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DSM 10° lezione – seconda parte 10-11-2010

Modello di Jeffcott

Jeffcott considerò un rotore esteso disposto in un punto qualsiasi di un albero, supportato agli
estremi da dei supporti che, lui rappresentò mediante delle molle

Fig 1

Cominciamo a vedere quali sono le ipotesi semplificative in questo schema:


la PRIMA ipotesi semplificativa riguarda, appunto, questi supporti rappresentati mediante due
molle; in sostanza questo cosa significa dire? Significa dire che se andiamo a considerare per ogni
supporto l’andamento della rigidità radiale del supporto, tale andamento è di tipo ellittico

Fig2
E i due valori in rosso, sono appunto le rigidità sull’asse verticale e su quello orizzontale del
supporto, cioè a dire che, per una qualsiasi direzione, la rigidità del supporto sarebbe il segmento
in nero. Che cosa rappresenta un oggetto di questo genere su un sistema reale? La cosa più simile è
un cuscinetto a strisciamento lubrificato con olio di pressione, nel quale naturalmente però,
l’andamento della pressione radiale, dalla quale, naturalmente, dipende la rigidità radiale che
vado a considerare, è lontanissimo da quell’andamento di tipo
ellittico. Infatti, in genere, se io considero un cuscinetto a
strisciamento
Fig 3
con olio interposto fra il perno e la ralla fissa del cuscinetto,
l’andamento è un andamento di tipo a lobi (vedi fig3); l’andamento
della pressione radiale da cui, appunto, dipende la rigidità, cioè la
rigidità del sistema dipende dalla pressione radiale all’interno
dell’olio. Come vediamo, è molto diversa da quella ipotizzata da
Jeffcott. Ha rilevanza, sui risultati, tale fatto? Avrebbe rilevanza sui
risultati di tipo numerico, perché fra l’altro, quell’andamento
dipenderebbe dalla viscosità dell’olio, dalla pressione dell’olio, dalla
temperature, e dalla velocità periferica relativa del perno; è molto
meno rilevante se noi non vogliamo determinare i valori di tale
sistema, ma vogliamo spiegare certi comportamenti. Questi
E.Acampora-S.Afeltra-R.Isernia
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comportamenti sono legati non alla variabilità radiale della rigidità(dipendente dalla pressione),
ma sono dipendenti dal fatto che un supporto abbia rigidità diversa su due assi ortogonali, cioè in
sostanza abbiamo rigidità radiale variabile. Come poi è variabile ha rilevanza sui risultati
numerici, ma non ne ha sui risultati che si ottengono sul comportamento complessivo del nostro
sistema; questo spiega il perché di questa semplificazione, oltre al fatto che se, naturalmente, si
vogliono ottenere dei risultati in forma chiusa non è possibile andare a formulare un espressione
per quell’andamento radiale, tenendo conto anche di tutti i parametri da cui quell’andamento
radiale dipende, cioè come dicevamo, dalla viscosità dalla temperatura dell’elio ecc….
La SECONDA ipotesi semplificativa è che l’albero sia privo di massa, cioè che la massa dell’albero
sia trascurabile rispetto alla massa del disco, in sostanza, che non si considerano i momenti
d’inerzia di massa dei vari pezzi di albero intorno ad un asse della sezione dell’albero. Questa è un
ipotesi molto più accettabile, perché normalmente, se noi, ad esempio, consideriamo un albero di
turbina con dei dischi, la massa dei dischi è sicuramente superiore alla massa dei tratti di albero
che collegano i dischi di almeno un ordine di grandezza. Quindi, tale ipotesi è sicuramente
accettabile.
Quindi se, per studiarlo, consideriamo tale sistema come se fosse fermo, come prima cosa devo
stabilire una terna di riferimento

