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• sono note tutte le interazioni che il corpo ha con l’ambiente, cioè con
i corpi circostanti, più o meno lontani;
1
2 CAPITOLO 1. DINAMICA DEL PUNTO MATERIALE
2. Come dipende questa interazione dalle proprietà del corpo? Quali fra
queste lo identificano ai fini del suo comportamento meccanico? Come
dipende dalle proprietà dei corpi circostanti?
peso. Sappiamo che un corpo, che non venga trattenuto, cade come con-
seguenza dell’interazione tra esso e la Terra, interazione rappresentata da
una forza diretta verso il basso. Se però lo stesso corpo lo appoggiamo su
un ripiano, esso resta fermo. Dobbiamo concludere che la forza esercitata
dal ripiano sul corpo equilibra quella esercitata dalla Terra: il corpo risulta
dunque soggetto ad una forza risultante nulla. In apparenza abbiamo real-
izzato la situazione di un corpo libero, non soggetto alla forza peso, senza
doverlo allontanare dalla Terra.
A prima vista sembra dall’esempio di poter concludere che un corpo non
soggetto a forze stia fermo. Tuttavia l’esperienza dimostra che non esiste
modo di distinguere sul piano sperimentale le leggi della fisica mis-
urate da un osservatore da quelle misurate da un altro osservatore
che si muove di moto rettilineo uniforme rispetto al primo.
Questa affermazione, che va sotto il nome di Principio di Relatività, com-
porta che la legge del moto del corpo appoggiato sul tavolo sia la stessa per
un osservatore che si muove di moto rettilineo uniforme rispetto al tavolo.
Ma per questo osservatore il corpo si muove con velocità costante uguale
ed opposta a quella con cui egli si muove rispetto al tavolo (si veda la Fig.
2). Dobbiamo pertanto concludere che un corpo non soggetto a forze
si muove di moto rettilineo uniforme, cioè con velocità costante
in modulo, direzione e verso. Il caso di un corpo fermo corrisponde a
quello di un moto con velocità nulla.
Questa legge fisica va sotto il nome di Principio di Inerzia o Primo
Principio della Dinamica.
Per meglio comprendere questa conclusione si immagini di essere su un
treno che si muove con velocità costante per esempio lungo la direzione
4 CAPITOLO 1. DINAMICA DEL PUNTO MATERIALE
Le due misurazioni effettuate per la stessa forza agente sullo stesso corpo
sono indipendenti. Questo può consentirci di stabilire la relazione che lega la
forza alle grandezze cinematiche, in quanto possiamo fare una misura della
forza, indipendente dalla cinematica del moto, attraverso la deformazione
da essa indotta su un corpo fermo, e misurare la variazione delle grandezze
cinematiche, quando il corpo si muove soggetto alla stessa forza.
Per capire come questo possa avvenire consideriamo il caso della forza
peso. Essa può misurarsi tramite un dinamometro, vale a dire uno stru-
mento che misura la deformazione elastica indotta su una molla da un corpo
pesante, come illustrato in Fig. 3. Il dinamometro consiste di una molla
applicata ad un supporto fisso e opportunamente tarata. Se all’estremità
della molla viene applicata una forza (il peso di un corpo), essa si deforma
rispetto alla configurazione iniziale.
La legge che lega la deformazione all’intensità della forza peso è di tipo
lineare, vale a dire l’elongazione della molla è proporzionale al pe-
so, quindi un corpo di peso doppio di un altro induce una deformazione di
lunghezza doppia. Una volta scelto un corpo di riferimento come unità di
misura, il peso P di ogni altro corpo rispetto ad esso può misurarsi deter-
minando il rapporto delle deformazioni della molla.
Sappiamo che tutti i corpi cadono nel vuoto lungo la verticale con la stessa
accelerazione. Se vogliamo misurare la relazione tra forza peso ed acceler-
azione da essa indotta, dobbiamo poter variare l’intensità della forza per
potere stabilire un collegamento tra essa e le variazioni dello stato cinemati-
co del corpo.
A questo fine occorre un dispositivo appropriato che ci consenta di modulare
l’interazione tra il corpo e la Terra, variando l’intensità della forza peso.
A prima vista questo sembra impossibile dal momento che il peso in un dato
1.3. IL SECONDO PRINCIPIO DELLA DINAMICA 7
Figura 1.5: Misura della legge oraria per caduta su un piano inclinato con
◦
α ≈ 30 . I punti A,B,C,D,E corrispondono alla distanza percorsa per t =
0, 1, 2, 3, 4, ...s espressa in cm
[F ] = [M LT −2 ] (1.4)
Nel sistema MKS si sceglie come unità di misura della massa il kg-massa.
L’unità di misura della forza è il Newton.
Un Newton 1N corrisponde all’intensità della forza che imprime un’acceler-
azione di 1m/s2 ad un corpo di massa pari ad 1kg.
Nel sistema CGS l’unità di massa è il grammo, pari a un millesimo di un
kg. L’unità di misura della forza è la dyn (dal greco dynamis). Una dyn
imprime un’accelerazione di 1cm/s2 al corpo con massa 1g. Si ha
Fx = max
Fy = may
Fz = maz (1.5)
2. esse non possono dipendere dalla posizione del corpo in esame rispet-
to all’osservatore, ma dalla posizione rispetto agli altri corpi con cui
interagisce (posizioni relative dei corpi);
3. esse non possono dipendere dalla velocità del corpo in esame ma dalle
velocità rispetto agli altri corpi (velocità relative).
d2~r(t)
F~ = m (1.6)
dt2
12 CAPITOLO 1. DINAMICA DEL PUNTO MATERIALE
F~ = F~ (~r, ~v , t)
= F~ (x, y, z, ẋ, ẏ, ż, t) (1.8)
d~r(t)
~v (t) = (1.11)
dt
Ovviamente, nel caso di leggi di forze nella forma più generale, la determi-
nazione delle componenti della velocità e del vettore posizione richiede la
soluzione di un sistema di equazioni differenziali del primo ordine.
In quel che segue mostriamo come si possa affrontare e risolvere il prob-
lema dinamico partendo dalla legge del moto per forze specifiche.
F~ = Fx î + Fy ĵ + Fz k̂ (1.12)
Fx = max
Fy = may
Fz = maz
Fx
ax =
m
Fy
ay =
m
Fz
az = (1.13)
m
Se indico con t0 l’istante iniziale e con ~v (t0 ) = v0x î + v0y ĵ + v0z k̂ la velocità
a tale istante, avrò che
vx (t) = v0x + ax (t − t0 )
vy (t) = v0y + ay (t − t0 )
vz (t) = v0z + az (t − t0 ) (1.14)
14 CAPITOLO 1. DINAMICA DEL PUNTO MATERIALE
Esercizio
Un corpo di massa m = 0.4kg si muove su una retta. A partire dall’istante
t = 0, quando la velocità è v(0) = 3.6 m/s, sul corpo agisce una forza di
modulo costante |F~ | = 3.8 N , che forma un angolo costante α con la retta.
Dopo un percorso di s = 20 m il corpo ha una velocità pari a v = 14.8 m/s.
Determinare (i) il valore di α, (ii) il tempo impiegato a percorrere la distanza
di 20 m.
Soluzione
Scegliamo il punto x(0), posizione iniziale del corpo, come origine, vale a
dire x(0) = 0.
Dalle leggi del moto uniformemente accelerato
1
v = v(0) + at x − x(0) = v(0)t + at2
2
eliminando t ottengo per la distanza percorsa
v 2 − v(0)2
x − x(0) = s =
2a
da cui posso ricavare l’accelerazione
Fx |F~ | cos α
a= =
m m
ovvero
ma
cos α = = 0.542 α = 57◦
|F~ |
(ii) il tempo impiegato dal corpo a percorrere i 20m è
Esercizio
Gli aerei che decollano dal ponte di una portaerei sono lanciati con una
catapulta. Per capire perchè occorra questo sistema, e non basti la forza
propulsiva del motore, consideriamo alcuni valori tipici: massa aereo 10
tonellate, pari a 104 kg, velocità minima di decollo 85 m/s, lunghezza del
ponte di volo 100 m. Durante il lancio l’aereo viene spinto sia dalla catapul-
ta sia dal proprio motore a pieno regime. (i) Quanto vale la forza propulsiva
totale necessaria per portare l’aereo alla velocità di decollo? Un tipico mo-
tore progettato per questo scopo sviluppa una spinta massima di 105 N .
