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06.03.

18
La statica è una branca della meccanica.
Meccanica insieme di teorie che descrivono le condizioni di stato di quiete o di moto
di un corpo.
In particolare noi ci riferiamo alla meccanica classica e la formulazione che
utilizzeremo è quella di Newton ( la meccanica classica newtoniana).
La meccanica classica si fa terminare alla fine del 1904. Perchè nel 1905 si
riscontrano debolezze nelle sue teorie.
In funzione della natura dei corpi che esaminiamo la meccanica può ulteriormente
suddividersi.
Le famiglie di corpi che possiamo esaminare sono:
• Corpi rigidi, corpi in cui la forma non cambia.
• Corpi deformati, in cui questo non è più vero, la parte esaminata subisce un
cambiamento.
• Fluidi

Parleremo quindi di meccanica di corpi rigidi, meccanica di corpi deformati e


meccanica di corpi fluidi.
Queste sono le macro distinzioni della meccanica.

La statica si occupa di capire le condizioni di quiete o di moto di un corpo rigido, è


questo il suo focus principale.
La parola statica inoltre porta con sé ulteriori distinzioni.
C’è una quantità di cui dobbiamo tenere conto, l’accelerazione, il modo in cui cambia
la velocità. Quando considereremo questo cambiamento parleremo di meccanica
quando non lo considereremo parleremo di statica.
Con questa materia si comincia ad esaminare in dettaglio l’evidenza sperimentale, si
slaccia da una trattazione prettamente teorica.

Per definire un problema di meccanica classica ci servono 4 variabili:

• La posizione, legata intimamente al concetto di definizione della posizione di


un punto nello spazio rispetto ad un sistema di riferimento assegnato.

• Il tempo, informazione analoga a quella della posizione solo che il sistema di


riferimento utilizzato ci dà informazioni riguardo alla posizione lungo il tempo
dell’evento che stiamo osservando.
• La massa, misura che ci consente di capire come un corpo agisce su un alto o
ci permette di mettere a confronto diversi corpi. Dalla prima legge di Newton
sappiamo che la massa è legata in qualche modo agli effetti sul corpo.
• La forza, l’insieme delle azioni che agiscono su un corpo e che cercano di
variarne le condizioni di quiete o di moto.
Qual è la differenza tra queste 4 grandezze?

Nella meccanica classica le prime tre sono indipendenti fra loro. La massa non varia
se vario il momento in cui la osserva, come il tempo non dipende dalla posizione.
Questa è la differenza tra la meccanica classica e quella che viene dopo.
La forza invece no, è qualcosa che in generale dipende da quelle grandezze. Se
considero posizioni diverse, se cambio le masse in gioco ecc.
Quella variabile che dobbiamo porre in funzione delle altre è la forza.
Ciò che varia è la forza in funzione dello spazio, del tempo e della massa.
La forza rappresenta una grandezza che dipende dalle altre ma rappresenta anche la
grandezza più importante da definire. Quindi ciò che dobbiamo fare è esaminare le
forze.
Quando ci troviamo di fronte ad un problema fisico-matematica dobbiamo utilizzare
la strategia della semplificazione del problema.
Il corpo rigido più semplice di tutti è la particella elementare, è un corpo di cui
possiamo assumere la massa concentrata in un punto.
Ciò che possiamo fare è ricercare le leggi e le formule nel caso di corpi che siano
particelle (trattiamo la statica delle particelle, il caso più semplice, eliminando così la
distribuzione spaziale, perché se parliamo di corpo parliamo di una parte di spazio, di
volume. Un corpo dunque è un aggregato di particelle che occupano dei punto spazio,
il corpo più semplice di tutti è quello composto da una sola particella.
Definisco la forza attraverso la prima legge di Newton.
Il primo mattone che utilizziamo è dunque la prima legge di Newton.
(Una legge o un principio è qualcosa che deriva dall’evidenza sperimentale e che
quindi non va dimostrato e diventa architrave delle nostre teorie.)
Quindi tutto quello che costruiamo a partire da queste leggi ci dà la possibilità di
prevedere quello che succede veramente nella realtà e di interpretare i risultati che ci
offre.
La forza è intimamente legata alla prima legge di Newton.
Cosa mi serve per definire una forza? 4 informazioni:

• Modulo o intensità, grandezza scalare che ci dà un’informazione sull’entità di


una forza, quindi ci permette di confrontare le forze. Ci consente di capire qual
è in assoluto l’intensità di una forza. La rappresentiamo con un segmento. La
lunghezza di questo segmento in una scala assegnata rappresenta l’intensità
della forza stessa (da un punto di vista geometrico). Analiticamente è
rappresentata da un numero essendo una grandezza scalare, ci serve un
campione di paragone, ovvero un’unità di misura. Utilizziamo il sistema
internazionale e l’unità di misura è il Newton [N].
• Se io considero due forze di modulo uguale, la mia esperienza mi dice che
quello che succede alle condizioni di stato di quiete e di moto di un corpo
probabilmente non è lo stesso se io guardo entrambe le forze. La direzione,
fascio di rette parallele secondo le quali immaginiamo agire la forza, è
qualcosa che cambia l’effetto della forza. Da un punto di vista geometrico è
l’insieme di tutte le rette parallele che condividono una direzione. Dare una
direzione significa identificare questo fascio di rette.
• Verso della forza, dal punto di vista geometrico lo rappresento da una punta, mi
dice come è orientata una forza, secondo la direzione di quel fascio di rette
come si comporta la forza. Può essere positivo o negativa.

Quando ci bastano queste tre informazioni parliamo di forze libere.

Ma a volta non sono sufficienti e quindi adoperiamo una quarta informazione,


dipende dal punto in cui applichiamo la forza.

• Punto di applicazione della forza, da un punto di vista geometrica significa che


tra tutte le rette del fascio bisogna identificarne una sola, retta d’azione.

Nel caso in cui abbiamo tutte e 4 le informazioni la forza è applicata in un punto


altrimenti è libera, il punto di applicazione non è necessario.
C’è un altro caso in cui per definire la forza è sufficiente la retta d’azione senza
identificare l’effettivo punto di applicazione cioè l’effetto è lo stesso se considero la
stessa forza applicata in qualsiasi punto della retta di azione, la forza può scorrere
lungo questa retta liberamente senza alterare l’effetto stesso della forza.

La forza è una grandezza vettoriale perché viene definita da queste informazioni.


Questo porta con sé una serie di conseguenze. Sono grandezze che seguono le regole
dell’algebra dei vettori e che portano con sé una ricchezza di informazioni
rappresentata da queste quantità. La forza è un vettore. Dato che il corpo più semplice
di tutti è la particella se voglio vedere la statica di una particella sto guardando che la
forza è applicata in un punto, la devo applicare al corpo in qualche modo.
Una forza applicata in un punto è una forza concentrata in un punto. Le forze che
vediamo nella realtà sono forze distribuite su una superficie.
Nel caso di particelle le forze sono concentrate in un punto.
L’operazione più semplice che facciamo è enumerarle e vogliamo sommarle.
Dobbiamo capire dunque come sommare le forze. Da un punto di vista fisico la
somma di vettore è basta su un principio, la regola del parallelogramma.
Consideriamo due forze F1 e F2 (con trattino sotto) applicate nello stesso punto.
Sappiamo già l’intensità, la direzione, verso e punto di applicazione che si può
mettere sia all’inizio del segmento, a testa o alla fine e quindi coincide con la coda.
(guarda disegno). Da un punto di vista analitico devo ancora definirla.
Il principio dice che se consideri due forze F1 e F2 applicate nello stesso punto di , il
modo in cui varia lo stato di quiete o di moto per effetto di queste due forze è lo
stesso se invece di applicare queste due nello stesso punto applichi una forza ottenuta
con la regola del parallelogramma che dice che, per ottenere il vettore somma
bisogna segnare la parallela alla prima che passa per la testa della seconda, la
parallela della seconda che passa per la testa della prima, il punto di intersezione è il
punto di applicazione rappresentano gli estremi del vettore somma. Abbiamo sia
modulo che direzione che verso che punto di applicazione.
La regola del parallelogramma ci dà un principio di uguaglianza secondo cui,
considerare F1 e F2 e considerare il vettore somma è la stessa cosa, la particella non
si accorcia e le condizioni di stato o di quiete non variano, gli effetti della forza sono
gli stessi.
Per esaminare l’effetto di una forza su una particella dunque abbiamo bisogno di due
mattoncini, la legge di Newton e la regola del parallelogramma.
Per sommare due forze ho introdotto il concetto di uguaglianza. Due vettori sono
uguali se hanno stesso modulo stessa direzione e stesso verso, se parliamo di vettori
applicati anche lo stesso punto di applicazione.
Due forze sono uguali e contrarie se hanno verso opposto.
La somma vettoriale gode della proprietà commutativa. L’ordine in cui sommiamo le
forze non cambia. Dunque la regola del parallelogramma diventa più semplice,
formula del triangolo, modo più immediato di sommare due vettori.

