CAPITOLO IX
Il moto turbolento
i=1 n
u0
turb =
U
comunemente espressa in percentuale.
La turbolenza ha sostanzialmente due aspetti, inerziale e dissipa-
tivo. Infatti la presenza nella corrente di una notevole quantit`a di
energia cinetica provoca lo sviluppo di moti secondari responsabili
delle fluttuazioni di velocit`a descritte in precedenza, allo stesso tem-
po `e un fenomeno dissipativo perche tutta lenergia cinetica prodotta
viene dissipata in calore tramite le forze viscose.
Quindi `e opportuno ricordare il significato fisico del numero di
Reynolds, cio`e il rapporto tra le forze dinerzia e viscose. Nella or-
dinaria turbolenza assume un valore molto elevato: 105 o 106 , ci`o
significa che le forze dinerzia sono preponderanti rispetto a quelle
viscose. Questo avviene ad una scala di turbolenza dellordine di
grandezza delle dimensioni del moto medio. Per scala sintende ap-
punto lordine di grandezza delle strutture presenti nel moto turbo-
lento. Quindi a questa scala non si pu`o avere nessuna dissipazione
per lesiguit`a delle forze viscose e la turbolenza risulta pertanto un
fenomeno essenzialmente inerziale. Le scale della turbolenza presen-
tano una vasta gamma di valori a partire dalle dimensioni del moto
medio passando per grandezze sempre pi u piccole. Per ciascuna di
esse, cio`e per ogni grandezza di una struttura o vortice possiamo in-
dicare una dimensione caratteristica, una velocit`a e quindi il relativo
numero di Reynolds. Le forze dinerzia restano preponderanti fino ad
una scala cosiddetta dissipativa dove invece acquistano importanza
quelle viscose. Questa scala ha come ordine di grandezza la lunghez-
za viscosa /v dove v prende il nome di velocit`a dattrito perche
funzione della tensione tangenziale . Pertanto, a questa scala, il cor-
rispondente numero di Reynolds risulta pari allunit`a, le forze viscose
acquistano importanza ed avviene la dissipazione in calore dellener-
gia cinetica prodotta dalla turbolenza. Per un fluido come lacqua,
che presenta un alto valore del calore specifico, questa produzione
di calore non si manifesta ordinariamente in un aumento della tem-
peratura, cosa che invece avviene per laria. Infatti, come abbiamo
Cap. IX Il moto turbolento 135
visto, nelle gallerie del vento chiuse sono necessari dei dispositivi di
raffreddamento.
ij =
pij + 2Sij ij . (1)
dove Sij rappresenta il tensore velocit
a di deformazione:
!
1 ui uj
Sij = +
2 xj xi
Quindi alle tensioni causate dalla viscosita si aggiungono quelle dovute
alla turbolenza che risultano proporzionali alla media del prodotto
tra due componenti normali della velocita:
ij = %ui uj .
!
1 ui uj
k = .
2 xj xi
Ora se un vortice della scala del moto medio viene stirato da una
fluttuazione di velocit`a avvenuta nella direzione del moto la compo-
nente 1 aumenter`a per la conservazione del momento della quantit`a
di moto lungo lo stesso asse e contemporaneamente, per la continu-
it`a, varieranno anche le componenti di velocit`a u2 e u3 e quindi si
genereranno anche altre due componenti di vorticit`a 2 e 3 . Esse
daranno vita a vortici di dimensioni inferiori dato che solo una parte
dellenergia del vortice originario passa a questultimi. Il meccanis-
mo di trasferimento della vorticit`a genera quindi una vasta gamma
di strutture o vortici che va dalle dimensioni del moto medio a scale
sempre pi u piccole. Il processo si arresta alla scala dissipativa dove
prevalgono le forze viscose, mentre alla scala del moto medio esse
risultano trascurabili, per questo abbiamo la conservazione del mo-
mento della quantit`a di moto, la turbolenza risulta, a queste scale,
un fenomeno essenzialmente inerziale.
3. - Lanalisi di Fourier.
