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AVVISO
Il materiale che segue `
e uno schematico riassunto di una parte degli argomenti
svolti durante il mio corso di Meccanica Razionale.
Le formule, le definizioni ed i teoremi sono riportati in forma succinta e, spesso,
incompleta. Nel tentativo di mantenere la brevit`
a, il raccordo logico tra i
vari argomenti risulta, in qualche caso, lacunoso e, non di rado, impreciso.
Questi appunti costituiscono, quindi, un semplice promemoria e, nella preparazione
all esame, non possono e non devono in alcun modo sostituire il libro di testo
e gli altri riferimenti bibliografici che sono stati consigliati all inizio del corso.
Augusto Muracchini

CINEMATICA DEL PUNTO E DEI SISTEMI


Cinematica del punto
Un generico vettore w si pu`o rappresentare in E 3 come combinazione lineare di tre vettori linearmente indipendenti (c1 , c2 , c3 : base), di modulo unitario e tra loro mutuamente perpendicolari
(versori )
w = x1 c1 + x2 c2 + x3 c3
I numeri reali x1 , x2 , x3 rappresentano le componenti del vettore w lungo tre assi cartesiani
ortogonali diretti come c1 , c2 , c3 .
La posizione di un generico punto P dello spazio `e rappresentabile mediante il vettore OP (vettore
posizione o raggio vettore), a volte indicato anche con r(t), le cui componenti sono le coordinate
cartesiane di P rispetto al sistema di riferimento cartesiano con origine in O e assi diretti come
i versori c1 , c2 , c3 .
In Meccanica Razionale il corpo di cui si vuole studiare il moto pu`o essere modellizzato come:
a) un punto, b) un sistema di punti, c) un corpo rigido.
La descrizione del moto di corpi a prescindere dalle cause che tali moti determinano, costituisce
quella parte della meccanica che si chiama cinematica.
Se il corpo `e un punto P il suo moto `e conosciuto quando sia nota la sua posizione, in funzione
del tempo t, rispetto ad un assegnato sistema di riferimento. Ci`o significa conoscere la funzione
vettoriale
OP = OP (t)
(0.1)
Assunto come riferimento un sistema di assi cartesiani ortogonali Ox1 x2 x3 (di versori c1 , c2 ,
c3 rispettivamente), la (0.1) equivale, in termini scalari, a conoscere le coordinate di P ad ogni
istante

x1 = x1 (t)
x2 = x2 (t) = xi = xi (t) i =1,2,3.
(0.2)

x3 = x3 (t)

2
z ( x3 )

O*

s(t)

P(t)

r(t)
c3
c1

y ( x2 )

c2

x ( x1 )

Figura 0.1:

La rappresentazione geometrica del moto di P.

Le (0.2) rappresentano, geometricamente, le equazioni parametriche (il parametro `e il tempo t)


della curva descritta da P e che si chiama traiettoria o orbita del moto.
Il moto di P su pu`o essere descritto, anzich`e in termini della variabile temporale t, mediante
lascissa curvilinea s che `e individuata fissando sulla curva una origine O e un verso positivo
di percorrenza (vedi fig.(0.1)). In tal modo s rappresenta la lunghezza (in una certa unit`a di
misura) dellarco di curva compreso tra O e il punto P. Mediante questo parametro la traiettoria
di P `e individuata (in modo puramente geometrico) mediante l equazione vettoriale
OP = OP (s)

(0.3)

o, in termini scalari
xi = xi (s)

i = 1, 2, 3.

La legge che regola il cambiamento di parametro da t ad s `e rappresentata da un legame funzionale


(scalare) del tipo
(0.4)
s = s(t)
che prende il nome di equazione (o legge) oraria del moto. Ponendo la (0.4) nella (0.3) si ottiene
OP come funzione composta di t mediante s
OP = OP (s(t))
ritrovandosi, in tal modo, la (0.1).
Mediante la (0.4) si definiscono le seguenti grandezze caratterizzanti il moto di P:
a) velocit`
a scalare istantanea del punto P:

d
ds
s
=
v(t) =
dt
dt
b) accelerazione scalare istantanea di P:
a(t) = v(t)

d2 s
s.
dt2

Ma, velocit`a ed accelerazione non sono completamente note assegnandone il modulo: trattandosi
` pertanto,
di grandezze vettoriali esse sono caratterizzate anche da una direzione e da un verso. E,

3
opportuno definire la velocit`a e laccelerazione vettoriale di P. Ci`o si pu`o fare a partire dall
equazione vettoriale del moto (0.1) e si ha
a) velocit`
a vettoriale istantanea di P:
dP
P
dt

(0.5)

dv
d2 P
= 2 P
dt
dt

(0.6)

v(t) =
b) accelerazione vettoriale istantanea di P:
a(t) =

Ricordando che OP (t) = x1 (t)c1 +x2 (t)c2 +x3 (t)c3 , la (0.5) e la (0.6) si possono anche esprimere
nella forma
v(t) = x 1 (t)c1 + x 2 (t)c2 + x 3 (t)c3 = x i (t)ci

(1 i 3)

a(t) = x
1 (t)c1 + x
2 (t)c2 + x
3 (t)c3 = x
i (t)ci

(1 i 3)

da cui risulta chiaro che le componenti del vettore velocit`a v sono x 1 , x 2 , x 3 e quelle del vettore
1 , x
2 , x
3 .
accelerazione a le x
Dalla
OP = OP (s(t))
`e possibile ottenere la seguente rappresentazione intrinseca di velocit`a ed accelerazione
v(t) =

dP
= s
,
dt

a(t) =

dv
s 2
= s + n
dt

(0.7)

ove = dP/ds si chiama versore tangente alla traiettoria in P e n = d2 P/ds2 = (d /ds)


( `e il raggio di curvatura della traiettoria nel punto P considerato) si chiama versore normale
principale.
Insieme ai versori ed n `e opportuno introdurre un versore b (binormale) tale che b = n.
In tale modo si ottiene una base ortonormale levogira legata punto per punto alle propriet`a della
curva descritta da P. Tale terna prende il nome di triedro di Frenet o terna intrinseca (figura
0.2).

b
Figura 0.2:

Il triedro di Frenet relativo al punto P di una curva sghemba.

4
x2

OP= u
P

(t)
h

c2

Figura 0.3:

(t)
x1

c1

Il moto di un punto P in coordinate polari.

Il moto di un punto P si dice piano quando la sua traiettoria giace su un piano.


` conveniente, in tale situazione, riferire il moto ad un sistema di coordinate polari (raggio
E
vettore) e (anomalia) (vedi figura (0.3)) Si dimostra, allora, che la velocit`a e laccelerazione di
P si possono rappresentare cos`
v(t) =

dP
,
= u
+ h
dt

a=

dv
2

= (
)u + ( + 2 )h
dt

Vincoli
Definizione 0.1 Un sistema i cui punti possono assumere qualsiasi posizione si dice libero.
Definizione 0.2 Un sistema di punti si dice vincolato se le posizioni e/o le velocit`
a dei punti
sono legate da relazioni che ne limitano la variabilit`
a.
Si chiama vincolo ogni dispositivo atto a limitare le posizioni e/o le velocit`a dei punti del sistema.
La presenza di vincoli in un sistema meccanico `e esprimibile, matematicamente, mediante una
o pi`
u relazioni tra le coordinate e le velocit`a dei punti. Tali relazioni si chiamano equazioni di
vincolo. Esiste una classificazione dei vincoli; un vincolo, infatti, pu`o essere:
esterno o interno;
bilaterale o unilaterale;
scleronomo o reonomo;
olonomo o anolonomo.
In particolare, un vincolo si dice olonomo (o di posizione) se la sua rappresentazione analitica
`e esprimibile in forma finita (cio`e non contiene derivate) o `e riconducibile a tale forma. In caso
contrario il vincolo `e anolonomo (o cinematico o di mobilit`
a ).
Un risultato di grande importanza che si stabilisce per un sistema olonomo (cio`e soggetto a soli
vincoli olonomi) consiste nel fatto che `e possibile individuarne, in ogni istante, la configurazione
mediante un numero, n, di parametri tra loro indipendenti, q1 (t), q2 (t), ...qn (t) che sono chiamati

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coordinate lagrangiane (o generalizzate). Il numero n di tali parametri costituisce il numero di
gradi di libert`
a del sistema.
Allora, gli N punti di un sistema olonomo possono essere identificati mediante le seguenti relazioni
OPs = OPs (q1 (t), q2 (t), ..., qn (t); t)

(s = 1, 2, ..., N ).

e, conseguentemente, le velocit`a dei singoli punti Ps si rappresentano nel modo seguente


vs =

dOPs (qj (t), t)


Ps
Ps
=
qj +
dt
qj
t

Si possono considerare vari tipi di spostamenti infinitesimi di un sistema olonomo.


Definizione 0.3 (Spostamento possibile (o reale)) Uno spostamento reale `e uno spostamento infinitesimo che tiene conto dei vincoli e della loro eventuale (nel caso di vincoli reonomi)
dipendenza dal tempo.
Si ha
dP s =

Ps
Ps
dqj +
dt
qj
t

Definizione 0.4 (Spostamento virtuale) Uno spostamento virtuale `e un qualsiasi spostamento infinitesimo che tiene conto dei vincoli ma non della loro eventuale dipendenza dal tempo.
Si ha
P s =

Ps
qj
qj

In ambito dinamico si usa, talvolta, il concetto di velocit`a virtuale definita nel seguente modo
(lapice distingue tale velocit`a da quella reale)
vs0 =

Ps qj
qj t

Cinematica dei corpi rigidi


Definizione 0.5 (Corpo rigido) Si dice rigido un sistema S costituito di un insieme di punti
tale che la distanza tra due qualsiasi di essi non possa variare nel tempo.
Cio`e
|P Q| = d = costante

( P, Q S; t)

Ad un corpo rigido si pu`o sempre associare una terna (o riferimento) solidale.


Lo studio del moto di un corpo rigido
Prispetto ad un osservatore (fisso) `e, in sostanza, riconducibile
aPstudiare il moto di una terna
(, y1 y2 y3 ) solidale col corpo rispetto ad una terna fissa
(O, x1 x2 x3 ) collegata allosservatore a cui il moto del corpo rigido `e riferito.
Lo studio cinematico del moto di un corpo rigido `e, in tal modo, ricondotto nelle sue linee
essenziali al ben noto problema geometrico consistente nello studio delle propriet`a connesse alle
trasformazioni legate al passaggio da una terna di assi cartesiani ortogonali ad un altra.

6
P

x3

c1

e3

e2

c3

y2

y3

e1

y1

x2

O c2

Figura 0.4:

Il punto P nei sistemi di riferimento fisso e solidale.

Dalla identit`a vettoriale (vedi fig. 0.4)


OP = O + P = O + y1 e1 + y2 e2 + y3 e3 = O + yk ek
si ottiene che

x1
x2

x3

=
=
=

x1 + 11 y1 + 12 y2 + 13 y3
x2 + 21 y1 + 22 y2 + 23 y3
x3 + 31 y1 + 32 y2 + 33 y3

xi = xi + ik yk

Le (0.8) esprimono il legame tra


P le coordinate del punto P nei due sistemi
a
siano le coordinate (rispetto a ) del punto e le nove quantit`
ik = ci ek

(0.8)
e

note che
(0.9)

P
che rappresentano il coseno dellangolo che lasse
forma con
P xi (di versore ci ) della terna fissa
lasse yk (di versore ek ) della terna solidale
.
Le nove quantit`a ik sono chiamate (coseni direttori) e possono essere pensate come gli elementi
di una matrice R nota come matrice di rotazione.
Gli elementi ik non sono tra loro indipendenti ma sono legati dalle seguenti sei condizioni di
ortogonalit`
a
ik jk = ij
(i, j = 1, 2, 3)
(0.10)
ove ij `e il delta di Kronecker cos` definito
ij = 0 (se i 6= j) ,

ij = 1 (se i = j)

Una importante conseguenza delle (0.8) `e che per individuare la posizione di un corpo rigido,
libero di muoversi nello spazio, rispetto ad un sistema fisso occorrono 6 parametri indipendenti:
le 3 coordinate della origine del sistema solidale e 3 coseni direttori (i coseni direttori sono
nove ma sono tra loro legati dalle sei condizioni (0.10)). Nelle applicazioni, `e comodo utilizzare
anzich`e tre dei coseni direttori, 3 angoli tra loro indipendenti che si chiamano angoli di Eulero.

7
x3

x3= 3

x
3 3

3
2

i'

O=

x1

x1

1
x3

x
1

x1

Mediante 3 opportune rotazioni definite da

, ,

si porta il sistema x1x2x3 a sovrapporsi al

iii'

ANGOLI di EULERO:

x2

ii'

x2

x2

sistema
1 2 3

Figura 0.5:

Gli angoli di Eulero.

(fig. 0.5) La matrice F della trasformazione che permette di passare dalla base fissa Ox1 x2 x3
a quella solidale 1 2 3 (i due sistemi hanno la stessa origine O corpo rigido con un
punto fisso) ha la seguente struttura

cos cos cos sin sin


cos sin + cos sin cos sin sin

F= sin cos cos cos sin sin sin + cos cos cos sin cos

sin sin
sin cos
cos

Usando la matrice F possiamo, tra laltro, esprimere il vettore velocit`a angolare di un corpo
rigido rappresentandolo sulla base solidale (come richiesto nello studio della dinamica del corpo
rigido), avendosi
= pe1 + qe2 + re3
ove
p = cos + sin sin ,

q = sin + cos sin ,

r = + cos

Il vettore velocit`a angolare di un corpo rigido si rappresenta a partire dal seguente teorema:
Teorema 0.1 Se e1 , e2 , e3 `e una terna ortonormale variabile col tempo, esiste ed `e unico
un vettore = (t) tale che
dei
= ei
dt
Le (0.11) prendono il nome di formule di Poisson.

