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La Belle époque
FATTORI DELLO SVILUPPO ECONOMICO
Alle soglie del Novecento in Europa regnava una generale atmosfera di ottimismo, per vari motivi.
Innanzitutto, dalla fine del Congresso di Vienna del 1815, l’Europa non era più stata dilaniata da
conflitti come quelli dell’età napoleonica. Inoltre, si verificò un’eccezionale espansione economica,
che trasformò non solo l’Europa ma il mondo intero. La diffusione di un certo benessere nelle
società occidentali rafforzò ulteriormente il clima di fiducia nel futuro, che però si interruppe con lo
scoppio della prima guerra mondiale. Dopo il conflitto mondiale, per descrivere gli anni tra il tardo
Ottocento e il 1914 si diffuse l’espressione di “Belle époque”, soprattutto in Francia.
La ripresa economica che segnò la fine della Grande Depressione portò a un’impennata dei prezzi e
alla comparsa di nuovi beni di consumo. La ripresa coinvolse principalmente i paesi già
industrializzati, come la Gran Bretagna, la Germania, la Francia e gli Stati Uniti e si caratterizzò
innanzitutto per l’impiego di di nuove risorse energetiche e nuovi materiali. Si avviò una fase di
radicali trasformazioni nel sistema produttivo poiché iniziarono ad essere combinati l’acciaio,
l’elettricità, la chimica e la motoristica.
L’elettricità iniziò ad essere utilizzata su grande scala come forza motrice nelle fabbriche. Le prime
centrali elettriche già erano sorte all’inizio degli anni Ottanta, ma erano state utilizzate soprattutto
per l’illuminazione pubblica delle città. Tuttavia, dai primi anni del Novecento, l’energia elettrica
iniziò ad essere disponibile in grandi quantità e aveva costi più bassi del carbone e era in grado di
raggiungere facilmente qualsiasi località. L’utilizzo dell’elettricità modificò anche il sistema di
trasporti urbani, dove furono introdotti tram e metropolitane. Tuttavia, il carbone continuò ad essere
utilizzato per i treni e anche la rete delle linee ferroviarie crebbe notevolmente.
Inoltre, nello stesso periodo i progressi dell’industria chimica migliorarono i processi di
raffinazione del petrolio e così venne inventato il motore a scoppio, che segnò l’avvento
dell’industria automobilistica e di quella aeronautica. L’automobile si diffuse soprattutto negli Stati
Uniti mentre in Europa rimase per lungo tempo riservata a una ristretta élite. Un’altra applicazione
del motore a scoppio fu l’aeroplano e il primo volo fu quello dei fratelli Wright, nel 1903.
Tra la fine degli anni Ottanta e il 1914 il volume degli scambi internazionali crebbe notevolmente.
L’epicentro era ancora il mercato interno europeo, che rappresentava circa il 40% del totale
mondiale. L’incremento fu favorito anche dal consolidamento del sistema monetario aureo, il
cosiddetto Gold standard, che consentiva di regolare con precisione i pagamenti internazionali in
quanto era fondato sulla convertibilità di ogni moneta nazionale in oro secondo tassi di cambio
definiti. Il Gold standard, in questo periodo si diffuse in tutto il mondo e fu favorito anche dalla
scoperta di giacimenti in oro in Sudafrica e in Canada, che permisero al commercio mondiale una
più solida base finanziaria.
Il cuore pulsante di questo sistema finanziario era Londra, infatti la sterlina era considerata la
moneta cardine in tutto il mondo, tanto che veniva spesso usata al posto dell’oro. Tuttavia, il ruolo
internazionale della sterlina rimase saldo solo fino alla prima guerra mondiale, poiché nel frattempo
il dollaro americano stava diventando sempre più forte grazie alla ponderosa crescita produttiva
degli Stati Uniti.
Ad avere la meglio furono i paesi colonizzatori poiché disponevano di materie prime a prezzi molto
convenienti e di mercati di sbocco per i propri manufatti industriali. Essi erano principalmente la
Francia e l’Inghilterra, ma anche il Belgio e l’Olanda.
Tuttavia, i principali partner commerciali delle potenze industriali non erano le colonie ma altri
paesi industrializzati, dove gli investimenti potevano essere più remunerativi. Per questo i flussi di
capitali si dirigevano verso paesi formalmente indipendenti, come la Cina e l’Impero Ottomano. In
Storia
questo modo si sviluppò una sorta di imperialismo informale, che non mirava alla conquista di un
territorio, ma a un controllo indiretto della sua economia.
