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CHANGE

Di WATZLAWICK – WEAKLAND – FISCH

Change è un testo che analizza le tematiche legate al cambiamento, partendo dall’analisi di teorie
matematiche, per poi analizzare in profondità il concetto di cambiamento fino alla promozione di tecniche
che possano favorire il cambiamento, ma soprattutto focalizzare gli errori da non commettere.

PARTE PRIMA

Prospettiva teorica

“plus ca change, plus c’est la meme chose”.

In questa parte del libro viene analizzato il concetto di perseveranza e di cambiamento. Il cambiamento è
un concetto che non è stato studiato fino a quando non è stato definito il concetto di invarianza o
persistenza, che sono strettamente correlati e non in antitesti come si potrebbe essere portati a pensare.

Quando ci troviamo di fronte ad un sistema, quale esso sia, che persiste in una situazione di omeostasi, le
domande che ci dovremmo fare sono: come mai persiste questa situazione indesiderabile? Che cosa
bisogna fare per cambiarla?

Alcune teorie matematiche ci posso essere di aiuto per comprendere il fenomeno.

La prima teoria analizzata dagli autori è la teoria dei gruppi che ha queste caratteristiche:

a- un gruppo è un insieme di elementi di qualsiasi natura, ma aventi una caratteristica comune. La


composizione di due o più elementi del gruppo darà come risultato un elemento che farà sempre parte del
gruppo (se sommiamo le ore dell’orologio, otterremo come risultato un’altra ora dell’orologio). Questa
caratteristica è detta invarianza.

b- combinando gli elementi di un gruppo in sequenze varianti, il risultato che si ottiene dalla combinazione
è sempre lo stesso: se per esempio facciamo quattro mosse nello spazio arriveremo sempre alla stessa
destinazione, anche se variassimo l’ordine di esecuzione delle mosse. Quindi anche variando il processo, il
risultato rimarrà invariato.

c- Un gruppo contiene un elemento di identità che composto ad un altro elemento del gruppo lo lascia
immutato: possiamo capire questo principio se pensiamo al numero zero nell’insieme dei numeri reali, che
se sommato ad un qualsiasi numero, restituirà sempre il numero iniziale. Questo aspetto è importante per
capire che possono esserci degli elementi che anche se agiscono, non portano in realtà ad alcun
cambiamento (5+0=5).

d- Ogni elemento del gruppo ha all’interno del gruppo il suo opposto, che se composto con l’elemento
stesso da l’elemento di identità di cui al punto precedente (+5-5=0)

La seconda teoria presa in analisi dagli autori è la teoria dei tipi logici.

ai termini che compongono la totalità si da il nome di elementi, e la classe è la totalità degli stessi.
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Ad esempio il genere umano è la classe di tutti gli individui, ma non è esso stesso un individuo.

Questa teoria però non ci deve trarre nell’errore che un’azione compiuta da un elemento possa essere
moltiplicata per tutti gli elementi pensando di ottenere come risultato il comportamento che terrà tutto il
gruppo.

Per esempio basti pensare che l’individuo singolo è sicuramente portato alla propria conservazione, ma non
è detto che tutto il genere umano nella sua totalità abbia la stessa tendenza dominante.

Quindi alla luce di quanto esposto, possiamo affermare che i livelli logici vanno tenuti separati al fine di non
creare paradossi e che il passaggio dall’elemento alla classe porta una trasformazione, una rottura, e che il
massimo cambiamento possibile sia a livello pratico che teorica avviene fuori dal sistema.

Ricordiamo quanto viene espresso da Bateson: il cambiamento più semplice è il cambiamento di posizione,
ma che questo stesso cambiamento può essere sottoposto a sua volta al cambiamento.

Importante è ricordare che per passare per esempio dalla immobilità al movimento dobbiamo compiere un
passo fuori dalla struttura della immobilità, e che un cambiamento non può avvenire se restiamo dentro
questa stessa struttura.

Gli autori identificano due tipi di cambiamento:

il cambiamento1 il cambiamento 2.

Il primo si verifica dentro un dato sistema che resta immutato e che mira all’omeostasi, adeguandosi per
riportare la condizione di stabilità (es. tutte le azioni che possiamo fare durante un incubo, che però non lo
interrompono)

Il secondo quando si verifica cambia il sistema stesso, cioè un cambiamento nella struttura –
metacambiamento (sogno di svegliarmi dall’incubo).

Queste teorie ci offrono una struttura concettuale utile per esaminare gli esempi pratici di cambiamento.

Prospettiva pratica

Nella vita quotidiana non è così semplice distinguere il tipo di cambiamento che è in atto, anche perché i
sistemi tendono a riproporre cambiamenti che in realtà non sono dei cambiamenti del modello globale.

