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GERARDO PERROZZIELLO
LEZIONE 6 – 24/11/2021
Durante l’ultima lezione abbiamo parlato di lavoro. Adesso introduciamo il concetto di energia.
Il termine “energia” si correla all’attitudine che ha un corpo di compiere lavoro. Possiamo trovarla in
diverse forme: energia cinetica, energia potenziale. Quest’ultima, a sua volta, può presentarsi in altre
diverse forme, come, ad esempio, l’energia potenziale gravitazionale, elettrica, magnetica ed elastica.
Inoltre, possiamo parlare di energia termica, correlata al concetto di calore, e di energia chimica.
L’energia, quindi, può presentarsi in diverse forme, convertibili le une nelle altre.
Consideriamo, ad esempio, un
corpo che si trova poggiato su
una superficie orizzontale,
come mostrato in figura. Il
corpo viene sopposto ad una
forza F orizzontale, diretta, da
sinistra verso destra, che
procura un movimento Δx. Ciò
significa che la forza compie
lavoro sul corpo.
Lavoro che può essere calcolato come il prodotto della forza per lo spostamento.
In ogni modo, questa forza sta compiendo un lavoro, che causa il moto del corpo grazie
all’accelerazione che procura la variazione della velocità del corpo stesso. Quest’accelerazione può
essere calcolata effettuando il rapporto tra la forza applicata al corpo e la sua massa.
Se la forza è costante, lo sarà anche l’accelerazione del corpo, di conseguenza il moto è considerato
come un moto uniformemente accelerato.
Vado ora a considerare il moto monodimensionale del corpo in un sistema di riferimento. Il corpo si
troverà inizialmente in una posizione xi, dopodiché si
troverà in una posizione xf. Quindi avrà percorso una
lunghezza Δx data dalla differenza tra la posizione finale
e quella iniziale del corpo. Nel punto xi il corpo avrà
velocità vi, nel punto xf, siccome il corpo risulta
sottoposto ad una forza che genera un’accelerazione,
avrà velocità vf.
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Dalla relazione tra le due grandezze fisiche ricaviamo
che la velocità finale del corpo elevata al quadrato
(come mostrato a destra in figura) è data dalla somma
della velocità inziale del corpo elevata al quadrato e il
doppio dell’accelerazione moltiplicata per la variazione
dello spostamento Δx.
Riarrangio sostituendo ad a il rapporto tra la forza e la
massa del corpo.
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ENERGIA POTENZIALE:
Chiarito il concetto di energia cinetica, passiamo ora al concetto di energia potenziale.
L’energia potenziale, è per definizione quella capacità che ha una forza di compiere potenzialmente
lavoro su un corpo. Per esempio, considerando un oggetto non in equilibrio, questo può
potenzialmente subire un lavoro ad opera di una forza. Un oggetto non in equilibrio significa che su
di esso agisce una risultante di forze diversa da 0. Quindi questa forza può e compiere un lavoro sul
corpo, per cui questo corpo avrà una certa energia potenziale.
Consideriamo un corpo sospeso in aria. Questo è soggetto alla forza peso che cerca di trascinarlo
verso il basso. Ora, se il corpo fosse libero di muoversi cadrebbe verso il basso, percorrendo una certa
lunghezza, per cui la forza peso compirebbe un lavoro.
Il caso appena esaminato in cui il soggetto si trova sospeso in aria, si dice che questo possieda una
certa energia potenziale gravitazionale.
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Il concetto di energia potenziale
rimane valido laddove abbiamo
dei sistemi conservativi, cioè
dove agiscono forze di tipo
conservativo.
Ad esempio se si ha un corpo su
cui agisce una Forza che procura
uno spostamento del corpo si
dice che la forza ha compiuto un
lavoro che lo porta da un punto
iniziale ad uno finale.
Se il lavoro che la forza compie
non dipende dal percorso seguito
per portare l’oggetto da una
posizione iniziale ad una finale la forza viene definita CONSERVATIVA.
