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Capitolo 2

Meccanica
Pier Francesco liia^i, Luciano Feroci

La meccanica studia il moto dei corpi e le cause che lo determinano. Si di­


vide in: Cinematica che è lo .studio delle caratteristiche generali del moto e delle
grandezze tìsiche relative e Dinamica che è lo studio delle cause del moto e
della quiete. La parte delle dinamica riferita alla quiete prende il nome di Statica.
Si può anche dire che la cinematica è lo studio del moto di un corpo senza con­
siderare le interazioni con altri corpi, mentre la dinamica è lo studio delle con­
seguenze sul moto di un corpo delle interazioni con altri corpi.

u n i GENERALITÀ
Premesso che un corpo si muove rispetto ad un altro se col passare del
tempo la posizione del primo cambia rispetto a quella del secondo denomi­
nato “osservatore”, valgono le considerazioni esposte nei tre paragrafi seguenti.

2.1.1 Relatività del moto


Il moto è relativo. Chiariamo il concetto con un esempio. Siamo in una sta­
zione ferroviaria ad attendere il treno, l’edicola dei giornali accanto ci appare
femia, mentre il treno in arrivo ci appare in moto (Fig. 2.la). L’edicola appare

r : c

Ty-------T7
^ a) b) TJ-------T^7
Fig. 2.1. Nel caso a) l'edicola appare ferma rispetto all'osservatore e il treno in movimento; nel
caso b) l'edicola e tutta la stazione appaiono in moto rispetto all'osservatore che è sul treno,
mentre il treno sembra fermo.
62 C apitoix ) 2 - M hccanica

ferma, perché non si sposta rispetto a noi, mentre si sposta il treno avvicinandosi.
Saliamo sul treno e partiamo: tutto ciò che è sul treno non si sposta più ri­
spetto a noi e ci appare fermo, mentre l'edicola si allontana da noi e ci appare in
moto (Fig. 2 .Ih). In questo esempio, implicitamente, noi siamo Posservatore.

2.1.2 Posizione di un corpo


NelPesempio precedente, la posizione del treno rispetto all'osservatore è im­
plicitamente definita dalla distanza tra i due. Se varia la distanza, allora c'è movi­
mento. Però, se immaginiamo di essere in un planetario, le immagini delle stelle
che si susseguono sulla volta semisferica sono tutte alla stessa distanza da noi, ma
non si può dire che siano tutte nella stessa posizione. Qualcuna è più in alto o più
in basso, oppure più a destra o più a sinistra. In conclusione, non è sufficiente iden­
tificare la posizione con la distanza. La nozione di posizione deve specificare anche
la direzione lungo cui si trova l'oggetto osservato rispetto all'osservatore e quindi
la posizione di un oggetto rispetto ad un osservatore è un vettore. Definiamo quindi
come posizione il vettore 7 avente origine nel punto O in cui si trova l'osservatore
ed estremo nel punto P in cui si trova l'oggetto osservato. L'oggetto è in moto se
cambia nel tempo almeno una delle tre caratteristiche del vettore r: modulo, di­
rezione o verso. In termini concreti occorre introdurre la nozione di sistema di
riferimento dell'osservatore. Questo è rappresentato da 3 rette orientate (assi del
riferimento), mutuamente ortogonali e passanti per un punto comune O denomi­
nato origine del riferimento, che possiamo idealmente posizionare nel punto in
cui è materialmente collocato l'osservatore che studia il moto (Fig. 2.2.a). Per
distinguerle, le rette vengono contrassegnate convenzionalmente con le lettere X,
F e Z e sono orientate rispettivamente come l’indice, il medio ed il pollice della
mano destra. Questi 3 assi sono ideali ma, affinché la nozione di riferimento non
resti vaga, occorre che essi siano legati a direzioni ben definite preliminarmente,
ad esempio, gli spigoli di una stanza, l'asse di rotazione terrestre e due rette or­
togonali sul piano equatoriale passanti per il centro della terra e così via. In questo
modo si è definito un sistema di riferimento cartesiano ortogonale.

Fig. 2.2.a. Sistema di assi cartesiani X,


Y e Z nello spazio. La posizione del
punto P risulta definita dai 3 numeri
reali x, y e z (coordinate) o dal vettore
posizione ?.
G knhrautà 63

Fig. 2.2.b. Proiezione del vettore posizione f sugli assi cartesiani.

In conclusione, la posizione del punto P rispetto al riferimento risulta defi­


nita dai 3 numeri reali x, v e z, che si chiamano coordinate di P nel sistema di
riferimento considerato. Esse individuano in modo univoco la posizione di P ri­
spetto al riferimento. Se l’oggetto in P si muove, si ha x(t), y(t), z(t) e almeno
una delle 3 componenti deve variare.
Consideriamo i 3 vettori che hanno origine in O ed estremo nei 3 punti jc, y e
z; c|uesti vettori e rappresentano i componenti del vettore posizione r
dell’oggetto in P. Se questo si muove, si ha r,(t), r^.(t),r,(/) e almeno uno dei
tre componenti deve variare.
Si chiamano inerziali i sistemi di riferimento la cui origine è posizionata in un
punto fisso dello spazio. I sistemi inerziali rivestono una notevole importanza nello
studio della meccanica. Torneremo suH’argomento nel § 2.3.3.

2.1.3 Dimensioni e moto dei corpi


Se le dimensioni di un corpo sono piccole rispetto agli oggetti circostanti il
corpo può essere considerato a tutti gli effetti un u n i c o materiale e il moto
del corpo è definito completamente dal moto di un punto. In caso contrario i
punti che compongono il corpo sono tanti, e ciascuno di essi si può muovere in
modo diverso dagli altri. La descrizione del moto del corpo appare quindi al­
quanto complessa. Si può comunque approssimare ancora il corpo ad un unico
punto materiale. In questo modo si otterrà una descrizione generale, ma non det­
tagliata, del moto del corpo. In molti casi questa descrizione generale è co­
munque esauriente. Consideriamo ad esempio uno sciatore durante una discesa.
Nel dettaglio ogni braccio, ogni gamba, la testa, etc. si muovono in maniera di­
64 C apitolo 2 - M lccanica

versa e la descrizione particolareggiata del moto dello sciatore è alquanto diffì­


cile. La descrizione generale del moto che si ha, approssimando la sciatore ad
un punto materiale, è invece facilmente ottenibile. E questa descrizione può es­
sere sufficiente per ottenere diverse informazioni sulla sua discesa; ad esempio
dove è andato più piano e dove più forte, quale percorso ha seguito e così via.
Il punto materiale più utile per descrivere il moto di un corpo esteso è il centro
di massa. Torneremo sul centro di massa nel § 2.3.1.
L’identificare un corpo con un punto materiale limita il possibile moto del corpo
alla sola traslazione. Nella realtà il moto di un corpi) può essere anche una rotazione
e una rototraslazione. Descriviamo questi moti con esempi. Una automobile che per­
corre un tratto di strada, trasla; la terra nel moto intorno al suo asse, ruota; la ruota
di una automobile che sta viaggiando in una strada, rototrasla. In questo libro ci oc­
cuperemo prevalentemente di traslazioni e rotazioni. Alcune considerazioni sulle ro-
totraslazioni verranno esposte nel § 2.6. 1.

CINEMATICA
La Cinematica è quella parte della Meccanica che studia le caratteristiche di
un moto a prescindere dalle cause.

2.2.1 Generalità
In una traslazione la linea lungo cui il corpo si muove si chiama traiettoria
del moto. Considereremo dapprima il caso in una dimensione, cioè le traslazioni
su traiettoria rettilinea chiamate semplicemente moto rettilineo. Per quanto con­
cerne le rotazioni, es.se possono esplicarsi intorno ad un asse o intorno ad un
punto, che possono essere fissi o mobili. In questo libro ci limiteremo a consi­
derare solo le rotazioni intorno ad un asse.
Considereremo dapprima il ca.so di rotazione intorno ad un asse fisso.

