑑𝑟𝑑𝜗 = 0
𝑑𝑟

Semplificando 𝑑𝑟𝑑𝜗 troviamo la seconda equazione, che contiene:

• i due momenti flettenti, agenti secondo le direzioni perpendicolare al raggio e perpendicolare


alla direzione circonferenziale;
• la forza di taglio.

𝑑𝑀{
𝑀{ − 𝑀’ + 𝑟 + 𝑟𝑇{ = 0
𝑑𝑟

Ci può convenire derivare i termini rispetto ad 𝑟:

𝑑 𝑑 𝑑𝑀{ 𝑑
(𝑀{ − 𝑀’ ) + }𝑟 ~ + (𝑟𝑇{ ) = 0
𝑑𝑟 𝑑𝑟 𝑑𝑟 𝑑𝑟

Osserviamo che:
𝑑
(𝑟𝑇{ ) = 𝑝𝑟
𝑑𝑟

Quindi arriviamo a scrivere la seconda equazione in forma compatta, conglobandola con la prima:

𝑑 𝑑 𝑑𝑀{
[∗] (𝑀{ − 𝑀’ ) + }𝑟 ~ + 𝑝𝑟 = 0
𝑑𝑟 𝑑𝑟 𝑑𝑟

Questa è l’equazione di equilibrio per la nostra piastra circolare soggetta a carichi assialsimmetrici,
che useremo tra poco per arrivare alla soluzione.

3.4.2 Equazione espressa in termini delle componenti dello spostamento


Adesso vogliamo riuscire a esprimere tutto di nuovo in funzione delle componenti di spostamento e
quindi arrivare ad un’equazione differenziale che rappresenti il comportamento della piastra
mettendo insieme l’equilibrio, le condizioni di deformazione e spostamento e il legame elastico. Per
poter arrivare a questo abbiamo bisogno di vedere in quale modo la piastra si deforma e cioè
individuare le condizioni di congruenza. Il campo di spostamenti che assumiamo è fatto così:

si considera la piastra di spessore ℎ, il piano medio da cui parte l’asse 𝑧 e l’asse 𝑟 nella direzione
perpendicolare. Consideriamo due punti 𝐴 e 𝐵 allineati nello stesso raggio a distanza 𝑑𝑟 e
ipotizziamo che questi soddisfino il comportamento a piastra cioè che subiscano, essendo
appartenenti alla superficie della piastra, solo lo spostamento verticale. Quindi troveremo che:

• il punto 𝐴 subirà uno spostamento 𝑤 e andrà a finire in posizione 𝐴‚ ;



• il punto 𝐵 subirà uno spostamento 𝑤 + m{ 𝑑𝑟 e andrà a finire in posizione 𝐵‚ .
Consideriamo poi un generico punto 𝐶 allineato con 𝐴 appartenente alla piastra che non si trovi nella
superficie media. Per ipotesi della piastra non deformabile a taglio questo punto si dovrà disporre su
un segmento perpendicolare alla posizione della deformata. Quindi possiamo dire che:

• il punto C si è spostato in direzione 𝑟 di una quantità ξ.

Se consideriamo l’angolo α, formato dalla parallela alla piastra con la superficie deformata, possiamo
calcolare la tangente in questo modo:
𝑑𝑤
𝑑𝑟 𝑑𝑤
tan α = 𝑑𝑟 → tan α =
𝑑𝑟 𝑑𝑟

Stiamo parlando di quantità infinitesime quindi possiamo dire che la tangente dell’angolo α
sostanzialmente coincide con l’angolo α e con le altre funzioni trigonometriche.
Quindi possiamo dire che:
𝑑𝑤
α≅
𝑑𝑟
La proiezione ξ si può esprimere come:

𝑑𝑤
ξ = z sin α = 𝑧 → 𝑒𝑠𝑠𝑒𝑛𝑑𝑜 sin α ≅ α
𝑑𝑟

attenzione però che lo spostamento che avviene è nel verso negativo, quindi:

𝑑𝑤
ξ = −𝑧
𝑑𝑟

in questo modo siamo arrivati ad individuare le quantità che ci servono.


A questo punto ci rifacciamo al nostro elementino di piastra e vediamo cosa è successo:

La deformazione in direzione radiale sarà data da:

𝑑𝑙 ‚ − 𝑑𝑟
𝜀{ =
𝑑𝑟
Con:

• 𝑑𝑙 ‚ = lunghezza finale
• 𝑑𝑟 = lunghezza iniziale

Possiamo osservare che:


𝑑ξ
𝑑𝑙 ‚ = 𝑑𝑟 − ξ + }ξ + 𝑑𝑟~
𝑑𝑟

𝑑ξ
𝑑𝑙 ‚ = 𝑑𝑟 + 𝑑𝑟
𝑑𝑟
Sostituendo in 𝜀{ si ottiene:

𝑑ξ
𝑑𝑟 + 𝑑𝑟 𝑑𝑟 − 𝑑𝑟 𝑑ξ
𝜀{ = =
𝑑𝑟 𝑑𝑟


Essendo ξ legato mediante 𝑧 alla derivata di si ottiene la seguente espressione della deformazione
m{
𝜀{ :
𝑑© 𝑤
𝜀{ = −𝑧
𝑑𝑟 ©

Adesso valutiamo la deformazione circonferenziale, cioè la deformazione lungo la direzione 𝜗:

𝑑𝑙 ‚‚ − 𝑟𝑑𝜗 (𝑟 + ξ)𝑑𝜗 − 𝑟𝑑𝜗 ξ𝑑𝜗 z 𝑑𝑤


𝜀’ = = = =−
𝑟𝑑𝜗 𝑟𝑑𝜗 𝑟𝑑𝜗 𝑟 𝑑𝑟

In definitiva:

• Deformazione secondo la direzione radiale:


𝑑© 𝑤
𝜀{ = −𝑧
𝑑𝑟 ©

• Deformazione secondo la direzione circonferenziale:

z 𝑑𝑤
𝜀’ = −
𝑟 𝑑𝑟

Da qui possiamo passare con il legame costitutivo agli corrispondenti sforzi.


Possiamo dire, infatti, che le direzioni 𝑟 e 𝜗 sono direzioni principali di sforzo quindi il legame
costitutivo si può esprimere in questo modo:

©
⎧ 𝜎{ = 𝐸 (𝜀{ + 𝜈𝜀’ ) = − 𝐸𝑧 z𝑑 𝑤 + 𝜈 𝑑𝑤|
⎪ 1 − 𝜈© 1 − 𝜈 © 𝑑𝑟 © 𝑟 𝑑𝑟
⎨ 𝐸 𝐸𝑧 1 𝑑𝑤 𝑑© 𝑤
⎪𝜎’ = (𝜀’ + 𝜈𝜀{ ) = − z + 𝜈 |
⎩ 1 − 𝜈© 1 − 𝜈 © 𝑟 𝑑𝑟 𝑑𝑟 ©

Per potere usare le espressioni appena ottenute dobbiamo calcolarci i momenti risultanti:

¨
©
𝑀{ = H 𝜎{ 𝑧𝑑𝑧
¨
§
©

𝐸ℎÑ 𝑑© 𝑤 𝜈 𝑑𝑤
𝑀{ = − z + |
12(1 − 𝜈 © ) 𝑑𝑟 © 𝑟 𝑑𝑟

In questo termine riconosciamo:


S
• (Â§Ã É )
: rigidezza flessionale della piastra che tiene conto della contrazione trasversale
impedita
¨Î
• : momento d’inerzia di una striscia larga 1
©

Quindi possiamo anche scrivere:


𝑑© 𝑤 𝜈 𝑑𝑤
𝑀{ = −𝐷 z + |
𝑑𝑟 © 𝑟 𝑑𝑟

In modo simile si può calcolare 𝑀’ :


¨
©
𝑀’ = H 𝜎’ 𝑧𝑑𝑧
¨
§
©

𝐸ℎÑ 1 𝑑𝑤 𝑑© 𝑤 1 𝑑𝑤 𝑑© 𝑤
𝑀’ = − z + 𝜈 | = −𝐷 z + 𝜈 |
12(1 − 𝜈 © ) 𝑟 𝑑𝑟 𝑑𝑟 © 𝑟 𝑑𝑟 𝑑𝑟 ©

Queste sono le espressioni dei momenti in funzione del campo di spostamenti. Se le sostituiamo in
[∗] otteniamo l’equazione che governa la nostra piastra. Per un futuro ci serve anche avere
l’espressione di 𝑇{ :

1 𝑑𝑀{
𝑇{ = }𝑀’ − 𝑀{ − 𝑟 ~=
𝑟 𝑑𝑟

1 𝐷 𝑑𝑤 𝑑© 𝑤 𝑑© 𝑤 𝐷𝜈 𝑑𝑤 𝑑Ñ 𝑤 1 𝑑𝑤 1 𝑑© 𝑤
= –Ï− − 𝐷𝜈 © + 𝐷 © + Ó + 𝐷𝑟 Ï Ñ + 𝜈 z− © + |Ó˜ =
𝑟 𝑟 𝑑𝑟 𝑑𝑟 𝑑𝑟 𝑟 𝑑𝑟 𝑑𝑟 𝑟 𝑑𝑟 𝑟 𝑑𝑟 ©