07.03.18
L’operazione di scomposizione del vettore secondo le direzioni degli assi è un
problema che capita spesso di affrontare.
Ci sono casi particolari.
Supponiamo di avere un vettore F e di volerlo scomporre secondo due direzioni
assegnate, chiamiamole R e S che passano per un punto di applicazione.
Stiamo cercando due forze secondo R e S il cui parallelogramma ha come diagonale
la forza F.
Ci tracc
Consideriamo un sistema di forze.
Prima legge di Newton

Una particella rimarrà nel suo stato di quiete o di moto quando le azioni ad essa
applicate sono nulle. Se la forza che applico al corpo è nulla allora il corpo non varia
il suo stato di quiete o di moto, ovvero è in equilibrio. Quando la risultante delle forze
applicate è zero?
Quando la risultante ha componenti tutte nulle.
E=0 condizione di equilibrio.
Un sistema di forze applicato in un punto è equilibrato quando la sua risultante è
nulla.
L’equilibrio è fondamentale per la statica.
Quando un sistema di forze assegnato è in equilibrio? Capirlo è fondamentale in
statica.
Da un punto di vista analitico è necessario che le componenti siano uguali a zero, da
un punto di vista geometrico deve esservi la chiusura del poligono delle forze.
Cercheremo di rappresentare la realtà attraverso degli schemi. Lo schema che ci verrà
sempre in aiuto è il diagramma di corpo libero. Prenderemo il nostro corpo,
applicheremo su quel corpo tutte le forze che abbiamo trovato e capiremo se queste
forze sono equilibrate. Nel caso del punto capiremo se il poligono è chiuso o se la
risultante delle forze è zero. Un problema che ci possiamo porre è, se ho un certo
sistema di forze applicato ad una particella materiale F1, F2 e F3, esiste una forza che
aggiunta a questo sistema lo fa diventare un sistema in equilibrio, esiste una forza che
equilibra il sistema? La chiameremo equilibrante. Sto cercando una forza che
sommato a questo mi dia zero.
Sommo tutte le forze, qual è la forza che devo applicare? Deve essere il lato di
chiusura di questo poligono mi deve portare dalla punta dell’ultima forza fino alla
coda della prima forza. Se io guardo la risultante di F1 ...Fn, è uguale a questo lato
del poligono ma va dalla coda della prima alla testa dell’ultima, è uguale ad e in
direzione, ha la stessa intensità, stesso punto applicazione ma hanno versi opposti. Se
io considero l’equilibrante di un sistema di forze e se indico con R la risultante, allora
l’equilibrante è uguale a -R. Da un punto di vista analitico devo sommare a R -R. Da
un punto di vista geometrico, devo guardare il poligono delle forze. Considereremo
sistemi di forze e cercheremo risultanti ed equilibranti e useremo le componenti o
considerazioni di tipo geometrico.
Cominciamo ad esaminare i corpi. Un corpo è un volume dello spazio occupato da
elementi di materia.
Un corpo è rigido quando nel generico cambiamento a cui è soggetto se prendo due
punti del corpo la loro distanza non cambia. E’ un problema di scale di osservazioni.
Ad esempio l’acciaio lo è, il pongo no. L’idea di corpo rigido nella nostra esperienza
ha un senso in realtà dipende da quello che osservo. L’ipotesi di corpo rigido è un
ipotesi esemplificativa, perché in tutti i materiali posso osservare delle variazioni
della forma. E’ un ipotesi che vale per certi campi di utilizzo del materiale e i risultati
che otteniamo li adoperiamo nel momento in cui questa ipotesi non sia più vera.
D’ora in poi ci occupiamo di corpi rigidi.
Consideriamo l’azione delle forze.
Possiamo suddividere le forze in:
• Tutto ciò che deriva da qualcosa esterno al corpo, forze esterne.
• Le azioni che le parti del corpo si scambiano fra loro, forze interne.

Quando esaminiamo un corpo dobbiamo capire se stiamo esaminando forze esterne o


interne.

Concentriamoci sulle forze esterne del corpo rigido.


Una condizione che osserviamo sperimentalmente è che se consideriamo una forza e
non ne variamo né la retta d’azione né modulo né verso ma solo punto di
applicazione allora l’effetto di questa forza sul corpo rigido non varia. (Principio di
trasmissibilità, ci dice che la forza si trasmette lungo la retta di azione senza variare
gli effetti, lo stato di quiete o di moto di un corpo.) Quando l’ipotesi di corpo rigido
non è vera le cose cambiano. Barretta di acciaio su cui applica una forza “e” e la
stessa forza la applico con verso opposto, il corpo permane in condizione di
equilibrio. Supponiamo di portarle allo stesso punto traslandole. Ottengo che la
risultante è zero e quindi l’effetto che ottengo è sempre di equilibrio. Un altro caso di
traslazione delle forze. Se rimuovo l’ipotesi di corpo rigido questi tre sistemi di forza
non i danno lo stesso effetto. Ad esempio con il pongo. Il principio di trasmissibilità è
intimamente legato all’ipotesi di corpo rigido. Il principio di trasmissibilità ci dice
che se consideriamo due forze che hanno stesso modulo, stesso verso e stessa retta
d’azione, queste sono equivalenti fra loro, cioè il modo in cui variano lo stato di
quiete o di moto è lo stesso. Nel momento in cui ci occupiamo di corpi, e non di
particelle non ci basta tener conto del punto di applicazione e dell’effetto di
traslazione, se considero le forze applicate al corpo, se applico una certa forza F al
mio corpo abbiamo detto che per il principio applicarli qui o li è la stessa cosa ma se
prendo un’altra retta del fascio di rette, ovvero un’altra retta d’azione, mi aspetto che
siano equivalenti? Può cambiare l’effetto della forza. La retta d’azione è qualcosa che
interviene quando parliamo di corpo, a differenza del caso di particelle.
Introduciamo allora degli strumenti matematici, come il prodotto vettore.
Dati due vettori p e q voglio ottenere il prodotto p v q=R. Simboli per il prodotto
vettoriale. La prima cosa è capire la natura del risultato. Con il prodotto vettoriale
otteniamo un vettore. Quindi ci servono intensità, direzione, verso, punto di
applicazione. Nel caso del prodotto vettoriale portiamo i vettori allo stesso punto
perché il risultato è un vettore libero, i suoi effetti non dipendono dal punto di
applicazione.
Intensità di v è: modulo di p*modulo di q*seno degli angoli fra essi compreso.
Direzione: possiamo prendere il piano che contiene i vettori. La direzione del
prodotto vettore è ortogonale al piano che contiene p e q.
Verso: regola della mano destra, verso di rotazione dato dalla mano destra. Prendo la
mano, do con le dita un verso di rotazione, il pollice ha un certo verso. Il verso è dato
dalla regola della mano destra portando il primo vettore del prodotto sul secondo
vettore, quindi prendo la mano, gli do la rotazione di, ruoto per andare verso q.

Che succede se i due vettori di cui faccio il prodotto sono paralleli?


P//q
p v q, l’angolo compreso fra i due vettori è zero. Quindi la condizione di parallelismo
di due vettori è che il loro prodotto vettoriale sia nullo.

Vale la proprietà commutativa? Non vale.

Se faccio pvq e qvp. Direzione la stessa, intensità la stessa ma il verso è opposto.


pvq=-qvp

Vale la proprietà distributiva?


P v (q1q2)=q v (p1p2), dal punto di vista analitico vale.

Avendo definito il prodotto vettore possiamo introdurre una grandezza, chiamata


momento polare di una forza,rispetto ad un polo. Si calcola con il prodotto vettore e
caratterizza la forza. Prendiamo una forza F e un polo O.
E’ un vettore ed è uguale al prodotto vettore di un vettore che unisce il polo O al
punto di applicazione della forza per la forza stessa.
Segmento R*F
• L’intensità del vettore deve essere pari a modulo di R per modulo di F per il
seno dell’angolo compreso.
Il modulo, se considero il triangolo ottenuto portando l’ortogonale alla retta d’azione
passante per il polo O ottengo un triangolo rettangolo dove R (OA) è proprio
l’ipotenusa, allora l’ipotenusa per seno dell’angolo opposto mi da il cateto. E’ la
distanza tra il polo O e la retta. IL modulo del momento è pari alla distanza AD per il
modulo della forza. L’intensità il prodotto dell’intensità della forza per la distanza
della forza dal punto.
Questo mi dice che se la forza passa per il polo il momento della forza vale zero. Se
spostiamo la forza lungo la retta d’azione il momento è la distanza per il modulo della
forza. Quando sposto una retta lungo la sua retta d’azione non cambia il momento
della forza rispetto al generico polo e quindi non cambiano gli effetti di una forza
(principio di trasmissibilità ci dice che spostando la forza lungo la sua retta d’azione
non cambia gli effetti e e muovendoci lungo la retta d’azione non cambia il momento
e non cambiano gli effetti. Spostandoci dalla particella al corpo quindi non basta che
la risultante delle forze sia la stessa deve avere anche lo stesso momento della forza.)
La forza è legata agli effetti della traslazione, il momento è legato agli effetti della
rotazione. Dire che due sistemi sono equivalenti significa che cercano di far traslare e
ruotare il corpo nello stesso modo.
• Devono anche essere uguali la direzione e il verso. Facendo traslare la forza
direzione e verso non cambiano

