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GRANDEZZE

La fisica è la disciplina che studia le leggi alla base di ogni manifestazione osservabile nel nostro
universo. La formulazione della legge richiede sempre un linguaggio adatto che è il linguaggio
matematico. La procedura alla base della ricerca è stata precisata con chiarezza da Galileo; essa è il
metodo sperimentale articolato in:

 Osservazione del fenomeno


 Formulazione delle ipotesi
 Verifica sperimentale delle ipotesi
Per esprimere in modo corretto le relazioni esistenti tra varie proprietà si utilizza un’unità di misura.
La scelta di un’unità di misura trasforma una proprietà in una proprietà misurabile detta grandezza.
Esse si suddividono in grandezze fondamentali (concetti indipendenti l’uno dall’altro non definibili in
termini di altre grandezze) e grandezze derivate (definibili in termini di grandezze fondamentali
mediante relazioni analitiche). Tra le grandezze fondamentali ricordiamo:

 LUNGHEZZA
 TEMPO
 MASSA
Il sistema di unità di misura è quello Internazionale basato su alcune unità fondamentali come il
kilogrammo (kg) per la massa, il metro (m) per la lunghezza e il secondo (s) per il tempo. Ovviamente
vi sono multipli e sottomultipli di alcune grandezze fondamentali come per il metro abbiamo il
kilometro (km) come multiplo e il millimetro (mm) per il sottomultiplo.
Per descrivere i moti in una dimensione è necessario introdurre il concetto di punto materiale che è il
modello fisico per analizzare la meccanica. Un sistema fisico è schematizzabile come punto materiale
se le due dimensioni lineari sono piccole rispetto alla precisione con cui ci interessa determinare la
posizione. Per analizzare un modo è necessario scegliere un sistema di riferimento basato su
coordinate ovvero la descrizione del punto materiale e la sua posizione nello spazio.

MOTO IN UNA DIMENSIONE


Una particella (punto materiale) confinata su una linea retta si può muovere esclusivamente in due
sensi. Possiamo allora definire il suo moto come POSITIVO in uno di questi due versi e NEGATIVO
nell’altro. Per individuare un moto sono necessari la LEGGE ORARIA, relazione tra le posizioni
occupate da un corpo e gli istanti di tempo corrispondenti, e la TRAIETTORIA insieme delle posizioni
occupate dal corpo in un certo intervallo di tempo.

VELOCITA’
∆x
La VELOCITA’ MEDIA è una grandezza derivata ed è definita dalla formula v = (coefficiente
∆t
angolare di una retta).
La velocità media ha le dimensioni di una lunghezza divisa per un tempo, ovvero m/s. La velocità
media è indipendente dal percorso seguito fra i punti iniziali e finali. Essa è indipendente dal
cammino poiché è proporzionale allo spostamento ∆ x. Pertanto la velocità media non ci fornisce
alcun dettaglio del moto; piuttosto ci da soltanto il risultato del moto.
Infine, notiamo che la velocità media in una dimensione può essere positiva o negativa, a seconda
del segno dello spostamento. Se la coordinata x della particella cresce durante l’intervallo di tempo
allora ∆ x è positivo, la velocità media è positiva. Se la coordinata decresce nel tempo ∆ xè negativo,
quindi la velocità media è negativa.
Usando il modello geometrico, la velocità media corrisponde alla tangente trigonometrica alla curva
tra i due punti considerati. Questa linea forma l’ipotenusa di un triangolo rettangolo di altezza ∆ x e
∆x
base ∆ t. La pendenza dell’ipotenusa è il rapporto . Quindi, si vede che la velocità media della
∆t
particella durante l’intervallo di tempo da ti a tf è uguale alla pendenza del tratto di retta che
congiunge i punti iniziale e finale del grafico posizione-tempo.

La velocità di una particella ad un qualsiasi istante di tempo è detta velocità istantanea. L’intervallo
di tempo ∆ t è sempre concentrato nel punto P preso in considerazione ma se lo rendiamo sempre
più piccolo, al limite che DELTA T tende a 0 , alla fine l’ipotenusa del triangolo corrisponderà alla
retta della tangente alla curva in P. Dunque la velocità istantanea sarà uguale al limite del rapporto
incrementale DELTA X fratto DELTA T quando DELTA T tende a zero
∆x
( v = ∆lim
t →0 ∆ t ). Questo limite è chiamato derivata di x rispetto a t.

MOTO RETTILINEO UNIFORME


Immaginiamo una particella che si muove di velocità costante. Se la velocità di una particella è
costante, la sua velocità istantanea in ogni istante durante qualunque intervallo di tempo è la stessa
della velocità media sull’intervallo. Tale principio è rappresentato nel piano velocità-tempo da una
retta a pendenza nulla. Dunque individuando una LEGGE ORARIA possiamo dire che la posizione
della particella è data dalla somma della sua posizione iniziale x, più lo spostamento v x DELTA T che
avviene durante l’intervallo di tempo DELTA T.

ACCELERAZIONE
Quando la velocità di una particella varia nel tempo, si dice che la particella è accelerata.
∆v
L’accelerazione media di una particella nell’intervallo di ∆ t è definita come il rapporto . Quindi
∆t
l’accelerazione è una misura della rapidità di variazione della velocità. L’accelerazione è una
grandezza vettoriale avente le dimensioni di una lunghezza divisa per un tempo al quadrato, ovvero
m/s2 . In alcune situazioni, il valore dell’accelerazione media può essere diverso in diversi intervallo di
tempo. È pertanto utile definire l’accelerazione istantanea come il limite dell’accelerazione media
quando DELTA T tende a zero.

L’accelerazione istantanea è uguale alla derivata della velocità rispetto al tempo, che per definizione
dx
è la pendenza del grafico velocità-tempo. Poiché la velocità è uguale a , l’accelerazione è uguale
dt
alla derivata seconda della posizione rispetto al tempo.

MOTO UNIFORMEMENTE ACCELERATO


Un tipo molto comune e semplice di moto unidimensionale si ha quando l’accelerazione è costante
(a=costante). In questo caso, l’accelerazione media relativa a qualunque intervallo di tempo è uguale
all’accelerazione istantanea in ogni istante di tempo entro l’intervallo. Conseguentemente, la
velocità cresce o decresce con la stessa rapidità durante il moto.
Consideriamo il grafico della velocità nel tempo. Consideriamo un intervallo di tempo e la variazione
di velocità come media aritmetica. Poiché sappiamo che lo spazio percorso in ∆ t è uguale a
∆ x=v ∙ ∆t , considerando x=0 e t= o , ovvero lo zero dell’asse x, dunque x = v∙t. Data v come la media
1 2
aritmetica tra i due valori di velocità, dunque v+v0 /2. Allora x= v0 t + 2 at .

Per quanto riguarda la caduta dei gravi possiamo notare come sull’asse delle x non vi è alcun moto, a
differenza dell'asse delle y che presenta un moto uniformemente accelerato verso il basso dove,
trascurando le forze di attrito, agisce l’accelerazione gravitazione. Dunque per analizzare questo
moto si utilizza l’equazione che caratterizza il moto uniformemente accelerato con le dovute
modifiche rispetto al sistema di riferimento.

Il moto più semplice di una dimensione è la caduta di un grave.


MOTO IN DUE DIMENSIONI
Per introdurre i moti in più dimensioni è necessario introdurre il concetto di VETTORE ovvero
l’orientamento nello spazio. Il vettore, oltre ad essere caratterizzato da una lunghezza detta
MODULO, presenta anche un’orientazione nello spazio ovvero la retta su cui giace il vettore, definita
DIREZIONE DEL VETTORE e un VERSO che può essere positivo o negativo.
Due vettori ⃗Ae⃗ B sono per definizione uguali se hanno le stesse unità di misura, lo stesso modulo e
puntano nella stessa direzione il verso. Per sommare il vettore B al vettore A, prima si disegna il
vettore A, con il suo modulo rappresentato in una scala opportuna, e poi si disegna il vettore B nella
stessa scala, con il suo inizio a partire dalla punta di A. Il vettore risultante R=A+B è il vettore
tracciato dalla coda di A alla punta di B. La tecnica di somma descritta è spesso chiamata REGOLA
PUNTA-CODA o REGOLA DEL PARALLELOGRAMMA.

L’OPPOSTO del vettore A è definito come il vettore che, sommato ad A, da un vettore somma =0 . I
vettori A e –A hanno lo stesso modulo ma puntano in versi opposti. L’operazione di SOTTRAZIONE
VETTORIALE fa uso della definizione di opposto di un vettore, infatti definiamo l’operazione vettore A
– vettore B come la somma del vettore –B con il vettore A.
A è un vettore
Se un vettore A viene moltiplicato per una grandezza scalare positiva s, il prodotto s⃗
che ha la stessa direzione e verso di A e modulo s∙ A . Se s è una grandezza scalare negativa, il

A è diretto in verso opposto ad A.
vettore s∙ ⃗
Due vettori A e B possono essere MOLTIPLICATI in due diversi modi per produrre sia una grandezza
scalare che una grandezza vettoriale. Il prodotto scalare (prodotto indicato col punto) A∙B è una
grandezza scalare uguale ad A∙B ∙cos, dove  è l’angolo tra A e B. Il prodotto vettoriale (prodotto
indicato con la x) AxB è una grandezza vettoriale il cui modulo è uguale ad AB∙sinϴ .