(i = 1, 2, 3)

(0.11)

8
Il vettore che figura nella (0.11) si chiama velocit`
a angolare del corpo rigido e, usando le (0.11)
stesse, se ne pu`o ottenere facilmente la rappresentazione esplicita

1
dei
=
ei
2
dt
La legge di distribuzione delle velocit`
a
vP = v + P
permette di determinare la velocit`a di un generico punto del corpo rigido nota che sia la velocit`a
di un altro punto del corpo stesso (polo) ed il vettore velocit`a angolare .
Partendo da essa si possono ottenere alcuni importanti risultati relativi alla cinematica del corpo
rigido:
(a)
dP = d + dt P
che esprime lo spostamento elementare del generico punto P del corpo rigido;
(b)
P
P
( )
( )
d ...
d
...
=
+ ...
(0.12)
dt
dt
che si chiama teorema di derivazione relativa e che esplicita la legge di trasformazione della
derivata temporale di un generico vettore (indicato nella formula con i puntini) nel passare da
una terna ad un altra mobile rispetto alla prima. In particolare, se w `e un vettore solidale
con la terna , si ha immediatamente dalla (0.12)
dw
=w
dt
che fornisce, dunque, la derivata temporale (rispetto ad un sistema fisso) di un vettore solidale
con un corpo rigido;
(c)
aP = a + P + ( P )
(0.13)
che rappresenta laccelerazione di un punto di un corpo rigido.
Vari tipi di moti rigidi
I moti di un corpo rigido si possono classificare in base a certe caratteristiche del moto stesso. I
diversi tipi di moti rigidi che si possono presentare sono i seguenti:
a) moto rigido traslatorio;
b) moto rigido rotatorio;
c) moto rigido rototraslatorio;
d) moto rigido elicoidale.

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Atto di moto di un sistema rigido
In Meccanica Razionale `e, per`o, molto spesso utile considerare il moto di un corpo rigido, anzich`e
durante un intervallo di tempo I (vedi classificazione precedente), limitatamente ad un particolare
istante t I. Pi`
u precisamente
Definizione 0.6 Si dice atto di moto (o stato cinetico) di un corpo rigido, la distribuzione
delle velocit`
a dei suoi punti nello spazio di controllo e ad un dato istante.
Gli atti di moto rigidi si possono classificare in maniera del tutto analoga ai moti rigidi, servendosi
delle legge di distribuzione delle velocit`a.
Definizione 0.7 Un atto di moto si dice traslatorio quando, nellistante considerato t, tutti i
punti del corpo hanno la stessa velocit`
a:
vP (t) = v (t)
Definizione 0.8 Un atto di moto si dice rotatorio quando la legge di distribuzione delle
velocit`
a `e:
vP (t) = (t) P
In tale caso (t) si dice velocit`
a angolare istantanea e il relativo asse di rotazione `e anchesso
istantaneo.
Definizione 0.9 Un atto di moto si dice rototraslatorio quando, allistante t, si ha:
vP (t) = v (t) + (t) P
Definizione 0.10 Un atto di moto si dice elicoidale quando, allistante t, si ha:
vP (t) = (t)c3 + (t)c3 P
In questo caso la velocit`a di un punto P del corpo rigido risulta dalla composizione di un atto
di moto traslatorio ( (t)c3 ) con uno rotatorio ((t)c3 P ) avente velocit`a angolare istantanea
(t) parallela alla traslazione: ossia, esiste una retta (asse di Mozzi ) i cui punti durante il moto
hanno velocit`a parallela alla velocit`a angolare .
Riguardo agli atti moto di un sistema rigido, sussiste il seguente teorema fondamentale.
Teorema 0.2 (di Mozzi) Ogni atto di moto rigido `e elicoidale.
Cinematica dei moti relativi
Il problema del moto relativo consiste nel determinare se esista e quale forma assuma il legame
tra il moto di un punto P in due diversi sistemi di riferimento (uno fisso o assoluto e laltro
mobile o relativo).
Si dimostra che
v(a) = v(r) + v( )
(0.14)

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La velocit`a v(r) rappresenta la velocit`
a relativa di P , cio`e, la velocit`a rispetto al sistema mobile.
La velocit`a
v( ) = v + P
si chiama velocit`
a di trascinamento
di P , cio`e la velocit`a che tale punto avrebbe, rispetto alP
losservatore assoluto
,
se
nellistante
considerato fosse solidale (o rigidamente collegato) col
P
sistema mobile 0 .
Vale, in definitiva, il seguente teorema:
Teorema 0.3 (di composizione delle velocit`
a) La velocit`
a assoluta di un punto `e data,
in ogni istante, dalla somma della velocit`
a relativa e di trascinamento.
Per quanto riguarda laccelerazione di P , si dimostra che
a(a) = a(r) + a( ) + a(c)

(0.15)

ove
a(c) = 2 v(r)
si dice accelerazione di Coriolis, mentre
a( ) = a + P + ( P )
si dice accelerazione di trascinamento ed ha la stessa forma dell accelerazione di un punto del
corpo
rigido (si veda la (0.13)) e si pu`
o definire come laccelerazione che avrebbe P (rispetto a
P
P
) se fosse rigidamente collegato con 0 . La (0.15) costituisce il
Teorema 0.4 (di Coriolis) Laccelerazione assoluta di un punto `e data in ogni istante,
dalla somma dellaccelerazione relativa, di quella di trascinamento e di quella di Coriolis.
Anche per la velocit`a angolare di un corpo rigido vale un teorema formalmente analogo al teorema
di composizione delle velocit`a
Teorema 0.5 La velocit`
a angolare assoluta di un corpo rigido `e la somma vettoriale delle
velocit`
a angolari relative e di trascinamento
(a) = (r) + ( )
Mutuo rotolamento di due curve rigide
I risultati della cinematica relativa ci consentono di esaminare il moto di due curve rigide che
rotolano luna sullaltra.
Consideriamo due curve regolari in moto relativo luna rispetto allaltra (vedi fig. 0.6). Una
delle due curve, (sia essa C) `e, cio`e, supposta fissa mentre la seconda (C ) si muove mantenendo
sempre il contatto con la prima almeno in un punto T.
Nelle condizioni suddette il moto di C* su C si dice moto di rotolamento.
(s)
Definiamo, poi, velocit`a di strisciamento (vT ) di C in T la velocit`a, rispetto a C, di quel punto,
appartenente a C*, che nellistante considerato si trova sovrapposto a T.
Si ha che
(s)
(a)
(r)
vT = vT vT
(0.16)
(a)

(r)

ove vT `e la velocit`a assoluta di T e vT la sua velocit`a relativa.

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T2
T1
y3

C*(mobile)
y2

x3

y1

T
x2
O

x1

C (fissa)

Figura 0.6:

Due curve regolari in moto relativo luna rispetto allaltra; il punto T percorre la curva C rispetto
allosservatore fisso e la curva C* rispetto allosservatore mobile 0 .

Definizione 0.11 Se latto di moto di C* `e traslatorio ( = 0) si dice di puro strisciamento.


Definizione 0.12 Il moto di C* su C si dice di puro rotolamento se la velocit`
a di strisciamento
nel punto di contatto `e nulla.
(s)

In tal caso vT = 0 e, dalla (0.16)


(a)

(r)

vT = vT

(0.17)

Rappresentando la velocit`a assoluta e relativa in forma intrinseca (vedi (0.7)1 ),


(a)

(r)

vT = s (a) , vT = s (r) s (a) = s (r)


segue, integrando
(r)
(r)
s(a) (t) s(a)
o = s (t) so

che esprime il fatto che nel moto di puro rotolamento di una curva rigida mobile su una curva
rigida fissa, il punto di contatto T percorre, sulle due curve, archi uguali in tempi uguali. Si noti
che essa esprime anche una propriet`a importantissima del vincolo di puro rotolamento: si tratta
di un vincolo olonomo.
Moti rigidi piani
Definizione 0.13 Un moto rigido `e piano se esiste un piano ( 0 ) solidale con il corpo rigido
che si mantiene costantemente parallelo ed equidistante ad un piano () fisso.
Si dimostra il seguente
Teorema 0.6 In un moto rigido piano lo studio del moto del corpo rigido `e riconducibile a
quello di una figura piana (una sua sezione: ) il cui atto di moto `e

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o traslatorio

o rotatorio

La rotazione avviene intorno ad un asse istantaneo (asse di Mozzi) ortogonale al piano 0 .


Si d`a, allora, la seguente
Definizione 0.14 Si chiama centro istantaneo di rotazione il punto di intersezione dellasse
istantaneo di rotazione con il piano del moto.
In ogni istante, agli effetti del calcolo delle velocit`a, la sezione si comporta come se ruotasse
intorno al centro istantaneo (se il centro istantaneo `e all infinito, la sezione trasla). Indicando
con C tale punto e con P un generico punto di potremo scrivere
vP = CP
Ossia, poiche P `e un punto generico, vale il
Teorema 0.7 (di Chasles) Il vettore velocit`
a di ogni punto P della sezione `e ortogonale
alla congiungente tale punto con il centro istantaneo di rotazione C.
Nello studio dei moti rigidi piani, `e importante determinare la posizione del centro istantaneo di
rotazione. Ci`o si pu`o fare usando sia un metodo geometrico che un metodo analitico.
Il metodo geometrico consiste essenzialmente nella applicazione del teorema di Chasles. Infatti,
se ad esempio, si conoscono i vettori (non paralleli) vP e vQ di due punti P e Q della sezione ,
il centro C si trova allintersezione delle due normali condotte in P e Q ai vettori vP e vQ .
(s)
Il metodo analitico consiste nella applicazione della condizione vC = 0 a cui deve soddisfare il
centro istantaneo C. Si ottengono, allora, le seguenti relazioni
C =

v
,
2

OC = O +

v
2

(0.18)

che permettono di determinare, rispettivamente, la posizione di C rispetto ad un osservatore


solidale con e rispetto ad un osservatore fisso.
Le (0.18) mostrano chiaramente che il centro istantaneo di rotazione C cambia la sua posizione,
nel corso del moto della sezione , sia rispetto allosservatore con origine in O (osservatore fisso)
che rispetto allosservatore con origine in (osservatore solidale con ). Si d`a, allora, la seguente
Definizione 0.15 Il luogo dei punti occupati dal centro istantaneo rispetto allosservatore fisso
si chiama base. Quello rispetto allosservatore solidale con si chiama rulletta. La base e la
rulletta nel loro insieme sono note come traiettorie polari.
Le due curve ora definite hanno in comune, per definizione, ad ogni istante il centro istantaneo
di rotazione e possiedono un importante propriet`a espressa dal seguente
Teorema 0.8 La rulletta rotola senza strisciare sulla base.
Vale anche il viceversa di questo teorema. Cio`e
Teorema 0.9 Se due curve rotolano senza strisciare luna sullaltra allora tali curve sono
base e rulletta.

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xC

Figura 0.7:

Come ottenere le equazioni parametriche di base e rulletta.

Proiettando la (0.18)1 sugli assi dellosservatore mobile e la (0.18)2 sugli assi Oxy dellosservatore fisso (fig.0.7) si possono ottenere le equazioni della rulletta e della base, rispettivamente.
Si ha, (in termini del parametro rappresentato in figura 0.7)

dy
dy
dx

sin
cos
xC = x
C =

d
d
d

dx
dx
dy
yC = y +
C =
cos +
sin

d
d
d

Rulletta
Base

VETTORI APPLICATI
Vettore applicato
Definizione 0.16 Si chiama vettore applicato la coppia (A, v) costituita da un vettore v e dal
suo punto di applicazione A.
Definizione 0.17 Si chiama momento polare di (A, v) rispetto ad un punto Q (polo di riduzione)
il vettore (vedi fig. 0.8):
def

MQ = QA v
In modulo
|MQ | = |v| |QA| sin = |v| d
ove d = |QA| sin `e detto braccio del vettore v rispetto al polo Q.
Il momento di un vettore assegnato varia al variare del polo e/o al variare del punto di applicazione
del vettore. Tuttavia sussiste il seguente risultato

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M
Q

v
d

Figura 0.8:

Il momento polare di un vettore applicato. MQ `


e ortogonale al piano passante per Q e che contiene v.

Teorema 0.10 Il momento di un vettore applicato non cambia se si fa scorrere il polo lungo
una retta parallela alla retta di applicazione del vettore, oppure se si fa scorrere il vettore lungo
la propria retta dazione.
Definizione 0.18 Si dice momento assiale del vettore applicato (A, v), rispetto ad una retta
orientata r di versore u, lo scalare:
def

Mr = QA v u = MQ u

(Q r)

Sussiste, anche in questo caso, una importante propriet`a: il momento assiale Mr non dipende
dalla scelta del punto Q sullasse.
Si noti che il momento assiale Mr `e nullo o quando il vettore v `e nullo oppure se il vettore
applicato e u sono paralleli oppure incidenti.
Sistemi di vettori applicati
P
Sono sistemi (che indichiamo con ) costituiti da un numero finito di vettori applicati
X
: {(As , vs ); s = 1, 2, ..., n}
Definizione 0.19 Si dice risultante del sistema
R=

n
X

il vettore:

vs

s=1

Definizione 0.20 Si dice momento risultante rispetto ad un polo Q il vettore:


MQ =

n
X
s=1

QAs vs

(0.19)

15
v

A
v

Figura 0.9:

Una coppia di vettori.

Definizione 0.21 Si dice momento assiale risultante rispetto ad una retta orientata r di
versore u, lo scalare:
n
X
Mr =
QAs vs u
(Q r)
s=1

Il momento risultante MQ di un sistema di vettori applicati varia, al variare del polo Q, in base
al seguente teorema
P
Teorema 0.11 (Legge di distribuzione del momento) Dato un sistema
di vettori
applicati il momento risultante MQ varia, al variare del polo, secondo la legge
MQ0 = MQ + Q0 Q R
dove R `e il risultante di

ed MQ0 , MQ i momenti risultanti calcolati rispetto ai poli Q0 e Q.