Le FORZE DISSIPATIVE sono forze che dipendono dal percorso dell’oggetto quindi dalla sua
traiettoria durante lo spostamento.
Si può introdurre l ‘energia potenziale di una forza solo se il lavoro fatto dalla forza non dipende dal
percorso seguito ma soltanto dalla sua posizione iniziale e finale quindi soltanto se si parla di un
sistema conservativo con forze conservative.
Considerando l’esempio rappresentato nella figura in alto è possibile vedere un corpo poggiato su un
piano orizzontale che si sta muovendo con una certa velocità V. Ipotizziamo che non ci sia attrito tra
il corpo ed il piano per cui il corpo possiede un energia cinetica che può essere calcolata dalla formula
E=1/2mv^2
Muovendosi con questa velocità, nel momento in cui raggiunge la molla il corpo continua a muoversi
ma verrà rallentato dalla forza elastica della molla che si opporrà al moto del corpo.
Il corpo prima di rallentare e fermarsi avrà percorso un certo spazio “x” durante la compressione della
molla fino alla sua fermata per cui non avrà più energia cinetica in quanto correlata alla velocità.
Siccome non c’è attrito e non ci sono forze dissipative l’energia che in teoria dovrebbe conservarsi
che fine fa?
Essa si è trasformata in ENERGIA POTENZIALE ELASTICA della molla perché essendo
compressa esercita una forza sul corpo e potenzialmente può compiere lavoro su di esso.
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Infatti la forza elastica imprimerà un’accelerazione sul corpo che lo muoverà da sx verso dx
ritornando nella sua posizione iniziale di riposo per cui la sua energia verrà riconvertita da potenziale
elastica di nuovo in energia cinetica del corpo.
Il corpo dunque va via con una velocità che ha la stessa direzione di prima ma verso opposto e stesso
modulo se il sistema ovviamente è conservativo con una energia cinetica pari a quella di prima.
Facciamo un altro esempio
Consideriamo un blocchetto che si trova su un piano inclinato ad una certa altezza h da una molla
elicoidale.
Nel momento in cui il blocchetto è sospeso a quell’altezza h possiamo dire che possiede un’ energia
potenziale gravitazionale E=m g h con lo 0 del nostro sistema di riferimento a livello della molla
elicoidale.
Ipotizzando che non ci sia attrito tra il corpo ed il piano inclinato il corpo scivola perché agisce la
forza peso. In quel momento l’energia potenziale gravitazione si sta convertendo in energia cinetica
perché il corpo scivolando acquisisce una certa velocità con una W=1/2mv^2.
Quando il corpo arriva sulla molla il corpo continua a muoversi ma rallenterà nel frattempo che la
molla si comprime quindi si avrà una forza elastica che è proporzionale alla lunghezza per cui è stata
compressa. Quindi maggiore sarà la compressione della molla, maggiore sarà la forza elastica
secondo la LEGGE DI HOOKE F=-kx dove k è la costante elastica della molla.
L’energia cinetica del corpo si converte dunque in energia elastica della molla e successivamente si
ha il processo inverso dove la molla esercitando questa forza creerà lavoro spingendo il corpo verso
l’alto con la riconversione dell’energia potenziale elastica in energia cinetica e man mano che il corpo
risale rallenta fino a ritornare alla posizione iniziale in cui il corpo avrà la stessa energia potenziale
gravitazionale precedente.
Se il sistema non è dissipativo questo movimento in cui si ha questa conversione di energia procede
in maniera indefinita.
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ALTRO ESEMPIO
Sulla molla viene esercitato un lavoro con una variazione di energia che
in questo caso è ENERGIA TERMICA o CALORE che viene acquisito
dal gas. (LAVORO TERMODINAMICO)
Nel caso dell’energia potenziale gravitazionale se la forza peso compie lavoro allora l’energia
potenziale gravitazionale diminuisce se invece la forza peso subisce un lavoro allora l’energia
potenziale gravitazionale aumenta.