LE COMPONENDI DI UN VETTORE
Le grandezze vettoriali possono essere descritte attraverso un sistema di rifermento xy, individuando
le sue componenti che rappresentano i cateti di un triangolo rettangolo la cui ipotenusa è il vettore
stesso.

Vx = v cos
vy = v sin

Le grandezze vettoriali possono essere descritte anche attraverso i VERSORI. Un VERSORE è un


vettore adimensionale di lunghezza unitaria introdotto per specificare una data direzione orientata.
Essi vengono adoperati semplicemente perché convenienti a descrivere un’orientazione nello spazio.
Consideriamo un vettore A che giace nel piano xy; il prodotto della componente A x per il versore i^ è il
vettore Ax= Ax (componente del vettore) ∙ i^ parrallelo all’asse x di un modulo Ax.
Per analizzare il moto bidimensionale si descrive innanzitutto la posizione di una particella con un
vettore di posizione r⃗ , tracciato a partire dall’origine del sistema di riferimento alla posizione della
particella posta nel piano xy. Quando la particella si muove dalla posizione A alla posizione B
nell’intervallo di tempo ∆ t, il vettore posizione cambia da ri a rf .

MOTO DE PROIETTILE
Il moto del proiettile può essere analizzato formulando due ipotesi:
1. L’accelerazione di gravità g si mantiene costante in tutto il moto ed è diretta verso il basso
2. L’effetto della resistenza dell’aria è trascurabile.
Con queste ipotesi, il percorso di un proiettile, che chiameremo TRAIETTORIA, è sempre una
parabola. Nel moto del proiettile le componenti orizzontali e verticali sono indipendenti tra loro.

Le componenti orizzontale (lungo l'asse x) e


verticale (lungo l'asse y) sono indipendenti fra
loro

La componente x rimane costante perchè non


c'è accelerazione nella direzione x
La componente y della velocità è zero
all'apice della traiettoria

Quindi il moto del proiettile va scomposto in:


• MOTO ORIZZONTALE
• MOTO VERTICALE
La traiettoria di un punto materiale è data dall’insieme delle posizioni occupate dal punto. Essa viene
descritta come una curva ovvero come una relazione fra le coordinate del punto materiale ad ogni
istante. Per ricavare la traiettoria nel caso del proiettile, possiamo invertire la legge oraria per la
componente x ricavando t:

• La velocità del proiettile non si annulla mai perché c’è sempre g sull’asse y e la velocità sulla
componente x che è costante; il proiettile si ferma solo se c’è un vincolo.

PUNTO DI MASSIMA ALTEZZA


GITTATA

Solo quando y(x) vale 0 il proiettile tocca terra. θ0 (teta con zero) può variare da 0° a 90°.
MOTO CIRCOLARE UNIFORME
Se una particella percorre un percorso circolare con una velocità di modulo v costante, tale moto si
chiama MOTO CIRCOLARE UNIFORME. L’accelerazione dipende dalla variazione del vettore velocità.
Poiché la velocità è un vettore, un’accelerazione può essere prodotta in due modi: da una variazione
del modulo della velocità o da una variazione nella direzione della velocità. Il vettore velocità è
sempre tangente alla traiettoria dell’oggetto e perpendicolare al raggio del percorso circolare.
Quindi, il vettore velocità cambia costantemente e il vettore accelerazione nel moto circolare
uniforme è sempre perpendicolare alla traiettoria e punta verso il centro della circonferenza.

VELOCITA’ ANGOLARE
ACCELERAZIONE CENTRIPETA

ACCELERAZIONE TANGENZIALE E RADIALE


Consideriamo il moto di una particella lungo un percorso curvo cui la velocità varia sia in direzione
che in modulo. In questa situazione il vettore velocità della particella è sempre tangente al percorso;
il vettore accelerazione a⃗ forma un certo angolo con la tangente al percorso. In ogni istante la
particella può essere rappresentata come se si stesse muovendo lungo una traiettoria circolare.
Quando la particella si muove lungo il percorso curvo la direzione del vettore accelerazione totale a⃗ ,
varia da punto a punto. Questo vettore può essere scomposto in due vettori componenti, riferiti ad
un origine posta nel centro della circonferenza modello: una componente radiale a r lungo il raggio
della circonferenza modello, e una componente tangenziale a t perpendicolare a questo raggio. Il
vettore accelerazione a⃗ totale può essere scritto come la somma vettoriale di questi vettori
componenti: a⃗ = a⃗ r + a⃗ t .
L’accelerazione tangenziale è dovuta alla variazione del modulo della velocità della particella, e il suo
v∨¿

modulo è dato da at = d∨ dt ¿ .
L’accelerazione radiale è dovuta alla variazione della direzione del vettore velocità e ha un modulo
2
dato da ar = -ac = - vr , dove r è il raggio di curvatura del percorso nel punto in questione, che è il
raggio della circonferenza modello. Il segno negativo indica che a direzione dell’accelerazione
centripeta è diretta verso il centro della circonferenza modello, opposta al verso del vettore radiale r^
, che punta sempre verso l’esterno dal centro della circonferenza.

LA DINAMICA
Da sempre è stato evidente che la variazione di stato di quiete o di moto di un corpo dipende dalle
interazioni che esso ha con altri oggetti o con l’ambiente esterno. Nel linguaggio comune ci si
riferisce quasi sempre a queste interazioni come a forze che agiscono sul corpo. Le forze si
suddividono in due grandi categorie:
• FORZE DI CONTATTO: che rappresentano il risultato di un contatto fisico fra due oggetti.
• FORZE A DISTANZA : ovvero vi è interazione fra corpi m avviene a distanza , dette anche
CAMPO DI FORZE
La DINAMICA dunque è la scienza basata su alcuni principi ( PRINCIPI DI NEWTON) che studiano il
legame tra il moto di un corpo e le cause che lo provocano.

PRIMA LEGGE DELLA DINAMICA (principio di inerzia)


La prima legge di Newton del moto talvolta detto principio di inerzia, definisce un insieme speciale
di sistemi di riferimento chiamati riferimenti inerziali . Se un corpo non interagisce con altri corpi, è
possibile identificare un sistema di riferimento nel quale il corpo ha accelerazione nulla. Un tale
sistema di riferimento è chiamato sistema di riferimento inerziale, ovvero quei sistemi in cui il
punto materiale libero, se posto inizialmente in quiete, permane nello stato di quiete ( cioè si
trova in una posizione di equilibrio). Dunque possiamo dire che secondo la prima legge del moto di
Newton: in assenza di forze esterne, un oggetto in quiete rimarrà in quiete e un oggetto in moto
persevererà nello stato di moto con velocità costante. In termini più semplici, possiamo affermare
che quando su un corpo non agisce alcuna forza, la sua accelerazione è 0. La tendenza di un corpo a
resistere ai cambiamenti della sua velocità si chiama inerzia .

SECONDA LEGGE DI NEWTON


La seconda legge di Newton risponde alla domanda di cosa accade ad un oggetto su cui agisce una
forza risultante non nulla. Gli esperimenti effettuati mostrano che se applichi ad un corpo una forza
di intensità doppia, la sua accelerazione raddoppia. Dunque l’accelerazione di un oggetto è
direttamente proporzionale alla forza risultante agente su di esso. Queste osservazioni sono
riassunte nella seconda legge di Newton: se osservato da un sistema di riferimento inerziale,
l’accelerazione di un oggetto è direttamente proporzionale alla forza risultante agente su di esso e
Σ⃗F
inversamente proporzionale alla sua massa, ovvero a⃗ α (proporzionale) m ,

F è la forza risultante , che è la somma vettoriale ditutte≤forze agenti sull ' oggetto dimassa m .
dove Σ ⃗
La seconda legge di Newton in forma matematica è un’affermazione di questa relazione che rende la
precedente proporzionalità una uguaglianza: Σ ⃗ F =m a⃗ . Tale legge lega una grandezza statica,
ovvero la massa , ad una grandezza cinematica legata al moto, alla variazione di velocità, ovvero
l’accelerazione. Essa offre anche una definizione dinamica di forza, che, da un punto di vista statico,
è intesa come ciò che provoca deformazioni misurabili su determinati corpi; da un punto di vista
dinamico, la forza rappresenta qualunque causa esterna che produca una variazione dello stato di
moto o di quiete di un corpo. È un
equazione vettoriale poiché le forze sono descrivibili mediante vettori ma è anche un equazione
differenziale perché l’incognita che è lo spostamento, è contenuta all’interno di⃗a che è la derivata
seconda della posizione rispetto al tempo. La forza, interazione tra corpi, è respondabile
dell’accelerazione attraverso una costante di proporzionalità , m i , che rappresenta la caratteristica di
un determinato corpo ( massa inerziale). L’unità SI della
forza è il newton , che è definito come la forza che agendo su na massa di 1 kg produce
un’accelerazione di 1m/s2 . Quindi 1N = 1Kg × m/s2 .

