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SLIDE 5-6-7
Vediamo meglio che cosa vuol dire la costruzione di un modello base a elementi finiti
tipicamente noi siamo interessati al campo tensionale insorgente all'interno della struttura a
seguito dell'applicazione di determinate condizioni di carico e determinate condizioni di
vincolo. Qui si riporta ad esempio una struttura un sotto telaio di uno space frame che è
stato quindi rappresentato in forma discreta da elementi di tipo trave ai quali viene
assegnata una proprietà di area nonché proprietà di inerzia nonché per ciascune vengono
individuate ed assegnate le proprietà di materiale. Quindi da una rappresentazione continua
si va quindi a sottodividere il dominio continuo in porzioni più piccole, porzioni discrete
chiamate elementi .Ogni elemento viene caratterizzata da una propria matrice di rigidezza e
attraverso quella che viene chiamata la tecnica di assemblaggio e attraverso la matrice di
rigidezza di tutti gli elementi si ottiene la matrice di rigidezza globale propria dell’intera
struttura. Al nostro modello vengono infine applicati condizioni di carico nonché condizioni di
vincolo che tipicamente per un problema strutturale tra le condizioni di carico si ricordano
forze e momenti e tra le condizioni di vincolo tipicamente sono campo di spostamenti e
campo della rotazione. In conclusione le ultime fasi di impostazione del modello base
elementi finiti richiedono una risoluzione di un problema matriciale note le condizioni di gradi
di libertà proprie dei nodi che si collocano ai vertici dei nostri elementi discreti. Tipicamente
non siamo interessati come già anticipato al campo degli spostamenti, noto tale campo
possiamo calcolare il campo delle deformazioni a cui vengono associate e calcolate lo stato
tensionale noto il legame costitutivo di materiale con il quale il nostro componente è
realizzato.
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Vediamo subito che cosa vuol dire il concetto di discreto in particolare dietro il concetto
discreto c’è il concetto di realizzazione di una mesh. Qui si riporta l’esempio di una lastra
forata trazionata a remoto che viene distinta con tre tipologie di elemento: la prima tipologia
è un elemento finito di forma triangolare dove qui viene rappresentata una discretizzazione
si dice coarse oppure lasca quindi con elementi un pochino grandi oppure viene
discretizzata quindi parcellizzata in sotto porzioni discrete da una mesh sempre triangolare
costituita però da elementi ben più fini rispetto ai precedenti, altrimenti un'altra opzione
quindi la discretizzazione è funzione della dimensione degli elementi così come funzione
della tipologia di elemento ad esempio si può decidere di andare a suddividere il dominio
continuo in porzioni che abbiano come una forma che non sia triangolare ma quadrangolare
come qui rappresentato. Arrivando quindi alla definizione di discretizzazione quindi alla
costruzione di quella che viene chiamata Mesh ossia definita da tutti gli elementi costituenti il
nostro modello col quale noi rappresentiamo il continuo. Qui si riporta ad esempio un caso
solido quindi come posso andare a rappresentare in forma discreta una superficie e in
particolare un corpo solido in questo caso che è una sfera. Posso adottare ad esempio
elementi a base triangolare come possono essere ad esempio piramidi a base triangolare
oppure posso anche decidere di rappresentare in forma sempre discreta la nostra struttura
sferica con piccoli cubi quindi con piccoli esaedri. L'introduzione del concetto di discreto
comporta una approssimazione della geometria della nostra struttura in funzione di come io
vado a scegliere la taglia degli elementi piuttosto che in funzione della tipologia di elemento
io riuscirò più o meno bene a rappresentare il continuo quindi la prima forma di
approssimazione propria di questa tecnica è una approssimazione di natura geometrica.
