Biomateriale: sostanza o insieme di sostanze di origine sintetica o naturale che può essere
impiegata per un qualsiasi periodo di tempo per un sistema che tratta, aumenta o diminuisce un
qualsiasi tessuto, organo o funzione del corpo. È una sostanza non vivente utilizzata per la
costruzione di un dispositivo medico, dotata di interfaccia con un tessuto vivente.
Biostabilità: la capacità di un dato materiale di non venir alterato dai fluidi biologici.
Bioinerte: materiale che non induce il tessuto ad interagire con esso, ma non da vita nemmeno a
fenomeni di intolleranza.
Biotossico: materiale che provoca una reazione negativa da parte dell’organismo. Questo fenomeno
può rendere necessaria la rimozione del manufatto dal paziente.
Dispositivo medico: strumento, apparato, dispositivo, macchina, reagente in vitro o altro oggetto
similare o correlato, compreso ciascun componente, ciascuna parte e ciascun accessorio per il quale
è previsto l’uso in medicina. Tale uso può riferirsi alla diagnosi di una malattia o di un altro stato, o
alla cura, alleviamento, trattamento o prevenzione di malattie dell’uomo.
Protesi: dispositivo biomedico che sostituisce parzialmente o totalmente un organo, un arto o una
funzione di un tessuto del corpo. Una protesi deve essere biostabile e non biodegradabile.
Le cellule sono immerse in una sostanza intercellulare detta matrice extracellulare (MEC).
La tipologia della MEC è data dalla sua composizione e dall' architettura tridimensionale dei suoi
componenti.
Per i tessuti connettivi, a seconda dell' ammontare dei costituenti della MEC si distinguono vari tipi
di tessuti connettivi (elastina, collagene, fibrillina).
Legge di Hooke:
F.e (modulo forza elastica) = k (costante di rigidezza) * x (spostamento)
F.e (vettore) = - k * x (vettore) (c'è il segno meno perché è una forza di richiamo)
Unità di misura: Newton = Kg/s * m
Maggiore è k, più è rigida la molla e più difficile sarà allungarla o comprimerla.
La legge di Hooke è anche detta di elasticità lineare, perché K è la pendenza della retta nel grafico
forza (asse y) - spostamento (asse x) e vale che k = (F.e) / x.
Un solido che rispetta questa legge viene detto solido hookiano ed avrà comportamento elastico
lineare.
La legge di Hooke vale solo per piccoli spostamenti, ovvero per piccoli valori di deformazione.
Per maggiori valori di spostamento non vale più la legge e la retta cambia la sua pendenza, si avrà
dunque una deviazione dalla linearità nella curva.
Se k è piccolo la molla è facile da deformare e per ottenere una congrua deformazione di essa è
sufficiente applicare una piccola forza; se, invece, k è grande, la molla è dura e per ottenere la stessa
deformazione occorrerà applicare una forza maggiore. Tale legge ha un ambito di validità limitato
in quanto descrive il comportamento di una molla solo se le deformazioni che essa subisce sono
piccole rispetto alla sua lunghezza, cioè se le sollecitazioni sono contenute entro un determinato
limite, detto limite di elasticità. Pertanto, se la forza applicata è molto grande e supera tale limite si
produce lo snervamento della molla e, continuando, la sua rottura.
Lo snervamento è il fenomeno per cui un corpo sottoposto a eccessiva trazione perde
completamente l’elasticità e non riesce più a tornare nelle dimensioni d’origine anche quando la
trazione è terminata.
Superato tale limite la proporzionalità scompare, ma per valori dell’allungamento che non superano
quello corrispondente al punto chiamato limite elastico, quando la forza applicata viene rimossa il
corpo riprende la sua lunghezza originale.
La regione compresa tra l’origine e il limite elastico è detta regione elastica.