(ii) Quale frazione della forza totale è fornita dal motore? (iii) Quanto deve
essere lunga la pista di decollo per decollare senza catapulta?
Soluzione
(i) se indico con t∗ il tempo necessario per raggiungere la velocità di decollo,
con v ∗ tale velocità e con a l’accelerazione supposta costante, ottengo
v∗
t∗ =
a
la distanza percorsa sarà data da
1 1 v ∗2 1 v ∗2 m
s(t∗ ) = at∗2 = =
2 2 a 2 F
Sostituendo i valori si ottiene la forza propulsiva necessaria
mv ∗2 (85)2 × 104
F = = = 3.61 × 105 N
2s(t∗ ) 200
105
f= ≈ 0.28
3.61 × 105
(iii) Nel caso l’aereo dovesse decollare con la sola forza del motore avremmo
mv ∗2 (85)2 × 104
s= = = 361.25 m
2Fmot 2 × 105
F~ = −k(P − O) (1.16)
F = −kx (1.17)
d2 x(t) k
a= =− x (1.18)
dt2 m
ovvero, posto
k
ω2 = (1.19)
m
18 CAPITOLO 1. DINAMICA DEL PUNTO MATERIALE
otteniamo la
d2 x(t)
+ ω 2 x(t) = 0 (1.20)
dt2
che, come già sappiamo, è l’equazione dell’oscillatore armonico di pulsazione
ω. Sappiamo pertanto qual’è la soluzione di questa equazione una volta date
le condizioni iniziali.
1.5.2 Applicazioni
Nei sistemi meccanici le parti vibranti possono spesso essere simulate da
sistemi di molle con opportune costanti elastiche. Questi elementi possono
essere disposti in serie o in parallelo. Essi sono di regola sostituibili da un
singolo moto armonico con una costante elastica effettiva. Per illustrare
come questo avvenga consideriamo il caso di un sistema costituito da due
molle nelle due configurazioni.
• Disposizione in serie
Come esempio di questo caso consideriamo (fig. 9) il sistema costi-
x = x1 + x2 (1.21)
Possiamo scrivere che la forza di richiamo che agisce sulla massa è data
da
F = −Kx (1.22)
1.5. LA FORZA ELASTICA 19
deformazione delle due molle, ognuna delle quali contribuisce alla forza
di richiamo che agisce sulla massa, vale a dire
F = −k1 x − k2 x = −Kx (1.24)
Pertanto la costante elastica effettiva è somma delle due costanti
K = k1 + k2 (1.25)
20 CAPITOLO 1. DINAMICA DEL PUNTO MATERIALE
|F | = k(a − a0 ) (1.26)
F = Fs + Fd = −k(x − a0 ) + k(2a − x − a0 )
= −2k(x − a) (1.27)
Dalla seconda legge della dinamica abbiamo che l’equazione del moto
del corpo è
d2 x
M 2 = −2k(x − a) (1.28)
dt
Introducendo lo spostamento
η =x−a (1.29)
1.5. LA FORZA ELASTICA 21
d2 η
M = −kη (1.30)
dt2
che è l’equazione dell’oscillatore armonico. Possiamo concludere che
il sistema oscilla in modo armonico con pulsazione ω = 2k/M , vale a
dire
η(t) = x(t) − a = A cos(ωt + α) (1.31)
L’ampiezza e lo sfasamento dipendono dalle condizioni iniziali.
d2 y
M = −2k sin θ(l − a0 )
dt2
y a0
= −2k(l − a0 ) = −2ky(1 − )
l l
a0
= −2ky(1 − p ) (1.32)
a2 + y 2
L’equazione differenziale che risulta non è quella di un oscillatore ar-
monico, in quanto la forza non è una funzione lineare della defor-
mazione lungo y.
Possiamo considerare due situazioni in cui è possibile ricavarne una
soluzione approssimata.
d2 y
= −ω 2 y (1.33)
dt2
con r
2k
ω= (1.34)
M
Si ha pertanto un’oscillazione armonica con pulsazione pari a
quella del caso longitudinale.
2. II Approssimazione: y << a si assume che gli spostamenti
verticali siano piccoli rispetto alla lunghezza a.
In tale caso
l2 = y 2 + a2 ≈ a2
che porta a scrivere l’equazione come
d2 y 2k a0
2
= − (1 − )y (1.35)
dt M a
Si ha pertanto di nuovo un moto armonico con pulsazione
r
2k
Ω= (a − a0 ) (1.36)
Ma
Si noti come questa frequenza sia diversa da quella delle oscil-
lazioni longitudinali.
1.6. LA FORZA PESO 23
ẍ + ω 2 x = 0 (1.39)
2
ÿ + ω y = 0 (1.40)
che sono le equazioni del moto di due oscillatori con le stessa frequenza ω.
Come già sappiamo le soluzioni possono scriversi nella forma
da cui otteniamo
A = 5m δ=0 B = 1m γ=0
Segue che √ √
x(t) = 5 cos( 6t) y(t) = cos( 6t)
Il moto avviene sulla retta y = x/5.
ovvero
k mg
z̈ = − (z + ) = −ω 2 (z − z0 ) (1.47)
m k
k
con ω 2 = m .
Introduciamo la variabile η = z −z0 che fornisce lo spostamento rispetto alla
posizione di equilibrio. Evidentemente η̈ = z̈, per cui l’equazione diventa
η̈ + ω 2 η = 0 (1.48)
1.7 Applicazioni
Esercizio
Un corpo di massa M = 10 kg è sospeso ad un dinamometro che, a sua
volta, è fissato al soffitto della cabina di un ascensore. Determinare:
(i) la forza Fd applicata al dinamometro quando la cabina è in quiete,
(ii) come cambia Fd nel caso in cui la cabina si muove verso l’alto e accelera
con accelerazione a = 1.30 m/s2 lungo la verticale,
(iii) il valore di Fd se la cabina è soggetta ad un’accelerazione verso il basso
pari a a = −1.30 m/s2
Soluzione
(i) Il corpo è fermo e pertanto la forza dovuta alla molla del dinamometro
diretta verso l’alto equilibra la forza peso. Pertanto
Fd = P = M g = 98N
Fd − M g = −M a
26 CAPITOLO 1. DINAMICA DEL PUNTO MATERIALE
ovvero
Fd = M (g − a) = 10(9.8 − 1.3) = 85N
In questo caso il peso indicato è inferiore a quello a riposo.
Va osservato che discende dall’ultimo risultato che se la cabina cade (per la
rottura del cavo dell’ascensore), allora g = a e il dinamometro non registra
alcuna deformazione.
Esercizio
Un ascensore è soggetto a un’accelerazione verso l’alto a = 1.3 m/s2 . Nel-
l’istante in cui la velocità verso l’alto è pari a v0 = 2.6 m/s dal soffitto della
cabina, alta H = 2.8 m, cade un bullone allentato. Calcolare
(i) il tempo di caduta del bullone sul pavimento della cabina;
(ii) la distanza d di caduta rispetto ad un osservatore al suolo.
Soluzione
(i) Come osservato in precedenza, il bullone cade con un’accelerazione a + g.
Tale accelerazione è quella misurata dall’osservatore nella cabina. Per questo
osservatore la velocità iniziale del bullone è nulla. Indicando con t0 l’istante
iniziale il tempo di caduta è dato dalla
1
H = (a + g)(t − t0 )2
2
ovvero s r
2H 5.6
t − t0 = = = 0.71 s
a+g 11.1
(ii) Per l’osservatore esterno durante l’intervallo di tempo della caduta del
bullone la cabina ha percorso un tratto verticale pari a
1
D = v0 (t − t0 ) + a(t − t0 )2
2
con i dati del problema si ottiene D = 2.17 m. Pertanto la distanza percorsa
dal bullone risulta per tale osservatore pari a
d = H − D = 0.63 m
soggetto ad una forza F~BA su di esso esercitata dal corpo A. Il terzo principio
stabilisce la relazione che intercorre tra queste due forze.
Esso afferma che se un corpo A esercita su un corpo B una forza
FBA , il corpo B esercita su A una forza F~AB che ha uguale direzione,
~
pari intensità e verso opposto, vale a dire
la linea di azione delle forze è la retta congiungente i due corpi. Si suole dare
alle due forze, che agiscono su corpi diversi, cioè una su A e l’altra su
B, l’appellativo di forza di azione e forza di reazione. Il Principio va anche
sotto il nome di Principio di Azione e Reazione. L’attribuzione dei due nomi
è tuttavia arbitraria. Ciascuna delle due forze può considerarsi di azione o
di reazione.