Fig 4
Questo è un sistema costituito da un corpo rigido: il disco, ovviamente lo si considera
indeformabile, ed è vincolato alla terra con degli elementi elastici che sono le 4 molle e l’elasticità
dell’albero. Per sistemi di questo tipo, indicato con G il baricentro, la terna che si sceglie è una
terna triortogonale con l’asse x verticale, l’asse y orizzontale e l’asse z coincidente con l’asse di
rotazione. Le C.G. che possiamo scegliere, per un sistema di questo tipo, non sono univocamente
definite ma cmq, normalmente si scelgono la x, la y e la z, cioè gli spostamenti del baricentro, e le
tre rotazioni θ, φ , e ψ intorno ai tre assi coordinati. Quindi le 6 C.G. che scegliamo per individuare
la posizione del disco sono i 3 spostamenti e le 3 rotazioni. Le rigidità saranno , , ,e .
Tale sistema, dal punto di vista del modello che esso rappresenta, è, come dicevamo, un corpo
rigido vincolato elasticamente; su questi vincoli elastici c’è da fare una considerazione, e che cioè,
se considero i piani (x,z) e (y,z), con z asse di rotazione, sia la massa (il disco), e sia l’elasticità del
sistema è simmetrica rispetto a tali piani; se faremo in tempo a studiare anche il comportamento
dinamico di un corpo rigido vincolato elasticamente,dallo studio di questo comportamento, dalla
simmetria che abbiamo appena definito, si ricava che il sistema delle 6 equazioni differenziali del
moto, corrispondenti ai 6 g. d. l. che abbiamo definito, in realtà non è un sistema ma si disaccoppia,
cioè avremo un sistema di 2 equazioni che riguardano i moti x e φ, un altro di due equazioni che
riguardano i moti di y e θ, e due equazioni indipendenti che riguardano i moti z e ψ; questo, lo
ripetiamo, lo si può far vedere se si considera la dinamica di un corpo rigido vincolato
elasticamente, andando a considerare i 2 piani, (x,z) e (y,z), come piani di simmetria. In sostanza
da cosa dipende questo disaccoppiamento? Dipende dal fatto che, quando c’è un piano di
simmetria, questo fatto ha dei risvolti sui valori dei coefficienti di rigidità del sistema, e cioè, i
coefficienti di rigidità relativi al piano di simmetria sono disaccoppiati dai coefficienti di rigidità
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nel piano ortogonale al piano di simmetria. Da questa considerazione, che fa sì, che alcuni di questi
coefficienti di rigidità, in virtù della simmetria, siano nulli, alla fine quella che si ottiene è una
matrice a bande, e cioè una matrice di questo tipo
E1

Da questa struttura si vede subito che le prime due semimatrici formano due sistemi di equazione
disaccoppiati e che, a loro volta sono ancora disaccoppiate dalle due equazioni indipendenti viste
nei termini e . Dal punto di vista fisico, il disaccoppiamento delle equazioni relative ai
termini e , fra di loro e fra le altre, dipende dal fatto che se (x,z) e (y,z) sono i piani di
simmetria, l’asse z, comune fra i due, è un asse di simmetria, quindi i moti corrispondenti all’asse
z, che sono z e ψ, ovviamente devo essere indipendenti fra loro e dagli altri, proprio perché z è un
asse di simmetria. Detto ciò, iniziamo da e : se andassimo a scrivere le 2 equazioni del moto
che cosa otterremo? Otterremo per
E2

E analogamente per la rotazione ( ); osserviamo che il sistema, formalmente, è libero di


spostarsi lungo z ed è libero di ruotare intorno a z perché è un sistema rotante, di conseguenza di il
termine in rosso non esiste, e questi due moti, z e ψ, che potremmo andare a configurare
indipendentemente dagli altri, sarebbero due moti rigidi; i quali, ovviamente, per lo studio
flessionale, non interessano. Perché non interessano per lo studio flessionale? Perché non ci sono,
su tale sistema, una volta che lo avremo posto in rotazione, non ci sono azioni forzanti ne dirette
lungo z ne intorno a z, e quindi questi moti in realtà non ci interessano.
Avremo quindi, a sistema fermo, 2 sistemi di 2 equazioni differenziali. Scriviamo per esteso il
primo che sarà
E3