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In particolare andiamo subito a definire che cosa vuol dire, preso in considerazione un dato
tipo di elemento, quali sono i suoi gradi di libertà nodali. Abbiamo capito che un elemento
definisce una piccola porzione di materiale, ai suoi nodi andiamo a valutare quali sono i
gradi di libertà che quella piccola porzione possiede e per la quale appunto andiamo a
calcolare il campo degli spostamenti dell’elemento. Andiamo a definire un corpo continuo
tipicamente adottando tre tipi di modellazione: modellazione solida come vi avevo già
anticipato utilizzando elementi simili esaedri quindi simili a dei cubetti oppure possiamo
utilizzare tipicamente strutture a base piramidale come ad esempio questa struttura che ha
una piramide a base triangolare. Nel nostro caso possiamo anche in realtà andare a
rappresentare la nostra struttura solida riconducendola ad un problema sempre
tridimensionale ma impiegando la formulazione ad esempio la formulazione delle piastre
quindi adottando elementi che sono piani nello spazio di modellazione ma per i quali io vado
ad esplicitare su ciascuno di essi la proprietà di tridimensionalità assegnando proprietà di
spessore come qui rappresentato e come fatto anche per la trattazione appunto della
formulazione delle piastre. Da ultimo posso anche rappresentare un corpo solido
riconducendolo ad esempio ad una struttura di tipo trave e quindi andando a descrivere
entro i suoi estremi, entro i suoi nodi le sue possibilità di deformazione assegnando appunto
la proprietà ad esempio della sezione trasversale come proprietà geometriche proprio di
quel dato elemento noi questa assunzione e queste approssimazioni le abbiamo già fatte
nella esercitazione in cui siamo andati a studiare quel telaietto appoggiato in tre nodi e
caricato ad un quarto nodo che lo portava in torsione e in particolare abbiamo utilizzato
elementi nella formulazione trave con elementi di tipo 78 quindi elementi che però non
andavano a calcolare la proprietà di taglio della nostra struttura; erano strutture che
lavoravano puramente a flessione e a sforzo normale. I gradi di libertà di un elemento finito
sono funzione della formulazione dell'elemento e sono funzione anche della analisi che noi
andiamo ad analizzare se è un dominio tridimensionale o un dominio piano. Tipicamente se
io vado a rappresentare un dominio nello spazio, per ciascuno dei nodi che definiscono la
mia porzione elementare quindi il mio elemento finito sono definiti solo e sono richiesti per la
valutazione del suo campo di spostamenti e del suo campo di deformazione solamente 3
gradi di libertà e sono 3 gradi di libertà traslazionali quindi per un dato elemento solido come
qui ha rappresentato ad otto nodi, per ciascuno di questi nodi vengono definiti 3 gradi di
libertà rotazionali denominati u,v e w che fanno riferimento alla traslazione xy&z
rispettivamente. Per quanto riguarda un elemento di tipo triangolare e in particolare una
piramide a base triangolare anche in questo caso per ciascuno dei suoi nodi vengono definiti
solo e soltanto 3 gradi di libertà anch'esso 3 gradi di libertà traslazionali. In particolare se
invece vado a decidere di rappresentare il mio corpo come un problema diciamo così un
problema tridimensionale ma che viene ricondotto ad un caso piano impiegando la
trattazione della formulazione delle piastre allora è necessario inserire i gradi di libertà
accessori che siano in grado appunto di valutare complessivamente lo stato deformativo
della mia struttura è necessario quindi valutare l'ordine della cardinalità geometrica
dell'elemento che è la più piccola per gli elementi solidi ma che viene via via arricchita nel
caso in cui noi stiamo lavorando con elementi come ad esempio piastre o tipo travi. In
particolare i gradi di libertà propri di un elemento piastra o di un elemento di tipo trave sono
6: 3 gradi di libertà in termini di spostamenti e 3 gradi di libertà in termini rotazionali che
sono in grado di cogliere complessivamente lo stato deformativo insorgente in una struttura
utilizzando appunto geometrie semplificate di elemento. Si ricorda che per la formulazione di
problemi strutturali talvolta ci si riconduce a problemi piani ossia che vengono modellati
solamente in un piano come il piano XY si ricorda ad esempio la lastra forata trazionata a
remoto, quel problema è un problema che può essere risolto in forma di tensione piana e
quindi sostanzialmente preso un elemento di tipo piastra quindi un elemento in realtà che
lavora una lastra in questo caso specifico in cui appunto posso applicare carichi solo agenti
entro il piano della nostra struttura, per ciascuno dei nodi del mio elemento finito o
triangolare o quadrangolare non avrò più 6 gradi di libertà ma sostanzialmente esso verrà
definito dal punto di vista deformativo solamente attraverso la conoscenza di 2 gradi di
libertà: un grado di libertà X e un grado di libertà Y. Per quanto riguarda sempre strutture
traveiformi per ogni nodo devo conoscere 3 gradi di libertà anziché 6: quindi sono le 2
traslazioni nel piano e la rotazione sempre diciamo così entro quel dato piano quindi u v e
teta. Elementi quindi con i quali posso andare a discretizzare un corpo possono essere
molto diversi, possono avere geometrie diverse e possono avere formulazioni diverse sono
tutte formulazioni tridimensionali ma che trattano la tridimensionalità dello spazio
considerando alcune approssimazioni: nel caso della piastra la proprietà di spessore viene
assegnata come proprietà geometrica, nel caso della trave la proprietà di sezione anch’essa
viene assegnata come proprietà anch’essa geometrica uniforme sulla lunghezza del nostro
elemento finito che ha quindi una lunghezza L ed è definito entro due nodi estremali.
