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FISICA (Paciaroni)

MECCANICA (VELOCITA’ E ACCELERAZIONE)


La meccanica, i cui concetti fondamentali sono stati formulati da Isaac Newton, è il ramo della
fisica che studia l’effetto delle forze sul moto dei corpi, quello che è stato il primo ad essere
applicato con successo ai sistemi viventi. Le prime osservazioni della meccanica riguardano le leggi
che regolano il moto dei punti materiali, ovvero oggetti di dimensione trascurabile (poiché piccola)
rispetto all’ambiente circostante. Quindi il punto materiale è un concetto relativo.
Concetto di base della meccanica è la velocità, grandezza fisica vettoriale la cui definizione fu
enunciata da Newton nel 1670. Egli afferma che se un corpo percorre lo spazio tra L1 e L2, nel
tempo tra t1 e t2, la sua velocità media è data dalla variazione della posizione rispetto alla variazione
del tempo. Essa, quindi, è definita come la variazione della posizione rispetto al tempo. Se la
velocità è costante lungo il percorso, la distanza s percorsa è data dal prodotto della velocità per il
tempo, infatti la velocità è data dallo spazio percorso rispetto al tempo impiegato (1). Se invece la
velocità varia lungo il percorso, allora l’espressione s/t indica la velocità media del corpo. Se la
velocità del corpo varia lungo il percorso il moto del corpo non è uniforme ma accelerato, o
decelerato. In questo caso, la velocità istantanea del corpo in un dato istante è definita come la
derivata della distanza rispetto al tempo quando la variazione di tempo tende a 0 (2). Infatti la
velocità istantanea è data dalla variazione di posizione rispetto alla variazione di tempo.
Nel caso di un moto accelerato, l’accelerazione di un corpo è definita come la variazione di velocità
rispetto al tempo (3). Tuttavia, se l’accelerazione è costante, quindi si parla di moto uniformemente
accelerato, l’accelerazione è data dalla variazione di velocità rispetto al tempo impiegato. In questo
caso, la velocità finale di un corpo che è stato accelerato per un tempo t è data dalla somma della
velocità iniziale e il prodotto tra l’accelerazione il tempo impiegato (3). Inoltre, se il moto è
uniformemente accelerato, la velocità media del corpo è data dalla somma della velocità iniziale e
di quella finale diviso 2 (3). Nel caso di un moto uniformemente accelerato, come quello della
caduta dei gravi, lo spazio percorso è calcolabile attraverso il prodotto della velocità media per il
tempo (5). Un’esempio di moto uniformemente accelerato è la caduta dei gravi, per la quale si
assume come accelerazione l’accelerazione di gravità g=9,8m/s2(6).
Se invece l’accelerazione non è uniforme, allora essa è definita come la derivata della velocità
rispetto al tempo, quando la variazione di tempo tende a 0 (4).

LEGGI DI NEWTON
I fondamenti della meccanica sono rappresentati dalle tre leggi del moto di Newton.
- La I legge di Newton afferma che un corpo rimane in quiete o in uno stato di moto uniforme a
meno che non sia applicata ad esso una forza.
- La II legge di Newton afferma che la forza F applicata su un corpo che è in movimento è data dal
prodotto tra la massa del corpo e la sua accelerazione (7), quindi la forza applicata su un corpo
equivale alla variazione nel tempo della quantità di moto di un corpo (Q), ovvero il prodotto tra
la massa e velocità del corpo (8). Per lo stesso motivo, la forza gravitazionale agente su un
oggetto di massa m è data dal prodotto tra la massa dell’oggetto e l’accelerazione gravitazionale,
che corrisponde al peso dell’oggetto (p=mg)
- La III legge di Newton afferma che ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria
quindi quando due corpi A e B interagiscono in modo che A esercita una forza su B, una forza
della stessa grandezza ma di verso opposto viene esercitata da B su A.
Dalle leggi di Newton deriva che la quantità di moto Q totale di un sistema rimane invariata se
nessuna forza agisce dall’esterno, quindi vale un principio di conservazione.
MOTO ROTATORIO
Altra tipologia di moto è il moto rotatorio e consiste in un moto di un punto
materiale lungo una circonferenza. Nell’analisi del moto rotatorio è
fondamentale introdurre l’unità di misura chiamata radiante. Un angolo in unità
radiante θ (9) è definito come il rapporto tra l’arco della circonferenza (s) e il
raggio (r). Nel caso in cui si abbia un cerchio completo, l’arco coincide con la
circonferenza 2πr e quindi l’angolo sotteso da un cerchio è 2π rad.
Il corrispondente della velocità, nel moto circolare, è la velocità angolare ω,
cioè lo spostamento angolare nell’unità di tempo, quindi, se un corpo ruota di angolo θ in un tempo
t, allora la velocità angolare è data da θ/t (10). Tale velocità può essere costante ma, se varia, allora
compare il concetto di accelerazione angolare α, che consiste nella variazione di velocità angolare
nell’intervallo di tempo (11).
Inoltre, quando un oggetto ruota attorno a un asse, ogni punto dell’oggetto descrive una
circonferenza e quindi è anche in movimento lineare. La distanza lineare s, percorsa nel moto
angolare è data dal prodotto tra il raggio e l’angolo θ. La velocità lineare v di un corpo che gira ad
una velocità angolare ω e a una distanza r dal centro si calcola dal prodotto tra il raggio e la velocità
angolare (10). Nello stesso modo, l’accelerazione lineare a è data dal prodotto tra l’accelerazione
angolare α e il raggio r (11). Quando un oggetto ruota uniformemente intorno ad un asse, la velocità
lineare rimane costante ma la direzione della velocità lineare è in continua variazione. Tale
variazione è sempre rivolta verso il centro di rotazione, infatti un corpo rotante è sempre accelerato
verso il centro da un’accelerazione detta accelerazione centripeta (ac) che è data dal rapporto tra il
quadrato della velocità tangenziale alla circonferenza e il raggio, quindi dal prodotto tra il quadrato
della velocità angolare e il raggio (12). Il corpo viene accelerato verso il centro di rotazione, grazie
ad una forza centripeta rivolta verso il centro di rotazione che è data dalla massa moltiplicata per
l’accelerazione centripeta (13). La forza centripeta è necessaria per mantenere il corpo in rotazione,
infatti in assenza di tale forza il corpo si muoverebbe in modo lineare. Inoltre, in base alla III legge
di Newton, esiste anche una forza uguale e contraria alla forza centripeta che è detta forza
centrifuga, diretta nella direzione opposta rispetto al centro di rotazione.
Nel moto rotatorio, inoltre, invece che la massa diventa rilevante il momento d’inerzia, che è
l’analogo della massa nel moto traslazionale. Il momento di inerzia I è dato dal prodotto della massa
e il raggio elevato al quadrato (14). Invece il momento della forza è definito come la capacità di una
forza di produrre una rotazione intorno ad un asse. Esso è dato dal prodotto tra la distanza d tra
l’asse di rotazione e punto di applicazione della forza (braccio di forza) e la componente della forza
perpendicolare a tale distanza (15).

LEGGI DI NEWTON PER IL MOTO ROTATORIO


- La I legge di Newton afferma che un moto in rotazione continua la sua rotazione con una velocità
angolare costante a meno che su di esso non agisca una forza.
- La II legge di Newton afferma che il momento della forza M è dato dal prodotto del momento
d’inerzia e l’accelerazione centripeta.
- La III legge di Newton afferma che per ogni momento c’è un momento di reazione uguale e
opposto.