𝐷 𝑑𝑤 𝐷𝜈 𝑑© 𝑤 𝐷 𝑑© 𝑤 𝐷𝜈 𝑑𝑤 𝑑Ñ 𝑤 𝐷𝜈 𝑑𝑤 𝐷𝜈 𝑑© 𝑤
=− − + + + 𝐷 − + =
𝑟 © 𝑑𝑟 𝑟 𝑑𝑟 © 𝑟 𝑑𝑟 © 𝑟 © 𝑑𝑟 𝑑𝑟 Ñ 𝑟 © 𝑑𝑟 𝑟 𝑑𝑟 ©

𝑑Ñ 𝑤 𝐷 𝑑© 𝑤 𝐷 𝑑𝑤
=𝐷 + − =
𝑑𝑟 Ñ 𝑟 𝑑𝑟 © 𝑟 © 𝑑𝑟

𝑑Ñ 𝑤 𝑑 1 𝑑𝑤
= 𝐷Ï Ñ + } ~Ó
𝑑𝑟 𝑑𝑟 𝑟 𝑑𝑟

Per ottenere l’equazione che governa il comportamento della piastra non ci resta che sostituire le
espressioni dei momenti in funzione degli spostamenti nell’equazione di equilibrio. Ricordiamo che
l’equazione di equilibrio è:

𝑑 𝑑𝑀{ 𝑑 𝑑𝑀{
}𝑀{ − 𝑀’ + 𝑟 ~ + 𝑝𝑟 = 0 ↔ }𝑀’ − 𝑀{ − 𝑟 ~ = 𝑝𝑟
𝑑𝑟 𝑑𝑟 𝑑𝑟 𝑑𝑟

Sostituendo le espressioni di 𝑀{ e di 𝑀’ troviamo quanto segue:


𝑑 𝐷 𝑑𝑤 𝑑© 𝑤 𝑑© 𝑤 𝐷𝜈 𝑑𝑤 𝑑Ñ 𝑤 𝑟𝐷𝜈 𝑑𝑤 𝑟𝐷𝜈 𝑑© 𝑤
z− − 𝐷𝜈 © + 𝐷 © + + 𝐷𝑟 Ñ − © + | = 𝑝𝑟
𝑑𝑟 𝑟 𝑑𝑟 𝑑𝑟 𝑑𝑟 𝑟 𝑑𝑟 𝑑𝑟 𝑟 𝑑𝑟 𝑟 𝑑𝑟 ©

𝑑 𝑑Ñ 𝑤 𝑑© 𝑤 1 𝑑𝑤 𝑝𝑟
z𝑟 Ñ + © − |=
𝑑𝑟 𝑑𝑟 𝑑𝑟 𝑟 𝑑𝑟 𝐷

Questa appena scritta è l’equazione che governa il comportamento della nostra piastra. La tecnica
di integrazione in questo caso non conviene, però se volessimo farlo comunque arriveremmo a
trovare come equazione finale questa:

𝑑! 𝑤 2 𝑑Ñ 𝑤 1 𝑑© 𝑤 1 𝑑𝑤 𝑝
+ − + =
𝑑𝑟 ! 𝑟 𝑑𝑟 Ñ 𝑟 © 𝑑𝑟 © 𝑟 Ñ 𝑑𝑟 𝐷

Vediamo chiaramente che abbiamo a che fare con derivate del quarto ordine quindi nell’integrale
generale dovrebbero esserci quattro costanti, però attenzione che ci sono dei termini che contengono
come coefficienti i reciproci di 𝑟 quindi questa non è un’equazione di integrazione semplice, cioè
non è un’equazione a coefficienti costanti. Quindi se vogliamo procedere ci conviene studiare il
problema in questa forma più utile per la soluzione:

𝑑Ñ 𝑤 𝑑© 𝑤 1 𝑑𝑤 𝑝𝑟
𝑟 Ñ
+ © − = H 𝑑𝑟 + 𝐶Â
𝑑𝑟 𝑑𝑟 𝑟 𝑑𝑟 𝐷

Dividendo per 𝑟 a destra e sinistra otteniamo:

𝑑Ñ 𝑤 1 𝑑© 𝑤 1 𝑑𝑤 1 𝑝𝑟 𝐶Â
Ñ
+ ©
− © = H 𝑑𝑟 +
𝑑𝑟 𝑟 𝑑𝑟 𝑟 𝑑𝑟 𝑟 𝐷 𝑟

Che possiamo scrivere come:

𝑑 𝑑© 𝑤 1 𝑑𝑤 1 𝑝𝑟 𝐶Â
z © + | = H 𝑑𝑟 +
𝑑𝑟 𝑑𝑟 𝑟 𝑑𝑟 𝑟 𝐷 𝑟

Che integrato diventa:


𝑑© 𝑤 1 𝑑𝑤 1 𝑝𝑟
©
+ = H 𝑑𝑟 H 𝑑𝑟 + 𝐶Â 𝑙𝑛𝑟 + 𝐶©
𝑑𝑟 𝑟 𝑑𝑟 𝑟 𝐷
Adesso rifacciamo lo stesso gioco di prima ma anziché dividere moltiplichiamo per 𝑟 entrambe le
parti:

𝑑© 𝑤 𝑑𝑤 1 𝑝𝑟
𝑟 ©
+ = 𝑟 H 𝑑𝑟 H 𝑑𝑟 + 𝐶Â 𝑟𝑙𝑛𝑟 + 𝐶© 𝑟
𝑑𝑟 𝑑𝑟 𝑟 𝐷

Lo scopo di tutto questo è cercare di identificare al primo membro la derivata delle quantità note,
quindi vediamo abbastanza facilmente che possiamo riscrivere l’equazione come:

𝑑 𝑑𝑤 1 𝑝𝑟
}𝑟 ~ = 𝑟 H 𝑑𝑟 H 𝑑𝑟 + 𝐶Â 𝑟𝑙𝑛𝑟 + 𝐶© 𝑟
𝑑𝑟 𝑑𝑟 𝑟 𝐷

Con la stessa logica di prima ricaviamo la terza integrazione:

𝑑𝑤 1 𝑝𝑟 𝑟© 𝑟© 𝑟©
𝑟 = H 𝑟𝑑𝑟 H 𝑑𝑟 H 𝑑𝑟 + 𝐶Â z 𝑙𝑛𝑟 − | + 𝐶© + 𝐶Ñ
𝑑𝑟 𝑟 𝐷 2 4 2

(N.B.: Questi integrali vanno calcolati in cascata, non si può portare dentro e fuori il termine 𝑟 perché
è variabile). Il termine con 𝐶Â è stato ottenuto considerando:

𝑑 𝑥© 𝑥© 2𝑥 𝑥 © 1 2𝑥 𝑥 𝑥
z 𝑙𝑛𝑥 − | = z 𝑙𝑛𝑥 + − | = 𝑥𝑙𝑛𝑥 + − = 𝑥𝑙𝑛𝑥
𝑑𝑥 2 4 2 2 𝑥 4 2 2

Dobbiamo ancora eseguire un’integrazione. Dividendo per 𝑟 otteniamo:

𝑑𝑤 1 1 𝑝𝑟 𝑟 𝑟 𝑟 𝐶Ñ
= H 𝑟𝑑𝑟 H 𝑑𝑟 H 𝑑𝑟 + 𝐶Â Å 𝑙𝑛𝑟 − È + 𝐶© +
𝑑𝑟 𝑟 𝑟 𝐷 2 4 2 𝑟

Integrando un’ultima volta arriviamo alla funzione:

1 1 𝑝𝑟 1 𝑟© 𝑟© 𝑟© 𝑟©
𝑤(𝑟) = H 𝑑𝑟 H 𝑟𝑑𝑟 H 𝑑𝑟 H 𝑑𝑟 + 𝐶Â Ï z 𝑙𝑛𝑟 − | − Ó + 𝐶© + 𝐶Ñ 𝑙𝑛𝑟 + 𝐶!
𝑟 𝑟 𝐷 2 2 4 8 4
A questo punto possiamo cercare di scrivere l’integrale in modo tale che ad ogni costante corrisponda
una sua funzione. Definiamo le costanti:
𝐶Â
𝐴Â =
4
𝐶© − 𝐶Â
𝐴© =
4
𝐴Ñ = 𝐶Ñ
𝐴! = 𝐶!

Sostituendole la nostra funzione 𝑤(𝑟) diventa:

1 1 𝑝𝑟
𝑤(𝑟) = 𝐴Â 𝑟 © 𝑙𝑛𝑟 + 𝐴© 𝑟 © + 𝐴Ñ 𝑙𝑛𝑟 + 𝐴! + H 𝑑𝑟 H 𝑟𝑑𝑟 H 𝑑𝑟 H 𝑑𝑟
𝑟 𝑟 𝐷

In 𝑤(𝑟) individuiamo due parti:


  Ø{
• la parte 𝑤. = ∫ { 𝑑𝑟 ∫ 𝑟𝑑𝑟 ∫ { 𝑑𝑟 ∫ × 𝑑𝑟 che dipende solo dal carico applicato;
• la parte 𝑤Â = 𝐴Â 𝑟 © 𝑙𝑛𝑟 + 𝐴© 𝑟 © + 𝐴Ñ 𝑙𝑛𝑟 + 𝐴! che è la soluzione omogenea in assenza di
carico ed è a questa che si applicano le condizioni al contorno.