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Abbiamo già capito qual’è la prima fonte di errore del modello base elementi finiti ed è quindi
la discretizzazione. La discretizzazione cerca di rappresentare un dominio continuo
attraverso porzioni elementari in questo caso io gestendo opportunamente la dimensione
degli elementi e la tipologia di elemento, cerco di rappresentare l’elemento al meglio; ovvio
che comunque rimarrà sempre e comunque in forma approssimato in questo caso nella
sfera rappresentata con elementi solidi cubici si vede bene quale l'approssimazione
geometrica che io vado ad effettuare. Una seconda approssimazione è legata alla
formulazione degli elementi, come già anticipato non tutti gli elementi sono in grado di
supportare tutti i gradi di libertà e quindi ad esempio nel caso delle mento di tipo puntone e
nel caso elemento trave non sono ammessi e non vengono considerate traslazioni diciamo
così normale rispetto all'asse della trave quindi qualora insorgano nel corpo reale e continuo
nel mio calcolo elementi finiti non riusciremmo a coglierlo se adottassi quegli elementi. Un
po' questa cosa l'abbiamo già fatta se ci ricordiamo sempre del nostro telaietto halo per il
quale abbiamo considerato elementi che però non avessero, non supportassero una
formulazione di tipo tagliante quindi adottassimo elementi considerando una formulazione
puramente flessionale e una formulazione che cogliesse lo sforzo normale quindi lo sforzo
assiale. La terza formulazione e la terza fonte di errore è legata al fatto che dietro ad un
calcolo base elementi finiti ci sta un problema di natura matriciale e quindi ovvio che è un
problema che è un problema numerico e quindi a seguito delle somme e dei prodotti e delle
differenze che vengono fatte si introduce un’imprecisione dovuta al troncamento delle cifre
significative. I solutori tipicamente lavorano in doppia precisione quindi ne tengono un
numero davvero molto elevato al di sotto dell'unità ma questo non porta comunque ad un
troncamento dei calcoli e quindi un piccolo errore numerico si deve anche questo aspetto.
Quindi le tre fonti di errori principali di un problema formulato base elementi finiti sono quindi
la discretizzazione, un problema di formulazione degli elementi, e il problema di troncamento
numerico.
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Vediamo da subito che cosa vuol dire il calcolo della matrice di rigidezza di un dato
elemento finito. Abbiamo già capito che il problema base elementi finiti è un problema che
può essere visto in una forma di tipo forze uguale alla matrice di rigidezza del mio elemento
moltiplicata per il campo degli spostamenti. Il campo degli spostamenti così come
l'applicazione delle forze esterne in un problema discreto e discretizzato base elemento
viene campionato ai nodi dell’elemento. Qui riporto l’esempio di un elemento triangolare a 3
nodi quindi le forze vengono applicate ai nodi come abbiamo già fatto sempre nell’halo la
forza esterna di 1000N applicata ad un nodo della struttura e e quindi le forze vengono
applicate ai nodi così come ai nodi vengono campionati il campo degli spostamenti. Rispetto
a una formulazione come ad esempio un elemento di tipo monodimensionale, tipo molla qui
rappresentato se io decidessi anziché di considerarla come un problema monoassiale potrei
decidere di rappresentare la mia molla in forma discreta considerando ad esempio l’elica e
quindi sarei in grado di cogliere con un numero maggiore di elementi la complessità di
compressione di questa molla. Quindi gli elementi finiti tipicamente rispetto ad un problema
monodimensionale quindi un problema così fatto saremmo in grado quindi di rappresentare
meglio la complessità del problema.
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Ricordo quindi appunto che l'incognita primaria del nostro problema è il calcolo degli
spostamenti quindi F=k*d F è il vettore delle forze generalizzate, d è il vettore degli
spostamenti generalizzati che sono le nostre incognite e k è la matrice di rigidezza del
nostro elemento. Andiamo subito a calcolare k.