Se il corpo viene sollecitato oltre al limite elastico, si entra nella regione plastica: il corpo non
ritorna alla lunghezza originale dopo la rimozione della forza, ma rimane permanentemente
deformato. In tale regione si verifica che l’allungamento cresce con la forza, finché dopo un certo
punto, detto punto di snervamento, si verifica un notevole aumento di lunghezza e oltre il punto
di carico massimo il grafico cambia andamento e il massimo si raggiunge al punto di rottura.
Sforzo: prodotto di una forza F e una lunghezza (l^(-2)= area di superficie). Dimensionalmente si
misura in Pascal. La pressione è un particolare tipo di sforzo.
Prova di trazione = prova meccanica fatta attraverso una macchina dinamometrica (formata
da una traversa fissa ed una mobile): inserisco tra
due grips (ganci) il mio provino per allungarlo (la
traversa mobile si muove verso l’alto) fino a
rompersi. La cella di carico è un trasduttore che ci
dice in base alla velocità della traversa le reazioni del
materiale alla prova. Avendo impostato la velocità
della traversa (speed of testing), la macchina
conosce istante per istante lo spostamento del
campione, quindi grazie al trasduttore la macchina
conosce anche il valore della forza. Posso andare a diagrammare forza (carico) e spostamento
(allungamento).
Se l’andamento del grafico è lineare, vale la legge di Hooke e posso calcolarmi k.
Con la prova posso avere un grafico di questo tipo, dove dopo il pt. massimo la curva inizia a
scendere fino al punto di rottura del materiale.
Dal tratto iniziale della curva posso ricavarmi il valore di k della curva. Dopo il pt. P, la pendenza
della curva inizia a variare, ovvero dopo P non vale più la legge di elasticità lineare.
F.M= forza massima necessaria per rompere il provino anche se il provino non si rompe in quell'
istante. E' una resistenza meccanica a trazione (TENSILE STRENGHT)
F.u= carico ultimo di rottura, dove il provino si rompe.
Vale per un materiale generico. Definiamo sforzo e deformazione per studiare i casi specifici.
Lo sforzo (o stress) lo indicheremo con sigma (σ) e la deformazione (o strain) con epsilon (ε).
Ho bisogno di una forza maggiore per rompere il provino con sezione più grande.
In una prova di trazione sforzo è il valore della forza diviso l’area della sezione trasversale del
provino.
Se la prova è di trazione, lo sforzo è di trazione.
Materiale isotropo: materiale che mostra le stesse proprietà meccaniche e termiche in tutte le
direzioni. (es. crociato anteriore. E' un legamento "aggrovigliato" tipo random coil, quindi la
direzione della prova non cambia il risultato finale.). Se applico n sforzi uguali fra loro e i moduli e
le deformazioni sono uguali tra di loro, allora posso definire il mio provino isotropo.
Materiale anisotropo: materiale in cui, al variare della direzione, variano le proprietà meccaniche e
termiche. (es. tendine. Se faccio una prova di trazione i tendini si distendono difficilmente
(dall'interno all'esterno), mentre si sciolgono facilmente se la prova la faccio in senso opposto)
ENGINEERING STRESS (Sforzo ingegneristico):
σ = F/A₀ [ = ] Pa = N/m²
(A₀ è l' area della sezione trasversale del provino di riferimento).
ENGINEERING STRAIN (Deformazione ingegneristica):
ε = Δl / l₀ [ = ] Adimensionale
(l₀ è la lunghezza di riferimento).
Ingegneristico: durante la trazione la lunghezza e l' area
trasversale cambiano.
Per ottenere la colonna σ divido la colonna delle F per l'
area della sezione trasversale del mio campione. Per
ottenere ε divido la colonna Δl per la lunghezza iniziale del
mio campione.
Coefficiente di Poisson: coefficiente dato dal rapporto di due deformazioni e si indica con
ν (nu) = - ε (trasversali) / ε (assiali)
In una prova di trazione ε (trasversali) ha valori negativi e ε (assiale) valori positivi.
ε trasversale in trazione è negativa poiché il provino si contrae, ovvero la sezione trasversale si
riduce, mentre la componente assiale aumenta perché il provino si allunga.
Durante la contrazione avviene esattamente il contrario. In ogni caso ν deve essere positivo, dunque
per questo si mette il segno meno.
