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SLIDE 4

Oggi introdurremo i concetti legati all'approccio di modellazione denominato elementi finiti.


Valuteremo insieme quindi che cosa vuol dire la costruzione di un modello elementi finiti
nonché introdurremo il concetto di discretizzazione ossia di passaggio dalla definizione di un
corpo continuo in porzioni elementari discrete base elemento mediante la realizzazione di
quella che viene comunemente chiamata mesh. Valuteremo insieme le fonti di errore di
questo metodo che è un metodo quindi approssimato e poi calcoleremo insieme la matrice
che lega il campo degli spostamenti rispetto al campo delle forze esterne, tale matrice altro
non è che la matrice di rigidezza propria di un elemento finito essa è funzione della sua
formulazione nonché andremo a valutare due approcci: un approccio chiamato diretto ed un
approccio chiamato energetico. Valuteremo insieme un piccolo esercizio pratico applicato ad
una struttura che è una struttura che lavora lungo il suo asse e quindi una struttura
traveiforme denominata bar. Vediamo subito il concetto di che cosa sta alla base del metodo
dei momenti finiti. Gli elementi finiti vanno a descrivere in modo sistematico una funzione
che viene quindi approssimata all'interno di un dominio che viene realizzato mediante
porzioni discrete, questa funzione risulta essere quindi definita all'interno di ciascun
sottodominio in forma continua e che va quindi a rappresentare un componente reale.
L'introduzione del concetto di discretizzazione passa attraverso la definizione di altri due
concetti: i sottodomini vengono rappresentati con elementi chiamati appunto elementi finiti
perché discreti ai vertici dei quali si collocano altre entità che sono appunto chiamate nodi,
tali nodi vanno a approssimare la funzione di risposta che noi stiamo ricercando all'interno
del nostro calcolo, la funzione di risposta tipicamente per un problema strutturale è il campo
degli spostamenti. Qui vengono ad esempio rappresentate tre tipologie di elementi che
vanno a discretizzare questo corpo quindi tre tipologie di elementi che sono elementi tipo
solidi: i primi due a base rettangolare diciamo così e uno a base triangolare.

SLIDE 5-6-7

Vediamo meglio che cosa vuol dire la costruzione di un modello base a elementi finiti
tipicamente noi siamo interessati al campo tensionale insorgente all'interno della struttura a
seguito dell'applicazione di determinate condizioni di carico e determinate condizioni di
vincolo. Qui si riporta ad esempio una struttura un sotto telaio di uno space frame che è
stato quindi rappresentato in forma discreta da elementi di tipo trave ai quali viene
assegnata una proprietà di area nonché proprietà di inerzia nonché per ciascune vengono
individuate ed assegnate le proprietà di materiale. Quindi da una rappresentazione continua
si va quindi a sottodividere il dominio continuo in porzioni più piccole, porzioni discrete
chiamate elementi .Ogni elemento viene caratterizzata da una propria matrice di rigidezza e
attraverso quella che viene chiamata la tecnica di assemblaggio e attraverso la matrice di
rigidezza di tutti gli elementi si ottiene la matrice di rigidezza globale propria dell’intera
struttura. Al nostro modello vengono infine applicati condizioni di carico nonché condizioni di
vincolo che tipicamente per un problema strutturale tra le condizioni di carico si ricordano
forze e momenti e tra le condizioni di vincolo tipicamente sono campo di spostamenti e
campo della rotazione. In conclusione le ultime fasi di impostazione del modello base
elementi finiti richiedono una risoluzione di un problema matriciale note le condizioni di gradi

di libertà proprie dei nodi che si collocano ai vertici dei nostri elementi discreti. Tipicamente
non siamo interessati come già anticipato al campo degli spostamenti, noto tale campo
possiamo calcolare il campo delle deformazioni a cui vengono associate e calcolate lo stato
tensionale noto il legame costitutivo di materiale con il quale il nostro componente è
realizzato.