Successivamente, si affermò anche l’idea che all’ampliamento delle imprese dovesse corrispondere
una nuova organizzazione del lavoro in fabbrica con l’obiettivo di pianificare in modo razionale e
sistematico tutte le fasi di produzione. Così venne ideata l’esecuzione in serie e standardizzata dei
diversi compiti produttivi. Il fautore di questa trasformazione organizzativa fu l’ingegnere
americano Frederick Taylor, che mise a punto un metodo di calcolo per definire i tempo ottimali in
cui un operaio doveva svolgere un determinato compito. Nel suo saggio Principi
dell’organizzazione scientifica del lavoro del 1911 elaborò la cosiddetta “cronotecnica”, con cui
elencò e descrisse una serie di criteri che avrebbero consentito di eliminare i tempi morti e ogni
separazione individuale nel lavoro in fabbrica.
La più efficace applicazione del metodo di Taylor si ebbe all’interno del sistema di produzione noto
con il nome di “fordismo”, poiché adottato nelle officine automobilistiche Ford, negli Stati Uniti.
Fu nelle officine Ford, che infatti fu introdotta l’organizzazione scientifica dei tempi di lavoro
insieme a un nuovo macchinario, la catena di montaggio, ovvero un nastro semovente che scorre
trasportando i vari pezzi da lavorare e assemblare di fronte ad ogni operaio, in modo che egli possa
eseguire una singola e semplice operazione a un ritmo scandito. Inoltre vennero introdotte delle
macchine monovalenti o specializzate, al posto di quelle polivalenti. Le macchine specializzate
effettuavano solo un numero limitato di operazioni, che permettevano però di produrre con
precisione le varie parti intercambiabili e risultavano di più facile utilizzo da parte di operai senza
particolari competenze professionali.
La strategia di Henry Ford mirava ad aumentare la produttività e faceva parte di una filosofia
aziendale basata sull’offerta di prodotti a basso costo, sull’applicazione di una maggiore assistenza
sociale per i dipendenti e su salari più alti (1914 gli stipendi vennero raddoppiati). Questo venne
fatto sia per far sì che ogni operaio potesse comprare un’automobile, in modo da allargare la cerchia
dei consumatori, sia per ottenere un largo consenso da parte delle maestranze.
I nuovi procedimenti introdotti da Ford resero possibile in pochi anni una riduzione drastica dei
tempi di lavorazione, e di conseguenza un abbassamento dei costi dei prodotti.
Storia
Tuttavia, l’organizzazione scientifica del lavoro incontrò l’opposizione degli operai e dei sindacati,
che negli Stati Uniti accusarono il nuovo sistema di privare l’operaio della sua autonomia e capacità
professionale e anche di rendere l’operaio subalterno alla macchina, con una serie di compiti
ripetitivi e sempre più standardizzati. Tuttavia, malgrado le resistenze il Taylorismo e il Fordismo si
diffusero ampiamente in America dopo la prima guerra mondiale; invece giunsero in Europa
solamente dopo la seconda guerra mondiale.
SOCIETA’ DI MASSA
Alla fine dell’Ottocento, accanto alla crescita della popolazione urbana e operaia, acquistarono
sempre maggiore consistenza anche i ceti medi e piccolo-borghesi, ovvero artigiani e negozianti,
piccoli coltivatori in proprio oppure impiegati pubblici e privati. La crescita del ceto medio fu
favorita, in primo luogo, dall’ampliamento delle competenze dello Stato e delle amministrazioni
locali in settori prima affidati all’iniziativa privata, come l’istruzione e la sanità. Si formò una
burocrazia più numerosa, composta di dipendenti pubblici. Anche nelle aziende più grandi si
affermarono nuove figure, con mansioni e competente diverse e stipendi più alti rispetto agli operai.
In particolare nelle fabbriche crebbe la presenza di ingegneri e tecnici, ma anche degli addetti agli
uffici amministrativi. Tutte queste figure, facenti parte del cosiddetto ceto impiegatizio, erano
definiti “colletti bianchi”, poiché per professione indossano una camicia chiara, in contrapposizione
con i cosiddetti “colletti blu” (classe operaia e contadina).
Inoltre, la crescita degli stipendi permise a un numero sempre maggiore di lavoratori di destinare
una quota di essi ai consumi cosiddetti “secondari”, quindi non necessari al puro sostentamento.
Questo si verificò soprattutto negli Stati Uniti, ma anche particolarmente in Germania.
Inoltre, la diffusione dei grandi magazzini in tutte le principali città contribuì all’allargamento della
domanda, dato che lo smercio di grandi quantità di prodotti permetteva di mantenere bassi i prezzi.
Come conseguenza, nacque un moderno sistema pubblicitario che andava dalle inserzioni sui
giornali ai manifesti, spesso affidati ad artisti famosi.