LAVORO ED ENERGIA
In fisica si compie lavoro quando una forza viene applicata ad un corpo per produrne od ostacolarne
lo spostamento. Il lavoro, infatti, è dato dal prodotto della forza e dello spostamento (16). Quando la
forza è parallela allo spostamento e nella stessa direzione, quindi cos0°=1, allora il lavoro è
positivo; se la forza è perpendicolare allo spostamento, quindi cos90°=0, allora il lavoro è nullo; se
la forza è parallela allo spostamento ma in direzione
opposta, quindi cos180°=-1, allora il lavoro è negativo. Il
collegamento tra energia e lavoro è dovuto al fatto che
l’energia è necessaria per compiere un lavoro, infatti hanno
la stessa unità di misura, il Joule. Attraverso il lavoro una
forma di energia può essere convertita in un’altra, ma la
quantità totale di energia non varia. Infatti, in assenza di
attrito, la somma di energia cinetica ed energia potenziale si conserva.
Esistono due forme di energia che un corpo possiede:
- Energia cinetica (U), ovvero l’energia che un corpo possiede in virtù del suo movimento.
L’energia cinetica di un corpo di massa m in movimento con una velocità v è dato da 1/2mv2 (17).
- Energia potenziale, ovvero la capacità di un corpo di fare lavoro in virtù della sua posizione o
configurazione. Essa è direttamente proporzionale, quindi, all’altezza del corpo, infatti è data
dalla formula: mgh (18).
Anche nel caso di una forza elastica, una molla allungata o compressa possiede un’energia
potenziale che è data da 1/2ks2 (18), in cui k è la costante elastica, che dipende dalle caratteristiche
della molla e s è l’ampiezza dell’allungamento o compressione.

CALORE
Il calore è una forma di energia e come tale può essere convertito in lavoro o in un’altra forma di
energia. Tuttavia, mentre le altre forme di energia possono essere convertite anche interamente in
lavoro, l’energia termica può essere convertita solo parzialmente in altre forme di energia. Per
questo si dice che è una forma di energia disordinata. Il calore non può essere convertito
completamente a causa della teoria cinetica della materia, infatti le particelle, all’interno di un corpo
hanno un movimento caotico e non un moto ordinato, quindi non possiedono un’energia potenziale.
L’energia cinetica media delle particelle, invece, è 3/2kT, quindi è direttamente proporzionale alla
temperatura del corpo. Maggiore è la temperatura e maggiore è l’energia cinetica delle particelle.
Il calore è misurato in calorie (cal), infatti una caloria è la quantità di calore necessaria per innalzare
di 1° la temperatura di 1gr d’acqua. Invece il calore specifico è la quantità di calore necessaria per
innalzare la temperatura di una massa unitaria di una sostanza di 1°. Una caloria, infine, equivale a
4,184J.

SCAMBI DI CALORE CON L’ESTERNO (2 DOMANDA)


Esistono 3 principali modi attraverso cui un corpo può scambiare calore con l’esterno:
- Conduzione, ovvero il trasferimento di calore che avviene in un mezzo solido, dalle zone a
temperatura maggiore verso quelle con temperatura minore. Ad esempio, se un’estremità di
un’asta metallica è posta in prossimità di una fonte di calore, dopo un certo tempo, anche l’altra
estremità dell’asta si riscalda. Il processo di conduzione termica comporta l’aumento di energia
interna nel materiale, infatti l’aggiunta di calore aumenta sia le vibrazioni atomiche casuali sia la
velocità del movimento degli elettroni liberi. Tale aumento del moto vibrazionale viene trasferito
attraverso l’asta tramite collisioni tra atomi vicini. In alcuni materiali, che sono buoni conduttori
di calore, come i metalli, gli elettroni hanno un’energia sufficiente per staccarsi dall’ultimo
orbitale e muoversi liberamente attraverso il materiale. In questo modo essi trasferiscono
rapidamente l’aumento dell’energia interna attraverso l’asta. Al contrario, materiali come il
legno, che non hanno elettroni liberi, vengono detti isolanti.
- Convezione, ovvero la principale modalità di trasferimento di calore anche avviene nei fluidi
(gas e liquidi). Quando un fluido viene riscaldato, le molecole vicino alla sorgente di calore
acquistano energia e tendono ad allontanarsi dalla fonte di calore, quindi in questa zona il fluido
diventa meno denso. Si genera, così, un gradiente per cui il fluido fluisce dalla regione più densa
a quella meno densa creando correnti di convezione, le quali, se entrano in contatto con un
materiale solido, cedono parte della loro energia agli atomi del solido, aumentandone l’energia
interna e quindi riscaldandolo.
- Irraggiamento, ovvero il trasferimento di calore dovuto alle radiazioni elettrromagnetiche emesse
da un corpo ad una certa temperatura. Infatti le particelle elettricamente cariche che vibrano
emettono radiazioni elettromagnetiche che si propagano alla velocità della luce e tali radiazioni
sono proporzionali alla velocità di vibrazione, infatti gli oggetti caldi ne emettono più di quelli
freddi. A causa dell’energia interna, le particelle di un materiale sono in continuo movimento e in
questo modo l’energia interna viene convertita in radiazione, detta radiazione termica. A causa
della perdita di energia interna, il materiale si raffredda.
Il calore viene sempre scambiato tra due corpi, da quello a temperatura maggiore a quello a
temperatura minore, supponendo che la massa e il calore specifico siano costanti. Per calcolare
quanto calore viene ceduto tra due corpi, si effettua il prodotto tra il calore specifico, la massa e la
differenza di temperatura tra i due corpi, quindi maggiore è la differenza di temperatura, maggiore è
il calore scambiato (19). Invece, nei cambiamenti di stato, il calore viene scambiato con l’esterno e
la quantità di calore scambiata con l’esterno è data dal prodotto tra la massa del corpo e k, ovvero il
calore latente di trasformazione, ovvero la quantità di energia scambiata durante lo svolgimento di
una transizione di fase (19).

TERMODINAMICA
La termodinamica studia le relazioni che intercorrono tra calore, lavoro e scambio di energia. La
termodinamica si fonda su due leggi fondamentali:
- I legge della termodinamica, la quale afferma che l’energia interna di un sistema in ogni
trasformazione ciclica si conserva, infatti una forma di energia può essere convertita in un’altra
ma l’energia non può essere né creata né distrutta. La conservazione dell’energia è implicita in
tutti i calcoli di bilancio energetico nei sistemi viventi, i quali contengono energia termica
sottoforma di calore, e energia chimica immagazzinata nei tessuti. Se tali parametri, quindi peso
e temperatura, devono rimanere costanti, allora l’energia in ingresso deve essere esattamente
uguale alla somma del lavoro svolto e del calore perso dal corpo. Uno squilibrio tra energia in
ingresso ed energia in uscita implica un cambiamento nell’energia interna del corpo. Quindi
l’energia interna del corpo ΔU è data dalla differenza tra il calore scambiato ΔQ e il lavoro L
svolto dal corpo sull’ambiente, e quindi negativo (20). Tale espressione si scrive, in funzione del
tempo come ΔU/Δt, ovvero il metabolic rate, che corrisponde alla variazione di energia interna
nell’unità di tempo ed è data dalla differenza tra la velocità di scambio (ΔQ/Δt) e la potenza P,
ovvero il lavoro nell’unità di tempo (L/t).
- II legge della termodinamica, la quale afferma che la direzione del cambiamento spontaneo in un
sistema avviene da una disposizione a minor probabilità a una a maggior probabilità, ovvero
dall’ordine al disordine. Il corpo umano è un sistema enormemente ordinato e per mantenere
questo ordine, esso consuma energia.