Se registriamo, in una corrente turbolenta, la componente longi-
tudinale della velocit`a, otteniamo un segnale che presenta delle rapi-
de pulsazioni attorno ad un valore medio. Un segnale del genere,
com`e noto, tramite lanalisi di Fourier pu`o essere scomposto nelle
sue semplici componenti, che sono le armoniche. Infatti una funzione
periodica u(t), avente periodo T , pu`o essere sviluppata nella serie di
Fourier:
X
nt nt
u(t) = u + an cos 2 + bn sin 2
n=1 T T
2ZT nt
bn = u(t) sin 2 dt
T 0 T
dove n = 1, 2, 3... ed u non e altro che il valor medio della velocita,
calcolato nel periodo T :
1ZT
u= u(t)dt.
T 0
Il segnale viene quindi scomposto in armoniche ed allaumentare
dellordine n si introducono delle pulsazioni sempre pi
u rapide, fi-
no a che, in questo caso, con cinquanta armoniche si ottiene la
ricostruzione del segnale originario.
Figura 2: Lanalisi di Fuorier del segnale di Fig.1 con le prime dieci armoniche
ed in basso la relativa risultante.
Uo
fo = 0.12 .
d
La relazione che interpreta tutti i risultati sperimentali sia agli
alti che ai bassi numeri di Reynolds risulta essere:
U Uo = 2d(f fo ) (2)
che risulta in ottimo accordo con i dati soprattutto quando, rinun-
ciando alla rappresentazione adimensionale, li disponiamo sul piano
frequenza-velocit`a.
50 d = 0.6 mm
d = 1 mm
40 d = 1.6 mm
d = 2 mm
30 d = 3 mm
f [Hz]
d = 8 mm
20 d = 20 mm
Rel. 2
10
0
0 0.1 0.2 0.3 0.4
U [m/s]
U = 2f d
5. - Lipotesi di Taylor.
In un sistema di riferimento in moto alla velocit`a media della
corrente, si osserva che i vortici non cambiano di molto le loro mutue
posizioni a causa della scarsa influenza delle velocit`a indotte. Proba-
bilmente `e stata questa la considerazione che ha condotto Taylor a
formulare lipotesi che la turbolenza sia trasportata dal moto medio.
Dalle equazioni di Navier-Stokes infatti, per gradienti di pressione
nulli, tenendo conto che le fluttuazioni di velocit`a sono trascurabili
rispetto alla velocit`a media della corrente U , otteniamo la seguente
equazione:
u u
+U =0 (3)
t x
valida nella direzione x della corrente quando il secondo membro delle
equazioni di Navier si annulla, il che avviene lontano dalle pareti
dove il fluido si comporta come perfetto o nello strato limite viscoso
dove il gradiente di velocit`a trasversale risulta costante. Le soluzioni
1
Infatti Von Karman dimostr`o allepoca, con un modello fisico, che il ponte
sospeso sulla baia di Takoma, il famoso Takoma Bridge, era crollato pro-
prio a causa di una risonanza tra la struttura ed i vortici che si distaccavano
dallimpalcato.
Cap. IX Il moto turbolento 141
U
f= , (4)
oppure possiamo introdurre un numero donda definito nel modo
seguente:
2
=
f
= 2 .
U
142 E. Buffoni Idrodinamica
7. - Lo spettro di Kolmogoroff.
e(f ) = f 2 .
Risulta chiaro che per un alto valore di Rab significa che esiste
una forte correlazione tra le due componenti di velocit`a, al contrario
un basso valore denota una scarsa correlazione.
Abbiamo visto che gli sforzi di Reynolds sono proporzionali al-
la media del prodotto tra le componenti di velocita, quindi una
grande correlazione comporta dei notevoli sforzi, mentre una bassa
correlazione significa che gli sforzi tangenziali tendono ad annullarsi.
Ci`o che abbiamo definito in precedenza viene chiamata corre-
lazione spaziale fra due punti del campo di moto, per`o possiamo
anche considerare una correlazione tra il valore che assume una com-
ponente di velocit`a in un medesimo punto, ma in due istanti diversi.
146 E. Buffoni Idrodinamica
C( ) = ui (t)ui (t + )
ed il relativo coefficiente:
ui (t)ui (t + )
R( ) = . (6)
u02
i
Purtroppo non possiamo conoscere a priori il valore del coeffi-
ciente di correlazione, si pu`o solo ipotizzare che esso decresca man
mano che i due punti si allontanano oppure allaumentare dellinter-
vallo di tempo .