Il momento misura la capacità della forza F di far ruotare il corpo rigido rispetto al
polo considerato. Se la forza passa per il polo allora non fa ruotare il corpo.
Prodotto vettore da un punto di vista analitico:
Per vedere come si esprime conviene riferirci al generico sistema di riferimento
cartesiano, segue la convenzione della mano destra. SE io prendo l’asse x e lo porto
sull’asse y mi trovo l’asse z, y su z mi da x, z su x mi da y. Se invece percorro i
versori al contrario ottengo gli assi opposti.
Consideriamo i tre versori, i j e k. Cominciamo a fare i prodotti vettori semplici.
Proviamo a fare
• i v i=0 (prodotto di un vettore a sé stesso, un vettore è parallelo a se stesso)
• i v j = k (vettore che ha come modulo prodotto dei moduli, ma il modulo di i è
1, il modulo di j è 1, l’angolo compreso è 90 gradi, perché sono assi cartesiani,
il seno di 90 è 1, quindi modulo di i per modulo di j per il seno dell’angolo
compreso, è 1 e quindi è un versore anche questo.
Qual è la direzione? Ortogonale sia a i che a j, quindi sia all’asse x che all’asse y,
quindi è l’asse z, il verso è positivo e negativo a seconda della regola della mano
destra, porto x su y se è un asse cartesiano trovo il verso positivo delle z. Allora il
risultato è il versore diretto verso l’asse z, ovvero k.
• i v k = -j
sto moltiplicando due versori ortogonali quindi il modulo vale 1.
La direzione è ortogonale a x e a z, quindi è il terzo asse, y.
Il verso è negativo.
• J v i= -k
o +k o -k, o si utilizza la regola della mano destra o si osserva che i v j= k. Dunque
dato che si inverte deve necessariamente essere -k
• j v j= 0, perché è lo stesso vettore
• j v k= i dato che manca l’asse x, si assegna il versore i, positivo.
• K v i=j
• k v j=-i
• k v k=0

Abbiamo svolto i prodotti vettori fra i versori degli assi cartesiani perché poi li
utilizzeremo nell’espressione analitica del prodotto vettore del momento.
Per ricordarli devo ricordare che se la diagonale cioè il prodotto vettore di un vettore
per se stesso è sicuro zero.
Quando faccio xy yz zx, ottengo più, quando li trovo al contrario il risultato è
sicuramente negativo.
Cosa significa dire xy yz zy.
Noi lavoriamo con i tre indici x y z. Le permutazioni che possiamo fare sono
xy, se poi scorriamo facciamo aumentare sia x che y, accade che la x diventa y e la y
diventa z, se scorriamo ancora succede che la y diventa z e la z diventa di nuovo x.
Queste tre sono le permutazioni pari. Se invece di andare in avanti andiamo indietro,
facciamo le permutazioni dispari, quindi facciamo diminuire xy, quindi zx,
cominciamo da x z e ce lo percorriamo al contrario, quindi dopo abbiamo zy,
scendiamo ancora, e otteniamo yx.
Abbiamo detto che vale la proprietà distributiva, allora possiamo considerare il
momento dato da due forze applicate nello stesso punto.
Da un punto di vista analitico: se io voglio fare R v F, il momento di una forza
rispetto ad un polo. Se il polo è l’origine del sistema di riferimento e questa è la forza
F applicata in un certo punto A, allora chi è il vettore R? E’ il vettore che unisce il
polo al punto di applicazione della forza.
Allora R è un vettore che in questo sistema di riferimento ha come componenti le
coordinate del punto A. Chi sono le componenti? La xA yA zA v Fx Fy Fz.
Significa che al posto di R posso scrivere:
xA*i+yA*j+zA*k v (e al posto di F) Fx*i+Fy*j+Fz*k
la proprietà distributiva dice che invece di considerare il prodotto per la somma posso
considerare la somma dei prodotti e quindi posso ricavare tutti i termini che derivano
da questo prodotto.
E viene quindi:
xA*i v Fx*i + xA*i v Fy*j + xA*i v Fz*k+ yA*j v Fx*i+ yA*j v Fy*j+ yA*j v
Fz*k+ zA*k v Fx*i + zA*k v Fz*k
xA*i v Fx*i=0 (sto facendo il prodotto di un vettore esteso su x per un altro vettore
esteso su x.)
xA*i v Fy*j= xA*Fy*k (mi viene un vettore che ha come modulo il prodotto dei
moduli per il seno dell’angolo compreso, l’angolo compreso è 90 gradi, perché uno è
lungo x l’altro lungo y, quindi viene xA*Fy e la direzione è quella ortogonale a i e j
quindi k e il verso è quello che porta i in j ma i v j mi da k. Quindi mi resta xA*Fy*k.
xA*i v Fz*k=xA*Fz* (-j) il modulo si ricava sempre da xA per Fz, e i v k è uguale a
-j.
In definitiva il momento rispetto al polo O della mia forza è pari a R v F
che possiamo scrivere anche come somma di queste componenti:
xA*Fy*k ecc
Troveremo
yA*j (Fx*i)=
j v i=-k
quindi mi rimarrà -ya * Fx
Poi passiamo ai termini j, ovvero quelli che moltiplicano i per k.
Quindi i termini che considero sono:
xA* Fz che è quello che trovato con -j.
zA* Fx che moltiplica k v i= +j
Quindi mi viene zA* Fx – xA Fz* j
Vediamo i termini con la i, sono quelli che nel prodotto mi viene fuori j e k
Quindi
yA*Fz che moltiplica j v k=+i
yA*Fz
E l’altro -zA*Fy.
Facendo il prodotto vettore mi rendo conto che le componenti del momento polare le
trovo in questo modo.
Questa espressione si può scrivere in forma compatta in questo modo, come
determinante di una matrice 3x3.
Il determinante lo posso trovare in vari modi, ad esempio prendo il primo elemento
della prima riga lo moltiplico per il determinante del minore corrispondente meno il
primo elemento di prima riga seconda colonna per il determinante del minore
corrispondente più il versore.
Ricavo i termini.
Abbiamo trovato un’espressione semplice del momento polare di una forza rispetto
ad un polo da un punto di vista analitico.
Se ci occupiamo di problemi piani (significa che i punti che consideriamo
appartengono a quel piano) quando facciamo il prodotto vettore si attua una
semplificazione ovvia. Se noi immaginiamo di avere come piano la lavagna quando
facciamo il momento della forza rispetto ad un polo O è come se avessimo un sistema
di riferimento xy del piano e l’asse z che è ortogonale a piano. Siccome seguiamo la
regola della mano destra, sappiamo che z è uscente dal piano della lavagna. Significa
quindi che se il momento è concorde con l’asse z allora ho un verso di rotazione
rispetto ad O e un verso di rotazione antiorario, se invece il momento viene con verso
opposto allora cambiando il verso di rotazione entro dal piano della lavagna e quindi
diventa orario. Dunque dire che il momento è positivo equivale a dire che è
antiorario, dire che il momento è negativo equivale a dire che è orario. Cioè se io
faccio prodotti vettori di vettori che appartengono al piano xy io so già che il risultato
è sull’asse z e che quindi la direzione a me non serve perché è sicuramente z, conosco
già la direzione e quindi mi basta specificare solo il verso oltre che l’intensità.
Quindi quando definiamo i momenti di una forza rispetto ad un polo per un problema
piano devo trovare l’intensità, che segue la solita regola, prodotto dei moduli per il
seno dell’angolo compreso e poi gli diamo un segno, segno + se è antiorario cioè
concorde all’asse z, segno - se è orario, cioè discorde con il verso dell’asse z.
Quindi concorde con l’asse z, verso di rotazione antiorario o momento positivo sono
tre modi per dire la stessa cosa nel caso di un problema piano.
Discorde con l’asse z, verso di rotazione orario o momento negativo sono tutte e tre
la stessa condizione. La semplificazione di un problema piano è che l’asse momento
è ortogonale al piano e quindi è sicuramente l’asse z. (questa è la convenzione che
usiamo).