TERMODINAMICA NEGLI ESSERI VIVENTI


Tutti i sistemi viventi sono sistemi ordinati, anche se, secondo il II principio della termodinamica,
essi tendono al disordine, quindi l’energia è necessaria per mantenere l’ordine. Infatti il primo
principio della termodinamica viene usato per contrastare il secondo principio. Quindi, tutti i
sistemi viventi hanno bisogno di energia per funzionare, infatti, se si pensa al primo principio della
termodinamica, esso suggerirebbe che, se un essere non compie lavoro sull’ambiente ed è isolato
termicamente, allora esso non abbia bisogno di energia, tuttavia, anche quando il sistema vivente è a
completo riposo necessita comunque di energia poiché deve mantenere le funzioni vitali.
Ovviamente, il dispendio energetico aumenta con la quantità di attività. L’energia consumata per le
varie attività degli esseri viventi è nota come metabolic rate. Esso varia, quindi, in relazione alle
varie attività compiute dall’uomo. Invece, per ottenere il consumo totale di energia all’ora basta
moltiplicare il metabolic rate per la superficie corporea. Quindi, ad esempio, il metabolismo basale
di un’uomo sano di altezza circa 170cm è di circa 40kcal/m2-h.
Inoltre, ci aspetteremmo che il rate metabolico sia proporzionale a M2/3 poiché l’area è X2 e il
volume è X3, ma in realtà, esso segue un andamento proporzionale a M3/4. Gli organi che
consumano più energia, infine, sono il cervello, la milza, il fegato e i muscoli scheletrici.

ENERGIA CHIMICA
L’energia chimica usata dagli animali è ottenuta dall’ossidazione delle molecole di cibo, ad esempio
una molecola di glucosio viene ossidata con produzione di 6 molecole di CO2, 6 molecole di H2O e
666kcal. In questo modo , poiché il peso molecolare del glucosio è di 180, allora per ogni grammo
di glucosio vengono rilasciate 3,7kcal di energia per gli usi metabolici.
Invece, la quantità di ossigeno necessaria per metabolizzare 1 grammo di glucosio è data dalle moli
(6), moltiplicate per i 22,4l/mole, tutto diviso per il peso molecolare, per un totale di 0,75l di O2
ogni grammo di glucosio. In questo modo, ogni litro di O2 ha un valore calorico di circa 5kcal
(666/6x22,4). Inoltre, si è calcolato che, indipendentemente dal cibo consumato, sono prodotte
4,83kcal di energia per ogni litro di ossigeno.

TEMPERATURA CORPOREA
La velocità dei processi metabolici aumentano con la temperatura. Per ogni animale esiste una
velocità ottimale per i vari processi metabolici e gli animali a sangue caldo, per questo, hanno
sviluppato metodi per mantenere la loro temperatura corporea costante anche quando la temperatura
esterna varia. L’ossidazione del cibo, che produce energia, non si verifica spontaneamente a
temperature ambientali normali ma, affinché avvenga a temperatura corporea, deve essere promossa
da un catalizzatore che, nel corpo umano, prende il nome di enzima.

DIFFUSIONE
La diffusione è il principio con cui si crea uno spostamento delle molecole, da zone in cui la
concentrazione è maggiore a zone in cui è minore, in modo da formare una distribuzione finale
omogenea. Il processo di diffusione è il meccanismo principale con cui viene fornito ossigeno e
sostanze nutritive alle cellule e vengono eliminate le scorie dalle cellule. Il moto diffusivo è
relativamente lento su larga scala, ma sulla piccola scala di cellule tissutali il moto diffusivo è
abbastanza veloce per svolgere le funzioni vitali delle cellule. La diffusione è la diretta conseguenza
del moto causale delle molecole, detto moto browniano. Infatti, come risultato
della collisione tra le molecole, la direzione delle molecole viene modificata
in modo casuale così che dopo un certo numero di collisioni N, la molecola si
troverà ad una distanza S dal punto di partenza, data dal prodotto tra la
distanza media tra le collisioni L e la radice del numero di collisioni (21).

TRASPORTO DI MOLECOLE PER DIFFUSIONE


Se si considera un cilindro contenente una distribuzione non uniforme di molecole diffondenti,
infatti in una posizione X0 la densità di tali molecole sia C1, e ad una breve distanza X la densità sia
C2. La velocità media di diffusione V è data dal rapporto tra lo spostamento x e il tempo t in cui la
diffusione è avvenuta. Il flusso di molecole J che diffonde al secondo per unità di superficie, quindi
la differenza tra il flusso che diffonde da X a X0 e quello che diffonde da X0 a X, è pressoché uguale
alla differenza di densità tra le due posizioni, quindi i due fattori sono direttamente proporzionali.
Maggiore è la differenza di concentrazione, maggiore è la quantità di flusso J che diffonde.

DIFFUSIONE ATTRAVERSO MEMBRANE


Le cellule che costituiscono i sistemi viventi sono circondare da membrane che impediscono la
libera diffusione. Tuttavia, l’ossigeno, i nutrienti e le scorie devono passare attraverso di esse per
mantenere le funzioni vitali. La membrana biologica, nel modello più semplice, può essere
considerata come porosa, quindi se la molecola che diffonde ha dimensioni inferiori a quella dei
pori, l’unico effetto della membrana è quello di ridurre l’area di diffusione e quindi la velocità di
diffusione. Il flusso netto J di molecole che fluisce attraverso una membrana è dato dal prodotto tra
la differenza di concentrazione delle molecole e P, che consiste nella permeabilità della membrana
(22). La permeabilità della membrana dipende dal tipo di membrana e dalla molecola diffondente.
La dipendenza della permeabilità dalla molecola diffondente permette alla cellula di mantenere una
composizione diversa da quella dell’ambiente circondante.

OSMOSI
Molte membrane sono semipermeabili, ovvero sono permeabili
all’acqua ma non lasciano passare molecole disciolte in acqua,
come le membrane biologiche. Si verifica, in questo caso, un
flusso unidirezionale di acqua dalla parte meno densa della
membrana a quella più densa. La membrana semipermeabile è
sottoposta ad un bombardamento di pressione chiamata pressione
osmotica che risucchia le molecole d’acqua nella parte dove la concentrazione di soluto è maggiore.
Tale flusso di solvente si verifica fin quando non si raggiunge una situazione di equilibrio.

RESPIRAZIONE
Per ossidare una kcal di energia sono necessari in media 0,2l di O2, infatti, un adulto sano a riposo
consuma circa 70kcal di energia all’ora, quindi questo implica un consumo di 14,5l di O2. Il modo
più semplice per ottenere l’ossigeno necessario sarebbe per diffusione attraverso la cute ma tuttavia
questa quantità di O2 non sarebbe sufficiente, infatti nell’uomo solamente il 2% di O2 è ottenuto
per diffusione attraverso la cute. Il resto dell’ossigeno viene acquisito attraverso i polmoni. Quando
il diaframma viene compresso, infatti, il volume dei polmoni aumenta e la pressione di gas al loro
interno diminuisce e l’aria entra nei polmoni e giunge agli alveoli, dove viene il gas viene
scambiato per diffusione tra il sangue e l’aria nei polmoni. La superficie totale alveolare dei
polmoni è di circa 100m2 che è circa 50 volte più grande della superficie totale della cute. La
barriera tra aria alveolare e sangue nei capillari, inoltre, è molto sottile poiché è composta da solo
epitelio pari a circa 4x10-5cm, quindi lo scambio è molto più veloce. Il volume complessivo dei
polmoni è di circa 6l ma a riposo solo meno di 1l di aria viene scambiato in ogni respiro.