Conobbe un autentico boom anche la stampa periodica, infatti il numero di giornali in Europa
raddoppiò e si raggiunse una diffusione di massa. Questo si verificò a causa dei più alti livelli di
alfabetizzazione, ma anche a causa della nascita dei giornali popolari a bassissimo prezzo. Venne
organizzata anche un “industria della notizia”, infatti nacquero le agenzie di stampa, che
commercializzavano note d’informazione raccolte in tutto il mondo. In America si diffuse il
modello di giornalismo fondato sullo scoop, con l’affermazione della figura del reporter, che dopo
un’indagine accurata e approfondita, rivelava al pubblico episodi scandalosi e eclatanti.
Si assistette, infine, alla diffusione di forme di svago un tempo riservate all’aristocrazia e all’alta
borghesia, ovvero i caffè, i balli, il teatro e una nuova forma di intrattenimento, il cinema. Nel 1894
i fratelli Lumière inventarono infatti il proiettore cinematografico. Queste nuove forme di svago e
intrattenimento, aperte ad una platea più ampia, rinnovarono le forme della socialità e della
comunicazione poiché crearono nuovi luoghi di aggregazione.
Storia
In quegli anni, inoltre, all’interno del partito socialista, ferveva un intenso dibattito tra le diverse
componenti politiche. Infatti, dopo lo scioglimento della Prima Internazionale a causa dello scontro
tra marxisti e anarchici, nel 1889 si era costituita a Parigi la Seconda Internazionale, una
federazione dei partiti socialisti europei, nella quale aveva una posizione preminente il partito
Socialdemocratico tedesco. Nella Seconda Internazionale prevalse la versione del marxismo
elaborata da Engels, secondo la quale occorreva coinvolgere la classe operaia nella vita politica e
impegnare i partiti socialisti nelle competizioni elettorali per ottenere importanti riforme sociali.
Questa corrente, chiamata “minimalismo”, era comunque affiancata dal “massimalismo”, ovvero
quella che auspicava al raggiungimento di una società senza classi attraverso una rivoluzione,
secondo le idee di Karl Marx.
Secondo Eduard Bernstein, un esponente del socialismo tedesco e della Seconda Internazionale,
dovevano essere riviste le previsioni formulate da Marx, infatti la sua posizione fu definita
“revisionismo”. Egli affermava che, lungi dall’essere aggravate, le condizioni di vita e lavoro della
classe operaia erano migliorate, quindi si doveva considerare il conseguimento delle riforme come il
fine stesso dell’iniziativa politica socialista. Quindi, i partiti socialisti avrebbero dovuto collaborare
con l’ala progressista e democratica della borghesia. Tuttavia, il revisionismo rimase in minoranza
all’interno della Seconda Internazionale, che ribadì la sua ispirazione rivoluzionaria.
In Francia, invece, ebbe molta influenza il sindacalismo rivoluzionario di Georges Sorel, che
esaltava il principio dell’autonomia operaia, quindi sosteneva il primato dell’azione diretta per
raggiungere la coscienza di classe e ripudiava il ruolo guida dei partiti socialisti. Inoltre, esaltava lo
sciopero generale come unico mezzo per raggiungere la rivoluzione.
Inoltre, oltre al dilemma tra riforme e rivoluzione, al centro del dibattito dei partiti socialisti c’era
anche il problema dell’atteggiamento da assumere nei confronti della politica estera. Infatti, in
Europa si era formata una “politica di potenza”, ossia l’auto-affermazione dei singoli stati nazionali
a scapito della mediazione diplomatica. All’interno del partito socialista la dottrina dominante era
l’internazionalismo, secondo cui le guerre e l’espansione coloniale erano dovute ai calcoli della
borghesia capitalistica e delle caste militari, e inoltre non arrecavano vantaggi al proletariato, che ne
sopportava i maggiori costi sia economici che umani. Per questo, contrapponevano al nazionalismo,
Storia
il pacifismo e la lotta comune contro il capitalismo internazionale. Il loro slogan era “guerra alla
guerra”. Ad appoggiare la causa dei lavoratori erano anche alcuni movimenti d’ispirazione religiosa,
fra cui quelli democratico-cristiani.
Inoltre, da parte loro, i governi europei avevano iniziato ad adottare una serie di provvedimenti a
tutela dei ceti più deboli poiché uno degli obiettivi principali della classe politica era diventato il
perseguimento del benessere collettivo per evitare la conflittualità sociale e accrescere il consenso
intorno alle istituzioni. Così, tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento si diffusero le prime
forme di assistenza sociale principalmente con l’approvazione di norme sulle condizioni di lavoro,
volte a ridurre l’orario e a tutelare l’impiego di manodopera femminile e minorile. Inoltre, venne
introdotto un sistema di previdenza in caso di malattia, infortunio, invalidità e vecchiaia, affidato
per lo più ai sindacati e finanziato in parte dai lavoratori e in parte dai datori di lavoro.