Teorema d
Ci dice che se io considero più forze concorrenti in un punto il momento risultante
delle forze rispetto ad un polo è pari alla somma dei momenti delle singole forze
rispetto ad un polo.
Considero un sistema di forze F1, F2...Fn applicate in un generico punto A. Se io
voglio sapere il momento risultante rispetto al polo O di questo sistema di forze è
sufficiente sommare il momento della F1 rispetto al polo O, il momento della F2
rispetto al polo O e il momento della Fn rispetto al polo O. In termini analitici il
momento risultante lo dovrei scrivere come la somma delle forze, che è proprio la
risultante R, e fare il prodotto vettore con il vettore OA che unisce il polo con il punto
di applicazione. Il teorema ci dice che ciò è uguale a sommare i momenti di ogni
singola forza rispetto al polo O. Quindi dato che le forze sono applicate tutte nello
stesso punto devo fare:
OA v F1+ OA v F2 + OA v Fn
Cioè in pratica considerato un sistema di forze applicate nello stesso punto,
OA v ∑ Fi = ∑ OA v Fi
Questa è proprio la proprietà distributiva, quindi possiamo considerare questo
teorema conseguenza della proprietà distributiva.
Quindi da un punto di vista fisico il teorema ci sta dicendo che se voglio considerare
l’effetto di un sistema di forze applicato ad un punto, dato che io so che devo
considerare il risultante e momento risultante, sia l’effetto come risultante che come
momento, il teorema ci dice che noi possiamo esaminare questo effetto, sia facendo
prima la risultante, sia facendo il momento della risultante rispetto al polo.
Se abbiamo tante forze applicate ad un punto sappiamo che il loro effetto è
equivalente all’effetto della loro somma, oppure sommare tutti i momenti delle forze
applicate su un punto.
A seconda della situazione noi lavoreremo con la risultante o con la somma dei
momenti.
08.03.18
Consideriamo una barretta di materiale, acciaio, tale per cui per le forze che
applichiamo possiamo considerarlo rigido. Supponiamo che questa barretta sia fissata
in un punto O e applichiamo una forza F in questo punto.
Qual è il momento della forza rispetto al polo O?
Prodotto vettore del vettore

21.03.18
I gradi di libertà sono quei parametri che determinano in maniera empirica la generica
configurazione del corpo.
La quantità dei gradi di libertà la indichiamo con la l.
Li possiamo scomporre in:
- Lr → gradi di libertà legati all’ipotesi di corpo rigido.
- Ld → i parametri rimanenti per la configurazione quando rimuoviamo l’ipotesi di
corpo rigido e manteniamo quella di corpo continuo.
Per i vincoli (=dispositivi puntiformi che servono a limitare i possibili spostamenti di
un corpo) possiamo introdurre il concetto di molteplicità.
Per molteplicità si intende il numero di gradi di libertà che il vincolo da solo è in
grado di eliminare.
Quindi se abbiamo più vincoli possiamo esprimere la molteplicità totale come somma
delle molteplicità dei singoli vincoli.
Se su un corpo abbiamo un solo vincolo allora la molteplicità sarà 1, 2, 3…
Se abbiamo più vincoli la molteplicità sarà la somma delle varie molteplicità.
Ma quando i vincoli sono davvero efficaci?
Un vincolo è efficace quando è realmente in grado di eliminare qualcosa che prima
c’era.
Cioè, è efficace quando elimina un grado di libertà che la struttura possedeva.
(esempio dei due carrelli sovrapposti). Un vincolo ha si una sua molteplicità ma ha
anche una sua efficacia.
Allora possiamo distinguere la molteplicità totale dei vincoli in:
-Vr, che rappresenta la molteplicità efficace dei vincoli atta ad eliminare gradi di
libertà di corpi rigidi. I vincoli hanno una loro molteplicità se sono posti in maniera
corretta eliminano gradi di libertà, ovvero fanno si che le informazioni necessarie per
la configurazione del corpo siano di meno. Se li metto male li sto limitando nello
stesso modo e quindi non levo gradi di libertà al corpo rigido.
-Vd, quello che manca, molteplicità inefficace per eliminare gradi di libertà di corpo
rigido, limiterà solamente i cambiamenti di configurazione di corpi deformabili.
Se prendiamo un corpo rigido, allora posso cercare di capire se applico dei vincoli
qual è la molteplicità, se è efficace e quali sono i gradi di libertà che il corpo ha.
Nel piano mi servono tre gradi di libertà.
Nello spazio sei gradi di libertà.
Il caso più semplice è il caso di un corpo rigido nel piano. Abbiamo anche distinto i
corpi per forma e abbiamo individuati quelli monodimensionali come i più semplici.
Per un corpo rigido posso definire i gradi di libertà, in particolare il numero di gradi
di libertà del singolo corpo rigido.
L0r=3 nel piano L0r=6 nello spazio.
Poi posso definire i gradi di libertà della struttura privata dei vincoli. (L*r).
L*r= a L0r → a= numero di corpi che compongono il sistema.
L*r= L0r se la struttura è formata da un solo corpo rigido.
Il nostro scopo è identificare gli effetti dei vincoli e i gradi di libertà necessari per
identificare la generica configurazione di un corpo rigido di una struttura.
Fino ad adesso non ho imposto nessun vincolo, non ho limitato la struttura.
Cosa succede quando introduco i vincoli? Un unico corpo in cui introduciamo un
vincolo. Un vincolo è un dispositivo in grado di limitare gli spostamenti al punto a
cui è vincolato.
Esempio 1

Lor=3
a=1
l*r=3*1=3
Molteplicità dei vincoli= 2 (un solo vincolo)
Il vincolo influenza la struttura quando vedo quanto vale Vr
Devo capire se i vincoli eliminano i gradi di libertà.
Se il vincolo è efficace ha un Vr uguale a 2 o 1 se è inefficace ha Vr=0→Vd
Impongo di non avere spostamenti nel punto A, dopo che impongo il vincolo. Quindi
non mi servono più 2 informazioni per la configurazione della struttura.
Il vincolo ha eliminato due gradi di libertà, il vincolo mi dice che il punto A non si
sposta.
Adesso la struttura può solo ruotare intorno a questo punto, quindi per definire la
configurazione della struttura mi basta un parametro.
Lr=1
Molteplicità=2
Vr=2
V-Vr= 0
Questo definisce le condizioni topologiche della struttura, quanti sono i gradi di
libertà e i vincoli inefficaci (Vd=r)
r=gradi di iperstaticità della strutturami
Mediante la determinazione di Vr e r posso capire se la struttura possiede gradi di
libertà di corpo rigido, se esistono nuovi possibili movimenti della struttura
compatibili con l’ipotesi di corpo rigido. Se la struttura ha gradi di libertà di corpo
rigido se applico un sistema di forze che genera una rotazione o traslazione secondo
quei possibili cambi di configurazione allora la struttura cambierà configurazione.
Dire che una configurazione è possibile significa dire che se io ho il giusto sistema
che tende a darmi quel cambiamento di configurazione l’otterrò. Se una struttura può
muoversi significa che quello che abbiamo realizzato non funziona, non dovrebbe
cambiare configurazione.
Una struttura che possiede gradi di libertà di corpo rigido si definisce “LABILE”.
Quindi con Lr e r posso definire i gradi di libertà e iperstaticità di una struttura.
Quindi la struttura che sto esaminando è una volta labile (Lr=1), ha un grado di
libertà di corpo rigido e non ha iperstaticità (r=0 questa struttura non è
IPERSTATICA).
Un caso particolare è il caso di struttura in cui sia Lr che r sono uguali a zero.
Se lr=r=0 la struttura è ISOSTATICA.
Se r >0 ho vincoli sovrabbondanti nella struttura, ho inserito vincoli che non mi
servono. Talvolta aumentano la sicurezza della struttura, talvolta bloccano qualcosa
che non sono gradi di libertà.
Le due informazioni che devo essere in grado di ricavare per l’analisi topologica Lr e
r.
Esempio 2:

Questa struttura è piana (lr=3) ed è formata da un solo corpo rigido quindi a=1 e
quindi
l*r=3*1=3, se levo tutti i vincoli ho 3 gradi di libertà di corpo rigido.
Per molteplicità devo sommare le molteplicità dei singoli vincoli. Quindi:
V= VA+ VB=3
In A ho una cerniera (molteplicità 2) in B ho un carrello (molteplicità 1).
Sono nel caso in cui i gradi di libertà di corpo rigido e la molteplicità dei vincoli sono
uguali, quindi:
Lr= l*r – Vr
3-3=0
l*r=Vr → la struttura potrebbe essere isostatica.
Se l*r e r sono diversi
Se l*r > Vr ho più gradi di libertà di quanti ne posso togliere allora la struttura è
sicuramente labile, sicuramente possiede gradi di libertà di corpo rigido.
Se l*r < V, voglio levare più gradi di libertà di quelli che la struttura possiede, la
struttura ha dei vincoli che non funzionano quindi è sicuramente iperstatica.
Siamo nel caso in cui la struttura potrebbe essere isostatica. L*r=V
Comincio dalla struttura priva di vincoli.
Quando metto la cerniera, dato che è efficace Lr=1
Quando applico il carrello in B, elimino il grado di libertà che la struttura possiede?
Se lr=1 il carrello non serve a nulla.
Se lr=0 il carrello ha levato gradi di libertà. Vincolo unitario, non ci sono altre
possibilità.
L’effetto possibile del vincolo è quello di eliminare un grado di libertà, elimina una
possibilità di spostamento che la struttura possiede.
Il vincolo P vuole eliminare gli spostamenti verticali del punto B.
Prima di applicare il vincolo il punto P si poteva spostare verticalmente?
Se si, il vincolo è efficace perché elimina qualcosa che era possibile.
Se non si poteva spostare elimina qualcosa che non si poteva spostare (approccio di
efficacia del vincolo).
IL punto di B prima di applicare il carrello si può spostare? Dipende dalla cinematica
del corpo, dal modo in cui gli spostamenti euleriani mi dicono come si può spostare il
corpo.
So qual è il centro di rotazione del corpo, tutti i punti si devono muovere in maniera
ortogonale rispetto alla congiungente con il centro di rotazione.
L’applicazione del carrello elimina una possibilità di spostamento che aveva la
struttura, quindi il vincolo è efficace e quindi lr=0.
Modo diretto. Che condizioni mi impone sui centri di rotazione?
Quando non ho vincoli ho che il centro di rotazione è in qualsiasi punto del piano,
l’applicazione del vincolo limita le possibili posizioni del centro di rotazione e quindi
levo gradi di libertà alla struttura.
Il carrello mi dice che il centro di rotazione deve stare su questa retta perpendicolare,
le due condizioni sono incompatibile, non può essere questo e trovarsi in questa retta
contemporaneamente, adesso il centro di rotazione non esiste, ho levato un grado di
libertà alla struttura. C non esiste e quindi anche da questo punto di vista il vincolo
carrello è efficace.
VrA=2
VrB=1
Vr=VrA+VrB=3
r=V-Vr=0
lr= l*r – Vr=0 struttura isostatica. Non ho vincoli inefficaci.