Per quanto riguarda le condizioni al contorno ci sembra che siano troppe perché avremmo quattro
costanti da determinare. In realtà, potendo fissare solo due condizioni su ogni bordo, questo succede
perché in teoria noi queste equazioni le abbiamo ricavate per piastre a corona circolare.
In una situazione di piastra a corona circolare abbiamo due bordi e quindi dovremmo imporre 2 c.c.
sul bordo interno e 2 c.c. sul bordo esterno, quindi è corretto che ci siano 4 costanti. Se invece la
piastra fosse compatta, cioè con un solo bordo, ci sarebbero delle condizioni su cui adesso ragioniamo
che ci dicono che 2 costanti non ci devono essere. Queste condizioni seguono dal fatto che lo
spostamento nel centro della piastra, se non ci sono condizioni particolari di carico, non può diventare
infinito.
Se calcoliamo 𝑤(𝑟) per 𝑟 → 0 ci accorgiamo che il termine 𝑙𝑛𝑟 → −∞
Quindi nel caso di piastra con un solo contorno necessariamente 𝐴Ñ = 0 per garantirci che lo
spostamento nel centro della piastra non vada a infinito. Sempre nel centro della piastra si può vedere
che anche le derivate di ordine superiore devono avere valori finiti perché altrimenti vorrebbe dire
che ci esplodono le azioni interne. L’altra condizione che deve succedere riguarda le derivate
successive. Se teniamo conto della sola parte di soluzione che abbiamo individuato con 𝑤Â
otteniamo:

𝑑𝑤Â 1 1
= 𝐴Â }2𝑟𝑙𝑛𝑟 + 𝑟 © ~ + 2𝐴© 𝑟 + 𝐴Ñ
𝑑𝑟 𝑟 𝑟
𝑑© 𝑤Â 1 𝐴Ñ
= 𝐴Â }2𝑙𝑛𝑟 + 2𝑟 + 1~ + 2𝐴© −
𝑑𝑟 © 𝑟 𝑟©

Abbiamo già detto che se 𝐴Ñ fosse diverso da zero ci darebbe uno spostamento infinito nel centro
della piastra e questo non è accettabile, ma da queste equazioni si presenta un altro problema sul
termine 𝐴Â .
Se 𝐴Â ≠ 0, per 𝑟 → 0 si avrebbe 𝑙𝑛𝑟 → −∞ e troveremmo che nel centro della piastra i momenti
m É ÖÚ
esplodono (perché il termine m{ É
ci compare in tutte le espressioni del momento). Questo non è
accettabile, conseguentemente si deve avere 𝐴Â = 0.
Quindi nel caso di piastra con un solo contorno i termini che contengono 𝑙𝑛𝑟 se ne devono andare
sia perché esploderebbe lo spostamento sia perché esploderebbe il momento e ci ritroviamo a dover
fissare due sole costanti 𝐴© e 𝐴! . Quindi fondamentalmente il problema è risolvibile.

Vediamo adesso quali sono le c.c. che possiamo imporre su una piastra circolare: possiamo
distinguere i tre casi di contorno incastrato, contorno appoggiato e contorno libero.

Contorno incastrato

• l’abbassamento deve essere nullo:


𝑤|{`¢£ = 0
• la rotazione deve essere bloccata:

𝑑𝑤
g =0
𝑑𝑟 {`¢£

Contorno appoggiato:

• l’abbassamento deve essere nullo:


𝑤|{`¢¤ = 0

• il momento 𝑀{ deve essere nullo:


𝑑 © 𝑤 𝜈 𝑑𝑤
𝑀{ |{`¢¤ = 0 → −𝐷 z © + |¥ =0
𝑑𝑟 𝑟 𝑑𝑟 {`¢
¤

(Fondamentalmente c’è l’alternativa, cioè o il bordo è tale da non poter ruotare, in quel caso
la rotazione è nulla, o, se il bordo può ruotare, si deve annullare il momento in direzione
radiale)

Contorno libero:
• il momento 𝑀{ deve essere nullo:
𝑑 © 𝑤 𝜈 𝑑𝑤
𝑀{ |{`¢¤ = 0 → −𝐷 z © + |¥ =0
𝑑𝑟 𝑟 𝑑𝑟 {`¢
¤
• il taglio alla Kirchhoff deve essere nullo, ma non essendoci momenti torcenti in questo caso
corrisponde con il taglio 𝑇{ :
𝑑 Ñ 𝑤 𝐷 𝑑 © 𝑤 𝐷 𝑑𝑤
𝑇{ |{`¢¤ = 0 → Ï𝐷 + − Ó¥ =0
𝑑𝑟 Ñ 𝑟 𝑑𝑟 © 𝑟 © 𝑑𝑟 {`¢
¤
(sul contorno libero non è bloccata la rotazione)

Studiamo adesso il problema che abbiamo già in parte analizzato come caso speciale della soluzione
della piastra ellittica.

3.4.3 Piastra circolare con bordo incastrato e carico uniforme 𝐩 = 𝐩𝟎

Il raggio è 𝑅> e il carico è distribuito in modo uniforme.