Grandezze caratteristiche
La prima grandezza da introdurre in cinematica è il tempo t. Il tempo è una
grandezza scalare fondamentale definita di per .se stes.sa. La sua unità di misura
è il secondo (.y).
Le altre grandezze cinematiche dipendono dal tipo di moto e sono introdotte
nei punti seguenti.
a) M oto re ttilin e o
Innanzitutto bisogna orientare la retta su cui il punto materiale si muove e fis­
sare su di essa un punto O denominato origine. Si definiscono allora le seguenti
grandezze scalari (la loro caratteristica vettoriale verrà trattata successivamente):
- X posizione del punto materiale. La posizione è la distanza del punto mate­
riale da O, presa col segno ( + ) oppure ( —) secondo che il punto si trovi dalla
CiNHMATICA 65

parte positiva o negativa della retta orientata. La sua unità di misura è il metro
(m). Se si conosce la posizione in modo continuo al passare del tempo si ri­
cava la del moto, data dalla l'unzione x{t) detta anche legge oraria;
- V velocità del punto materiale. Definendo spostamento la distanza (ha le di­
mensioni di una lunghezza L) fra due posizioni occupate dal punto materiale,
la velocità è il rapporto fra lo spostamento infinitesimo del punto e il tempo
infinitesimo necessario per percorrerlo ovvero è la derivata dello spostamento
rispetto al tempo. Si ha quindi:
_
^~ ~ It
La sua unità di misura è il metro al secondo (m/s) e le sue dimensioni sono:
k l = |L T - '|.
Si introduce poi la velocità media del punto materiale come il rapporto fra
uno spostamento finito del punto da jr, a ^2 e il tempo necessario per percorrerlo.
È:
■<i - Xj
=
h - t,
- a accelerazione del punto materiale. L ’accelerazione è il rapporto fra la va­
riazione infinitesima di velocità e il tempo infinitesimo in cui detta variazione
si verifica ovvero è la derivata della velocità rispetto al tempo. E:
dv
“ ~~dt
e la sua unità è il metro al secondo quadro (|m/s|/s = m/s^). Le sue dimensioni
sono: 1«| = |LT“ ^|.
Si introduce poi la accelerazione media del punto materiale come il rap­
porto fra la variazione finita di velocità e il tempo in cui detta variazione av­
viene. Si ha: 1/2 - V,
ci.„ =
h - h
h) M oto ro ta to rio in to rn o ad un asse fi.sso
Innanzitutto bisogna definire il verso di rotazione e fissare un raggio come
origine per la misura degli angoli (Fig. 2.3).
Si definiscono allora le .seguenti grandezze:
- 0 angolo di rotazione del corpo. È l ’angolo che un generico raggio fa con il
raggio origine (Fig. 2.3). La sua unità di misura è il radiante (rad) (quantità
adimensionale). Se si conosce l’angolo di rotazione in modo continuo al pas­
sare del tempo si ricava la legge del moto, data dalla funzione 0(/).
- (j) velocità angolare del corpo. La velocità angolare è il rapporto fra l ’angolo
infinitesimo spazzato dal corpo e il tempo infinitesimo necessario per spaz­
zarlo ovvero è la derivata dell’angolo di rotazione rispetto al tempo. Si ha:
di)
) =
0 —

dt
66 C aimtoi.o 2 - M eccanica

Fig. 2.3. In tratteggio un generico


raggio e in continuo il raggio ori­
gine; H è l'angolo di rotazione del
corpo.

e la sua unità di misura è il radiante al secondo (rad/s). Le sue dimensioni:


IH = |T - '] .
Si introduce poi la velocità angolare media del corpo come il rapporto
fra Tangolo finito spazzato dal corpo e il tempo necessario per spazzarlo. È:
O2 - 0,
= yh — Mr
- a accelerazione angolare del corpo. Laccelerazione angolare è il rapporto
fra la variazione infinitesima di velocità angolare e il tempo infinitesimo in
cui detta variazione si verifica ovvero è la derivata della velocità angolare ri­
spetto al tempo. Si ha:
a = —
dt
e la sua unità di misura è il radiante al secondo quadro ([rad/s|/s = rad/s^). Le
dimensioni: \a] =
Si introduce poi la accelerazione angolare media del corpo come il rap­
porto fra la variazione tìnita di velocità angolare e il tempo in cui detta varia­
zione si esplica. E: COi — 0)t
h - /i
Si noti la similitudine fra le grandezze rotatorie introdotte al punto b) e quelle
traslatorie introdotte al punto a). Le grandezze traslatorie si possono anche chia­
mare lineari e quelle rotatorie si possono chiamare angolari.

2.2.2 Moti fondamentali


Relativamente al moto rettilineo e al moto rotatorio intorno ad un asse fisso,
due sono i tipi di moto fondamentali: uniforme e uniformemente accelerato.
Se l’accelerazione è negativa si può parlare di decelerazione invece che di ac­
celerazione. La descrizione di questi moti nei due casi è identica, basta utilizzare
C inematica 67

in un caso le grandezze lineari e nciraltro quelle angolari. Un altro moto retti­


lineo caratteristico è il m o t o a r m o n i c o s e m p lic e .

M oto uniforme

a) M oto re ttilin e o u n ito rm e : si ha quando l’accelerazione a è nulla.


Applicando le relazioni cinematiche, si ha:
dv
a = — = 0 V = costante
dt

Quindi, la velocità vdel punto materiale è costante. La sua posizione .v cambia


invece nel tempo secondo la relazione seguente, dove a*q indica la posizione
iniziale:
x {t) = V/ -f JC() d e l m o to

È infatti V = — =>dx = vdt da cui, utilizzando gli integrali e le regole di


dt
integrazione, si ha:

dx = vdt = V \ dt => X ^ = v {t — 0)

h) M oto ro tato rio iinifornie: si ha quando l’accelerazione angolare a è nulla.


Per analogia con il caso precedente si ha:
co = costante B(/) = cot Bq le f i^ e d e l m o t o

dove Bq indica l’angolo di rotazione iniziale.

M oto uniformemente accelerato


a) M oto rettilin eo iiiiiform em eiite accelerato: si ha se l’accelerazione a è co­
stante.
i.a velocità cambia nel tempo secondo la relazione seguente, dove indica
la velocità iniziale:
v ( / ) = a t -f V()

dv
E infatti a = — dv = c u lt da cui, utilizzando gli integrali e le regole
dt
di integrazione, si ha:
V

adì = a dt V — V,) = a ( / — 0)

l.a p o s iz io n e c a m b ia nel te m p o s e c o n d o la r e la z io n e s e g u e n te , d o v e in-


68 C apitolo 2 - M eccanica

dica la posizione iniziale:


1
40 = 2 *^0 ^ + -^0 legf^e del moto

d.x
E infatti ^ ~ ^ integrando:

X t t t t

Idx =Ivdt =I{at -fv^o)dt = atdt +| dt =


0 0

I
= a I td t + \/q \ d t => X — x^) = — a (/^ — 0) + i/o(/ — 0)

b) M oto ro ta to rio u n ifo rm em en te accelerato: si ha se raccelerazione ango­


lare a è costante.
Per analogia con il caso precedente valgono le seguenti relazioni:

(X) (/) = a / -f a)() B (/) = "h ^ 0^ ^{) le^f^e del moto

dove cuq e Oq indicano i valori iniziali della velocità angolare e delPangolo di


rotazione.
Si noti che velocità ed accelerazione, sia lineari che angolari, possono essere
positive o negative nelle relazioni di cui ai punti precedenti. In particolare, se
raccelerazione nel moto uniformemente accelerato è negativa si può parlare di
moto uniformemente decelerato.

