Meccanica
Pier Francesco liia^i, Luciano Feroci
u n i GENERALITÀ
Premesso che un corpo si muove rispetto ad un altro se col passare del
tempo la posizione del primo cambia rispetto a quella del secondo denomi
nato “osservatore”, valgono le considerazioni esposte nei tre paragrafi seguenti.
r : c
Ty-------T7
^ a) b) TJ-------T^7
Fig. 2.1. Nel caso a) l'edicola appare ferma rispetto all'osservatore e il treno in movimento; nel
caso b) l'edicola e tutta la stazione appaiono in moto rispetto all'osservatore che è sul treno,
mentre il treno sembra fermo.
62 C apitoix ) 2 - M hccanica
ferma, perché non si sposta rispetto a noi, mentre si sposta il treno avvicinandosi.
Saliamo sul treno e partiamo: tutto ciò che è sul treno non si sposta più ri
spetto a noi e ci appare fermo, mentre l'edicola si allontana da noi e ci appare in
moto (Fig. 2 .Ih). In questo esempio, implicitamente, noi siamo Posservatore.
CINEMATICA
La Cinematica è quella parte della Meccanica che studia le caratteristiche di
un moto a prescindere dalle cause.
2.2.1 Generalità
In una traslazione la linea lungo cui il corpo si muove si chiama traiettoria
del moto. Considereremo dapprima il caso in una dimensione, cioè le traslazioni
su traiettoria rettilinea chiamate semplicemente moto rettilineo. Per quanto con
cerne le rotazioni, es.se possono esplicarsi intorno ad un asse o intorno ad un
punto, che possono essere fissi o mobili. In questo libro ci limiteremo a consi
derare solo le rotazioni intorno ad un asse.
Considereremo dapprima il ca.so di rotazione intorno ad un asse fisso.
Grandezze caratteristiche
La prima grandezza da introdurre in cinematica è il tempo t. Il tempo è una
grandezza scalare fondamentale definita di per .se stes.sa. La sua unità di misura
è il secondo (.y).
Le altre grandezze cinematiche dipendono dal tipo di moto e sono introdotte
nei punti seguenti.
a) M oto re ttilin e o
Innanzitutto bisogna orientare la retta su cui il punto materiale si muove e fis
sare su di essa un punto O denominato origine. Si definiscono allora le seguenti
grandezze scalari (la loro caratteristica vettoriale verrà trattata successivamente):
- X posizione del punto materiale. La posizione è la distanza del punto mate
riale da O, presa col segno ( + ) oppure ( —) secondo che il punto si trovi dalla
CiNHMATICA 65
parte positiva o negativa della retta orientata. La sua unità di misura è il metro
(m). Se si conosce la posizione in modo continuo al passare del tempo si ri
cava la del moto, data dalla l'unzione x{t) detta anche legge oraria;
- V velocità del punto materiale. Definendo spostamento la distanza (ha le di
mensioni di una lunghezza L) fra due posizioni occupate dal punto materiale,
la velocità è il rapporto fra lo spostamento infinitesimo del punto e il tempo
infinitesimo necessario per percorrerlo ovvero è la derivata dello spostamento
rispetto al tempo. Si ha quindi:
_
^~ ~ It
La sua unità di misura è il metro al secondo (m/s) e le sue dimensioni sono:
k l = |L T - '|.
Si introduce poi la velocità media del punto materiale come il rapporto fra
uno spostamento finito del punto da jr, a ^2 e il tempo necessario per percorrerlo.
È:
■<i - Xj
=
h - t,
- a accelerazione del punto materiale. L ’accelerazione è il rapporto fra la va
riazione infinitesima di velocità e il tempo infinitesimo in cui detta variazione
si verifica ovvero è la derivata della velocità rispetto al tempo. E:
dv
“ ~~dt
e la sua unità è il metro al secondo quadro (|m/s|/s = m/s^). Le sue dimensioni
sono: 1«| = |LT“ ^|.
