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Capitolo 1: Generalità
La legge fisica:
Def: Le leggi fisiche sono osservazioni sperimentali di misurazioni matematiche tratte dai risultati di
diverse misure indipendenti.
Caratteristica delle leggi fisiche è che esse non dipendono dalle scelte arbitrarie degli osservatori e
devono essere riproducibili.
Naturalmente è sempre possibile presentare un grafico dove supponendo la velocità costante ad esempio
100 Km/h si deduce che dopo un’ora lo spazio percorso sarà uguale a 100 Km, dopo due ore il doppio e così
via.
Le grandezze fisiche sono quantità numeriche risultato di misure; le misure portano sempre ad un
risultato dotato di errore.
Tutti i processi di misura fisica sono basati sull’utilizzo di strumenti di misurazione dotati di volta in volta
di una propria unità di misura.
Esempi di unità di misura sono: il metro, il cm, il grado Celsius, il Volt, il Joule, il Watt etc.
La più semplice delle grandezze fisiche è la lunghezza; essa è una proprietà che presenta ogni oggetto
lineare o almeno assimilabile ad un oggetto lineare.
Naturalmente per misurare una grandezza lineare si può utilizzare ad esempio o un metro o un righello
utilizzando come unità di misura il metro o i suoi multipli.
Per misurare gli oggetti con un’estensione bidimensionale ci si serve sempre di metri o righelli solo che il
risultato della misura di questa estensione rappresenterà un’Area e quindi una dimensione pari a l*l o [l2].
Allo stesso tempo una dimensione volumetrica si indica con [l*l*l] o [l3].
Il calcolo dimensionale è molto importante perché nelle leggi matematiche la proporzionalità non dipende
dalle unità di misura ma la costante di proporzionalità si.
Grandezze scalari e grandezze vettoriali:
Una grandezza scalare è una grandezza che può essere rappresentata da un numero; ad esempio sono
grandezze scalari le dimensioni fisiche, gli intervalli di tempo, i valori delle resistenze elettriche etc.
Una grandezza vettoriale è una grandezza che viene rappresentata da un vettore; Un vettore è un ente
matematico che presenta essenzialmente 3 proprietà: ha una direzione, ha un verso ed ha un modulo o
intensità. Volendo si può dire che il modulo di un vettore è una grandezza scalare e comunque rappresenta
la parte scalare della grandezza vettoriale.
Le grandezze fondamentali sono quelle direttamente misurabili, tutte le altre sono invece
derivate da quelle fondamentali.
Tale differenza diventa rilevante nella fase di propagazione degli errori in quanto errori anche
piccoli su grandezze fondamentali tendono a diventare rilevanti per le rispettive grandezze
derivate.
Un errore casuale è un errore che deriva da circostanze casuali per cui tende ad essere corretto utilizzando
dei calcoli statistici. Ad esempio se io dessi lo stesso metro a più persone chiedendo loro di misurare una
lunghezza essi magari mi troverebbero valori diversi per quella lunghezza ma potrei essere quasi certo che
una media dei valori misurati si avvicinerebbe moltissimo al valore vero di quella lunghezza.
Un errore sistematico è un errore che deriva da un’errata strategia della misura o da uno strumento di
misura difettoso. Ad esempio consideriamo una bilancia che non sia tarata e pertanto abbia lo zero reale
equivalente a -1KG. E’ evidente che qualunque misura effettuata con questa bilancia sottostimerà il peso di
un oggetto di un chilo a prescindere dalla cura con cui si effettueranno le misure. Allo stesso modo se io mi
dovessi misurare la febbre otterrei una misura differente a seconda di dove dovessi infilare il termometro.
Capitolo 2: Meccanica
Cinematica:
La Cinematica è la parte della fisica che studia il moto del punto materiale.
Il punto materiale è per definizione un oggetto di dimensioni lineari trascurabili rispetto alla precisione
con cui se ne vuole determinare la posizione.
Ad esempio una nave che compie un movimento in un porto dove le dimensioni dello specchio d’acqua in
cui si muove non sono trascurabili rispetto alle dimensioni della nave non è assimilabile ad un punto
materiale mentre invece se quella stessa nave si dovesse trovare in un oceano le dimensioni della nave
rispetto all’oceano diverrebbero trascurabili e la nave stessa potrebbe essere assimilata ad un punto
materiale.
Tale esempio è talmente calzante che i marinai tendono a parlare proprio di “punto nave” quando sono
impegnati a tracciare le rotte durante la navigazione.
Tali concetti sono descritti bene nel capitolo Biomeccanica degli appunti.
Il moto è il risultato più importante e più ovvio delle interazioni fisiche (le forze).
La traiettoria è il risultato del moto di un corpo fisico (che nel caso della cinematica può essere
rappresentato da un punto materiale) nel tempo.
Tali concetti sono descritti bene nel capitolo Biomeccanica degli appunti.
La legge oraria del moto è quella legge fisica che descrive il moto di un oggetto in funzione del tempo.
Generalmente le diverse leggi orarie del moto sono delle funzioni matematiche la cui rappresentazione
cartesiana determina le traiettorie percorse dagli oggetti durante il proprio moto.
Tali concetti sono descritti bene nel capitolo Biomeccanica degli appunti.
Moto rettilineo uniforme: In cinematica è il moto di un punto materiale che si muove in linea retta
(rettilineo) e mantiene una velocità costante in modulo, direzione e verso.
Talvolta si usa dire che un corpo si muove di moto rettilineo uniforme se muovendosi su una traiettoria
rettilinea percorre spazi uguali in tempi uguali.
Tale concetto risulta ben descritto nel capitolo Biomeccanica degli appunti.