In questo modo iniziò a delinearsi il cosiddetto “Stato sociale”, anche noto come “Welfare state”,
quindi un insieme di norme attuate dalla pubbliche amministrazioni con l’obiettivo di garantire ai
cittadini un sufficiente tenore di vita per quanto riguarda il reddito, la salute, l’istruzione e
l’abitazione. Tuttavia, per finanziare i costi dello Stato sociale si ricorse ad un aumento delle
imposte dirette.
Al progresso civile contribuì la diffusione dell’istruzione elementare, che a partire dalla fine
dell’Ottocento divenne obbligatoria e gratuita in quasi tutta Europa. L’istruzione iniziò ad essere
considerata un diritto di tutti e gli Stati si assunsero l’onere di finanziare la scuola pubblica.
Dettato in primo luogo da esigenze di laicizzazione del sistema educativo, lo sviluppo di istituzioni
scolastiche pubbliche e aperte a tutti costituì il preludio di una maggiore mobilità sociale e del
superamento di una concezione politica conservatrice.
Nietzsche elaborò una critica radicale al Positivismo, poiché credeva che la vita fosse una totalità
irrazionale e inspiegabile dominata da un impulso originario che spinge all’affermazione di sé,
ovvero la “volontà di potenza”. Tuttavia, l’uomo occidentale aveva rifiutato questa dimensione
cullandosi in illusioni razionali come il falso mito del progresso tecnico e della verità scientifica.
Sulla base delle idee di Nietzsche si svilupparono correnti filosofiche fondate sulla centralità delle
facoltà immaginative, affettive e irrazionali. In questo senso, molti intellettuali interpretavano
l’industrializzazione, l’urbanizzazione e la massificazione segni della crisi della civiltà occidentale
poiché si sviluppò un giudizio critico sugli effetti provocati dal dominio della razionalità, della
tecnica e del denaro. Infatti, la produzione in serie rendeva tutti i prodotti pressoché identici e
livellava i gusti e gli orientamenti individuali. Per questo, le città non erano più considerate abitate
da persone ma da una folla anonima, indistinta e conformista.
Storia
Successivamente, nel 1899, Sigmund Freud pubblicò L’interpretazione dei sogni, che aprì la strada
ad un importante innovazione, ovvero la psicoanalisi. Egli studiò i problemi psichici ricercandone
l’origine nella storia del paziente, anziché curarli secondo le prescrizioni della medicina ufficiale.
Sosteneva che le nevrosi avevano radici in esperienze emotive intense che i pazienti avevano
nascosto nell’inconscio. Sul piano culturale, la scoperta di Freud fu una rivoluzione, in quanto
separò la vita psichica dall’attività cosciente, sferrando un duro colpo all’idea del dominio della
razionalità.
un’altra grande rivoluzione culturale fu compiuta dallo scienziato tedesco Albert Einstein, il quale
espose la teoria della relatività, che proponeva una nuova immagine dell’Universo. Essa produsse
un effetto di disorientamento rispetto alla rappresentazione dei fenomeni fisici elaborata dalla
scienza ufficiale e dal senso comune.
La Francia si trovava divisa in due fronti: da una parte quello monarchico, clericale e nazionalista e
dall’altra quello repubblicano e laico. Le elezioni del 1899 videro prevalere la coalizione tra
repubblicani moderati e radicali (i radicali si dichiarano eredi della rivoluzione e sostenevano la
difesa della repubblica, il laicismo e il suffragio universale). Il Partito Socialista appoggiò le riforme
sociali promosse dai radicali, ovvero la riduzione dell’orario di lavoro, il riposo settimanale e le
pensioni di vecchiaia. Invece, la principale organizzazione sindacale, chiamata CGT, sosteneva i
principi del sindacalismo rivoluzionario di Georges Sorel, ovvero che l’emancipazione dei
lavoratori andasse perseguita attraverso l’azione diretta. Così, iniziò un’ondata di scioperi che il
governo radicale represse con forza, provocando l’acuirsi della tensione sociale.