Va sottolineato ancora una volta che i due corpi sono supposti puntiformi
(non potremmo altrimenti parlare di linea di azione della forza).
La donna esercita sulla cassa una forza orizzontale F~CD . Sotto l’azione
della forza la cassa si muove in tale direzione. D’altra parte la cassa
esercita sulla donna una forza F~DC = −F~CD . Pertanto la donna viene
accelerata nella stessa direzione ma con verso opposto.
Questa conclusione sembra contraddire l’esperienza: in effetti se le
cose andassero in questo modo non sarebbe agevole spostare un cassa.
Questo è tuttavia esattamente quello che accade quando si cerca di
spostare un corpo su una superficie liscia (come ad esempio una strada
ghiacciata).
Quello che accade invece di solito è che la forza di attrito tra il
pavimento e le scarpe della donna agisce in direzione opposta a quella
28 CAPITOLO 1. DINAMICA DEL PUNTO MATERIALE
F~C = mc~a
FCU − FCB = mc a
Si noti come la forza che l’uomo esercita sulla corda non si trasmette in-
tegralmente al blocco, a meno che la massa della corda non sia trascur-
abile.
1.10 Esercizi
1. Un corpo di massa m = 1kg cade verso la Terra con accelerazione ~g
come conseguenza della forza esercitata dalla Terra su di esso. Deter-
minare:
(i) la forza esercitata dal corpo sulla Terra,
(ii)l’accelerazione della Terra dovuta a tale forza,
(iii) lo spostamento che la Terra subisce nel tempo di caduta del
corpo se questo cade da un’altezza h = 10 m. (Massa della Terra
M ≈ 6 × 1024 kg)
Soluzione
• (i) la forza peso del corpo è P~ = m~g , la forza che il corpo esercita
sulla Terra è −P~ ed è diretta lungo la verticale dalla Terra al
corpo.
• (ii) l’accelerazione della Terra è
m 9.8
aT = g = 10−24 × = 1.6 × 10−24 m/s2
M 6
• (iii) il tempo di arrivo al suolo è
s
2h
t= = 1.43 s
g
Integrazione dell’equazione
del moto
Abbiamo già osservato che possiamo scrivere il secondo principio come un’e-
quazione differenziale vettoriale del primo ordine nell’incognita ~v (t), ovvero
tre equazioni scalari, vale a dire
dvx (t)
Fx = m
dt
dvy (t)
Fy = m
dt
dvz (t)
Fz = m (2.1)
dt
Il problema della dinamica consiste nel risalire dalla conoscenza
delle forze alla velocità e alla legge oraria.
In questo capitolo ci proponiamo di affrontare questo problema per moti
semplici. A questo fine introduciamo gli strumenti matematici appropriati,
vale a dire i concetti di integrale indefinito e definito, applicandoli a specifici
problemi meccanici.
dy(x)
= f (x) (2.2)
dx
ove y(x) è l’incognita, x è la variabile indipendente e f (x) è una funzione
nota della x definita in un certo intervallo di valori. Il problema è deter-
minare le funzioni y(x) che godono della proprietà che la loro derivata prima
33
34 CAPITOLO 2. INTEGRAZIONE DELL’EQUAZIONE DEL MOTO
y(x) = g(x) + C
essa soddisfa l’equazione. Segue da ciò che la soluzione generale può scriversi
come
A
y(x) = F (x) + C = eαx + C
α
dy(x)
= f1 (x) ± f2 (x) (2.6)
dx
posto di conoscere le due funzioni primitive
Z
F1 (x) = f1 (x)dx
Z
F2 (x) = f2 (x)dx (2.7)
1. Esempio
Moto unidimensionale con accelerazione costante
In questo caso abbiamo
dv(t) F
= =a (2.9)
dt m
La primitiva della costante a è evidentemente at. Possiamo pertanto
scrivere che
v(t) = at + C
Per determinare la costante supponiamo di conoscere il valore della
velocità all’istante t0 , cioè v0 = v(t0 ). Segue da ciò che
v0 = at0 + C
C = v0 − at0
da cui ottengo
v(t) = a(t − t0 ) + v0
che è l’espressione per la velocità precedentemente derivata per un mo-
to unidimensionale uniformemente vario.
Se ora, conoscendo la velocità vogliamo risalire alla legge oraria dob-
biamo risolvere l’equazione differenziale del primo ordine
dx(t)
= a(t − t0 ) + v0
dt
Osserviamo che
Z
a 2
atdt = t
2
Z
(v0 − at0 )dt = (v0 − at0 )t
da cui otteniamo
1
x(t) = at2 + (v0 − at0 )t + C
2
la costante C può determinarsi dalla conoscenza della posizione all’is-
tante t0 . Si ha infatti
1
x(t0 ) = x0 = at20 + (v0 − at0 )t0 + C
2
1 2
C = x0 − at0 − (v0 − at0 )t0
2
da cui deriviamo la legge oraria nella forma già nota
1
x(t) = x0 + v0 (t − t0 ) + a(t − t0 )2
2
Questo esempio illustra due concetti
2.2. QUALCHE SEMPLICE APPLICAZIONE ALLA DINAMICA 37
2. Esempio
Legge oraria di un moto unidimensionale
Come secondo esempio consideriamo il caso di un moto unidimension-
ale la cui velocità sia espressa dalla funzione
v(t) = v0 (1 − e−βt )
dx(t)
= v0 − v0 e−βt
dt
otteniamo
v0 −βt
x(t) = v0 t + e +C
β
Se imponiamo la condizione iniziale x(0) = 0, otteniamo C = − vβ0 e
l’espressione della legge oraria risulta
v0 −βt
x(t) = v0 t + (e − 1)
β
3. Esempio
Moto unidimensionale con accelerazione periodica
Consideriamo il caso di un moto che soddisfa la seguente legge
F (t)
a(t) = = −B cos (ωt + γ)
m
con B > 0. A prima vista sembra possibile concludere che si tratti di
un moto armonico. In effetti se poniamo A = ωB2 otteniamo la stessa
espressione dell’accelerazione di un moto armonico di ampiezza A.
Tuttavia le cose non stanno esattamente cosı̀, come emerge dall’inte-
grazione della legge della dinamica per questo caso.
Consideriamo dapprima l’equazione del primo ordine per la velocità
dv(t)
= −B cos (ωt + γ)
dt
Ora si verifica facilmente che
Z
1
cos (ωt + γ)dt = sin (ωt + γ)
ω
Pertanto si ha
B
v(t) = − sin (ωt + γ) + C1
ω
con C1 costante da determinare dalla condizione iniziale sulla velocità.
L’equazione per la legge oraria è
dx(t) B
= − sin (ωt + γ) + C1
dt ω
Poichè
Z
1
sin (ωt + γ)dt = − cos (ωt + γ)
ω
Z
C1 dt = C1 t
B
x(t) = cos (ωt + γ) + C1 t + C2
ω2
Come si vede occorrono due condizioni per determinare le due costanti.
Nell’ipotesi che C1 = 0, la legge oraria risulta essere quella di un moto
armonico con punto di equilibrio a x = C2 e di ampiezza A = ωB2 .
Infatti in tale caso la legge oraria ha la forma
2.2.1 Esercizi
1. Esercizio
La velocità del moto piano di una particella varia nel tempo secondo
le
ẋ(t) = 4t3 + 4t ẏ(t) = 4t m/s
Sapendo che, al tempo t = 0s la particella si trova in P0 ≡ (1, 2) m,
determinare:
(i) la legge oraria;
(ii) la traiettoria della particella.
Soluzione
(i) la legge oraria relativa alla coordinata x risulta da
Z Z
t3 dt + tdt = t4 + 2t2 + C1
x(t) = 4
x(0 s) = 1 m C1 = 1 m
y(0 s) = 2 m C2 = 2 m
2. Esercizio
Una particella parte dall’origine a t = 0 con velocità v0 = −2 m/s
nella direzione delle x negative. Essa è sottoposta ad un’accelerazione
a = kt con k = 0.1 m/s2 . Determinare (i) l’istante t1 e la posizione
x(t1 ) in cui la velocità della particella si annulla e il moto si inverte;
(ii) l’istante t2 in cui ripassa per l’origine, (iii) la velocità v(t2 ).