Ad esempio se io ho un
oggetto che si trova sul suolo e
applico una forza verso l’alto
che si oppone alla forza peso io
solleverò il corpo ad una certa
altezza e dunque la sua energia
potenziale gravitazionale
aumenta.
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Se comprimiamo la molla di una certa lunghezza x essa eserciterà una forza di richiamo elastica che
sarà rappresentata dalla legge di huck dove F=-kx
Questa forza può potenzialmente compiere lavoro perché può riportare la molla alla posizione di
riposo per cui anche in questo caso parliamo di ENERGIA POTENZIALE ELASTICA.
Siccome k è una costante che è la costante elastica della molla possiamo toglierlo dall’integrale
dunque :
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RIASSUMENDO
Il lavoro che viene compiuto su un corpo equivale alla variazione di energia cinetica del corpo stesso
e definisce il teorema dell’energia cinetica.
Il lavoro che viene compiuto su un corpo equivale alla variazione di energia potenziale del corpo
stesso preceduta dal segno meno.
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Dunque l’energia meccanica in un sistema conservativo si conserva.
Il concetto di rendimento vale non più in un sistema conservativo ma in un sistema su cui agiscono
forze dissipative perché altrimenti il lavoro corrisponderebbe all’energia totale ed il rendimento
sarebbe al 100%.
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Consideriamo due particelle con una certa massa m1 e m2 visibili nell’img soprastante che subiscono
un urto centrale elastico. Questo può essere definito tale quando l’energia cinetica del sistema si
conserva e quindi deve essere conservata la quantità di moto e l’energia cinetica.
Le due particelle si muovono rispettivamente con velocità che hanno stessa direzione
ma verso opposto.
Nel momento in cui urtano la loro velocità cambierà quindi la particella con massa m1 avrà una
velocità mentre quella con massa m2
Si parla di un sistema isolato in cui non agiscono forze esterne e le forze sono di tipo elastico dunque
la quantità di moto e l’energia elastica del sistema si conserva.
Per cui
Lo stesso vale per l’energia cinetica in quanto prima dell’urto le due particelle avranno energia
cinetica pari a e .
Per cui
Da queste due equazioni supponendo di conoscere le velocità iniziali delle particelle e le loro masse
possiamo ricavare le loro velocità finali.
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Se invece avessimo avuto un urto in due o tre dimensioni il discorso rimarrebbe lo stesso ma
dobbiamo trattare le componenti delle grandezze vettoriali coinvolte (velocità) attraverso relazioni
trigonometriche scomponendo le velocità nelle tre componenti dello spazio per cui le equazioni
rimangono le stesse per le tre componenti.
Un urto elastico si differenzia da un urto anelastico perché in quest’ultimo non c’è scambio di energia,
infatti una parte di energia cinetica viene trasformata in altre forme di energia per cui l’energia
cinetica non si conserva. La quantità di moto, invece, si conserva sempre sia negli urti elastici che
anelastici.
Ritornando al discorso di rendimento introduciamo la differenza tra un lavoro fisiologico ed un lavoro
in senso fisico.
Supponiamo che con una mano si alza un oggetto come un telefonino e quindi si imprime una forza
che lo sposta da una posizione iniziale ad una finale compiendo un lavoro che può essere calcolato
come
L= F ⋅ s
Questo lavoro che si sta compiendo non equivale all’energia totale che l’organismo spende perché in
questo caso il sistema non è conservativo ma dissipativo infatti la forza che viene applicata sul
telefonino dipende dall’attivazione muscolare. Ma per attivare i muscoli bisogna produrre calore che
può essere:
-calore di attivazione
-calore di mantenimento
-calore di accorciamento del muscolo stesso
Si ha dunque un energia totale che oltre al lavoro in senso fisico effettuato deve tenere conto anche
delle porzioni di calore dissipate quindi avrò un rendimento della mia azione che sarà minore del 100
% perché il lavoro è minore dell’energia totale spesa.