Si introduce poi la accelerazione media del punto materiale come il rap
porto fra la variazione finita di velocità e il tempo in cui detta variazione av
viene. Si ha: 1/2 - V,
ci.„ =
h - h
h) M oto ro ta to rio in to rn o ad un asse fi.sso
Innanzitutto bisogna definire il verso di rotazione e fissare un raggio come
origine per la misura degli angoli (Fig. 2.3).
Si definiscono allora le .seguenti grandezze:
- 0 angolo di rotazione del corpo. È l ’angolo che un generico raggio fa con il
raggio origine (Fig. 2.3). La sua unità di misura è il radiante (rad) (quantità
adimensionale). Se si conosce l’angolo di rotazione in modo continuo al pas
sare del tempo si ricava la legge del moto, data dalla funzione 0(/).
- (j) velocità angolare del corpo. La velocità angolare è il rapporto fra l ’angolo
infinitesimo spazzato dal corpo e il tempo infinitesimo necessario per spaz
zarlo ovvero è la derivata dell’angolo di rotazione rispetto al tempo. Si ha:
di)
) =
0 —
dt
66 C aimtoi.o 2 - M eccanica
M oto uniforme
dx = vdt = V \ dt => X ^ = v {t — 0)
dv
E infatti a = — dv = c u lt da cui, utilizzando gli integrali e le regole
dt
di integrazione, si ha:
V
adì = a dt V — V,) = a ( / — 0)
d.x
E infatti ^ ~ ^ integrando:
X t t t t
I
= a I td t + \/q \ d t => X — x^) = — a (/^ — 0) + i/o(/ — 0)
Fig. 2.4. Il corpo oscilla fra e P con legge del moto sinusoidale. È un moto armonico sem
plice.
C inematica ■ 69
2 tt
1 altra del punto centrale. La pulsazione (misurata in rad/s) è definita come —
dove 7 è il periodo, cioè il tempo necessario affinché il corpo compia una oscil
lazione completa. La fase iniziale è rargomento del seno al tempo zero.
Immaginiamo una persona su una altalena che va a regime costante e conside
riamo la proiezione del centro di massa del sistema (altalena + persona) sul ter
reno; questa proiezione si muove di moto armonico semplice.
Dalla legge del moto è possibile ricavare la velocità vdel moto. Assumendo
per semplicità = 0, dalle regole della derivazione si ha:
dx d {X sin o>/)
V = — = ---------------= U)X cos 0)t = V cos col
dt dt
dove V indica il valore massimo della velocità. Da qui, utilizzando ancora le re
gole suddette si ricava l’accelerazione:
dv d {(t)X cos col)
= — (o^X sin (ot = — A sin a>t
" dt dt
x = -fX v= 0 a - -A
0 x= 0 ±V a= 0
P x= -X v= 0 a = 4-A
L’indicazione sarà una freccia che congiungc Berna e Madrid ed indica lo spo
stamento che dovrà essere effettuato. Lo spostamento è quindi un vettore. Si
dovrà poi decidere quali strade percorrere e, in funzione della scelta, i chilo
metri percorsi potranno essere molto diversi; ora si deve parlare di cammino per
corso (.sono ancora chilometri) ma esso non è un vettore. Si potrà tlecidere di
passare per Parigi prima di andare a Madrid; in questo caso avremo due spo
stamenti Herna-Parigi e Parigi-Madrid, come indicato nella figura 2.6. La somma
(vettoriale) dei due spostamenti darà lo spostamento Berna-Madrid. In generale
si ha che il vettore ? ha la direzione della congiungente due punti della traiet
toria con verso concorde a quello del moto del corpo.
_ ds
Il vettore velocità ~ punto la direzione della tangente alla
traiettoria e il verso in cui si muove il corpo. E questo è evidente visto che così
è fatto il vettore </?.