Si ha poi il seguente
Teorema 0.12 Il momento risultante di un sistema di vettori applicati non dipende dal polo
Q se e soltanto se il risultante R del sistema risulta nullo (R = 0).
` questo, il caso della coppia:
E,
Definizione 0.22 Si dice coppia un sistema di due vettori applicati a risultante nullo.
Il fatto che il risultante sia, per definizione, nullo ci assicura che i due vettori sono tra loro
paralleli di verso opposto e di eguale modulo (vedi fig. 0.9).
Il momento della coppia `e indipendente dalla scelta del polo (perche R = 0) e pu`o essere calcolato,
ad esempio, scegliendo come polo il punto di applicazione di uno dei due vettori della coppia. Si
ottiene cos` (vedi fig. 0.9)
M = QA v
ossia, in modulo, |M| = |v| d ove il braccio d = |QA| sin `e uguale alla distanza fra le due rette
di azione dei vettori della coppia.
Si pu`o allora dire che: una coppia di vettori (non nulli) ha momento nullo se e solo se il suo
braccio `e nullo.
In tale caso i due vettori sono uguali e contrari e sulla stessa retta dazione (fig. 0.10). Per una
coppia di braccio nullo si ha R = 0, M = 0.

16

B
v

A
w

C
Figura 0.10:

D
Coppie di braccio nullo

Invariante scalare
Definizione 0.23 Si dice invariante scalare (o trinomio invariante) di un sistema
applicati la quantit`
a scalare:

di vettori

def

J = MQ R
ove MQ e R sono, rispettivamente, il momento risultante e il risultante del sistema

P
.

La denominazione di invariante deriva dal fatto che:


Teorema 0.13 Linvariante scalare J non dipende dalla scelta del polo Q.
Asse centrale di un sistema di vettori applicati
P
Sia dato un sistema
di vettori applicati il cui risultante sia R. Sia inoltre, M0 il momento
P
risultante di
rispetto ad un punto generico O dello spazio.
Si pu`o dimostrare che esiste un luogo geometrico di punti A dello spazio che, assunti come poli di
riduzione, rendono il momento risultante di un sistema di vettori applicati parallelo al risultante
R. Tale luogo `e una retta che si chiama asse centrale del sistema di vettori applicati. Tale retta
ha anche altre propriet`a che si possono dimostrare e che riassumiamo nel seguente enunciato
lasse centrale `e la retta costituita dai punti dello spazio, che presi come poli di riduzione, rendono il
momento risultante di un sistema di vettori applicati parallelo al risultante e di minimo modulo. Tale
retta `e parallela al risultante.
Lasse centrale ha la seguente equazione vettoriale
OA =

1
R MO + R
R2

ove `e un parametro reale.


Sistemi di vettori applicati equivalenti
P P0
Definizione 0.24 Due sistemi di vettori applicati
e
si dicono equivalenti se hanno lo
stesso risultante e lo stesso momento risultante rispetto ad un dato polo O.

17
Detti, cio`e, R ed
vettore risultante ed il P
momento risultante, rispetto ad un generico punto
P M0 il
0
0
O del sistema
e R , M0 quelli del sistema 0 si ha, nel caso di equivalenza
R = R0

M0 = M00

Definizione 0.25 Un sistema di vettori applicati si dice equivalente a zero (o equilibrato o


nullo) se ha risultante e momento risultante nulli (esempio: una coppia di braccio nullo).
Dato un sistema di vettori applicati si chiamano operazioni elementari le seguenti:
- laggiunta o la soppressione di una o pi`
u coppie di braccio nullo;
- la sostituzione di pi`
u vettori applicati in uno stesso punto con il loro risultante applicato
nello stesso punto o, viceversa, la decomposizione di un vettore applicato in un punto in
pi`
u vettori applicati nello stesso punto e il cui risultante sia uguale al vettore di partenza
(composizione e decomposizione);
- Il trasporto di un vettore lungo la propria retta dazione.
Si verifica che:
eseguendo successivamente su un sistema assegnato quante e quali si vogliano operazioni
elementari, si ottiene sempre un sistema equivalente al dato e, viceversa, se due sistemi sono
equivalenti si pu`o sempre, da uno di essi ottenere laltro eseguendo solo operazioni elementari.
` per questo, che due sistemi equivalenti si dicono anche riducibili luno allaltro.
E,
Esistono due importanti teoremi che stabiliscono lequivalenza di un generico sistema di vettori
applicati con un sistema pi`
u semplice:
Teorema 0.14 Quando linvariante scalare J di un sistema di vettori applicati `e uguale a
zero allora tale sistema `e equivalente ad un solo vettore, applicato ad un punto dellasse centrale,
(quando R 6= 0) o ad una sola coppia (quando R = 0) (o `e equilibrato quando si annullano sia
il risultante che il momento);
Teorema 0.15 Quando J 6= 0 ogni sistema di vettori applicati `e equivalente ad un vettore
(applicato in un punto dellasse centrale) e ad una coppia.
Nella tabella di fig. 0.11 sono riassunti i vari casi di riducibilit`a di un sistema di vettori applicati,
illustrati dai due teoremi appena enunciati.
Sistemi di vettori piani
Definizione 0.26 Un sistema di vettori applicati `e detto piano se tutte le rette di applicazione
dei vettori appartengono ad uno stesso piano.
Teorema 0.16 Ogni sistema di vettori piano ha invariante scalare nullo.

18

Polo di riduzione qualsiasi

Polo di riduzione sull'asse centrale

v.a. + coppia di momento minimo

a) R

0, J

vettore applicato + coppia

b) R

0 , J=0

vettore applicato + coppia

c) R

0,M

coppia

non esiste l'asse centrale

d) R

0,M

coppia di braccio nullo


(sistema equilibrato)

non esiste l'asse centrale

Figura 0.11:

vettore applicato

Vari casi di riducibilit`


a di un sistema di vettori applicati.

Una notevole conseguenza di questo teorema `e costituita dal fatto che essendo J = 0, un sistema
piano `e equivalente ad un solo vettore applicato in un punto dellasse centrale quando R 6= 0
(pur di scegliere il polo Q appartenente allasse centrale) o ad una sola coppia quando R = 0.

Sistemi di vettori paralleli


Definizione 0.27 Chiamiamo sistema di vettori applicati paralleli, un sistema
le rette di azione dei vettori sono parallele.

in cui tutte

Teorema 0.17 Un sistema di vettori paralleli ha invariante scalare J = 0.


Essendo J = 0 un sistema di vettori paralleli `e equivalente, quindi, ad un solo vettore applicato
in un punto dellasse centrale se R 6= 0 oppure ad una sola coppia quando R = 0.
Per un sistema di vettori paralleli si introduce un concetto molto importante: il concetto di
centro.
Esso `e un punto, C, che appartiene allasse centrale ed `e individuato tramite la
n

1 X
vs OAs
OC =
R
con

Pn

s=1 vs

s=1

= R (modulo del risultante del sistema di vettori (As , vs )). In componenti


n

xC =

1 X
vs xs ;
R
s=1

yC =

1 X
v s ys ;
R
s=1

zC =

1 X
vs zs
R
s=1

essendo OC = (xC , yC , zC ), OAs = (xs , ys , zs ).


Tale punto, per la sua propriet`a di appartenere allasse centrale e di non mutare qualunque sia la
u conveniente per ridurre il sistema di vettori paralleli
direzione comune dei vettori, `e il punto pi`
ad un vettore applicato (C, R).

19
BARICENTRI

Massa di un corpo
La massa `e un ente fisico legato alla quantit`a di materia associata ad un corpo e che, nellambito
della Meccanica classica, risulta indipendente dallo stato di moto del corpo stesso e da ogni sua
` uno scalare sempre positivo e possiede la propriet`a di additivit`a nel
possibile deformazione. E
senso che la massa di un corpo `e uguale alla somma delle masse delle sue parti.
Chiamiamo, allora, punto materiale un punto dotato di massa e sistema particellare o sistema
di punti materiali un insieme di n punti materiali: ({ Ps , ms }; s = 1, 2, ..., n).
Se il corpo `e un continuo, si suppone di poter introdurre una funzione detta densit`
a di massa
cos` definita
m
dm
(P ) = lim
=
(0.20)
0
d
supposto che il limite esista (m e rappresentano, rispettivamente, la massa e la misura di
un elemento del corpo). Dalla (0.20) segue
Z
dm = (P )d m =
(P )d

Se `e costante (corpo omogeneo) si ha


Z
m = d =

ove rappresenta la misura (volume, area o lunghezza) del dominio di integrazione, cio`e del
corpo in esame.
Baricentro di un sistema particellare
Dato un sistema di n punti materiali ({Ps , ms }; s = 1, 2, ..., n) si d`a la seguente
Definizione 0.28 Si dice baricentro (o centro di massa) di un sistema di punti materiali il
punto G cos` definito:
n
def 1 X
OG =
(0.21)
ms OPs
M
s=1

ove il punto
Pn O `e arbitrario (ma possiamo pensarlo come lorigine di un sistema di riferimento)
ed M = s=1 ms .
Le coordinate del baricentro G rispetto agli assi di un sistema cartesiano ortogonale Oxyz sono
quindi
n
n
n
1 X
1 X
1 X
xG =
ms xs ,
yG =
ms ys ,
zG =
ms zs
M
M
M
s=1

s=1

s=1

ove si `e indicato con OG (xG , yG , zG ), OPs (xs , ys , zs ) le coordinate del baricentro e dei
punti del sistema.
A partire dalla definizione di centro di un sistema di vettori applicati, si pu`o dimostrare che

20
Teorema 0.18 Il baricentro di un sistema di punti materiali (Ps , ms ) coincide con il centro
di un sistema di vettori paralleli e concordi di modulo proporzionale alle masse dei punti di
applicazione.
Nel caso di un continuo la (0.21) assume la forma

OG =

1 R
1 R
OP dm =
(P )OP d =

M
M

1 R

xG =
(P )xd

1 R
yG =
(P )yd

zG = 1
(P )zd
M

e, se il corpo `e omogeneo ( = M/),


1
OG =

Z
OP d

o, in componenti
1
xG =

Z
xd ,

1
yG =

Z
yd ,

1
zG =

Z
zd.

Cio`e: quando il corpo `e omogeneo la posizione del baricentro non dipende dalla funzione densit`a
ma solo dalla geometria (attraverso ) del sistema materiale.
Ci sono alcuni teoremi di ubicazione del baricentro che servono a localizzare il baricentro (o
alcune sue coordinate) senza dover ricorrere al calcolo integrale.
Teorema 0.19 Quando le masse di un sistema sono distribuite lungo un segmento di retta
o su un piano, il baricentro appartiene a quel segmento di retta o a quel piano.
Teorema 0.20 Se un sistema di punti materiali `e non esterno ad una superficie convessa (o
ad una curva convessa) il baricentro si trova non esternamente alla superficie (o curva) convessa.
Teorema 0.21 (propriet`
a distributiva del baricentro) Se un sistema `e suddivisibile in
pi`
u sottosistemi, allora il baricentro del sistema complessivo si ottiene calcolando il baricentro
delle singole parti (Si veda la fig.0.12).
Definizione 0.29 Si chiama piano di simmetria di massa per un sistema materiale, un piano
di simmetria per il sistema geometrico corrispondente e tale che i punti simmetrici rispetto a tale
piano hanno uguale massa.
Teorema 0.22 Se un sistema materiale `e dotato di un piano di simmetria di massa, allora
il baricentro appartiene a tale piano (fig.0.13).

21

S=S 1 + S 2
G1

S1

m1 OG1 + m2 OG2
m1 + m 2

OG=

(m 1 )

S2
(m 2 )

G2

O
Figura 0.12:

Illustrazione del teorema 0.21.

d
z

x
Figura 0.13:

Corpo con un piano di simmetria di massa e ubicazione del baricentro.

22
MOMENTI DI INERZIA
Momento dinerzia
Definizione 0.30 Si chiama momento di inerzia di un punto materiale P di massa m, rispetto
ad un asse a, la grandezza scalare non negativa:
I = mr2
ove r `e la distanza del punto dallasse. Per un sistema particellare di n punti materiali si ha
I=

n
X

ms rs2

(0.22)

s=1

che esprime la propriet`


a di additivit`
a dei momenti dinerzia. Se il corpo `e un continuo di misura
si ha
Z
Z
2
I=
r dm =
(P )r2 (P )d

essendo r e (densit`a) funzioni delle coordinate del punto variabile P del corpo nel quale `e
centrato lelemento d.
Il momento dinerzia dipende dalla retta rispetto alla quale viene calcolato. Esistono alcuni
teoremi che permettono di semplificare le procedure di calcolo dei momenti dinerzia. Il primo di
tali teoremi permette di collegare fra loro i valori dei momenti dinerzia relativi a rette fra loro
parallele nota lubicazione del baricentro del sistema.
Teorema 0.23 (di Huygens-Steiner) Il momento dinerzia I di un corpo rispetto ad un
asse `e uguale al momento dinerzia IG rispetto ad un asse baricentrale parallelo ad , sommato
alla massa M del corpo moltiplicata per la distanza al quadrato (d2 ) fra i due assi
I = IG + M d2
Il secondo teorema permette di collegare fra loro i momenti dinerzia relativi a rette uscenti tutte
da uno stesso punto (o, in altri termini, permette di studiare come varia il momento d inerzia
di un corpo al variare della direzione di un asse).
Consideriamo un generico asse l passante per un punto O e sia u il versore di tale asse (vedi fig.
0.14). Esprimendo la distanza rs fra un generico punto Ps del sistema e lasse
rs = |OPs u|
e sostituendola in (0.22), si ottiene (OP s (xs , ys , zs ) e le componenti del versore u sono i coseni
direttori , , , dellasse l rispetto alla terna di riferimento Oxyz)
0

I = A2 + B 2 + C 2 2A 2B 2C
avendo posto
P
A = ns=1 ms (ys2 + zs2 ),
0

A =

Pn

s=1 ms ys zs ,

B=
0

Pn

B =

2
s=1 ms (xs

Pn

+ zs2 ),

s=1 ms xs zs ,

C=
0

Pn

C =

2
s=1 ms (xs

Pn

(0.23)

+ ys2 )

s=1 ms xs ys

(0.24)

23
z
rs
Ps ( x s ys z s )

l
u

c1

Figura 0.14:

Il sistema di riferimento nel problema degli assi concorrenti.