In genere si ha un rendimento del 30% che è in genere già un buon rendimento.
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Consideriamo ad esempio un qualunque corpo nello spazio con una certa estensione. Se su questo
corpo non agisce nessuna forza il corpo è in quiete, in equilibrio. In questo caso non stiamo
considerando nemmeno il fatto che agisca la forza peso. Se noi mettiamo ad esempio un corpo
molto lontano dalla Terra, laddove può essere trascurata la forza gravitazionale, il corpo rimane
sospeso nello spazio e, infatti è quello che succede quando gli astronauti vanno nello spazio. La
forza gravitazionale diminuisce così tanto che loro fluttuano.
Se io adesso, applico un’altra forza, che chiamo F2, che ha la stessa direzione, stesso modulo, ma
verso opposto. Gli effetti delle due forze si annullano,
quindi la risultante delle due forze sarà uguale a 0 e
quindi il corpo ritorna in equilibrio. Ma questo è un caso
particolare, in quanto le due forze giacciono sulla stessa
retta di azione.
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Che cosa succede se, per esempio, io considero una forza, su
un’altra retta d’azione? Ad esempio, considero una forza che è
parallela ad F1, stesso modulo, verso opposto, però si trova su
un’altra retta d’azione. Se vado a calcolare la risultante delle
forze è sempre uguale a 0, però questa volta non posso dire che il
corpo sia in equilibrio, perché il corpo ruota.
In questo caso sto applicando una coppia di forze che fa ruotare il corpo. Questo vuol dire che sul
corpo agisce un momento di forza; per assicurare l’equilibrio del corpo, oltre che la risultante delle
forze, deve essere uguale a 0 anche la risultante dei momenti di forza.
Per capire bene questo concetto è importante definire il momento di una forza.
In un corpo con una certa estensione e che ha la risultante delle forze pari a 0, permette di affermare
che il corpo non sta traslando (è in equilibrio traslatorio).
I momenti delle forze pari anch’essi a 0, permette di affermare che il corpo non sta ruotando.
Quindi:
• Se la risultante delle forze è diversa da zero, il corpo trasla.
• Se la risultante dei momenti è diversa da zero, il corpo ruota.
• Se entrambe sono diverse da zero, il corpo ha un moto di roto-traslazione.
Consideriamo un corpo
rigido (in figura) che non si
può deformare e prendiamo
un punto A dove agisce una
forza F. Si consideri poi un
punto libero sul corpo, che
viene descritto come un asse
di rotazione o punto di
rotazione.
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Si definisce momento M della forza F, rispetto al polo O, il prodotto vettoriale tra il vettore distanza
OA (che ha una lunghezza R, in figura) e il vettore F.
Il momento M è, quindi, una grandezza vettoriale. Il prodotto vettoriale di due vettori dà un altro
vettore che ha una direzione, un verso e un modulo.
• Il modulo del vettore momento di forza è dato dal prodotto tra il modulo del vettore F, il
modulo del vettore distanza e il seno dell’angolo compreso tra i due vettori. Il prodotto tra F
e R (segmento OA) darà b che sarà il braccio della forza (distanza della retta d’azione
della forza F dal punto O considerato).
• La direzione del momento è data da una retta perpendicolare al piano su cui giacciono i
vettori F (forza) e R (distanza).
• Il verso è dato dalla regola della mano destra. Bisogna considerare come sono posizionati il
vettore distanza (diretto da O ad A) e il vettore F. Si nota che con le dita della mano destra
vado da OA che va verso F; il verso del pollice darà il verso del vettore momento di forza.
Spesso per il verso del momento si tiene conto anche se ruota in senso orario o antiorario:
• Antiorario, il momento va verso l’alto.
• Orario, il momento va verso il basso.
Per convenzione si dà il verso positivo quando il corpo gira in senso antiorario.