Possiamo fare degli esempi per ciascuna delle proprietà enunciate nella prima parte:

a- : qualsiasi trasformazione da come risultato un elemento del gruppo stesso


Es: politica della dissuasione reciproca nella corsa agli armamenti che provoca un ulteriore corsa
agli armamenti
b- : posso variare le operazioni eseguite senza che il risultato cambi
Es: due coniugi non affettivi; ad ogni tentativo di avvicinamento di uno dei due, corrisponde il
successivo allontanarsi dell’altro
In questi casi notiamo come la casualità della sequenza è circolare più che lineare

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c- : tutto ciò che non provoca un cambiamento, lascia le cose invariate
d- Qualsiasi elemento del gruppo composto col suo inverso, da l’elemento di identità.
Es: la sostituzione da parte delle Guardie Rosse di tutti i nomi degli esercizi commerciali legati al
precedente governo. Invece di ottenere un cambiamento culturale, si ottenne che vennero
enfatizzati quelli vecchi che si voleva invece cancellare.
Oppure l’idealizzazione della donna romantica a cavallo fra i secoli undicesimo e tredicesimo portò
alla successiva caccia alle streghe.

Nei rapporti umani è molto complesso rendersi conto che il cambiamento1 in realtà non porta un tipo di
cambiamento all’interno del sistema, e si creano così spesso dei cosiddetti “giochi senza fine” dove le azioni
vengono ripetute ottenendo gli stessi risultati.

Gli autori a questo punto ammettono però che nella vita pratica avvengono dei cambiamenti, e che le
persone trovano delle soluzioni.

Bronowski a tal proposito afferma che il salto che provoca il cambiamento “ è un libero gioco della mente,
un’invenzione che non dipende dai processi logici”.

Da questo desumiamo che per ottenere un reale cambiamento di un sistema, dobbiamo uscire dai
paradigmi che regolano lo stesso sistema.

Questo tipo di cambiamento potrebbe risultare insolito o brusco o illogico, in quanto avviene al di fuori del
contesto che è più familiare.

PARTE II

La formazione dei problemi

Più di prima – quando la soluzione è il problema

Nella vita quotidiana molti problemi di piccolo calibro si risolvono applicando l’elemento opposto a quello
che ha prodotto il problema: fa freddo, mi copro+accendo la stufa.

Nei rapporti personali questo tipo di soluzione solitamente non porta invece al risultato desiderato.

Facciamo alcuni esempi:

- Non risolviamo il problema dell’alcolismo aumentando le norme per impedirlo, anzi otteniamo un
riacutizzarsi del problema
- Non aiutiamo un depresso dicendogli di farsi coraggio, anzi più facilmente otterremo un suo
peggioramento
- Una moglie non otterrà più informazioni da un marito solitamente taciturno facendo più domande,
anzi facilmente il marito diverrà ancora più taciturno.

Alla luce di questi esempi possiamo dire che spesso la soluzione tentata non fa che rendere ancora più
evidente il problema. Questo accade perché si è tentato in modo erroneo di cambiare la difficoltà esistente.

Quello che gli autori invece provano a suggerire è che venga presa da uno degli elementi una iniziativa
apparentemente illogica, che porti a destabilizzare ancora di più il sistema (e stimolare quindi una reale
correzione del sistema).

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Le forme di intervento che quindi sarebbero da evitare sono:

1. Negare il problema – non agire


2. Si cerca di cambiare qualcosa che è immutabile (per esempio il conflitto generazionale) - si agisce
quando non si dovrebbe
3. Si commette un errore di tipizzazione logica e si stabilisce un gioco senza fine (esempio dei nove
puntini da unire / si cerca di cambiare l’atteggiamento di una persona e non ci si accontenta di
modificare il comportamento) – si agisce al livello logico sbagliato

Le semplificazioni terribili

Per quanto possa sembrare improbabile, succede sovente che alcune situazioni considerate difficili vengano
affrontate negando l’esistenza di un problema.

Non solo il problema viene negato, ma vengono anche colpevolizzate le persone che cercano di risolvere il
problema stesso.

Questo può accadere quando si mette in atto una “terribile semplificazione” del fenomeno che si sta
osservando, senza tenere conto delle complessità in esso contenute, e dimenticando che la gran parte della
comunicazione umana avviene tacitamente e che i significati vengono spesso comunicati attraverso ciò che
non viene comunicato (Lao Tse: “si tratta l’argilla e se ne foggia un vaso: e in quel che è il suo vuoto che sta
l’uso del vaso”).

Chi agisce in questo modo pensa di comportarsi in modo “genuino e onesto”, seguendo un realistico
“attenersi ai fatti”.

In psicoanalisi si studia come questo meccanismo di diniego serva per impedire alle pulsioni e ai bisogni
inconsci di arrivare alla coscienza negando di fatto la loro esistenza.

A livello sociale questo può accadere perché si tenta si salvare una sorta di “facciata” socialmente
accettabile ( “l’immagine della famiglia è in gran parte falsa, e non è niente altro che una sorta di linea
ufficiale del partito” – Ferreira).

Questo atteggiamento può diventare patogeno quando si nega l’esistenza del problema e anche il fatto
stesso di negare il problema.

Diversamente può anche accadere che qualcuno veda ma preferisca non dire perché chi vede dietro la
facciata viene condannato a livello sociale se riferisce quello che ha visto o come dice Laing: devo giocare il
gioco di non vedere che gioco il gioco (o verrò punito ndr).

Un esempio molto calzante è quello dell’uso della tecnologia sempre maggiore nella nostra vita.

Non è pensabile affrontare il problema dicendo semplicemente distruggiamo le macchine, perché così
facendo non teniamo conto delle necessità concrete che hanno portato il loro sviluppo e la loro diffusione
nella vita quotidiana.