LE FORZE
Tutte le forze che si manifestano in natura sono:

 FORZE GRAVITAZIONALI: attrazioni tra masse


 FORZE ELETTROMAGNETICHE: responsabili della struttura atomica e molecolare della materia
 FORZE NUCLEARI: responsabili della stabilità del nucleo atomico
LA FORZA GRAVITAZIONALE E IL PESO
Siamo tutti consapevoli del fatto che i corpi sono attratti dalla Terra. La forza esercitata dalla Terra su
un oggetto è la forza gravitazionale ⃗ F g . Questa forza è diretta verso il centro della Terra. Il
modulo della forza gravitazionale si chiama peso Fg dell’oggetto. Un oggetto in caduta libera ha
soltanto una forza adente su di esso , la forza di gravità, sicché la forza risultante sull’oggetto è
uguale alla forza di gravità. Dunque, poiché l’accelerazione di un corpo in caduta libera è uguale
all’accelerazione di gravità ⃗g , segue che: Σ ⃗F =m a⃗ → ⃗F g=m ⃗g . Poiché
dipende da g, il peso varia con la posizione geografica. I corpi pesano di meno a grandi altezze che al
livello del mare poiché g decresce con l’aumentare della distanza dal centro della Terra. Quindi il
peso, diversamente dalla massa, non è una proprietà intrinseca di un corpo ma è una proprietà del
sistema costituito dall’oggetto e dalla Terra. La massa m
nell’equazione gioca il ruolo di determinare l’intensità dell’attrazione gravitazionale fra l’oggetto e la
Terra. Questo è un ruolo completamente diverso da quello descritto per la massa nell’equazione
Σ⃗ F =m a⃗ , che ha il ruolo di misurare la resistenza alle variazioni di moto come risposta ad una forza
esterna. Per questo distinguiamo una massa inerziale ovvero il coefficiente di proporzionalità tra
forza e accelerazione e una massa gravitazionale ovvero la caratteristica dei corpi che si misurano
con la bilancia. La BILANCIA confronta una massa con una massa campione, quindi da un risultato
che non è il peso. Per ottenere il peso bisogna moltiplicare il risultato per g.
Massa inerziale e gravitazionale hanno le stesse dimensioni fisiche e possono avere lo stesso valore
numerico se scegliamo la costante pari a 1.
mg
[ ]
mi
= costante k che possiamo scegliere =1 , rapporto adimensionale

m g × ⃗g =mi × ⃗a (l’accelerazione con cui cadono i corpi è sempre la stessa)

mg → →

a= ( )
mi

g= a = 1∙ g → →
a= g

( mgmi ) coincidono con la massa dei corpi data sia dalla caratteristica dei corpi che si misura con la
bilancia, sia dal rapporto tra la forza e l’accelerazione.
La forza gravitazionale e la forza elettromagnetica:
1
1. Hanno lo stesso andamento al valore della distanza ( )
r2
2. La forza gravitazionale agisce su grandezze
3. La forza elettromagnetica è molto più intensa ma agisce su piccole distanze
LA FORZA GRAVITAZIONALE
Dati due punti a distanza r tra di esci agisce una forza attrattiva diretta lungo la retta che la
raggiunge, se i due punti sono dotati della proprietà fisica detta massa (gravitazionale). Il modello di
tale forza dipende direttamente dal prodotto delle masse e inversamente dal quadrato della
distanza.
m1 ∙m 2
F = -G
⃗ r^
r2
Il segno negativo indica che le forze sono di tipo ATTRATTIVO.
r^ versore che indica che la forza è radiale.

La costante di proporzionalità G è una costante universale, che non dipende dai valori delle masse e
dalle caratteristiche del sistema, ma è caratteristica dell’interazione gravitazionale.
G = costante di gravitazione universale. E’ sempre la stessa a prescindere dai valori di m1 e m2.

 Tale forza diminuisce man mano che la distanza tra le due masse aumenta.
Per misurare tale forza Cavendish utilizzò una BILANCIA DI TORSIONE che mise in evidenza la
presenza della forza gravitazionale e fornì una misura della costante di proporzionalità →

m3
G=6.66∙ 10-11
kg ∙ s 2
q1 q 2
F =k
La forza gravitazionale e la forza elettromagnetica (⃗ r^ ¿ :
r2
1
1.Hanno lo stesso andamento al valore della distanza ( )
r2
2.La forza gravitazionale agisce su grandezze
3.La forza elettromagnetica è molto più intensa ma agisce su piccole distanze

FORZE CENTRALI
Si definisce forza centrale una forza agente in una certa regione dello spazio con le seguenti
caratteristiche:

 In un qualsiasi punto la sua direzione passa sempre per un punto fisso, detto centro della forza;
 Il modulo è una funzione soltanto della distanza del centro stesso.
La forza gravitazionale è una forza centrale.
Le forze centrali sono conservative e dunque, sotto l’azione di una forza centrale, il momento
angolare di un sistema fisico si conserva.

FORZE A DISTANZA
Un corpo di massa m in prossimità di un centro del corpo è soggetta ad una forza pari a m⃗g. La
massa più grande che esercita la forza sulla massa m piccola. Tale massa sente una forza data dal
vettore del campo gravitazionale creato dalla massa più grande.
F g = m ⃗g

Fg m1 ∙m 2
⃗g = = -G r^
m r2
m
r ≈ RT →| ⃗g| = 9.8
s2
In GENERALE: una particella posta in un punto dello spazio dove il campo vale ⃗v subisce una forza
pari a F a ⃗v.
Il campo gravitazionale rappresenta una deformazione dello spazio, presente anche se non lo
misuriamo.
Un campo vettoriale serve per descrivere la forza a distanza tra due corpi ed è dato dal rapporto tra
la forza e la grandezza che sta generando tale deformazione.
L’espressione trovata per la forza gravitazionale è corretta solo se il corpo che genera il campo ha
simmetria sferica e il corpo su cui si esercita la forza è puntiforme. Se quest’ultimo non è puntiforme
bisognerà calcolare la forza risultante su tutti gli elementi di massa. I corpi che interagiscono (terra-
sole) possano essere considerati puntiformi (la loro dimensione è molto più piccola della distanza tra
i centri).
APPLICAZIONI DELLE LEGGI DI NEWTON
FORZE DI ATTRITO
Quando un corpo è in movimento su una superficie scabra, o attraverso un mezzo viscoso quale l’aria
o l’acqua, c’è una resistenza al moto dovuta all’interazione del corpo con ciò che lo circonda. Tale
resistenza è detta forza di attrito. Le forze di attrito sono sempre presenti nella vita quotidiana e si
oppongono al moto dei corpi, distinguiamo:

 ATTRITO RADENTE: legato allo “strisciare “ o “scivolare “ di un corpo su un altro


 ATTRITO VOLVENTE: quando un corpo solido rotondo “ rotola” su un altro corpo
 ATTRITO VISCOCO: quando i corpi si muovono nei fluidi.
ATTRITO RADENTE
Anche se ci sembrano perfettamente lisce, tutte le superfici hanno valli microscopiche. Quando due
superfici sono a contatto, l’effetto complessivo di tutti gli urti tra queste irregolarità si manifesta
sotto due aspetti: la forza di attrito che si manifesta tra superfici in quiete tra loto, detta forza di
attrito statico, e una forza di attrito tra le superfici già in moto, detta forza di attrito dinamico.
Quando la fora esterna supera la forza di attrito statico massimo F> f max , ci sarà una forza ritardante
dovuta al contatto con la superficie , la forza di attrito dinamico fd. Il moto dunque è generato dalla
forza non equilibrata. Sperimentalmente si trova che sia
fs,max che fd per un oggetto su una superficie sono proporzionali alla forza normale esercitata dalla
superficie sull’oggetto attraverso i coefficienti di attrito.

 Il modulo della forza di attrito statico fra due qualsiasi superfici a contatto può assumere
valori dati da fs ≥ µs n , dove la costante adimensionale µs è detta coefficiente di attrito
statico e n è il modulo della forza normale.
 Il modulo della forza di attrito dinamica agente fra due superfici è fd ≥ µd n, dove µd è il
coefficiente di attrito dinamico ed è indipendente dalla velocità relativa delle superfici.
 I valori di µd e µs dipendono dalla natura delle superfici, ma µd è in generale minore di µs .
 Il verso della forza di attrito agente su un oggetto è opposto a quello del moto o a quello del
moto imminente dell’oggetto relativamente alla superficie con la quale è a contatto .

ATTRITO VISCOSO
Quando un oggetto si muove in un fluido, il mezzo esercita una forza frenante ⃗ R sull’oggetto. Il
modulo di tal forza dipende dalla velocità dell’oggetto; in generale esso aumenta all’aumentare della
velocità. La forza di attrito può avere una dipendenza complessa dalla velocità, infatti distinguiamo:

 FORZA DI ATTRITO PROPRORZIONALE ALLA VELOCITA’ DELL’OGGETTO: per basse velocità, la


forza d’attrito agente su un corpo che si muove in un mezzo viscoso è effettivamente
proporzionale alla velocità del copro. Ovvero ⃗ R =−b ⃗v , dove ⃗v è la velocità dell’oggetto e b è
una costante che dipende dalle proprietà del mezzo, dalla forma e dalle dimensioni
dell’oggetto. Il segno negativo rappresenta il fatto che la forza di trascinamento viscoso è
opposta alla velocità dell’oggetto. L’accelerazione diventa nulla quando la forza viscosa
diventa uguale al peso. A questo punto, il corpo raggiunge la sua velocità limite vL e da questo
momento continua a muoversi con accelerazione nulla. La velocità limite può ricavarsi dall’equazione
dv mg
a= dt = 0 . Il risultato è mg – bvL →vL = b

 FORZA DI ATTRITO PROPORZIONALE AL QUADRATO DELLA VELOCITA’ DELL’OGGETTO: Per


oggetti di grandi dimensioni che si muovono nell’aria con velocità elevate come gli aerei, il
modulo della forza di attrito è approssimativamente proporzionale al quadrato della velocità.
Quindi R= -bv2 .
PIANO INCLINATO
n segue la direttiva perpendicolare al piano rispetto a mg.
Bisogna considerare due assi cartesiani x e y, l’asse y diretto lungo la perpendicolare al piano e l’asse
x diretto lungo il piano inclinato.
Mg diretto verso il basso si può scomporre in due componenti.

x = mg sen
y = mg cos
 = 90° a= g perchè sen90° = 1
caso limite del piano inclinato ovvero
CADUTA LIBERA

PIANO ORIZZONTALE: Tutta la forza peso viene equilibrata dalla forza orizzontale del piano.