M oto armonico semplice


Il moto armonico semplice è quel moto rettilineo che avviene secondo la
lef^f^e del moto:
X (/) = X sin {cot -h (po)

ove X è Pampiezza, a; è la pulsazione e è la fase iniziale (Fig. 2.4).


L’ampiezza indica il massimo valore dello spostamento da una parte e dal-

Fig. 2.4. Il corpo oscilla fra e P con legge del moto sinusoidale. È un moto armonico sem­
plice.
C inematica ■ 69

2 tt
1 altra del punto centrale. La pulsazione (misurata in rad/s) è definita come —
dove 7 è il periodo, cioè il tempo necessario affinché il corpo compia una oscil­
lazione completa. La fase iniziale è rargomento del seno al tempo zero.
Immaginiamo una persona su una altalena che va a regime costante e conside­
riamo la proiezione del centro di massa del sistema (altalena + persona) sul ter­
reno; questa proiezione si muove di moto armonico semplice.
Dalla legge del moto è possibile ricavare la velocità vdel moto. Assumendo
per semplicità = 0, dalle regole della derivazione si ha:
dx d {X sin o>/)
V = — = ---------------= U)X cos 0)t = V cos col
dt dt
dove V indica il valore massimo della velocità. Da qui, utilizzando ancora le re­
gole suddette si ricava l’accelerazione:
dv d {(t)X cos col)
= — (o^X sin (ot = — A sin a>t
" dt dt

dove A ne rappresenta il valore massimo e il segno meno indica che l’accelera­


zione varia in senso opposto rispetto alla velocità, ovvero quando l’una aumenta
l’altra diminuisce e viceversa.
Facendo riferimento alla figura 2.4 si hanno i valori di velocità e accelera­
zione riportati in tabella, relativi alle posizioni indicate.
Posizione Distanza Velocità Accelerazione

x = -fX v= 0 a - -A
0 x= 0 ±V a= 0
P x= -X v= 0 a = 4-A

Ovvero, l’accelerazione è massima dove la velocità è zero e questo succede


nei due punti estremi dell’oscillazione; l’accelerazione è zero dove la velocità è
massima e questo succede nel punto centrale dell’oscillazione.

2.2.3 Moti nello spazio


I moti trattati finora .sono particolari. In generale:
a) la traslazione di un corpo si esplica in tre dimensioni;
b) l’asse di rotazione di un corpo può non es.sere fisso.
In questi casi la trattazione è più comples.sa e, in questo libro, ne sono pre­
sentati solo alcuni aspetti.
Come prima cosa, notiamo che le grandezze cinematiche introdotte in prece­
denza diventano ora grandezze vettoriali. Avremo così, per le traslazioni i vettori
r (posizione), s (spostamento), v (velocità) e a (accelerazione) e per le rotazioni
i vettori (u (velocità angolare) e a (accelerazione angolare).
70 C apitolo 2 - M kccanica

Spostamento, velocità e accelerazione


La natura vettoriale di velocità e accelera­
zione lineari è quasi ovvia; non altrettanto può
dirsi per le corrispondenti grandezze angolari.
Valgono allora le considerazioni seguenti.
Il vettore velocità angolare w ha. per con­
venzione, direzione perpendicolare al piano di
rotazione e il verso in cui un ipotetico osserva­
tore vede il corpo ruotare in senso antiorario. Ad
esempio, le velocità angolari delle ruote della bi­
cicletta del ciclista in figura 2.5 hanno direzione
e verso indicate dalle frecce relative.
Direzione e verso dell’accelerazione angolare
a possono essere dedotti con il seguente ragio­
namento. Se Porientamento dell’asse di rotazione
Fig. 2.5. Ciascuna ruota di una bici­
non cambia, il vettore differenza tra le vekK’ità
cletta in moto con velocità ha
velocità angolare ui anch'essa co­
angolari istantanee [a»(/ + d t)— w(/)], che è
stante e diretta come in figura. correlato ad a , ha la direzione dell’asse di ro­
tazione. Il verso di a sarà uguale a quello di co
se la velocità angolare aumenta, avrà verso opposto ad a> se la velocità ango­
lare diminuisce; ciò nasce dal fatto che nel primo ca.so la differenza
[w(r + (II)— tu (/)] è positiva, nel secondo caso detta differenza è negativa.
Torniamo adesso alle grandezze lineari. Innanzitutto chiariamo con un
esempio la differenza tra spostamento e cammino percorso. Si pensi di indicare
su una cartina dell’Europa che ci si vuole spostare da Berna a Madrid (Fig. 2.6).

Fig. 2.6. Lo spostamento è un vettore e quindi gli spostamenti si sommano vettorialmente:


4^Berrìa Madrid ^Berna Parigi ^Parigi Madrid*
ClNHMAIICA 71

L’indicazione sarà una freccia che congiungc Berna e Madrid ed indica lo spo­
stamento che dovrà essere effettuato. Lo spostamento è quindi un vettore. Si
dovrà poi decidere quali strade percorrere e, in funzione della scelta, i chilo­
metri percorsi potranno essere molto diversi; ora si deve parlare di cammino per­
corso (.sono ancora chilometri) ma esso non è un vettore. Si potrà tlecidere di
passare per Parigi prima di andare a Madrid; in questo caso avremo due spo­
stamenti Herna-Parigi e Parigi-Madrid, come indicato nella figura 2.6. La somma
(vettoriale) dei due spostamenti darà lo spostamento Berna-Madrid. In generale
si ha che il vettore ? ha la direzione della congiungente due punti della traiet­
toria con verso concorde a quello del moto del corpo.
_ ds
Il vettore velocità ~ punto la direzione della tangente alla
traiettoria e il verso in cui si muove il corpo. E questo è evidente visto che così
è fatto il vettore </?.
11 vettore accelerazione cI invece, ha in genere una direzione che si discosta
-> d v .
più o meno da quella della traiettoria. Infatti l’accelerazione a = — indica una
dt
variazione della velocità e questa variazione può essere nulla in modulo o in di­
rezione o in entrambe. Così, se un corpo si muove su traiettoria curva, dato che
varia la direzione del vettore velocità, è presente sicuramente una accelerazione
anche se il valore numerico (modulo) della velocità rimane costante.
Il vettore accelerazione viene scomposto (Fig. 2.7) in due vettori componenti,
l’uno tangente alla traiettoria chiamato accelerazione tangenziale 7i, e l’altro
perpendicolare alla traiettoria chiamato accelerazione normale o centripeta
La somma vettoriale dei due componenti è rappresentata dall’accelerazione </;

Fig. 2.7. Vettore accelerazione scomposto


nei due vettori componenti (accelera­
zione tangenziale) e (accelerazione cen­
tripeta) lungo una generica traiettoria. Il
vettore velocità ^ è invece sempre tangente
alla traiettoria.
72 C apitolo 2 - M kccanica

si ha cioè: a = Ti, + Valgono le seguenti relazioni modulari:


dv
Oc = 7

dove r è il raggio di curvatura della traiettoria nel punto considerato.