SLIDE 8-9

Vediamo subito che cosa vuol dire il concetto di discreto in particolare dietro il concetto
discreto c’è il concetto di realizzazione di una mesh. Qui si riporta l’esempio di una lastra
forata trazionata a remoto che viene distinta con tre tipologie di elemento: la prima tipologia
è un elemento finito di forma triangolare dove qui viene rappresentata una discretizzazione
si dice coarse oppure lasca quindi con elementi un pochino grandi oppure viene
discretizzata quindi parcellizzata in sotto porzioni discrete da una mesh sempre triangolare
costituita però da elementi ben più fini rispetto ai precedenti, altrimenti un'altra opzione
quindi la discretizzazione è funzione della dimensione degli elementi così come funzione
della tipologia di elemento ad esempio si può decidere di andare a suddividere il dominio
continuo in porzioni che abbiano come una forma che non sia triangolare ma quadrangolare
come qui rappresentato. Arrivando quindi alla definizione di discretizzazione quindi alla
costruzione di quella che viene chiamata Mesh ossia definita da tutti gli elementi costituenti il
nostro modello col quale noi rappresentiamo il continuo. Qui si riporta ad esempio un caso
solido quindi come posso andare a rappresentare in forma discreta una superficie e in
particolare un corpo solido in questo caso che è una sfera. Posso adottare ad esempio
elementi a base triangolare come possono essere ad esempio piramidi a base triangolare
oppure posso anche decidere di rappresentare in forma sempre discreta la nostra struttura
sferica con piccoli cubi quindi con piccoli esaedri. L'introduzione del concetto di discreto
comporta una approssimazione della geometria della nostra struttura in funzione di come io
vado a scegliere la taglia degli elementi piuttosto che in funzione della tipologia di elemento
io riuscirò più o meno bene a rappresentare il continuo quindi la prima forma di
approssimazione propria di questa tecnica è una approssimazione di natura geometrica.

SLIDE 10

Vediamo appunto che il concetto di discreto necessariamente introduce il concetto di


elemento in particolare introduce il contratto di ‘’Quanti sono i gradi di libertà associati ad un
dato elemento’’. Facciamo un passo in avanti: una corpo nello spazio sappiamo avere 6
gradi di libertà di moto di corpo rigido tipicamente tre traslazioni e tre rotazioni se riferite ad
un sistema di assi globali xy&z cartesiano come qui rappresentato in figura. In particolare
per un calcolo base elementi finiti le incognite primarie del nostro problema sono il campo di
spostamenti che si viene a generare ai nodi del nostro elemento, questo campo di
spostamenti è un campo di spostamenti che per noi risulta essere incognito e che dobbiamo
necessariamente calcolare.

SLIDE 11-12-13

In particolare andiamo subito a definire che cosa vuol dire, preso in considerazione un dato
tipo di elemento, quali sono i suoi gradi di libertà nodali. Abbiamo capito che un elemento
definisce una piccola porzione di materiale, ai suoi nodi andiamo a valutare quali sono i
gradi di libertà che quella piccola porzione possiede e per la quale appunto andiamo a
calcolare il campo degli spostamenti dell’elemento. Andiamo a definire un corpo continuo
tipicamente adottando tre tipi di modellazione: modellazione solida come vi avevo già
anticipato utilizzando elementi simili esaedri quindi simili a dei cubetti oppure possiamo
utilizzare tipicamente strutture a base piramidale come ad esempio questa struttura che ha
una piramide a base triangolare. Nel nostro caso possiamo anche in realtà andare a
rappresentare la nostra struttura solida riconducendola ad un problema sempre
tridimensionale ma impiegando la formulazione ad esempio la formulazione delle piastre
quindi adottando elementi che sono piani nello spazio di modellazione ma per i quali io vado
ad esplicitare su ciascuno di essi la proprietà di tridimensionalità assegnando proprietà di
spessore come qui rappresentato e come fatto anche per la trattazione appunto della
formulazione delle piastre. Da ultimo posso anche rappresentare un corpo solido
riconducendolo ad esempio ad una struttura di tipo trave e quindi andando a descrivere
entro i suoi estremi, entro i suoi nodi le sue possibilità di deformazione assegnando appunto
la proprietà ad esempio della sezione trasversale come proprietà geometriche proprio di
quel dato elemento noi questa assunzione e queste approssimazioni le abbiamo già fatte
nella esercitazione in cui siamo andati a studiare quel telaietto appoggiato in tre nodi e
caricato ad un quarto nodo che lo portava in torsione e in particolare abbiamo utilizzato
elementi nella formulazione trave con elementi di tipo 78 quindi elementi che però non
andavano a calcolare la proprietà di taglio della nostra struttura; erano strutture che
lavoravano puramente a flessione e a sforzo normale. I gradi di libertà di un elemento finito
sono funzione della formulazione dell'elemento e sono funzione anche della analisi che noi
andiamo ad analizzare se è un dominio tridimensionale o un dominio piano. Tipicamente se
io vado a rappresentare un dominio nello spazio, per ciascuno dei nodi che definiscono la