LEGGI DELLA DINAMICA


TERZO PRINCIPIO DELLA DINAMICA (azione e reazione)

Quando due corpi interagiscono tra di loro, la forza esercitata dal primo corpo sul secondo corpo è
uguale e opposta alla forza esercitata dal secondo corpo sul primo corpo:
F 1-2 = - ⃗
⃗ F 2-1 La forza di reazione si oppone alla forza di azione
Bisogna introdurre il concetto di quantità di moto di un punto materiale:
q⃗ = m ∙r [q] = [m][r] = [m][l][t]-1 → kg∙m/s

Per i sistemi a massa costante:


dr d d ⃗a
F = m⃗a = m = (mr) =

dt dt dt
Possiamo riscrivere il secondo principio della dinamica attraverso la nuova granezza di quantità di
moto, dunque se cambia la velocità di un corpo cambia anche la sua quantità di moto.
d ⃗a
F= 0 →
Se ⃗ =0 a⃗ = costante
dt
Se non agiscono forze sul punto o sul Sistema la quantità di moto si conserva e dunque è costante.
Questo risultato è in accord con I primi due principi della dinamica: se la forza netta è nulla, la
velocità del punto non cambia.
SISTEMI DI n PUNTI MATERIALI (n>1)
Possiamo distinguere le forze che agiscono sui punti materiali in FORZE ESTERNE (F ext) e FORZE
INTERNE (Fint) esercitate dagli altri n-1 punti.
Fi= Fext + Fint → il moto del punto è determinate dalla risultante di tutte le forze

Le forze interne possono essre di varia natura (tensione, forze elastiche). In generale Fint≠0

F iy → la sommatoria delle forze interne è 0 ( ∑ F int=0 )


F iy = ⃗
^

Per le forze interne la REAZIONE del terzo principio è applicata dal SISTEMA AL RESTO
DELL’UNIVERSO, alla cui modifica dinamica non siamo interessati, dal momento che stiamo
studiando il moto del Sistema in esame.
Il centro di massa (Cm) è un punto particolare del sistema di punti che si muove come se tutta la
massa del Sistema fosse concentrata in quell punto, per qualsiasi ipo di moto.

r⃗ c m=
∑ m r⃗ = m1 r 1+ m2 r 2+ …+mnrn →il centro di massa è posizionato vicino al punto di massa
∑m m1+m 2+mn
maggiore
r⃗ vettore posizione in 3 dimensioni
QUANTITA’ DI MOTO TOTALE DEL SISTEMA
E’ possibie cominciare a capire il significato fisico e ad apprezzare l’utilità del concetto di centro di
massa calcolando la derivate rispetto al tempo del suo vettore posizione r⃗ CM. Assumendo che M sia
costante, cioè che nessuna particella entri o lasci il Sistema, si ha la seguente espressione per la
velocitàdel centro di massa.

Se cambia la velocità del centro di massa, cambia la quantità di moto del sistema.
ACCELERAZIONE DEL CENTRO DI MASSA

MOTO DEL CENTRO DI MASSA


Descriveremo il moto complessivo di un Sistema di particelle, facendo uso di un particolare punto,
detto CENTRO DI MASSA del sistema.
Si può descrivere la posizione del centro di massa di un sistema come la posizione media della massa
del sistema.

r⃗ CM =
∑ mi ⃗r i
M
Il centro di massa di un sistema è spesso confuso con il centro di gravità di un sistema. Ciascuna
parte di un sistema è sotto l’azione della forza di gravità. L’effetto risultante di tutte queste forze è
equivalente all’effetto di una singola forza M⃗g agente su un punto particolare chiamato centro di
gravità.
CENTRO DI GRAVITA’

URTI
LEGGI DI CONSERVAZIONE
Vi sono 3 tipi di principi di conservazione fondamentali:

 QUANTITA’ DI MOTO in sistemi isolate


 MOMENTO DELLA QUANTITA’ DI MOTO (o MOMENTO ANGOLARE) quando è nullo il
momento delle forze applicate
 ENERGIA MECCANICA in presenza di forze conservative
IMPULSO DI UNA FORZA

Gli URTI sono eventi in cui due corpi interagiscono per un brevissimo intervallo di tempo tramite
forze (dette impulsive) molto più intense di tutte le forze esterne eventualmente presenti (che sono
quindi trascurabili). Essendo il Sistema isolato, la quantità di moto si conserva sempre durante un
urto.
Perchè ciò sia vero non deve esistere alcuna forza ESTERNA al sistema, dal momento che la somma
delle forze interne è comunque nulla.
Un urto è dunque un’interazione molto forte e molto breve tra due corpi.
Gli Urti possono essere:

 ANALASTICI: si conserva la quantità di moto mentre non si conserva l’energia cinetica


 ELASTICI: oltre alla quantità di moto si conserva anche l’energia cinetica

MOMENTO ANGOLARE
Dato un punto material che si muove in un Sistema si riferimento inerziale, e scelto un punto 0 detto
polo la cui distanza dal punto sia r⃗ , definiamo il momento della quantità di moto o momento
angolare il vettore.

∧ = prodotto vettoriale con direzione perpendicolare(⊥) al piano e verso dato dalla regola della
mano destra.
MOMENTO DI UNA FORZA

TEOREMA DEL MOMENTO ANGOLARE

CONSERVAZIONE DEL MOMENTO ANGOLARE


Il momento angolare si conserva se il momento delle forze è nullo:
MOTO OSCILLATORIO
FORZE ELASTICHE
Un corpo solido vincolato soggetto a sollecitazioni esterne si deforma. Il corpo oppone una reazione
che tende a fargli riprendere la configurazione primitiva. Se la deformazione cessa del tutto al
cessare della causa deformante, essa si dice elastica. Per piccolo sollecitazioni, esiste una
proporzionalità diretta tra deformazione e causa deformante.

La LEGGE DI HOOKE regolarizza le forze elastiche per piccolo sollecitazioni. Il sistema di


riferimento è quello di una MOLLA, poichè le deformazioni sono facilmente misurabili.

Le forze che causano la


deformazione sono
proporzionali alla
deformazione

Se la molla non è nè allungata nè compressa, il blocco è fermo nella posizione chiamata posizione di
equilibrio del sistema, che noi identifichiamo come x=0.
La costante elastica è misurabile portando la molla in vertical e allungandola con un pesetto.

Immaginiamo che la forza elastic sia l’unica ad agire. Se all’estremità libera della molla è attaccata
una massa m:
Questa è L’EQUAZIONE DELL’OSCILLATORE ARMONICO, la grandezza incognita che è quell ache
dobbiamo ricavare.
Moti rotatori= proiezione del punto materiale su uno dei diametri della circonferenza, che oscilla tra
–r e r.
Ogni volta che un sistema oscilla è dovuto ad una FORZA DI RICHIAMO (F), poichè essa è sempre
diretta verso la posizione di equilibrio e quindi si oppone allo spostamento del blocco dall’equilibrio.
Cioè quando il blocco è spostato a destra di x=0, la posizione è positiva e la forza di richiamo è diretta
verso sinistra, viceversa la posizione è negative e la forza di richiamo è diretta verso destra.
Quando il blocco è spostato dalla posizione di equilibrio ed è lasciato libero di muoversi, la particella
è soggetta a una forza risultante e ha quindi un’accelerazione. Apllicando la seconda legge di Newton
al moto del blocco e prendendo l’equazione della forza risultante, otteniamo:

-kx = max
k
ax =- m x

Cioè, l’accelerazzione del blocco è proporzionale alla sua posizione e il verso dell’accelerazione è
opposto a quello dello sspostamento del blocco dal punto di equilibrio.

ΡMt = densità costante della Terra.

PARTICELLA IN MOTO ARMONICO SEMPLICE


Una particella in moto armonico semplice, dove prendiamo l’asse x lungo il quale avviene
l’oscillazione, possiamo rappresentarla matemticamente con questa equazione:
d2 x
= - mk x
dt 2
Se sostituiamo il rapporto k/m con il simbolo ω2 abbiamo:
k
ω2 =
m
Una funzione x(t) che soddisfi l’equazione differenziale del secondo ordine e rappresenti
matematicamente la posizione della particella in funzione del tempo.
La funzione coseno è una soluzione dell’equazione differenziale:
x(t) = A ∙ cos (ωt + φ) φ=fi
I parametri A, ω e φ sono costanti del moto. A, detta ampiezza del moto, è il valore massimo della
posizione della particella nella direzione x sia positive che negative. La costante ω (omega), si chiama
k
frequenza angolare e ha unità di radiant al secondo (rad/s): ω=
√m
. L’angolo costante φ (fi) si
chiama costante di fase (o angolo di fase iniziale) e, insieme con l’ampiezza A, è determinate
unicamente dalla posizione e dalla velocità della particella a t=0.
Il PERIODO (T) del moto è il punto necessario alla particella per compiere un ciclo complete del
suo moto.