Per comprendere queste relazioni è sufficiente ricorrere a due semplici
esempi. In un moto rettilineo Taccelerazione presente è puramente tangenziale
perché a appartiene alla retta che costituisce la traiettoria; in questo caso Tac-
celerazione nasce dal fatto che varia soltanto il modulo della velocità. Si ha
r = oc e quindi a = cij e la precedente espressione di è chiarita. In un moto
circolare con velocità in modulo costante (moto circolare uniforme) Paccelera-
zione nasce dal fatto che direzione e verso della velocità cambiano continua-
mente, mentre ne è costante il modulo. L’accelerazione ora è puramente centri­
peta, cioè sempre perpendicolare alla traiettoria. Si ha = 0 e quindi a =
Il moto circolare uniforme è trattato di seguito e verrà lì ricavata la espressione
di
Riassumendo si ha che: raccelerazione tangenziale è responsabile delle va-
riazioni di velocità in modulo, quella centripeta delle variazioni di velocità in
direzione. Ad esempio, immaginiamo di essere in automobile e di viaggiare in
un tratto di autostrada rettilinea a 100 km/h 27.8 m/s); se portiamo la velo­
cità a 120 km/h (=» 33.3 m/s) facciamo intervenire una accelerazione tangen­
ziale. Se ad un certo punto incontriamo una curva e la effettuiamo con la nostra
automobile mantenendo invariato il valore della veloeità, facciamo intervenire
una accelerazione centripeta.
M oto circolare uniforme
Si consideri un corpo puntiforme P in moto su traiettoria circolare con ve­
locità V costante in modulo. Si tratta di un particolare tipo di moto che prende
il nome di moto circolare
uniforme. Dato che la velocità
non varia in modulo, non esiste
alcuna accelerazione tangenziale;
ma poiché la velocità non è vet­
torialmente costante, esiste invece
una accelerazione centripeta di­
retta lungo il raggio / della traiet­
toria, verso il centro di curvatura.
La situazione è illustrata nella fi­
gura 2.8. La posizione di F alfi-
stante t può essere individuata
dalle sue coordinate x e v:
Fig. 2.8. Corpo (P) è in moto circolare uniforme. La X (/) = r cos {(i)t)
traiettoria è circolare, la velocità è costante in mo­
dulo e l'accelerazione è solo centripeta. v(/) = r sin {cot)
CiNl-MATICA 73

2 tt
dove r è il raggio della circonferenza e a» è la pulsazione pari a — con T pe­
riodo (lempt) necessario per compiere un giro completo). In pratica si tratta di
due moti armonici semplici sfasali di —. Si può anche utilizzare rangolo 0
spazzato dal raggio r durante il moto di P. Si tratta di un moto rotatorio uniforme
e quindi, per definizione di velocità angolare, è: tì = a»/ (l’angolo di rotazione
iniziale è assunto per semplicità pari a zero). In questo modo la pulsazione in­
trodotta a proposito del moto armonico semplice si identifica con il modulo della
velocità angolare dei moti rotatori.
Dalle espressioni di x ed y si possono ricavare la velocità ve l’accelerazione
a del moto. Per la velocità in modulo, utilizzando le regole della derivazione e
ricordando che sin^ a + cos^ a = I , si ha:
(Lx /
V, = — = — wr sm a»/ e v.. = cor cos c o t = > v = v 'v -f Vy = t u r
di
Con la stessa logica l’accelerazione in modulo è:
dv, _ 2 dVy
— co r cos cot e y = ---^ =
= — t u ' r s in tu /
dt dt
a = \ / a \ + a\ = ùfir

Tenendo conto che siamo nel caso in cui a = t/^., dalle relazioni precedenti
si ottiene:
„2
V2 = ù)2 r 2 CL. = a =

che è Tesprcssione dciraccelerazione centripeta prima introdotta.

im DINAMICA
La Dinamica è quella parte della Meccanica che studia e definisce le cause
del moto e della quiete. La trattazione della dinamica implica l’inlroduzionc di
ulteriori grandezze caratteristiche per le traslazioni e per le rotazioni. Come detto
considereremo .solamente le rotazioni intorno ad un asse (is.so che chiameremo
semplicemente rotazioni.

2.3.1. Alcune grandezze caratteristiche


Verranno qui introdotte alcune delle grandezze suddette.

Massa e centro di massa


La prima grandezza da introdurre nelle traslazioni è la massa m di un corpo. È
ima grandezza scalare fondamentale definita di per se stessa. La sua unità di mi­
sura è il chilogrammo (kg). Per un corpo esteso abbiamo già definito il centro di
74 C apitolo 2 - M eccanica

massa in termini cinematici come punto materiale equivalente al corpo. Adesso il


concetto si precisa nel modo seguente: il centro di massa è il punto in cui si può
considerare concentrata tutta la massa del corpo.
Come esempio esplicativo si consideri un manubrio per ginnastica. È speri­
mentalmente noto che per sollevarlo, senza che esso subisca rotazioni, occorre pren­
derlo in un suo punto particolare C che, .se le due masse .sono uguali (Fig. 2.9a) e
l’a,sta è omogenea, coincide con il centro geometrico dell’asta. Se invece le masse
.sono diverse (Fig. 2.9b), il punto C, nel quale agire per sollevare l’attrezzo senza
rotazioni sarà più vicino alla sfera di massa maggiore. Quindi tutto avviene come
se tutta la massa del sistema fosse concentrata nel punto C; questo punto è il centro
di massa (CM) del sistema.
La posizione del centro di massa può essere determinata .semplicemente per
via analitica. Consideriamo i due corpi di figura 2.10a; se .V| e .Xi sono le ri­
spettive ascisse, il centro di massa del sistema è individuato dall’ascissa
fornita dalla relazione:
2
'E
nì^Xi nì2X2 /= I
(W| -I- 012 ) XcM = m ,.r, + 0 12 X2 ^CM ~
mj -h ni2
È '"i

Si è così localizzato il centro di massa nel caso unidimensionale. Per una di­
stribuzione di masse nel piano (caso bidimensionale) il centro di massa è indi­
viduato dalle due coordinate espresse, per n corpi, dalle relazioni:

n n

E E yi
1= 1 i= I
>CM - „

E>».
/= 1 i= I

^ \ m M 1 (
m

0 == ^ = o
4 O
b)
a)

Fig. 2.9. a) Se le due masse del manubrio sono uguali, il centro di massa CM è equidistante
dalle due masse; impugnando l'attrezzo in C e sollevandolo, si ha una pura traslazione come
se tutta la massa del sistema fosse concentrata in C. b) Le due masse sono diverse, il centro di
massa CM è spostato verso la massa maggiore ed è qui che va impugnato l'attrezzo per otte­
nere una traslazione pura.
D inamica 75

Fig. 2.10. Individuazione del CM. a) Per un sistema di due masse (sistema lineare) il CM ap­
partiene alla congiungente le due masse, b) Per un sistema di tre masse (sistema bidimensio­
nale) il CM appartiene al piano sul quale giacciono le tre masse.

Nel caso spaziale (tre dimensioni), alle precedenti va aggiunta la coordinata


strutturalmente identica alle due precedenti In figura 2 .lOb è illustrato un
caso bidimensionale relativo a tre corpi.
Se il corpo è nel campo gravitazionale terrestre, il centro di massa coincide
con il baricentro (centro di gravità).
In genere, comunque, i concetti di centro di massa e baricentro non sono
identici. Il baricentro, punto nel quale è applicata la risultante delle forze di gra­
vità, ha significato solo per un corpo nel campo gravitazionale; il centro di massa,
in quanto punto caratteristico della distribuzione di massa del sistema, lia si­
gnificato per ogni sistema materiale, che sia o meno sottoposto a forze.