La (0.23) si mantiene valida nel caso di un sistema continuo pur di pensare A, B, ecc. espresse,
anzich`e dalle (0.24), dalle
R
R
R
A = (y 2 + z 2 )d, B = (x2 + z 2 )d, C = (x2 + y 2 )d
0

A =

yzd,

B =

xzd,

C =

xyd

Le quantit`a A, B, C coincidono con i momenti dinerzia del sistema rispetto agli assi x, y, z. Le
quantit`a A0 , B 0 , C 0 , sono chiamati momenti di deviazione.
Matrice dinerzia
Le quantit`a A, B, C, A0 , B 0 , C 0 possono essere pensate come gli elementi di una matrice chiamata
matrice dinerzia

0
0
A C B
0
0
= C
B
A
B

che ha due importantissime propriet`a:


a) `e simmetrica;

b) `e definita positiva

Queste due condizioni hanno delle notevoli conseguenze dal punto di vista algebrico-geometrico.
Il fatto che la matrice sia simmetrica implica che
essa `e sicuramente diagonalizzabile e possiede autovalori reali e una base ortonormale di autovettori.
Definizione 0.31 Si dice asse principale dinerzia relativo alla matrice dinerzia una retta
che ha la direzione di un autovettore di .
Se si riferisce la matrice dinerzia ad un sistema cartesiano i cui assi sono principali dinerzia
(cio`e, sono gli autovettori della matrice), essa assume forma diagonale (A0 = B 0 = C 0 = 0) e i
momenti A, B, C relativi agli assi cartesiani prendono il nome di momenti principali dinerzia.
La condizione b) implica che la quadrica che pu`o essere associata alla matrice risulta essere
un ellissoide (ellissoide dinerzia).

24
Ellissoide dinerzia
` noto dalla geometria che ad ogni matrice simmetrica pu`o essere associata una quadrica. Quando
E
la matrice `e definita positiva (come nel caso della matrice dinerzia ) la quadrica, il cui centro
coincida con lorigine degli assi ai quali si riferisce la matrice, `e un ellissoide. Si dimostra che
esso ha equazione
Ax2 + By 2 + Cz 2 2A0 yz 2B 0 xz 2C 0 xy = 1
(0.25)
e, nel caso in cui gli assi cartesiani siano gli assi dellellissoide (assi principali dinerzia), tale
equazione assume la forma canonica
Ax2 + By 2 + Cz 2 = 1
In relazione al concetto di ellissoide dinerzia si danno le seguenti definizioni:
Definizione 0.32 Si dice ellissoide centrale d inerzia lellissoide dinerzia il cui centro
coincide con il baricentro del corpo.
Definizione 0.33 Un corpo si dice a struttura giroscopica rispetto ad un punto O quando
il suo ellissoide dinerzia di centro O `e rotondo (cio`e due qualsiasi delle grandezze a, b, c sono
uguali).
Definizione 0.34 Un corpo si dice giroscopio se ha struttura giroscopica rispetto al suo
baricentro.

Ricerca degli assi principali dinerzia


La conoscenza degli assi principali dinerzia consente di rappresentare la matrice dinerzia mediante tre soli elementi non nulli anzich`e i sei che si hanno rispetto ad assi cartesiani qualunque.
Risulta quindi importante determinare gli assi principali dinerzia di un corpo. La ricerca degli
assi principali dinerzia si pu`o sempre effettuare calcolando gli autovettori della matrice (cosa,
peraltro, non sempre agevole), tuttavia quando il corpo possiede particolari simmetrie gli assi
principali dinerzia si possono trovare applicando alcuni teoremi.
Teorema 0.24 Ogni asse normale ad un piano di simmetria di massa `e principale dinerzia.

Teorema 0.25 Se un corpo ha due piani di simmetria di massa tra loro ortogonali, allora
gli assi principali rispetto ad ogni punto O della retta r dintersezione dei due piani, sono dati
da r e dalle rette passanti per O appartenenti ai due piani ed ortogonali ad r (vedi, ad esempio,
la fig. 0.15).
Teorema 0.26 Se un corpo ha una retta r di simmetria di massa, allora tutti gli assi perpendicolari ad r sono principali dinerzia e quindi anche r sar`
a principale dinerzia (vedi, ad
esempio, la fig. 0.16). .

25
z

Figura 0.15:

Illustrazione del teorema 0.25. Il cilindro (omogeneo) `


e a sezione ellittica ed ha, quindi, due piani di
simmetria di massa: tutti i sistemi rappresentati sono principali dinerzia.

Figura 0.16:

Illustrazione del teorema 0.26. Lasse del cono (omogeneo) `


e di simmetria di massa: esso ed altri due
qualsiasi perpendicolari tra loro e perpendicolari ad r costituiscono un sistema dassi principali.

Teorema 0.27 Quando un corpo `e una figura piana ogni retta normale al piano della figura
`e un asse principale dinerzia.

FORZA, LAVORO, POTENZIALE


Il concetto di forza
Definiamo per il momento (poi preciseremo meglio il concetto nellambito dei principi della
dinamica), una forza come il vettore che caratterizza linsieme delle influenze che un punto
materiale o un elemento di materia esercita su un altro punto o elemento in modo da alterarne
lo stato di quiete o di moto.
Osservazioni sperimentali, combinate con la sensazione di sforzo muscolare, portano ad attribuire
alla forza una direzione, un verso, una intensit`
a ed un punto di applicazione. In altri termini,
una forza `e schematizzabile con un vettore applicato (A, F).

26
Una forza pu`o essere costante o dipendere da qualche variabile come, ad esempio il tempo, le
coordinate del punto di applicazione, la sua velocit`a ecc...
Indicando con F la forza agente su un punto materiale avremo, nella sua caratterizzazione pi`
u
generale
F = F(P, v, t) F = F(x, y, z, x,
y,
z,
t)
ove x, y, z sono le coordinate del punto P , x,
y,
z le componenti della sua velocit`a, t `e il tempo.
In particolare
Definizione 0.35 Una forza si dice posizionale se dipende solo dal suo punto di applicazione:
F = F(P ) = F(x, y, z).
Dai concetti di forza, di massa e dalle caratteristiche cinematiche del moto, si possono dedurre
concetti meccanici derivati. In particolare ha interesse il concetto di lavoro.
Lavoro elementare e lavoro totale
Il lavoro elementare `e una forma differenziale lineare ottenuta facendo il prodotto scalare della
forza per uno spostamento infinitesimo del suo punto di applicazione (cio`e da P (t) a P (t + dt)
compiuto da P nel tempo infinitesimo dt)
dL = F dP = Fx dx + Fy dy + Fz dz
ove dP (dx, dy, dz) rappresenta lo spostamento infinitesimo del punto di applicazione della
forza F (Fx , Fy , Fz ).
A volte `e utile rappresentare il lavoro in termini di velocit`a del punto di applicazione P . Si ha,
in tale caso
dL = F dP F vdt = (Fx x + Fy y + Fz z)dt

Il lavoro totale (lavoro lungo un cammino finito) fatto dalla F durante il moto di P nellintervallo
di tempo da t0 a t1 lungo larco di traiettoria `e dato da
Z
L=

Z
F dP =

t1

F vdt =
t0

Fx dx + Fy dy + Fz dz =

t1

t0

(Fx x + Fy y + Fz z)dt

Introducendo la potenza sviluppata dalla forza F e definita da


W (t) = F v
si pu`o esprimere il lavoro totale nella forma
Z

t1

L=

t1

F vdt L =
t0

W (t)dt

(0.26)

t0

Tenendo conto che se s = s(t), (con t0 t t1 ), rappresenta la legge oraria con la quale il punto
P percorre la traiettoria e che
dP
s = ts
v=
ds

27
dalla (0.26) si ottiene

t1

L=
t0

F sdt.

(F = F t)

(0.27)

La (0.27) e quindi la (0.26) rappresentano, nel caso pi`


u generale, il lavoro totale di una forza
lungo un cammino finito e potremo dire che:
tale lavoro dipende dalla traiettoria (attraverso il versore t) e dalla legge oraria con cui si muove
il punto di applicazione P .
Forze posizionali
Quando la forza `e posizionale (cio`e F = F(P )) lintegrale che fornisce il lavoro totale:
Z
L = F dP

pu`o essere ricondotto ad un integrale nella sola variabile s senza coinvolgere il tempo che ora non
figura pi`
u nella forza. In tal caso si ottiene
Z
Z s1
Z s1
L = F dP =
(0.28)
F tds =
F ds

s0

s0

ove ds `e la variabile dintegrazione e F dipende solo dalla posizione di P sulla traiettoria. La


(0.28) si pu`o interpretare dicendo che: il lavoro finito di una forza posizionale dipende solo dalla
traiettoria percorsa da P e non dalla sua legge oraria.
Forze conservative
Una importantissima classe di forze posizionali sono le forze conservative.
Per queste forze si verifica la circostanza notevolissima che per il calcolo del lavoro non si richiede
nemmeno pi`
u la conoscenza della traiettoria del punto di applicazione della forza ma basta che
ne siano assegnati gli estremi P0 e P1 .
Definizione 0.36 Una forza si dice conservativa quando la forma differenziale del suo lavoro
`e un differenziale esatto.
Nel nostro caso la forma differenziale
dL = Fx dx + Fy dy + Fz dz
risulta essere esatta se esiste una funzione regolare U = U (x, y, z) (potenziale) tale che
dL = dU
ossia

U
U
U
dx +
dy +
dz
x
y
z
da cui segue lidentificazione, poiche dx, dy, dz sono arbitrari
Fx dx + Fy dy + Fz dz =

Fx =

U
x

Fy =

U
y

Fz =

U
z

(0.29)

28

Forze

Forze conservative

posizionali

Figura 0.17:

Se una forza `
e conservativa `
e sicuramente posizionale ma non `
e vero il viceversa...

Poiche U = U (x, y, z), si vede da queste che se una forza `e conservativa le sue componenti
essendo le derivate parziali di una funzione di x, y, z possono essere funzioni solo delle coordinate
del punto di applicazione della forza. Una forza conservativa `e quindi senzaltro posizionale ma
non vale necessariamente il viceversa in quanto possono esistere forze posizionali che non sono
conservative dato che il loro lavoro non `e un differenziale esatto (cio`e le loro componenti non
soddisfano la (0.29)).
Osservazione - Poiche il potenziale `e definito mediante una condizione di tipo differenziale, esso risulta definito sempre
a meno di una costante additiva arbitraria. Pertanto, per individuare univocamente il valore del potenziale in un punto,
bisogna assegnare il valore di tale costante e ci`
o si fa attribuendo arbitrariamente il valore zero al potenziale in un certo
punto dello spazio.

Ricordando la definizione di gradiente di una funzione scalare (x, y, z):

i+
j+
k =
i+
j+
k
x
y
z
x
y
z

si osserva subito che le (0.29) si possono compendiare nella unica uguaglianza vettoriale
F = U
Sussiste, per le forze conservative il seguente fondamentale risultato: il lavoro di una forza
conservativa quando il suo punto di applicazione P si sposta da P0 a P1 seguendo un qualunque
cammino , non dipende dal cammino percorso ma solo dalle posizioni iniziale e finale di P .
Infatti, dalla
U
U
U
dL = Fx dx + Fy dy + Fz dz =
dx +
dy +
dz
x
y
z
segue (poiche x = x(s), y = y(s), z = z(s) dx =
Z

s1

L=
s0

dx
ds ds, dy

U dx U dy U dz
+
+
x ds
y ds
z ds

dy
ds ds, dz

s1

ds =
s0

dz
ds ds)

U
ds
s

ove s0 ed s1 sono le ascisse curvilinee di P0 e P1 sulla curva . Da (0.30) si ricava


L = U (s1 ) U (s0 ) = U (P1 ) U (P0 )

(0.30)

29
In particolare, dal fatto che U `e per ipotesi una funzione ad un solo valore segue che, se si
prendono P0 e P1 coincidenti (curva chiusa), si ha U (P1 ) = U (P0 e quindi
L=0
Cio`e: il lavoro di una forza conservativa `e nullo per ogni cammino chiuso.
Lavoro di un sistema di forze
Nel caso di un sistema discreto di N forze applicate in N punti Ps si definisce lavoro elementare
del sistema di forze la somma dei lavori elementari compiuti dalle singole forze. Si ha, cio`e, con
ovvio significato dei simboli
N
X
dL =
Fs dPs
s=1

Particolarmente importanti nelle applicazioni sono le rappresentazioni del lavoro elementare nel
caso di forze agenti:
su un corpo rigido
su un sistema olonomo