Un altro errore che sarebbe da evitare è quello di applicare sempre la stessa soluzione (che ha funzionato
almeno una volta) a diversi tipi di problemi, senza tenere conto che le circostanze sono cambiate e che
anche le soluzioni devono essere cambiate. Questo atteggiamento è da considerarsi nevrotico ed infantile.

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Quindi gli autori concludono affermando che non possiamo comportarci come se il problema non esistesse
perché nelle questioni umane, a differenza dei problemi di tipo matematico, la semplificazione/negazione
può creare un vero problema.

La sindrome da utopia

In contrapposizione alla terribile semplificazione troviamo la sindrome da utopia, ovvero il cercare la


soluzione là dove la soluzione non esiste.

Da quando in filosofia, partendo da Tommaso Moro, si è teorizzata l’utopia, è nato il pensiero di una vita
ideale, una società ideale, che però non tengono conto di ciò che concretamente si può fare in termini di
risultati concreti.

Le forme della sindrome da utopia sono tre:

1- Forma introiettiva. Ci sembra di non avere le capacità per raggiungere la propria meta.
2- Forma del rinvio: si pone l’attenzione al viaggio piuttosto che alla meta. L’arrivo alla meta può
essere visto come fonte di disagio e apprensione e quindi si cerca di “non arrivare mai”. Questa
forma di utopia diventa problematica quando si pensa che l’arrivo alla meta non comporti nessun
costo, nessun sacrificio (es. neogenitori ai quali viene detto quanto sarà bello essere genitori senza
tenere conto di cosa comporti)
3- Forma proiettiva: in questa forma la responsabilità dell’insuccesso viene sempre demandata ad
altri, che comporta il ripetere comportamenti sbagliati perché non si è tenuto conto “della storia”.

In tutti i casi sopraesposti si tratta di utopia negativa, cioè tanto più le cose vanno bene, tanto più in realtà
vanno male e occorre renderle più difficili. Nei casi di utopia positiva non esiste nessun problema, nel caso
di utopie negative non esiste nessuna soluzione: in entrambi i casi le normali difficoltà legate alla vita
vengono lette come anormali e non corrispondenti allo schema utopico.

In questo contesto diventa impossibile dubitare delle premesse che fondano l’utopia, e l’eventuale risultato
negativo è da ricercarsi al di fuori, quando invece è fondamentale distinguere tra fatti e premesse dei fatti.
Nei tentativi utopici di cambiamento spesso si creano delle impasse in quanto è impossibile distinguere i
problemi dalle soluzioni (es. aspiro ad una vita perfetta, e farò di tutto per avere una vita perfetta. Il
mancato raggiungimento di questo obiettivo non viene attribuito all’irraggiungibilità di questa meta
utopica).
Gli autori sottolineano come la psicoanalisi non deve porsi in un’ottica utopistica, perché porterebbe ad
iniziare un processo senza limiti, da un certo punto di vista rendendolo “disumano” cioè che non tiene
conto della sofferenza concreta del paziente.
La terapia quindi non deve diventare “patologia” ma si deve limitare ad alleviare la sofferenza del paziente
e non perdersi nel tentativo di raggiungimento di mete impossibili da raggiungere.
Se ci rifacciamo alla teoria del gruppo, l’utopia corrisponde al tentativo di inserire “infinito” nel gruppo,
elemento che non risponde agli elementi originari del gruppo, che devono essere coerenti fra loro.
In conclusione, diventa fondamentale distinguere fra il modo nel quale le cose sono e come dovrebbero o
vorremmo che fossero, senza dimenticare che esistono molte situazioni che sono di fatto immodificabili.

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Paradossi

In questo capitolo gli autori analizzano il paradosso, situazioni e comportamenti “illogici” che sono presenti
nella vita quotidiana.
È stato Bateson il primo a studiare in modo sistemico la questione del paradosso, elaborando la teoria del
doppio legame nello studio della schizofrenia, teoria che si è dimostrata valida anche per lo studio di altre
forme di comunicazione umana disturbate.
Abbiamo il paradosso ogni volta che in una comunicazione umana vengono scambiati messaggi che hanno
la stessa struttura del paradosso logico: es. madre che si lamenta del figlio che non vuole fare i compiti e lei
vorrebbe, più che costringerlo a fare i compiti, che il figlio volesse farli.
Questo esempio è molto interessante in quanto se il figlio si mette a fare i compiti perché lo vuole diventa
punibile se li esegue senza volerlo, oltre al fatto che si troverebbe nella condizione di fare una cosa che non
vuole fare, cioè volere una cosa che non vuole.
Un altro esempio calzante ci viene da colui che soffre di insonnia e si impone di dormire: cerca cioè di far
diventare un’attività naturale come il sonno un’attività voluta, e pertanto sarà destinato all’insuccesso.
O ancora, l’assioma per il quale “la scuola è divertente” mette lo studente in una condizione di disagio se
non la trova divertente o peggio ancora può pensare che viene trattato diversamente rispetto ai compagni
che sembrano trovare divertente la scuola.
Anche in questi esempi appare chiaro come il cambiamento deve avvenire fuori dalla struttura e non
dentro.