Nei materiali auxetici (se sottoposti ad uno sforzo di trazione si allargano trasversalmente, mentre
se sottoposti a compressione si restringono), ν è negativo.
Deformazione plastica ed
elastica:
Preso un diagramma sforzo-
deformazione. Nel tratto
lineare, posso determinare il
modulo elastico E dalla
pendenza. Se ad un dato
istante fermo la prova, il
campione viene scaricato (rimuovo il carico) e la curva viene ripercorsa. Superato il limite σ e ε non
sono più proporzionali.
Zoom
Se durante la prova supero il limite lineare, il mio provino recupera solo una parte della
deformazione totale, quel che recupera si chiama deformazione elastica, ciò che non recupera è
detta deformazione plastica. Dopo l’andamento lineare, generalmente, c' è un intervallo in cui esiste
un campo elastico che però non rispetta la legge di Hooke, dunque non vale che σ = E * ε, ma posso
applicarla solo puntualmente.
Le deformazioni elastiche sono quelle "recuperabili", al contrario di quelle plastiche che non lo
sono. Quando supero il limite elastico ho un comportamento elastico non lineare, ciò significa che
se sottopongo il provino alla stessa prova, quest' ultimo rimane in parte deformato e che il provino
non segue lo stesso percorso a ritroso ma percorre un tratto parallelo al tratto iniziale lineare,
dunque ci sarà una deformazione permanente.
Al di là del campo elastico entro nel campo delle deformazioni plastiche. La deformazione totale è
la somma di due aliquote, ovvero ε Totale = ε Elastica + ε Plastica.
Dove σ y è lo sforzo di snervamento, sforzo di scorrimento plastico (yield point, yield strenght,
yield stress).
NECKING:
Nel punto massimo della curva si verifica il necking (strizione), ovvero una riduzione di sezione
localizzata. Il Neck = inizio di una deformazione plastica non uniforme che risulta in una
riduzione localizzata dell’area della sezione trasversale.
Seguendo la curva, il materiale continua ad allungarsi ma perde resistenza, dunque lo sforzo è
minore finché il provino non si spezza. Per un materiale metallico dopo la strizione, lo sforzo si
concentra al centro fino ad avere un punto di rottura al centro. Quando questo fenomeno si forma in
un polimero, una volta formato il neck, il provino si allunga ed il neck si propaga per tutta la
lunghezza del campione fino a che non si ha un' unica striscia in cui si è propagato il neck e la curva
risultante ha un massimo e poi ha uno sforzo costante.
Materiale polimerico: materiale in cui le catene di polimeri nel neck sono tese, mentre quelle all'
esterno sono aggrovigliate.
Materiale duttile: materiale che mostra deformazioni plastiche, ad esempio polimeri e metalli.
Materiale fragile: materiale che non ha deformazioni plastiche fino alla rottura, ciò vuol dire che la
rottura avviene sempre nel campo elastico. Se mostra deformazioni plastiche quest' ultime sono
trascurabili.
Per determinare la fine del campo elastico e l' inizio del campo delle deformazioni plastiche si
utilizzano 3 metodi:
•Metodo dell' offset (metodo più utilizzato);
Consiste nel prendere in considerazione l' asse delle ε e tramite uno standard si prendere una ε
segnata, a partire dalla quale si traccia un tratto parallelo al tratto iniziale lineare, individuando un
punto σ y.
•Metodo del primo punto a pendenza zero;
Il punto a pendenza zero è un massimo, ciò vuol dire che il punto di snervamento è uguale a quello
di strizione.
Polimeri termoindurenti (reticolati): polimeri che non posso rimodellare con la temperatura; per
rifonderli dovrei fornire al sistema un'energia tale da rompere i legami covalenti, degradando la
composizione chimica del materiale e rompendo tutti i legami presenti.