mia porzione elementare quindi il mio elemento finito sono definiti solo e sono richiesti per la
valutazione del suo campo di spostamenti e del suo campo di deformazione solamente 3
gradi di libertà e sono 3 gradi di libertà traslazionali quindi per un dato elemento solido come
qui ha rappresentato ad otto nodi, per ciascuno di questi nodi vengono definiti 3 gradi di
libertà rotazionali denominati u,v e w che fanno riferimento alla traslazione xy&z
rispettivamente. Per quanto riguarda un elemento di tipo triangolare e in particolare una
piramide a base triangolare anche in questo caso per ciascuno dei suoi nodi vengono definiti
solo e soltanto 3 gradi di libertà anch'esso 3 gradi di libertà traslazionali. In particolare se
invece vado a decidere di rappresentare il mio corpo come un problema diciamo così un
problema tridimensionale ma che viene ricondotto ad un caso piano impiegando la
trattazione della formulazione delle piastre allora è necessario inserire i gradi di libertà
accessori che siano in grado appunto di valutare complessivamente lo stato deformativo
della mia struttura è necessario quindi valutare l'ordine della cardinalità geometrica
dell'elemento che è la più piccola per gli elementi solidi ma che viene via via arricchita nel
caso in cui noi stiamo lavorando con elementi come ad esempio piastre o tipo travi. In
particolare i gradi di libertà propri di un elemento piastra o di un elemento di tipo trave sono
6: 3 gradi di libertà in termini di spostamenti e 3 gradi di libertà in termini rotazionali che
sono in grado di cogliere complessivamente lo stato deformativo insorgente in una struttura
utilizzando appunto geometrie semplificate di elemento. Si ricorda che per la formulazione di
problemi strutturali talvolta ci si riconduce a problemi piani ossia che vengono modellati
solamente in un piano come il piano XY si ricorda ad esempio la lastra forata trazionata a
remoto, quel problema è un problema che può essere risolto in forma di tensione piana e
quindi sostanzialmente preso un elemento di tipo piastra quindi un elemento in realtà che
lavora una lastra in questo caso specifico in cui appunto posso applicare carichi solo agenti
entro il piano della nostra struttura, per ciascuno dei nodi del mio elemento finito o
triangolare o quadrangolare non avrò più 6 gradi di libertà ma sostanzialmente esso verrà
definito dal punto di vista deformativo solamente attraverso la conoscenza di 2 gradi di
libertà: un grado di libertà X e un grado di libertà Y. Per quanto riguarda sempre strutture
traveiformi per ogni nodo devo conoscere 3 gradi di libertà anziché 6: quindi sono le 2
traslazioni nel piano e la rotazione sempre diciamo così entro quel dato piano quindi u v e
teta. Elementi quindi con i quali posso andare a discretizzare un corpo possono essere
molto diversi, possono avere geometrie diverse e possono avere formulazioni diverse sono
tutte formulazioni tridimensionali ma che trattano la tridimensionalità dello spazio
considerando alcune approssimazioni: nel caso della piastra la proprietà di spessore viene
assegnata come proprietà geometrica, nel caso della trave la proprietà di sezione anch’essa
viene assegnata come proprietà anch’essa geometrica uniforme sulla lunghezza del nostro
elemento finito che ha quindi una lunghezza L ed è definito entro due nodi estremali.

SLIDE 14-15

In particolare la discretizzazione abbiamo già capito introduce una approssimazione