PARTE TERZA
LA SOLUZIONE DEI PROBLEMI

Cambiamento2
In questa parte del libro gli autori si vogliono sganciare dagli aspetti più teorici relativi al cambiamento e
vogliono focalizzare sugli aspetti più pratici che portano al cambiamento.
Gli aspetti che maggiormente interessano gli autori sono:
1- I fenomeni di cambiamento spontaneo
2- I metodi per effettuare il cambiamento usati da persone “non professioniste”
3- I tipi di cambiamento realizzati da persone che per motivi di lavoro dovevano affrontare certe
situazioni.
A questo scopo decidono di intervistare molte persone, figure diverse fra loro, che hanno dimostrato di
essere stati efficaci in situazioni nelle quali si è reso necessario un cambiamento, ma nonostante il successo
delle loro azioni queste stesse persone facevano fatica a spiegare come erano riusciti ad ottenere i
cambiamenti.
Questo accade perché per parlare di un qualcosa bisogna passare ad un livello logico superiore, non
commettere errori di tipizzazione logica e soprattutto è necessario creare un metalinguaggio adeguato.
Vengono riportati e poi analizzati alcuni esempi:
- Una madre accompagna la figlia piccola all’asilo ma la piccola ha crisi violente e la madre deve
restare con lei tutto il tempo. Un giorno accade che la piccola venga accompagnata dal padre e le
crisi da quel giorno cessano
- Una coppia sposata ha rapporti sessuali sempre meno frequentemente, fino alla notte in cui si sono
trovati ospiti a casa di amici, e hanno dormito in un letto che aveva solo un lato libero per salire e
scendere. Durante la notte il marito ha avuto la necessità di scendere dal letto e “passando” sopra
la moglie l’ha trovata “interessante” e la scintilla erotica dal quel giorno si è accesa.
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- Un uomo che soffre di agorafobia grave decide di suicidarsi guidando per molti chilometri fino a che
non lo colga un infarto. Giunge in realtà alla meta che si era prefissato senza nessun attacco
cardiaco.
- Un ufficiale del diciannovesimo secolo deve sgomberare una piazza piena di “canaglie” sparandogli.
Comanda ai suoi soldati di mettersi in posizione di tiro e chiede ai cittadini di sgomberare la piazza
affinché loro possano sparare solo sulle canaglie e non sulla brava gente.

In questi esempi alcuni cambiamenti sembrano essere stati del tutto “fortuiti” e dettati dal caso, ma in tutti
e quattro i casi l’azione decisiva agisce direttamente sulla soluzione che era in atto nel tentativo di risolvere
il problema, più che sul problema stesso.
Nel caso della madre, è la madre che fa diventare un problema le crisi della figlia, e l’intervento, casuale,
del padre fa si che la figlia risolva il suo problema consentendo così al sistema di riorganizzarsi.
Nel caso dei coniugi il problema era diventato il loro sforzarsi di avere rapporti, il loro “più di prima” che
ovviamente li allontanava ancora di più.
La casualità del momento ha fatto si che si siano distratti dalla loro “soluzione” e che in questa distrazione
abbiano ritrovato la scintilla erotica.
Nel caso dell’uomo agorafobico, egli decide per stare meglio di non uscire più di casa. La sua soluzione è
diventata il problema stesso ed è quando riesce a rinunciare alla soluzione che risolve veramente il
problema.
Nel caso dell’ufficiale egli compie una ristrutturazione a livello logico della situazione rendendo così la
soluzione accettabile a tutti gli elementi coinvolti.
Quindi le prime conclusioni che traggono gli autori sono:
1- Il cambiamento2 agisce sulla soluzione che era stata adottata
2- Il cambiamento2 spesso è bizzarro e risulta poco logico
3- La situazione viene trattata nel qui e ora, portando la domanda teorica del perché? a che cosa?
4- le tecniche applicate fanno uscire la situazione fuori dai tentativi di soluzione collocando la
situazione stessa in un quadro diverso

Quindi appare chiaro a questo punto che la domanda fondamentale da porsi non è più perché? ma che
cosa?, anche se questo va contro i principi della scienza che invece tende a chiedersi il perché delle cose più
che ricercare il meccanismo intrinseco, come affermato anche da Wittgenstein: “spesso riusciamo a
scorgere i fatti importanti solo dopo aver soppresso la domanda “perche”, allora nel corso delle nostre
indagini essi ci conducono a una risposta”.

Possiamo anche affermare che il cambiamento2 è trasformazione, dove trasformazione specifica cosa
avviene e non il perché di ciò che avviene.

A questo punto gli autori si interrogano sul fatto che di norma la psicoanalisi è focalizzata più sul perché che
sul che cosa, dedicando molto tempo della terapia all’insight delle vicissitudini, alle sue origini, ma è pur
vero che la maggior parte dei cambiamenti che avvengono nella vita quotidiana avvengono senza che
questo passaggio sia necessario.

La domanda “che cosa” ci porta direttamente al pragmatismo investigativo del “che cosa avviene nel qui e
ora che perpetua il problema? E che cosa si può fare qui ed ora per produrre il cambiamento?”.

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Sicuramente ciò che è da evitare è di cadere nel paradosso di alcune soluzioni; per esempio è tempo perso
quello dell’insonne che cerca a tutti i costi di addormentarsi. Avrebbe probabilmente più successo se
andasse a letto con il fermo intento di non volersi addormentare affatto.