Esempio 3:

Costruiamo una tabellina.

Nella prima riga lasciamo uno spazio all’inizio e alla fine, una colonna per ogni punto
vincolato.
Nella seconda riga scriviamo V, metteremo le molteplicità del vincolo che trovo in A
e B.
Nell’ultima riga Vr, Vr con A e Vr con B.
L’ultima colonna la riserviamo alle somme degli elementi, somma di Vi e somma
delle Vr.
La prima riga la scrivo subito. In A ho una cerniera quindi VA=2. In B ho un carrello
quindi VB=1.
La seconda riga la devo analizzare. Partiamo dalla struttura priva di vincoli.
Il vincolo in A è efficace. Il primo vincolo che applico non può essere inefficace
perché sicuramente prima di applicare il vincolo la struttura ha tutti i gradi di libertà.
La cerniera in A è efficace e i gradi di libertà sono 2. Vr=2 in A.
Il vincolo B è efficace o non è efficace? Elimina lo spostamento che è possibile o lo
conserva?
Il punto B si può spostare secondo la direzione che suggerisce il carrello?
Prima di applicare il vincolo il punto B si può spostare secondo lo spostamento che il
vincolo vuole impedire? No perché lo spostamento euleriano mi dice che B si può
spostare solo in maniera ortogonale alla congiungente con l’asse di rotazione e
cambierebbe la distanza tra A e B, annullo l’ipotesi di corpo rigido. Lo spostamento
non è consentito quindi quando applico il carrello in B non elimino uno spostamento
possibile, quindi il vincolo in B è inefficace.

Vr=0
Molteplicità tot=2
lr= l*r – Vr=1 (i gradi di libertà della struttura)
r=V- Vr=1

Posso avere un cambiamento di configurazione rigido che rispetta i vincoli, definito


da un solo parametro, ad esempio la rotazione rispetto al centro di rotazione C.
Esistono possibili cambi di configurazione che non violano l’ipotesi di corpo rigido.
Posso sempre vedere come possibile parametro lagranciano la rotazione attorno al
centro di rotazione. Faccio ruotare il corpo intorno al generico centro di rotazione e
ottengo una nuova configurazione

Allora posso dire che il generico punto si sposta lungo l’ortogonale alla congiungente
e ruota di Φ (l’entità dello spostamento è Φ * d).
Nel caso di spostamenti infinitesimi la distanza AB= AB*.
Lo spostamento AB* è la componente tangente della rotazione. Stiamo
approssimando lo spostamento rotazione con la componente tangente, ci serve che le
distanze siano diverse ma in realtà sono uguali.
AB e AB* sono uguali a meno un infinitesimo di superiore. Quindi non stiamo
violando l’ipotesi di corpo rigido.
Il carrello era in B, ha seguito la struttura ed è andata in B*.
La struttura che abbiamo descritto è una volta labile e una volta iperstatica.
Siamo nella condizione particolare in cui l*r= V, può succedere che:
V=Vr tutti i vincoli sono efficaci, struttura isostatica
V> Vr iperstaticità, i vincoli che non sono efficaci sono gradi di libertà.
Esempio 4:

L*r=3*1=3
Tabellina.

Il primo simbolo è il bipendolo, vincolo a molteplicità doppia che impedisce la


traslazione secondo l’asse e la rotazione del corpo rigido.
A=2
Molteplicità totale dei vincoli=3.
Vr= l*r → la struttura potrebbe essere isostatica.
Disegno la struttura priva di vincoli.

Applico i vincoli uno alla volta cercando di capire se sono o non sono efficaci.
Applico i vincoli in A e in B.

Parto dalla struttura priva di vincoli. Lr=l*r=3


Applico il primo vincolo, in A, che è sicuramente efficace e che può eliminare lo
spostamento orizzontale del punto A e la rotazione del corpo rigido, che erano
possibili.
Il vincolo in A è efficace .
Lr= l*r- Vr= 3-2 = 1
Vediamo adesso se il vincolo B è efficace. Il vincolo B vuole impedire gli
spostamenti verticali del punto B. Prima di applicare il carrello il punto B si può
spostare verticalmente?
Tutto quello che possono fare i punti del corpo è traslare verticalmente. Questo
vincolo mi dice che il suo centro di rotazione C è il punto all’infinito della direzione
del suo asse. L’unico movimento che può avere questo corpo è traslare verticalmente.
Tutti i punti devono traslare verticalmente con la stessa velocità. A noi interessano il
punto A e B. Prima dell’applicazione del carrello il punto B può spostarsi
verticalmente e allora il carrello elimina qualcosa che prima c’era, quindi anche
questo è efficace.
Quindi ho levato un grado di libertà e quindi
Lr= l*r - Vr= 0
r= V- Vr= 0
La struttura è isostatica, i vincoli erano quelli necessari e sono stati tutti efficaci.
In termini di centro di rotazione questo vincolo è stato efficace?
Prima di applicarlo sapevo che il centro C doveva essere il punto all’infinito
dell’orizzontale. Il vincolo mi dice che C deve stare in questa retta.
La verticale contiene il punto all’infinito dell’orizzontale? No, perché il punto
all’infinito appartiene alla sua direzione. Quindi C può stare su questa retta ed essere
un punto all’infinito dell’orizzontale? No perché questa retta e questo punto non si
incontrano. Quindi C non esiste. Da un lato il vincolo ha eliminato qualcosa che non
c’era e quindi è efficace. Dall’altro se il centro di rotazione non esiste significa che
quel corpo non ha gradi di libertà. Effettivamente Lr=0. Se il centro di rotazione non
esiste vuol dire che il corpo non ha possibilità di moto.

Consideriamo strutture formate da più corpi rigidi.


Esempio 5:

In B abbiamo una cerniera interna, ovvero un dispositivo che elimina gli spostamenti
relativi. Grazie all’applicazione di quel vincolo il punto B da questo lato (B’) e
dall’altro (B’’) non sono liberi ma devono muoversi insieme.
E’ il primo caso di vincolo che lega parti della struttura.
Abbiamo due aste e in genere i corpi vanno numerati, quindi avremo un corpo 1 e un
corpo 2.
Siamo sempre nello spazio e quindi l0r=3 però questa volta ma questa volta il numero
di aste è 2 quindi sei sono i gradi di libertà della struttura priva di vincoli. (l*r= 6)
Tabellina:
Il vincolo in A è un vincolo ad incastro, quindi ha molteplicità 3 ed elimina tutti i
gradi di libertà.
Il vincolo in B è una cerniera, vuole eliminare i due spostamenti relativi. In B la
molteplicità è 2.
La molteplicità totale dei vincolo quindi è pari a 5.
L*r=6 V=5 se applico bene i vincoli posso eliminare 5 possibili spostamenti e almeno
un grado di libertà deve restare. La struttura è sicuramente labile, devo capire quante
volte.
Una volta sicuramente, ma può essere due o tre volte labile.
Siamo nella configurazione iniziale lr=6.
Poniamo il vincolo in A. Cosa fa il vincolo A.

Il vincolo vuole eliminare lo spostamento del punto A e la rotazione del corpo rigido
1. Prima dell’applicazione del vincolo il corpo 1 poteva spostarsi e ruotare? Si perché
era libero. Il vincolo quindi elimina tutti i gradi di libertà del corpo 1 e quindi è
efficace. Quindi i gradi i libertà della struttura in questa configurazione sono 3 (erano
6 e ne ho levati 3). Il corpo 1 non ha più possibilità di movimento, quindi i tre gradi
di libertà rimanenti sono del corpo 2, perché la struttura è formata da qualcosa di
fisso rispetto al suolo più un corpo libero di muoversi come vuole nel piano.

Applichiamo adesso la cerniera.


La cerniera vuole eliminare gli spostamenti relativi del punto B dell’asta 1 rispetto al
punto B dell’asta 2. Sta eliminando gli spostamenti relativi. Il punto B dell’asta 1 è
fermo, perché non ha più gradi di libertà. Il punto B dell’asta 1 non può muoversi
rispetto al punto B dell’asta 2. La cerniera interna dunque è diventata una cerniera
esterna, sta eliminando gli spostamenti assoluti del punto B.
Il centro di rotazione è il punto fisso nell’atto di moto. In un moto relativo posso
definire il centro di rotazione, “centro di rotazione relativo”, quel punto che nell’atto
di moto non ha spostamenti relativi.

