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La figura che segue è tratta dal bel libro di Perrin, Atomi. Essa rappresenta la perfetta
irregolarità dell’agitazione del moto browniano. Il moto di un granello di polline, in
sospensione in una soluzione acquosa, è ripreso con un microscopio ottico tramite una
macchina cinematografica. Le posizioni nei diversi fotogrammi sono poi unite per dare
un’immagine composita. Oggi sappiamo che simili percorsi sono frattali e godono della
cosiddetta proprietà di invarianza di scala. Immaginando cioè di effettuare lo zoom di
una qualsiasi parte si ottiene una figura che ha le stesse caratteristiche dell’intera
traiettoria.
Per questo tipo di curve non è possibile definire una tangente né tanto meno misurare
la lunghezza complessiva. Come spiega Perrin: La velocità media apparente di un
granello varia follemente in grandezza e direzione senza tendere verso un limite
quando il tempo di osservazione decresce […]. Non si può neppure
approssimativamente fissare una tangente […] e questo è un caso in cui viene naturale
pensare a quelle funzioni continue senza derivata, che i matematici hanno immaginato
e che le si ritiene a torto come delle semplici curiosità matematiche […]. Lasciando
dunque da parte la velocità vera che non è misurabile e senza preoccuparsi della
traiettoria infinitamente involuta che un granello descrive in un tempo dato, Einstein e
Smoluchowski hanno scelto come grandezza caratteristica dell’agitazione il segmento
rettilineo che unisce il punto di partenza al punto di arrivo e che è evidentemente, una
media, tanto più grande quanto l’agitazione è viva. Tale segmento misurerà lo
spostamento del granello nel tempo considerato.1
Nella terza figura è reso visivamente il concetto di traiettoria infinitamente involuta
considerando due diverse riprese: la prima formata da 256 segmenti, la seconda con
4096 passi.
1
Jean Perrin, Atomi , Editori Riuniti, 1981, pp. 135-136.
Fig3 Simulazione di traiettorie di moto browniano effettuata con numero variabile di passi
Il cammino del granello di polvere è spesso associato a quello del marinaio ubriaco e ha
costituito, agli inizi del Novecento, un problema matematico assai ostico, in parte
risolto da Wiener che ha posto le basi per un’estensione dei concetti di posizione e
misura. Solo con l’introduzione dei frattali si è potuto però associare una dimensione
frattale alla traiettoria di copertura del moto browniano.
La probabilità rimane invece la chiave della trattazione fisica del problema che è
affrontato con un processo in cui il futuro è indipendente dal passato una volta
assegnata la situazione attuale. La stessa probabilità che è alla base delle prime
considerazioni di Einstein del 1905. La trattazione che faremo non segue la linea
storica, né i concetti propri di Einstein (pressione osmotica, diffusione di particelle).
Dapprima cercheremo di simulare il moto della particella browniana con l’aiuto del
calcolo della probabilità. In secondo luogo seguiremo un modello dinamico proposto per
la prima volta da Langevin nel 1908.
2
La verifica è semplice. I casi possibili sono 1024=210. I valori possibili per X sono riportati nella tabella.
SpostamentoCasi possibili101810645412022100252-2210-4120-645-810-101
Fig.4 Distribuzione binomiale
4
L’effetto esiste anche per oggetti macroscopici più vistosi come un piccolo specchio sospeso nell’aria.
il movimento avvenga in un’unica direzione, diciamo orizzontale, per evitare l’uso dei
vettori). La forza passiva che agisce sul corpo in movimento nel mezzo viscoso (la
risposta del sistema) è proporzionale alla velocità e tende a smorzare gli effetti
dell’urto. Per cui F=- gv, dove g è il coefficiente di attrito. Utilizzando entrambe le
equazioni possiamo scrivere:
–Mv=- gvt
da cui si ricava il tempo caratteristico della particella browniana: t=M/g.5
Le grandezze tipiche del fluido (viscosità dell’acqua) e della particella (raggio e massa)
in questione portano a un tempo di dissipazione della velocità acquisita in un singolo
urto dell’ordine dei 10-7 s. Piccolo in assoluto, ma estremamente grande se confrontato
con l’intervallo di tempo tra due urti successivi (si valutano in alcuni casi anche 10 21
urti al secondo). Nasce l’ipotesi che la forza attiva impulsiva (dovuta agli urti delle
molecole) non abbia un verso privilegiato e che la sua intensità non dipenda dal valore
assunto negli istanti precedenti (non ha memoria, la sua correlazione temporale è
nulla). Così si può pensare per l’elevato numero di molecole (dell’ordine di 10 23) che la
funzione di distribuzione (per il teorema del limite centrale 6) abbia una forma simile
alla curva della distribuzione degli errori: una gaussiana centrata sul valore iniziale.