Forze
La seconda grandezza fondamentale nelle traslazioni è la forza / .
La forza è una grandezza vettoriale derivata che può essere di vari tipi come
sarà illustrato nel seguito.
È importante comunque capirne subito la sua essenza di vettore. Come
e.sempio consideriamo la forza muscolare esercitata dalle braccia di un pugile.
Ogni volta che il pugile fa partire un pugno applica questa forza; e in termini
di effetti prodotti, l’applicazione è diversa non solo per rintcnsità del pugno ma
anche a seconda della direzione con cui esso viene portato, tanto è che si usano
nomi diversi quali diretto, gancio, montante etc.
Così la forza in questione si configura, chiaramente, come una grandezza vet­
toriale. Non appena ci si riferisca al 2° principio della meccanica (F = tn a)
(§ 2.3.2) risulta chiaro che la unità di misura, nel S.I., della forza è il newton
(N); si ha che IN =1 kg m/s^. Le dimensioni sono: |f| = |MLT“ 2).
Se su un corpo .sono applicate più forze, ha importanza considerare la loro addi-
76 C apitolo 2 - M eccanica

/.ione vettoriale, il eui risultato viene anehe chiamato forza risultante F . È:

F = ± j:
i =l

dove fi è la generica forza /-esima ed n sono le forze applicate.

Quantità di moto

La terza grandezza da introdurre nelle traslazioni è la quantità di moto q .


E questa una grandezza vettoriale, definita per un corpo di massa m in moto
con velocità v, come:
q = mv

La quantità di moto ha direzione e verso di v; la sua unità di misura è il chi­


logrammo per metro al secondo (kgm/s). Le sue dimensioni sono:
|ql = |M L T -'|.
E evidente che la quantità di moto di un corpo in quiete è nulla.

Mom ento di inerzia

La prima grandezza da introdurre nelle rotazioni è il momento di inerzia /.


E questa la grandezza equivalente alla massa nelle traslazioni. Il momento di
inerzia è ima grandezza scalare derivata che tiene conto non solo della massa
del corpo ma anche della dìstrihiizione della massa attorno a ll’asse di rotazione.
Per definizione si ha;
/ = ^ Am, rj
1 (=1
dove Am, è un generico elemento della massa M
del corpo costituito da n elementi c r, è la sua di­
stanza dall’asse di rotazione (Fig. 2 .11).
Andando al limite per elementi di massa infini­
tesimi si ha:

/ = dtnr
M
dove dm è un elemento infinitesimo di M e r la re­
lativa distanza dall’asse. L’unità di misura del mo­
mento di inerzia è il chilogrammo per metro quadro
Fig. 2.11. Corpo cilindrico
ruotante intorno al suo asse.
(kgm^) e ha le dimensioni: 111 = [ML^l. Il mo­
Am, è un generico elemento mento d’inerzia è sempre positivo; il suo calcolo
della massa M del corpo e r,- dipende dalla forma del corpo e dalla sua omoge­
è la sua distanza dall'asse. neità e può essere più o meno complicato.
D inamica ■ 77

Di seguito sono riportati alcuni risultati del calcolo del momento di inerzia

per corpi di massa M e forma geometrica definita:


Il corpo umano non è un sistema rigido e Tuomo, spostando alcune masse
corporee, può variare il suo momento d’inerzia.
In figura 2.12 sono riportati i valori numerici indicativi (in kgm^) dei mo­
menti d ’inerzia, rispetto all’asse verticale passante per il centro di massa per
un uomo di 70 kg, relativi a situazioni diverse.

Fig. 2.12. Assetti posturali diversi


di un uomo. I momenti d'inerzia,
nei tre casi, rispetto all'asse bari­
centrale verticale (testa-piedi),
sono indicati sotto ciascuna po­
stura in kg m^.
78 ■ C apitolo 2 - M eccanica

M om enti di forze
Nelle rotazioni hanno importanza non tanto le forze in genere, ma le forze
dotate di un momento di forza. Consideriamo una generica forza / applicata
intuii punto dello spazio P ed una retta (asse) z. Si definisce momento della forza
/ rispetto a z, il vettore t dato dal sef>uente prodotto vettoriale:
T = rX f
dove r è la distanza di P dall’asse, con verso uscente dall’asse. La distanza
della retta d ’azione di / da O (segmento perpendicolare da O alla retta d’a­
zione) prende il nome di braccio.
Il momento di una forza è una grandezza derivata. La sua unità di misura è
il newton per metro (Nm) e le dimensioni | t | = |ML^T“ ^].
Nelle rotazioni z rappre.senta l’asse di rotazione del corpo e è un suo ge­
nerico punto. La situazione che considereremo sempre, anche se non espressa-
mente menzionata, è quella in cui / giace in un piano perpendicolare all’asse;
in questo caso la direzione di r è quella dell’asse di rotazione. Se su un corpo
sono applicati più momenti di forza, ha importanza considerarne la somma vet­
toriale, il cui risultato viene anche chiamato momento di forza risultante T .

Il momento di una forza può essere de­


finito anche rispetto ad un punto O
(polo). Per 7 vale l'espressione prece­
dente dove adesso ? è il segmento OP,
orientato verso P.

Si ha quindi: ,,
T=
i=l
dove tJ è il generico momento di forza e n sono i momenti di forza applicati.

Mom ento angolare


Per le rotazioni, la grandezza equivalente alla quantità di moto è il momento
angolare L . E questa una grandezza vettoriale definita per un corpo di momento
di inerzia / in rotazione con velocità angolare tu, come:
L = n fi
La sua unità di misura è il chilogrammo per metro quadro per radiante al se-
D inamica 79

concio (kgm^rad/s) e le dimensioni [L] = |Mi.^ T •). È evidente che il mo­


mento angolare di un corpo in quiete è nullo.

2.3.2 I Principi della Meccanica


I principi della Meccanica sono stati enunciati in forma rigorosa da Newton.
Essi sono identici per le traslazioni e per le rotazioni, usando nei due casi le re­
lative grandezze.
Traslazioni
1° principio (principio di inerzJci)

1Un corpo permane nel suo stato di quiete o di moto rettilineo uniforme se la
forza risultante ad esso applicata è nulla.
oppure
Se la forza risultante applicata ad un corpo è nulla la sua quantità di moto

■non varia nel tempo.


2° principio
La forza risultante applicata ad un corpo produce su di esso una accelera­
zione tale che valga la relazione:
F = ma
dove m è la massa de! corpo e a è riferita al suo centro di massa.
oppure
Im forza risultante applicata ad un corpo produce una variazione della sua
quantità di moto nel tempo secondo la relazione:
-> dq
F=—
dt
3° principio (principio di azione e reazione)

1Ad ogni forza esercitata dalFesterno su un corpo ne corrisponde una uguale


e contraria esercitata dal corpo sidVesterno.
Rotazioni
1° principio (principio di inerzia)

1 Un corpo permane nel suo stato di quiete o di moto rotatorio uniforme se il


momento di forza risultante ad esso applicato è nullo.
oppure
Se il momento di forza risultante applicato ad un corpo è nullo il suo mo­

Imento angolare non varia nel tempo.


2° principio
Il momento di forza risultante applicato ad un corpo produce su di esso una
accelerazione angolare tale che valga la relazione:
f = fa
dove I è il momento di inerzia del corpo.
80 C apitoi.o 2 - M eccanica

oppure
Il momento di forzo risultante applicato ad un corpo produce una variazione
del suo momento angolare secondo la relazione:
^ di
dt
principio (principio di azione e reazione)
Ad ogni momento di forza esercitato dall’esterno su un corpo ne corrisponde
uno uguale e contrario esercitato dal corpo sull 'esterno.