Soluzione
Per derivare la velocità e la legge oraria occorre integrare l’equazione
del moto. Osserviamo che
t2
Z Z
v(t) = a(t)dt + C1 = ktdt + C1 = k + C1
2
Date le condizioni iniziali del problema, la costante C1 è evidentemente
uguale a v0 .
Possiamo derivare la legge oraria dalla
t2
Z Z Z
xt) = v(t)dt + C2 = k + v0 dt + C2
2
t3
= k + v 0 t + C2
6
Dato che all’istante iniziale la particella si trova nell’origine dobbiamo
avere C2 = 0. Siamo ora in grado di rispondere alle domande del
problema.
(i) La condizione v(t1 ) = 0 comporta che
2v0 √
r
t21
v0 + k = 0 t1 = − = 40 = 6.32 s
2 k
La posizione a tale istante sarà
t31 0.1
x(t1 ) = k + v0 t1 = (6.3)3 − 12.65 = −8.43 m
6 6
(ii) La particella ripassa per l’origine quando x(t2 ) = 0, vale a dire
t32
v0 t 2 + k =0
6
2.2. QUALCHE SEMPLICE APPLICAZIONE ALLA DINAMICA 41
t22
v(t2 ) = v0 + k
2
otteniamo v = 3.99 m/s.
3. Esercizio
La velocità di un moto unidimensionale è espressa dalla
4. Esercizio
L’accelerazione di un moto unidimensionale è data in m/s2 da
a(t) = −ω 2 A cos(ωt)
= −ωA sin(ωt) + C
dato il valore della velocità iniziale, si deve avere C = 4 m/s, per cui
x(t) = A cos(ωt) − (2 + A) + 4t
5. Esercizio
Una particella si muove lungo l’asse x con accelerazione a = −2x.
Trovare la relazione tra velocità e posizione supponendo che per x = 0
la velocità sia v0 = 4 m/s.
Soluzione
Osserviamo che essendo
dv dx
a= v=
dt dt
si ha
dv
av = v
dt
ovvero
avdt = vdv adx = vdv
2.3. INTEGRALE DEFINITO 43
−2xdx = vdv
ovvero integrando Z Z
−2 xdx = vdv
ovvero
1 2
v = −x2 + C
2
la costante di integrazione si determina dalla condizione iniziale
1
C = v02 = 8 m/s
2
da cui si ottiene p
v= 16 − 2x2 m/s
che rappresenta l’integrale definito della funzione f (x) tra i due estremi a
(estremo inferiore) e b (estremo superiore).
Per comodità spesso si usa la notazione
dy(x)
= f (x) (2.14)
dx
possiamo scriverla anche nella forma che lega il differenziale della funzione
a quello della variabile indipendente, vale a dire
ovvero
dF (x)
dy(x) = dx (2.16)
dx
con F (x) funzione primitiva della f (x).
Notiamo che, poichè y(x) = F (x) + C, la differenza tra il valore della
funzione y2 = y(x2 ) in un punto x2 e y1 = y(x1 ) in un punto x1 sarà data
da
y2 − y1 = F (x2 ) − F (x1 ) (2.17)
Dal momento che la variazione della y(x) tra x1 e x2 è somma delle variazioni
infinitesime dy scriveremo
Z
y2 − y1 = dy (2.18)
Elenchiamo alcune proprietà utili al fine del calcolo degli integrali defini-
ti. La dimostrazione può ottenersi dalla definizione sopra data, ed è argo-
mento dei corsi di analisi.
Z b Z a
f (x)dx = − f (x)dx
Z aa b
f (x)dx = 0
a
Z b Z b
Cdx = C dx = C(b − a)
a a
Z b Z b Z b
(f (x) ± g(x))dx = f (x)dx ± g(x)dx
a a a
Z b Z b
Cf (x)dx = C f (x)dx
a a
Z b Z c Z b
f (x)dx = f (x)dx + f (x)dx (2.21)
a a c
2.4 Esempi
Esercizio
Una particella si muove lungo una retta con una velocità data dalla funzione
v(t) = t2 − t − 6m/s
Pertanto otteniamo
15
x(4) − x(1) = 21 − − 18
2
9
= − = −4.5 m
2
Il fatto che lo spostamento sia negativo significa che nell’intervallo consid-
erato la particella si è spostata di 4.5 m verso sinistra.
(ii) Osserviamo che
t2 − t − 6 = (t − 3)(t + 2)
cioè la velocità si annulla a t = 3s. Inoltre v(t) < 0 nell’intervallo 1 ≤ t < 3s
e v(t) > 0 per 3 < t ≤ 4s. Per calcolare la distanza l percorsa occorre
integrare il valore assoluto della velocità (velocità scalare). Avremo pertanto
Z 4 Z 3 Z 4
l= |v(t)|dt = − v(t)dt + v(t)dt
1 1 3
Poichè
Z 3
1 1 2 22
v(t)dt = (33 − 13 ) − (3 − 12 ) − 6(3 − 1) = −
1 3 2 3
Z 4
1 1 2 17
v(t)dt = (43 − 33 ) − (4 − 32 ) − 6(4 − 3) =
3 3 2 6
otteniamo
61
l= = 10.17 m
6
da cui si ottiene
y(t) = F (t) − F (t0 ) + y0
ovvero
y(t) − y0 = F (t) − F (t0 ) (2.24)
Questa può evidentemente scriversi nella forma
Z y Z F (t) Z t
dy = dF = f (t)dt (2.25)
y0 F (t0 ) t0
2.5.1 Applicazioni
Esercizio
Ad una particella di massa m = 1 kg, inizialmente in quiete nell’origine,
viene applicata la forza espressa in N
F~ = 2î + 24xĵ
Esercizio
La velocità di una particella in moto lungo l’asse x varia nel tempo con la
legge v = V e−αt con V e α costanti. All’istante t = 0 la posizione è x(0) = 0.
Inoltre è noto che (i) a t = 1 s, x(1) = 5 m e per t >> α1 s, x(t) = 20 m.
Determinare (i) la legge oraria, (ii) i valori di V e α.
Soluzione
(i) Dalla
Z t
x(t) − x(t0 ) = v(t)dt
t0
1
(1 − eα ) = 5 m
x(1) =
α
1
x(∞) = V = 20 m
α
Dalla seconda ho V = 20α, che sostituita nella prima porta a
3
20e−α = 15 α = − ln( ) = 0.288 s−1
4
Esercizio
Un corpo si muove su una circonferenza di raggio R = 1.3 m con un’accel-
erazione angolare
α(t) = 120t2 − 48t + 16 rad/s2
[I] = [M LT −2 T ] = [M LT −1 ]
~ = F~ (t)dt = m d~v dt
dI(t) (3.2)
dt
ove si è utilizzato il secondo principio. Osserviamo ora che md~v = d(m~v ).
Pertanto, introducendo la grandezza quantità di moto (o momento lineare)
della particella al tempo t
p~(t) = m~v (t) (3.3)
51
52 CAPITOLO 3. IMPULSO E QUANTITÀ DI MOTO
si può scrivere
~ = d~
dI(t) p(t)
Z p
~ =
I(t) d~
p(t)
0
= p~(t) − p~(0) (3.4)
Esempi
~ 0 = −V
V ~ opposta a quella incidente. La variazione della quantità di
moto è pertanto
mV~ 0 − mV~ = −2mV ~ = I~
sono quelle dovute alle reciproche interazioni tra i due corpi, vale a
dire F12 forza che il corpo 2 esercita sul corpo 1, e F21 forza che il
corpo 1 esercita sul corpo 2. Per il terzo principo esse sono uguali
ed opposte. Se i corpi sono neutri, ci aspettiamo che le forze siano
nulle prima che essi vengano a contatto, siano piccole al momento del
contatto e crescano bruscamente fino ad un massimo, per annullarsi
infine quando i due corpi si allontanano di nuovo.
In un qualsiasi istante in cui i due corpi sono a contatto avremo
dv1 dv2
F12 = m1 F21 = m2
dt dt
Indicando con t0 l’istante in cui i due corpi si toccano e t0 quello in cui
i due corpi si separano, si ottiene
Z t0 Z v0
1
F12 (t)dt = m1 dv1
t0 v1
Z t0 Z v20
F21 (t)dt = m2 dv2
t0 v2
ovvero
Z t0
m1 v10 − m1 v1 = F12 (t)dt
t0
Z t0
m2 v20 − m2 v2 = F21 (t)dt
t0
3.1. FORZE IMPULSIVE 55
4. Esercizio
Una palla da golf ha una massa di m = 5g. Se la velocità che es-
sa acquista quando colpita da un giocatore con la mazza è pari a
v = 67.5m/s, quanto vale l’impulso del colpo? Posto che il tempo di
collisione sia pari a ∆t = 0.0005s Qual’è il valore della forza media
esercitata sulla palla?