ELASTOMERI
TERMOINDURENTI: HANNO
TERMOPLASTICI: HANNO CROSSLINKS
CROSSLINKS CHIMICI
FISICI
[legami covalenti trasversali,
ovvero deboli interazioni tra le catene
(es. entanglements)]
POLIMERIZZAZIONE
ETILENE POLIETILENE
Policondensazione:
condensazione organica che
porta alla formazione di
legami tra le unità
monomeriche per
eliminazione di molecole
piccole (es. acqua).
In base all’ordine
molecolare:
Polimeri amorfi: polimeri con catene
aggrovigliate tra di loro (gli intrecci prendono il
nome di entanglements) che possono essere
allontanati tramite determinate forze.
Nei polimeri semicristallini è comune trovare una morfologia di tipo sferulitica. Si definisce
"sferulita" o "sferulite" una "sorta di serbatoio da dove partono a raggiera zone caratterizzate da una
morfologia lamellare".
Nel caso dei polimeri (semi) - cristallini, ho vari serbatoi "cuciti" tra di loro.
←Morfologia sferulitica
Considero una curva σ-ε per un polimero duttile con esteso stiro a freddo (trazione senza
aumento di temperatura):
Nella zona dove si forma il neck, le catene sono orientate nella direzione del carico applicato; nelle
zone vicine, invece, le catene sono molto aggrovigliate e i legami più deboli. Alla fine della zona di
plateau per rompere il provino devo rompere i legami covalenti aumentando lo sforzo.
•Crazing: formazione di crazes, ovvero un difetto reticolare a forma di lente, non è una cricca
(tipica dei metalli, è un difetto del materiale da dove parte la rottura): le due superfici sono tenute
assieme da catene polimeriche. A trazione, i crazes si propagano nella direzione perpendicolare a
quella di trazione, dall' unione di più crazes si ha la rottura del provino.
A temperature più alte avrò un meccanismo di flusso omogeneo, per temperature più basse flusso
eterogeneo o crazing. Per i polimeri, la temperatura è un parametro fondamentale, una delle più
importanti è la temperatura di transizione vetrosa (Tg) o GLASS TRANSITION
TEMPERATURE. La Tg è sempre minore della temperatura di fusione.
PROVA DI COMPRESSIONE:
Prendo un provino a geometria cilindrica e lo comprimo. Il verso della forza è opposto a quello del
test di trazione.
Anche qui vale che σ = E*ε, solo che in questo caso E è il modulo elastico a compressione.
La prova è "a tre punti" perché due sono di appoggio e il terzo è il punto di applicazione della forza.
Prova di torsione:
O è il centro della sezione circolare.
Il pt. P si sposta sotto torsione nella posizione P' (per effetto del momento torcente).
Θ è lo spostamento angolare, dovuto dall' applicazione di un momento torcente.
Prendo il pt. P e prendo la sua proiezione P'.
Per piccoli angoli il segmento congiungente P e P' = R * Θ.
Come lunghezza L iniziale scelgo l' altezza h.
RESILIENZA:
resistenza all' urto o all' impatto. Si misura tramite l’energia necessaria per fratturare, in un sol
colpo, un provino di un dato materiale con un taglio superficiale, in seguito all' urto di una massa
(spesso chiamata MASSA PENDOLARE).
L' intaglio serve per concentrare gli sforzi in maniera tale che la rottura avvenga in regime
praticamente elastico.
Esempio
L' intender (penetratore) applicando una forza penetra nella superficie del materiale creando un
"danno", ovvero un' impronta. Dopo aver creato l’impronta, risale.
H (durezza) = P / A(hc), dove P è il carico, A è l’area dell’impronta. hc indica la profondità di
contatto. A è in funzione di hc.
TENACITÀ:
l’energia necessaria per portare a rottura/fratturare un provino di un dato materiale.
Una stima è data dal' area sottesa dalla curva sforzo - deformazione fino al pt. di rottura.
MATERIALI COMPOSITI:
Sono costituiti da una MATRICE e da un
RINFORZO che lavorano sinergicamente.
Le matrici sono generalmente costituite da un
metallo, da un materiale ceramico o un
polimero.