A questo punto, all’interno del governo prevalse la componente moderata, che orientò l’azione di
governo in senso nazionalista, con interventi di rafforzamento dell’apparato militare, in vista di una
Storia
La Gran Bretagna dal 1906 fu governata dai liberali, che per attuare una serie di riforme volte a una
maggiore giustizia sociale trovarono l’appoggio del Partito laburista. I laborasti erano espressione
delle associazioni operaie, che a differenza dei partiti socialisti dell’Europa continentale non si
ispiravano all’ideologia marxista ma avevano scelto di esercitare un’azione politica diretta a tutela
delle fasce più deboli. Quindi, la legislazione sociale già esistente venne rafforzata con una serie di
riforme come:
- Introduzione di una previdenza sociale contro infortuni e malattie e di pensioni di vecchiaia e
malattia.
- Istituzione di uffici pubblici di collocamento per i disoccupati.
- Concessioni della giornata di otto ore per i minatori.
Inoltre, per finanziare questa forma di “Stato sociale” il governo presentò una proposta di riforma
tributaria in cui si adottava per la prima volta il criterio della tassazione progressiva sul reddito di
ogni cittadino. Tuttavia, la Camera del Lord (alla Camera dei Lord si accedeva per nascita o per
ruolo) organo non elettivo nelle mani dell’aristocrazia, respinge il progetto di riforma, così il
governo varò il Parliament act, ovvero una legge che aboliva il potere di veto assoluto della
Camera dei Lord. Quindi si potè approvare la riforma tributaria ma l’intero equilibrio istituzionale
conobbe una trasformazione profonda. La supremazia acquisita dalla Camera dei Comuni (eletti per
votazione popolare) segnò la definitiva vittoria del principio elettivo come fonte di legittimazione
del potere.
La Germania, diversamente da Francia e Gran Bretagna, negli ultimi anni dell’Ottocento non aveva
manifestato tendenze imperialistiche, infatti il governo di Bismarck aveva preferito anteporre
all’espansione coloniale il mantenimento dell’egemonia tedesca in Europa. La forza dell’economia
tedesca era fondata sul suo potenziale industriale e finanziario, infatti nei settori siderurgici, elettrici
e chimici la Germania vantava uno sviluppo superiore anche a quello inglese. Tuttavia, questo
sviluppo aveva degli elementi di debolezza:
- L’insufficienza delle risorse agricole, come conseguenza della forte crescita della popolazione.
- La dipendenza del settore industriale dall’importazione delle materie prime, di cui il paese era
privo.
Tuttavia, l’ambizione imperialistica iniziò a nascere con l’ascesa al trono di Guglielmo II che
inaugurò il cosiddetto “nuovo corso”, volto a inserire l’impero tedesco nella gara per l’acquisizione
di colonie per diventare una grande potenza anche internazionale.
A questo punto, la “politica mondiale” tedesca provocò lo sgretolamento del sistema di alleanze
precedente. Mentre la Triplice Alleanza stipulata nel 1882 tra Germania, Austria-Ungheria e Italia
non vennero messi in discussione, invece Guglielmo II non rinnovò il trattato segreto del 1887 con
la Russia che la Germania aveva stipulato per assicurarsi la neutralità russa in caso di guerra con la
Francia. Cosi, la Russia si avvicinò alla Francia, preoccupata dai progetti espansionistici tedeschi e
ansiosa di vendicare la sconfitta del 1870. Francia e Russia stipularono nel 1894 un accordo segreto,
noto con il nome di “Duplice Intesa”, con il quale esse si promettevano aiuto in caso di un attacco
della Germania.
Inoltre, la politica di Guglielmo II allarmò l’Inghilterra, leader sui mari, spaventata dal robusto
progetto di riarmo navale tedesco e anche dalla penetrazione economica che la Germania aveva
iniziato ad attuare nell’Impero Ottomano.
Storia
In questo contesto le ideologie rivoluzionarie erano molte, infatti il Partito socialista rivoluzionario
si batteva in nome di una via russa al socialismo. Invece, all’interno delle fabbriche si era diffuso il
Partito operaio socialdemocratico russo, che si richiamava ai partiti della Seconda Internazionale, in
linea con l’ideologia marxista. All’interno del Partito socialdemocratico iniziò a farsi strada l’idea di
Lenin, il quale sostenne che anche senza le condizioni previste da Marx (società capitalista e
borghese) sarebbe stato possibile attuare la rivoluzione. Il protagonista della rivoluzione sarebbe
dovuto essere un “partito di tipo nuovo”, formato da pochi intellettuali rigidamente disciplinati che
diventasse l’avanguardia politica della classe operaia.
Così, il partito socialdemocratico si divise in 2 fazioni:
- I Bolscevichi (“la maggioranza”), che abbracciavano la tesi di Lenin.
- I Menscevichi (“la minoranza”), che rimasero fedeli al partito di massa propugnato dalla Seconda
Internazionale.