La FREQUENZA ( ѵ ) del moto è l’inverso del periodo. Mentre il periodo è l’intervallo di


tempo per unaoscillazione, la frequenza rappresenta il numero di oscillazioni che la particella compie
nell’unità di tempo T. Le unità di misura della frequenza sono i cicli per secondo, o hertz (Hz).
FORZE ELASTICHE ED OSCILLAZIONI

ENERGIA DELL’OSCILLATORE ARMONICO


L’energia meccanica di un sistema in cui una particella si muove di moto armonico semplice opera
k
come il sistema blocco-molla. K e U sono sempre grandezze positive o nulle. Siccome ω2 = ,
m
1 2
possiamo esprimere l’energia totale dell’oscillatore armonico semplice come: E = kA
2
Cioè, l’energia meccanica totale di un oscillatore armonico semplice isolato è una costante del moto
ed è proporzionale al quadrato dell’ampiezza.
IL PENDOLO SEMPLICE
Il pendolo semplice è un altro sistema meccanico che si muove di moto periodico. Esso consiste di
un punto materiale di massa m, sospeso ad un filo leggero di lunghezza L, la cui estremità superiore è
fissata. Il moto del pendolo avviene sempre nel piano xy poiché non ha nessuna componente
perpendicolare ed è determinato dalla forza di gravità. Il pendolo è una massa puntiforme sospesa
tramite un filo inestensibile di massa trascurabile. Se il pendolo è lasciato all’equilibrio, la forza peso
è equilibrata da t, tensione vincolare del filo diretta lungo il filo, se il pendolo non è più in equilibrio,
riuscirò ad equilibrare solo una componente della forza peso.

La soluzione di questa equazione è una funzione sinusoidale.


LAVORO ED ENERGIA
Un SISTEMA è un modello secondo il quale la nostra attenzione viene concentrata su una piccola
regione dell’ Universo , ignorando i dettagli del resto dell’Universo all’esterno del sistema stesso. Un
sistema può:

 Essere un singolo oggetto o una particella


 Essere un insieme di oggetti o particelle
 Essere una regione dello spazio
 Variare in dimensioni e forma
Indipendentemente da quale sia il sistema che si presenta, si identifica un contorno del sistema, che
è una superficie immaginaria che divide l’Universo in sistema e ambiente circostante al sistema. Ci
sono molti modi in cui un sistema può essere influenzato dal suo ambiente e il primo tra questi è il
lavoro .
Il lavoro W fatto su un sistema da una causa che esercita una forza costante sul sistema è il prodotto
del modulo della forza F, del modulo dello spostamento ∆r del punto di applicazione delle forze e di
cosθ, essendo θ l’angolo compreso tra il vettore forza ed il vettore spostamento : W =F ∆ r cosθ.

A partire da tale definizione si può dunque affermare che una forza non compie lavoro su un corpo
se essa non produce uno spostamento. Se ∆r = 0 , allora W= 0 . Inoltre si può affermare che il lavoro
compiuto da una forza su un oggetto che si muove è nullo se la forza è applicata perpendicolarmente
allo spostamento del suo punto di applicazione. Se θ=90 °, allora W=0 perché il cos 90° =0. Il segno
F relativamente a ∆r. il lavoro compiuto dalla forza
del lavoro dipende anche dalla direzione di ⃗
F su ∆r è nello stesso verso dello
applicata al sistema è positivo quando la proiezione di ⃗
spostamento. Quando la proiezione di F su ∆r è nel verso opposto allo spostamento, W è negativo.

Le dimensioni del lavoro sono quelle di una forza moltiplicata per una lunghezza. Pertanto, nel SI le
unità di misura del lavoro sono newton ּ metro . Questa combinazione di unità di misura viene
utilizzata così frequentemente che ha ricevuto un nome specifico, il joule (j).
Una considerazione importante da fare è che il lavoro rappresenta un trasferimento di energia. Se
W è il lavoro compiuto su un sistema e W è positivo, l’energia viene trasferita al sistema (ambiente-
sistema) ; se W è negativo, l’energia viene trasferita dal sistema ( sistema-ambiente). Il risultato è il
cambiamento nell’energia immagazzinata nel sistema.
Una possibile conseguenza del lavoro compiuto sul sistema è che la velocità di questo cambi.
Dunque si introduce la prima forma di energia che il sistema può possedere, detta energia cinetica.
Consideriamo un sistema composto da un singolo oggetto, una particella di massa m in moto lungo
F . Sappiamo dalla seconda legge di Newton che la
l’asse delle x sotto l’azione di una forza risultante Σ⃗
particella si muove con accelerazione a⃗ . Se lo spostamento della particella è ∆r , il lavoro totale
xf

compiuto dalla forza esterna ΣF sulla particella è W est =∫ ΣF dx


xi

Usando la seconda legge di Newton, possiamo sostituire al modulo della forza risultante ΣF = ma

 TEOREMA DELLE
FORZE VIVE
L’equazione dice che il lavoro svolto dalla forza risultante su una particella di massa m è uguale alla
1 2
differenza fra i valori finali e iniziale della grandezza m v . Questa grandezza è così importante che
2
1 2
le è stato assegnato il nome specifico di energia cinetica: K= mv .
2
L’energia cinetica rappresenta l’energia associata al moto della particella. L’energia cinetica è una
grandezza scalare e ha le stesse unità di misura del lavoro. Si può affermare dall’equazione del
teorema delle forze vive che il lavoro compiuto su di una particella da una forza risultante agente su
di essa è pari alla variazione dell’energia cinetica della particella: W est = KF – K i = ∆K

TEOREMA DELL’ENERGIA CINETICA: Quando è svolto un lavoro su un sistema e la sola variazione


nel sistema è il modulo della sua velocità, il lavoro compiuto dalla forza risultante è uguale alla
variazione dell’energia cinetica del sistema.

ENERGIA POTENZIALE
Il meccanismo di accumulo dell’energia viene detto energia potenziale. La quantità di energia
potenziale del sistema dipende dalla configurazione del sistema. Consideriamo un agente esterno
che solleva un oggetto di massa m da un’altezza iniziale yi dal suolo, ad un’altezza finale yf .
Assumiamo che il sollevamento avvenga lentamente, senza accelerazione, in modo tale che a forza
agente possa essere considerata uguale al peso dell’oggetto. Il lavoro svolto dall’agente esterno sul
sistema quando l’oggetto è sottoposto a questo spostamento verso l’alto è dato dal prodotto della
F app per lo spostamento ∆r
forza diretta verso l’alto ⃗

Quindi possiamo rappresentare la grandezza mgy come l’energia potenziale gravitazionale Ug del
sistema corpo-Terra. L’unità di misura dell’energia potenziale gravitazionale è il joule, la stessa già
introdotta per il lavoro e l’energia cinetica.

FORZE CONSERVATIVE E NON CONSERVATIVE


Consideriamo un oggetto che si muove in discesa in prossimità della superficie terrestre. Il alvoro
compiuto dalla forza gravitazionale sull’oggetto non dipende dal fatto che l’oggetto cada
verticalmente oppure scenda lungo un piano inclinato con attrito. La forza gravitazione dunque viene
detta forza conservativa, mentre la forza di attrito viene detta forza non conservativa:

 FORZE CONSERVATIVE: Le forze conservative godono delle seguenti due proprietà,


equivalenti tra loro:
1. Il lavoro svolto da una forza conservativa su una particella che si sposta da un punto ad un
altro è indipendente dallo specifico percorso seguito dalla particella.
2. Il lavoro svolto da una forza conservativa su una particella che si muove su un qualsiasi
percorso chiuso è nullo ( un percorso chiuso è un percorso in cui il punto di partenza e quello
di arrivo coincidono).