Il rinforzo può essere costituito da particelle
(COMPOSITI PARTICELLARI) o da fibre
(COMPOSITI FIBRO RINFORZATI).
Le particelle posso essere dell’ordine dei micrometri (MICROCOMPOSITI) o dei nanometri
(NANOCOMPOSITI). I compositi spesso sono detti IBRIDI quando ci sono sia micro che nano
particelle.
I compositi polimerici (materiali compositi a matrice polimerica) sono più flessibili e maggiormente
deformabili.
È utile disporre il rinforzo nella direzione del carico applicato in modo da aumentarne le
caratteristiche meccaniche (infatti resistenza e modulo risultano massimi).
Questo vale sopratutto per le fibre. Le più utilizzate sono le fibre di vetro, carbonio e Kevlar (una
poliammide aromatico); questi tre tipi di fibre si differenziano per le loro proprietà fisiche.
Il modulo elastico per le fibre di vetro va da 70 a 90 GPa, quello delle fibre di carbonio va da 220 a
800 GPa e quello delle fibre di Kelvar va da 80 a 160/180 GPa. Ciò significa che anche con la
stessa matrice (ma con fibre diverse), il composito ha proprietà diverse.
I compositi hanno elevate proprietà specifiche (grandezza su densità).
Ruolo matrice = distribuire gli sforzi
Ruolo rinforzo = tenere il carico
Con i compositi posso modulare le caratteristiche meccaniche del materiale, sia in termini di
resistenza che di rigidezza lì dove serve.
Sia N₀ il numero lamine. I dispositivi compositi sono fatti con la sovrapposizione di lamine tutte
con orientazioni diverse a formare un LAMINATO; ogni lamina presenta un sistema di riferimento
locale (dove troviamo sempre una direzione 1 e
2) e tutte le lamine ne hanno poi uno globale.
L' orientazione si sceglie in base all' equazioni
costitutive della lamina.
Considero un materiale omogeneo ed isotropo.
Applico lo sforzo di trazione nella direzione 1:
• Allungamento su 2
• Contrazione su 1
(ν₂₁) = - ε₁ / ε₂
VISCOSITÀ:
LEGGE DI NEWTON SULLA VISCOSITÀ:
Esperimento di Newton:
Prendo due piastre che distano l' un dall' altra una distanza y, con A=area delle due piastre. Le due
dimensioni delle piastre sono molto superiori alla distanza y.
Moto laminare: Immagino il moto come tanti piani infinitesimi che scorrono gli uni sugli altri
(tante lamine) senza che ci sia rimescolamento di fluido.
Se vado a ripercorrere l' esperimento e metto in moto il piatto inferiore con una velocità v e con una
forza tangenziale, lo strato di fluido adiacente al piatto inferiore acquista una certa quantità di moto.
q(vettore) = m * v(vettore)
v (y come pedice) = componente della velocità v (vettore) lungo y
Se considero le componenti dico che vado a considerare le componenti della quantità di moto lungo
x.
τ (yx come pedice) = tensione tangenziale esercitata lungo x su uno strato di fluido che si trova ad
una altezza y da un altro strato di fluido. E' proporzionale al gradiente di velocità con segno meno.
UNITÀ DI MISURA:
μ [=] Pa * s (nel S.I)
μ [=] POISE g / (cm * s) (nel CGS)
1 P = 0.1 Pa * s
CENTIPOISE = cP = 10^(-2) P
Spesso la viscosità risulta rapportata con la densità ρ e vale che ν (viscosità cinematica) = μ / ρ
FLUIDI A COMPORTAMENTO NEWTONIANO E NON SUL GRAFICO
Fino ad ora abbiamo specificato " a comportamento" newtoniano e non perché, ad esempio, potrei
avere una situazione del tipo:
Ciò significa che bisogna guardare il range di γ'.
Ci sono casi in cui il comportamento non newtoniano va ben oltre la dipendenza da μ e γ', in questi
casi si entra nel campo della VISCOELASTICITÀ.
La legge di Hooke e la legge di Newton governano i due limiti del comportamento viscoelastico.