Così, nel 1905, una folla immensa si assediati fronte alla residenza dello zar di San Pietroburgo, il
Palazzo d’Inverno, portando una petizione per lo zar Nicola II Romanov, che chiedeva la giornata
lavorativa di 9 ore, un giorno di riposo infrasettimanale, l’abolizione delle imposte indirette e
soprattutto una Costituzione. Nicola II diede l’ordine di sparare sulla folla, provocando una
carneficina, infatti l’evento viene ricordato con il nome di “domenica di sangue”.
La strage provocò un’ondata di scioperi e la ribellione dei contadini nei confronti dei proprietari
terrieri. Inoltre alcuni reparti delle forze armate si ammutinarono.
Nelle fabbriche e nelle campagne vennero eletti dei Consigli dei lavoratori, i soviet, ovvero nuovi
organismi rivoluzionari che si proponevano di dar vita alla democrazia. Così, per recuperare il
controllo della situazione lo zar fu costretto a concedere le libertà civili e politiche nonché
l’elezione di un Parlamento.
Le elezioni videro la vittoria del Partito liberal-democratico, il quale cercò di ottenere dal governo
nuove riforme, tuttavia lo zar reagì sciogliendo per due volte la Duma, fino a promulgare una legge
elettorale che permise il formarsi di una maggioranza a lui favorevole. Il nuovo governo operò da
una parte una durissima repressione, con moltissimi rivoltosi condannati all’esilio (tra cui Lenin), e
dall’altra una riforma agraria.
Tuttavia, la Russia con masse di affamati, un Parlamento debole, una borghesia fragile e la
prospettiva di una rivoluzione proletaria era un paese segnato da una crisi profonda.
- Austria-Ungheria
L’impero asburgico era contrassegnato da una profonda frammentazione etnica e sociale che aveva
come conseguenza enormi squilibri sul piano economico, infatti la crescita industriale si era
Storia
concentrata solamente nelle provincie austriache e ceche, mentre le altre zone erano ancora afflitte
da arretratezza e povertà. In questa situazione, la più grave minaccia per l’unità dello Stato
Asburgico proveniva dai Balcani, che vedevano una grande varietà di etnie, lingue e religioni,
soggette in parte all’Impero Asburgico e in parte a quello Ottomano. Così, le aspirazioni
nazionalistiche e indipendentistiche dei vari stati trovarono terreno fertile nella sempre maggiore
fragilità dei due imperi. Un’intervento dell’Impero Asburgico nei Balcani avrebbe certamente
causato una risposta della Russia, che da sempre proteggeva queste popolazioni. In questo modo,
per l’Impero era necessario il sostegno della Germania.
- Impero Ottomano
Nel 1908 scoppiò una rivoluzione guidata dal partito dei Giovani Turchi, ispirati da un acceso
nazionalismo e anche da intenti riformatori, infatti volevano porre fine al carattere assolutista dello
Stato Turco. Riuscirono a destituire il sultano, sostituendolo con il fratello Maometto V, al quale fu
imposta una svolta politica in senso costituzionale.
Questa rivoluzione generò una situazione di estrema instabilità, di cui approfitto l’Austria-
Ungheria, che nel 1908 proclamò l’annessione della Bosnia e dell’Erzegovina. Questo rese ancora
più tesi i rapporti con la Serbia, che sembrarono sfociare in un conflitto tra la Germania e l’
Austria-Ungheria da una parte e la Russia e la Serbia dall’altra. Tuttavia, l’Impero Russo,
fortemente indebolito, accettò le annessioni e non reagì militarmente
Un altro focolaio di tensione fu, a questo punto, il Marocco, che si trova nella parte Occidentale
dell’Africa, quindi sotto l’egemonia francese. La Germania provò ad opporsi al controllo francese
del Marocco perché aveva forti interessi economici su quella regione, ma si trovò isolato, con al suo
fianco solamente l’Impero Asburgico. Inoltre, l’accerchiamento tedesco si aggravò con il successivo
riavvicinamento tra Inghilterra e Russia, storicamente rivali per il predominio dell’Asia, ma ora
preoccupati per le mire espansionistiche tedesche.
In questo modo le principali potenze europee risultavano divise in due schieramenti:
- Triplice Intesa: Francia, Gran Bretagna e Russia, nata nel 1907 con l’annessione della Gran
Bretagna alla Duplice Intesa.
- Triplice Alleanza: Germania, Austria-Ungheria e Italia.
Storia
La Triplice Intesa era più solida grazie alla comune ostilità di Francia e Inghilterra nei confronti
della Germania e al contrasto tra la Russia e l’Impero Austro-ungarico nell’area balcanica. Invece,
nella Triplice Alleanza l’Italia aveva ancora questioni territoriali irrisolte con l’Austria e l’Impero
Austro-Ungarico era a sua volta molto debole.