LIQUIDI IN EQUILIBRIO
Le differenze nelle proprietà fisiche di solidi, liquidi e gas si spiegano in base alle forze le legano le
molecole, infatti in un solido le molecole sono rigidamente vincolate e quindi i solidi hanno forma e
volume propri. I liquidi, invece, sono costituiti da molecole che tenute insieme da una minor forza e
quindi non hanno una forma propria ma riescono ad avere, comunque, un proprio volume
adattandosi alla forma del recipiente che li contiene. In un gas, invece, le molecole non sono legate
l’una all’altra, infatti il gas non ha ne una forma ne un volume proprio. Sia i liquidi che i gas sono
liberi di fluire e per questo sono chiamati fluidi.
FORZA E PRESSIONE IN UN FLUIDO (1 DOMANDA)
I solidi e i fluidi trasmettono le forze in modo diverso, infatti, quando viene applicata una forza a
una sezione di un solido, essa viene trasmessa alle altre parti del solido mantenendo invariata la
direzione. Invece, grazie alla capacità del fluido di scorrere, una forza viene trasmessa in un fluido
uniformemente in tutte le direzioni. Infatti nei fluidi in equilibrio, ad una data profondità, la
pressione è uguale in ogni direzione. Se così non fosse, il liquido sarebbe in moto. Un fluido in un
contenitore, infatti, esercita una forza, nota come pressione, su tutte le superfici del contenitore con
cui è a contatto e anche una pressione su qualsiasi oggetto immerso in esso.
La pressione è intesa come la forza F per unità di superficie A, in cui la forza si intende applicata
perpendicolarmente alla superficie. L’unità di misura è il Pascal, ma può essere misurata anche in
Atm (atmosfere) oppure in mmHg o torr (1torr=1mmHg). Un torr è la pressione esercitata da una
colonna di mercurio alta 1mm. La pressione in un fluido aumenta con la profondità a causa del peso
del fluido soprastante, infatti, a densità costante ρ, la differenza di pressione P2-P1, tra due punti
separati da una distanza verticale h è data dal prodotto tra la densità, l’accelerazione di gravità g e
l’altezza (ρgh). Tale relazione, che vale solamente solo per i fluidi incomprimibili, è nota come
legge di Stevino (23).

PRESSIONE IDROSTATICA NEL CORPO UMANO


Quando il corpo è in posizione orizzontale, la pressione arteriosa media è
approssimativamente costante in tutto il corpo e misura circa 100mmHg.
Applicando la legge di Stevino, la pressione arteriosa potrebbe supportare una
colonna di sangue alta 129cm (h=P/ρg). Se, invece, una persona è in posizione
eretta, la pressione arteriosa non è uniforme nelle varie parti del corpo, ma
dipende dall’altezza, infatti deve essere preso in considerazione il peso del sangue
nelle diverse parti del corpo. Ad esempio, la pressione media nella testa, situata
50cm sopra al cuore è uguale alla pressione del cuore Pcuore - ρgh, ovvero circa
61mmHg. Nei piedi, invece, che si trovano circa 130cm sotto al cuore, la
pressione arteriosa è data dalla pressione del cuore Pcuore + ρgh, ed equivale a
200mmHg. Il sistema cardiovascolare, nonostante questo, ha vari meccanismi di
controllo in grado di compensare le ampie variazioni di pressione che
accompagnano i cambiamenti di posizione del corpo, ma spesso richiedono alcuni
secondi per agire. Per questo nel momento in cui ci si alza da una posizione prona, spesso ci si può
sentire momentaneamente storditi. Questo è dovuto alla diminuzione improvvisa di pressione a
livello della testa, che si traduce in una diminuzione temporanea del flusso di sangue al cervello. Gli
stessi fattori idrostatici operano anche nelle vene con degli effetti più importanti di quanto lo siano
nelle arterie poiché la pressione nelle vene è inferiore rispetto alle arterie. Quando una persona,
infatti, sta immobile e non esercita alcuno sforzo muscolare, la pressione è appena sufficiente a
forzare il sangue dai piedi al cuore, infatti il sangue si raccoglie nelle vene delle gambe. Ciò
aumenta la pressione nei capillari e può causare temporaneo gonfiore delle gambe.

PRINCIPIO DI PASCAL (3 DOMANDA)


Il principio di Pascal afferma che la forza esterna applicata ad un fluido racchiuso in un recipiente si
trasmette a tutto il fluido facendone aumentare la pressione della stessa quantità. Quindi la
pressione in entrata è uguale alla pressione in uscita, questo perché il
rapporto tra forza in entrata e forza in uscita è uguale al rapporto tra
superficie d’entrata e superficie d’uscita. Quindi, poiché la pressione in tutto
il fluido è la stessa, la forza F2 che che agisce sulla superficie A2 è data dal
rapporto A2/A1 moltiplicato per la F1 (24). Ad esempio, il martinetto idraulico
basa il suo funzionamento su questo principio, poiché in questo dispositivo si trovano due cilindri di
basi diverse e se si applica una pressione al cilindro con la superficie minore, allora la stessa
pressione si trasferirà su tutto il fluido, andando a spingere verso l’alto anche il cilindro con la
superficie maggiore, poiché la pressione in ingresso è uguale alla pressione in uscita.

PRINCIPIO DI ARCHIMEDE
Il principio di Archimede afferma che un corpo parzialmente o totalmente
immerso in un fluido è sostenuto da una forza dal basso verso l’alto che è uguale
in grandezza al peso del fluido spostato (25). Tale forza è generata dalla differenza
di pressione ΔP tra la superficie inferiore e la superficie superiore dell’oggetto
immerso, infatti la pressione verso l’alto sulla superficie inferiore di un oggetto
immerso è maggiore della pressione verso il basso su quella superiore, poiché l’altezza del fluido
soprastante è minore (legge di Stevino). Tale forza è detta forza di Archimede. Il segno della forza
risultante è dato dalla differenza tra la densità del liquido e la densità dell’oggetto. Se, infatti la
densità del liquido è maggiore di quella dell’oggetto, allora l’oggetto galleggia, se invece la densità
dell’oggetto è maggiore di quella del liquido, allora l’oggetto affonda.

TENSIONE SUPERFICIALE
Le molecole che costituiscono un liquido esercitano reciproche forze attrattive.
Una molecola all’interno del liquido è circondata da un numero uguale di
molecole in tutte le direzioni, quindi la forza intermolecolare netta risultante è
zero. Invece la situazione è diversa in prossimità della superficie, dove non ci
sono molecole al di sopra e quindi una molecola è attratta prevalentemente in
una direzione, ovvero verso l’interno. Questo fa sì che le molecole
intensifichino le interazioni con le molecole vicine e la superficie del liquido si
comporta, in questo modo, come una membrana tesa che crea una tensione
superficiale che si oppone a un aumento della superficie libera del liquido. La forza esercitata dalla
tensione superficiale è tangente alla superficie del liquido. La forza prodotta dalla tensione
superficiale su una superficie liquida di circonferenza o perimetro L è data dal prodotto della
tensione T e della circonferenza o perimetro L (26). Se la forza esercitata da un oggetto sulla
superficie di un liquido è minore della forza esercitata dalla tensione superficiale, allora l’oggetto
non si immerge nel liquido poiché non riesce a rompere la tensione superficiale (insetti). Inoltre,
quando un liquido è contenuto in un recipiente, le molecole della superficie vicine alle pareti del
recipiente sono attratte da esse con una forza di attrazione chiamata adesione. Tuttavia, esse sono
anche soggette ad una forza coesiva esercitata dal liquido, che tira le molecole nella direzione
opposta. Se la forza adesiva è maggiore della forza coesiva, allora la superficie del liquido vicino
alla parete è curvata verso l’alto. Se invece la forza coesiva è maggiore, la superficie del liquido è
curvata verso il basso. L'angolo θ è l'angolo tra la parete e la tangente alla superficie del liquido in
corrispondenza del punto di contatto con la stessa. Per un dato liquido e un dato materiale di
superficie, θ è costante. Ad esempio, l'angolo di contatto tra vetro e acqua è 25 °. Infatti, se θ >90°
allora la forza coesiva è maggiore di quella adesiva, invece se θ <90°, allora la forza adesiva è
maggiore di quella coesiva. Inoltre, se l’adesione è maggiore della coesione, un liquido in un tubo
ristretto salirà di una determinata altezza h, al contrario sarà più basso di una data altezza h.
Un’altra conseguenza della tensione superficiale è la tendenza del liquido ad assumere una forma
sferica, come si può notare nelle gocce di pioggia.
TENSIOATTIVI
I tensioattivi sono molecole che abbassano al tensione superficiale dei liquidi. Le molecole di
tensioattivo più comuni sono anfipatiche, quindi hanno un'estremità che sia idrosolubile (idrofila) e
l'altra insolubile in acqua (idrofoba), quindi una è fortemente attratta dall’acqua e l’altra viene
respinta dall’acqua. Quando le molecole di tensioattivo sono poste in acqua, si allineano in
superficie con la porzione idrofoba rivolta fuori dall’acqua. Tale allineamento sconvolge la struttura
superficiale dell’acqua riducendo la tensione superficiale. Stessa cosa accade in liquidi oleosi, in cui
i tensioattivi si allineano con la porzione idrofila al di fuori del liquido riducendo comunque la
tensione superficiale. L’uso più comune di tensioattivi è quello di saponi e detergenti per pulire le
sostanze oleose. Riducendo la tensione superficiale dell’olio, esso si divide in piccole goccioline
circondate dall’estremità idrofilica che attira l’acqua e così vengono solubilizzate in acqua.