I suddetti principi sono i fondamenti della Meccanica e alcune precisazioni


sono necessarie. Innanzitutto, osserviamo che il 1° principio è implicitamente
contenuto nel 2° principio; infatti questo ultimo diventa il 1° quando a (trasla­
zioni) o a (rotazioni) .sono nulli.
Notiamo poi che il 1° e il 2° principio parlano esplicitamente di forza ri.sul-
tante o di momento di forza risultante. E quindi errato dire che una forza o un
momento di forza applicati ad un corpo producono una accelerazione (lineare o
angolare). Pensiamo, ad esempio, ad una auto in moto uniforme a l(K) km/h su
un tratto di strada rettilineo. Noi sappiamo per esperienza che per mantenerla a
quella velocità è necessario tenere premuto in maniera costante l’acceleratore.
Appare evidente che in questo modo viene applicata all’auto una forza motrice
(descritta nel seguito) costante. Questa forza però non produce alcuna accelera­
zione dell’auto e questo perché non è l’unica forza agente su di essa; agiscono
infatti tutti gli attriti (descritti nel seguito). Quella che conta per l’accelerazione
è la forza risultante e, nel caso in esame, detta risultante è nulla.
Osserviamo ancora che il 3° principio precisa che l’applicazione di una ge­
nerica forza o momento di forza su un corpo non è .senza sforzo per chi la ap­
plica. Basta pensare, ad esempio, ad una persona che spinge una automobile su
un tratto di strada orizzontale. L’esperienza ci dice che la persona si sforza e fa­
tica per far camminare l’automobile; ma far camminare rautomobile significa
applicare su di essa una forza. Oppure pensiamo ad un pugile quando colpisce
con un pugno l’avversario. Il pugile applica una forza suH’avversario, ma nello
stesso tempo anche la sua mano, stretta a pugno, subisce una forza che gli può
provocare dolore. Il 1° principio riferito alla quantità di moto per le traslazioni e
al momento angolare per le rotazioni, ha notevoli applicazioni pratiche quando
ci si riferisce a corpi la cui massa o il cui momento di inerzia può variare. Così,
se una persona in una barca ferma in mare si sposta verso prua la barca si sposta
in verso opposto, e questo perché la quantità di moto totale (persona -I- barca),
inizialmente nulla, deve restare tale. Ancora, se una pattinatrice sta e.seguendo
una piroetta con velocità angolare w intorno all’asse verticale testa-piedi, un au­
mento del momento d’inerzia (braccia allargate) comporta riduzione di velocità
angolare e viceversa (Fig. 2.13).
Si noti che, da un punto di vista generale, uno stato di quiete o di moto
uniforme (traslatorio o rotatorio) appaiono equivalenti; infatti in entrambi i casi
D inamica ■ 81

Fig. 2.13. Quando la pattinatrice, per azione di forze interne (forze muscolari) richiama al
petto gli arti superiori, avvicinandoli quindi all'asse di rotazione, il momento d'inerzia dimi­
nuisce e, conseguentemente, la velocità angolare aumenta.

non interviene alcuna accelerazione. La differenziazione è invece importante se


si vuole parlare in dettaglio di statica. La statica è trattata nel § 2.4. I principi
della meccanica rivelano rimportanza delle forze nella detinizione degli stati di
quiete o di moto.

2.3.3 Forze
Le forze si dividono in: reali ed apparenti. Sono reali tutte le forze che esi­
stono e sono giustificate nei sistemi di riferimento inerziali; sono invece appa­
renti ciuelle forze che hanno ragion d*essere solo nei sistemi di riferimento non
inerziali.
La definizione di sistema di riferimento inerziale è già stata intrcxlotta. In questa
sede (sulla base dei principi della meccanica) possiamo estenderla tenendo conto
del moto rettilineo uniforme. Avremo quindi: un si.stema di riferimento è inerziale
quando la sua origine o coincide con un punto fisso dello spazio o è in moto ret­
tilineo uniforme rispetto a un tale punto. Ogni sistema di riferimento solidale con
un punto della terra è, sulla base della definizione precedente, non inerziale; ma è
evidente che per osservazioni di breve durata e su piccola scala i moti della terra
possono essere trascurati e i sistemi di riferimento in essa sono inerziali.
E bene infine precisare che la dizione di inerziale e non inerziale si applica
anche a corpi estesi, usando la terminologia di sistemi inerziali e non inerziali.
Così, ad esempio, una auto in moto rettilineo uniforme è un sistema inerziale;
la stessa auto in una traiettoria curva o durante una fase di accelerazione o de­
celerazione è un sistema non inerziale.
82 C a pito i .o 2 - M eccanica

Forze reali
Le forze reali si dividono in:
a) attive
b) passive.
a) F o rze reali a ttiv e
Sono attive tutte quelle forze reali che esistono indipendentemente e defini­
scono, favoriscono, facilitano il moto di un corpo. Le principali forze attive
sono: forza peso, forza elastica, forza motrice e forza centripeta.
La forza peso f^ è quella che agisce su ogni corpo immerso nel campo gravi­
tazionale terrestre g in con.seguenza della sua ma.ssa m.
Si ha:
fp = mg

e la direzione è verticale in ogni punto, rivolta verso il centro della terra.


Si noti che, a parità di massa, varia al variare di Il campo gravitazio­
nale terrestre è descritto nel seguito. Interviene frequentemente il caso in cui il
corpo di massa m si trova su un piano inclinato. Per piano inclinato si intende
un piano disposto con una inclinazione 0 rispetto alVorizzontale (Fig. 2.14a).
In questo caso, la forza peso si scompone nei due vettori componenti p ^ c p^ ,
detti rispettivamente peso parallelo e peso perpendicolare.
E: fp = p ” + p . Il peso parallelo ha la direzione deirinclinazione del piano,
è rivolto verso il fondo del piano e il suo modulo vale mg sin 0.
11 peso perpendicolare ha la direzione della perpendicolare al piano inclinato, è
rivolto verso Pinterno e il suo modulo è /? = mg cos H.
Queste due espressioni sono evidenti dalla figura 2.l4a in base a semplici
considerazioni trigonometriche.
l.a forza elastica f^ è c/uella prodotta, ad esempio, dalla deformazione di
una molla.
Considerando il caso semplice di una molla a spirale (Fig. 2.14b), se x è la
deformazione, si ha:
fe = -
dove il segno meno indica che il verso di f^ è opposto a quello di x . k è la co­
stante elastica della molla (espressa in kg/s^) e dipende dalle sue caratteristiche
costruttive. La relazione precedente indica che la struttura elastica reagisce al-
rallungamento o alPaccorciamento x esplicando la forza f^ e che, maggiore è
la deformazione, più grande è la forza che si produce.
La forza motrice f„,j è quella esercitata dalle macchine motrici (ad esempio
la motrice di un treno) o dai motori meccanici (ad esempio il motore di una auto).
La forza centripeta f^.,p è quella che produce una accelerazione centripeta
D inamica ■ 83

U
-f X

b)

Fig. 2.14a-d. a) Rappresentazione di un piano inclinato. La forza peso /p è scomposta nei due
vettori componenti p (peso parallelo) e p (peso perpendicolare).
b) Forza elastica prodotta in una molla a spirale dalla deformazione V .
c) Piano 7T in orizzontale N = p = mg.
d) Piano ir inclinato: A/ = p = mg cos 0.