Lavoro di forze agenti su un corpo rigido


Siano date N forze applicate ad N punti di un corpo rigido. Poiche il corpo in esame `e supposto
rigido gli spostamenti dei suoi punti non sono arbitrari ma, come sappiamo (vedi cinematica
rigida) sono soggetti alla legge di distribuzione (poniamo d = dt)
dPs = d + d Ps
Allora, sostituendo tale espressione in dL, si ottiene senza difficolt`a che
dL = R d + M d
P
P
e il vettore risultante delle forze applicate, M = N
e il momento
ove R = N
s=1 Fs `
s=1 Ps Fs `
risultante delle forze applicate.
Si pu`o interpretare il risultato ottenuto dicendo che: il lavoro di un sistema di forze applicate ad
un corpo rigido dipende solo dal risultante e dal momento risultante delle forze.
Lavoro di forze agenti su un sistema olonomo
Tenendo conto della seguente espressione per gli spostamenti dei punti di un sistema olonomo (ci
limitiamo a considerare il caso del lavoro virtuale L relativo agli spostamenti Ps perche questo
`e il caso che si incontra pi`
u frequentemente nella teoria)
Ps =

Ps
qh
qh

30
si ottiene
L =

N
X

Fs Ps =

s=1

N
X

Fs

s=1

Ps
qh = Qh qh
qh

avendo definito le seguenti quantit`


a note come forze generalizzate di Lagrange o componenti
lagrangiane di una forza:
Qh =

N
X

Fs

s=1

Ps
qh

(h = 1, 2, ...n)

Nel caso di un sistema olonomo conservativo si ha che


U = U (qh )
e per un qualunque spostamento virtuale
U =

U
qh
qh

Pertanto la
L = U
implica, poiche L = Qh qh ,
Qh =

U
qh

(h = 1, 2, ..., n)

(0.31)

Questo risultato costituisce un legame di fondamentale importanza tra le forze di Lagrange ed il


potenziale nel caso di forze conservative. In termini espliciti la (0.31) si scrive
Q1 =

U
U
, Q2 =
q1
q2

, ... , Qn =

U
qn

I PRINCIPI DELLA DINAMICA

I principi della dinamica


Scopo della dinamica `e quello di studiare il movimento dei corpi sulla base delle relazioni che
intercorrono tra le cause del moto ed il moto stesso. Tre principi stanno alla base di questo
studio. Vogliamo rilevare che tali principi sono stati formulati da Newton nel caso particolare
di un punto materiale e a tale caso, per ora, ci riferiamo. Nel seguito, generalizzeremo i principi
al caso dei sistemi di punti (anche rigidi) ottenendo, in tal modo, quelle che sono note come
equazioni cardinali della dinamica.
I0 principio della dinamica (o principio dinerzia):
Un punto materiale non soggetto a forze `e in quiete o si muove di moto rettilineo ed uniforme.

31

P1

F2 1

F12

P2

F31
F3 2
F21 = -F1 2
F13

F31 = - F1 3 ecc.

F2 3
P3

Figura 0.18:

Illustrazione del terzo principio della dinamica nel caso di un sistema costituito da tre punti.

II0 principio della dinamica:


Un punto materiale soggetto ad una forza (F) acquista una accelerazione parallela e concorde alla
forza stessa e di modulo proporzionale a quello della forza:
ma = F

(o q = F; con q = mv : quantit`
a di moto)

(0.32)

III0 principio della dinamica:


Dato un sistema di punti materiali interagenti tra loro, le forze che tali punti si scambiano a due a
due (forze interne) sono uguali in modulo, di verso opposto ed hanno la stessa retta dazione che
coincide con la retta congiungente i due punti. Costituiscono, cio`e, un sistema di coppie di braccio
nullo.
Il principio in questione si pu`o enunciare anche affermando che
Ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria.
Osservazione -

Proiettando la (0.32) su un sistema Oxyz di assi cartesiani ortogonali si trova


8
x
< m
m
y
:
m
z

=
=
=

Fx (x, y, z, x,
y,
z,
t)
Fy (x, y, z, x,
y,
z,
t)
Fz (x, y, z, x,
y,
z,
t)

(0.33)

Questo `
e un sistema di tre equazioni differenziali del secondo ordine (o, equivalentemente, un sistema differenziale del sesto
ordine) che integrato, dopo avere assegnato le condizioni iniziali x = xo , y = yo , z = zo (posizione iniziale del punto),
x = x o , y = y o , z = zo (velocit`
a iniziale del punto), permette di determinare le funzioni incognite x(t), y(t) e z(t), cio`
e, il
moto del punto materiale.

Qualche considerazione sui principi della dinamica


Il primo principio della dinamica, nella sua formulazione classica, `e una diretta conseguenza del
secondo. Infatti, se si pone F = 0 nella (0.32) si ha che
a = 0 v = costante .

32
Tale risultato, costituisce proprio lenunciato del primo principio. Tuttavia esso `e stato formulato
in modo indipendente per ragioni storiche; infatti esso fu stabilito da Galileo alcuni decenni prima
del secondo principio.
Osserviamo poi che, nellenunciare una qualunque legge in cui intervengono i concetti di forza
e di moto, occorre precisare quale sia il sistema di riferimento rispetto a cui essa `e valida. La
meccanica classica ammette, come propriet`a naturale (postulato), lesistenza di (almeno) una
terna di riferimento rispetto a cui sono validi i principi enunciati, terna che (convenzionalmente)
si chiama assoluta come assoluto si dice lo spazio rigido ad essa solidale. Secondo la concezione
newtoniana si assume quale spazio assoluto quello solidale alle stelle fisse.
Altre leggi della dinamica
Ci sono alcune altre leggi che si suole aggiungere ai tre principi enunciati.
Chiamando inerziale o galileiana ogni terna che rispetto ad una terna assoluta si muova di moto
traslatorio uniforme si pu`o enunciare il cosiddetto
X Principio di relativit`
a galileiana:
Le leggi della meccanica si mantengono valide, senza mutare espressione (sono invarianti), rispetto
ad ogni terna inerziale.
X Principio di composizione delle forze:
Se due forze agiscono simultaneamente su un punto materiale, laccelerazione prodotta `e il risultante
delle due accelerazioni prodotte singolarmente dalle due forze, pensate agenti luna indipendentemente
dallaltra.
In altri termini, se F1 ed F2 sono due forze e a1 , a2 le accelerazioni che esse producono su
un punto materiale di massa m agendo singolarmente, laccelerazione prodotta dalle due forze,
quando agiscono simultaneamente `e
a = a1 + a2 =

1
(F1 + F2 )
m

Questo principio permette


di sostituire allinsieme delle N forze agenti su un punto materiale la
P
forza risultante R = N
F
s=1 s (principio di composizione delle forze). Ne segue che il moto di un
punto materiale soggetto a pi`
u forze si studia ancora mediante la legge (0.32) pur di identificare
F con il vettore risultante di tutte le forze applicate.
Un importante ulteriore principio che viene posto alla base della dinamica classica `e il seguente.
X Postulato delle reazioni vincolari:
Lazione che un vincolo esplica su un punto `e rappresentabile con una forza.
Tale postulato si giustifica pensando che `e naturale ritenere che un vincolo, impedendo o modificando il movimento che determinate forze produrrebbero su un sistema libero esplichi delle
forze. Tali forze si chiamano reazioni vincolari. Si usa chiamare invece forza attiva ogni forza
non dovuta ai vincoli. Se il risultante delle forze attive agenti su un punto materiale vincolato
`e indicato con F e rappresenta la forza dovuta al vincolo, la forza totale agente sul punto

33
`e allora, in base al principio di composizione delle forze, F + . Pertanto la legge (0.32), va
sostituita con la
ma = F +
Nei problemi tecnici concreti le reazioni vincolari sono incognite ma, spesso, la loro determinazione presenta un grande interesse perche permette di determinare la sollecitazione a cui un
corpo risulta soggetto durante il moto (o allequilibrio).
Il IIo principio rispetto ad una terna non inerziale
Quando si desideri studiare il moto di un punto rispetto ad un riferimento non assoluto si deve
sostituire la (0.32) con una equazione che tenga conto della non inerzialit`a del sistema.
Denotiamo con v(r) ed a(r) la velocit`a e laccelerazione, rispetto alla terna (non inerziale!)
prescelta, di un punto materiale P che sia soggetto alla forza risultante F. Sia, inoltre, la
velocit`a angolare della terna non inerziale rispetto a quella assoluta.
Facendo uso del teorema di Coriolis (a(a) = a(r) + a( ) + 2 v(r) ) si ottiene
ma(r) = F ma( ) 2m v(r)

(0.34)

che esprime la legge fondamentale della meccanica rispetto ad un sistema non inerziale.
La (0.34) si pu`o scrivere anche
ma(r) = F + F( ) + F(c)
(0.35)
avendo introdotto la forza di trascinamento
F( ) = ma( )
e la forza di Coriolis (o complementare)
F(c) = 2m v(r)
Queste due forze sono dette forze apparenti o non inerziali. La (0.35) si pu`o interpretare dicendo
che:
nel moto di un corpo rispetto ad un sistema non inerziale il prodotto della massa per laccelerazione
`e uguale alla forza totale (assoluta) sommata alle forze apparenti.
Osservazione -

Si noti che se nella (0.35), F = 0 non risulta ar = 0 e quindi vr = cost. Se anche dunque il punto

materiale non `
e soggetto a forze, esso non persiste nel suo stato di quiete o di moto rettilineo ed uniforme: in un riferimento
non inerziale non vale, quindi, il principio dinerzia.

La dinamica dei sistemi


La (0.32) `e stata ottenuta da Newton nel caso particolare in cui il corpo sia un punto materiale.
Tuttavia, la (0.32), si pu`o generalizzare al caso di un sistema qualsivoglia.
Considerando, dapprima, un sistema particellare costituito da N punti e denotando con ms e
(e)
(i)
as rispettivamente, la massa e laccelerazione di un suo generico punto Ps e con Fs ed Fs i
risultanti delle forze esterne ed interne agenti su esso, il II0 principio della dinamica, applicato a
Ps , si scrive
(i)
ms as = F(e)
(s = 1, 2..., N )
(0.36)
s + Fs

34
Sommando sullindice s e tenendo conto che il risultante delle forze interne R(i) =
in base al IIIo principio, si ottiene
N
X
ms as = R(e)

PN

(i)
s=1 Fs

= 0,

s=1

Considerando, poi, ancora la (0.36) e agendo su di essa, a sinistra, con loperatore di prodotto
vettoriale Ps e sommando, si ha
N
X

(e)

(i)

Ps ms as = M + M

(0.37)

s=1
(e)

(i)

ove M e M rappresentano i momenti risultanti rispetto ad delle forze esterne e di quelle


(i)
interne, applicate nei punti Ps . Ma M = 0 (per il III0 principio). Pertanto, la (0.37) si pu`o
scrivere
N
X
(e)
Ps ms as = M
s=1

Le equazioni differenziali del

ordine:
P
N
(e)

s=1 ms as = R

PN P m a = M(e)
s
s s
s=1

(0.38)

prendono il nome di equazioni cardinali della dinamica (per sistemi particellari).


Le (0.38) si trovano solitamente espresse in una forma particolare, molto utile nelle applicazioni.
Si ottiene dapprima, che
N
X

ms as = Q
(0.39)
s=1

avendo definito la quantit`


a di moto totale del sistema:
def

Q =

N
X

ms vs

s=1

Definendo, poi, momento della quantit`


a di moto (rispetto ad un polo ) di un punto P, di massa
m e velocit`a v, la grandezza
K = P mv
e, per un sistema di punti,
K =

N
X

Ps ms vs

s=1

si ottiene che

N
X
s=1

+ v Q
Ps ms as = K

(0.40)

35
= maG ) e tenendo conto di (0.39) e (0.40) le equazioni cardinali
Osservando che Q = mvG ( Q
(0.38) si scrivono, allora,

(e,a) + R(e,v)
Q maG = R
(0.41)

(e,a)
(e,v)
K + mv vG = M + M
avendo anche distinto le forze esterne in attive e vincolari. La (0.41)1 prende il nome di equazione
del moto del baricentro ed esprime la seguente propriet`a: il baricentro di un qualunque sistema
materiale si muove come un punto materiale dotato della massa dellintero sistema e sollecitato
dal risultante delle forze esterne (attive e vincolari).
Osservazione -

Se si considera un corpo in quiete ad un certo istante, affinch


e le forze esterne su di esso agenti non
turbino tale quiete devono essere nulli, in ogni istante successivo a quello considerato, i termini cinetici Q e K :
Q = 0,
Si ha allora, dal sistema (0.41)

K = 0

8
(e,a) + R(e,v) = 0
< R
:

(e,a)

(e,v)

+ M

=0

Questo sistema di equazioni (non differenziali !) costituisce le equazioni cardinali della statica

Teorema della energia cinetica (o delle forze vive)


Per un punto materiale vale un importante risultato che `e conseguenza del IIo principio. Infatti,
partendo da esso e moltiplicandone scalarmente ambo i membri per dP (ma dP = F dP ) si
ottiene immediatamente
dT = dL
(0.42)
essendo dT il differenziale della energia cinetica del punto (T = 21 mv2 ). La (0.42), nota come
teorema della energia cinetica, `e una equazione differenziale scalare del 10 ordine.
Se le forze agenti risultano conservative si ha, come `e noto, dL = dU e, pertanto, il teorema della
energia cinetica assume la forma
dT = dU ;

d(T U ) = 0

ossia
T U E = costante = E0

(o T + V = costante)

(0.43)

essendo E lenergia meccanica totale ed E0 lenergia meccanica totale allistante iniziale t0 .