Ricapitolando:
Se si ha una forza applicata in un punto OA e un polo di rotazione O: la forza, rispetto al polo O
compie un momento di forza. Questo momento è generato soltanto dalla componente
perpendicolare della forza al vettore distanza.
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• Se conosco l’angolo beta, il momento di una forza è dato dal prodotto tra il modulo di F per
il seno di beta.
Consideriamo un polo O (come si vede in figura): può essere un qualsiasi punto, perché la risultante
dei momenti (qualunque polo di rotazione si consideri) sarà sempre la stessa.
Ora si calcola, rispetto a questo punto O, la risultante dei momenti e così si può capire se il corpo è
in equilibrio o no.
I VINCOLI E LE LEVE
Può accadere che la
mobilità di un corpo sia
limitata dalla presenza di un
“vincolo”. I vincoli fissi
ideali sono elementi che
non si spostano e non si
deformano sotto l’azione di
una forza.
Un esempio è il piano
orizzontale su cui è
poggiato un corpo (come in
figura a sx).
La forza peso che agisce su
un corpo di massa m è bilanciata dalla forza di reazione del vincolo, che è dato dalla superficie su
cui il corpo poggia. La forza del vincolo è uguale ed opposta, per cui il corpo resta in equilibrio.
Altri esempi di vincoli sono gli assi di rotazione di pendoli, di ruote, eliche…
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Nel caso particolare in cui un corpo rigido è vincolato in un punto, le condizioni di equilibrio sono
semplificate: la risultante delle forze sarà sempre uguale a 0, perché le forze vengono sempre
equilibrate dalla reazione vincolare. Questo significa che: se il corpo è vincolato in un punto, la
condizione di equilibrio traslatoria è automaticamente soddisfatta. Quindi, la condizione necessaria
e sufficiente per l’equilibrio di un corpo vincolato in un punto, è quella di equilibrio rotazionale.
Se, invece, il corpo è libero di ruotare intorno ad un asse fisso, la condizione necessaria e sufficiente
per l’equilibrio è che sia nulla la somma vettoriale delle proiezioni sull’asse di rotazione dei
momenti delle forze applicate al corpo. Questo è il caso delle leve.
Una leva è un’asta rigida che gira intorno ad un punto. Gira intorno ad un asse perpendicolare
all’asta stessa e questo asse si trova in un punto che rappresenta il vincolo dell’asta stessa ed è
chiamato fulcro. A livello del fulcro l’asta è vincolata e non può traslare in nessuna direzione; può
soltanto ruotare intorno al punto stesso.
Su questo semplice sistema meccanico è possibile fare equilibrio tra una forza, che viene detta
forza motrice (applicata ad una delle due estremità dell’asse), e una forza, detta resistente
(applicata all’altra estremità).
Come mostrato in figura:
Se si applicano due forze ( forza motrice a dx e forza resistente a sx), la traslazione è assicurata
dalla reazione vincolare (rappresentata con la R).
Il corpo è libero di ruotare dipendentemente dalla risultante dei momenti che procurano le due forze
(motrice e resistente), rispetto al fulcro stesso.
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Su questo semplice sistema meccanico è possibile fare equilibrio tra queste forze assicurando
l’equilibrio dei momenti. Quindi, se il fulcro è il polo di rotazione, il momento della forza motrice si
calcola come: la distanza tra la forza e il fulcro . Il momento della forza resistente si calcola come:
la distanza tra il punto di applicazione e la forza Fr. Se questo è uguale a zero il corpo non ruota.
Si può scrivere che:
Questa relazione vale perché le forze sono perpendicolari al vettore distanza. Vale anche se non
sono perpendicolari, ma devono essere parallele tra di loro; altrimenti bisogna far ricorso alle
relazioni trigonometriche dette precedentemente.
Si può anche calcolare il guadagno meccanico della leva: il rapporto tra la forza resistente e la
forza motrice. queste sono date dal rapporto tra il braccio della forza motrice e il braccio della
forza resistente.