Definito t (exp), il tempo dell' esperimento con cui si deforma il sistema, e t (r), il tempo di
riarrangiamento della configurazione molecolare del materiale.
I CASO LIMITE:
t (exp) << t (r) → TEMPI BREVI, EMERGE LA RISPOSTA ELASTICA.
II CASO LIMITE:
t (exp) >> t (r) → TEMPI LUNGHI, EMERGE IL COMPORTAMENTO VISCOSO.
•CREEP TEST:
fenomeno relativo ad una deformazione che procede nel tempo sotto l' azione di uno sforzo costante
che viene istantaneamente applicato.
Come varia la deformazione nel tempo?
Abbiamo due casi limite:
• HOOKEAN SOLID: in input ho uno sforzo τ₀, in output γ = γ(t).
•NEWTONIAN FLUID:
Per un materiale viscoelastico, invece, quando viene applicato istantaneamente uno sforzo τ₀, la
deformazione si porta quasi istantaneamente da zero a γ₀. Si ha un salto elastico. La deformazione
non ha un andamento rettilineo ma per lunghi tempi si linearizza. E' il comportamento intermedio
tra i due casi limite.
Considero un test di stress – relaxation in cui si ha una variazione dello sforzo nel tempo sotto una
deformazione mantenuta costante; la funzione risposta da prendere in considerazione è il
MODULO DI RILASSAMENTO [G(t) = τ(t) / γ₀].
Faccio diversi test su un materiale viscoelastico ottenendo:
Le varie curve tendono a sovrapporsi, il modulo G(t) risulta quindi costante e non dipendente dal
livello di deformazione imposta (è soltanto funzione del tempo): se ciò è verificato si parla di
regime di VISCOELASTICITA’ LINEARE.
Se G = G(t , γ₀) si è in regime di VISCOELASTICITA’ NON LINEARE.
Considero il test di creep, in questo caso impongo uno sforzo in ingresso costante, l’ output sarà l’
andamento della deformazione in funzione del tempo.
Esiste una funzione analoga a quella vista nel caso del test di stress – relaxation:
J(t) = γ(t) / τ₀ , dimensionalmente è il reciproco di un modulo → COMPLIANCE (o “cedevolezza”)
Nel test dinamico – meccanico imponiamo una deformazione sinusoidale [γ(t) = γ₀ sen (wt)] e in
uscita avrò uno sforzo che sarà sfasato di δ ∈ ] 0 ; π/2 [ .
Definisco G’ e G’’. In questo caso parlo di VISCOELASTICITA’ LINEARE se i due moduli non
dipendono dall’ ampiezza della deformazione imposta; viceversa se i due valori dipendono dall’
ampiezza di deformazione imposta sono in regime di VISCOELASTICITA’ NON LINEARE.
Riprendere il grafico μ – γ’ .
Come risponde un
materiale
viscoelastico?
Quando viene rimosso lo sforzo prima c'è un recupero elastico istantaneo, che circa come il primo
tratto lineare (salto istantaneo iniziale) ≃ ε₀.
Poi si ha un recupero "ritardato" che procede nel tempo. Anche in questo caso o recupera
parzialmente, tende asintoticamente ad un valore di deformazione o recupera totalmente arrivando a
zero.
Se ho due funzioni E= E(t) e J=J(t), solo dipendenti dal tempo parliamo di VISCOELASTICITÀ
LINEARE. Il modulo di rilassamento ed il compliance dipendono solo dal tempo.
Se invece, E è anche funzione di ε [E = E (t, ε)] e J è anche funzione di σ [J = J (t,σ)], allora
parliamo di VISCOELASTICITÀ NON-LINEARE.
Input:
γ(t) = γ₀ sin (wt), dove γ₀ è l' ampiezza della deformazione, è la distanza tra l' asse e il picco o in
valore assoluto tra asse e valle.