Il secondo
E3a

Questi 4 coefficienti di rigidità che abbiamo scritto si potrebbero anche calcolare, ma naturalmente
non ce ne importa niente, e come si dovrebbero calcolare? Tenendo conto della flessibilità
dell’albero, e tenendo conto dei valori delle rigidità delle molle che sono in serie alla rigidità
dell’albero. Bene, dal sistema (E3), che è un sistema a 2 g. d. l., ovviamente noi la soluzione la
conosciamo già, l’abbiamo già visto come si determinano auto valori e auto vettori per un sistema
a 2 g. d. l.( sul libro troviamo tutto lo svolgimento ma non si porta all’esame). In sostanza,
risolvendo tale sistema, già sappiamo cosa otterremo, perché il sistema è a 2 g. d. l., quindi
otterremo 2 pulsazioni naturali ed in corrispondenza di esse dovremmo ottenere le corrispondenti
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deformate. Le corrispondenti deformate chi sarebbero? Sarebbero, la X e la Φ quel modo naturale


di vibrare, ma sappiamo che queste deformate, sono definite a meno di una costante, quindi non
possiamo determinare X e Φ, ma soltanto il loro rapporto. In conclusione, noi dal sistema (E3),
ricaveremo:
E4

E ricaveremo:
E5

Che significa e ? Allora, vediamo, tradizionalmente, nel campo delle critiche flessionali, le
ω non si indicano più con ω1 e ω2; rappresenta la pulsazione del modo naturale di vibrare, nel
quale la x è prevalente rispetto alla φ, mentre rappresenta la pulsazione del modo naturale di
vibrare nel quale la φ è prevalente rispetto alla x. Quale dei due è più grande? Naturalmente non
lo sappiamo,perché, ovviamente dipende dai valori che andiamo ad inserirci. Quindi, sappiamo
solo, dagli indici, qual’è la deformazione prevalente del modo di vibrare, ma non sappiamo quale
sia la più grande. Però, vale sempre il risultato che abbiamo ottenuto per i sistemi ad n g. d. l., cioè
se le andiamo ad ordinare in ordine crescente la più bassa non ha nodi e la seconda ha un nodo;
quindi, questo vuol dire che se risulta
E6

Ovviamente l’inverso succede se . Andiamo a vedere come si presentano le deformate


considerando l’ipotesi (E6), la prima deformata sarà questa

Fig5
Il rapporto, tra X e Φ, è definito positivo, e tale rapporto è rappresentato dalla distanza in fig5, e
cioè è la distanza del centro di oscillazione dal baricentro del sistema.
La seconda deformata sarà

Fig6

E.Acampora-S.Afeltra-R.Isernia
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La stessa identica cosa succede per il sistema (E3a), permutando, naturalmente, x con y, e φ con θ.
Da questo secondo sistema, esattamente nello stesso modo, noi ricaveremo
E7

Osserviamo che il fenomeno è esattamente lo stesso, ma, naturalmente, ne i valori che compaiono
nelle (E7) sono uguali a quelli che compaiono nelle (E4) ed (E5), ne le deformate che compaiono
nelle (E7) sono uguali a quelle che compaiono nelle (E4) ed (E5); perché nell’altro piano,in realtà, i
coefficienti di rigidità cambiano, e di conseguenza cambiano i valori, sia delle pulsazioni naturali,
sia di quei rapporti che definiscono le deformate.
Allora in totale, ed è questo ciò che ci interessa, è che se noi risolviamo i 2 sistemi indipendenti tra
loro, che rappresentano il comportamento dinamico del nostro sistema fermo, noi ricaviamo 4
pulsazioni naturali, , , , e ; in che ordine stanno tra loro? Naturalmente, non lo
sappiamo, così come non sappiamo se è effettivamente minore di o viceversa, non
sappiamo nemmeno dove si vanno a posizionare i due valori che abbiamo ricavato per l’altro
sistema: possono essere intermedi, tutti al di sopra, tutti al di sotto; non lo sappiamo perchè,
naturalmente, dipenderà dai valori che saranno assegnati al nostro sistema.
Questo è il comportamento dinamico del modello di Jeffcott a sistema fermo, ovviamente potrei
applicare i risultati che abbiamo già ottenuto, calcolare il moto libero di assegnate condizioni
iniziali, il moto forzato (non ci interessa niente); ci interessa solo il tipo di comportamento che
abbiamo appena fatto.
A questo punto imponiamo la rotazione al sistema, cioè applichiamo al sistema una velocità di
rotazione Ω