LA CONTRAZIONE DEI MUSCOLI


È stato suggerito che la natura fisica della forza che provoca lo scorrimento di actina e miosina tra
loro, provocando la contrazione e il rilasciamento muscolare, è dovuta alla tensione superficiale
presente nelle cellule. Infatti, il movimento dei filamenti è simile al movimento capillare di un
liquido, dovuto all’attrazione tra le superfici dei due tipi di filamenti.

LIQUIDI IDEALI IN MOVIMENTO


Lo studio dei liquidi in movimento è strettamente correlato alla biologia e alla medicina e infatti
uno degli scienziati più importanti in questo campo è un medico francese, Poiseuille, interessato
allo studio della circolazione sanguigna. Nel caso in cui sia analizzato un fluido ideale, che è
incomprimibile e in cui le perdite per attrito sono trascurabili, il flusso di tale fluido è governato
dalla legge di Bernoulli. Essa fornisce la relazione tra velocità, pressione e altezza della linea di
flusso. L’equazione di Bernoulli, afferma, infatti, che in qualsiasi punto del canale la relazione tra
energia potenziale per unità di volume (ovvero la pressione del fluido), l’energia potenziale
gravitazionale e l’energia cinetica per unità di volume, è costante (27). L’equazione di Bernoulli
deriva dalla legge di conservazione dell’energia, infatti i tre termini dell’equazione rappresentano
l’energia totale del fluido che, in assenza di attrito, rimane costante.
Il volume di fluido che fluisce al secondo in un punto qualsiasi del condotto è dato dal prodotto tra
la velocità del fluido V e la sezione del tubo A. Tale grandezza è definita portata (VxA) (27). Se il
tubo in cui scorre il fluido è costituito da due segmenti con due sezioni diverse e il fluido è
incomprimile, tanto fluido fuoriesce dal tubo quanto quello che vi è entrato, quindi la portata nei
due segmenti è uguale, infatti A1V1=A2V2. Quindi se la sezione diminuisce, la velocità del flusso
aumenta. Inoltre, quando la velocità del flusso aumenta, la pressione diminuisce.

LIQUIDI REALI (EQUAZIONE DI POISEUILLE)


Tuttavia, il flusso senza attrito è un concetto ideale,
infatti in un fluido reale le molecole si attraggono una
con l’altra, quindi al movimento relativo tra le molecole
si oppone una forza di attrito chiamata viscosità. La
viscosità, che può essere intesa come la resistenza di un fluido allo scorrimento, è proporzionale alla
velocità del flusso e al coefficiente di viscosità η per un dato fluido, mentre è inversamente
proporzionale alla temperatura, infatti più essa è alta minore sarà la viscosità. Come conseguenza
dell’attrito viscoso, quindi, la velocità di un fluido che scorre attraverso un tubo varia attraverso il
tubo, infatti è massima al centro e diminuisce verso le pareti del tubo. Alle pareti del tubo, infatti, il
liquido è fermo. Tale flusso è detto laminare, termine con cui si indica il moto di un fluido che
avviene con scorrimento di strati infinitesimi gli uni sugli altri. Se si tiene conto della viscosità, la
portata di flusso laminare Q che scorre attraverso un tubo cilindrico di raggio R e lunghezza L è
dato dalla legge di Poiseuille (28), che afferma che esso è direttamente proporzionale al raggio e
inversamente proporzionale alla lunghezza del tubo, quindi il flusso aumenta all’aumentare del
raggio e diminuisce all’aumentare della lunghezza. Inoltre, se il raggio duplica, la portata aumenta
addirittura di 16 volte, poiché nell’equazione esso è elevato alla quarta.
Vi è una differenza fondamentale tra il flusso di un fluido ideale e quello di un fluido reale, infatti in
un fluido ideale non vi è alcuna caduta di pressione lungo il percorso se l’altezza e la velocità del
fluido rimangono costanti, invece l’equazione di Poiseuille afferma che il flusso di un fluido
viscoso è sempre accompagnato da una caduta di pressione. Tale caduta di pressione ΔP che
accompagna la portata Q lungo la lunghezza del tubo è, questa volta, direttamente proporzionale
alla lunghezza e inversamente proporzionale al raggio elevato alla quarta, quindi quando la sezione
diminuisce, la caduta di pressione aumenta.
Se la velocità di un fluido viene aumentata oltre un punto critico il flusso laminare risulta interrotto
da vortici e mulinelli. In questo caso il flusso diventa turbolento. In un tubo cilindrico la velocità di
flusso critica Vc sopra alla quale il flusso è turbolento, è data dal rapporto della viscosità η
moltiplicata per il numero di Reynolds R e il diametro del tubo D moltiplicato per la densità ρ del
fluido. Il numero di Reynolds R è un parametro adimensionale che per la maggior parte dei fluidi è
compreso tra 2000 e 3000.