Il cambiamento quindi dovrebbe intervenire sulla soluzione tentata piuttosto che sul presunto sintomo.

Gli autori riescono ad estrarre uno schema di riferimento rispetto ai quattro esempi citati:

quando abbiamo un evento A indesiderato, il senso comune ci spinge ad evitarlo o ad adottare non-A,
azione che ci porta ad un cambiamento1 che solo in alcuni casi è salvifico, ma fino a quando la soluzione è
ricercata nel gruppo di appartenenza dell’evento indesiderato avremo una illusione di alternative, ma
questa illusione di poter scegliere fra A e non-A porta a non vedere la soluzione.

Per ottenere un cambiamento2 dobbiamo pensare che la soluzione non possa essere A e nemmeno non-A:
è necessario quindi compiere quel salto logico a livello superiore che ci permette di uscire dai paradigmi di
riferimento.

Un esempio pratico può essere trovato in Tale of the Wife of Bath di Chaucer: un cavaliere è in una
situazione brutta e difficile e non trova soluzione fino a quando decide di non decidere, smettendo di
alternare la scelta fra due sole alternative, spostando quindi il campo alla classe di tutte le scelte.

Ecco quindi che avviene il cambiamento2.

La sottile arte della ristrutturazione

Questo capitolo illustra la sottile e per alcuni versi difficile arte della ristrutturazione.

Viene citato un esempio molto famoso ed eloquente: Tom Sawyer deve riverniciare lo steccato di casa e i
suoi amici lo prendono in giro per il molto lavoro che lo aspetta. Tom riesce abilmente a far credere che
questa attività in realtà sia molto interessante e gli amici arrivano a pagarlo per poter dipingere lo steccato.

Questo esempio è illuminante rispetto all’uso della tecnica di ristrutturazione: Tom cioè ha fornito una
nuova struttura alla visione concettuale del lavoro svolto, riuscendo così ad affrontare in modo brillante la
situazione senza dover eluderla.

La ristrutturazione di fatto non cambia nulla negli aspetti concreti, ma semplicemente fornisce un nuovo
significato, in quanto per l’essere umano è più importante l’opinione che diamo ai fatti che i fatti stessi
(Epitteto), in quanto l’opinione è meta rispetto all’oggetto della stessa opinione.

Anche nella stessa psichiatria quando si parla di realtà si intende in realtà il significato e il valore che diamo
al fenomeno che è preso in considerazione.

Gli autori citano un esempio molto bello tratto dagli studi di Bateson: egli si trova in Nuova Guinea e nota
che gli abitanti usano delle grosse pietre per effettuare i pagamenti, ma quando un carico di queste nuove
pietre viene accidentalmente perso sul fondo di un fiume, gli abitanti continuano ad usare le pietre “perse”
come moneta, in quanto tutti sapevano che le pietre erano esistenti, anche se sul fondo del fiume.

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Quindi possiamo dire che la ristrutturazione opera a livello della meta realtà, unico posto dove può
avvenire il cambiamento anche in situazioni dove le circostanze non possono oggettivamente cambiare.

È nella teoria dei tipi logici che possiamo trovare lo schema di quanto appena detto: abbiamo classi di
elementi con caratteristiche comuni, ma normalmente gli elementi stessi possono appartenere a più classi,
ma l’appartenenza ad una data classe è un concetto, un’attribuzione di significato che noi diamo e quindi
questa attribuzione non è una verità assoluta e può essere trasformata: la verità non è ciò che scopriamo
ma ciò che creiamo.

Possiamo quindi modificare l’idea di appartenenza di un elemento ad una data classe, facendo accettare a
tutti gli interessati che l’elemento appartiene ad una classe diversa, purchè sia riconosciuta come valida.

Un aspetto interessantissimo della ristrutturazione è che una volta compiuta, diventa quasi impossibile
ripristinare lo stato di percezione allo stato originale. Nel test dei nove punti, per fare un esempio, una volta
che si è capito che la soluzione è “fuori” dall’area dei punti, non è più possibile pensare di poterlo risolvere
restando dentro l’area.

Questo diventa importante quando si tratta di comportamenti umani perché una volta che si diventa
coscienti di un determinato “gioco” è più difficile cadere nel tranello del gioco stesso, o come afferma
Howard “se una persona giunge a conoscere una teoria sul proprio comportamento, non ne è più vincolata
ma anzi diventa libera di disobbedirle”.

Per il terapeuta che usa la ristrutturazione, diventa di vitale importanza apprendere “l’intelaiatura
concettuale” della persona che si vuole aiutare, accettando ciò che il paziente ci dà, affinchè si possa
compiere quella variazione di significato necessario al cambiamento.

Gli autori riportano alcuni esempi di ristrutturazioni operate da personaggi storici che si sono rivelate molto
efficaci. Ad esempio in Danimarca, durante il Nazismo, i tedeschi imposero che tutti gli ebrei dovessero
indossare un bracciale con la stella di David. Il Re Danese dichiarò che tutti gli abitanti della Danimarca
erano uguali e che pertanto tutti dovevano indossare la stella di David. Questo rese di fatto inefficace
l’ordinanza imposta dai tedeschi.