Voglio studiare la risposta in termini di sforzo:
τ = τ(t)
Valuto la risposta nei due estremi:
1° CASO: HOOKEAN SOLID (τ = G * γ)
In uscita ho una funzione sinusoidale in fase con l' input (non vi è mai sfasamento):
τ(t) = G * γ(t) = G * γ₀ sen (wt)
l' ampiezza di τ è γ₀ * G = τ₀ → τ(t) = τ₀ sen(wt)
2° CASO: NEWTONIAN FLUID (τ = μ * γ')
τ(t) = μ [w γ₀ cos (wt)], γ₀ * w dimensionalmente è una velocità di deformazione, quindi posso
sostituirli con γ₀' → τ(t) = μ * γ₀' * [cos (wt)]
dove μ * γ₀' è l' ampiezza dello sforzo = τ₀ → τ(t) = τ₀ cos(wt)
Deformazione imposta e sforzo sono sfasati, tra input ed output c'è uno space shift di π/2.
Il materiale viscoelastico avrà un comportamento intermedio:
τ(t) = τ₀ [sen (wt + δ)] con δ ∈ ]0;π/2[
dove δ rappresenta lo sfasamento, gli estremi non sono compresi nell' intervallo perché per δ=0 ho
un comportamento da HOOKEAN SOLID, mentre per δ = π / 2 da NEWTONIAN SOLID.
Osservazione:
τ(t) = τ₀ cos δ * sen(wt) + τ₀ senδ * cos(wt) : = sviluppando la risposta
↓
la risposta in termini di sforzo per un materiale viscoelastico è somma di due aliquote: la parte
elastica (con il cos δ) e una viscosa (con il sen δ).
τ₀ cos δ * sen(wt) è in fase con la deformazione.
τ₀ senδ * cos(wt) è sfasata di π/2 rispetto alla deformazione.
Divido ambo i membri per l' ampiezza di deformazione γ₀:
τ(t) / γ₀ = τ₀ / γ₀ cos δ * sen(wt) + τ₀ / γ₀ senδ * cos(wt)
G' → è connesso all' energia immagazzinata durante il processo di carico e rilasciata dopo il
processo di deformazione.
G'' → è connesso all' energia dissipata durante il processo di sollecitazione sotto forma di calore a
causa dell' attrito dei segmenti.
Se ho che G'' > G' → LIQUID LIKE (ovvero è un materiale in cui il comportamento viscosoo
prevale su quello elastico)
Se ho: G', G''
TEST DI FATICA:
Sottopongo il mio materiale ad un’eccitazione ciclica e vedo dopo quanti cicli si rompe il provino; la curva è
del tipo:
TESSUTI BIOLOGICI:
•SOFFICI (O MOLLI), ad esempio tendini e legamenti presentano un elevato contenuto di
collagene ed elastina;
•DURI MINERALIZZATI, ad esempio denti e ossa, presentano una matrice fortemente
organizzata con elementi minerali ed una bassa percentuale di collagene ed elastina.
ELASTINA: è ad alto contenuto di glicina, mentre sono assenti o poco presenti prolina e
idrossiprolina. Le macromolecole si dispongono a formare un groviglio: l’ elastina presenta una
struttura a random coil.
TENDINI E LEGAMENTI:
sono composti delle stesse entità ma in percentuale diversa ed assolvono funzioni diverse.
I tendini hanno funzionalità legate ai movimenti, connettono infatti l’estremità muscolare a
quella ossea.
I legamenti hanno il compito di mantenere in sede l’ articolazione.
Le cellule che li costituiscono sono per lo più FIBROBLASTI (cellule tipiche del tessuto
connettivo, in grado di produrre le componenti della matrice extracellulare); la differenza nella
composizione tra i due è legata al contenuto di collagene ed elastina.
Nel TENDINE ho un 85% di collagene e meno del 3% di elastina; nel LEGAMENTO ho il
75% di collagene e il 10/15% di elastina. La restante parte è costituita da acqua, protoglicani
e glicosamminoglicani.
TOE REGION: zona iniziale di lento adattamento alla situazione di carico imposto, vi sono tutte le
possibili configurazioni.