CIRCOLAZIONE DEL SANGUE


La circolazione del sangue spesso è paragonata ad un impianto idraulico con il cuore come pompa e
vene, arterie e capillari come tubi attraverso cui scorre il sangue. Tuttavia questa analogia non è del
tutto corretta poiché il sangue non è un fluido semplice ma contiene cellule che ne alterano il flusso,
soprattutto quando i tubi sono stretti. Inoltre, vene e arterie non sono tubi rigidi ma sono elastici,
quindi possono modificare la loro forma in risposta alla pressione applicata dal fluido stesso.
Tuttavia, è possibile analizzare il sistema circolatorio con ragionevole accuratezza utilizzando i
concetti sviluppati per fluidi semplici che scorrono in tubi rigidi.
Il cuore dei mammiferi è costituito da due pompe indipendenti, ciascuna composta da due camere,
l'atrio e il ventricolo. Gli ingressi e le uscite da queste camere sono controllate da valvole disposte
per mantenere il flusso di sangue nella giusta direzione.Il ventricolo destro del cuore pompa il
sangue proveniente dall’atrio destro attraverso i polmoni e il ventricolo sinistro pompa il sangue che
arriva dall’atrio sinistro nell’Aorta che si dirama in arterie di dimensioni
progressivamente più piccole che distribuiscono il sangue in tutte le
cellule del corpo. Le arterie terminali sono chiamate arteriole, le quali
svolgono un ruolo essenziale nella regolazione del flusso sanguigno
indirizzandolo in regioni specifiche del corpo piuttosto che in altre a
seconda delle esigenze. Le arteriole si ramificano a loro volta in stretti
capillari che sono sufficientemente ampi per consentire il passaggio
delle singole cellule sanguigne. Lo scambio di gas, nutrienti e prodotti
di scarto tra il sangue e il tessuto circostante avviene attraverso l’epitelio
sottile dei capillari. I capillari, poi, si uniscono i piccole venule che
confluiscono in vene sempre più grandi fino alle vene cave che
riportano il sangue refluo all’atrio destro destro del cuore. Da qui il
sangue viene pompato nel ventricolo destro da dove, attraverso le arterie
polmonari giunge agli agli alveoli dove viene ossigenato di nuovo per
poi tornare all’atrio sinistro del cuore attraverso le vene polmonari.
PRESSIONE SANGUIGNA
A causa dell’azione di pompa del cuore, il cuore entra nelle arterie a getti o impulsi e questo
permette di distinguere una pressione massima dovuta al picco dell’impulso, che viene denominata
pressione sistolica, e una pressione minima tra gli impulsi, dovuta al ritorno elastico delle arterie,
che viene denominata pressione diastolica. In un adulto sano la pressione massima si aggira intorno
ai 120mmHg mentre quella minima intorno agli 80mmHg, quindi la pressione media del sangue a
livello del cuore è di 100mmHg.
Quando il sangue scorre attraverso i vasi sanguigni, l’energia iniziale fornita dall’azione di pompa
del cuore è dissipata da due meccanismi di perdita: le perdite associate all’elasticità delle arterie che
si espandono e ritornano alla posizione iniziale, e le perdite dovute alla viscosità del sangue. A
causa di queste perdite la pressione media diminuisce, infatti quando il sangue arriva ai capillari
essa è di circa 30mmHg. Inoltre la pressione scende ancora nelle vene ed è prossima allo 0 subito
prima di tornare al cuore. Nella fase finale del flusso, quella venosa, la circolazione del sangue è
aiutata dalla contrazione dei muscoli che spremono il sangue verso il cuore e dalle valvole a nido di
rondine presenti nelle vene che impediscono il reflusso.
Le arterie principali nel corpo umano hanno un raggio relativamente grande, ad esempio il raggio
dell'aorta è di circa 1 cm, quindi, la caduta di pressione lungo le arterie è piccola. Tale caduta di
pressione si può stimare attraverso la legge di Poiseuille, sapendo che la portata Q del sangue a
riposo corrisponde a circa 5 L/min (che può aumentare fino a 25L/min in caso di intenso sforzo
fisico), infatti la caduta di pressione lungo l’Aorta risulta di circa 0,03mmHg, che è trascurabile
rispetto alla pressione arteriosa totale. Quando poi la dimensione delle arterie diminuisce, la caduta
di pressione non è più trascurabile. La pressione media all'ingresso delle arteriole, infatti, è di circa
90mmHg e quindi corrisponde ad un calo di solo il 10% dalla pressione media rispetto al cuore. Il
flusso attraverso le arteriole invece è accompagnato da una caduta di pressione molto più grande, di
circa 60mmHg, e come risultato, la pressione ai capillari è solo di circa 30mmHg.

CONTROLLO DEL FLUSSO SANGUIGNO


L’azione di pompa del cuore è regolata dal sistema nervoso, dalla muscolatura liscia e dagli ormoni,
Ovvero molecole, spesso proteiche, che sono prodotte da organi e tessuti in diverse parti del corpo e
riversati nel flusso sanguigno per trasportare messaggi da una parte del corpo ad un altra. Gli
ormoni che interessano il cuore sono prodotti in risposta a stimoli come l’aumentata necessità di
ossigeno, cambiamenti nella temperatura corporea e vari tipi di stress emotivo. Una condizione
cardiaca indotta dallo stress è chiamata cardiomiopatia da stress (sindrome da cuore infranto). Il
sintomo è simile ad un infarto, ma le arterie coronarie sono normali e il tessuto cardiaco non è
danneggiato. Probabilmente tale condizione è innescata da un rilascio eccessivo di ormoni legati
allo stress chiamati catecolamine.
Il flusso di sangue verso parti specifiche del corpo, invece, è controllato dalle arteriole, piccoli
condotti che ricevono sangue dalle arterie e hanno una media di diametro di circa 0,1 mm. Le pareti
delle arteriole contengono fibre di muscoli lisci che si contraggono quando stimolate da impulsi
nervosi e ormoni. La contrazione delle arteriole in una parte del corpo riduce il flusso sanguigno a
quella regione e la trasferisce a un'altra. Poiché il raggio delle arteriole è piccolo, questo è un
metodo efficace per controllare il flusso sanguigno.

LE ONDE
La maggior parte delle informazioni relative all’ambiente fisico ci perviene attraverso i sensi
dell’udito e della vista. Il suono e la luce sono fenomeni molto diversi che hanno, però, entrambi, un
carattere ondulatorio. Un’onda può essere definita come un disturbo che trasporta energia da un
luogo ad un altro senza trasferimento di massa. Infatti, in entrambi i casi l’uomo riesce ad ottenere
informazioni sugli oggetti che lo circondano senza essere in contatto fisico con loro. L'energia
trasportata dalle onde stimola i meccanismi sensoriali dell’uomo che attivano una trasduzione,
ovvero una trasformazione dell’informazione in un segnale chimico. La trasmissione di
informazioni a distanza di energia avviene attraverso la propagazione di onde, che si differenziano
in onde meccaniche, in cui a vibrare è il mezzo di propagazione, come nel suono, in cui a vibrare
sono le particelle dell’aria, e onde elettromagnetiche, in cui a vibrare è un campo di forze, come la
luce. Tuttavia, esistono alcuni parametri che caratterizzano tutte le onde:
- Velocità di propagazione, che dipende dal materiale in cui l’onda si propaga.
- Frequenza, ovvero il numero di onde che si propagano in un secondo e si misura in Hertz.
- Ampiezza o intensità, ovvero il valore della compressione e della rarefazione del mezzo di
propagazione, legata all’energia trasportata dall’onda.