Le leve possono essere suddivise in tre gruppi (in base alla posizione del fulcro rispetto ai punti di
applicazione delle forze).
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LEVA DI SECONDO TIPO
In questo caso è la forza resistente che si trova tra il fulcro e la forza motrice.
Questo tipo di leva è sempre di tipo vantaggioso: si possono disporre la forza motrice e quella
resistente dove si vuole (rispettando comunque la definizione di leva di secondo tipo), ma
comunque il braccio della forza motrice rimane sempre maggiore e il guadagno è sempre >1.
Un esempio tipico è lo schiaccianoci: qua la forza motrice si trova a distanza maggiore dal fulcro
rispetto alla forza resistente.
BILANCIA ANALITICA
Un altro esempio di leva è data dalla bilancia analitica. Essa ha due piattini collegati ad un’asta
vincolata a ruotare nel suo fulcro. Questo strumento serve a calcolare la massa di un corpo: metto
un corpo con una massa incognita mx su un piattino, mentre sull’altro piattino un corpo con una
massa nota m1. Da qui si può calcolare la massa incognita attraverso la relazione riportata nella
slide: massa nota per il rapporto dei due bracci.
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La relazione precedentemente riportata deriva sempre da un equilibrio dei momenti:
• Il primo momento è dato dal rapporto tra la forza peso g che agisce sul corpo di massa
incognita mx e il braccio a. Questo momento tende a far ruotare la leva in senso antiorario.
• Il secondo momento è. dato dal rapporto tra la forza peso g che agisce sul corpo di massa nota
m1 e il braccio b.
Da qui ricavo:
Se semplifico avrò la relazione già mostrata sopra, che mi permette di calcolare la massa del corpo
incognito.
CARRUCOLA FISSA
E’ formata da una puleggia,
ovvero un disco che ruota intorno
ad un punto.
Questo punto rappresenta il
fulcro. Intorno alla puleggia si
collega una corda.
Se si vuole equilibrare un corpo,
collegato all’estremo della corda
bisogna applicare una forza con
intensità derivante dall’equilibrio
dei momenti delle forze.
La carrucola fissa è utile perché permette di cambiare la direzione delle forze che devono equilibrare
un certo sistema. Solitamente, per sollevare un corpo da terra, si applica una forza dal basso verso
l’alto; mentre con questo tipo di carrucola bisogna tirare dall’alto verso il basso per sollevare il corpo.
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CARRUCOLA MOBILE
E’ vantaggiosa perché:
• il punto di rotazione istantaneo è il polo di rotazione (punto B).
• il braccio della forza peso, esercitata sul corpo che si vuole sollevare, è dato dal raggio della
puleggia.
• Il braccio della forza motrice è dato dal diametro della puleggia.
C’è, quindi, un guadagno = 2; infatti, per sollevare un corpo con una certa massa m, bisogna applicare
una forza che è la metà della forza peso esercitata sul corpo stesso. Questa condizione permette di
sollevare corpi molto pesanti: sta alla base del concetto del paranco.
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Articolazione del gomito:
• Il fulcro corrisponde alla posizione del gomito.
• La forza resistente è data dalla somma delle forze peso
dell’avambraccio e del peso sostenuto dalla mano.
• La forza motrice è fornita dal bicipite
• È una leva di terzo tipo, perché la forza motrice si trova tra il
fulcro e la forza resistente.
• È una leva svantaggiosa. Le leve di tipo svantaggioso permettono
movimenti più rapidi: una piccola contrazione del bicipite
corrisponde ad uno spostamento maggiore della mano.
Mandibola:
• È una leva di terzo tipo.
• La forza resistente è maggiore per i molari rispetto
a quella dei canini e degli incisivi.
Disco lombosacrale:
Rappresenta il fulcro di
un’altra leva importante nel
nostro corpo. Questo disco
separa l’ultima vertebra
dall’osso sacro e sostiene la
colonna vertebrale.