In generale, il lavoro Wint compiuto da una forza conservativa su un oggetto appartenente ad un


sistema quando il sistema cambia da una configurazione ad una differente è pari alla differenza tra il
valore iniziale e il valore finale dell’energia potenziale: W Int = Ui- Uf = -∆U

 FORZE NON CONSERVATIVE: Una forza è non conservativa se non sodisfa le proprietà delle
forze conservative. Definiamo energia meccanica del sistema somma di energia cinetica ed
energia potenziale: Emecc= K+U, dove K comprende l’energia cinetica di tutti i componenti in
moto del sistema ed U comprende tutti i tipi di energia potenziale del sistema. Forze non
conservative, che agiscono all’interno del sistema, portano a variazioni della sua energia
meccanica.
Supponiamo di spostare un libro tra due punti su un tavolo. Se il libro viene spostato tra il
punto A e il punto B lungo una line retta, devi compiere una data quantità di lavoro contro la
forza di attrito per mantenere in movimento il libro con velocità costante. Spostando il libro
attraverso un percorso curvo, il lavoro da compiere contro la forza di attrito è maggiore. Il
lavoro fatto sul libro dunque dipende dal percorso, pertanto la forza di attrito non può essere
conservativa.
CONSERVAZIONE DELL’ENERGIA
Un aspetto centrale dell’approccio energetico è il concetto che non possiamo né creare né
distruggere energia, ma che l’energia si CONSERVA sempre. Quindi, se la quantità totale di
un sistema cambia, può solo essere perché l’energia ha attraversato il confine del sistema
tramite un meccanismo di trasferimento. L’ affermazione generale del principio
conservazione dell’energia può esser descritta con l’equazione di conservazione dell’energia:
∆Esistema = ΣT , dove Esistema è l’energia totale del sistema, che include tutti i possibili modi di
immagazzinare energia ( energia cinetica, potenziale e interna) , e T ( per trasferimento ) è la
quantità di energia trasferita attraverso il confine del sistema con un certo meccanismo.
Durante il moto di un sistema fisico senza attriti l’energia meccanica totale del sistema,
somma dell’energia cinetica e dell’energia potenziale, si conserva.
Se consideriamo un sistema isolato, allora l’energia meccanica del sistema è conservata,
quindi ∆Emecc = 0. Questa equazione è un’ affermazione della conservazione dell’energia
meccanica per un sistema isolato dove non agiscono forze non conservative. L’energia
meccanica in un tal sistema è conservata: la somma di energia cinetica e energia potenziale
resta costante. Se ci sono forze non conservative che agiscono sul sistema, l’energia
meccanica è trasformata in energia interna.

POTENZA
La rapidità con cui è trasferita l’energia è detta potenza istantanea P ed è definita come
dE
P= . Se una forza esterna è applicata ad un corpo, e se il lavoro svolto da questa forza è
dt
W nell’intervallo di tempo ∆t, allora la potenza media di tale intervallo è definita come
W
Pmed = . La potenza istantanea è il valore limite della potenza media quando ∆t tende a
∆t
zero:

L’unità SI della potenza è il joule al secondo ( J/s), detto anche WATT (W). Un watt è la potenza di un
sistema fisico che compie il lavoro di un joule in un secondo. L’unità di potenza nel sistema
convenzionale US è il cavallo vapore (hp) che corrisponde a 746 watt. Un chilowattora (kWh) è
l’energia trasferita in un’ora al tasso costante di 1kW = 1000W

TEMPERATURA E TEORIA CINETICA DEI GAS


LA TERMODINAMICA
La DINAMICA fornisce una descrizione macroscopica dei sistemi fisici, prendendo in considerazione
l’energia meccanica, o energia esterna. L’energia meccanica si conserva in un sistema sottoposto a
sole forze conservative. Ogni qualvolta si dissipa energia meccanica, si riscontra sperimentalmente
che si hanno fenomeni di riscaldamento in quelle parti dove si esplicano forze dissipative.
La TERMODINAMICA studia I sistemi fisici considerando solo quelle grandezze fisiche che hanno a
che fare con lo stato interno del Sistema, che determinano l’energia interna dei sistemi. Si adotta
ancora un punto di vista macroscopico per descrivere però i fenomeni termici e le loro eventuali
relazioni con I fenomeni meccanici e più in generale con altre forme di energia. Lo studio
microcopico avviene attraverso la meccanica statistica.
Un sistema termodinamico è un sistema fisico descritto attraverso parametri di stato o variabili
termodinamiche (grandezze macroscopiche). Lo stato di un sistema è noto quando è noto il valore
che i parametri di stato hanno in ogni punto del sistema. Se tale valore è costante nel tempo, lo stato
si dice stazionario.

Per introdurre la nozione di equilibrio termico e il principio zero della termodinamica


dobbiamo fare riferimento alle idee di temperatura e calore. Tutti abbiamo un senso pratico di
quella che chiamiamo temperatura: ci basta toccare una cosa per decretare se è fredda o calda, e
quindi se la sua temperatura è più o meno elevata. Il problema però è che non ci possiamo affidare ai
nostri sensi per effettuare delle misure di temperature. Per dare un carattere OBIETTIVO a tale
sensazione è necessario individuare una qualche grandezza fisica (per esempio volume, pressione,
resistenza elettrica,…) che esprima una proprietà macroscopica nel corpo e che dipenda in modo
univoco dal suo stato termico.

 Due corpi dello stesso materiale che la stessa sensazione termica nell’osservatore sono detti
in EQUILIBRIO TERMICO.
 Il contatto tra due corpi inizialmente in diversi stati termici produce, dopo un tempo
opportune, l’equilibrio termico tra i due corpi: lo stato finale è intermedio rispetto ai due stati
iniziali.

PRINCIPIO ZERO DELLA TERMODINAMICA


L’equilibrio termico gode della proprietà TRANSITIVA, esso afferma che: se due corpi A e B sono
singolarmente in equilibrio termico con un terzo corpo C, allora A e B sono in equilibrio termico tra
loro quando vengono messi in contatto termico.
TEMPERATURA → Esiste una grandezza scalare, detta temperatura, che è una proprietà di tutti i
sistemi termodinamici (in stati di equilibrio) tale che l’uguaglianza di temperatura è una condizione
necessaria e sufficiente per l’equilibrio termico. L’equilibrio termico è quello stato che due (o più)
sistemi raggiungono quando vengono messi in comunicazione fra loro. La temperatura è quella
proprietà che determina se un sistema sia o non sia in equilibrio termico con altri sistemi.
La DILATAZIONE TERMICA è un fenomeno di origine microscopica per il quale all’aumentare della
temperatura corrisponde un aumento del volume dei corpi. Di norma il volume di un corpo,
qualunque sia lo stato di aggregazione, aumenta a pressione costante, al crescere dell’energia
molecolare media e della temperatura. Per sostanze che seguono tale comportamento, in vicinanza
dello 0°C, la dipendenza del volume della temperatura può essere ben rappresentata da:

IL COMPORTAMENTO ANOMALO DELL’ACQUA:


GAS PERFETTI o GAS IDEALI (descrizione macroscopica)
L’equazione che collega 4 grandezze: pressione P, temperatura T, volume V e numero di moli n è
chiamata equazione di stato. Ci si riferisce comunemente a un gas a bassa densità come a un gas
perfetto. Un gas perfetto è un insieme di atomi o molecole che si muovono casualmente, tra essi non
si esercitano forze a lunga distanza e sono così piccoli da occupare una frazione trascurabile del
volume del loro contenitore. E’ conveniente esprimere la quantità di gas in moli; una mole di una
qualunque sostanza è quella massa di sostanza che contiene un numero di Avogadro, NA = 6.022 x
1023, di molecole. Il numero di moli n presente in un campione di sotanza è legato alla sua massa m
dalla relazione:
m
n= M dove m è la massa in grammi, g, ed M è il peso molecolare espresso in grammi su moli
(g/mol).
Le 3 LEGGI DEI GAS PERFETTI sono:

 Quando il gas viene tenuto a temperatura costante (T=costante), la sua pressione è


inversamente proporzionale al volume (questa è la LEGGE DI BOYLE)
 Quando la pressione del gas è mantenuta costante (P=costante), il volume è direttamente
proporzionale alla temperatura (questa è la LEGGE DI CHARLES)
 Quando il volume del gas è mantenuto costante (V=costante), la pressione è direttamente
proporzionale alla temperatura (questa è la LEGGE DI GAY-LUSSAC)
Queste osservazioni possono essere riassunte nella LEGGE DEI GAS PERFETTI, nota anche come
EQUAZIONE DI Van der Waals:
Joule
PV = nRT dove R è la costante dei gas e ha valore di R= 8,314 mole ∙ Kelvin oppure

L ∙ atm
R = 0.0821 K ∙ mol

PIANO DI CLAPEYRON
TEORIA CINETICA DEI GAS (descrizione microscopica)

ENERGIA NELLE TRASFORMAZIONI TERMODINAMICHE


EQUILIBRIO TERMODINAMICO
L’equilibrio termodinamico si ha quando si sia realizzato:

 Equilibrio meccanico tra le forze che il sistema esercita sull’ambiente esterno e le forze
agenti sul sistema.
 Equilibrio termico tra le varie parti del sistema, nonché tra questo e l’ambiente esterno.
 Equilibrio chimico, che garantisce che non siano in corso reazioni che alterino la
composizione relativa del sistema.
PASSAGGIO DA UNO STATO DI EQUILIBRIO AD UN ALTRO
Lo studio dei meccanismi attraverso i quali lo stato di un sistema macroscopico può essere fatto
variare è argomentato dalla termodinamica. Tali meccanismi possono essere di diversa natura:
reazione chimica, lavoro di forze d'attrito, passaggio di corrente elettrica, etc. E’ di particolare
interesse il caso in cui la variazione di stato sistema avvenga per interazione con corpi a temperatura
diversa (scambio di calore).

TRASFORMAZIONI TERMODINAMICHE

CALORE

REGOLA

MODALITA’ PER LO SCAMBIO DI ENERGIA

Prima che fosse accettato comunemente che il calore è energia viene introdotta come unità di
misura la CALORIA.
L’equivalente meccanico del calore è il JOULE.

Una CALORIA è definita come la quantità di calore necessaria per innalzare 1 grammo di acqua pura
di 1°C. Una Caloria, con la C maiuscola, di solito si usa per indicare il contenuto energetico dei cibi. E’
in realtà una kilocaloria:
- 1 Caloria = 1 Kilocaloria = 1000 cal
- 4.184 J = 1 cal
Per LAVORO e CALORE intendiamo LAVORO MECCANICO ed ENERGIA TERMICA.