IL SUONO
Il suono è un’onda meccanica prodotta da corpi vibranti, infatti quando un oggetto come le corde
vocali umane cominciano a vibrare, le molecole d'aria circostanti sono perturbate e sono costrette a
seguire il movimento del corpo vibrante. Le molecole vibranti a loro volta trasferiscono il loro
movimento verso molecole adiacenti provocando la propagazione del disturbo vibratorio lontano
dalla sorgente. Quando le vibrazioni dell'aria raggiungono l'orecchio, causano la vibrazione del
timpano; questo produce impulsi nervosi che sono trasmessi ed elaborati dal cervello.
Affinché l’onda meccanica venga propagata è necessario un mezzo materiale tra la sorgente e il
ricevitore, come è dimostrato dall’esperimento della campana nel vaso. La propagazione del
disturbo sonoro nel mezzo avviene, infatti, attraverso alterne compressioni e rarefazioni del mezzo,
inizialmente causate dalla fonte sonora vibrante. Tali compressioni e rarefazioni sono delle
deviazioni della densità del mezzo rispetto al valore medio. In un gas le variazioni di densità sono
equivalenti a cambiamenti della pressione.
Le principali caratteristiche del suono sono:
- Ampiezza (intensità), determinata dall’entità della
compressione e della rarefazione nel mezzo di propagazione.
- Frequenza, determinata dal numero di compressioni e
rarefazioni che avvengono in un secondo, quindi indica il
numero di oscillazioni che si verificano in funzione del
tempo. È misurata in Hertz, infatti 1Hz equivale ad un ciclo al secondo. Essa è ricavabile
attraverso 1/T, in cui T corrisponde al periodo, ovvero l’intervallo temporale che corrisponde alla
lunghezza d’onda λ, cioè la distanza tra i punti corrispondenti sull’onda sonora.
Quando un suono si propaga attraverso l’aria, le variazioni di pressione di pressione dovute alle
compressioni e alle rarefazioni assumono una forma sinusoidale. Infatti, una funzione periodica
come il suono può essere spiegata dalla somma di più sinusoidi.
La velocità di propagazione dell’onda sonora dipende dal mezzo in cui essa si propaga e si ricava
dalla frequenza moltiplicata per la lunghezza d’onda (29), il che equivale al rapporto tra lunghezza
d’onda e periodo T (29).
Inoltre, le variazioni di pressione dovute alla propagazione del suono si sovrappongono alla
pressione atmosferica, quindi la pressione totale in ogni punto dell’onda risulta essere la somma
della pressione atmosferica Pa e della massima variazione di pressione dovuta all’onda Po
moltiplicata per sin2πft (30). La pressione è sempre dovuta all’applicazione di una forza, la quale
presuppone un’energia. La quantità di energia trasportata da un’onda sonora sinusoidale per unità di
tempo attraverso ogni unità di superficie è chiamata intensità I ed è inversamente proporzionale alla
densità del mezzo e alla velocità di propagazione dell’onda (31).
PROPRIETA’ DELLE ONDE
Tutte le onde, sia meccaniche che elettromagnetiche, subiscono alcuni fenomeni
caratteristici:
- Attenuazione, che consiste nel fatto che un’onda perde parte della sua energia
nell’attraversare un mezzo, in parte perché viene assorbita e in parte perché viene
distribuita nella disomogeneità del mezzo. L’energia persa viene in gran parte trasformata in
calore, quindi determina un aumento di temperatura nel mezzo. Essa dipende principalmente dal
materiale di propagazione.
- Riflessione, infatti quando un’onda passa da un mezzo ad un altro, parte dell’onda viene riflessa
dall’interfaccia e parte di essa entra nel mezzo. Se le eventuali irregolarità della superficie di
interfaccia sono minori di λ, allora la riflessione è detta speculare, se invece le irregolarità sono
più grandi di λ, allora la riflessione è diffusa. L’angolo di riflessione è sempre uguale all’angolo
di incidenza.
- Rifrazione, ovvero il fenomeno per cui quando un’onda incide sull’interfaccia con un angolo
obliquo e la direzione di propagazione dell’onda trasmessa nel nuovo mezzo viene modificata.
Mentre l’angolo di riflessione è sempre uguale all’angolo di incidenza, in questo caso, l’angolo
dell’onda rifratta è generalmente funzione delle proprietà dei due mezzi materiali, i quali
presentano un indice di rifrazione. Ad esempio, nel caso del suono, passando perpendicolarmente
dall’aria all’acqua, il rapporto tra intensità trasmessa e intensità incidente (32) mostra che
solamente lo 0,1% dell’energia sonora entra nell’acqua mentre il 99,9% viene riflessa. L’acqua,
infatti, è un’efficace barriera per il suono.
- Interferenza, che si verifica quando due o più onde viaggiano simultaneamente nello stesso
mezzo. In questo caso, la perturbazione a cui è soggetto il mezzo è uguale alla somma vettoriale
delle singole perturbazioni prodotte da ciascuna onda. Un’interferenza può essere costruttiva,
quando due o più onde sono in fase e la perturbazione dovuta alla somma delle onde in ciascun
punto aumenta rispetto a quella delle componenti. Invece, quando due onde
sono sfasate di 180°, quindi sono in antifase, l’interferenza è detta
distruttiva poiché la perturbazione complessiva è ridotta rispetto a quella
delle due onde singole. Infatti la perturbazione di un’onda viene annullata
dalla perturbazione dell’altra. Un particolare tipo di interferenza, infine, è
quello prodotto da due onde che hanno stessa frequenza e stessa ampiezza
ma viaggiano in direzioni opposte. L’onda risultante risulta “ferma” e infatti prende il nome di
onda stazionaria, in cui i massimi e i minimi si intercambiano. Essa non trasmette alcuna energia.
- Diffrazione, che consiste nel fenomeno per cui un’onda, quando incontra un ostacolo ha la
tendenza a diffondersi nella regione dietro l’ostacolo. Tuttavia, si ha una diffrazione nella regione
dietro l’ostacolo solamente se l’ostacolo è più piccolo della lunghezza d’onda. Ad esempio, una
persona seduta dietro un pilastro ad un concerto sente l’esecutore perché la lunghezza d’onda del
suono oltrepassa l’ostacolo ma la visione è impedita perché la lunghezza d'onda della luce è
molto più piccola del pilastro.

L’ORECCHIO
La sensazione dell’udito proviene dalla risposta dei nervi dell’orecchio alle variazioni di pressione
dell’onda sonora. Le terminazioni presenti nell’orecchio non sono le uniche che rispondono alla
pressione ma sono molto più sensibili rispetto a qualsiasi altra parte del corpo. L’orecchio è
suddiviso in:
- Orecchio esterno, diviso in padiglione auricolare e canale uditivo. Il padiglione auricolare espone
una superficie molto ampia all’esterno così da captare e convogliare il suono all’interno del
canale uditivo, il quale è una “guida d’onda” ovvero un condotto attraverso cui l’onda viaggia.
Ha un diametro di 0,75 cm e una lunghezza di 2,5 cm, una configurazione risonante per le onde
sonore alle frequenze di 3000Hz. Infatti, la risonanza è quel fenomeno per cui una parte
dell’onda rimane per un periodo di tempo nell’orecchio, amplificandosi. Questo spiega l’elevata
sensibilità dell’orecchio alle onde sonore in questa gamma di frequenza.
- Orecchio medio, una cavità piena d’aria composta da un sistema di ossicini che, grazie alla
membrana timpanica, che separa l’orecchio esterno e quello medio, viene messo in movimento.
Il martello, l’incudine e la staffa trasmettono le vibrazioni dalla membrana timpanica alla finestra
ovale, che poi le trasmette al liquido dell'orecchio interno. Il sistema formato dal martello,
incudine e staffa è funzionale anche come sistema di controllo dell’intensità, infatti se il suono è
troppo forte, i muscoli dell’orecchio si contraggono vincolando questi ossicini e riducendo la
trasmissione del suono. La sensibilità dell’orecchio è dovuta alla sua conformazione e in
particolare al sistema di amplificazione dell’orecchio medio, infatti l’area del timpano è di circa
30 volte più grande di quella della finestra ovale e quindi la pressione sulla finestra ovale
aumenta dello stesso valore, inoltre nel range di frequenza intorno ai 3000Hz vi è un aumento
della pressione dovuta alla risonanza del canale uditivo.
- Orecchio interno, composto da un sistema cocleare, che è l’organo dell’udito, e il sistema
vestibolare (canali semicircolari, utricolo e sacculo), che è l’organo dell’equilibrio. Le cellule
sensoriali che convertono il suono in impulsi nervosi si trovano nell’orecchio interno, il quale è
ripieno di liquido detto endolinfa, che viene messo in movimento dalla pressione dell’onda. In
particolare, la coclea è l’organo che converte il segnale pressorio in segnale elettrico, infatti
l’onda sonora, che viaggia lungo il canale vestibolare della coclea e, attraverso l’elicotrema si
propaga anche al canale timpanico, produce vibrazioni della membrana basilare su cui sono
poggiate le cellule sensoriali che trasmettono impulsi al cervello.

L’UDITO
L’orecchio non risponde in modo lineare all’intensità del suono, infatti un suono che è un milione di
volte più potente di un altro non evoca una sensazione sonora un milione di volte maggiore. La
risposta dell’orecchio all’intensità è di tipo logaritmico. Le intensità del suono, infatti, possono
essere molto grandi o molto piccole, estendendosi su una larga scala. In questo modo si definisce
una scala logaritmica. Infatti, la funzione logaritmica, in fisica, viene utilizzata quando si ha una
grande escursione della grandezza fisica. Quindi ogni fenomeno è associato ad una potenza che
deve essere trasformata in decibel, ovvero l’unità di misura dell’intensità logaritmica. L’intensità
del suono viene misurata rispetto ad un livello di riferimento di 10-16 W/cm2. Per individuare il
numero di decibel che corrisponde al fenomeno occorre calcolare il logaritmo del rapporto tra la
potenza del fenomeno e 10-16 che è il valore di riferimento e moltiplicare il risultato per 10 (33). Ad
esempio, se un suono ha un’intensità di 10-12 W/cm2, allora la sua intensità logaritmica sarà
10log104, ovvero 40dB.