Preliminarmente per calcolarci la soluzione dobbiamo valutare la quantità 𝑤. :

1 1 𝑝𝑟
𝑤. = H 𝑑𝑟 H 𝑟𝑑𝑟 H 𝑑𝑟 H 𝑑𝑟
𝑟 𝑟 𝐷

Dobbiamo risolvere l’integrale da destra verso sinistra, sostituiamo 𝑝 = 𝑝. e otteniamo:


𝑝. 1 1 𝑟 © 𝑝. 1 𝑟 © 𝑝. 𝑟 Ñ 𝑑𝑟 𝑝. 𝑝. 𝑟 !
𝑤. = H 𝑑𝑟 H 𝑟𝑑𝑟 H 𝑑𝑟 = H 𝑑𝑟 H 𝑟𝑑𝑟 = H = H 𝑟 Ñ 𝑑𝑟 =
𝐷 𝑟 𝑟 2 𝐷 𝑟 4 𝐷 16 𝑟 16𝐷 16𝐷4

In conclusione:
𝑝. 𝑟 !
𝑤. =
64𝐷

Quindi la soluzione completa 𝑤(𝑟) sarebbe:

𝑝. 𝑟 !
𝑤(𝑟) = + 𝐴Â 𝑟 © 𝑙𝑛𝑟 + 𝐴© 𝑟 © + 𝐴Ñ 𝑙𝑛𝑟 + 𝐴!
64𝐷

Ma avendo la piastra un solo contorno i termini 𝐴Â e 𝐴Ñ devono essere nulli, quindi:

𝑝. 𝑟 !
𝑤(𝑟) = + 𝐴© 𝑟 © + 𝐴!
64𝐷

Siamo in condizioni di bordo incastrato quindi dobbiamo imporre due condizioni:

• 1^ condizione
𝑤|{`¢£ = 0
!
𝑝. 𝑅>
+ 𝐴© 𝑟 © + 𝐴! = 0
64𝐷
• 2^ condizione
𝑑𝑤
g =0
𝑑𝑟 {`¢£
𝑑𝑤 𝑝. 𝑟 Ñ
= + 2𝐴© 𝑟
𝑑𝑟 16𝐷
𝑝. 𝑅> Ñ
+ 2𝐴© 𝑅> = 0
16𝐷

Ricaviamo la soluzione del sistema di equazioni:


𝑝. 𝑅> ! 𝑝. 𝑅> ©
⎧ ©
+ 𝐴© 𝑅> + 𝐴! = 0 ⎧ 𝐴© = −
64𝐷 32𝐷
Ñ !
⎨ 𝑝. 𝑅> ⎨ 𝑝. 𝑅> 𝑝. 𝑅> ! 𝑝. 𝑅> !
⎩ 16𝐷 + 2𝐴© 𝑅> = 0 ⎩𝐴! = − 64𝐷 + 32𝐷 = 64𝐷

𝑝. 𝑟 ! 𝑝. 𝑅> © 𝑟 © 𝑝. 𝑅> ! 𝑝. ©
𝑤 (𝑟 ) = − + = I𝑅> © − 𝑟 © U
64𝐷 32𝐷 64𝐷 64𝐷

Quindi vediamo che l’andamento della deformata misurata lungo la piastra risulta essere una
parabola del quarto ordine, arrivando con tangente orizzontale a entrambe le estremità della piastra:

Lo spostamento massimo si ha quando 𝑟 = 0 quindi vale:

𝑝. 𝑅> !
𝑤ÊR. (𝑟) = 𝑤(0) =
64𝐷

Questa soluzione possiamo confrontarla con quella che avevamo trovato per la piastra ellittica. Per
la piastra ellittica incastrata al bordo e soggetta a carico uniformemente distribuito 𝑝. la funzione 𝑤
che dipendeva da x e da y aveva questa forma:

©
𝑝. 𝑎! 𝑏 ! 𝑥© 𝑦©
𝑤(𝑥, 𝑦) = z1 − © − © |
8𝐷 3𝑎! + 2𝑎© 𝑏© + 3𝑏! 𝑎 𝑏

In questo caso abbiamo che 𝑎 = 𝑏 = 𝑅> , quindi:

𝑝. 𝑅> ! 𝑅> ! 𝑝. 𝑅> !