Fig 7
Che cosa succede? Quando applichiamo tale velocità, dobbiamo ricordare che il nostro rotore
(come qualsiasi rotore) non ha potuto essere bilanciato in maniera perfetta, il che vuol dire che ha
avuto uno sbilanciamento statico e uno dinamico, che come sappiamo si possono rappresentare

E.Acampora-S.Afeltra-R.Isernia
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Fig8
Se C è la traccia dell’asse di rotazione, cioè il centro geometrico del disco, il baricentro G si troverà
ad una certa distanza dall’asse di rotazione; distanza che va sotto il nome di sbilanciamento
residuo, e che si indica con . A seguito di tale sbilanciamento statico residuo nascerà una forza
centrifuga

La quale ruoterà, ovviamente, con la stessa velocità angolare del nostro disco; e naturalmente,
questa forza avrà 2 componenti, sull’asse x e sull’asse y, che saranno quelle in rosso di fig8. Qual è
la conseguenza di questo fatto? È che, se andiamo a considerare le equazioni differenziali del moto
esaminato prima, la 1° delle (E3) la scriverò
E8

E questa è la prima cosa che succede, cioè a dire, nascono delle azioni forzanti che prima non
c’erano. Così come c’è questo vettore rotante dovuto allo sbilanciamento statico, c’è anche lo
sbilanciamento dinamico, e quindi ci sarà un altro vettore rotante, indichiamo in questo modo

Fig9
Sempre ruotante con velocità angolare , e il modulo di questo vettore possiamo porlo nella forma

E.Acampora-S.Afeltra-R.Isernia
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Questo vettore è dovuto allo sbilanciamento dinamico, e cioè al fatto che l’asse centrale d’inerzia
(chiamiamolo z per il nostro rotore) non coincide perfettamente con l’asse geometrico di rotazione
ma è ruotato rispetto a questo di una piccolissima quantità. Sappiamo dalla meccanica che esso si
può rappresentare nel modo di fig9, e cioè è proporzionale a , e ovviamente secondo un
coefficiente A che è proprio lo sbilanciamento dinamico, e quindi anche questo qui avrà due
componenti, una in seno e l’altra in coseno sull’asse x e sull’asse y. Adesso, se consideriamo la 2°
equazione delle (E3) presenta un termine noto che sarà questa componente, quindi si avrà
E9

C’è da dire però un’altra cosa: il sistema, adesso, a causa di queste azioni forzanti, non ruota più
centrato sull’asse ma ruota deformato, perché, evidentemente, quelle azioni forzanti generano una
deformazione. Che vuol dire che generano una deformazione? Che generano una rotazione e
una rotazione , intorno agli assi, e di conseguenza nasceranno 2 componenti di velocità, ,
intorno all’asse delle y, e intorno all’asse delle x. Questo cosa vuol dire? Vuol dire che, adesso
tale rotore è soggetto alla sua velocità angolare, e poi ad una velocità e ad una . Se adesso
andiamo a considerare la velocità angolare e la velocità , intorno all’asse x, sappiamo che nasce
un effetto giroscopico; tale effetto si traduce in una coppia sull’asse ortogonale, che è l’asse delle y,
quindi si traduce in un ‘my’, che va inserito nell’equazione di equilibrio alla rotazione intorno
all’asse y. Quindi nella (E9) dobbiamo inserire l’effetto giroscopico che nasce da , quindi
E10

Allora, fino ad ora abbiamo visto che: a sistema fermo, avevamo un sistema di equazioni
differenziali non completo, omogeneo; adesso il sistema diventa non omogeneo, perché ci sono
delle azioni forzanti, completo, perché c’è una derivata prima ( ), ed inoltre non è più a coefficienti
costanti, perché compare . Quindi il sistema (E3) è di 2 equazioni differenziali, del 2° ordine,
complete, non omogenee, parametriche.
Ci accorgiamo anche, che nella (E10) compare , questo non figura tra le 2 variabili del sistema
(E3), ma figura in (E3a); quindi se vado a scrivere queste altre 2 equazioni
E11