Soluzione
Dato che la palla è inizialmente ferma abbiamo
I
F = = 676 N
∆t
5. Esercizio
Un ciclomotore con massa pari a 110 kg parte da fermo e raggiunge
una velocità costante in 20 s. Durante la fase di accelerazione la forza
esercitata sul ciclomotore è data da f = 100 − 0.25t2 N con t espresso
in secondi. Determinare la velocità finale v del ciclomotore.
Soluzione
56 CAPITOLO 3. IMPULSO E QUANTITÀ DI MOTO
L’impulso è dato da
Z 20
I= (100 − 0.25t2 )
0
203
= 100 × 20 − 0.25
3
2
= 2000 × = 1333 N s
3
Poichè la velocità iniziale è nulla l’impulso è uguale alla quantità di
moto finale. Pertanto
I 1333
v= = = 12.1 m/s = 43.6 km/h
m 110
d~
p
F~ = (3.7)
dt
A prima vista questo appare come un passaggio inutile dal momento che,
essendo la massa di una particella costante, si ha che
d~
p = dm~v = md~v
4.1 Premessa
Consideriamo in questo capitolo la forza associata alla resistenza che un
fluido fermo (aria, acqua, olio, etc.) oppone ad un corpo mobile puntiforme.
Il problema è complesso. Ci limitiamo a considerare i casi in cui la forza
può essere espressa da una legge del tipo
F~ = −f (v)v̂ (4.1)
ove si è indicato con v = |~v | il modulo della velocità istantanea. Per
velocità non troppo elevate la funzione f (v) ha la forma
f (v) = bv + cv 2 = fvis + fidr (4.2)
con b > 0 e c > 0. Il segno negativo nell’espressione della forza F~ indica che
essa ha verso opposto a quello della velocità. La forza si compone di due
termini con le seguenti caratteristiche:
• fvis è detta forza di attrito viscoso ed è lineare nel modulo della
velocità. Il coefficiente b dipende dalla viscosità del fluido e dalle
dimensioni del corpo. Dimensionalmente [b] = [M T −1 ]. Per un corpo
sferico b = βD ove D è il diametro e β = 3πη, dove η è la viscosità
del mezzo. La viscosità è una proprietà fondamentale di un fluido e
indica come strati diversi di fluido possono scorrere gli uni sugli altri.
Il suo valore dipende dalla pressione e dalla temperatura del fluido.
Dimensionalmente si ha
[η] = [M L−1 T −1 ]
Nel sistema MKS dovrebbe misurarsi in kg/ms, ma in pratica si usa
il poise (1poise = 10−1 kg/ms). L’aria a pressione atmosferica e tem-
peratura di 20◦ C ha viscosità η = 1.71 × 10−4 poise. Per un corpo
sferico che si muove in aria avremo dunque
β = 1.61 × 10−3 poise = 1.61 × 10−4 kg/ms
57
58 CAPITOLO 4. FORZE DI ATTRITO NEI FLUIDI
Possiamo risolvere questo tipo di equazioni differenziali del primo ordine con
il metodo di separazione delle variabili .
Notiamo che l’equazione può scriversi anche come
m
dt = − dv = g(v)dv (4.4)
f (v)
Figura 4.2: Legge oraria per il moto in un fluido viscoso con x(0) = 0
x∞ = x(0) + v0 τ (4.17)
Per verificare questo risultato scriviamo l’equazione del moto per un corpo
di massa m soggetto ad una forza costante F > 0 e alla forza di attrito
viscoso (sempre supponendo un moto rettilineo)
mẍ = F − bv (4.19)
con v0 = v(t0 ).
Si verifica facilmente che se b = 0, cioè in assenza di attrito, si ottiene che la
velocità cresce linearmente con il tempo, come in un moto uniformemente
accelerato. Se b 6= 0 avremo
F − bv
ln | | = −k(t − t0 ) (4.23)
F − bv0
ove si è usata la relazione
Z
1 1
= ln(Ax + B)
Ax + B A
e k = b/m. Poniamo che v0 = 0, cioè il corpo sia inizialmente fermo. La
velocità comincia a crescere sotto l’azione della forza costante. Se bv < F
l’espressione della velocità è data da
F
v(t) = [1 − e−k(t−t0 ) ] (4.24)
b
4.4. MOTO CON ATTRITO VISCOSO E FORZA COSTANTE 63
Si vede come la velocità cresce in ragione della forza F dal valore zero ad
un valore limite per t → ∞, pari a vL = Fb . Questo è il valore della velocità
per il quale la forza di attrito viscoso è di intensità pari a quella della forza
costante. Per v = vL l’accelerazione è nulla e quindi il corpo si muove di
moto rettilineo uniforme. Possiamo scrivere l’equazione precedente anche
come
v(t) = vL (1 − e−k(t−t0 ) ) (4.25)
Se v0 6= 0 e F > bv0 , avremo che la velocità potrà crescere da v0 fino al
valore vL . L’espressione della velocità in questo caso risulta data da
F F
v(t) = + (v0 − )e−k(t−t0 ) (4.26)
b b
Se consideriamo il caso della forza peso F = P = −mg (il segno meno
viene dal fatto che la forza è diretta nel verso negativo della verticale), la
velocità limite è vL = − mg
b .
Pertanto un corpo che cade nell’aria in presenza di attrito viscoso non pre-
senta il comportamento previsto dalla legge di Galileo: per tempi di caduta
sufficientemente lunghi, il moto diventa rettilineo uniforme.
Possiamo derivare la legge oraria. Posto per semplicità t0 = 0 abbiamo
(con τ = 1/k))
Z t
x(t) = x(0) + v(t)dt
0
F t −t/τ
Z
F
= x(0) + t − e dt
b b 0
F F
= x(0) + t + τ (e−t/τ − 1)
b b
= x(0) + vL t − vL τ (1 − e−t/τ ) (4.27)
x(t) = x(0) + vL (t − τ )
4.4.1 Esercizi
1) Esercizio
Le gocce di pioggia hanno un raggio dell’ordine di R = 1.5 mm e densità
pari a ρ = 1 gr/cm3 . Posto che cadano da un’altezza h = 5000 m, che è
l’altezza tipica delle nubi dette altostrati, dovrebbero arrivare al suolo con
una velocità
p p
v = 2gh = 2 × 5 × 103 × 9.8 = 313 m/s = 1118 km/h
64 CAPITOLO 4. FORZE DI ATTRITO NEI FLUIDI
Un proiettile a queste velocità per quanto piccolo sarebbe letale. Per fortuna
le gocce cadono a velocità molto minore a causa della forza di attrito, che per
piccoli corpi possiamo assumere proporzionale alla velocità. Tipicamente la
velocità al suolo è pari a 7 m/s. Calcolare il valore di b.
Soluzione
La velocità limite per un corpo di massa m che cade in un fluido è
mg
vL =
b
da cui ho
mg
b=
vL
Nel caso in esame abbiamo
4π 3 4π
m= R ρ= (1.5)3 × 10−9 × 103 = 14.1 × 10−6 kg
3 3
da cui si ottiene
14.1 × 10−6 × 9.8
b= = 1.97 × 10−5 kg/s
7
2) Esercizio
Lungo una guida circolare liscia di raggio R si muove una particella di massa
m. Il mezzo circostante esercita sulla particella una forza viscosa F~ = −b~v
con b > 0. Posto che la velocità iniziale della particella valga in modulo
b
v0 = m 6πR, determinare (i) la legge oraria, (ii) il numero di giri compiuti
prima di arrestarsi, (iii) il tempo impiegato a percorrere il primo giro.