𝑤(0,0) = =
8𝐷 8𝑅> ! 64𝐷
Una volta determinata la soluzione per la piastra possiamo facilmente calcolare i momenti. Per
calcolare i momenti, quindi le azioni interne, abbiamo bisogno di calcolare le derivate della nostra
funzione:

𝑑𝑤 𝑝. 𝑟 Ñ 𝑝. 𝑅> © 𝑟 𝑝. 𝑟
= − =− I𝑅 © − 𝑟 © U
𝑑𝑟 16𝐷 16𝐷 16𝐷 >

𝑑© 𝑤 3𝑝. 𝑟 © 𝑝. 𝑅> © 𝑝.
= − =− I𝑅 © − 3𝑟 © U
𝑑𝑟 © 16𝐷 16𝐷 16𝐷 >

𝑑Ñ 𝑤 6𝑝. 𝑟 3 𝑝. 𝑟
= =
𝑑𝑟 Ñ 16𝐷 8 𝐷

A questo punto possiamo calcolarci i momenti:

𝑝.
𝑀{ = I𝑅 © (1 + 𝜈) − 𝑟 © (3 + 𝜈)U
16 >

𝑝.
𝑀’ = I𝑅 © (1 + 𝜈) − 𝑟 © (1 + 3𝜈)U
16 >

𝑝. 𝑟
𝑇{ =
2

Da queste si ricavano gli andamenti dei momenti:

ØP ¢£ É
Il momento 𝑀{ presenta un andamento simmetrico di cui il valore al bordo è negativo e vale − p
ØP ¢£ É (®Ã)
mentre al centro della piastra risulta positivo e pari a ÂQ
. Il momento 𝑀’ è negativo in
ØP ¢£ É
corrispondenza del bordo ma assume valori più piccoli, pari a − Å p
− 𝜈È, mentre nel centro della
ØP ¢£ É (®Ã)
piastra assume lo stesso valore pari a ÂQ
. Possiamo osservare che il taglio, se lo calcoliamo
su tutto il contorno, dovrebbe equilibrarci la forza dovuta al carico distribuito. La risultante del carico
esterno è:

¢£ ©‡ ¢£ ¢
𝑟© £
𝑅Ø = H 𝑝. 𝑑𝐴 = H 𝑝. 𝑟𝑑𝑟 H 𝑑𝜗 = 2𝜋𝑝. H 𝑟𝑑𝑟 = 2𝜋𝑝. Ï Ó = 𝜋𝑝. 𝑅> ©
. . . 2 .

La risultante della forza di taglio è:

©‡
𝑝. ©‡ © 𝑝. 𝑅> ©
𝑅Ä = H 𝑅> 𝑇{ 𝑑𝜗 = H 𝑅> 𝑑𝜗 = 2𝜋 = 𝜋𝑝. 𝑅> ©
. 2 . 2

Effettivamente abbiamo la conferma che l’equilibrio ritorna perché, se calcoliamo il taglio su tutto il
contorno, stiamo sostanzialmente calcolando le reazioni verticali su tutto il contorno e questo
equilibra la nostra forza.

3.4.4 Piastra circolare con bordo appoggiato e soggetta a coppie normali al bordo

La nostra superficie elastica sarà sempre:

𝑤(𝑟) = 𝑤. + 𝐴Â 𝑟 © 𝑙𝑛𝑟 + 𝐴© 𝑟 © + 𝐴Ñ 𝑙𝑛𝑟 + 𝐴!

Ma essendo una piastra con un solo contorno si ha 𝐴Â = 𝐴Ñ = 0 e, essendo la condizione di carico


applicata solo al bordo, 𝑤. = 0 perché non c’è carico distribuito. La funzione 𝑤(𝑟) è semplicemente:
𝑤(𝑟) = 𝐴© 𝑟 © + 𝐴!

Le condizioni al contorno sono:


𝑤|{`¢£ = 0
p
𝑀{ |{`¢£ = −𝑀

p
Il momento in direzione radiale in questo caso non deve essere nullo ma deve bilanciare le coppie 𝑀
applicate. Ci ricordiamo che:
𝑑© 𝑤 𝜈 𝑑𝑤
𝑀{ = −𝐷 z + |
𝑑𝑟 © 𝑟 𝑑𝑟

Calcoliamo le derivate:

𝑑𝑤
= 2𝐴© 𝑟
𝑑𝑟

𝑑© 𝑤
= 2𝐴©
𝑑𝑟 ©

Quindi sostituendo otteniamo:

𝜈
𝑀{ = −𝐷 Å2𝐴© + 2𝐴© 𝑟È = −2𝐷𝐴© (1 + 𝜈)
𝑟

Sostituendo arriviamo al sistema risolvente che ci fornisce le due costanti che cerchiamo:
p ©
⎧𝐴 = − 𝑀𝑅>
𝐴© 𝑅> © + 𝐴! = 0 ⎪ ! 2𝐷(1 + 𝜈)

2𝐷𝐴© (1 + 𝜈) = 𝑀 p ⎨ 𝑀p
⎪ 𝐴© =
⎩ 2𝐷(1 + 𝜈)

La nostra superficie elastica assume questa forma:

𝑀p
𝑤(𝑟) = J𝑟 © − 𝑅> © M
2𝐷(1 + 𝜈)
Assume forma parabolica quindi lo spostamento massimo lo abbiamo nel centro

p 𝑅> ©
𝑀
𝑤ÊR. (𝑟) = 𝑤(0) = −
2𝐷(1 + 𝜈)