11 vettore accelerazione cI invece, ha in genere una direzione che si discosta
-> d v .
più o meno da quella della traiettoria. Infatti l’accelerazione a = — indica una
dt
variazione della velocità e questa variazione può essere nulla in modulo o in di
rezione o in entrambe. Così, se un corpo si muove su traiettoria curva, dato che
varia la direzione del vettore velocità, è presente sicuramente una accelerazione
anche se il valore numerico (modulo) della velocità rimane costante.
Il vettore accelerazione viene scomposto (Fig. 2.7) in due vettori componenti,
l’uno tangente alla traiettoria chiamato accelerazione tangenziale 7i, e l’altro
perpendicolare alla traiettoria chiamato accelerazione normale o centripeta
La somma vettoriale dei due componenti è rappresentata dall’accelerazione </;
2 tt
dove r è il raggio della circonferenza e a» è la pulsazione pari a — con T pe
riodo (lempt) necessario per compiere un giro completo). In pratica si tratta di
due moti armonici semplici sfasali di —. Si può anche utilizzare rangolo 0
spazzato dal raggio r durante il moto di P. Si tratta di un moto rotatorio uniforme
e quindi, per definizione di velocità angolare, è: tì = a»/ (l’angolo di rotazione
iniziale è assunto per semplicità pari a zero). In questo modo la pulsazione in
trodotta a proposito del moto armonico semplice si identifica con il modulo della
velocità angolare dei moti rotatori.
Dalle espressioni di x ed y si possono ricavare la velocità ve l’accelerazione
a del moto. Per la velocità in modulo, utilizzando le regole della derivazione e
ricordando che sin^ a + cos^ a = I , si ha:
(Lx /
V, = — = — wr sm a»/ e v.. = cor cos c o t = > v = v 'v -f Vy = t u r
di
Con la stessa logica l’accelerazione in modulo è:
dv, _ 2 dVy
— co r cos cot e y = ---^ =
= — t u ' r s in tu /
dt dt
a = \ / a \ + a\ = ùfir
Tenendo conto che siamo nel caso in cui a = t/^., dalle relazioni precedenti
si ottiene:
„2
V2 = ù)2 r 2 CL. = a =
im DINAMICA
La Dinamica è quella parte della Meccanica che studia e definisce le cause
del moto e della quiete. La trattazione della dinamica implica l’inlroduzionc di
ulteriori grandezze caratteristiche per le traslazioni e per le rotazioni. Come detto
considereremo .solamente le rotazioni intorno ad un asse (is.so che chiameremo
semplicemente rotazioni.
Si è così localizzato il centro di massa nel caso unidimensionale. Per una di
stribuzione di masse nel piano (caso bidimensionale) il centro di massa è indi
viduato dalle due coordinate espresse, per n corpi, dalle relazioni:
n n
E E yi
1= 1 i= I
>CM - „
E>».
/= 1 i= I
^ \ m M 1 (
m
0 == ^ = o
4 O
b)
a)
Fig. 2.9. a) Se le due masse del manubrio sono uguali, il centro di massa CM è equidistante
dalle due masse; impugnando l'attrezzo in C e sollevandolo, si ha una pura traslazione come
se tutta la massa del sistema fosse concentrata in C. b) Le due masse sono diverse, il centro di
massa CM è spostato verso la massa maggiore ed è qui che va impugnato l'attrezzo per otte
nere una traslazione pura.
D inamica 75
Fig. 2.10. Individuazione del CM. a) Per un sistema di due masse (sistema lineare) il CM ap
partiene alla congiungente le due masse, b) Per un sistema di tre masse (sistema bidimensio
nale) il CM appartiene al piano sul quale giacciono le tre masse.
Forze
La seconda grandezza fondamentale nelle traslazioni è la forza / .
La forza è una grandezza vettoriale derivata che può essere di vari tipi come
sarà illustrato nel seguito.