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k sostanzialmente è quella matrice che lega F a d, per un problema piano discretizzato con
elementi di natura triangolare per ciascuno dei suoi nodi sono ammessi due gradi di libertà
traslazionali in x&y denominate rispettivamente u&v associato al nodo iesimo dell’elementi
quindi u1 spostamento in X del nodo 1 e v1 spostamento in Y del nodo 1. Capiamo bene
che complessivamente un elemento finito di forma triangolare associato ad una
formulazione piana del problema gode di 6 gradi di libertà: 3 traslazionali e 3 notazionali
ciascuno definito ai nodi quindi ai vertici della propria struttura. Quindi se io posso calcolare
ho 6 gradi di libertà avrò 6 possibilità di applicare forze esterne ognuna presa singolarmente
oppure anche in molteplicità per esempio carico il nodo 1 in direzione Y così come carico il
nodo 3 in direzione X quindi F1x e F3y potrebbero essere forze esterne agenti sulla nostra
struttura per le quali io posso calcolare la matrice di rigidezza e adesso lo faremo e ne
deriverò il campo di deformazione quindi il campo di spostamenti nodali che insorge a
seguito del carico esterno. Perché si adotta il termine forza generalizzate e vettore degli
spostamenti generalizzati campionato ai nodi? In particolare perché per forze si intendono
momenti come anche carichi distribuiti e per quanto riguarda il vettore degli spostamenti
generalizzati consideriamo sia spostamenti in termini traslazionali sia in termini rotazionali.
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In particolare vediamo qual è la dimensione della nostra matrice di rigidezza, l'abbiamo già
in parte fatto sull’elemento triangolare in cui abbiamo detto che l’elemento triangolare ha tre
nodi ciascuno dei quali porta due gradi di libertà quindi complessivamente il problema
matriciale è dell'ordine 6 ossia la matrice di rigidezza è una 6 x 6 per un problema di natura
trave in cui considero che ciascuno dei sostanzialmente dei nodi possa al più sopportare un
campo di spostamenti parallelo all'asse della trave in questo caso la matrice di rigidezza
sarà dell'ordine 2 x 2 così come nel caso dello studio di un problema piano adottando un
elemento di tipo quadrilatero per ciascuno di questi nodi abbiamo 2 gradi di libertà e quindi
l'elemento quadrilatero complessivamente avrà una matrice di rigidezza di ordine 8 x8.
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Vediamo subito qual’è il significato fisico della matrice di rigidezza. In particolare per
comprendere che cosa vuol dire la matrice di rigidezza di un elemento finito andiamo a
imporre alla struttura in questo caso qui rappresentata in forma triangolare un cedimento
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problema è in forma diretta del calcolo della matrice di rigidezza è un problema di tipo
all'equilibrio quindi vado a valutare l'equilibrio della mia struttura la forza F2 che insorgerà e
che andrà ad autoequilibrare la forza 1 è una forza di natura compressiva opposta in verso
rispetto al sistema globale e anche essa risulta essere pari al prodotto delle costanti A per E
diviso la lunghezza iniziale della mia struttura moltiplicata per la differenza relativa del
campo degli spostamenti dei nodi 1 e 2. Il problema matriciale può essere manipolato e in
particolare possiamo vederlo non più come un sistema di due equazioni in due incognite che
sono in questo caso u1 ed u2 ma posso vederlo in forma matriciale quindi avere un vettore
delle forze generalizzate che raccoglierà quindi F1 ed F2, un vettore che raccoglierà il
campo degli spostamenti quindi sarà il campo degli spostamenti in forma u1 e u2 che andrà
a moltiplicare la matrice di rigidezza K in questo caso il primo termine della matrice di
rigidezza K altro non sarà che il prodotto di A per E diviso L e quindi sarà il primo termine
quindi k11; il secondo termine quindi prima riga seconda colonna altro non sarà che -A*E
diviso L e così via si fa al denominatore ottenendo quindi la matrice di rigidezza complessiva
propria di questo elemento che è rappresentata nella slide 23. Due sotto segni indicano una
matrice mentre un segno solo indica un vettore, in questo caso quindi abbiamo il vettore
delle forze generalizzate che risulta essere uguale al vettore degli spostamenti nodali
generalizzati e la loro relazione viene effettuata attraverso il calcolo di K. In particolare il
metodo che abbiamo visto è quindi il metodo diretto che viene applicato per strutture molto
semplici sfruttando semplici considerazioni di natura equilibrante. Questo approccio non può
essere utilizzato per strutture che invece hanno una formazione più complessa e quindi
tipicamente viene utilizzato l'approccio di natura energetica.