Un modo per agevolare la ristrutturazione è creare per esempio un momento di confusione:una risposta
del tutto illogica rispetto al contesto può portare ad una variazione del significato dell’evento.

Un esempio significativo può essere quello del poliziotto che si era trovato circondato da una folla ostile
mentre redigeva un verbale. Finito il verbale temette di non poter arrivare all’auto in modo sicuro e gridò
alla folla: “siete stati testimoni della stesura di un verbale di contravvenzione compiuta da un membro della
polizia.”

La folla rimase per qualche minuto attonita, e ferma, mentre cercava di dare un senso all’ovvia
affermazione del poliziotto. Questi minuti diedero il tempo al poliziotto di tornare alla sua auto. La
confusione generata aveva tolto il significato di struttura ostile alla situazione.

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La pratica del cambiamento

Alla luce di quanto esposto fino ad ora, gli autori formulano il metodo secondo il quale sarebbe possibile
risolvere la maggior parte dei problemi umani.

1- Una chiara definizione del problema in termini concreti. Questo punto è fondamentale, in quanto
molti disagi che vengono vissuti come problemi, sono in realtà degli pseudo problemi. Quando si
compie una definizione concreta, gli pseudo problemi vengono dissolti. Inoltre si può fare luce su
alcune situazioni che di fatto non hanno una soluzione: stare male per la morte di un caro, non ha
una soluzione.
2- Un’analisi della soluzione tentata. Abbiamo visto che spesso la soluzione tentata è il problema
stesso, e l’analisi di quanto è stato fatto ci aiuta a focalizzare meglio su quanto NON deve essere
fatto.
3- Una chiara definizione del cambiamento concreto da effettuare. È molto importante definire
correttamente e in modo praticabile il cambiamento che si vuole ottenere. Anche questo punto è
importante in quanto potremmo essere caduti in una situazione paradossale o utopica, quindi
dobbiamo individuare un cambiamento che possa essere possibile. Questo è uno dei punti negativi
che spesso si possono incontrare in una psicoterapia classica, e questo spesso rende le psicoterapie
molto lunghe, quasi infinite, cosa che porta il paziente a desistere quando non vede concretamente
la fine e il fine della terapia in corso. È importante porre mete concrete e raggiungibili (effetto
Rosenthal positivo – il terapeuta ha un punto di vista e un atteggiamento che di fatto influisce sulla
terapia. Se il punto di vista è positivo, con una meta raggiungibile, questo può influire
positivamente sull’andamento della terapia).
4- La formulazione e la messa in atto di un piano per provocare il cambiamento. Sappiamo che
l’obiettivo del cambiamento è la soluzione che si è tentata per risolvere la situazione. È necessario
tradurre nel linguaggio personale del paziente in modo che egli possa concettualizzare la realtà. Un
modo molto efficace per risolvere la maggior parte dei problemi è il ricorso al paradosso,
prescrivendo il sintomo (all’insonne si chiede di provare a non dormire).

Ovviamente gli insuccessi sono possibili anche applicando in modo preciso il metodo sopra esposto.

L’obiettivo può essere non realistico, oppure le istruzioni fornite non sono chiare e vanno modificate. Lo
scoglio maggiore rimane comunque convincere la persona ad eseguire il compito richiesto. Vedremo più
avanti come ovviare a questo problema.

ESEMPI

Ecco alcuni esempi di come sono state affrontate alcune situazioni umane “classiche”:

Meno di prima: in questo esempio una coppia di giovani sposi soffre per gli eccesivi interventi di aiuto da
parte dei genitori di lui, che lo trattano come un bambino incapace di gestirsi. La coppia, in piena ottica del
“più di prima” si sforza di fare sempre di più per dimostrarsi capaci, ottenendo il risultato opposto. In
questo caso viene consigliato alla coppia di fare il meno possibile e di apparire poco capaci e immaturi. Il
risultato di questo atteggiamento fu che i genitori smisero di intervenire nella loro vita e iniziarono ad avere
un atteggiamento più rivolto allo svezzamento del figlio che all’accudimento.

Disoccultare l’occulto: una coppia era spesso coinvolta in litigi, il marito provava un certo gusto nel
provocare la moglie, che provava in tutti i modi a difendersi. Venne consigliato al marito di cercare di

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attaccare briga con qualcuno a caso sul lavoro e lui riferì che nessuna delle persone che aveva provato a
coinvolgere aveva reagito alla sua provocazione: questo diede modo di far capire alla moglie che poteva
“disinnescare” i litigi col marito non dandogli corda, mettendo in pratica in luce un meccanismo che era
occulto alla moglie.

Pubblicizzare anziché nascondere: ad un soggetto che aveva molta paura di parlare in pubblico, venne
consigliato di dire a inizio conferenza che era molto nervoso, che forse l’angoscia lo avrebbe sopraffatto.
Questo consiglio funzionò egregiamente, e il soggetto riuscì a tenere la conferenza senza problemi (questo
trucco lo consiglio anche io spesso a chi ha paura di parlare in pubblico; consigliato in modo del tutto
istintivo, senza sapere che ci fosse un fondamento teorico sotto. Ndr).

I grandi effetti di piccole cause: una donna era molto angosciata dal commettere degli errori gravi sul posto
di lavoro. Le venne consigliato di commettere intenzionalmente dei piccoli errori ogni giorno, in quanto se
avesse avuto la padronanza di commettere piccoli errori avrebbe avuto sotto controllo anche le situazioni
che avrebbero potuto portare a errori più gravi.