Sostituendo l’espressione di 𝐴© in 𝑀{ si ottiene:

𝑀p
𝑀{ = −2𝐷 p
(1 + 𝜈) → 𝑀{ = −𝑀
2𝐷 (1 + 𝜈)

Il momento in direzione circonferenziale 𝑀’ invece è:

1 𝑑𝑤 𝑑© 𝑤 1
𝑀’ = −𝐷 z p
+ 𝜈 © | = −𝐷 } 2𝐴© 𝑟 + 𝜈2𝐴© ~ = −2𝐷𝐴© (1 + 𝜈) → 𝑀’ = 𝑀{ = −𝑀
𝑟 𝑑𝑟 𝑑𝑟 𝑟

3.4.5 Piastra circolare con bordo incastrato soggetta nella sua porzione più interna un
carico distribuito

Ragioniamo su come si fa a tenere conto di un carico uniforme ma diffuso su un’area concentrica ma


più piccola della piastra (in questo modo con un procedimento al limite si può arrivare a considerare
il caso di un carico concentrato). Occorre fare attenzione perché le equazioni governanti diventano
diverse.
Questa situazione si può studiare come la sovrapposizione di due situazioni:

• Una situazione di piastra circolare di raggio 𝑅c soggetta a carico uniforme 𝑝. (situazione A);

• Una situazione di una piastra esterna a forma di corona circolare di raggio interno 𝑅c e raggio
esterno 𝑅> priva di carico distribuito (situazione B → piastra con doppio contorno).
Ovviamente queste due situazioni non sono indipendenti ma devono scambiarsi le reazioni: si devono
scambiare un’azione tagliante 𝑇r{ e un’azione flettente 𝑀
p{ .

• Nella regione A:
𝑝. 𝑟 !
𝑤ç (𝑟) = + 𝐴© 𝑟 © + 𝐴! 0 < 𝑟 < 𝑅c
64𝐷

(senza le costanti 𝐴Â e 𝐴Ñ perché si ha un singolo contorno)


In particolare vediamo che:
𝑑𝑤ç 𝑝. 𝑟 Ñ
= + 2𝐴© 𝑟
𝑑𝑟 16𝐷

𝑑© 𝑤ç 3 𝑝. 𝑟 ©
= + 2𝐴©
𝑑𝑟 © 16 𝐷

𝑑Ñ 𝑤ç 3 𝑝. 𝑟
=
𝑑𝑟 Ñ 8 𝐷

• Nella regione B:

𝑤w (𝑟) = 𝐵Â 𝑟 © 𝑙𝑛𝑟 + 𝐵© 𝑟 © + 𝐵Ñ 𝑙𝑛𝑟 + 𝐵! 𝑅c < 𝑟 < 𝑅>

(si hanno tutte le quattro costanti perché si è in presenza di una piastra con doppio contorno, di cui
quello esterno è incastrato mentre quello interno no)
Determiniamo le derivate:

𝑑𝑤w 𝐵Ñ
= 𝐵Â (2𝑟𝑙𝑛𝑟 + 𝑟) + 𝐵© 2𝑟 +
𝑑𝑟 𝑟

𝑑© 𝑤w 𝐵Ñ
©
= 𝐵Â (2𝑙𝑛𝑟 + 3) + 2𝐵© − ©
𝑑𝑟 𝑟

𝑑Ñ 𝑤w 2 2
= 𝐵Â + 𝐵Ñ
𝑑𝑟 Ñ 𝑟 𝑟Ñ
Le condizioni al contorno da imporre sono:

Sulla piastra esterna:


𝑤w (𝑟 = 𝑅> ) = 0

Perché il contorno è incastrato e la condizione è di abbassamento nullo

𝑑𝑤w
g =0
𝑑𝑟 {`¢£

Queste ci danno le prime due equazioni, ricordiamoci che abbiamo 6 costanti da determinare.

Le altre condizioni che dobbiamo imporre sono condizioni di equilibrio:

(ç) (w)
𝑇{ |{`¢¤ = 𝑇{ |{`¢¤
(ç) (w)
𝑀{ |{`¢¤ = 𝑀{ |{`¢¤

Poi dobbiamo avere delle condizioni di continuità della deformata:

𝑑𝑤ç 𝑑𝑤w
g = g
𝑑𝑟 {`¢¤ 𝑑𝑟 {`¢¤
𝑤ç |{`¢¤ = 𝑤w |{`¢¤

In questo modo abbiamo scritto un sistema di 6 equazioni in 6 incognite (le incognite che
intervengono sono: 𝐵Â , 𝐵© , 𝐵Ñ , 𝐵! , 𝐴© , 𝐴! ). Da qua si dovrebbero trovare i valori dei momenti radiali
e dei tagli in funzione di queste derivate e in questo modo si può determinare la soluzione.

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