La (0.43) rappresenta il principio di conservazione della energia totale.
Il teorema della energia cinetica si pu`o estendere ad un sistema di punti. Partendo dalla
(i)
ms as = F(e)
s + Fs

e moltiplicandone scalarmente ambo i membri per lo spostamento infinitesimo dPs e sommando


poi rispetto allindice s si ottiene, con alcuni passaggi
dT = dL(e) + dL(i)

(0.44)

36
Riotteniamo cos`, il teorema dellenergia cinetica per un sistema di punti che, a differenza di
quello relativo ad un solo punto, contiene anche il lavoro delle forze interne.
Se si segue la distinzione delle forze esterne in attive e vincolari il termine dL(e) consta dei due
pezzi dL(e,a) e dL(e,v) e la (0.44) si pu`o scrivere
dT = dL(e,a) + dL(e,v) + dL(i)
Il teorema della energia cinetica (in una qualsiasi delle sue forme) esprime il seguente risultato:
durante il moto di un qualsiasi sistema materiale la variazione subita in un intervallo di tempo
dt dalla energia cinetica uguaglia il lavoro compiuto nello stesso intervallo da tutte le forze attive
e vincolari (esterne ed interne).
Osservazione - Il teorema della energia cinetica svolge un ruolo molto importante perche pu`o sostituire una delle
equazioni cardinali nello studio del moto di un sistema (si noti che esso `
e stato ottenuto come conseguenza della ma = F e,
quindi, ha a tutti gli effetti, lo stesso ruolo nellesame delle propriet`
a del moto: tuttavia esso ha il vantaggio di essere una
relazione di tipo scalare). Nel caso importante e frequente in cui le forze siano conservative il teorema della energia cinetica
d`
a, poi, luogo al principio di conservazione della energia totale.

CINEMATICA DELLE MASSE

Quantit`
a di moto, momento della quantit`
a di moto, energia cinetica
Definiamo quantit`
a di moto (q), momento della quantit`
a di moto rispetto ad un polo (K ) ed
energia cinetica (T) per un punto materiale P (di massa m e velocit`a v) e per un sistema di
punti materiali ({Ps , ms }; s = 1, 2, ..., n) le seguenti grandezze:
a) Punto materiale
q = mv ,

K = P mv ,

1
T = mv2
2

b) Sistema di punti materiali


Ci sono due sottocasi: b) sistema discreto, b) sistema continuo.
b) Sistema discreto:
Q=

n
X

ms vs ,

s=1

K =

n
X

Ps ms vs ,

s=1

T =

1X
ms vs2
2

(0.45)

s=1

b) Sistema continuo:
Se dm = d esprime la massa di un elemento infinitesimo d di un sistema continuo si
possono esprimere la quantit`a di moto, il momento della quantit`
a di moto e lenergia cinetica di
un elemento del continuo, di velocit`a v, nel seguente modo
dq = vd ,

dK = P vd ,

1
dT = v 2 d
2

37
Ps

P2
z

P1
G

P3

Figura 0.19:

Sistema di riferimento baricentrale. Poich


e gli assi di tale sistema mantengono direzione invariabile rispetto
a quelli del sistema assoluto, possiamo affermare che G si muove di moto traslatorio.

e, quindi, integrando sul dominio del corpo


Z
Z
Q = vd , K = P vd ,

1
T =
2

Z
v 2 d

Teorema del moto del baricentro


Per un sistema materiale (discreto o continuo) sussiste il seguente:
Teorema 0.28 (teorema del moto del baricentro) La quantit`
a di moto di un sistema
materiale coincide con quella del suo baricentro pensato come un punto materiale avente la
massa dellintero sistema: Q = mvG
Moto relativo al baricentro
Le grandezze introdotte dipendono dal sistema di riferimento (perche contengono v che `e una
grandezza relativa).
P
Assunta una terna di riferimento assoluta , si chiama moto relativo al baricentro
il moto di un
P
lorigine
corpo (supposto, senza perdita di generalit`a, particellare) rispetto alla terna G , avente P
nel baricentro G del corpo ed assi di direzione invariabile rispetto al sistema assoluto
(vedi
fig. 0.19).
P
Assumiamo come assoluto il moto del corpo rispetto alla terna . Osserviamo che
P
P
il moto di
coincide con il moto di trascinamento del corpo e risulta (dalla
G rispetto a
definizione di sistema baricentrale) traslatorio.
Di conseguenza le velocit`a relative (cio`e quelle rispetto al sistema G ) dei singoli punti Ps del
corpo sono espresse da (vedi (0.14))
vs(r) = vs vG
P
ove vs `e la velocit`a assoluta (cio`e rispetto a
) del punto s-esimo e vG `e la velocit`a di
trascinamento del punto s-esimo.
Basandosi su tale osservazione si dimostra che rispetto al sistema baricentrale G, le grandezze
Q, T e K hanno le seguenti rappresentazioni
Q(G) = 0

(0.46)

38
1
2
T = T (G) + mvG
2

(0.47)

(G)

K = K + G mvG

(0.48)

Le (0.46), (0.47), (0.48) costituiscono, rispettivamente, i seguenti teoremi


Teorema 0.29 Per un qualunque corpo, la quantit`
a di moto rispetto al baricentro `e nulla.
Teorema 0.30 (1o teorema di K
onig) Lenergia cinetica di un corpo qualsiasi rispetto ad
un osservatore assoluto `e uguale alla energia cinetica calcolata rispetto al sistema baricentrale
sommata allenergia cinetica del baricentro pensato come un punto materiale avente la massa del
corpo.
Teorema 0.31 (2o teorema di K
onig) Il momento della quantit`
a di moto di un corpo
rispetto ad un osservatore assoluto `e uguale al momento della quantit`
a di moto rispetto al sistema
baricentrale sommato al momento della quantit`
a di moto del baricentro pensato come se fosse un
punto materiale al quale viene associata la massa dellintero sistema materiale.
Osservazione -

(G)

Si noti che se il polo coincide con il baricentro (cio`


e G 0) allora dalla (0.48): K = K

Cio`
e: il momento della quantit`
a di moto baricentrale `
e lo stesso nel moto rispetto alla terna fissa che rispetto alla terna
mobile con origine nel baricentro.

Rappresentazione di Q, K e T per un corpo rigido


Per un corpo rigido (per il quale, cio`e, vs = v + Ps ) si ottengono i risultati che seguono.
Quantit`
a di moto
Si ha che
Q = mvG
Momento della quantit`
a di moto
Per determinare il momento della quantit`
a di moto K per un corpo rigido, ci riferiamo al caso
di un continuo (ma i risultati valgono anche nel caso di un sistema rigido discreto).
Sostituiamo nella
Z
K = P vd

lespressione della velocit`a v del generico punto P del continuo rigido , fornita dalla formula
fondamentale della cinematica dei sistemi rigidi (vP = v + P ove v `e la velocit`a di un
punto del corpo continuo rigido e `e la velocit`a angolare del corpo rigido) assumendo, senza
perdita di generalit`a, il polo dei momenti coincidente con stesso. Si ha, allora
Z
Z
Z
(0.49)
K = P vP d = P v d + P ( P )d

Calcolando tali integrali e ricordando le espressioni dei momenti dinerzia A, B, C; e dei prodotti
A0 , B 0 , C 0 per un sistema continuo si ottiene

K = mG v + Ap C 0 q B 0 r e1 + Bq A0 r C 0 p e2 +
(0.50)

0
0
+ Cr B p A q e3

39

3
P
e

e2

e1

O
y
x

Figura 0.20:

Sistema di riferimento solidale con il continuo rigido.

ove e1 , e2 , e3 sono i versori di una terna 1 2 3 solidale con il corpo e p, q, r sono le componenti
di rispetto a tali assi solidali (vedi fig. 0.20). Se `e fisso oppure coincide con il baricentro
del sistema
(0.51)
mG v = 0
e quindi la (0.50) si semplifica.
Una ulteriore semplificazione si ha se la terna solidale `e principale dinerzia rispetto ad . In
tale caso A0 = B 0 = C 0 = 0 e, dunque
K = Ape1 + Bqe2 + Cre3
che pu`o rappresentare il momento della quantit`
a di moto, di un corpo rigido con un punto fisso
.
Se si fa uso della matrice dinerzia , la (0.50) si pu`o anche scrivere
K = mG v +
e se `e fisso (corpo rigido con un punto fisso) o coincide con il baricentro del sistema
K = ,

(KG = G )

La (0.50) si particolarizza facilmente al caso di un corpo rigido con un asse fisso.


Scegliendo il sistema solidale in modo che, ad esempio, lasse 3 coincida con lasse fisso del moto
e osservando che la velocit`a angolare del corpo `e parallela a tale asse si ha p = q = 0. Se, poi,
viene scelto sullasse fisso risulta anche v = 0. La (0.50) diventa quindi

K = B 0 e1 + A0 e2 Ce3 r
(0.52)
Osservazione - Si osservi che se lasse fisso risulta essere principale dinerzia, allora il momento della quantit`a di moto
risulta essere parallelo allasse fisso. Infatti, dalla (0.52) se lasse fisso `
e principale dinerzia e coincide (come qui abbiamo
supposto) con lasse 3 z, allora A0 = B 0 = 0 e la (0.52) diventa
3
K = Cre3 = C e

(0.53)

ove `
e langolo formato da un semipiano uscente dallasse 3 e solidale al corpo con uno fisso anchesso uscente da 3 .

40
Energia cinetica
Consideriamo i seguenti casi:
a) Corpo rigido con asse fisso;
b) Corpo rigido con punto fisso;
c) Corpo rigido in moto generico.
Caso a)
La velocit`a del generico punto P del corpo `e
vP = QP
ove Q Rrappresenta la proiezione di P sullasse. In modulo, vP = r con r =| QP |. Allora la
T = 21 v 2 d diventa
Z
Z
1 2
1 2
2
r d
r2 dm
T =
(0.54)
2
2

Lintegrale rappresenta il momento dinerzia I del corpo rigido rispetto allasse fisso e, pertanto
1
1 2
T = I 2 = I
2
2

(0.55)

ove ha lo stesso significato gi`a visto in relazione alla (0.53).


Caso b)
Latto di moto del corpo risulta rotatorio. Infatti, assumendo come punto fisso il polo si
ottiene per la velocit`a del generico punto P , vP = P , che descrive un moto rotatorio
con asse istantaneo passante per . Valgono, pertanto, ancora le (0.54), (0.55). Ma, nella
situazione attuale, lasse di rotazione (di versore u) varia e I con esso. Tuttavia, I si pu`o
rappresentare cos`
I = u u ,

I = A2 + B 2 + C 2 2A0 2B 0 2C 0

(0.56)

ove (, , ) sono le componenti del versore u rispetto ad una terna solidale con il corpo e con
lorigine nel punto fisso . Allora, con qualche passaggio, la (0.55) fornisce
T =

1 2
1
Ap + Bq 2 + Cr2 2A0 qr 2B 0 pr 2C 0 pq T =
2
2

(0.57)

Osservazione - Questultima permette di trovare un legame tra lenergia cinetica di un corpo rigido con un punto fisso
o
e il momento della quantit`
a di moto (rispetto al punto fisso ) dello stesso corpo. Infatti ricordando che K = si pu`
scrivere
1
1
T = = K
2
2

In particolare, se gli assi solidali sono principali dinerzia la (0.57) si riduce alla
T =
Caso c)

1 2
Ap + Bq 2 + Cr2
2

(0.58)

41
2

G 1 2 3 : sistema solidale
Gx y z

: sistema baricentrale

z
z

3
G
x

O
y
x

Sistema assoluto

Figura 0.21:

2 , sommata
Lenergia cinetica di un corpo rigido `
e rappresentata come lenergia cinetica del baricentro 21 mvG
G
2
2
2
0
0
0
ad una energia cinetica T (= Ap + Bq + Cr 2A qr 2B pr 2C pq) di rotazione del corpo intorno a G come se G
fosse fisso.

Per esprimere lenergia cinetica di un corpo rigido in moto generico si applica il teorema di Konig
1
2
+ T (G)
T = mvG
2
osservando che il moto relativo al baricentro (espresso dal termine T (G) ) `e un moto con un punto
fisso coincidente con il baricentro G.
Quindi nel moto relativo al baricentro lenergia cinetica `e della forma (0.57) e lenergia cinetica
totale `e

1
1 2
2
T = mvG
+
Ap + Bq 2 + Cr2 2A0 qr 2B 0 pr 2C 0 pq
2
2
o (se gli assi solidali sono principali dinerzia)

1 2
1
2
+
Ap + Bq 2 + Cr2
T = mvG
2
2
La figura 0.21 illustra questa rappresentazione della energia cinetica di un corpo.
Osservazione - Se il moto del corpo rigido `e traslatorio si annulla (cio`e p, q, r) e tutti i punti del corpo hanno la
stessa velocit`
ave
T =

1
mv 2
2

o, in particolare, assumendo come velocit`


a comune a tutti i punti, quella del baricentro
T =

1
2
mvG
2

Energia cinetica di un sistema olonomo


Per un sistema olonomo la posizione e la velocit`a del generico punto Ps (s = 1, 2, ...N ) sono
esprimibili tramite le
OPs = OPs (q1 , q2 , ..., qn , t) vs =

P s
P s
qh +
,
qh
t

(h = 1, 2, ...n)

42
Sostituendo nella T =

1
2

PN

2
s=1 ms vs

si ottiene con alcuni passaggi che

ahk

bh

z
}|
{
z
}|
{
z
}|
{

2
N
N
N
X
X
X
P s P s
P s P s
1
1
P s
ms

qh qk +
ms

qh +
ms
2
qh
qk
qh
t
2
t
s=1

s=1

s=1

1
T = ahk qh qk + bh qh + d
2

(0.59)

Vale, cio`e, il seguente risultato:


L energia cinetica di un sistema olonomo `e espressa da un polinomio di secondo grado nelle
derivate prime delle coordinate lagrangiane.
Nel caso che i vincoli non dipendano dal tempo (Ps /t = 0) si ha
bh = 0,

d=0

Quindi

1
T = ahk qh qk
(0.60)
2
ove ahk sono gli elementi di una matrice nota come matrice della energia cinetica. Tale matrice
possiede due importanti propriet`a:
`e una matrice simmetrica

`e definita positiva.