- Balcani
L’Impero Ottomano, già indebolito dalla rivoluzione dei Giovani Turchi e dalla perdita della Bosnia
e dell’Erzegovina, nel 1912 fu sconfitto dall’Italia nella guerra in Libia. A sfruttare la debolezza
dell’Impero Ottomano furono la Serbia, la Grecia, la Bulgaria e il Montenegro, che formarono una
coalizione antiturca e intrapresero la prima guerra balcanica. Grazie alla loro vittoria ottennero la
Tracia, la Macedonia e Creta. Tuttavia, la spartizione non fu pacifica, infatti la Bulgaria attaccò la
Serbia e la Grecia dando luogo alla seconda guerra balcanica. Si inserì nella guerra anche la
Romania mentre la Turchia tentò di approfittare della situazione per riprendersi i suoi territori. Così,
la Bulgaria, circondata su tutti i fronti chiese la pace.
Con la pace di Bucarest il Kosovo passò alla Serbia, la Macedonia venne divisa tra Serbia e Grecia
e la Tracia fu restituita agli Ottomani. Inoltre, nacque lo Stato Albanese. Tuttavia, questo nuovo
assetto non stabilizzò la situazione, ma bensì l’Austria-Ungheria era uscita notevolmente indebolita
dal rafforzamento della Serbia e i dissidi con l’Italia si acuirono poiché entrambe puntavano le
proprie mire sul nuovo Stato Albanese.
GIOLITTI AL GOVERNO
Nel 1903 Zanardelli si dimise per motivi di salute e il re diede l’incarico di formare il nuovo
governo a Giovanni Giolitti, il quale rimase in carica fino al 1914. Giolitti invitò ad entrare nel
governo il leader del partito socialista Filippo Turati, che credeva nella volontà progressista della
borghesia. Al tempo i socialisti erano suddivisi in “minimalisti”, che ricercavano le riforme, e
“massimalisti”, che invece sostenevano la necessità di una rivoluzione. Il programma minimo,
Storia
sostenuto dallo stesso Turati, sconfisse quello massimalista e rivoluzionario, quindi accantonava
l’ipotesi di un’azione insurrezionale, puntando ad ottenere una profonda riforma del sistema
capitalistico-borghese attraverso misure come l’ampliamento del suffragio, una migliore
legislazione sociale, il decentramento amministrativo e la riforma tributaria. Alcuni di questi punti
si trovavano anche nel programma di Giolitti ma tuttavia, Turati declinò l’invito a entrare nel
governo, consapevole che una parte consistente del suo partito non l’avrebbe seguito.
A questo punto, Giolitti intraprese la pratica del trasformismo, con lo scopo di creare una
maggioranza variabile, non basata sulla fedeltà a un partito ma costruita di volta in volta in
Parlamento e tenuta insieme da legami personali con il capo del governo. Quindi, la pratica politica
attuata da Giolitti consisteva nel soddisfare le richieste politiche dei partiti per garantirsi la
maggioranza e rimanere in carica.
La politica di Giolitti aveva come scopo la modernizzazione dell’Italia, convinto che rafforzando il
processo di sviluppo in corso nella parte più dinamica e progredita del paese, il Nord, avrebbe finito
per trainare il Sud, ancora agricolo e arretrato, sulla via dell’evoluzione economica e sociale.
Quindi, la politica di Giolitti apparve caratterizzata da un duplice volto, poiché da una parte si
mostrò disposto ad assecondare le rivendicazioni degli operai e dei loro sindacati e dall’altra non
esitò a reprimere le proteste dei contadini del Mezzogiorno.
Allo sviluppo economico contribuirono anche la riorganizzazione del sistema bancario e i progressi
dell’agricoltura grazie ai lavori di bonifica, all’utilizzo di nuovi macchinari, nuovi fertilizzanti e
concimi chimici.
Tuttavia, nei primi anni del Novecento l’economia italiana non era progredita in modo uniforme ma
lo sviluppo si era concentrato soprattutto nel Nord-Ovest, dove era andato formandosi quello che
era definito “Triangolo Industriale”, composto dalle città di Torino, Genova e Milano. Il Sud invece
si trovava a scontare non soltanto il prezzo di un’insufficiente industrializzazione, ma anche le
conseguenze negative dovute alla sostanziale stazionarietà della produzione agricola. L’arretratezza
del Sud, inoltre, affondava le sue radici in particolare in motivi storici, poiché il Mezzogiorno aveva
sempre subito domini stranieri mentre il Nord aveva sempre visto la nascita di realtà indipendenti.