Il lavoro (L) svolto su un gas in una trasformazione quasi-statica che porta il gas da uno stato iniziale
a uno finale è l’area sotto la curva in un diagramma PV, calcolata fra lo stato iniziale e lo stato finale e
cambiata di segno.
a) Una compressione a pressione costante seguita da un processo a volume costante
b) Un processo a volume costante seguito da una compressione a pressione costante
c) Una compressione arbitraria

IL PRIMO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA


Il primo principio della termodinamica stabilisce che la variazione di energia interna di un sistema è
uguale alla differenza tra il calore scambiato dal sistema con l’ambiente esterno e il lavoro esercitato
tra il sistema e l’ambiente esterno.
Una trasformazione termodinamica, o con scambio di energia, può avvenire con scambio sia di
lavoro (L) che di calore (W). Quindi ∆ U =Q−L o ∆ U =Q−W
ISOBARA
ISOCORA
ISOTERMA

TRASFORMAZIONI
ADIABATICA
QUASI-STATICHE

CICLICA

ADIABATICA

La trasformazione adiabatica è una trasformazione durante la quale siano trascurabili gli scambi di
calore fra il sistema e l’ambiente esterno, cioè Q = 0 . Quindi risulta ∆ U =−L . Se il lavoro di volume,
ad esempio espansione, L>0 ⟹ ∆ U <0 ; Ufin < Uin

Viceversa l’energia interna aumenta durante la compressione adiabatica.

ISOBARA
Una trasformazione che avviene a pressione costante è detta trasformazione isocora, in cui possono
variare solamente le variabili di stato di temperatura e volume.

ISOCORA
Una trasformazione che avviene a volume costante è detta trasformazione isocora, in cui possono
variare solamente le variabili di stato di pressione e temperatura.

In una tale trasformazione, il lavoro compiuto è nullo poichè il volume non varia. Quindi il primo
principio applicato a una trasformazione isocora dà l’energia interna (∆ U ) uguale al calore:
∆ U =Q

Ogni variazione di energia interna è dovuta unicamente a scambi di calore, cioè a interazioni
termiche con corpi a temperatura diversa da quella del sistema. Se:

ISOTERMA
Una trasformazione che avviene a temperatura costante è detta trasformazione isoterma, in cui
possono variare solamente le variabili di stato di pressione e volume.
Poichè l’energia interna di un gas perfetto è solo funzione della temperatura, ∆Eint = 0 . Quindi
Q=-W.
CICLICA
Una trasformazione è detta trasformazione ciclica quando inizia e finisce nello stesso stato:
∆ U =Q e Q=-W

TRASMISSIONE DEL CALORE

CONDUCIBILITA’ TERMICA

MACCHINE TERMICHE
Con macchina termica si intende qualsiasi dispositivo in grado di assorbire calore da una sorgente a
temperatura minore. Le macchine termiche convertono calore in lavoro,ovvero moto caotico (cioè
energia termica) in moto ordinato.
Una macchina termica è un dispositivo termodinamico che fa compiere al sistema un ciclo. Scopo di
una macchina termica è quello di fornire continuamente lavoro all’esterno percorrendo più volte lo
stesso ciclo.
CICLO
La conversione di calore in lavoro deve essere realizzata in modo efficiente, cioè massimizzando il
rendimento η (eta) :

Se si riesce a costruire una macchina che lavori in un ciclo senza che il sistema ceda calore
all’esterno, allora si ha una conversione di calore in lavoro con una efficienza del 100%.

CICLO DI CARNOT
Carnot ipotizzò la costruzione di una macchina termica funzionante con due sole sorgenti di calore. Il
ciclo di Carnot è un ciclo termodinamico costituito da 4 trasformazioni reversibili: un’espansione
isoterma, un’espansione adiabatica, una compressione isoterma e una compressione adiabatica, che
complessivamente riportano il gas allo stato iniziale.
1. Espansione isoterma AB: Il gas si espande perchè diminuiamo poco alla volta il peso sul
pistone. La sorgente con T = T2 mantiene costante la temperatura del gas.
2. Espansione adiabatica BC: Continua l’espansione, ma ora il pistone è isolato e non cambia
calore con l’ambiente. La temperatura diminuisce fino al valore T1.
3. Compressione isoterma CD: Il gas è compresso perchè aumentiamo, poco alla volta, il peso
sul pistone. La sorgente con T = T1 mantiene costante la temperatura del gas.
4. Compressione adiabatica DA: Isoliamo di nuovo il cilindro e continuiamo la compressione
fino a riportare il sistema in A. la temperatura aumenta e ritorna al valore T2.
SECONDO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA
ENUNCIATO DI KELVIN-PLANCK
Il secondo principio si può enunciare in diversi modi, ma si può dimostrare che tutti gli enunciati
sono equivalenti. Un altro modo per enunciarlo è secondo l’ ENUNCIATO DI CLAUSIUS:

Moto perpetuo di prima specie: è il funzionamento continuo di una macchina che crea la sua
energia, violando così il primo principio.
Moto perpetuo di seconda specie: è il funzionamento di una macchina che sfrutta l’energia interna di
un solo serbatoio, violando così il secondo principio.
ENTROPIA E SECONDO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA
 Abbiamo visto che la formulazione quantitativa del primo principio è stata possibile con
l’introduzione della grandezza di stato “energia interna”.
 Gli studi sulla termodinamica condotti da Clausius portarono all’ introduzione di una nuova
grandezza di stato chiamata “ENTROPIA”.
 L’entropia permette di dare una formulazione quantitativamente al secondo principio.
 Clausius formò la parola entropia mettendo insieme le due parole greche én (dentro) e tropé
(trasformazione) con il significato di “trasformazione interna”, e la introdusse nel 1865.

ENTROPIA
 Il secondo principio della termodinamica è legato alla freccia del tempo perchè tiene conto
dell’irreversibilità dei fenomeni termodinamici.
 Una trasformazione termodinamica avviene spontaneamente sempre nella direzione di un
aumento dell’entropia quindi l’aumento dell’entropia consente di distinguere il passato dal
futuro.

FORZE ELTTRICHE E CAMPI ELETTRICI


Semplici esperimenti dimostrano che:

L’energia elettrica è una delle forme di energia più usate.

LEGGE DI COULOMB
La forza elettrica che si esercita tra due cariche q1 e q2 è descritta dalla legge di Coulomb, secondo
cui:
il valore della forza elettrica tra due cariche puntiformi è:

 Direttamente proporzionale a ciascuna carica,


 Inversamente proporzionale al quadrato della loro distanza.
F | della forza varia in funzione di r. In particolare:
Mantenendo fise le cariche, l’intensità |⃗

 Se la distanza raddoppia la forza diventa quattro ( =22) volte più piccola;


 Se la distanza si riduce di quattro volte, la forza diventa sedici ( =4 2) volte più grande.

FORZE E CAMPI
CAMPO ELETTRICO
PRINCIPIO DI SOVRAPPOSIZIONE
LINEE DI FORZA

FORZE CENTRALI

Le due forze sono simili perchè:

 Agiscono a distanza (e non a contatto);


 Diminuiscono in modo inversamente proporzionale al quadrato della distanza;
 Sono direttamente proporzionali a una grandezza caratteristica (rispettivamente la massa e la
carica).
Tuttavia, le due forze sono diverse perchè:

 Le cariche sono di due tipi diversi (positive e negative), mentre per le masse non esiste una
simile proprietà;
 La forza gravitazionale ha un solo comportamento (quello attrattivo), mentre la forza elettrica
agisce solo tra corpi carichi.
 Nelle condizioni ordinarie, la forza elettrica è molto più intensa di quella gravitazionale.

POTENZIALE ELETTROSTATICO
CAMPO ELETTRICO E POTENZIALE ELETTRICO
IL POTENZIALE ELETTRICO
Calcoliamo l’energia potenziale relativa alla carica di prova q nel punto A in presenza delle N cariche
che generano il campo. Se indichiamo con Ui l’energia potenziale del sistema formato dalla carica di
prova q e dalla carica Qi , l’energia potenziale complessiva UA , relativa a q nel punto A è data dalla
somma UA = U1 +U2 +…+UN = ΣUi . Sulla base di questa grandezza definiamo il potenziale elettrico V A del
U
punto A attraverso la relazione VA = A , dove UA è l’energia potenziale elettrica e q è la carica di
q
prova. Il potenziale elettrico nel punto A è uguale al rapporto tra l’energia potenziale UA ( dovuta
all’interazione di ciascuna delle cariche che generano il campo con la carica di prova q posta in A) e la
stessa carica q di prova. Mettendo la carica di prova q in un altro punto B dello spazio possiamo
conoscere la corrispondente energia potenziale UB e, quindi, il potenziale elettrico VB nel punto B: VB
U
= B.
q
UB U A ∆U
Calcoliamo la differenza di potenziale elettrico tra i due punti B e A: ∆ V =V B −V A = − = .
q q q
W A→B
Quindi ∆V = - , dove WA→B è il lavoro fatto dalla forza elettrica sulla carica di prova durante il
q
suo spostamento da A a B.
L’unità di misura del potenziale elettrico è il J/C. Tale unità è chiamata anche VOLT (V), in quanto tra
due punti c’è una differenza di potenziale di 1volt quando, spostando una carica di 1coulomb da un
punto a un altro, l’energia potenziale cambia di 1joule.