E’ importante saper
correttamente sollevare un
oggetto pesante per evitare
lesioni o deformazioni a
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livello di tale disco. Nell’immagine riportata sopra si notano i due modi per poter sollevare un oggetto:
• Se si piega completamente (foto a) la schiena per sollevare un oggetto pesante da terra. Si
avrà che la forza peso del corpo stesso + la forza peso della massa del corpo che si vuole
sollevare eserciteranno un momento molto elevato. Questo momento per essere equilibrato
comporta uno sforzo molto intenso a livello dei muscoli della schiena. Questo perché il
braccio della forza dei muscoli della schiena è molto piccolo rispetto al braccio della forza
peso della massa che deve essere sollevata. E’, quindi, una leva svantaggiosa e i muscoli,
sottoposti ad uno sforzo intenso, potrebbero danneggiarsi.
• Se si flettono le ginocchia tenendo il tronco verticale, si può correttamente sollevare un
oggetto. Così si diminuiscono i bracci e diminuisce anche il momento della forza motrice e i
muscoli della schiena sono sottoposti ad uno sforzo minore.
Esempio: il centro di massa di un corpo simmetrico corrisponde al centro geometrico del corpo stesso.
Se un corpo non è simmetrico il centro di massa ha una posizione diversa dal centro geometrico,
perché dipende dalla distribuzione della massa del corpo.
Si può calcolare il centro di massa del nostro corpo che varia di posizione, a seconda della postura:
se si sta in piedi o se si sta seduti si ha una distribuzione della massa differente e quindi un centro di
massa diverso.
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3. Per calcolarlo in modo pratico bisogna utilizzare le
componenti x e y di tutte e tre le particelle:
• Il vettore r1 si può definire attraverso le
coordinate (x1;y1) del punto 1.
• Il vettore r2 si può definire attraverso le
coordinate (x2;y2) del punto 2.
• Il vettore r3 si può definire attraverso le
coordinate (x2;y2) del punto 3.
4. Ora si può calcolare rCM conoscendo le sue coordinate lungo x e y. Tali coordinate si calcolano
come:
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CENTRO DI GRAVITA’ O BARICENTRO DI UN CORPO
Esso è il punto in cui
viene applicata la
forza peso che agisce
sul corpo
considerato.
Se si considera un
corpo con una certa
estensione, si può
dividere il corpo in
tante masse
infinitesime e su
ognuna di queste
masse infinitesime
agisce una forza peso.
Così si avrà una risultante totale della forza peso (data dalla sommatoria delle singole forze peso) che
viene applicata nel centro di gravità o baricentro.
Se su ogni particella del sistema agisce la stessa accelerazione gravitazionale, allora, il baricentro
coincide con il centro di massa.
Questo vale per i sistemi biologici: baricentro o centro di gravità coincide con il centro di massa.
Tutto questo permette di descrivere un moto di un corpo utilizzando il moto del suo baricentro,
indipendentemente dall’estensione della forma del corpo. In questo caso si parla di moto di
traslazione.
Se si considera un giavellotto che viene lanciato, il suo moto può essere descritto attraverso il moto
del baricentro del giavellotto stesso (seguirà il moto del proiettile, moto parabolico).
MOMENTO ANGOLARE
In un corpo esteso possono essere presenti coppie di momenti di forze diverse da zero che generano
dei moti rotazionali. La grandezza utile per descrivere il moto rotatorio di un corpo è il momento
della quantità di moto o momento angolare.
La quantità di moto q, per il secondo principio della termodinamica, è collegata alla forza: la
variazione di quantità di moto, rispetto al tempo, moltiplicata per la massa di un corpo è uguale alla
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forza. Considerando, quindi la definizione di momento di forza si può calcolare il momento di una
forza come la variazione del momento angolare M di un sistema rispetto al tempo.
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