Quello che a me interessa è lo spostamento relativo. Prendo un sistema di riferimento


e in questo cambiamento di configurazione questo è lo spostamento U di B’ e questo
è lo spostamento U di B’’, abbiamo ottenuto che U di B’=U di B’’.
Quindi lo spostamento relativo lo possiamo leggere come differenza di due
spostamenti.
ΔUB= UB’- UB’’=0 (in questo caso)
Il vettore spostamento relativo è l’esemplificazione di uno spostamento relativo.
Quindi tutti i vincoli esterni che abbiamo visto li possiamo rappresentare di nuovo
come vincoli interni, avendo lo stesso significato cinematico e meccanico, se
consideriamo il moto relativo.
D’altro canto uno spostamento relativo è uno spostamento di un corpo rispetto ad un
altro. Quindi se decido che per me il sistema di riferimento non è fisso ma coincide
con il corpo U. Lo posso vedere come lo spostamento assoluto di un corpo rispetto
alla nuova configurazione del corpo.
In questa configurazione quando i due corpi sono liberi, prima di mettere la cerniera,
non posso sapere nulla sul centro di rotazione relativo perché i due corpi si muovono
uno rispetto all’altro come vogliono e quindi so solo che a causa dell’incastro so che
C1 non esiste, su C2 non so dire nulla, su C12, ovvero il centro di moto relativo non
so dire nulla. C12 sarà il punto fisso del moto relativo di 1 rispetto a 2.
E allora inserire la cerniera nel punto B serve o non serve? Elimina qualcosa che
prima c’era oppure no?
Ci sono parecchi metodo per verificarlo.
Primo metodo: prima di inserire la cerniera, il punto B dell’asta 1 poteva spostarsi?
Poteva avere un moto relativo rispetto al punto B dell’asta 1. Certo perché il punto B
dell’asta 1 è fermo.
Quando metto la cerniera possono esserci ancora questi moti relativi? No, perché
adesso il punto B dell’asta 1 e il punto B dell’asta 2 devono trovarsi nella stessa
posizione. Lo spostamento generico posso averlo con due componenti e allora ho
eliminato 2 gradi di libertà perché ho eliminato la possibilità del punto B dell’asta 2
di spostarsi liberamente nel piano.
In termini di centro di rotazione, il fatto che adesso il punto B dell’asta 2 non può più
muoversi rispetto al punto B dell’asta 1 significa che quando applico la cerniera nel
moto relativo dell’asta 2 rispetto all’asta 1, B è il centro fisso, perché nel punto B non
c’è moto relativo, quindi lì lo spostamento relativo vale zero. Quindi applicando la
cerniera questo è proprio il punto C12.
Prima non conoscevo la posizione di C12 perché era libera, adesso la conosco e ho
levato due gradi di libertà. L’ho messo su due rette, gli ho dato due condizioni. Anche
qui la cerniera è efficace perché ha levato due gradi di libertà.

Secondo metodo: l’asta 1 è fissa, non può muoversi. Allora dire che l’asta 2 si muove
rispetto all’asta 1, significa che l’asta 2 si muove rispetto al suolo, perché l’asta 1
coincide con il suolo. Se l’asta 1 coincide con il suolo allora dire C2 o dire C12 è la
stessa cosa perché l’asta 1 non può muoversi. D’altronde il punto B dell’asta 1 è
diventato un punto che non può muoversi perché deve stare attaccato al punto B
dell’asta 1 che non può muoversi e quindi il punto B dell’asta 2 non può muoversi
nemmeno. E allora la cerniera interna si comporta come se fosse una cerniera esterna,
perché è una cerniera interna che collega al suolo. Quindi mi rendo conto che il
vincolo B è pienamente efficace, perché ha tolto 2 gradi di libertà.
E allora:
Vr=5
lr= l*r- Vr= 1
r= V- Vr= 0
La struttura è una volta labile.
Quindi 1 grado di libertà è sufficiente per determinare la nuova generica
configurazione della struttura.
Adesso serve un parametro cinematico.
Scegliamo ad esempio lo spostamento di questo punto nella direzione verticale.
Questo va bene come parametro se è uno spostamento consentito. In quella
configurazione quel punto si può spostare lungo la verticale? Si perché abbiamo detto
che il punto C2 è il punto B e quindi si deve muovere in direzione ortogonale alla
congiungente. Se io definisco questo punto ho definito tutta la nuova configurazione
della struttura? Necessariamente, se ho un solo grado di libertà.
Definendo questo punto avrò la nuova configurazione della struttura. E quale sarà la
nuova configurazione della struttura? Quando ho disegnato la nuova configurazione
dell’asta ho disegnato un altro segmento, non un arco di cerchio o un’iperbole, perché
è un corpo rigido e la distanza fra due punti non può variare perché altrimenti non
rispetta l’ipotesi di corpo rigido. Quindi il corpo 2 nella nuova configurazione deve
mantenersi un segmento. Quanti punti mi servono per tracciare un segmento? Due.
Un punto ce l’ho, mi serve un altro punto della spostata dell’asta e l’altro è C12 che è
un punto fisso, vuol dire che nella nuova configurazione il punto B dell’asta 2 deve
rimanere nella sua posizione. Quindi ho trovato due punti, li unisco e ottengo la
spostata dell’asta 2. Per l’asta 1 la nuova configurazione è necessariamente quella
iniziale, dato che non può muoversi. Questo quindi è un possibile modo per
rappresentare λ. (lo spostamento)
Potrei voler usare come parametro la rotazione invece dello spostamento.
Effettivamente in questo caso c’è una rotazione. Ma quindi rappresenta un nuovo
parametro? Sono allora due i gradi di libertà? No, perché se c’è un solo grado di
libertà, vuol dire che questo ha segnato una componente di spostamento e tutte le
altre componenti devo trovarle in funzione di questa. Non significa che è l’unica
componente di spostamento. Avere un grado di libertà significa fissare una grandezza
come parametro lagranciano per trovare tutte le altre. Allora se abbiamo un solo
grado di libertà la Φ la devo trovare in funzione di λ. Infatti sappiamo che:

λ= Φ * d λ= spostamento
Φ= rotazione
Quindi:

Φ= λ/d
Dove d è una quantità geometrica. Assegno λ mi trovo Φ. Quindi entrambi sono
possibili parametri lagranciani perché entrambi rappresentano possibili spostamenti
però devo trovarne uno in funzione dell’altro.

Esempio 6:

Nuovamente una struttura formata da due aste, l’asta AB e l’asta BC, collegata
nuovamente da una cerniera interna.
Tabellina:

La cerniera in A ha molteplicità 2. La cerniera in B ha molteplicità 2 . La cerniera in


C ha molteplicità 2. Quindi molteplicità totale 6, quindi la struttura potrebbe essere
isostatica. Dobbiamo adesso capire se i vincoli sono efficaci o no.
Abbiamo quindi che:
l*r=lr=6
Applichiamo il primo vincolo, la cerniera in A. Prima della cerniera il punto A poteva
spostarsi liberamente nel piano? Si, quindi la cerniera in A ha eliminato due gradi di
libertà che la struttura possedeva. Quindi il vincolo è pienamente efficace e in questa
configurazione i gradi di libertà della struttura sono 4 (lr=4). Come li posso
rappresentare? Uno mi definisce il possibile moto del corpo 1, gli altri 3 mi servono
per definire i possibili cambi di configurazione del corpo 2.

Applichiamo adesso la cerniera in C:

Prima di applicare la cerniera il punto C era libero e poteva muoversi come voleva,
ho eliminato quindi due possibilità di moto che la struttura possedeva e quindi anche
il vincolo in C è pienamente efficace.
Con questa configurazione abbiamo adesso 2 gradi di libertà. Come li posso
immaginare? Uno mi descrive la rotazione dell’asta 1 e un altro la rotazione dell’asta
2. Quindi lr=2.
I problemi adesso sorgono nel vincolo in B. Le possibilità sono 3, che il vincolo sia
pienamente efficace, parzialmente efficaci o che non servi a nulla. Quindi Vr può
essere 2 o 1 o 0. Quindi o toglie 2 gradi di libertà o ne toglie 1 o non ne toglie
proprio. Quindi devo sempre chiedermi il vincolo toglie qualcosa che prima c’era o
no.
Il vincolo in B elimina gli spostamenti relativi fra il punto B dell’asta 1 e il punto B
dell’asta 2. Eliminare gli spostamenti relativi significa che le componenti degli
spostamenti relativi devono essere tutte zero. Ma il punto B dell’asta 1 come può
muoversi in questa configurazione? Siamo nella solita condizione, perché questo è il
centro di rotazione dell’asta 1, quindi se scelgo lo spostamento piuttosto che la
rotazione, questa è la generica configurazione dell’asta 1. L’asta 2 invece come più
muoversi? Se questo è il punto fisso del moto dell’asta 2, C2 e allora il moto dell’asta
2 può solamente essere una rotazione intorno a C2. Questo significa che il punto B
dell’asta 1 e il punto B dell’asta 2 si possono muovere solo lungo la verticale.
Quando applico la cerniera questa vuole eliminare tutti gli spostamenti relativi,
quindi sia lo spostamento verticale che orizzontale perché sono le componenti.
Eliminare lo spostamento relativo verticale significa eliminare qualcosa che prima
c’era? Si, perché prima il corpo poteva salire o scendere di quanto voleva. Quindi
mettendo la parte di cerniera che elimina lo spostamento relativo verticale ho
eliminato qualcosa. Quindi in questa nuova configurazione un vincolo a molteplicità
doppia lo posso rappresentare come due mattoncini a molteplicità unitaria. Quindi se
metto il vincolo carrello interno che elimina lo spostamento relativo tra il punto B
dell’asta 1 e il punto B dell’asta 2, impongo che i due punti possano andare lungo la
verticale ma insieme. Quindi lr=1
La parte di carrellino orizzontale serve? In questa configurazione il punto B non può
spostarsi orizzontalmente, se no varia o la distanza da A o da C.
Quindi è una struttura che ha:
Vr=5 e quindi lr=1 e r=1 è una struttura che è una volta labile e una volta iperstatica.
Questo è il caso di tre cerniere allineate.
22.03.18
Nel caso delle cerniere allineate ci siamo accorti che la cerniera in B non era
completamente efficace. Vediamo adesso in termini di centri di rotazione cosa ci
dicono i vincoli.
Il vincolo in A ci dice che il centro di rotazione coincide con A. In vincolo in C ci
dice che il centro di rotazione coincide con C. Infine se guardiamo il vincolo in B,
abbiamo detto che questo è il punto fisso del moto relativo dell’asta 1 rispetto all’asta
2 e quindi è proprio il centro di rotazione. Notiamo che i centri relativi e assoluti delle
aste sono allineati e questa è una condizione molto particolare, questo allineamento è
condizione che assicura la possibilità per le aste di avere dei moti. Ogni volta che
abbiamo questa condizione possiamo dire che a causa della presenza del primo centro
di rotazione sappiamo che il centro di rotazione relativo si può spostare in maniera
ortogonale alla congiungente ma sappiamo che il tratto della stessa retta che unisce il
centro di rotazione relativo con il centro 1 e quella che unisce il centro di rotazione
assoluto 2 con il centro relativo, abbiamo la stessa possibilità di moto. Questa
condizione va sotto il nome di Primo teorema di Kennedy, primo teorema delle
catene cinematiche, stiamo considerando un allineamento tra centri di rotazione, che
chiamiamo catena cinematica. Il primo teorema afferma che se due corpi rigidi hanno
centro di rotazione assoluti e relativi allora hanno una possibilità di moto. La
condizione che mi dà è una condizione sufficiente affinché la struttura presenti delle
possibilità di moto rigido, una tale struttura la chiamiamo cinematismo. Quindi il
primo teorema afferma che se due centri assoluti e il centro relativo di due corpi
rigidi appartenenti ad una struttura sono allineati allora questa struttura rappresenta
un cinematismo, cioè sono possibili dei moti rigidi. Quando troviamo questo
allineamento abbiamo trovato dei gradi di libertà. Per ricordarci di questa condizione
scrivo:
C1 I C2 I C3
28.03.18

Semplificare l’analisi delle spostate di un cinematismo.


Supponiamo di considerare un punto B appartenente ad un corpo rigido e
supponiamo di conoscere il centro di rotazione C. Scegliamo una direzione
orizzontale e consideriamo una direzione verticale ortogonale alla direzione
assegnata. La direzione che abbiamo scelto è la direzione secondo cui vogliamo
proiettare i punti che ci interessano, in questo caso il punto B e il centro di rotazione.
Significa che otterremo la proiezione di C, C’ e la proiezione B’ di B. Nel generico
atto di moto al punto B succede che sta ruotando intono a C, quindi dobbiamo
prendere la congiungente C con B e il generico moto sarà la rotazione intorno a C,
ovvero lo spostamento ortogonale alla congiungente, che porta B in B*
Per identificare questo spostamento indichiamo la rotazione φ, che ha portato B in
B*, indichiamo adesso con l’angolo ψ l’angolo che la congiungente CB forma con la
retta.
Mentre φ è un angolo infinitesimo perché descrive una rotazione euleriana, ψ è un
angolo finito perché descrive la geometria del problema, ovvero descrive l’angolo
che il raggio CB descrive.

Supponiamo di dare al punto P’ la stessa rotazione rispetto al centro che ha P e come


centro utilizziamo la proiezione del centro C, supponiamo di dare una rotazione φ al
punto P’ rispetto al centro C’. Avverrà che P’ si deve spostare ortogonalmente alla
congiungente. Dato che abbiamo proiettato sulla verticale, l’ortogonale alla
congiungente è sicuramente la direzione orizzontale. Il punto P’ ruoterà di φ che è lo
stesso, e si porterà nel punto P’*.
Quindi abbiamo un moto euleriano, un punto P che ruota di una quantità φ rispetto al
centro di rotazione. Scegliamo allora una fondamentale quale essa sia, e proiettiamo
su questa fondamentale sia il centro che il generico punto B, otteniamo allora la
proiezione del centro C’ e la proiezione del punto B e una rotazione rispetto al centro
C’ che è pari alla rotazione che abbiamo intorno a C.
Vediamo che cosa ci dà questo tipo di costruzione, cosa ci consente di fare.
Vediamo quanto vale il segmento P’P’*, la cui entità è pari alla distanza dal centro
per l’entità della rotazione.
P’P’*= C’B’ * φ
C’B’ è la proiezione su quella fondamentale verticale quindi se vado a considerare
questo triangolo rettangolo, in cui un angolo vale ψ e l’ipotenusa vale CB e C’B’ è un
cateto. Quindi:
C’B’= (CB* sen ψ) (Seno angolo opposto)
C’B’= (CB* φ) sen ψ

6.04.18
Vogliamo trovare le condizioni di equilibrio di questa struttura in fiume:

Il primo passo è l’analisi topologica della struttura. Cominciamo a battezzare i


vincoli, numeriamo le aste e verifichiamo l’efficacia dei vincoli.
Tabella:

Cerniera in A molteplicità 2, doppio bipendolo il D molteplicità pari ad 1, in E ed F


altre cerniere. Quindi molteplicità totale dei vincoli 7.
La struttura è composta da tre aste quindi:
L*r= 3*3= 9 → la struttura è sicuramente labile. Dobbiamo vedere quante volte è
labile e se esistono o meno iperstaticità.
Rappresentiamo la struttura senza vincoli e verifichiamone l’efficacia.

Il primo vincolo è sicuramente efficace, lega l’asta 1.


Prendiamo il vincolo E che lega fra loro l’asta 2 e l’asta 3, anche questo è
sicuramente efficace, perché l’asta 2 e l’asta 3 prima erano libere, adesso non
possono più avere rotazioni relative. Queste due aste non hanno vincoli esterni quindi
il vincolo in E è sicuramente efficace e mi impedisce due traslazioni verticali. Il
doppio bipendolo in B vuole impedire la rotazione relativa tra l’asta 1 e 2 , in questo
momento la rotazione relativa è possibile perché sia l’asta 1 che l’asta 2 possono
ruotare, quindi il doppio bipendolo elimina un grado di libertà che la struttura
possedeva. Abbiamo quindi definito che tutti i vincolo sono efficaci ma non sono
sufficienti per garantire l’isostaticità della struttura lr=2 cinematismo a due gradi di
libertà.
Dato che la struttura possiede gradi di libertà non è possibile rispettare le condizioni
di equilibrio a meno che non applichiamo il principio dei lavori virtuali, per verificare
quali sono le condizioni di equilibrio, che saranno il numero di equazioni pari ai gradi
di libertà del corpo rigido e coinvolgeranno le forze esterne applicate alla struttura e
allora se vogliamo determinare la condizione di equilibrio il principio dei lavori
virtuali ci dice che:

C*t F – Ct Q= 0
Sono le lr equazioni delle incognite che sono F e Q, cioè F relativo a *forze che fanno
lavoro per effetto di spostamenti assoluti e Q dove abbiamo **le forze che fanno
lavoro per effetto di spostamenti relativi, quelle equazioni devono essere verificate
affinché si abbiano condizioni di equilibrio.
Per applicare questo principio devo trovare i termini di queste equazioni. Partiamo
dalle F e Q su cui impongo le condizioni, in F devo mettere le *, ci sono qui forze di
questo tipo? Si, sono tutte forze che fanno lavoro per effetto di spostamenti assoluti.
Allora dentro il vettore F dovrò avere queste tre forze. Quindi vettore delle forze F:

Avendo scelto queste tre forze io so che gli spostamenti che fanno fare lavoro a
queste forze sono gli . Accanto a queste F ho il vettore degli spostamenti incogniti i
cui termini dei meccanismi fondamentali saranno proprio le colonne della matrice
C*. Il primo termine di U è lo spostamento del punto di applicazione F1, direzione e
verso della forza F1, U2 è lo spostamento che fa fare M1, il momento che fa lavoro
per effetto di una rotazione, U3 la stessa cosa ma per M2.
Mettiamo anche una forza che fa lavoro per effetto di spostamenti relativi. (M4 ed
M4), due forze uguali e contrarie applicate in corrispondenza del vincolo interno
dove è possibile una rotazione relativa. Devo scrivere il vettore Q, il vettore delle
forze che ** ne ho soltanto 1, quindi il vettore Q coincide solo con M4 e quindi nel
vettore θ metto gli spostamenti relativi che fanno fare lavoro ad M4, al primo termine
di Q, devo prestare attenzione che la direzione è quella delle forze, il verso per
convenzione lo scegliamo. θ1 è fatto da queste due rotazioni.