Ci accorgiamo che stavolta non abbiamo più 2 sistemi indipendenti, perché in uno compare e
nell’altro , e quindi siamo passati dai 2 sistemi di equazioni che rappresentavano il sistema fermo
(E3 ed E3a), a un unico sistema di 4 equazioni differenziali, che, ripetiamo, sono del 2° ordine,
complete, non omogenee, parametriche con parametro , non solo, ma le azioni forzanti (riportate
in rosso nelle E9, E10 ed E11), come vediamo, sono tutte armoniche e sincrone fra di loro di
pulsazione .
A questo punto questo è il sistema che rappresenta l’equilibrio dinamico del nostro rotore in
rotazione a velocità angolare . Possiamo definire, immediatamente, che cosa sono le velocità
critiche: sono le velocità di risonanza fra le cause forzanti e le pulsazioni del sistema, cioè le
pulsazioni del sistema omogeneo associato. Allora, se consideriamo il sistema omogeneo associato
avremo 4 equazioni differenziali ecc… ecc… parametriche di parametro che significa questo?
Che le
E12

E.Acampora-S.Afeltra-R.Isernia
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Quindi le pulsazioni saranno funzioni di , cioè il nostro sistema omogeneo associato (a quello che
rappresenta il comportamento del sistema: quello formato dalle 4 equazioni….) deve avere 4
pulsazioni naturali, ma queste, siccome il sistema è parametrico di parametro , cioè guarda caso
proprio la velocità angolare, saranno funzioni di . E quando avrò la risonanza? Cioè, quando avrò
la velocità critica, o le velocità critiche del sistema? Quando la pulsazione delle cause forzanti
uguaglierà uno di questi 4 valori. Le cause forzanti sono armoniche e sincrone, e la loro pulsazione
è proprio pari alla velocità angolare. Questa è la condizione che esprime le velocità critiche del
nostro sistema, Cioè la risonanza tra le azioni forzanti e i moti naturali di vibrare:
E13

La difficoltà, rispetto alle risonanze che noi siamo abituati a trattare nei sistemi a molti gradi di
libertà, consiste nel fatto che qua le non sono costanti, ma sono a loro volta funzioni di , e
quindi le velocità critiche si hanno quando la velocità del sistema (che è la pulsazione, anche, delle
cause forzanti) uguaglia una delle pulsazioni naturali del sistema a quella velocità angolare.
Questa è la logica che si ricava dal modello di Jeffcott, e che evidenzia, come cosa fondamentale, le
velocità critiche come un fenomeno di risonanza, perché, naturalmente osserviamo che, qualunque
sia la j che stiamo considerando, se abbiamo tale fenomeno di risonanza, per esempio ,
tutte e 4 le C.G. hanno un’ampiezza, teoricamente, infinita, e quindi da questo si capisce che
avremo delle forti vibrazioni sul sistema, e che a lungo andare possono portare alla rottura del
sistema. Come è possibile, allora, che i sistemi di oggi, che sono tutti a velocità angolare sempre
molto elevate, lavorano molto spesso all’interno del campo delle velocità critiche? Come mai il
sistema non si rompe? Non si rompe, perché il sistema, non solo è dissipativo, ma poi, l’istaurarsi
di oscillazioni di ampiezza elevata richiede un certo tempo, cioè richiede la persistenza, per un
certo intervallo di tempo, dell’uguaglianza (che mi da la risonanza) tra la velocità e la pulsazione
naturale. Che significa questo? Significa che se noi, per esempio, lavoriamo con un sistema fra la
prima e la seconda critica, il problema è che noi non ci dobbiamo fermare sulla prima critica, ma se
in accelerazione o in decelerazione, ci passiamo molto rapidamente, non ce ne accorgiamo proprio,
perché non c’è il tempo perché si istaurino queste oscillazioni molto pericolose di forte ampiezza.
Però, perché questo sia possibile materialmente, devono succedere due cose: 1° - la velocità di
regime del sistema sia più o meno sempre la stessa, in modo da farla andare a piazzare fra la prima
e la seconda critica, cioè non deve essere fortemente variabile; per esempio, se stessimo
considerando un generatore di corrente alternata, la frequenza di vetta deve essere 50 Hz e di
conseguenza la velocità deve essere sempre quella, rigorosamente, allora in questo caso, già
sappiamo esattamente a quale velocità deve andare costantemente l’impianto, il problema ci darà
solo nell’avvio e nella fermata; però in tutti questi impianti possiamo fare in modo che sia
l’accelerazione sia la decelerazione siano molto veloci.
Per risolvere il sistema, ovviamente, la prima cosa da fare e considerare l’omogeneo associato e
determinare le pulsazioni naturali, cioè in pratica togliamo le 4 azioni forzanti, imponiamo un
certo tipo di soluzione ( e così di seguito), mi riconduco poi ad un sistema di equazioni
algebriche, annullo il determinate dei coefficienti. Tutto questo non lo facciamo, lo troviamo
espressamente sul libro, sono metodi noti, lunghi, molto lunghi, quindi non vale la pena, perché
tanto quello che otteniamo in fine lo sappiamo: quando andiamo a fare il suddetto determinante
dei coefficienti otteniamo una biquadratica in in funzione di . Quindi otteniamo una relazione
che ci lega a . (Questo già ci da un idea della complessità analitica di soluzione di sistemi di
questo genere, infatti ricordiamo che stiamo parlando del modello di Jeffcott più semplice possibile
ad un solo rotore, quindi già ci rendiamo conto che questi tipi di ragionamenti, dal punto di vista
analitico sono molto pesanti.) Alla fine, dicevamo, otteniamo l’equazione (E13), che naturalmente
possiamo andare a diagrammare, cioè possiamo portare su un diagramma, l’andamento delle 4
pulsazioni naturali del nostro sistema in funzione della velocità del sistema .
Tali diagrammi vanno sotto il nome di DIAGRAMMI DI CAMPBELL