Soluzione
(i) L’accelerazione tangenziale della particella è
b
~at = − ~v
m
in quanto la forza di attrito ha la direzione della velocità che, come sappiamo
è diretta lungo la tangente. L’accelerazione normale è data da
v2
an =
R
Come in ogni moto circolare, la legge oraria è data dalla funzione φ(t), che
esprime come varia l’angolo tra il vettore posizione e l’asse delle ascisse in
funzione del tempo. Ora osserviamo che
~v = Rφ̇τ̂ at = Rφ̈
ovvero,
dφ̇
= −bφ̇
dt
Separando le variabili
dφ̇ b
= − dt
φ̇ m
che, integrata con istante iniziale t = 0 e valore iniziale φ̇(0), porta a
b
ln φ̇(t) − ln φ̇(0) = − t
m
da cui si ottiene
bt
φ̇(t) = φ̇(0)e− m
ovvero, utizzando la φ̇(0) = v0 /R,
6πb − bt
φ̇(t) = e m
m
Come si vede la velocità angolare decade in modo esponenziale.
Possiamo integrare questa funzione per ottenere la legge oraria
6πb t − b t
Z
φ(t) − φ(0) = e m
m 0
6πb m − bt
= (− )(e m − 1)
m b
bt
= 6π(1 − e− m )
φ(t) − φ(0) = 2π
che porta a
m 3
t= ln
b 2
3) Esercizio
Un corpo di massa m è lanciato verticalmente verso l’alto con velocità iniziale
v0 in un mezzo con attrito viscoso. Si ricavi (i) l’espressione della velocità
in funzione del tempo e la legge oraria, (ii) l’altezza massima cui arriva il
corpo.
Soluzione
66 CAPITOLO 4. FORZE DI ATTRITO NEI FLUIDI
(i) Indichiamo con z la coordinata verticale con asse rivolto verso l’alto.
L’equazione per la velocità è
dv
= −g − kv
dt
con k = b/m. Abbiamo pertanto, separando le variabili e prendendo l’istante
iniziale come origine dei tempi,
Z v Z t
1
dv = − dt
v0 g + kv 0
che porta a
Indicando con vL = g/k la velocità limite per caduta di un corpo nel fluido,
potremo scrivere la velocità come
dz
= −vL + (vL + v0 )e−kt
dt
otteniamo
Z z Z t Z t Z t
dz = v(t)dt = − vL dt + (vL + v0 )e−kt dt
0 0 0 0
z(t) − z(0) = −vL t + (vL + v0 )(1 − e−kt )
ove z(0) = 0.
(ii)Per determinare l’altezza massima, calcoliamo l’istante t∗ a cui la velocità
si annulla. Avremo
∗
v(t∗ ) = 0 vL = (vL + v0 )e−kt
da cui si ottiene
vL + v0
ln( ) = kt∗
vL
1 v0
t∗ = ln(1 + )
k vL
v0
= τ ln(1 + )
vL
4.4. MOTO CON ATTRITO VISCOSO E FORZA COSTANTE 67
dv
m = −cv 2 (4.28)
dt
che si integra secondo la
Z v
dv c
= − (t − t0 ) (4.29)
v0 v2 m
ovvero
1 1 c
− = (t − t0 ) (4.30)
v v0 m
o in forma esplicita
v0
v= v0 c (4.31)
1+ m (t − t0 )
Introducendo il tempo caratteristico dell’attrito idraulico
m
τ= (4.32)
v0 c
F~visc = −b~v
F~idr = −c|~v |2 v̂
= c|~v |~v (4.35)
d~v (t)
m = m~g − b~v − c|~v |~v (4.36)
dt
dvx (t) p
m = −bvx − c vx2 + vz2 vx
dt
dvz (t) p
m = −mg − bvz − c vx2 + vz2 vz (4.37)
dt
con τ = m/b.
Per quello che riguarda il moto lungo z occorre tenere conto del fatto che
che la velocità iniziale v0z > 0 è diretta verso l’alto. Pertanto, sfruttando i
risultati del moto in un fluido in presenza di una forza costante, otteniamo
mg mg − b t
vz + = (v0z + )e m (4.40)
b b
mg
Posto vL = b si ha
b
vz = −vL + (v0z + vL )e− m t (4.41)
Nell’ipotesi che z(0) = 0, vale a dire il proiettile parta dal suolo, possiamo
integrare l’ultima espressione per ottenere la legge oraria
Z t
z(t) = vz (t)dt
0
Z t Z t
b
= −vL dt + (v0z + vL ) e− m t dt
0 0
m b
= −vL t + (v0z + vL ) (1 − e− m t ) (4.42)
b
m
Riassumendo e posto b = τ la legge oraria del moto risulta essere
t
x(t) = v0x τ (1 − e− τ )
t
z(t) = (v0z + vL )τ (1 − e− τ ) − vL t (4.43)
Reazioni vincolari
5.1 Vincoli
Con il termine vincolo si indica qualunque dispositivo dovuto a corpi
che pone dei limiti alle posizioni e/o alle velocità delle particelle.
Un sistema meccanico soggetto a vincoli è detto vincolato.
Un vincolo non dipendente dal tempo è detto fisso o scleronomo, altrimenti
è un vincolo mobile o reonomo.
A titolo di esempio si consideri il caso di un punto vincolato a muoversi su
una circonferenza di raggio R con centro nell’origine. Come sappiamo la
legge oraria è data da
Supponiamo che il centro sia mobile, per esempio si muova di moto rettilineo
uniforma con velocità VC lungo l’asse x. In tale caso la legge oraria è
Si noti che, mentre nel vincolo fisso la dipendenza temporale delle coordinate
è attraverso l’angolo φ, il vincolo mobile porta ad una dipendenza diretta
dal tempo.
In generale i vincoli mobili portano a dipendenze esplicite dal tempo delle
leggi orarie del moto.
I vincoli nella loro rappresentazione matematica si traducono in equazioni o
disequazioni che devono essere soddisfatte dai parametri che rappresentano
lo stato di moto della particella.
Per esempio, in una rappresentazione cartesiana del moto in tre dimensioni,
i vincoli che limitano le posizioni possibili di una particella a una curva o ad
una superficie, sono espressi da condizioni del tipo
f1 (x, y, z) = 0 f2 (x, y, z) = 0
73
74 CAPITOLO 5. REAZIONI VINCOLARI
f (x, y, z) = 0
nel caso di una superficie. In questi casi il vincolo è detto olonomo e bi-
laterale.
Esempi
x2 + y 2 + z 2 = R 2
x − x0 y − y0 x − x0 z − z0
= =
lx ly lx lz
Esempi
x2 + y 2 + z 2 < R 2
Vincoli che pongono limitazioni alle velocità che una particella mobile
può avere sono espressi da condizioni del tipo
~ = −F~
Φ (5.2)
Esempi
76 CAPITOLO 5. REAZIONI VINCOLARI
la verticale. Essa si può scrivere come somma del vettore proiezione lungo
la direzione normale al piano n̂ e di quello lungo la direzione tangenziale al
piano. Il primo ha modulo pari a mg cos α ed è diretto lungo la normale
al piano e in verso opposto, il secondo ha modulo mg sin α ed è diretto nel
5.3. EQUILIBRIO DI UN PUNTO MATERIALE VINCOLATO 77
~ = mg cos α n̂
Φ (5.5)
L’altra componente della forza peso non è equilibrata da alcuna forza vin-
colare in assenza di forze di attrito: per questo motivo il corpo cade lungo
il piano con accelerazione g sin α.
In presenza di attrito può accadere che il corpo rimanga fermo: esiste cioè
una reazione vincolare tangenziale che si oppone alla componente lungo il
piano della forza peso fino ad equilibrarla (vedi in seguito).
Fx (x0 , y0 , z0 ) = 0
Fy (x0 , y0 , z0 ) = 0
Fz (x0 , y0 , z0 ) = 0 (5.7)
Fx (x0 , y0 , z0 ) = 0
Fy (x0 , y0 , z0 ) = 0
Fz (x0 , y0 , z0 ) + Φ = 0 (5.8)
Ft (s0 ) = 0
Fn (s0 ) + Φn (s0 ) = 0
Fb (s0 ) + Φb (s0 ) = 0 (5.9)
ove
Ft = F~ · τ̂ è la componente tangenziale della forza risultante,
Fn = F~ · n̂ è la componente lungo la normale
Fb = F~ · b̂ è la componente lungo la binormale.
La prima equazione fornisce i valori della ascissa curvilinea per i quali
si ha equilibrio, la seconda e la terza equazione consentono la deter-
minazione delle reazioni vincolari.