Avendo determinato F e Q, ho determinato i vettori U e θ. Allora devo trovare U e


teta nei maccanismi fondamentali perché quelle sono le colonne di C* e C.
Determiniamo i parametri lagrangiani per l’analisi del cinematismo.
Scegliamo i parametri. Abbiamo 2 gradi di libertà quindi dobbiamo scegliere 2
parametri lagrangiani. Cominciamo ad esempio ad esaminare i vincoli interni.
Possiamo chiederci ad esempio è possibile una traslazione relativa orizzontale tra
queste due aste? Posso scegliere questi come parametri? Sì, perché io so che queste
due aste non devono ruotare lungo quest’asta, quindi potrei fare ruotare quest’asta,
questa deve ruotare della stessa quantità ma dato che hanno centri differenti avremo
spostamenti orizzontali, se blocco questa traslazione orizzontale e lo scelgo come
parametro, quando voglio cercare poi il secondo parametro blocco questa traslazione
relativa e vedo che succede. Quindi bloccando λ1 quello che accade è questo, devo
bloccare la rotazione relativa e la traslazione relativa orizzontale:
Quello che ottengo è un bipendolo interno, allineato lungo l’orizzontale. In questo
momento questa struttura possiede un grado di libertà.

Posso scegliere questa rotazione come secondo parametro lagranciano?


Posso verificare cosa succede quando questa struttura ha anche λ2 bloccato, la
struttura deve diventare isostatica. Questa struttura non è isostatica, se lo è λ1 e λ2
sono corretti.
Ciò che mi semplifica l’analisi è l’incastro, l’asta 3 non esiste, coincide con il suolo.
Individuiamo i centri di rotazione, C1, questo diventa C2 perché l’asta 3 non ha
possibilità di moto e questo diventa C12 che sta all’infinito sull’orizzontale. Quindi
ho trovato che C1, C12 e C2 sono allineati, quindi ho sbagliato e questa struttura non
isostatica. Quindi ho sbagliato λ1 o λ2 o entrambi. Dato che di λ1 sono convinto c’è
qualcosa che non va in λ2. Proviamo a fare un’altra scelta per λ2.

Se prendiamo questo come λ2, cioè decido di bloccare questo vincolo devo verificare
che la struttura sia isostatica.
La prima asta è incastrata, blocco la rotazione e non ha più possibilità di muoversi.
Stavolta l’asta 1 coincide con il suolo quindi questo vincolo da interno diventa
esterno, mi dice che C2 è all’infinito lungo l’orizzontale, questo è C23 e questo è C3,
le due aste hanno questi centri di rotazione che non sono allineati, quindi la struttura è
isostatica. L’asta 1 è bloccata, le aste 2 e 3 non fanno parte di un cinematismo o
hanno moti possibili che le concordano e nemmeno possono muoversi singolarmente,
quindi la struttura è isostatica.
Allora questa scelta di λ1 e λ2 è corretta e mi consente di eliminare tutti i gradi di
libertà che la struttura possedeva.
Ho stabilito di voler usare questi come parametri lagrangiani e quindi posso passare
all’analisi dei meccanismi fondamentali.
Devo prendere un parametro lagrangiano alla volta e bloccare tutti gli altri.

MF1, avrò λ1=1, λ2=0

λ2=0 significa che il vincolo in A diventa un incastro e quindi l’asta 1 è incastrata.


Poi abbiamo il doppio bidpendolo, poi abbiamo un’asta che è lunga 2L e le due
cerniere in E e F.
Quindi questa è la struttura in cui ho bloccato tutti i parametri lagrangiani tranne λ1.
A questo punto a λ1 devo assegnare un valore pari a 1, devo esprimerlo e porlo pari a
1. Qui entra in gioco l’aspetto delicato dei parametri lagrangiani relativi a
spostamenti. 1 è lo spostamento in E, D o la somma. Il parametro lagrangiano è lo
spostamento relativo e quindi è la somma secondo quei versi dello spostamento
relativo che vale 1. Scomponiamo λ1 in λ11 e in λ12 e quindi so che lo spostamento
relativo, che è uguale alla somma dello spostamento dell’asta 1 e dello spostamento
dell’asta 2 presi con i loro versi, è uguale a 1:
λ1= λ11+ λ12=1
Non so ancora i valori singoli di λ11 e λ12, so solo che la somma è pari a 1.
Con questa informazione devo essere in grado di fare la spostata. Per determinare le
spostate calcoliamo la posizione dei centri, che ci serve per calcolare le proiezioni.
Esaminiamo quindi i vincoli.
L’asta 1 è incastrata quindi C1 non esiste, questo vincolo mi dice che C12 è un centro
che sta all’infinito in qualunque direzione, ma dato che C1 non esiste, l’asta 1
coincide con il suolo, C12 coincide con C2. La cerniera in E lega l’asta 2 all’asta 3,
quindi questo è C23, questa è una cerniera fissa questo punto è C3.

La struttura è un cinematismo ad un solo grado di libertà, devo essere in grado di


identificare univocamente la posizione di tutti i centri. Non ho univocamente
identificato la posizione di C2, quindi utilizzo il teorema di Kennedy. Dove mi appare
C2? Sicuramente non nell’asta 1, perché già mi ha fornito tutte le indicazioni che mi
poteva dare, quindi proviamo asta 2 e asta 3. Kennedy mi dice che:
C2 II C23 II C3 devono essere allineati, io conosco C23 e C3.
Allora C2 deve stare sulla retta che contiene C3 e C23. Ma C2 deve stare anche
all’infinito quindi C2 è il punto all’infinito di questa direzione.
Ho determinato la posizione dei centri, da quale spostata devo cominciare.
Io conosco gli spostamenti orizzontali, quindi comincio dalla proiezione sulla
verticale.

L’asta 1 non fa operazioni, quindi la proiezione dell’asta 1 è l’asta 1 stessa. L’asta 2


deve traslare perché il suo centro di rotazione è all’infinito, conosco traslazioni
dell’asta 2? Si, so che questo punto deve traslare di questo valore λ12. Quindi prendo
questo punto proiettato. L’asta 2 deve traslare quindi tutti i punti dell’asta 2
trasleranno della stessa quantità. La proiezione dell’asta 2 è rappresentata da un
punto. Dell’asta 3 conosco C23, allora questo è un punto della spostata dell’asta 3,
perché lì asta 2 e asta 3 devono avere lo stesso spostamento, è il punto fisso del moto
relativo. Conosco poi C3 ma C3 è un punto fisso della spostata dell’asta 3 e quindi
avendo trovato due punti della proiezione dell’asta 3, questa è la proiezione dell’asta
3. Il problema è che non conosco ancora λ12.
Io so che λ1= λ11+λ12= 0
Nella spostata che ho tracciato λ1 è lo spostamento orizzontale di questa faccia del
doppio bipendolo, della faccia che appartiene all’asta 1. Quanto vale questa spostata?
Zero perché l’asta 1 è bloccata e quindi tutto lo spostamento relativo è dovuto alla
spostamento assoluto della faccia del doppio bipendolo che appartiene all’asta 2.
λ11=0
λ12=1

Posso a questo punto ricavarmi la rotazione dell’asta 3, che varrà 1/L (Φ=
spostamento/ distanza)
Passiamo alla proiezione sull’orizzontale:

Asta 1 sempre bloccata, dell’asta 2 so che deve traslare, so C2 quindi so di quanto


trasla perché ho trovato una componente di traslazione dell’asta 2. Se non mi fosse
chiaro ho un’altra alternativa. Utilizzare l’asta 3 perché dell’asta 3 so tutto perché ne
conosco la rotazione. Troviamo la spostata dell’asta 3, cosa fa l’asta 3? Ruota in
verso orario di 1/L. Proiettando l’asta 3 lo spostamento vale 1/L, la rotazione per la
distanza. Quindi questo spostamento vale 1.
Per la spostata dell’asta 2 conosco il punto C23 che è il punto fisso del moto relativo,
quindi è un punto che appartiene sia alla spostata dell’asta 2 sia alla spostata dell’asta
3, C2 è all’infinito, significa che tutti i punti traslano della stessa quantità, cioè se
quel punto trasla di 1, allora tutti i punti della spostata traslano di 1.
Ma se avessi voluto determinare direttamente la spostata dell’asta 2 su questa
proiezione cosa avrei dovuto fare? Io so che C3 è all’infinito in questa rotazione,
significa che il generico spostamento è uno spostamento che può essere solo nella
direzione ortogonale. Io di questo spostamento conosco la componente orizzontale,
valeva 1 con questo verso

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