E.Acampora-S.Afeltra-R.Isernia
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Fig10
Da questo studio analitico, che abbiamo evitato, si ricava che tali curve hanno degli asintoti, ed in
particolare hanno 4 asintoti, un asintoto è l’asse delle ascisse poi ce n’è un altro che ha equazione
, poi un altro ancora con equazione , ed infine un altro ancora con
equazione . Risparmiamo il calcolo di come si ricavano i 4 asintoti, in quanto basta far
tendere all’infinito. Del nostro diagramma, in realtà, 4 punti già li conosciamo, perché quando
è uguale a zero, e cioè quando il sistema è fermo, abbiamo già ricavato le pulsazioni naturali che
saranno rappresentate dai punti in nero marcati sull’asse delle ordinate. In che ordine stanno i 4
valori ricavati a sistema fermo? Non lo sappiamo, perché, naturalmente, l’abbiamo detto prima,
che quei valori , , ecc…, che abbiamo determinato stanno fra loro in una posizione che noi
non conosciamo perché dipende dai valori che noi assegniamo alle rigidità e alla flessibilità
dell’albero. Mettiamoli in un ordine qualsiasi che non è detto che sia corretto per il motivo appena
detto. Le curve si presentano come in fig10 e ricordiamoci che rappresentano l’andamento delle 4
pulsazioni naturali del nostro sistema in funzione della velocità angolare.
1° osservazione ( che viene fuori ovviamente dal calcolo): le curve sono simmetriche rispetto all’asse
delle ordinate, cioè a dire, un certo valore in corrispondenza di è lo stesso per , e questo è un
fatto ovvio, perché è chiaro che il sistema o lo facciamo ruotare in un verso, o lo facciamo ruotare
nel verso opposto, ad una certa velocità angolare ha sempre la stessa pulsazione naturale.
2° osservazione : c’è un'altra simmetria, che volutamente non abbiamo disegnato, perchè è molto
meno evidente dal punto di vista fisico, e cioè queste 4 curve con i rispettivi asintoti sono anche
simmetriche rispetto all’asse delle ascisse, se però sull’asse delle ascisse noi non indichiamo – ,
ma indichiamo invece .
Iniziamo a capire una cosa, che tipo di moto avremo lungo queste curve? Allora, prendiamo ad
esempio la prima, cioè quella che passa per il punto , allora noi sappiamo che, in
corrispondenza di velocità nulla, avremo un moto con una prevalenza della ; che succede se
diamo velocità ….54.22…. ? succede che non abbiamo più solo , perché adesso lungo la curva,
per , i 4 moti sono accoppiati tra loro, ma quello che si può dedurre è che, se era la
deformazione prevalente (in corrispondenza di velocità nulla), si mantiene deformazione
prevalente lungo tutta la curva, cioè a dire, in un punto qualsiasi di questa curva avremo, per quel
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corrispondente moto naturale, una certa deformata in cui avrò valori diversi da zero per tutte e 4 le
coordinate, ma di questi valori quello prevalente è sempre la ; lo stesso naturalmente succede per
le altre curve.
Adesso iniziamo a vedere una prima utilizzazione possibile, immaginiamo di avere il sistema che
sta ruotando ad una certa velocità angolare (in rosso in fig10), a questa velocità angolare avremo
4 valori, segnati in rosso in fig10, delle pulsazioni naturali. Cosa può succedere? Può succedere che
il nostro sistema, che sta ruotando, sta poggiato su un basamento, che tale basamento vibra, e che
vibra ad uno di questi 4 valori, allora succede che il sistema va in risonanza, perché, queste
vibrazioni esterne vengono trasmesse dal basamento ai supporti, dai supporti alla macchina e
quindi al rotore; e quindi viene eccitato a vibrare da una causa forzante che ha una pulsazione pari
a una sua propria pulsazione naturale, e quindi va in risonanza, quindi il rotore comincia ad
oscillare con ampiezza elevata. Però notiamo che il rotore sta ruotando a velocità angolare , se la
risonanza la ho, per esempio, con il modo rappresentato dall’ultima curva, la pulsazione forzante
(presa ovviamente sull’asse delle ordinate [vedi fig10]) è diversa da ; questo a che mi serve? Mi
serve proprio per dire che il sistema sta in risonanza, vibra fortemente, vibra pericolosamente, ma
non si tratta di una velocità critica, perché nella velocità critica la pulsazione della causa forzante è
, e quindi il moto forzato che io rilevo ha pulsazione pari alla velocità angolare, invece nel nostro
esempio la pulsazione del moto forzato è diversa dalla velocità angolare.
Adesso vediamo come si determinano le critiche, abbiamo la (E13), e quindi non dobbiamo far
altro che tracciare la retta a 45°(in blu in fig10), e andare a vedere quali sono i punti d’intersezione
con le 4 curve, in questi punti avremo le velocità critiche del sistemi. Ci accorgiamo che, nel nostro
caso, le velocità critiche (i puntini blu in fig10) sono solo 3 a differenza dei modi di vibrare che
sono 4. Perché? Perché l’asintoto dell’ultima curva ( ) si trova al di sopra della retta
, cioè ha un angolo maggiore di 45°, cioè
E14