La (0.60) si pu`o interpretare dicendo che: lenergia cinetica di un qualunque sistema olonomo,
soggetto a vincoli indipendenti dal tempo, `e una forma quadratica definita positiva, a coefficienti
indipendenti dal tempo, nelle derivate prime delle coordinate lagrangiane.
STATICA
Definizione di quiete e di equilibrio
Definizione 0.37 (di quiete) Un punto materiale P di massa m al quale `e applicata una
forza F(P, v) `e in quiete nella posizione P0 (rispetto ad un osservatore inerziale Oxyz) se sono
soddisfatte le seguenti condizioni
i) OP0 = OP (0), v(0) = 0
ii) a(t) = 0, t 0

il punto si trova inizialmente (t = 0) in P0 con velocit`


a nulla;

la ma = F ammette la soluzione statica.

Da tale definizione si ottiene subito, integrando lequazione del moto ma = F e tenendo conto
delle condizioni iniziali OP0 = OP (0) e v(0) = 0
v(t) = 0 ,

OP (t) = OP0

t 0

Cio`e: il punto, che ha inizialmente velocit`a nulla, rimane fermo nella posizione in cui si trovava
all istante iniziale. In tal senso, possiamo anche dire che la quiete `e una soluzione costante
P (t) = P (t) della equazione ma = F(P, v) corrispondente ai dati iniziali P (0) = P , v(0) = 0.

43
Definizione 0.38 (di equilibrio) Un punto materiale P di massa m al quale `e applicata una
forza F(P, v) `e in equilibrio nella posizione P0 (rispetto ad un osservatore inerziale Oxyz) se `e
soddisfatta la condizione sulla forza:
i) F(P0 , 0, t) = 0 t 0

la forza applicata al punto e calcolataper P = P0 e v = 0


si mantiene nulla, in ogni istante, a partire da quello iniziale.

In altri termini, una configurazione P `e di equilibrio se `e soluzione di F(P , 0) = 0 (ossia, `e una


posizione in cui si annulla la forza valutata per valori nulli della velocit`a).
La quiete implica lequilibrio:
quiete equilibrio
Il viceversa sussiste purch`e le forze applicate siano lipschitziane (come `e il caso di tutte le forze di
natura fisica). In tal caso ricercare le posizioni di equilibrio equivale ad individuare le posizioni
in cui un dato sistema `e in quiete.
Osservazione -

La precedente definizione di equilibrio implica, dal punto di vista matematico, che il problema della

ricerca delle posizioni di equilibrio di un sistema si presenti come un problema algebrico che consiste nella ricerca degli zeri
della funzione forza F supposta, dora innanzi, essere di tipo posizionale F(P ) = 0.

Condizioni di equilibrio di un punto materiale


Il problema della ricerca delle posizioni di equilibrio di un punto materiale vincolato si riconduce
alla soluzione della equazione
F(P ) + = 0
(0.61)
Nella (0.61) `e nota solo la forza attiva F mentre sono incognite, oltre alla coordinate del punto P
(che rappresentano le posizioni di equilibrio del punto), anche le componenti della reazione vincolare . Proiettando lequazione vettoriale (0.61) su un sistema di assi cartesiani si ottengono,
al pi`
u, tre equazioni scalari in cui le incognite possono essere pi`
u di tre. Si dice che il problema `e
staticamente determinato quando il numero delle equazioni indipendenti uguaglia il numero delle
incognite. In caso contrario si dice che il problema `e staticamente indeterminato.
Se il sistema di riferimento non `e inerziale baster`a inglobare nella (0.61) anche il risultante delle
forze di trascinamento che si manifestano nel moto relativo. Ossia, si deve avere per lequilibrio
relativo di un punto materiale
F + F( ) + = 0

F ma( ) + = 0

Per potere avere qualche informazione sulle reazioni vincolari (incognite) che figurano nella
(0.61) occorre introdurre il concetto di attrito che ci permetter`a di ottenere informazioni su
certe propriet`a delle reazioni vincolari.
Attrito (coulombiano)
Per illustrare questo concetto ci riferiamo ad un caso particolare (studio dellequilibrio di un
punto materiale P pesante appoggiato ad un piano inclinato di un angolo (variabile) rispetto
allorizzontale) che ci permetter`a, poi, di generalizzare a un insieme molto vasto di situazioni i
risultati per esso ottenuti.

44
t

= t t + nn

n
t
O

Figura 0.22:

Il cono di attrito. Si osservi che dal triangolo rettangolo OAB si ottiene subito che |t | = tan |n | .

mg

Figura 0.23:

Il punto P pu`
o stare in equilibrio su un piano inclinato perch
e la reazione del piano annulla la forza peso
(ha, cio`
e, una componente tangente al piano).

Si osserva sperimentalmente che lequilibrio del punto P sul piano sussiste fino a che <
essendo un angolo (noto come angolo di attrito statico) che, come hanno dimostrato alcune
esperienze di Coulomb, dipende solo dalla natura dei corpi a contatto. Vale cio`e il seguente
postulato sullattrito:
La reazione esercitata da un appoggio (scabro) su un punto materiale (o su un elemento di superficie
appoggiata) `e inclinata di un angolo rispetto alla normale alla superficie stessa ma, per lequilibrio
di P , non pu`o mai superare langolo dattrito . Ossia, geometricamente, per lequilibrio, la
reazione vincolare deve rimanere allinterno di quello che viene chiamato cono di attrito statico, cio`e
il cono rotondo con vertice il punto di applicazione della reazione, con asse la normale allappoggio e
apertura angolare 2. (vedi fig. 0.22).
Quindi, nel caso del punto in equilibrio sul piano inclinato, esso sta in equilibrio perche la
risultante delle reazioni vincolari `e inclinata (rispetto alla normale allappoggio) in modo tale
da essere uguale, contraria e con la stessa linea di azione del peso P (vedi fig. 0.23).
In
altre parole, all equilibrio, la reazione ha una componente tangenziale di modulo t ma fra

45
questa e il modulo n della componente normale (se si vuole che la reazione vincolare rimanga
allinterno del cono di attrito) deve sussistere la relazione (vedi fig. 0.22)
|t | tan |n | tan |n |

(0.62)

Ponendo
fs = tan
la (0.62) pu`o scriversi
|t | fs |n |

(0.63)

La quantit`a fs si chiama coefficiente di attrito statico e la (0.63) `e la legge di Coulomb-Morin


per lattrito statico. La componente tangenziale della reazione vincolare | t | si chiama, attrito.
Il coefficiente di attrito statico `e tale che
0 fs 1
e si determina sperimentalmente in base alla natura dei corpi a contatto.
Osservazione -

Se fs = 0 langolo di attrito `e nullo e il cono si riduce alla normale al vincolo; in tale caso t = 0

e, cio`
e, normale.
(vincolo privo di attrito) e tutta la reazione `

La (0.62) illustrata nel caso particolare di un punto su un piano inclinato, `e valida anche nel caso
che il punto sia vincolato su una superficie qualsiasi.
Osservazione - Se un sistema ammette certe posizioni di equilibrio, supponendo gli appoggi lisci, tali posizioni saranno
ancora di equilibrio in presenza di attrito. Infatti le reazioni vincolari, in caso di appoggio liscio, sono certamente interne ai
coni di attrito. Cio`
e: lattrito favorisce lequilibrio.

Dalle considerazioni svolte in precedenza risulta che quando due corpi sono a contatto le reazioni
che vicendevolmente si esplicano attraverso le areole di contatto non sono, generalmente, ad esse
ortogonali. Tuttavia, lesperienza mostra che le reazioni tendono a divenire normali tanto pi`
u
quanto maggiore `e lo stato di levigatezza delle superfici a contatto. Si giunge cos` ad ammettere
lesistenza di vincoli lisci o privi di attrito esplicanti, cio`e, solo reazioni normali.
Un gran numero di problemi si trattano quindi con facilit`a supponendo che i vincoli siano lisci e i
risultati a cui si giunge sono accettabili sia perche in molti casi lattrito `e praticamente nullo (se si
applicano lubrificanti alle superfici di contatto) sia perche nei problemi di equilibrio trascurando
lattrito si agisce in favore della sicurezza e, pertanto, le configurazioni di equilibrio che si trovano
supponendo i vincoli lisci sussistono, a maggior ragione, se i vincoli sono scabri.
Vincoli ideali
Alla base della statica si pone un importantissimo principio detto principio delle reazioni vincolari
che definisce una classe speciale di vincoli nota col nome di vincoli ideali.
Esso si pu`o enunciare nei termini seguenti:
I vincoli ideali sono quelli che possono esplicare tutte e sole quelle reazioni vincolari il cui lavoro virtuale
`e positivo o nullo per ogni spostamento virtuale del sistema a partire da una generica configurazione:
L

(v)

N
X
s=1

s Ps 0

Ps

46
l = valendo nel caso di spostamenti reversibili.
Nella classe dei vincoli ideali rientrano tutti i vincoli lisci (cio`e privi di attrito) ma anche tutti
quei vincoli in cui lattrito, pur essendo presente non dissipa energia. Quindi la classe dei vincoli
ideali definita dal principio delle reazioni vincolari `e pi`
u generale della classe dei vincoli lisci (cio`e
privi di attrito).
Ricordiamo, come esempi di sistemi soggetti a vincoli ideali (non necessariamente lisci) e che
soddisfano, tuttavia, il principio delle reazioni vincolari i seguenti: un corpo rigido con un punto
fisso, il vincolo di puro rotolamento, un punto vincolato a stare su una curva liscia (o superficie
liscia), il vincolo di rigidit`a, un corpo rigido con un asse fisso, un solido appoggiato ad un piano
liscio, ecc...
Principio dei lavori virtuali ed equazioni cardinali della statica
Le due principali metodologie di cui ci si serve, usualmente, per la determinazione delle configurazione di equilibrio di un sistema meccanico sono:
il principio dei lavori virtuali;
le equazioni cardinali della statica.
Il principio dei lavori virtuali si pu`o enunciare:
Condizione necessaria e sufficiente affinche un sistema meccanico a vincoli ideali sia in equilibrio in
una posizione C `e che il lavoro virtuale delle forze attive risulti non positivo per ogni spostamento
virtuale compiuto a partire da C .
` cio`e, caratteristica delle posizioni di equilibrio di un qualunque sistema a vincoli ideali la
E,
disuguaglianza:
N
X
(a)
L =
Fs Ps 0
Ps da C
s=1

In particolare, il lavoro risulta nullo per tutti gli spostamenti reversibili effettuati a partire da C
L(a) = 0

Ps reversibile da C

Si presti attenzione allimportantissimo fatto che il principio dei lavori virtuali presenta il vantaggio di chiamare in causa, ai fini della determinazione delle configurazioni di equilibrio di un
sistema, soltanto le forze attive agenti sul sistema. Le reazioni vincolari non intervengono nella
sua formulazione: esso `e perci`o molto utile quando si voglia studiare lequilibrio di un sistema
meccanico senza preoccuparsi della determinazione delle reazioni vincolari (generalmente incognite). Inoltre, esso `e costituito da una relazione di tipo scalare (a differenza delle equazioni
cardinali della statica) e si pu`o applicare ad un sistema costituito da un numero qualsivoglia di
gradi di libert`a.
La limitazione nel suo uso consiste nel fatto che esso `e applicabile solo a sistemi soggetti a
vincoli ideali (che tuttavia costituiscono la gran parte dei sistemi meccanici oggetto di studio
nella Meccanica Razionale).
In molti problemi di statica `e comunque necessario calcolare anche le reazioni vincolari che
rappresentano e descrivono le forze alle quali vengono sottoposte le strutture di un sistema: `e
quindi fondamentale, in molti problemi tecnici, conoscere tali informazioni.

47
La seconda metodologia, che si fonda sulle equazioni cardinali della statica, chiama in causa
anche le reazioni vincolari. Tali equazioni, sono le seguenti

(e,a) + R(e,v) = 0
R

(0.64)
(e,a)

(e,v)

+ M

=0

Esse esprimono delle condizioni a cui debbono soddisfare risultanti e momenti (rispetto ad un
polo ) di sistemi di forze esterne (attive e vincolari) agenti su un corpo che si trovi in equilibrio.
Le equazioni cardinali della statica sono sempre condizioni necessarie per lequilibrio ma, in
generale, non sufficienti; tuttavia esse sono necessarie e sufficienti per lequilibrio dei corpi rigidi.
Principio dei lavori virtuali per sistemi olonomi
Il principio dei lavori virtuali assume una forma estremamente utile ed importante nel caso che
venga applicato ad un sistema olonomo (ad n gradi di libert`a) e soggetto a vincoli ideali.
Infatti, ricordando che per un sistema olonomo il lavoro virtuale ha la forma
L(a) = Q q
ove
q (q1 , q2 , ..., qn ),

Q (Q1 , Q2 , ..., Qn )

sono vettori nello spazio delle configurazioni e rappresenta il prodotto scalare in tale spazio
<n , la condizione di equilibrio L(a) 0 assume la forma
Q q 0

( q)

(0.65)

A questo punto dobbiamo riferirci a due situazioni: vincoli bilaterali e vincoli unilaterali.
Equilibrio in presenza di vincoli bilaterali
Assumiamo che i vincoli siano tutti bilaterali: lo spazio delle configurazioni `e tutto ammissibile
e, pertanto, tutti gli spostamenti sono reversibili. La (0.65) assume la forma
Q q = 0 (q)
Poiche i q sono arbitrari e tenendo conto del fatto che le Q non dipendono dagli spostamenti
(ossia da q) questultima si pu`o scrivere
Q(q) = 0 = Qh (qk ) = 0
Questa condizione, scritta per esteso, rappresenta un sistema algebrico di n equazioni per le n
incognite q1 , q2 , ..., qn :

Q1 (q1 , q2 , ..., qn ) = 0

Q2 (q1 , q2 , ..., qn ) = 0
(0.66)
..