su un corpo di massa m. In modulo si ha:

fctp =

con direzione perpendicolare alla velocità v e orientata verso il centro della cir­
conferenza di raggio r, che rappresenta la curvatura della traiettoria nel punto
consideralo. Cìeneralmente, nessuna forza nasce come centripeta; in pratica sono
centripete forze reali che si vengono a trovare in condizione di agire come cen­
tripete. liasti pensare ad un satellite artiticiale che ruota intorno alla Terra. Con
buona approssimazione possiamo dire che il satellite descrive una traiettoria cir­
colare in ogni punto della quale esiste solo una accelerazione centripeta, cioè
che è in moto circolare uniforme. L’accelerazione centripeta è prodotta da una
forza centripeta che altro non è che la forza peso agente sul satellite. Le ma­
84 C apitolo 2 - M eccanica

novre effettuate dopo il lancio hanno messo questa forza reale attiva in condi­
zione di agire come centripeta. Se, per un qualunque motivo, il satellite fosse
fermato e poi lasciato, questa condizione svanirebbe e il satellite cadrebbe sulla
Terra sotto l’azione della forza peso. Vedremo fra breve quale forza agisce come
centripeta quando si fa una curva con una automobile.
b) Forze reali passive
Sono passive cjuelle forze reali che si sviluppano solo se ci sono forze at­
tive che agiscono e sono forze che ostacolano o limitano il moto eli un corpo.
Le principali forze passive sono le reazioni vincolari e gli attriti.
Le reazioni vincolari N sono cjuelle forze passive che insorgono dove esi­
stono i vincoli. Per vincolo si intende ogni apparato che limita la libertà di mo­
vimento di un corpo. Sono così vincoli: il piano (porzione di piano) orizzontale,
il piano (porzione di piano) inclinato, i tubi cavi etc. Il modulo della reazione
vincolare di un vincolo può variare fino ad un valore massimo che rappresenta
la rottura del vincolo. Le reazioni vincolari insorgono generalmente quando c’è
la forza peso in azione.
Per un piano orizzontale è in modulo (Fig. 2.14c):
N = mg
mentre per un piano inclinato di un angolo H suH’orizzontale, è in modulo
(Fig. 2.14d):
N = mg cos 0
dove la direzione è perpendicolare al piano orizzontale o inclinato e orientata
verso il corpo. Per capire l’importanza delle reazioni vincolari, basta la seguente
osservazione: ognuno di noi sta in equilibrio in piedi su un pavimento perché
c’è la reazione vincolare del pavimento (piano orizzontale). Questa ultima in­
fatti, si contrappone alla forza peso agente sul nostro corpo, facendo sì che la
forza risultante sia nulla e, per il 1° principio della meccanica, si hanno le con­
dizioni di quiete.
Gli attriti sono ciucile forze passive che ostacolano un corpo in movimento.
Esistono due tipi di attrito: Vattrito di .scivolamento e Vattrito del mezzo.
{'attrito di scivolamento insorge quando un corpo tende a scivolare o sci­
vola su un vincolo rappre.sentato da un piano orizzontale o inclinato. In questa
situazione il piano si dice scabro. Invece, nel caso (ideale) in cui l’attrito di sci­
volamento è assente il piano si dice liscio. In condizione di quiete si definisce
l’attrito di scivolamento statico / , ; in condizioni di moto l’attrito di scivola­
mento dinamico f^ . In entrambi i casi la direzione dell’attrito è parallela al piano
e il verso è contrario al moto possibile o esistente. In modulo si ha:

fs ^ M-.V N fd = \Xj N

dove e sono i coefficienti di attrito statico e dinamico, rispettivamente.


Questi coefiìcienti sono grandezze adimensionate (non hanno unità di misura)
D inamica 83

e dipendono dalle condizioni del contatto. Preparare gli sci di uno sciatore per
una gara di discesa implica lavorare su \x^j cercando di ridurlo il più possibile.
La relazione di minore-uguale per l’attrito .statico indica che c ’è una resistenza
allo scivolamento che esiste fino ad un certo limite; poi inizia il movimento. A
questo punto possiamo precisare l’argomento considerando un’automobile in
curva. Girando lo sterzi) il guidatore porta le ruote (anteriori) in condizioni tali
che l’auto può deflettere da una traiettoria rettilinea e seguirne una curva, se in­
terviene una centripeta. Questo in effetti accade perché è l’attrito statico che
svolge questo compito. Tale attrito ha però un limite superiore che non deve es-
V \r ir
.sere superato, altrimenti l auto sbanda. E: ni — = \i,N ovvero — = nel
caso di strada orizzontale. ' ^
E noto che per non sbandare in curva, questa non deve essere affrontata ad alta
velocità e non deve essere troppo brusca. l.a relazione precedente rivela che dette
regole pratiche sono legate al limite superiore di esistenza dell’attrito statico.
l'attrito del mezzo f„ è la resistenza che un mezzo oppone ad un corpo in
esso in moto. In prima approssimazione e per velocità V non troppo elevate, si
ha:
L = -
dove il .segno meno indica che il verso di /„, è opposto a quello di v. k (espresso
in kg/s) è un coefficiente che dipende dal mezzo e dalla forma del corpo in mo­
vimento. L’aerodinamica delle auto, soprattutto quelle sportive, è progettata e rea­
lizzata al fine di ridurre il valore di questo coefficiente.

Forze apparenti
Come detto, le forze apparenti hanno ragion d’essere solo nei sistemi di ri­
ferimento o corpi estesi non inerziali. Le principali forze apparenti sono: Inforza
di accelerazione-decelerazione e In forza centrifuf>a.
La forza di accelerazione-decelerazione f , j è cpiella forza che insorge nei
sistemi o corpi che sono non inerziali per ejfetto di una accelerazione tangen­
ziale. Questa forza apparente ha la direzione dell’accelerazione (tangenziale) del
sistema e verso opposto. Essa è ben nota agli automobilisti; è questa infatti la
forza che schiaccia gli occupanti di una auto verso il sedile quando si accelera
o che li porta in avanti (il guidatore verso il volante) quando si decelera (frena).
Le cinture di sicurezza servono a limitare i danni di questa forza.

La forza centrifuga f^^ è cpiella forza che insorge nei sistemi o corpi che
.sono non inerziali per ejfetto di una accelerazione centripeta.
Questa forza apparente ha modulo espresso da:

fetf = >f>
86 C apitolo 2 - M eccanica

che è uguale a quello della forza centripeta agente sul sistema o corpo, ha la di­
rezione di r e verso di allontanamento dal centro di rotazione del sistema ov­
vero opposto a quello della forza centripeta agente. Questa è la forza che spinge
gli occupanti di una auto verso destra quando l’auto sterza verso sinistra e vi­
ceversa. Ancora una volta le cinture di sicurezza servono a limitarne i danni.
Questa è anche la forza che spinge verso Testerno qualunque corpo apparte­
nente ad un generico sistema in rotazione intorno ad un asse o su di esso ap­
poggiato. Inasta pensare a come si alzano e tendono verso fuori i seggiolini di
una giostra a sedili quando è in funzione o a come sono spinti verso la parete
del cestello i panni in una lavatrice.

Campo gravitazionale terrestre


La lef^ge di f^ravitazione universale formulala da Newton dice che:
due corpi di massa e m^, posti ad una distanza r fra di loro, si attrag­
gono con una forza f che è direttamente proporzionale alle due masse e in­
versamente proporzionale alla loro distanza al cjuadrato.
Si ha quindi, in modulo:
f= ^

dove G è una costante pari a 6.67 • 10 ’’ N m^/kg^. Le sue dimensioni sono:


[Gl = [M -’L^T"2].
La direzione è quella della congiungente i due corpi e il verso è da un corpo
verso Taltro. Questa forza esiste per il fatto stesso che i corpi sono dotati di
massa.
Se consideriamo una massa M come principale e Taltra m come secondaria
possiamo interpretare la forza in oggetto nel modo seguente: la massa M genera
nello spazio circostante un campo vettoriale, che chiameremo campo newto­
niano N^, e la forza / rappresenta razione di tale campo su una massa m posta
M
in esso. In questa logica, il campo newtoniano, in modulo, è = G — e le
r~
linee di campo hanno direzione radiale e verso entrante in M. Su una massa m
posta in esso si esercita la forza / data da / = mN^,. Si noti che runità di mi­
sura di m/s^ e quindi, in termini dimensionali, è una accelerazione.
Quanto or detto ben si applica alla terra considerala un corpo di massa M lo­
calizzata nel suo centro; in questo caso si parla di campo gravitazionale terrestre
g c ~g viene anche chiamata accelerazione di gravità. In effetti: a) il campo gra­
vitazionale terrestre ha anche un contributo (centrifugo) che gli viene dal fatto che
la terra ruota intorno al suo asse, b) la terra non può essere sostituita da un sem­
plice punto materiale di massa M. L’espressione rigorosa di g quindi è più com­
plessa di quella semplice data per /V^^„ anche se l’espressione predetta rappresenta
il contributo principale e di prima approssimazione per g. La linee di campo di g
D inamica 87

sono rappresentale in figura 2.15. In


modulo ^ varia con la quota, dimi­
nuendo man mano che essa aumenta
(circa —0.3 m/s^ ogni 1(K) km) e con la
latitudine, aumentando dalTequatore ai
poli. Alla quota zero il valore di g varia
da 9.78 m/s^ (equatore) a 9.82 m/s^
(poli). Generalmente si assume per g al
suolo il valore costante di 9.8 m/s^.
L’assenza di peso di un astronauta in
un satellite in rotazione intorno alla Terra
non è dovuta al fatto che siamo in si­
tuazione di gravità nulla, come si po­
trebbe erroneamente pensiue. Infatti i sa­
telliti molano ad altezze di 3(K)-5(X) km Fig. 2.15. Campo gravitazionale terrestre
e quindi siamo in presenza di un g pari fi/’ . Le frecce rappresentano le linee di
in modulo a 9.1-8.3 m/s^. 11 fenomeno campo.
suddetto è invece dovuto alle forze cen­
tripeta e centrifuga. Infatti, il satellite e i suoi (Kcupanti molano intorno alla Terra
perché la forza peso agisce da centripeta; ma il satellite in rotazione è un corpo
non inerziale e, al suo interno, si produce una forza centrifuga. L’astronauta è quindi
soggetto a una forza risultante nulla ed ecco l’effetto di assenza di peso.

2.3.4 Ulteriori grandezze caratteristiche


Le grandezze caratteristiche definite in precedenza hanno permesso di enun­
ciare i principi della meccanica. Al line di trattare la parte energetica della di­
namica, dobbiamo adesso introdurre altre grandezze.

Lavoro di una forza

Consideriamo alcuni esempi generali. Un contadino che zappa un terreno la­


vora e l’entità del lavoro compiuto è proporzionale all’estensione del terreno
zappato. Un impiegato che tratta pratiche in un ul'licio lavora e l’entità del suo
lavoro è rappresentata dal numero di pratiche espletate. Un medico che visita
pazienti lavora e l’entità del suo lavoro è data dal numero di pazienti visitati. In
maniera analoga parleremo di lavoro compiuto da una forza nello spostamento
di un corpo da un punto iniziale ad uno finale. Il lavoro /. è una grandezza sca­
lare derivata la cui unità di misura è il joule (.1) ed è: I J = 1 Nm. Il lavoro ha
dimensioni: |L | = [ML^T'^].
Notiamo che il newton per metro è anche l’unità di misura del momento di
forza; in questo caso però non si introduce il Joule. L’espressione del lavoro in
meccanica è la seguente:
n
L = ^ ,/; cos a, A.V,
/= I
88 C apitolo 2 - M eccanica

dove (Fig. 2.16): A.v, è ricsimo tratto


dello spostamento,yj è il modulo della
forza agente in detto tratto e a- è l’an­
golo fra forza e spostamento. Ne con­
segue che / c o s a, è la componente
della forza agente nella direzione dello
spostamento.
l’er comprendere il significato di
quanto ora esposto basta pensare ad un
contadino che zappa un terreno. Il con­
Fig. 2.16. Spostamento di un corpo da un tadino applica forza muscolare e pro­
punto iniziale ad uno finale. As, è l'iesimo
duce un lavoro. Ma la forza muscolare
tratto dello spostamento, fj è il modulo
della forza agente in detto tratto e a, è
utilizzata non è tutta quella di cui egli
l'angolo fra forza e spostamento. è dotato, ma solo un parte (diciamo
quella delle braccia). E per il lavoro di
zappatura questa è quella che conta.
Così, nel caso di un corpo che si sposta, quella che conta è la forza agente
nella direzione dello spostamento e non tutta la forza agente sul corpo.
L’espressione precedente, passando al limite per spostamenti infinitesimi ds
e utilizzando il prodotto .scalare, diviene:
f in

L = \f-ds

ovvero: il lavoro L compiuto da una forza in uno spostamento fra un punto ini­
ziale ad uno finale è uguale aWintegrale fra questi due punti del prodotto sca­
lare fra lo spostamento infinitesimo e la forza in esso agente.
Consideriamo il caso semplice in cui la forza / è costante. Se per effetto di
questa forza il corpo subisce lo spostamento ,^2 — , con uguali direzione e verso
della forza (Fig. 2.I7), Tespressione del lavoro si riduce a:

L = f{X2 - .V| )
Si può rappresentare graficamente questo lavoro nel piano F, a e numerica-
mente esso è dato dalParea tratteggiata in figura 2.18.
Infatti, dato che la forza è costante, essa risulta rappresentata nel grafico da
una retta parallela all’asse delle a . Questa interpretazione geometrica del lavoro
si estende al caso generale, nel senso che: il lavoro è rappresentato dall*area
sottesa dalla curva d*integrazione fra il punto iniziale e quello finale dello spo­
stamento di un corpo.
Un’altra osservazione è che l’integrando che definisce il lavoro, trattandosi di
un prodotto scalare, si annulla se il coseno dell’angolo compreso è 0, cioè se
forza e spostamento sono perpendicolari. Questo è il caso della forza centripeta;
D inamica ■ 89

Fig. 2.17. Se la forza applicata


dairuomo è costante, il lavoro
si scrive semplicemente L = f{x2
- x^) perché i vettori forza e
spostamento hanno uguali di­
rezione e verso.

Fìg. 2.18. Nella situazione illu­


strata in figura 2.17, il lavoro è
rappresentato dalTarea tra t­
teggiata.

si può quindi afTerniare che: la forza centripeta applicata ad un corpo non compie
lavoro.
Quanto linora detto vale per le traslazioni. Ma è molto facile estendere la de­
finizione di lavoro alle rotazioni.
Per analogia si ha infatti:

fìn
L = ^ T, AO, => L = ì rdi)
i =l J

ovvero: il lavoro compiuto dal momento di una forza in una rotazione da un an-
go!o iniziale ad uno Jinale è uguale alTintegrale fra c/uesti due angoli del pro­
dotto fra rangola infinitesimo spazzato nella rotazione e il momento di forza in
esso agente.
Nel caso semplice in cui il momento di forza è costante durante la rotazione
si ha:L = t (O2 “ Bj), dove (B2 — B,) è l’angolo di rotazione dal valore ini­
ziale a quello tìnale. L’interpretazione geometrica del lavoro come area sottesa
dalla curva di integrazione è valida anche in questo caso.
Alcuni casi semplici di calcolo del lavoro per le traslazioni sono riportati di
seguito.
90 ■ C apitoi .o 2 - M eccanica

a=0 L = f d

lavoro positivo e massimo a parità di f e d

0 < a< 7 i = fcos

il lavoro è fatto da f cos a componente di f parallelo a d

ir
ir *2
a -2 /. = 0

lavoro nullo

2 <a<ir a >: r

L = fcos (tt - a)’ d '


= - fcos a • d

lavoro negativo e resistente

Fig. 2.19. Cinque casi possibili per il lavoro di una forza costante.

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