5.3.1 Esercizio
Determinare le posizioni di equilibrio e la corrispondente reazione vincolare
per una particella di massa m, vincolata a muoversi su una semicirconferenza
priva di attrito di raggio R posta nel piano verticale, in presenza della forza
peso e sotto l’azione di due forze elastiche con centro nei punti A e B con
costante elastica rispettivamente data da kA e kB .
Soluzione
Immaginiamo che il moto si svolga nel piano Oxy, ove l’origine è il centro
della semicirconferenza. Le coordinate del punto P ove si trova la particella
5.3. EQUILIBRIO DI UN PUNTO MATERIALE VINCOLATO 79
5.4.1 Esercizi
(0, d).
Con la scelta del sistema di riferimento in figura, possiamo scrivere le
forze agenti sul punto,come segue:
• forza elastica
mẍ + kx = 0
mÿ + ky − kd − Φ + mg = 0
Φ = mg − kd
5.5.1 Fenomenologia
Quando si tenta di mettere in moto un corpo su una superficie con cui è a
contatto, si incontra una forza che tende ad impedire o a ritardare il movi-
mento. L’entità di questo effetto, detto attrito radente, varia in un ampio
intervallo e dipende da molti fattori (composizione chimica e morfologia del-
la superficie, presenza di un lubrificante, etc.).
Immaginiamo di avere un blocco fermo a contatto con un piano orizzontale.
Le uniche forze che agiscono sul blocco sono la forza peso P~ e la reazione
del piano di appoggio Φ ~ n . Essendo il corpo fermo, essa deve essere diretta
lungo la verticale, in verso positivo (opposto alla forza peso) e di intensità
pari a |P~ | (Fig. 5).
Poniamo ora di applicare al blocco una forza F~ orizzontale. Supponendo
di poter graduare l’intensità della forza si osserva che il blocco si muove solo
quando questa ha raggiunto un certo valore massimo (Fig. 6). Sotto tale
valore il blocco resta fermo. E’ evidente che l’applicazione al corpo della
84 CAPITOLO 5. REAZIONI VINCOLARI
Figura 5.6: Andamento delle forze di attrito in funzione della forza applicata
forza determina da parte del piano di appoggio una reazione, una forza cioè
in direzione orizzontale e di verso opposto a quella applicata (Fig. 7). Ques-
ta forza è detta forza di attrito statico radente. Essa è dovuta al vincolo
e pertanto rappresenta una reazione vincolare tangente al piano di
appoggio. Indicheremo tale forza col simbolo F~AS .
Al di sopra del valore massimo della forza applicata F~ , il corpo si muove.
Come già osservato, la F~AS e F~AD non sono altro che le componenti
tangenziali della reazione vincolare del piano. Possiamo pertanto
scrivere tale reazione come
~ =Φ
Φ ~t +Φ
~ n = F~AS + Φ
~n (5.14)
• la forza di attrito dinamico non dipende dal modulo della velocità del
corpo (come sappiamo questo non vero nei fluidi);
• sia il massimo valore della forza di attrito statico |F~AS | sia |F~AD |
sono direttamente proporzionali alla reazione vincolare normale Φn .
86 CAPITOLO 5. REAZIONI VINCOLARI
• In condizioni di equilibrio
~ t | ≤ µS |Φ
|Φ ~ n|
~ + F~ + P~ = 0
Φ (5.17)
5.5. VINCOLI SCABRI E ATTRITO RADENTE 87
Φn = P − F1 Φt = −F2 (5.21)
ovvero
µs mg
|F~ | ≤ (5.23)
cos θ + µs sin θ
88 CAPITOLO 5. REAZIONI VINCOLARI
Esercizio
Un corpo di massa m = 15 kg si muove con velocità V0 su un piano orizzon-
che porta a
A
v(t) − v0 = (cos θ − µD sin α)t2 − µD gt
2m
La particella si arresta al tempo t1 che verifica la
A
v0 + (cos θ − µD sin α)t21 − µD t1 = 0
2m
ovvero q
A
µD g ± mu2D g 2 − 2v0 m (cos α − µD sin α)
t1 = A
m (cos α − µD sin α)
Ora osserviamo che con i dati del problema
A 200
(cos α − µD sin α) = (0.26 − 0.3 × 0.97) = −0.41 N/ms2
m 15
Il tempo di arresto è pertanto dato da
p
0.3 × 9.81 ± (0.3 × 9.81)2 + 14 × 0.41
t1 = −
p 0.41
2.94 ± (2.94)2 + 5, 74
=−
0.41
2.94 ± 3.79
=−
0.41
scegliendo la radice positiva abbiamo
3.79 − 2.94
t1 = = 2.07 s
0.41
Il calcolo del percorso si affettua tramite la
Z t1
x(t1 ) − x(0) = v(t)dt
0
Z t1 Z t1 Z t1
A(cos α − µD sin α) 2
= v0 dt + t dt − µD gdt
0 0 2m 0
A(cos α − µD sin α) 3 µD g 2
= v0 t 1 + t1 − t
6m 2 1
5.5. VINCOLI SCABRI E ATTRITO RADENTE 91
Esercizio
Un corpo di massa m = 10 kg si trova su un piano inclinato scabro con
F1 + mg sin α − µS Φn ≤ 0
Φn − mg cos α − F2 = 0
F2 = Φn − mg cos α = 160.1 N
Esercizio
Due corpi di massa m1 e m2 scivolano su un piano di inclinazione α ri-
92 CAPITOLO 5. REAZIONI VINCOLARI
• la forza −f~ che esso esercita sul corpo di massa m2 , diretta lungo l’asse
x in verso negativo.
Poichè tale corpo si muove lungo il piano possiamo scrivere l’equazione del
moto nei termini delle componenti
m1 a = m1 g sin α − |f~|
Φ1n = m1 g cos α
2. Curva sopraelevata
Per aumentare la tenuta di strada, cioè per consentire di affrontare le
curve con velocità più elevate che nel caso di curve piane, si adotta
l’accorgimento di sopraelevarle. Una curva sopraelevata ha una sezione
3. Esercizio
Una moneta di massa m = 1.5 g è posta su un giradischi, che ruo-
ta compiendo 3 giri in 3.3 s, alla distanza di d = 5.2 cm dal centro.
Determinare la forza di attrito statico tra la moneta e il disco. Tenu-
to conto che quando si colloca la moneta ad una distanza maggiore
d0 = 12 cm dal centro, essa sfugge dal disco, calcolare il coefficiente di
attrito statico.
Soluzione
La forza di attrito statico è pari alla massa per l’accelerazione cen-
tripeta. Per calcolare quest’ultima occorre conoscere la velocità con
cui ruota la particella, data da
v = ωd
con ω velocità angolare. Questa si calcola dal periodo del moto, dato
da
3.3
T = = 1.1 s
3
Pertanto
2π
ω= = 5.71 rad/s
T
Segue che
Dalla 0
(max) mv 2
FAS = µS mg =
d0
ottengo
0
v2 (69.24)2
µS = 0 = = 0.41
gd 980 × 12
96 CAPITOLO 5. REAZIONI VINCOLARI
Capitolo 6
1. Esempio
Considero un corpo di peso P~ sospeso ad un soffitto tramite un filo.
Nella configurazione di equilibrio il corpo è sulla verticale e la forza
peso è equilibrata da una forza agente sul corpo diretta lungo il filo
T~ = −P~ : essa è la forza di reazione dovuta al filo ed è detta tensione
97
98 CAPITOLO 6. FILI E DISPOSITIVI MECCANICI
del filo. A sua volta il filo è soggetto alla forza peso P~ e alla forza
esercitata dal soffitto che è diretta verso l’alto. Se supponiamo che il
filo abbia peso trascurabile, tale forza è uguale alla tensione del filo.
A sua volta il soffitto è soggetto ad una forza −T~ dovuta al filo e ad
una reazione vincolare Φ che la equilibra, consentendo al soffitto di
rimanere fermo.
Il filo sviluppa ai suoi estremi le due forze P~ = −T~ e T~ uguali e di
segno opposto. Esso, essendo privo di peso, trasmette integralmente
al soffitto la forza peso da equilibrare.
2. Esempio
Si consideri il caso di due corpi di massa m1 e m2 soggetti rispetti-
vamente alle forze esterne F~1 e F~2 , come nella figura 2, e collegati da
un filo inestensibile di massa trascurabile.