HEEL REGION: zona di transizione. Parte delle fibre di collagene si sono orientate nella
direzione del carico. Riduzione delle possibili combinazioni.
LINEAR REGION: tutti i fasci di fibre sono orientati in direzione del carico; vale la linearità tra
sforzo e deformazione, posso perciò calcolare il modulo a trazione. Proseguendo ho poi una rottura
graduale perché le fibre di collagene riducono le possibili combinazioni e le loro capacità di
rispondere allo sforzo.
Nel tendine posso avere valori del modulo di trazione più alti, ma nel legamento avrò una maggiore
deformabilità, esso tende ad allungarsi di più prima di arrivare a rottura.
DISCO INTERVERTEBRALE:
La colonna vertebrale asseconda i
movimenti del busto e protegge il
midollo spinale. Tra due vertebre
adiacenti è presente il disco
intervertebrale, una sorta di
cuscinetto, ammortizzatore di
carico.
È composto da una MEC e da
poche cellule, ciò significa che
se danneggiato, il disco
intervertebrale non è in grado di
autoripararsi.
Distinguiamo 3 zone fondamentali:
•NUCLEO POROSO: formato per lo più da acqua, proteoglicani e glicosamminoglicani;
•ANELLO FIBROSO: formato da fibre di collagene immerse in una matrice di acqua e
proteoglicani (affine a quella del nucleo) e orientate in lamelle concentriche con angoli da 42° a
65°, procedendo dall’interno all’ esterno;
•ENDPLATES CARTILLAGINEI: zona di transizione caratterizzata da materiale poroso, vincola
vertebre adiacenti.
Il disco intervertebrale fa sì che due segmenti ossei non si tocchino mai.
Ad ogni movimento l’ intera struttura è sottoposta ad una compressione.
I due endplates si avvicinano →Allargamento dell’area occupata dal nucleo polposo, ciò andrà ad
incidere sulle fibre di collagene che andranno a disporsi, a trazione, non nella direzione del carico
bensì nella direzione della lamella.
Il contenuto acquoso del nucleo fuoriesce tramite i pori degli endplates (rientrerà una volta rimosso
il carico).
CURVA SFORZO – DEFORMAZIONE:
OSSA:
Le ossa sono costituite da cellule dette OSTEOCITI e da una matrice extracellulare (molto meno acquosa di
quella di tendini e legamenti) costituita per il 22% da una componente organica e per il 6% da una parte
inorganica (presenta componenti ad altissimo contenuto di calcio, come l’IDROSSIPATITE).
Il tessuto osseo è di tipo connettivo.
Posso distinguere le ossa in:
•COMPATTE, hanno una matrice più piena;
•SPONGIOSE o TRABECOLARE, all’ interno le varie componenti si organizzano a formare trabecole
ossee, dando origine ad una specie di spugna. I pori delle zone “vuote” sono circoscritti da porzioni di fibre
organizzate in modo tale che le trabecole siano orientate nella direzione di massima sollecitazione dell’osso.
La radice è la zona di rivestimento che vincola l’osso alla superficie mascellare in una specifica
porzione (detta ALLEOLO) per mezzo di un legamento alveolo-dentale.
DOMANDE FREQUENTI:
Legge viscosità (esperimento di Newton e spiegare il concetto di fluido/gradiente)
Perché i materiali polimerici mostrano sempre un comportamento viscoelastico? (???)
Caratteristiche statiche del materiale (test a trazione -> curva sforzo deformazione. Test dinamico-
meccanico per giustificare la risposta elastica e viscosa)
Test di creep
Moduli viscoelastici
Materiali compositi (concetti base, vantaggi nell’ usare fibre + matrice, E1 e E2)
Viscoelasticità lineare e non (relazione, differenze, proprietà tendini e legamenti)
Viscosità (descrizione esperimento di Newton, legge di Newton, flusso di quantità di moto).
Definizione:
Neck, strozzamento, resilienza, tenacità, durezza, deformazione plastica ed elastica, lamina
composita fibrorinforzata unidirezionale, isotropo e anisotropo.