L’invenzione di Bellac: una giovane donna era molto affermata sul lavoro e aveva molto successo. Il suo
diretto responsabile non perdeva occasione però di mortificarla e metterla in cattiva luce. Le venne
consigliato di parlare a tu per tu con questo responsabile e di fargli capire velatamente che provava una
certa attrazione per lui. Questo espediente le diede la possibilità di capire che c’era anche un altro modo
per affrontare la questione e di sentirsi meno minacciata.

In questo caso il suggerimento non venne adottato dalla donna, fu sufficiente il parlarne in modo ipotetico
coi terapeuti.

L’utilizzazione della resistenza: in questa sezione si parla di quei soggetti che si presentano in terapia
portando problemi troppo gravi per essere risolti, problemi che sono già stati affrontati molte volte con altri
terapeuti. Il soggetto in questo caso, come suggerito da Berne nel gioco “perché non… si ma..”, a ogni
suggerimento “risolutivo” ribatte con ancora più negatività di prima.

In questo caso viene suggerito di porre al soggetto la domanda “perché dovresti cambiare?” affinchè egli si
renda conto del “gioco al quale sta giocando” e non possa più agire come prima.

In questi casi viene anche suggerito di essere più negativi del soggetto stesso, di dichiarare l’impossibilità di
guarigione e anche nel caso di guarigione avvenuta, bisogna paventare una possibile ricaduta. Ciò per
stimolare nel soggetto un cambiamento di prospettiva, di stimolare anche la sua capacità di dominare la
situazione.

Sabotaggio benevolo: in questa sezione si parla di una situazione piuttosto comune nelle famiglie: genitori
alle prese con figli adolescenti che si ribellano.

Lo schema prevede che di fronte alla disubbidienza del figlio i genitori rispondano con un “più di prima”
inasprendo le punizioni, ottenendo un comportamento ancora più ribelle da parte del figlio.

In questo caso vengono suggeriti dei piccoli sabotaggi: se il figlio rientra tardi si suggerisce di lasciarlo fuori
dalla porta ad aspettare, se non si fa il letto si suggerisce di farglielo ma sbriciolando dentro dei biscotti, il
tutto deve essere condito da profonde scuse da parte dei genitori e nessuna rimostranza per il
comportamento scorretto del figlio.

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Questo tipo di ristrutturazione principalmente agisce sull’adolescente il quale non ha più motivo per
ribellarsi in quanto non gli vengono più contestati i comportamenti scorretti.

I benefici della disattenzione: ad una maestra di sostegno in difficoltà con un alunno disabile viene
suggerito di ignorare un po’ l’alunno, ottenendo così da parte sua la giusta attenzione.

Problemi negli studi: in questo caso uno studente aveva la cattiva abitudine di procrastinare all’ultimo i suoi
impegni. Secondo i terapeuti questo accadeva a causa del suo perfezionismo e obiettivi utopici che lo
smontavano prima ancora di cominciare. Gli venne suggerito di lavorare “male” al minimo delle sue
capacità, ma in tempi brevi.

Come trattare le utopie: se un soggetto ha obiettivi utopici difficilmente accetterà un ridimensionamento da


parte di altri di questi obiettivi. Il suggerimento in questi casi è di sminuire gli obiettivi, ponendone alcuni
ancora più utopici, alzando il livello oltre i limiti stessi che si era imposto il soggetto.

Il patto col diavolo: questo esempio tratta di quelle persone che si bloccano quando si trovano di fronte ad
un problema che richiede una valutazione del rischio. Questi soggetti cercano di raggiungere le loro mete
rischiando il meno possibile, e risultano quindi eccessivamente cauti. Inutile consigliare di “darsi una
mossa”. In questo caso si può chiedere al soggetto di promettere che eseguirà alla lettera le istruzioni
impartite dai terapeuti, ma senza sapere cosa comportino queste istruzioni. Se accetta avrà modificato il
suo atteggiamento iniziale che prevedeva la prudenza a ogni costo.

Se rifiuta avrà comunque dovuto prendere una decisione, e questo lo renderebbe capace di agire anche
senza conoscere i rischi della decisione.

Concludendo, gli autori asseriscono che queste modalità sono più difficili da applicare in caso di grandi
sistemi sociali, che sono molto più complessi e richiederebbero diversi livelli di influenza.

Inoltre ci sono delle situazioni umane che non possono essere cambiate e queste situazioni debbono essere
accettate come dei dati di fatto, aiutando i soggetti in questo percorso.

CONSIDERAZIONI

Ho trovato questo libro interessante e piuttosto divertente.

La soluzione dei problemi con la “bacchetta magica” è sempre stato uno dei miei crucci e questo libro mi ha
dimostrato come sia quasi impossibile risolvere i problemi con un “semplice tocco”.

In effetti sono molto dubbiosa circa l’efficacia degli interventi suggeriti, e soprattutto ho molto dubbi in
merito alla effettiva persistenza dei risultati ottenuti. Lavorare sul “che cosa” ha sicuramente dei benefici,
ma credo che senza uno sguardo sul “perché” non si possano ottenere risultati veramente duraturi nel
tempo.