9. - Lo spettro di Taylor.
Si pu`o dimostrare che lo spettro monodimensionale della tur-
bolenza non `e altro che una trasformata coseno di Fourier:
Z
e() = u(t) cos tdt
0
R( ) = em (8)
dove m `e una costante. Ovviamente quando = 0 risulta nullo il
coefficiente assume un valore unitario, mentre per valori molto grandi
dellintervallo `e logico aspettarsi un valore trascurabile ma niente ci
assicura sulla validit`a della espressione (8) che rimane quindi con il
Cap. IX Il moto turbolento 147
Z
A
Etot = e(f )df =
0 2B
quindi per la (5):
A
u02 = .
B
Pertanto i tre parametri della precedente, cioe A B e la varianza,
vengono dedotti dai dati sperimentali e, una volta introdotti nel-
la (9), forniscono, caso per caso, lo spettro monodimensionale della
turbolenza.
Notiamo che, da una certa frequenza in poi, lo spettro di Tay-
lor coincide con quello di Kolmogoroff che `e rappresentato, in scala
logaritmica, da una retta con pendenza pari a 2.
Nelle figure notiamo che lo spettro della turbolenza sembra molto
diverso da quello ipotizzato nel paragrafo precedente che parte dallo-
rigine per f = 0 anzich`e dal valore della costante A. Nella turbolenza
ordinaria per`o la frequenza massima fm risulta molto bassa, inferiore
di gran lunga allherz, per cui gli strumenti non riescono ad apprez-
zare la parte crescente, pertanto gli spettri osservati in realt`a seguono
lespressione (9).
Con i concetti precedenti, di tipo ondulatorio, si riescono a spie-
gare diversi aspetti della turbolenza, ma per i profili di velocit`a lungo
una parete, che pu`o essere il fondo di una canale o di un fiume, occorre
un ragionamento diverso, bisogna porre lattenzione sugli scambi di
quantit`a di moto esistenti nel fluido, cio`e a delle parti di esso che
mescolandosi trasportano la quantit`a di moto da una parte allaltra.
Prandtl ha avuto delle felici intuizioni in tal senso.
2
in inglese mixing length.
150 E. Buffoni Idrodinamica
visto3 :
= %u0 v 0
` = y
v y
u= ln + umax
h
oppure introducendo il rapporto z = y/h, possiamo ottenere in defini-
tiva la legge del salto di velocit`a7 :
umax u
= 2.5 ln z. (13)
v
Questa relazione risulta utile quando dobbiamo inquadrare i risul-
tati sperimentali ottenuti da misure sui fiumi o sui canali senza
preoccuparci se il fondo sia liscio o scabro.
I dati seguono sempre la (13) in tutti quei casi in cui il fondo si
mantiene quasi piano, cio`e privo di dune, ruderi o quantaltro possa
provocare il distacco della corrente.
7
Velocity defect law.
Cap. IX Il moto turbolento 155
= o (1 z)
assume la forma:
v = vo 1 z,
inoltre ha tenuto conto della relazione verificata da Nikuradse:
` = yez .
Per cui in definitiva la relazione iniziale di Prandtl si trasforma
nella seguente:
du vo 1 z
=
dy yez
ossia:
vo ez 1 z
du = dz, (14)
z
adesso per y = h cio`e z = 1 la derivata si annulla ed il punto
angoloso scompare.