È importante comunque capirne subito la sua essenza di vettore. Come
e.sempio consideriamo la forza muscolare esercitata dalle braccia di un pugile.
Ogni volta che il pugile fa partire un pugno applica questa forza; e in termini
di effetti prodotti, l’applicazione è diversa non solo per rintcnsità del pugno ma
anche a seconda della direzione con cui esso viene portato, tanto è che si usano
nomi diversi quali diretto, gancio, montante etc.
Così la forza in questione si configura, chiaramente, come una grandezza vet
toriale. Non appena ci si riferisca al 2° principio della meccanica (F = tn a)
(§ 2.3.2) risulta chiaro che la unità di misura, nel S.I., della forza è il newton
(N); si ha che IN =1 kg m/s^. Le dimensioni sono: |f| = |MLT“ 2).
Se su un corpo .sono applicate più forze, ha importanza considerare la loro addi-
76 C apitolo 2 - M eccanica
F = ± j:
i =l
Quantità di moto
/ = dtnr
M
dove dm è un elemento infinitesimo di M e r la re
lativa distanza dall’asse. L’unità di misura del mo
mento di inerzia è il chilogrammo per metro quadro
Fig. 2.11. Corpo cilindrico
ruotante intorno al suo asse.
(kgm^) e ha le dimensioni: 111 = [ML^l. Il mo
Am, è un generico elemento mento d’inerzia è sempre positivo; il suo calcolo
della massa M del corpo e r,- dipende dalla forma del corpo e dalla sua omoge
è la sua distanza dall'asse. neità e può essere più o meno complicato.
D inamica ■ 77
Di seguito sono riportati alcuni risultati del calcolo del momento di inerzia
M om enti di forze
Nelle rotazioni hanno importanza non tanto le forze in genere, ma le forze
dotate di un momento di forza. Consideriamo una generica forza / applicata
intuii punto dello spazio P ed una retta (asse) z. Si definisce momento della forza
/ rispetto a z, il vettore t dato dal sef>uente prodotto vettoriale:
T = rX f
dove r è la distanza di P dall’asse, con verso uscente dall’asse. La distanza
della retta d ’azione di / da O (segmento perpendicolare da O alla retta d’a
zione) prende il nome di braccio.
Il momento di una forza è una grandezza derivata. La sua unità di misura è
il newton per metro (Nm) e le dimensioni | t | = |ML^T“ ^].
Nelle rotazioni z rappre.senta l’asse di rotazione del corpo e è un suo ge
nerico punto. La situazione che considereremo sempre, anche se non espressa-
mente menzionata, è quella in cui / giace in un piano perpendicolare all’asse;
in questo caso la direzione di r è quella dell’asse di rotazione. Se su un corpo
sono applicati più momenti di forza, ha importanza considerarne la somma vet
toriale, il cui risultato viene anche chiamato momento di forza risultante T .
Si ha quindi: ,,
T=
i=l
dove tJ è il generico momento di forza e n sono i momenti di forza applicati.
1Un corpo permane nel suo stato di quiete o di moto rettilineo uniforme se la
forza risultante ad esso applicata è nulla.
oppure
Se la forza risultante applicata ad un corpo è nulla la sua quantità di moto
oppure
Il momento di forzo risultante applicato ad un corpo produce una variazione
del suo momento angolare secondo la relazione:
^ di
dt
principio (principio di azione e reazione)
Ad ogni momento di forza esercitato dall’esterno su un corpo ne corrisponde
uno uguale e contrario esercitato dal corpo sull 'esterno.
Fig. 2.13. Quando la pattinatrice, per azione di forze interne (forze muscolari) richiama al
petto gli arti superiori, avvicinandoli quindi all'asse di rotazione, il momento d'inerzia dimi
nuisce e, conseguentemente, la velocità angolare aumenta.
2.3.3 Forze
Le forze si dividono in: reali ed apparenti. Sono reali tutte le forze che esi
stono e sono giustificate nei sistemi di riferimento inerziali; sono invece appa
renti ciuelle forze che hanno ragion d*essere solo nei sistemi di riferimento non
inerziali.