geometrica ad esempio qui si presenta una struttura di tipo trave in particolare una trave che
può lavorare solo e soltanto lungo il suo asse, essa ha lunghezza pari a Lt che viene
rappresentata utilizzando e considerando due elementi trave definiti entro i due nodi
denominato elemento 1 che è definito entro i nodi 1 e 2 ed un secondo elemento che è un
elemento definito entro i nodi 2 e 3. In particolare per rappresentare una rastrematura quindi
una variazione lungo l'asse della sezione si decide di considerare uniforme sull'elemento 1
la sezione che chiamerò e che quindi avrà un'area A1 e un materiale con determinate
proprietà elastiche così come lungo il tratto L2 la mia trave avrà una data sezione A2, ovvio
che anche in questo caso si vede bene come una struttura continua venga approssimata in
forma discreta. Ecco che è necessario andare a definire quali sono i gradi di libertà di questa
struttura, i gradi di libertà della struttura vengono calcolati ai nodi della struttura nota la
formulazione dell'elemento col quale quella struttura è stata discretizzata gli elementi tipo
bar che qui consideriamo quindi elementi di tipo puntone possono portare solamente gradi di
libertà paralleli all'asse della trave stessa ossia traslazioni in questo caso dirette rispetto
all'asse globale della nostra struttura ovvero riferendosi al sistema di riferimento globale che
è il sistema OX. In particolare quanti sono i gradi di libertà di questa struttura così
discretizzata da due le medie sono sostanzialmente 3 che sono definiti e chiamati u1 che è
lo sportamento in X del nodo 1 lo spostamento in X del nodo 2 che è chiamato u2 e infine lo
spostamento in X del nodo 3 che è chiamato u3. Quanti sono complessivamente quindi i
gradi di libertà di questa trave così discretizzata sono esattamente pari a 3 che può essere
calcolato come il numero di elementi in questo caso più 1.

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Abbiamo già capito qual’è la prima fonte di errore del modello base elementi finiti ed è quindi
la discretizzazione. La discretizzazione cerca di rappresentare un dominio continuo
attraverso porzioni elementari in questo caso io gestendo opportunamente la dimensione
degli elementi e la tipologia di elemento, cerco di rappresentare l’elemento al meglio; ovvio
che comunque rimarrà sempre e comunque in forma approssimato in questo caso nella
sfera rappresentata con elementi solidi cubici si vede bene quale l'approssimazione
geometrica che io vado ad effettuare. Una seconda approssimazione è legata alla
formulazione degli elementi, come già anticipato non tutti gli elementi sono in grado di
supportare tutti i gradi di libertà e quindi ad esempio nel caso delle mento di tipo puntone e
nel caso elemento trave non sono ammessi e non vengono considerate traslazioni diciamo
così normale rispetto all'asse della trave quindi qualora insorgano nel corpo reale e continuo
nel mio calcolo elementi finiti non riusciremmo a coglierlo se adottassi quegli elementi. Un
po' questa cosa l'abbiamo già fatta se ci ricordiamo sempre del nostro telaietto halo per il
quale abbiamo considerato elementi che però non avessero, non supportassero una
formulazione di tipo tagliante quindi adottassimo elementi considerando una formulazione

puramente flessionale e una formulazione che cogliesse lo sforzo normale quindi lo sforzo
assiale. La terza formulazione e la terza fonte di errore è legata al fatto che dietro ad un
calcolo base elementi finiti ci sta un problema di natura matriciale e quindi ovvio che è un
problema che è un problema numerico e quindi a seguito delle somme e dei prodotti e delle
differenze che vengono fatte si introduce un’imprecisione dovuta al troncamento delle cifre
significative. I solutori tipicamente lavorano in doppia precisione quindi ne tengono un
numero davvero molto elevato al di sotto dell'unità ma questo non porta comunque ad un
troncamento dei calcoli e quindi un piccolo errore numerico si deve anche questo aspetto.
Quindi le tre fonti di errori principali di un problema formulato base elementi finiti sono quindi
la discretizzazione, un problema di formulazione degli elementi, e il problema di troncamento
numerico.

SLIDE 19

Vediamo da subito che cosa vuol dire il calcolo della matrice di rigidezza di un dato
elemento finito. Abbiamo già capito che il problema base elementi finiti è un problema che
può essere visto in una forma di tipo forze uguale alla matrice di rigidezza del mio elemento
moltiplicata per il campo degli spostamenti. Il campo degli spostamenti così come
l'applicazione delle forze esterne in un problema discreto e discretizzato base elemento
viene campionato ai nodi dell’elemento. Qui riporto l’esempio di un elemento triangolare a 3
nodi quindi le forze vengono applicate ai nodi come abbiamo già fatto sempre nell’halo la
forza esterna di 1000N applicata ad un nodo della struttura e e quindi le forze vengono
applicate ai nodi così come ai nodi vengono campionati il campo degli spostamenti. Rispetto
a una formulazione come ad esempio un elemento di tipo monodimensionale, tipo molla qui
rappresentato se io decidessi anziché di considerarla come un problema monoassiale potrei
decidere di rappresentare la mia molla in forma discreta considerando ad esempio l’elica e
quindi sarei in grado di cogliere con un numero maggiore di elementi la complessità di
compressione di questa molla. Quindi gli elementi finiti tipicamente rispetto ad un problema
monodimensionale quindi un problema così fatto saremmo in grado quindi di rappresentare
meglio la complessità del problema.