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Credo che il lavoro sul “che cosa” non vada ad attivare l’ascolto attivo ed empatico che invece credo siano
elementi imprescindibili in una terapia di aiuto. Le soluzioni proposte sono molto ingegnose, ma temo che il
soggetto non si sentirebbe “ascoltato” e questo potrebbe portare nel tempo una sfiducia nel terapeuta.

Inoltre suggerire delle soluzioni, illogiche oltretutto, non danno modo al soggetto di creare nella sua testa
un sistema di risoluzione da utilizzare poi nei casi futuri e questo, a mio avviso, lo porterebbe ad avere
sempre bisogno di aiuto nelle situazioni complesse.

Inutile dire poi che questo tipo di approccio è molto lontano dal counselling, che non è mai direttivo, e che
mira alla rivelazione di risorse e non certo alla somministrazione di consigli da eseguire.

Sicuramente da questo testo ho imparato cosa non fare, come non cadere nell’escalation del “più di prima”
come non dare “pacche sulle spalle” ai soggetti particolarmente pessimisti, come è necessario comunque
mantenere uno sguardo molto attento sulle dinamiche perché di fatto ristrutturare è possibile.

E forse questo è l’aspetto più importante di tutte le teorie esposte.

Trovo che sia stato molto utile, anche se difficile in alcuni punti, avere delle spiegazioni “matematiche” sul
perché certi tipi di intervento non sono efficaci.

Cambiare il punto di vista, offrire una visione nuova della situazione è di indubbia utilità, anche se a mio
parere cosa non facile da ottenere. È richiesto un livello molto elevato di capacità di lettura delle situazioni
e una ancora più elevata fantasia nel proporre i suggerimenti.

Ho trovato molto interessante la parte relativa al fatto che è difficile rispondere a “come è stata fatta una
cosa”, e questo mi fa capire che mi devo dotare di metalinguaggio da utilizzare per parlare di meccanismi,
che questo è un mio punto dolente. Per quanto mi risulti difficile astrarre e teorizzare, mi permetto di
consigliare a me stessa che non si può agire sempre di istinto e che è possibile dare una struttura alle
situazioni ricercando dei collegamenti, magari rifacendomi alle teorie dei gruppi o dei tipi logici.

Personalmente ho cercato di affrontare un problema personale con questo metodo (Diana non sistema la
camera) cercando di focalizzare sul che cosa e non sul perché e nemmeno sulla soluzione (ti metto in
punizione) e smettendo di fare il gioco “più di prima”.

Mi viene però più naturale andare a pensare al che cosa lei stia cercando di comunicare (e quindi al perché
della questione) piuttosto che al “che cosa”. Al momento l’unico risultato positivo ottenuto è stato
barattando la pulizia della camera dietro compenso. Lei ha svolto bene il suo lavoro, e io sono stata
soddisfatta. Sicuramente ho iniziato a valutare tutta la situazione sotto un punto di vista diverso, e credo
che questo possa permetterci un cambiamento2 nel tempo.

Non ho provato a sbriciolare i biscotti nel suo letto perché di base lo trovo irrispettoso e ho capito quanto
io, da “paziente”, rientrerei benissimo nel gruppo di quelli restii ad eseguire i suggerimenti!

Un’altra situazione personale nella quale credo di aver utilizzato le tecniche suggerite è stato quando una
signora di mezza età mi ha raccontato di come il marito la minacciasse di andarsene con una badante
straniera. Lei era molto dubbiosa su questo punto e io invece le ho detto che la vedevo come una cosa

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molto probabile perché il marito è molto appetibile di fronte ad un certo tipo di donna che cerca solidità
economia.

La signora mi ha riferito che la sera, rientrando a casa, ha fatto pace col marito e ha intavolato una
discussione più adulta in merito ai loro problemi. Credo in questo caso di aver rotto uno schema di
impossibilità nel quale lei si era un po’ adagiata e il fatto che io le abbia riferito che invece si trattava di una
eventualità probabile e non impossibile, l’abbia costretta ad uscire dal suo paradigma del “lo dice ma non
lo fa e quindi non gli do peso”.

Nel leggere il libro ho anche ricordato il video visto durante una lezione nel quale i genitori si lamentavano
delle crisi mattutine della figlia preadolescente.

Invece di lavorare sul perché (che a me sarebbe sembrato più logico) il terapeuta in modo sottile suggerisce
loro (raccontando che in una famiglia fanno così) di dare molta importanza alle crisi della figlia filmandole
con la telecamera. Questa azione fa smettere la figlia.

Credo che nella pratica del counseling questo libro sia importante soprattutto per individuare
correttamente dove NON ci si deve arenare, vedere i paradossi che si possono creare, e soprattutto che
spesso la soluzione tentata è il problema stesso.

In sostanza un focus costante su un punto di vista diverso, meno ovvio e più funzionale.

Per questi motivi consiglierei la lettura di questo testo a tutte le persone che si occupano di relazione di
aiuto, in tutti gli ambiti. Oltretutto è di facile lettura, divertente in molti punti e i casi riportati sono
piuttosto comuni, oltre che interessanti (soprattutto quelli che parlano di politica).

Da usare magari come spunto in quelle situazioni di impasse nelle quali non si vede via di uscita.

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