Per determinare la tensione del filo scriviamo l’equazione del moto per
le due masse, tenendo presente che, per le proprietà del filo, l’acceler-
azione deve essere la stessa. Prendendo come verso positivo del moto
quello della forza F~2 , abbiamo
F2 − T = m2 a T − F1 = m1 a
6.1. PROPRIETÀ DEI FILI 99
3. Esempio
Un punto materiale, collegato ad un centro fisso O da un filo, si muove
su un piano orizzontale senza attrito di moto circolare uniforme con
velocità v. Il filo è il vincolo che fornisce l’accelerazione centripeta nec-
essaria al moto. La particella sperimenta infatti una forza di reazione
2
dovuta al filo rivolta verso il centro con intensità T = mv R , ove R è
il raggio della circonferenza, pari alla lunghezza del filo. Questa forza
è diretta lungo il filo, quindi in direzione normale alla traiettoria. Il
filo è soggetto alla forza T diretta verso l’esterno della circonferenza e
alla forza del vincolo centrale a cui è fissato, diretta in verso opposto.
Esso trasmette al vincolo l’intera forza centripeta.
T~ + Φ~n + Φ
~t + m~g = 0
100 CAPITOLO 6. FILI E DISPOSITIVI MECCANICI
−T + mg sin θ − µS Φn = 0
−mg cos θ + Φn = 0
T − mg cos θ = man
−mg sin θ = mat (6.2)
con A = LΘ.
Il moto per piccole oscillazioni è dunque periodico con periodo
s
2π L
T = = 2π (6.8)
ω g
T1 − m1 g = m1 a1 (6.9)
T2 − m2 g = m2 a2 (6.10)
(6.11)
ove T1 rappresenta la forza di tensione dovuta al filo che agisce sulla massa
m1 e T2 quella agente sulla massa m2 , mentre a1 e a2 sono le accelerazioni
dei due corpi.
Le proprietà dei vincoli pongono delle restrizioni sui valori di queste grandezze
1. Il fatto che il filo sia inestensibile comporta che uno spostamento verso
l’alto di una massa sia uguale e opposto a quello verso il basso dell’altra
∆z1 = −∆z2 . Di conseguenza le accelerazioni delle due masse devono
essere uguali in modulo e di verso opposto
a1 = −a2
T − m1 g = m1 a1 (6.12)
T − m2 g = −m2 a1 (6.13)
104 CAPITOLO 6. FILI E DISPOSITIVI MECCANICI
da cui
m1 g − m2 g = −a1 (m1 + m2 )
ovvero
m2 − m1
a1 = g (6.14)
m1 + m2
Possiamo fare le osservazioni seguenti.
• In ogni caso |a1 | < g: variando la differenza delle due masse possiamo
modulare l’accelerazione come vogliamo, ma l’accelerazione rimane
comunque inferiore a quella di gravità.
Il dispositivo consente di fatto una verifica della seconda legge della dinam-
ica. Il moto è determinato dalla differenza delle due masse, cioè dalla forza
motrice F = (m1 − m2 )g. Posso infatti scrivere che
F = (m1 + m2 )a (6.15)
6.3.1 Applicazioni
Esercizio
Si consideri il dispositivo in figura 7 costituito da tre masse per le quali si
abbia m > m1 + m2 . Si supponga che la carrucola abbia massa trascurabile,
che non siano presenti effetti di attrito e che il filo sia inestensibile e di massa
trascurabile. Determinare (i) l’accelerazione dei tre corpi, (ii) la tensione del
filo, (iii) la forza di reazione agente sul vincolo che sostiene il filo.
Soluzione
Conviene tracciare per ogni corpo il diagramma delle forze come in figura 8.
Dato che il filo è inestensibile e privo di massa l’accelerazione dei tre corpi
è uguale in valore assoluto. Dato il valore delle masse ci aspettiamo che il
corpo di massa m abbia accelerazione verso il basso (negativa) e gli altri
6.3. LA MACCHINA DI ATWOOD 105
Esercizio
Un pendolo è mantenuto in posizione di equilibrio con un angolo θ rispetto
alla verticale mediante un filo orizzontale inestensibile e di massa trascur-
abile. Quando il filo viene reciso il pendolo oscilla. Calcolare il rapporto tra
la tensione TA nella configurazione vincolata e quella TB quando il pendolo
oscilla.
Soluzione
Nella configurazione vincolata la massa del pendolo è soggetta a
6.3. LA MACCHINA DI ATWOOD 107
v2
m = T sin θ
L sin θ
mg
= sin θ
cos θ
= mg tan θ
da cui si ottiene r
p gL
v = gL sin θ tan θ = sin θ (6.20)
cos θ
Poichè 0 < θ < π/2, la velocità è tanto maggiore quanto maggiore è il valore
di θ, cioè il raggio della circonferenza che la particella deve percorrere.
Il periodo del moto è dato da
2πR
T =
v
L sin θ
= 2π q
gL
sin θ cos θ
s
L cos θ
= 2π (6.21)
g
6.4.1 Esercizio
Un pendolo conico è costituito da una particella con massa m = 6 g, legata
ad un supporto fisso tramite un filo ideale di lunghezza L = 25 cm. Il
pendolo descrive una circonferenza orizzontale con velocità angolare costante
ω = 7 rad/s.
Determinare: (i) il valore della tensione T del filo; (ii) il raggio R della
circonferenza; (iii) la massima apertura angolare θmax tenendo conto che il
carico di rottura della fune è Tmax = 11760 dyn, e la corrispondente velocità
angolare.
Soluzione
(i) Sappiamo che l’accelerazione normale è data da
T sin θ
an =
m
Ora osserviamo che
R
an = ω 2 R sin θ =
L
Possiamo pertanto scrivere
TR
mω 2 R = T = mLω 2
L
110 CAPITOLO 6. FILI E DISPOSITIVI MECCANICI
T sin θ
ω2R =
m
T cos θ = mg
T 2 = m2 g 2 + ω 4 m2 R 2
da cui si ottiene r
T 2 − m2 g 2
R= = 15 cm
m2 ω 4
(iii) In corrispondenza del carico di rottura si ha
da cui si ottiene
mg 5880 1
cosθmax = = =
Tmax 11760 2
◦
da cui θmax = 60 .
La corrispondente velocità angolare risulta
r
Tmax
ωmax = = 8.9 rad/s
Lm
6.5 L’ascensore
Si tratta di un dispositivo meccanico che si muove verticalmente e consiste
della cabina, il contrappeso e i fili di collegamento, e che è mosso da un
motore, che esercita sulla cabina una forza F . Di solito il contrappeso ha
una massa pari a quella della cabina. Il diagramma delle forze agenti su
cabina e contrappeso è indicato nella Figura 11. La cabina è soggetta alla
forza peso M g, alla tensione del filo T e alla forza F tutte dirette lungo la
verticale , mentre il contrappeso è soggetto alla forza peso e alla tensione del
filo. Pertanto se supponiamo che la cabina salga avremo le due equazioni
del moto
T + F − Mg = Ma
T − M g = −M a (6.22)
F = 2M a (6.23)
6.6. ESERCIZI 111
F
T = Mg − (6.24)
2
ovvero, sostituendo il valore di F ,
T = M (g − a) (6.25)
6.6 Esercizi
1) Tre blocchi A,B e C di massa mA = 1 kg, mB = 2 kg, mC = 3 kg sono
collegati tra loro da fili, come in Figura 12. Il blocco B può muoversi su un
piano orizzontale liscio. Determinare (i) l’accelerazione di B, (ii) le tensioni
dei fili che collegano A a B e C a B.
Soluzione
(i) Il blocco A è soggetto alla tensione del filo TA diretta lungo la verticale
verso l’alto e alla forza peso−mA g diretta verso il basso. Il blocco C è
soggetto alla tensione del filo TC e alla forza peso −mC g. Il blocco B è
soggetto alla forza orizzontale TC − TA il cui segno deve essere determinato
112 CAPITOLO 6. FILI E DISPOSITIVI MECCANICI
TA − mA g = mA a
TC − mC g = −mC a
TA = mA (g + a)
TC = mC (g − a)
L’equazione del moto per B sarà pertanto
TC − TA = mB a = mC (g − a) − mA (g + a) (6.26)
ovvero
(mA + mB + mc )a = (mC − mA )g
Ne consegue che
• l’accelerazione è data da
(mC − mA )g
a=
mA + mB + mC
con i dati del problema
2
a = g = 3.27 m/s2
6
6.6. ESERCIZI 113
ovvero
√
2mg
TA = √ = 75.9 N
1+ 3
√
TB = TA 3 = 131.7 N