Il potenziale elettrico dovuto a distribuzioni continue di carica può essere calcolato se la


distribuzione di carica è nota, consideriamo il potenziale generato da un piccolo elemento di carica
q
dq, trattando questo elemento come una carica puntiforme. Dall’equazione V =K e (equazione del
r
potenziale elettrico dovuto a una carica puntiforme in un punto a distanza r dalla carica ), il
q
potenziale dV in un certo punto P dovuto all’elemento di carica dq è dato da: dV =K e , dove r è la
r
distanza dall’elemento di carica P.

CONDUZIONE ELETTRICA

Sappiamo per esperienza che le cariche elettriche possono muoversi nella materia e dar luogo a
fenomeni che vanno comunemente sotto il nome di ELETTRICITA’.
Consideriamo due punti A e B sulla superficie di un conduttore carico. Lungo un percorso superficiale
che congiunge questi punti , ⃗ E è sempre perpendicolare allo spostamento d ⃗s ; quindi ⃗ E . d ⃗s =0.
Quindi la differenza di potenziale tra A e B è necessariamente 0. Dunque la superficie di qualsiasi
conduttore in equilibrio elettrostatico è una superficie equipotenziale: ogni punto sulla superficie di
un conduttore carico in equilibrio elettrostatico si trova allo stesso potenziale. Inoltre, poiché il
campo elettrico all’interno del conduttore è nullo, possiamo concludere che il potenziale all’interno
del conduttore è costante dovunque e uguale al suo valore sulla superficie.

CAPACITA’ DI UN CONDENSATORE
Un condensatore piano è formato da due lastre metalliche parallele , chiamate armature , poste a
una distanza piuttosto piccola rispetto alla loro estensione. Quando una delle due armature riceve la
carica Q, l’altra acquista per induzione una carica –Q. Inoltre possiamo affermare che la carica Q
presente sull’armatura positiva di un condensatore è direttamente porporzionale alla differenza di
potenziale ∆V tra le armature. Si definisce allora la capacità del condensatore come:
CORRENTE ELETTRICA
In tutte le situazioni in cui fluisce una carica, si dice che vi è una corrente elettrica . La corrente è
definita come la rapidità con la quale la carica elettrica fluisce attraverso una superficie. Se ∆Q è la
carica che attraversa la superficie nell’intervallo di tempo ∆t, la corrente media Imed nell’intervallo di
ΔQ
tempo è data dal rapporto tra la carica e l’intervallo di tempo: I med = Δ t .
È possibile che la rapidità con la quale fluisce la carica vari nel tempo. Perciò definiamo la corrente
istantanea I come il limite per ∆t che tende a zero del rapporto tra ∆Q e ∆t

L’unità di misura di corrente è l’ampere (A) , ossia 1ampere di corrente equivale al passaggio della
carica di 1coulomb attraverso una superficie in 1secondo.
LA RESISTENZA E LE LEGGI DI OHM
Se agli estremi di un filo conduttore applichiamo una differenza di potenziale ΔV, il filo è
attraversato da una corrente elettrica la cui densità dipende oltre che da ΔV, dalle proprietà
del conduttore.
Riguardo alla relazione tra differenza di potenziale e intensità di corrente, nel 1826 il fisico tedesco
Georg Simon Ohm trovò le seguenti leggi:

PRIMA LEGGE DI OHM


A temperatura costante, le differenza di potenziale ΔV applicata a due estremità di un conduttore
metallico è direttamente proporzionale all’intensità i della corrente che percorre il conduttore.

∆V = R ∙ i

Il coefficiente di proporzionalità R è chiamato resistenza elettrica. Il significato fisico della


grandezza R è abbastanza semplice: il suo valore è la misura della difficoltà che le cariche
elettriche incontrano per attraversare un conduttore; se R è molto grande, vuol dire che si è in
presenza di un cattivo conduttore, nell’interno del quale il moto delle cariche è notevolmente
ostacolato.
L’unità di misura di R nel S.I. è l’ohm che viene indicato con il simbolo Ω (omega), dove
1V
1 Ω=
1A
Un conduttore ha la resistenza di un ohm se viene percorso dalla corrente di un ampere quando
ai suoi estremi è applicata la differenza si potenziale di 1V.

Data la proporzionalità diretta tra AV e i, misurando l’intensità di corrente in un conduttore


metallico al variare della d.d.p. applicata agli estremi e riportando i valori di queste grandezze su un
sistema di assi cartesiano, otteniamo una retta passante per l’origine. I conduttori che hanno come
grafico una retta passante per l’origine e che soddisfano quindi la prima legge di Ohm sono detti
conduttori ohmici. Nei conduttori non ohmici il rapporto V/i non è costante e il grafico è una
curva, detta curva caratteristica del conduttore.
L’inverso della resistenza è la conduttanza che si indica con il simbolo c e l’unità di misura della
1A
conduttanza è il siemens:
1V

LA RESISTIVITA’
SECONDA LEGGE DI OHM
La resistenza di un filo conduttore è direttamente proporzionale alla lunghezza l e inversamente
proporzionale alla sezione S, cioè:

R
S
=
q
l

In cui ⍴ (rho) è una costante di proporzionalità chiamata resistività (o resistenza specifica),


dipendente solo dalla natura del conduttore.
L’unità di misura di ⍴ è ohm∙(metro)2/metro ovvero Ωm.
Sono buoni conduttori elettrici i materiali aventi resistività dell’ordine di 10-8 Ωm; si considerano
isolanti quelli con q maggiore di 107 Ωm; i materiali intermedi vengono detti semiconduttori.
Sperimentalmente si trova che nei metalli la resistività aumenta con la temperatura secondo una
legge lineare del tipo:

⍴t = ⍴0(1 + αt)

Dove ⍴t è la resistività alla temperatura t, ⍴0 è quella dello stesso materiale a 0°C, α è il


coefficiente resistivo di temperatura, t è la variazione di temperatura.
Dato che ⍴t⁄⍴0 = R⁄R0 vale anche la seguente relazione:

Rt = R0(1 + αt)
LA POTENZA ELETTRICA
CENNI
CAMPO ELETTROMAGNETICO E ONDE
ELETTROMAGNETICHE
Le onde elettromagnetiche sono il fenomeno fisico attraverso il quale l’energia elettromagnetica
può trasferirsi da luogo a luogo per propagazione. Tale fenomeno di trasferimento di energia può
avvenire nello spazio libero (via etere) oppure può essere confinato e facilitato utilizzando
appropriate linee di trasmissione (guide d’onda, cavi coassiali ecc.). Le onde elettromagnetiche,
secondo la teoria di Maxwell, sono fenomeni oscillatori, generalmente di tipo sinusoidale, e sono
costituite da due grandezze che variano periodicamente nel tempo: il campo elettrico ed il campo
magnetico. In condizioni di campo lontano i due campi sono in fase, ortogonali tra loro e
trasversali rispetto alla direzione di propagazione. La caratteristica fondamentale che distingue i
vari campi elettromagnetici e ne determina le proprietà è la FREQUENZA, che rappresenta il
numero di oscillazioni effettuate dall’onda in un secondo (unità di tempo). La frequenza si misura
in Hertz (Hz). Strettamente connessa con la frequenza è la LUNGHEZZA D’ONDA, che è la
distanza percorsa dall’onda durante un tempo di oscillazione e corrisponde alla distanza tra due
massimi o due minimi dell’onda. Queste due grandezze, oltre ad essere tra loro legate, sono a loro
volta connesse con l’ENERGIA trasportata dall’onda: l’energia associata alla radiazione
elettromagnetica è infatti direttamente proporzionale alla frequenza dell’onda stessa. Quando
un’onda elettromagnetica incontra un ostacolo penetra nella materia e deposita la propria energia
producendo una serie di effetti diversi a seconda della sua frequenza. Sulla base di questo, lo
spettro elettromagnetico viene suddiviso in una sezione ionizzante, comprendente raggi X e raggi
gamma, aventi frequenza molto alta (> 3000 THz) e dotati di energia sufficiente per ionizzare
direttamente atomi e molecole, ed una non ionizzante (NIR), le cui radiazioni non trasportano un
quantitativo di energia sufficiente a produrre la rottura dei legami chimici e produrre ionizzazione.
Le NIR oggetto della nostra attenzione in quanto sorgenti di elettrosmog sono quelle aventi
frequenze che vanno da 0 a 300 GHz, che possono a loro volta venire suddivise in: - campi
elettromagnetici a frequenze estremamente basse (ELF); - radiofrequenze (RF); - microonde
(MO); 2.1. Frequenza e lunghezza d'onda Le onde elettromagnetiche costituiscono una delle
modalità più comuni ed importanti di propagazione del campo elettromagnetico. Esse sono
caratterizzate da:  intensità= ampiezza dell'onda  frequenza= numero di cicli di onda completi
che si sussegueno nell'unità di tempo (Hz)  lunghezza d'onda= distanza nello spazio tra due
massimi (o minimi) successivi dell'onda La lunghezza d'onda λ di un campo elettromagnetico (in
metri) è definita da: λ= c/f ove c è la velocità della luce(300.000 0km/s), f = frequenza (in kHz)

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