USI CLINICI DEL SUONO


L'uso clinico del suono più comunemente usato è l'analisi dei suoni prodotti dal corpo tramite uno
stetoscopio. Questo strumento è costituito da una piccola cavità a forma di campana collegata a a
tubo flessibile cavo che rappresenta un prolungamento del meato acustico dell’operatore che
modifica la lunghezza d’onda e quindi la frequenza di risonanza rendendo più facilmente udibili i
suoni di frequenza inferiore. La campana viene posizionata sulla pelle sopra la fonte del suono,
come il cuore o i polmoni e il suono prodotto viene condotto dal tubo alle orecchie dell'esaminatore
che valuta il funzionamento dell’organo.
ONDA ULTRASONICHE
Con speciali cristalli azionati elettronicamente è possibile anche produrre onde a frequenze molto
alte, fino a milioni di cicli al secondo (MHz). Queste onde, che sono semplicemente l'estensione del
suono alle alte frequenze, sono chiamate onde ultrasoniche, che penetrano molto facilmente nei
tessuti e sono disperse e assorbite al loro interno. A causa della loro lunghezza d'onda corta, le onde
ultrasoniche possono essere messe a fuoco su piccole aree e possono essere utilizzate per vedere gli
organi interni, rilevandole in modo analogo a quanto si fa con la luce visibile. Le onde ultrasonore,
infatti, penetrano nel tessuto e ad ogni interfaccia vengono riflesse, rifratte o diffuse.
Utilizzando alcune tecniche specializzate che usano gli ultrasuoni, come l’ecografia, è possibile,
quindi, formare immagini visibili di riflessioni e assorbimenti ultrasonici da parte dei tessuti.
Pertanto, strutture all'interno degli organismi viventi possono essere esaminate con gli ultrasuoni,
che hanno lo stesso risultato dei raggi X, ma non hanno gli effetti collaterali dei raggi X, i quali,
però, consentono di penetrare maggiormente all’interno del corpo.

EFFETTO DOPPLER
L’effetto Doppler è un fenomeno per cui la frequenza del suono
rilevato da un osservatore dipende dal relativo movimento tra la
fonte e l'osservatore. Si vede, infatti, che se l'osservatore è
fermo e la sorgente è in movimento, la frequenza del suono f’
rilevata dall'osservatore è maggiore della reale frequenza
trasmessa dalla fonte quando essa si avvicina, invece, è minore
quando la fonte si allontana. Usando l'effetto Doppler, è possibile misurare i moti all'interno di un
corpo. Infatti, tramite l’eco-Doppler la velocità del flusso sanguigno si ottiene, ad esempio,
confrontando la frequenza incidente con la frequenza dell'onda ultrasonica diffusa, infatti interpreta
la variazione di frequenza delle onde ultrasoniche diffuse dalle cellule del sangue che scorre nei
vasi sanguigni per valutare la velocità ematica.

FORZA DI COULOMB
La forza di Coulomb è la forza esercitata tra due cariche elettriche che interagiscono tra loro. Le
cariche elettriche sono proprietà di protoni e elettroni, i primi che hanno carica positiva e gli altri
che hanno carica negativa. Le cariche opposte si attraggono mentre quelle uguali si respingono. La
forza esercitata tra due corpi carichi è proporzionale al prodotto delle loro cariche Q1 e Q2 mentre è
inversamente proporzionale al quadrato della distanza tra loro (34). Tale equazione è nota come
legge di Coulomb. Tale forza viene calcolata utilizzando la costante dielettrica del vuoto o del
mezzo. Data, infatti, una coppia di cariche elettriche, esse esercitano una forza l’una sull’altra che
può essere attrattiva o repulsiva a seconda della carica delle forze interagenti.

CAMPO ELETTRICO
Qualsiasi oggetto che esercita una forza su un altro oggetto senza contatto può essere pensato come
avente linee di forza provenienti da esso. La completa configurazione delle linee è chiamata campo
di forza. La forza di Coulomb si riferisce alla presenza di un campo elettrico, ovvero un campo di
forze generato nello spazio dalla presenza di una o più cariche elettriche o di un campo magnetico.
Esso viene misurato in volt per metro. Il prodotto tra il campo di forza e della distanza su cui si
estende il campo è un importante parametro che si chiama differenza di potenziale o tensione. La
tensione consiste nell’energia trasferita quando una carica si muove tra due punti. Il potenziale
elettrico, quindi, è il lavoro per unità di carica e quando vi è una differenza di potenziale tra due
punti, viene esercitata una forza sulla carica posta nella regione tra questi punti. La differenza di
potenziale è misurata in volt.
IL SISTEMA NERVOSO
Una delle applicazioni più significative dei fenomeni elettrici negli organismi viventi si trova a
livello del sistema nervoso. I neuroni, ovvero le cellule elementari del sistema nervoso, formano
una complessa rete che riceve, elabora e trasmette informazioni da una parte del corpo all’altra. Il
centro di tale rete si trova nel cervello che ha la capacità di memorizzare e analizzare le
informazioni. Sulla base di queste informazioni, il sistema nervoso controlla varie parti del corpo. Il
sistema nervoso umano è molto complesso e consiste di circa 1010 neuroni interconnessi.
I messaggi sono impulsi elettrici trasmessi dai neuroni. Quando un neurone riceve uno stimolo
appropriato, produce impulsi elettrici che si propagano lungo la sua struttura, simile ad un cavo. La
forza dello stimolo si traduce in numero di impulsi prodotti.

I NEURONI
I neuroni, che sono le unità di base del sistema nervoso, possono essere divisi in tre classi:
- Neuroni sensoriali, che ricevono stimoli dagli organi sensoriali che
controllano l'ambiente esterno e interno del corpo. A seconda delle loro
funzioni specializzate, i neuroni sensoriali trasmettono messaggi su fattori
come il calore, la luce, la pressione, la tensione muscolare e l'odore ai
centri superiori del sistema nervoso per l'elaborazione.
- Neuroni motori, che trasportano messaggi che controllano le cellule muscolari.
- Neuroni di connessione (interneuroni), che trasmettono informazioni da un neurone all’altro.
Ciascun neurone è composto da un corpo cellulare a cui sono collegate terminazioni chiamate
dendriti e una lunga coda, chiamata assone, che propaga il segnale a partire dal corpo cellulare
verso la periferia. Alcuni degli assoni sono coperti da una guaina segmentata di materiale grasso
chiamato mielina. I segmenti sono lunghi circa 2 mm, separati da lacune chiamate nodi di Ranvier.
La guaina mielinica aumenta la velocità di propagazione dell'impulso lungo l’assone. La capacità
del neurone di trasmettere messaggi è dovuta a caratteristiche elettriche dell’assone. Infatti,
l’interno dell’assone è costituito da un fluiso ionico, separato dal fluido corporeo da una membrana
che è un isolante relativamente buono ma non perfetto dal punto di vista elettrico, infatti una
percentuale di corrente può fuoriuscire attraverso essa. All’interno dell’assone è una grande
concentrazione di ioni K+ mentre all’esterno una grande concentrazione di ioni Na+. In condizioni
di riposo la membrana dell’assone è altamente permeabile al K+ e solo leggermente permeabile agli
ioni Na+, quindi gli ioni K+ possono facilmente uscire e si crea un potenziale negativo all’interno
dell’assone che si aggira intorno a 70mV. Quando il valore della tensione attraverso una porzione
della membrana è ridotto al di sotto di un valore soglia, la permeabilità della membrana agli ioni
Na+ aumenta rapidamente. Quindi, gli ioni Na+ entrano nell’assone e inducono un potenziale
dentro l’assone ad un valore positivo. Il picco dell’assone in un dato punto dell’assone aumenta la
permeabilità al Na+ nella porzione immediatamente successiva, che a sua volta produce un picco in
quella regione. Quindi la depolarizzazione viene propagata lungo l’assone. Alla depolarizzazione
segue la chiusura dei canali Na+ e l’apertura dei canali del K+, che permette l’entrata degli ioni K+
e quindi il potenziale nell’assone ritorna al suo stato di riposo.

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