La definizione di sistema di riferimento inerziale è già stata intrcxlotta. In questa
sede (sulla base dei principi della meccanica) possiamo estenderla tenendo conto
del moto rettilineo uniforme. Avremo quindi: un si.stema di riferimento è inerziale
quando la sua origine o coincide con un punto fisso dello spazio o è in moto ret
tilineo uniforme rispetto a un tale punto. Ogni sistema di riferimento solidale con
un punto della terra è, sulla base della definizione precedente, non inerziale; ma è
evidente che per osservazioni di breve durata e su piccola scala i moti della terra
possono essere trascurati e i sistemi di riferimento in essa sono inerziali.
E bene infine precisare che la dizione di inerziale e non inerziale si applica
anche a corpi estesi, usando la terminologia di sistemi inerziali e non inerziali.
Così, ad esempio, una auto in moto rettilineo uniforme è un sistema inerziale;
la stessa auto in una traiettoria curva o durante una fase di accelerazione o de
celerazione è un sistema non inerziale.
82 C a pito i .o 2 - M eccanica
Forze reali
Le forze reali si dividono in:
a) attive
b) passive.
a) F o rze reali a ttiv e
Sono attive tutte quelle forze reali che esistono indipendentemente e defini
scono, favoriscono, facilitano il moto di un corpo. Le principali forze attive
sono: forza peso, forza elastica, forza motrice e forza centripeta.
La forza peso f^ è quella che agisce su ogni corpo immerso nel campo gravi
tazionale terrestre g in con.seguenza della sua ma.ssa m.
Si ha:
fp = mg
U
-f X
b)
Fig. 2.14a-d. a) Rappresentazione di un piano inclinato. La forza peso /p è scomposta nei due
vettori componenti p (peso parallelo) e p (peso perpendicolare).
b) Forza elastica prodotta in una molla a spirale dalla deformazione V .
c) Piano 7T in orizzontale N = p = mg.
d) Piano ir inclinato: A/ = p = mg cos 0.
fctp =
con direzione perpendicolare alla velocità v e orientata verso il centro della cir
conferenza di raggio r, che rappresenta la curvatura della traiettoria nel punto
consideralo. Cìeneralmente, nessuna forza nasce come centripeta; in pratica sono
centripete forze reali che si vengono a trovare in condizione di agire come cen
tripete. liasti pensare ad un satellite artiticiale che ruota intorno alla Terra. Con
buona approssimazione possiamo dire che il satellite descrive una traiettoria cir
colare in ogni punto della quale esiste solo una accelerazione centripeta, cioè
che è in moto circolare uniforme. L’accelerazione centripeta è prodotta da una
forza centripeta che altro non è che la forza peso agente sul satellite. Le ma
84 C apitolo 2 - M eccanica
novre effettuate dopo il lancio hanno messo questa forza reale attiva in condi
zione di agire come centripeta. Se, per un qualunque motivo, il satellite fosse
fermato e poi lasciato, questa condizione svanirebbe e il satellite cadrebbe sulla
Terra sotto l’azione della forza peso. Vedremo fra breve quale forza agisce come
centripeta quando si fa una curva con una automobile.
b) Forze reali passive
Sono passive cjuelle forze reali che si sviluppano solo se ci sono forze at
tive che agiscono e sono forze che ostacolano o limitano il moto eli un corpo.
Le principali forze passive sono le reazioni vincolari e gli attriti.
Le reazioni vincolari N sono cjuelle forze passive che insorgono dove esi
stono i vincoli. Per vincolo si intende ogni apparato che limita la libertà di mo
vimento di un corpo. Sono così vincoli: il piano (porzione di piano) orizzontale,
il piano (porzione di piano) inclinato, i tubi cavi etc. Il modulo della reazione
vincolare di un vincolo può variare fino ad un valore massimo che rappresenta
la rottura del vincolo. Le reazioni vincolari insorgono generalmente quando c’è
la forza peso in azione.