Qn (q1 , q2 , ..., qn ) = 0

48
Le soluzioni di tale sistema sono le configurazioni di equilibrio (note come ordinarie). Indicheremo
con:
Pr (q1 , q2 , ..., qn )
tali configurazioni (r rappresenta il numero delle configurazioni di equilibrio).
Se le forze agenti sul sistema sono conservative, sappiamo che Qh = U/qh per cui le (0.66)
diventano
U
(qh ) = 0
qh
Possiamo dunque enunciare il:
Teorema 0.32 Le configurazioni di equilibrio ordinarie di un sistema olonomo, conservativo
e a vincoli ideali sono i punti di stazionariet`
a della funzione potenziale.
Equilibrio in presenza di vincoli unilaterali
In presenza di vincoli unilaterali, lo spazio delle configurazioni non `e tutto ammissibile: vi saranno
dei punti di tale spazio per cui gli spostamenti non sono reversibili. Per esaminare questo
problema bisogna, allora, applicare la
Q q 0 q

(0.67)

in presenza di spostamenti reversibili (configurazioni ordinarie) e di spostamenti irreversibili


(configurazioni di confine).
Limitandoci a considerare il caso particolare, ma spesso ricorrente in pratica, in cui il sistema
abbia n gradi di libert`a (i parametri che descrivono il sistema siano q1 , q2 , ...qn ) e vi siano
limitazioni per un solo parametro (ad es. q1 ) del tipo
a q1 b
osserviamo che il sistema pu`o avere sia configurazioni ordinarie:
a < q1 < b
che configurazioni di confine:
I) q1 = a q1 0
II) q1 = b q1 0
Esprimendo il lavoro virtuale delle forze agenti sul sistema si ottiene, con alcune considerazioni e
applicando la (0.67), che le condizioni di equilibrio per le configurazioni di confine corrispondenti
a q1 = a sono date da

Q1 (a, q2 , ..., qn ) 0
Qh (a, q2 , ..., qn ) = 0 h = 2, 3, ..., n
e quelle relative a q2 = b

Q1 (b, q2 , ..., qn ) 0
Qh (b, q2 , ..., qn ) = 0

h = 2, 3, ..., n

49

P*

P*

(a)

mg

(b)

mg

Figura 0.24:

Equilibrio e stabilit`
a di un punto pesante.

Stabilit`
a dellequilibrio
Gli stati di equilibrio di un sistema meccanico si possono distinguere in stabili o instabili. Nella
parte (a) della fig. 0.24 possiamo vedere un punto pesante che sta sul fondo di una curva
posta in un piano verticale e in (b) lo stesso punto `e posto sul vertice di . Entrambe le
posizioni sono di equilibrio ma la loro natura `e completamente diversa. Immaginiamo, infatti, di
`
spostare di poco il punto dalla sua posizione P e di abbandonarlo con velocit`a piccola. E
intuitivo che:
in (a) il punto resta (t) in un intorno di P ;
in (b) il punto tende ad allontanarsi da P .
Nel primo caso parleremo di equilibrio stabile e nel secondo di equilibrio instabile.
Il fisico matematico russo Liapounov ha dato una definizione di stabilit`a (stabilit`a alla Liapounov)
che `e, attualmente, tra le pi`
u utilizzate in ambito tecnico-scientifico. Supponendo che il sistema
sia olonomo si ha

(, ) > 0, [0 (, ), 0 (, )] : |q(0) q | < 0 , |q(0)|


< 0

|q(t) q | < , |q(t)|


<

(t > 0)

Ossia: q `e stabile nel senso di Liapounov se `e possibile trovare dei dati iniziali q(0) e q(0)
tali

che il moto q(t), q(t)


resti in un intorno qualsivoglia di q con velocit`a piccola (< ). Questa
definizione `e, purtroppo, una definizione dinamica di stabilit`a nel senso che richiede, per poterla
applicare, di conoscere, a priori, la funzione q(t) cio`e il moto del sistema.
Per potere superare questo ostacolo `e possibile dare una definizione alternativa di stabilit`a che
f`a leva su alcune riflessioni basate sul concetto di lavoro e che conduce, infine, alla seguente:
Definizione 0.39 (statica di equilibrio) una configurazione di equilibrio q si dice stabile
se il lavoro (effettivo) compiuto dalle forze attive per portare il sistema da q a
q `e sempre
negativo.

50

Massimo del potenziale : STABILITA'

Minimo dell'energia potenziale: STABILITA'

q*
q

U(q)

V(q)

q
q*

Figura 0.25:

Stabilit`
a nel massimo di U e nel minimo di V .

In formula
L(a) (q q
) < 0 ,

q I(q , )

(0.68)

essendo I un opportuno intorno di q di raggio .


La (0.68) risulta di immediata valutazione nel caso in cui le forze agenti sul sistema siano
conservative. Infatti, in tale caso
L(a) (q q
) = U (
q) U (q ) < 0

(
q)

Questultima ci informa che nel caso conservativo, il potenziale ha un massimo relativo in q .


Quindi, (si ricordi che V = U ):
Teorema 0.33 Le configurazioni di equilibrio stabile di un sistema conservativo corrispondono ai massimi (minimi) del potenziale U (energia potenziale V ). Le restanti configurazioni
sono di equilibrio instabile (vedi fig. 0.25)

EQUAZIONI DI LAGRANGE
Nella ricerca delle configurazioni di equilibrio di un sistema meccanico abbiamo ottenuto il principio dei lavori virtuali, che ci permette di risolvere i problemi della statica conoscendo soltanto
` evidente che
le forze attive agenti senza coinvolgere le reazioni vincolari, in generale, incognite. E
`e di estremo interesse ottenere anche nel caso dinamico una formulazione equivalente al principio
dei lavori virtuali della statica; in particolare, sarebbe molto utile potere disporre di equazioni del
moto in forma scalare e che, a differenza delle equazioni cardinali della dinamica, non contengano
le reazioni vincolari.
Osservazione - Il principio delle reazioni vincolari che ci ha permesso di definire in ambito statico la particolare classe dei
vincoli ideali, viene comunemente ammesso come valido anche in ambito dinamico e, ci`
o, in base al fatto che lesperienza

51
mostra che esso viene rispettato anche in regime dinamico da quei vincoli che lo soddisfano in regime di equilibrio. Pertanto,
assumiamo la validit`
a del principio delle reazioni vincolari anche in ambito dinamico.

Consideriamo, allora, il IIo principio della dinamica per un sistema di punti (s = 1, 2, ..., N )
ms as = Fs + s

(s = 1, 2, ..., N )

ossia
s = (Fs ms as )
Da questa si perviene, moltiplicandone scalarmente ambo i membri per Ps , sommando sullindice
s e tenendo conto del principio delle reazioni vincolari, a
N
X

(Fs ms as ) Ps 0

(0.69)

Ps

s=1

l= valendo nel caso che tutti gli spostamenti virtuali siano reversibili. La (0.69) `e nota come
disuguaglianza variazionale della dinamica o, quando vale il segno di uguaglianza, come equazione
simbolica della dinamica.
Per potere utilizzare la (0.69) ed ottenere le equazioni di Lagrange bisogna fare tre ipotesi
concernenti la struttura del sistema meccanico:
vincoli ideali;

vincoli bilaterali; sistema olonomo.

Poich`e il sistema `e olonomo, possiamo identificare i suoi punti mediante le relazioni


OPs = OPs (q1 , q2 , ..., qn ; t) = Ps =

Ps
qh
qh

(h = 1, 2, ..., n)

Introducendo lespressione di Ps nella equazione simbolica della dinamica avremo


N
X

Fs

s=1

X
Ps
Ps
qh
ms as
qh = 0
qh
qh
s=1

Introducendo le quantit`a (binomi lagrangiani):


h =

N
X

ms as

s=1

Ps
qh

e ricordando che
def

Qh =

N
X

Fs

s=1

Ps
qh

la (0.70) si pu`o scrivere


(Qh h )qh = 0

qh

qh

(0.70)

52
che implica, grazie allarbitrariet`a degli spostamenti virtuali qh e al fatto che sia Qh che h non
dipendono da essi

Q1 = 1

Q2 = 2
Qh h = 0 = Qh = h =
(0.71)

..

Qn = n
che rappresentano n equazioni differenziali del secondo ordine nelle n funzioni incognite qh (t).
Integrandole (ammesso che ci`o sia possibile...) si ottengono tali funzioni e, cio`e, il moto del
sistema olonomo.
Si dimostra che sussiste il seguente legame tra i binomi lagrangiani h e lenergia cinetica T del
sistema olonomo
d T
T
h =

dt qh qh
Valendosi di tale identit`a, le equazioni (0.71) si possono riscrivere cos`
d T
T

= Qh
dt qh qh

(h = 1, 2, ..., n)

(0.72)

Le (0.72) si chiamano equazioni di Lagrange.


Equazioni di Lagrange nel caso di forze conservative
Nel caso particolarmente importante in cui la sollecitazione attiva sia posizionale e conservativa,
sappiamo che Qh = U/qh . In tal caso, le (0.72) diventano
d T
T
U

=
dt qh qh
qh

(0.73)

che, ponendo
L=T +U,

(o L = T V ) ,

si possono riscrivere nella forma


d L
L

=0
dt qh qh

(h = 1, 2, ..., n)

(0.74)

La funzione L(qh , qh ; t) `e la funzione lagrangiana del sistema.


Integrali primi del moto in ambito lagrangiano
Quando il moto di un sistema meccanico `e governato da una lagrangiana L `e possibile dare la
definizione di coordinata ciclica (o ignorabile).
Definizione 0.40 Una coordinata lagrangiana qh si dice coordinata ciclica (o ignorabile) se
non compare esplicitamente nella funzione lagrangiana.

53
In tale caso L risulta indipendente da qh e si ha
L
=0
qh
Di conseguenza lequazione di Lagrange corrispondente alla variabile qh diviene

e quindi:

d L
=0
dt qh

(0.75)

L
= costante
qh

(0.76)

che rappresenta un integrale primo del moto. In meccanica analitica la quantit`


a L/ qh si chiama
momento coniugato (o associato) alla coordinata qh e si indica con ph :
def

ph =
La (0.75) si pu`o quindi riscrivere

L
qh

d
p = 0
dt h

e la (0.76)
ph = costante
Vale, cos`, il seguente:
Teorema 0.34 Il momento coniugato ad una variabile ciclica si conserva.
` anche possibile avere, in ambito lagrangiano, lintegrale primo della energia meccanica totale.
E
Infatti vale il seguente:
Teorema 0.35 In un sistema meccanico soggetto a vincoli indipendenti dal tempo e sollecitato da sole forze conservative, si conserva l energia meccanica totale.
Piccole oscillazioni
Il formalismo lagrangiano ci permette di studiare, nella forma pi`
u appropriata, limportante
problema dei piccoli moti di un sistema conservativo nell intorno di una sua posizione di equilibrio stabile. Tale studio si effettua linearizzando le equazioni differenziali del moto del sistema
nell intorno della suddetta configurazione; le equazioni cos` approssimate si possono integrare
analiticamente fornendoci, in tal modo, tutte le informazioni che cerchiamo. Per potere applicare
la metodologia che ora illustreremo, il sistema meccanico deve essere:
olonomo;
soggetto a vincoli fissi;
sottoposto a forze conservative.

54
La linearizzazione delle equazioni differenziali del moto del sistema si effettua approssimando la
funzione potenziale U e lenergia cinetica T del sistema in un intorno della configurazione stabile
q . A tal fine, si sviluppano in serie di Taylor tali funzioni troncando lo sviluppo al secondo
ordine.
Lo sviluppo della funzione potenziale U = U (ql ) (l = 1, 2, ..., n; numero di gradi di libert`a del
sistema) ha la forma

U
1
U

(0.77)
U (ql ) = U (ql ) +
(q ) (qh qh ) +
(q ) (qh qh )(qk qk ) + ...
qh l
2 qh qk l
I termini

2U
(q )
qh qk l

rappresentano gli elementi della matrice hessiana H valutati nella posizione q . Inoltre, poich`e
q `e una posizione di equilibrio, in essa si annulla la derivata della funzione potenziale U
U
(q ) = 0
qh l
e, quindi, lo sviluppo (0.77) si riduce a
U (ql ) U (ql ) =

{Hhk
} (qh qh )(qk qk )
2

` comodo, infine, introdurre le seguenti coordinate relative alla configurazione di equilibrio


E
stabile
zh = qh qh
(zh = qh , zh = qh )
) pu`o essere, in
In tal modo il potenziale approssimato U (che indicheremo dora innanzi con U

definitiva, scritto (U (ql ) `e una costante trascurabile)


= 1 H zh zk
U
2 hk
rappresenta la matrice hessiana calcolata nella posizione di equilibrio stabile q .
ove Hhk
Per approssimare lenergia cinetica T del sistema, lo sviluppo in serie deve essere arrestato all
ordine zero perch`e, dato che i vincoli a cui `e soggetto il sistema sono supposti fissi, lenergia cinet Pertanto, lo sviluppo si presenta semplicemente
ica `e una forma quadratica omogenea nelle q.
cos`:
ahk (ql ) = ahk (ql ) ahk

che `e la matrice della energia cinetica calcolata nel punto di equilibrio stabile. Ne segue:
1
T = ahk zh zk
2
`e, dunque, infine
La funzione lagrangiana approssimata a forma quadratica (L)
= T + U
= 1 a zh zk + 1 H zh zk
L
2 hk
2 hk

55
A partire da tale funzione possiamo ottenere le seguenti equazioni di Lagrange del moto linearizzate

!
d L
L

=0
(j = 1, 2, ..., n)
(0.78)
dt zj
zj
Non `e difficile verificare che

L
= ajk zk
zj

= Hjk
zk
zj

e, in tal modo, le (0.78) diventano

ajk zk Hjk
zk = 0

H z = 0
a z

Si tratta di un sistema di n equazioni differenziali lineari del secondo ordine, omogenee e a coefficienti costanti che descrivono le piccole oscillazioni del sistema nellintorno di una configurazione
di equilibrio stabile.

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