SLIDE 20

Ricordo quindi appunto che l'incognita primaria del nostro problema è il calcolo degli
spostamenti quindi F=k*d F è il vettore delle forze generalizzate, d è il vettore degli
spostamenti generalizzati che sono le nostre incognite e k è la matrice di rigidezza del
nostro elemento. Andiamo subito a calcolare k.

SLIDE 21

k sostanzialmente è quella matrice che lega F a d, per un problema piano discretizzato con
elementi di natura triangolare per ciascuno dei suoi nodi sono ammessi due gradi di libertà
traslazionali in x&y denominate rispettivamente u&v associato al nodo iesimo dell’elementi
quindi u1 spostamento in X del nodo 1 e v1 spostamento in Y del nodo 1. Capiamo bene
che complessivamente un elemento finito di forma triangolare associato ad una
formulazione piana del problema gode di 6 gradi di libertà: 3 traslazionali e 3 notazionali
ciascuno definito ai nodi quindi ai vertici della propria struttura. Quindi se io posso calcolare
ho 6 gradi di libertà avrò 6 possibilità di applicare forze esterne ognuna presa singolarmente
oppure anche in molteplicità per esempio carico il nodo 1 in direzione Y così come carico il
nodo 3 in direzione X quindi F1x e F3y potrebbero essere forze esterne agenti sulla nostra
struttura per le quali io posso calcolare la matrice di rigidezza e adesso lo faremo e ne
deriverò il campo di deformazione quindi il campo di spostamenti nodali che insorge a
seguito del carico esterno. Perché si adotta il termine forza generalizzate e vettore degli
spostamenti generalizzati campionato ai nodi? In particolare perché per forze si intendono
momenti come anche carichi distribuiti e per quanto riguarda il vettore degli spostamenti
generalizzati consideriamo sia spostamenti in termini traslazionali sia in termini rotazionali.

SLIDE 22

In particolare vediamo qual è la dimensione della nostra matrice di rigidezza, l'abbiamo già
in parte fatto sull’elemento triangolare in cui abbiamo detto che l’elemento triangolare ha tre
nodi ciascuno dei quali porta due gradi di libertà quindi complessivamente il problema
matriciale è dell'ordine 6 ossia la matrice di rigidezza è una 6 x 6 per un problema di natura
trave in cui considero che ciascuno dei sostanzialmente dei nodi possa al più sopportare un
campo di spostamenti parallelo all'asse della trave in questo caso la matrice di rigidezza
sarà dell'ordine 2 x 2 così come nel caso dello studio di un problema piano adottando un
elemento di tipo quadrilatero per ciascuno di questi nodi abbiamo 2 gradi di libertà e quindi
l'elemento quadrilatero complessivamente avrà una matrice di rigidezza di ordine 8 x8.

SLIDE 23

Vediamo subito qual’è il significato fisico della matrice di rigidezza. In particolare per
comprendere che cosa vuol dire la matrice di rigidezza di un elemento finito andiamo a
imporre alla struttura in questo caso qui rappresentata in forma triangolare un cedimento

unitario quindi in particolare ho posto mio spostamento X del nodo 3 pari ad 1 e in


particolare vado a imporre nulle tutti gli spostamenti negli altri gradi di libertà quindi impongo
che in direzione Y il nodo 3 non possa trattare così come non possano traslare i nodi 1 e 2
ne in X ne in Y; quindi sostanzialmente il vettore contenente gli spostamenti generalizzati è
un vettore che in questo caso risulta essere ben noto cioè non è più un problema agli
spostamenti in questo caso risulta essere un problema alle forze. Quindi il vettore è così
fatto: sulla prima riga abbiamo il grado di libertà X del nodo 1; sulla seconda il grado di
libertà Y associato al nodo 1; sulla terza traslazione X ammessa per il nodo 2; traslazione Y
alla riga 4; alla riga 5 abbiamo la traslazione X del nodo 3 e alla riga 6 abbiamo la
traslazione Y del nodo 3 sono tutte nulle tali traslazioni salvo la traslazione X del nodo 3 che
quindi viene posta unitaria. Otteniamo quindi un sistema matriciale come qui riportato e
osserviamo che la colonna in questo caso la quinta colonna della nostra matrice di rigidezza
esprime il sistema di forze in grado di sostenere uno spostamento unitario nella sola
direzione in questo caso X associata al nodo 3. La componente quindi della matrice di
rigidezza che esprime la forza è esattamente questa colonna quindi la quinta colonna che
risulta essere uguale al vettore delle forze esterne generalizzate e quindi tali forze esterne
servono quindi per equilibrare le azioni interne che in questo caso la mia struttura e quindi il
mio elemento triangolare gli è proprio a seguito dell'imposizione di questo spostamento
unitario. Quindi in questo caso possiamo dire che il vettore delle forze esterne coincide
esattamente con la quinta colonna della matrice di rigidezza propria del mio elemento tutti gli
altri termini sono sostanzialmente annullati perché F1x è uguale il prodotto di riga per
colonna dove l'unico termine attivo sono i termini della colonna 5. Ecco quindi spiegato il
significato fisico di matrice di rigidezza.