Per un piano orizzontale è in modulo (Fig. 2.14c):
N = mg
mentre per un piano inclinato di un angolo H suH’orizzontale, è in modulo
(Fig. 2.14d):
N = mg cos 0
dove la direzione è perpendicolare al piano orizzontale o inclinato e orientata
verso il corpo. Per capire l’importanza delle reazioni vincolari, basta la seguente
osservazione: ognuno di noi sta in equilibrio in piedi su un pavimento perché
c’è la reazione vincolare del pavimento (piano orizzontale). Questa ultima in
fatti, si contrappone alla forza peso agente sul nostro corpo, facendo sì che la
forza risultante sia nulla e, per il 1° principio della meccanica, si hanno le con
dizioni di quiete.
Gli attriti sono ciucile forze passive che ostacolano un corpo in movimento.
Esistono due tipi di attrito: Vattrito di .scivolamento e Vattrito del mezzo.
{'attrito di scivolamento insorge quando un corpo tende a scivolare o sci
vola su un vincolo rappre.sentato da un piano orizzontale o inclinato. In questa
situazione il piano si dice scabro. Invece, nel caso (ideale) in cui l’attrito di sci
volamento è assente il piano si dice liscio. In condizione di quiete si definisce
l’attrito di scivolamento statico / , ; in condizioni di moto l’attrito di scivola
mento dinamico f^ . In entrambi i casi la direzione dell’attrito è parallela al piano
e il verso è contrario al moto possibile o esistente. In modulo si ha:
fs ^ M-.V N fd = \Xj N
e dipendono dalle condizioni del contatto. Preparare gli sci di uno sciatore per
una gara di discesa implica lavorare su \x^j cercando di ridurlo il più possibile.
La relazione di minore-uguale per l’attrito .statico indica che c ’è una resistenza
allo scivolamento che esiste fino ad un certo limite; poi inizia il movimento. A
questo punto possiamo precisare l’argomento considerando un’automobile in
curva. Girando lo sterzi) il guidatore porta le ruote (anteriori) in condizioni tali
che l’auto può deflettere da una traiettoria rettilinea e seguirne una curva, se in
terviene una centripeta. Questo in effetti accade perché è l’attrito statico che
svolge questo compito. Tale attrito ha però un limite superiore che non deve es-
V \r ir
.sere superato, altrimenti l auto sbanda. E: ni — = \i,N ovvero — = nel
caso di strada orizzontale. ' ^
E noto che per non sbandare in curva, questa non deve essere affrontata ad alta
velocità e non deve essere troppo brusca. l.a relazione precedente rivela che dette
regole pratiche sono legate al limite superiore di esistenza dell’attrito statico.
l'attrito del mezzo f„ è la resistenza che un mezzo oppone ad un corpo in
esso in moto. In prima approssimazione e per velocità V non troppo elevate, si
ha:
L = -
dove il .segno meno indica che il verso di /„, è opposto a quello di v. k (espresso
in kg/s) è un coefficiente che dipende dal mezzo e dalla forma del corpo in mo
vimento. L’aerodinamica delle auto, soprattutto quelle sportive, è progettata e rea
lizzata al fine di ridurre il valore di questo coefficiente.
Forze apparenti
Come detto, le forze apparenti hanno ragion d’essere solo nei sistemi di ri
ferimento o corpi estesi non inerziali. Le principali forze apparenti sono: Inforza
di accelerazione-decelerazione e In forza centrifuf>a.
La forza di accelerazione-decelerazione f , j è cpiella forza che insorge nei
sistemi o corpi che sono non inerziali per ejfetto di una accelerazione tangen
ziale. Questa forza apparente ha la direzione dell’accelerazione (tangenziale) del
sistema e verso opposto. Essa è ben nota agli automobilisti; è questa infatti la
forza che schiaccia gli occupanti di una auto verso il sedile quando si accelera
o che li porta in avanti (il guidatore verso il volante) quando si decelera (frena).