Anche la funzione di distribuzione degli spostamenti si assume che sia di tipo
gaussiano.
Dalle misure sperimentali del moto browniano segue che <X>=0 e che la media dei
quadrati degli spostamenti <X2> è proporzionale al tempo t. L’ultima relazione può
essere scritta nella forma: <X2>=2Dt con t ≫t, introducendo il termine D chiamato
coefficiente di diffusione.7
L’ipotesi che la particella browniana di massa intermedia tra le molecole e l’intero
liquido soddisfi la legge del moto di un fluido viscoso è poi affiancata dalla validità della
legge di equipartizione dell’energia tipica dell’equilibrio statistico delle molecole del
fluido: ½M<v2>=½kT, con k costante di Boltzmann e T temperatura assoluta del
sistema. È il punto cruciale: l’ipotesi che si possa definire una velocità 8. Si dimostra che
il coefficiente di diffusione D è uguale al prodotto del tempo caratteristico per la media
5
Se la particella ha un raggio r e il fluido ha una viscosità h, g=6prh secondo la legge di Stokes.
6
Tutte le distribuzioni di eventi indipendenti tendono per grandi valori di N alla funzione di Gauss.
7
Se invece di una dimensione si considera il moto nello spazio, lo spostamento quadratico medio è:
<X2>=6Dt.
8
Ornstein e Uhlenbeck già nel 1930 hanno mostrato come poter descrivere la particella per tempi
confrontabili o minori del tempo caratteristico, ipotizzando che lo spettro della forza aleatoria sia uno
spettro bianco.
dei quadrati delle velocità t<v2>.9 Infine eliminando la dipendenza da <v2> risulta:
D=kT/g.
Il coefficiente di diffusione ricavato da <X2> e t (con un microscopio e una cinepresa)
può indipendentemente essere collegato alle grandezze del fluido e della particella
mesoscopica. In questo modo Perrin risale al numero di Avogadro.10 Non solo,
l’uguaglianza tra i due termini: <X2>=2 kTt/gè il primo esempio di relazione
fluttuazione-dissipazione. La fluttuazione quadratica media dello spostamento, causata
dall’agitazione termica del fluido, è collegata al coefficiente di viscosità (parametro che
descrive la dissipazione della velocità della particella all’interno del fluido) che misura la
risposta del fluido agli effetti cinetici.
Notiamo che la misura cinetica del moto browniano implica una scelta. Come abbiamo
detto, l’intervallo di tempo Dt di misura non può essere ridotto a piacere perché Dt≫t.
Ma anche DX, lo spostamento unitario di misura, deve essere molto più grande del
cammino libero medio delle molecole del fluido. Solo effettuando questa
discretizzazione nello spazio e nel tempo è possibile descrivere il moto browniano
tramite una funzione di distribuzione dello spostamento. La perdita di informazione che
nasce dalla procedura si riflette nella comparsa di un processo a memoria “breve” in cui
il valore di X all’istante nDt determina la probabilità di trovare altri valori all’istante
successivo (n+1)Dt ,mentre il passato (il valore al tempo (n-1)Dt….) non influenza il
futuro.
9
Una derivazione lunga, ma possibile a livello liceale, in più di una lezione, è riportata nell’articolo di
Angelo Vulpiani http://tnt.phys.uniroma1.it/twiki/pub/TNTgroup/AngeloVulpiani/brown.pdf.
10
Si tenga presente che all’epoca dei primi articoli sul moto browniano k non era ancora conosciuta come
costante di Boltzmann e che si preferiva utilizzare al posto di k il rapporto R/N A, con NA numero di
Avogadro e R costante dei gas.