Storia
Tuttavia, il Sud non era stato del tutto abbandonato da Giolitti, il quale nel 1904 aveva varato una
legge per lo sviluppo industriale di Napoli e altre misure legislative furono prese negli anni subito
successivi. Questi provvedimenti rappresentarono la prima forma di intervento pubblico per lo
sviluppo del Sud, ma si rivelarono insufficienti ad affrancare il Mezzogiorno dalle condizioni di
profondo disagio in cui si trovava. La conseguenza fu una migrazione di massa, soprattutto
transoceanica, verso gli Stati Uniti, il Brasile e l’Argentina.
La nuova legge elettorale promulgata da Giolitti estese il diritto di voto a tutti i cittadini maschi che
avessero compiuto 30 anni. A questo punto, le elezioni che si tennero nel 1913 videro la vittoria
dello schieramento liberale, alla quale contribuì decisamente il voto dei cattolici; infatti, il
presidente dell’Unione elettorale cattolica aveva offerto l’appoggio ai liberali che avessero
sottoscritto un patto, definito Patto Gentiloni, con cui si impegnavano in particolare ad opporsi ad
ogni tentativo di introdurre il divorzio e a difendere le scuole cattoliche e l’insegnamento religioso
nelle scuole pubbliche. L’alleanza tra librali e cattolici nel Patto Gentiloni non garantì più la
maggioranza a Giolitti e così in nuovo presidente del Consiglio fu Antonio Salandra, esponente dei
liberal-conservatori.
DESTRA SINISTRA
(CONSERVATORI) (PROGRESSISTI)
Cattolici Liberali
Monarchici Radicali
Nazionalisti Socialisti
Capitalisti Repubblicani
Storia
industriale della Germania, un paese che stava emergendo sempre di più soprattutto dopo il riarmo
di Guglielmo II, spaventava in particolare l’Inghilterra e la Francia, le due maggiori potenze
economiche. In ambito politico la scintilla fu accesa in particolare dalla crisi dell’Impero austro-
ungarico che versava in condizioni difficili soprattutto nei rapporti con i paesi balcanici, ma in
generale dalla crisi di tutti gli Imperi centrali, come anche la Russia e l’Impero Ottomano. Riguardo
all’aspetto culturale, infine la guerra fu innescata a causa del crescente sentimento nazionalista,
figlio dell’Imperialismo, che stava investendo ogni Stato.
In ogni caso, dopo la dichiarazione di guerra dell’Austria alla Serbia scattarono immediatamente i
vari trattati di alleanza stipulati negli anni precedenti e uno dopo l’altro i paesi europei intrapresero
la via della guerra. La Russia, storica protettrice dei popoli slavi, mobilitò le proprie truppe a
sostegno della Serbia. A questo punto la Germania, alleata dell’Austria-Ungheria, non esitò ad
entrare nel conflitto e dichiarò guerra alla Russia e alla Francia, infatti le sue attenzioni erano rivolte
in particolare all’Alsazia e alla Lorena, ricche di materie prime.
Per giungere in Francia le truppe tedesche invasero il Belgio, il quale si era dichiarato neutrale,
infrangendo le regole internazionali. La mossa tedesca spinse la Gran Bretagna a schierarsi a fianco
della Francia dichiarando guerra alla Germania. Ad agosto dello stesso anno, inoltre, si unì
all’alleanza anti-germanica anche il Giappone, con lo scopo di allontanare i tedeschi dall’Estremo
Oriente.
Storia
ovvero i partiti della sinistra democratica. Favorevoli alla guerra erano anche i sostenitori di
Antonio Salandra e del re Vittorio Emanuele III, e addirittura il re stesso vedeva di buon occhio una
guerra contro l’Austria. A favore dell’intervento ci furono, infine, i rappresentanti dell’industria
pesante, attratti dai profitti che avrebbero realizzato con la produzione dell’artiglieria.
NEUTRALISTI INTERVENTISTI
Socialisti Nazionalisti
Cattolici Industriali
Maggioranza del Sostenitori del Re e di
Parlamento (giolittiana) Antonio Salandra
Così, il 26 aprile del 1915 il governo italiano stipulò un patto segreto, chiamato Patto di Londra,
con le potenze dell’Intesa mediante il quale si impegnava ad entrare in guerra al loro fianco entro un
mese. Il patto venne firmato con il consenso del re ma all’insaputa del Parlamento e dell’opinione
pubblica. A questo punto fu necessario per il governo trascinare dalla parte della guerra il
Parlamento e così i nazionalisti iniziarono una forte esaltazione del sentimento nazionale durante il
mese noto come “maggio radioso”. Infine, il 24 maggio del 1915 l’Italia dichiarò guerra all’Austria-
Ungheria, entrando in guerra a sostegno della Triplice Intesa.