Le cinture di sicurezza servono a limitare i danni di questa forza.
La forza centrifuga f^^ è cpiella forza che insorge nei sistemi o corpi che
.sono non inerziali per ejfetto di una accelerazione centripeta.
Questa forza apparente ha modulo espresso da:
fetf = >f>
86 C apitolo 2 - M eccanica
che è uguale a quello della forza centripeta agente sul sistema o corpo, ha la di
rezione di r e verso di allontanamento dal centro di rotazione del sistema ov
vero opposto a quello della forza centripeta agente. Questa è la forza che spinge
gli occupanti di una auto verso destra quando l’auto sterza verso sinistra e vi
ceversa. Ancora una volta le cinture di sicurezza servono a limitarne i danni.
Questa è anche la forza che spinge verso Testerno qualunque corpo apparte
nente ad un generico sistema in rotazione intorno ad un asse o su di esso ap
poggiato. Inasta pensare a come si alzano e tendono verso fuori i seggiolini di
una giostra a sedili quando è in funzione o a come sono spinti verso la parete
del cestello i panni in una lavatrice.
L = \f-ds
ovvero: il lavoro L compiuto da una forza in uno spostamento fra un punto ini
ziale ad uno finale è uguale aWintegrale fra questi due punti del prodotto sca
lare fra lo spostamento infinitesimo e la forza in esso agente.
Consideriamo il caso semplice in cui la forza / è costante. Se per effetto di
questa forza il corpo subisce lo spostamento ,^2 — , con uguali direzione e verso
della forza (Fig. 2.I7), Tespressione del lavoro si riduce a:
L = f{X2 - .V| )
Si può rappresentare graficamente questo lavoro nel piano F, a e numerica-
mente esso è dato dalParea tratteggiata in figura 2.18.
Infatti, dato che la forza è costante, essa risulta rappresentata nel grafico da
una retta parallela all’asse delle a . Questa interpretazione geometrica del lavoro
si estende al caso generale, nel senso che: il lavoro è rappresentato dall*area
sottesa dalla curva d*integrazione fra il punto iniziale e quello finale dello spo
stamento di un corpo.
Un’altra osservazione è che l’integrando che definisce il lavoro, trattandosi di
un prodotto scalare, si annulla se il coseno dell’angolo compreso è 0, cioè se
forza e spostamento sono perpendicolari. Questo è il caso della forza centripeta;
D inamica ■ 89
si può quindi afTerniare che: la forza centripeta applicata ad un corpo non compie
lavoro.
Quanto linora detto vale per le traslazioni. Ma è molto facile estendere la de
finizione di lavoro alle rotazioni.
Per analogia si ha infatti:
fìn
L = ^ T, AO, => L = ì rdi)
i =l J
ovvero: il lavoro compiuto dal momento di una forza in una rotazione da un an-
go!o iniziale ad uno Jinale è uguale alTintegrale fra c/uesti due angoli del pro
dotto fra rangola infinitesimo spazzato nella rotazione e il momento di forza in
esso agente.
Nel caso semplice in cui il momento di forza è costante durante la rotazione
si ha:L = t (O2 “ Bj), dove (B2 — B,) è l’angolo di rotazione dal valore ini
ziale a quello tìnale. L’interpretazione geometrica del lavoro come area sottesa
dalla curva di integrazione è valida anche in questo caso.
Alcuni casi semplici di calcolo del lavoro per le traslazioni sono riportati di
seguito.
90 ■ C apitoi .o 2 - M eccanica
a=0 L = f d
ir
ir *2
a -2 /. = 0
lavoro nullo
2 <a<ir a >: r
Fig. 2.19. Cinque casi possibili per il lavoro di una forza costante.