Cioè sto considerando un disco sottile, per il quale il suo momento d’inerzia di massa rispetto
all’asse di rotazione è più grande rispetto al momento d’inerzia di massa diametrale; se il rotore
fosse un cilindro allungato, per esempio, succederebbe l’inverso, ed allora la retta (
avrebbe un coefficiente angolare minore di 1, un inclinazione minore di 45°, si sposterebbe al di
sotto della retta ( ) e avremo un ulteriore intersezione, quindi un ulteriore velocità critica.
In conclusione: se il rotore è un disco sottile, è vero che ha 4 modi naturali di vibrare, ma ha solo 3
velocità critiche; se il rotore è allungato avrà 4 velocità critiche. Come si può estrapolare questo
discorso ad un sistema ad n dischi? Allora se un disco ha 3 o 4 critiche, un sistema ad n dischi avrà
un numero di critiche da un minimo di 3n ad un massimo di 4n; il minimo di 3n l’avremo se tutti
gli n dischi sono sottili; il massimo di 4n l’avremo se tutti i rotori sono allungati. Se avremo,
entrambi, rotori sottili e rotori allungati, oppure rotori sottili molto vicini tra loro, che nel loro
complesso è come se facessero un rotore allungato, allora il numero di velocità critiche sarà
compreso tra 3n e 4n.

E.Acampora-S.Afeltra-R.Isernia

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