SLIDE 24-25

In realtà proviamo a calcolarlo: la matrice di rigidezza di un dato elemento può essere


calcolata utilizzando diversi metodi quindi ne vediamo due: primo metodo che è chiamato
metodo diretto e un secondo metodo che è chiamato approccio energetico che sfrutta il
principio dei lavori virtuali. Partiamo dalla formulazione diretta applicata ad un elemento di
tipo puntone ossia che può lavorare solo e soltanto parallelamente al proprio asse e per il
quale sono ammessi sostanzialmente solo due gradi di libertà che sono esattamente i gradi
di libertà traslazionali in direzione X campionati ai nodi del nostro elemento di tipo trave. In
questo caso possiamo dire che la matrice di rigidezza si calcola attraverso condizioni di
equilibrio in particolare se vado a imporre una forza esterna F1 in questo caso una forza di
natura compressiva diretta con lo stesso verso del sistema di riferimento globale X la mia
risposta deformativa sarà autoequilibrata ad una forza esterna F2 perché il sistema deve
essere complessivamente in equilibro in particolare si dice che la forza F applicata al nodo 1
risulta essere pari alla rigidezza della mia struttura che è esattamente una trave quindi si
può calcolare nell’ipotesi di piccole rotazioni e piccoli spostamenti nonché in campo di
elasticità lineare anche del materiale che è quindi pari all'area della mia sezione resistente
per il modulo di Young diviso la sua lunghezza iniziale moltiplicata per lo scostamento
relativo e per il campo degli spostamenti che insorge tra il nodo 1 ed il nodo 2 nell'ipotesi
che lo spostamento del nodo 1 sia maggiore dello spostamento del nodo 2. Poiché questo

problema è in forma diretta del calcolo della matrice di rigidezza è un problema di tipo
all'equilibrio quindi vado a valutare l'equilibrio della mia struttura la forza F2 che insorgerà e
che andrà ad autoequilibrare la forza 1 è una forza di natura compressiva opposta in verso
rispetto al sistema globale e anche essa risulta essere pari al prodotto delle costanti A per E
diviso la lunghezza iniziale della mia struttura moltiplicata per la differenza relativa del
campo degli spostamenti dei nodi 1 e 2. Il problema matriciale può essere manipolato e in
particolare possiamo vederlo non più come un sistema di due equazioni in due incognite che
sono in questo caso u1 ed u2 ma posso vederlo in forma matriciale quindi avere un vettore
delle forze generalizzate che raccoglierà quindi F1 ed F2, un vettore che raccoglierà il
campo degli spostamenti quindi sarà il campo degli spostamenti in forma u1 e u2 che andrà
a moltiplicare la matrice di rigidezza K in questo caso il primo termine della matrice di
rigidezza K altro non sarà che il prodotto di A per E diviso L e quindi sarà il primo termine
quindi k11; il secondo termine quindi prima riga seconda colonna altro non sarà che -A*E
diviso L e così via si fa al denominatore ottenendo quindi la matrice di rigidezza complessiva
propria di questo elemento che è rappresentata nella slide 23. Due sotto segni indicano una
matrice mentre un segno solo indica un vettore, in questo caso quindi abbiamo il vettore
delle forze generalizzate che risulta essere uguale al vettore degli spostamenti nodali
generalizzati e la loro relazione viene effettuata attraverso il calcolo di K. In particolare il
metodo che abbiamo visto è quindi il metodo diretto che viene applicato per strutture molto
semplici sfruttando semplici considerazioni di natura equilibrante. Questo approccio non può
essere utilizzato per strutture che invece hanno una formazione più complessa e quindi
tipicamente viene utilizzato l'approccio di natura energetica.

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