Aggiungendo e sottraendo nel secondo membro della precedente
il rapporto:
1 dz
z
ed integrando si ottiene:
u umax 1 1 Z z ez 1 z 1
= + ln z + dz. (15)
vo vo 1 z
Lintegrale `e stato risolto numericamente dal Marchi stesso e, di-
viso per la costante , costituisce la correzione da apportare alla legge
logaritmica di Prandtl. Si tratta per`o di una correzione di lievissi-
ma entit`a (Fig. 10) che pu`o essere tranquillamente trascurata, come
afferma lo stesso autore, quando si integra il profilo di velocit`a per
determinare la legge di resistenza. Tuttavia la correzione di Marchi,
alla luce di quanto conosciamo oggi, perde il significato empirico o-
riginario per acquistarne uno pi u profondo legato alla teoria cinetica
Cap. IX Il moto turbolento 157
del gas di quasi particelle. Per questo tale correzione quindi supera di
gran lunga quella proposta da Coles ed universalmente accettata ma
dedotta in modo esclusivamente empirico. La presente teoria risulta
in ottimo accordo con i dati sperimentali che si raccordano maggior-
mente alla correzione di Marchi piuttosto che al profilo logaritmico,
anche se la differenza risulta alquanto modesta.
= RJ (16)
dove la pendenza della linea dellenergia J `e data dalla relazione di
Darcy-Weisbach, in cui U rappresenta la velocit`a media della corrente
e indica ora il coefficiente dattrito:
U2
J= . (17)
4R 2g
Dalla (16) possiamo ricavare la velocit`a dattrito:
q
v = gRJ (18)
e per la (17) otteniamo:
s
U 8
= . (19)
v
Quindi il coefficiente dattrito dipende dal quadrato del rapporto tra
la velocit`a dattrito e la velocit`a media. Questultima viene valutata
dalla effettiva distribuzione di velocit`a, integrando infatti la legge lo-
garitmica di Prandtl per condotti circolari con pareti lisce otteniamo
la U e, per mezzo della (19), il corrispondente coefficiente dattrito.
Pertanto abbiamo in definitiva:
158 E. Buffoni Idrodinamica
1 2.83
= 2.03 log (20)
Re
Nikuradse stesso ha suggerito di variare leggermente i coefficien-
ti della (20) per una migliore aderenza ai dati sperimentali ed ha
proposto:
1 2.51
= 2 log . (21)
Re
Nel caso di pareti scabre, sempre per condotte circolari, la velocit`a
media viene ottenuta integrando la legge della parete scabra, pertanto
otteniamo:
1
= 2 log . (22)
3.71D
Le precedenti valgono per una sezione circolare, per sezioni forma
diversa Marchi ha dimostrato lesistenza di un coefficiente di forma
il cui valore varia da 0.8 a 0.9, la sua influenza per`o risulta alquanto
modesta per il fatto che esso fa parte dellargomento di un logaritmo.
Infatti le quasi particelle prodotte vicino alla parete si espandono nel-
la massa fluida in modo disordinato e quindi con una scarsa influenza
della forma della sezione. Pertanto la distribuzione logaritmica pu`o
essere considerata valida praticamente per qualsiasi forma.
Storicamente la prima formula usata in idraulica `e stata proposta
da Chezy ed risulta, a rigore, valida solo per moto assolutamente
scabro:
U = RJ,
dove il fattore viene dedotto dal confronto con la (17):
s
8g
=
che, per la (22), dipende dalla scabrezza e dal raggio medio. In
seguito Manning, Strickler e Gaukler, nel tentativo di ottenere un
Cap. IX Il moto turbolento 159
U = kR2/3 J 1/2 ,
ma dal confronto con la formula di Chezy otteniamo:
k= .
R1/6
Quindi cercare un coefficiente che sia solo funzione della scabrezza
e non del raggio medio `e una pura illusione.
Colebrook e White infine hanno proposto una combinazione delle
precedenti relazioni logaritmiche per i condotti commerciali:
!
1 2.51
= 2 log + . (23)
Re 3.71D
La formula di Manning pu`o essere accettata per i fiumi dove ab-
biamo una grande scabrezza e valori elevati del raggio idraulico, ma
per i canali con bassa scabrezza e valori di R inferiori al metro, k
varia notevolmente, com`e facile verificare. Basta infatti calcolare
per esempio con la formula di Bazin:
87
=
1 + R
per poi dividerlo per R1/6 (Fig. 12), con il coefficiente di scabrezza
che varia in pratica da 0.10 per pareti in cemento liscio od in acciaio
nuove, fino a 2.30 per alvei naturali.
La relazione di Colebrook e White risulta certamente pi u precisa.
160 E. Buffoni Idrodinamica
100
80
60
k
40
20
0
0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12
R [m]