Moto vario:
Tale concetto risulta ben descritto nel capitolo Biomeccanica degli appunti.
Moto vario: In cinematica è il moto di un punto materiale sottoposto nel corso del tempo a diversi tipi di
moto (accelerato e non, rettilineo e non, uniforme e non) che viene comunque descritto da funzioni
matematiche più o meno complesse.
Tali concetti sono descritti bene nel capitolo Biomeccanica degli appunti.
Supponiamo un aereo che voli ad una certa altitudine e ad una certa velocità. La traiettoria di questo aereo
può essere descritta da una funzione matematica la cui rappresentazione fisica è un punto materiale che si
muove su una traiettoria con un vettore che ne indica il movimento istantaneo punto per punto.
Ora immaginiamo un colpo di vento che di fatto modifica la traiettoria del velivolo in quanto la pressione
del vento esercita una forza sull’aereo sufficiente a deviare la traiettoria iniziale. Matematicamente si può
interpretare questo fenomeno componendo tra loro i vettori che descrivono il moto dell’aeroplano e del
vento ottenendo un nuovo vettore che rappresenta la direzione assunta dall’aeroplano per effetto del
vento.
Tali concetti sono descritti bene per la parte di moto circolare uniforme un po’ meno per il resto.
Il moto oscillatorio e' anche conosciuto con il nome di moto armonico ed e' il prototipo di tutti i fenomeni
oscillatori conosciuti in natura.
Il risultato di un moto armonico e' un andamento periodico che si chiama sinusoide ed ha la forma di
un'onda. L'equazione che ne descrive il moto e' proprio una sinusoide e trova la sua spiegazione
quantitativa nella matematica che chiamiamo trigonometria.
Per il suo modo di ripetersi nel tempo questo moto e ' un moto periodico e viene solitamente descritto da
una combinazione opportuna di funzioni seno e coseno o loro derivate.
Principio di relatività Galileiana: Se si effettua lo stesso esperimento in due diversi sistemi di riferimento
in moto relativo rettilineo uniforme si ottiene sempre lo stesso identico risultato fisico.
Ad esempio se io sto fermo in un campo e lascio cadere dalle mani una pallina questa mi cadrà tra i
piedi;Allo stesso modo se io mi trovo su un treno che si muove di moto rettilineo uniforme e lascio cadere
una pallina questa mi cadrà ugualmente tra i piedi.
Disegnino
Capitolo 3: Dinamica:
I concetti di inerzia, massa e forza:
Tali concetti sono descritti bene nel capitolo Forze e leggi della dinamica degli appunti.
Forza: E’ una qualsiasi azione meccanica che si esercita su un oggetto, qualunque sia la sua origine.
Massa: La massa è una grandezza fisica, cioè una proprietà dei corpi materiali, che determina il loro
comportamento dinamico quando sono soggetti all'influenza di forze esterne.
Tali concetti sono molto ben descritti nel capitolo Forze e leggi della dinamica degli appunti.
Le forze sono delle classiche grandezze vettoriali; ne consegue che esse si compongono secondo le leggi di
composizione vettoriali.
Disegnino
Equilibrio stabile: Un punto materiale o un corpo si dice in stato di equilibrio stabile se perturbando di
poco il suo stato il punto tende a ritornare nello stesso stato in cui era prima.
Equilibrio instabile: Un punto materiale o un corpo si dice in stato di equilibrio instabile se perturbando
di poco il suo stato esso tende a ad allontanarsi indefinitamente dallo stato in cui era prima.
Disegnino
Tali concetti sono molto ben descritti nel capitolo Forze e leggi della dinamica e nel capitolo Lavoro ed
Energia degli appunti.
Integrazione: Il lavoro è il prodotto dell'effetto complessivo di una forza rispetto allo spostamento di
un corpo durante l'applicazione della forza stessa. Per questo non ha senso parlare di lavoro in
generale ma ha senso parlare di lavoro che deve effettuare la forza F per spostare un oggetto dal
punto A al punto B. (Infatti è per questo che il lavoro nel calcolo infinitesimale è definito come
l’integrale tra A e B di F*ds).
La definizione stessa di lavoro ci porta subito ai concetti di campo conservativo e campo
dissipativo.
Un campo vettoriale si dice conservativo se il lavoro che il campo compie per spostare un
oggetto dal punto A al punto B è indipendente dalla traiettoria effettuata.
Viceversa se il lavoro dipende dalla traiettoria effettuata nel senso che a traiettorie differenti per andare
dagli stessi punti A e B corrispondono lavori differenti il campo vettoriale si dice dissipativo.
Il concetto di impulso:
Tali concetti sono molto ben descritti nel capitolo Forze e leggi della dinamica e nel capitolo Lavoro ed
Energia degli appunti.
Se ed sono tra loro perpendicolari il momento angolare è massimo e questo avviene quando
sinθ = 1. Il momento angolare è nullo invece se la quantità di moto o il braccio sono nulli, oppure se
è parallelo ad , in tal caso infatti sinθ = 0.
Si definisce momento angolare assiale il momento angolare proiettato su un asse passante per il
polo.
Il momento angolare nel SI si misura in kg·m²/s. Questa unità di misura coincide con la grandezza
di un'azione (ovvero di un' energia per un tempo), anche se il significato di azione e momento
angolare è differente. Poiché il prodotto di due variabili coniugate (ad esempo posizione ed
impulso) deve essere un' azione, questo ci dice che la variabile coniugata al momento angolare deve
essere adimensionale (è infatti l'angolo di rotazione attorno al polo). Questa osservazione diventa
pregnante anche in meccanica quantistica grazie all' introduzione della costante di Planck e delle
regole di commutazione.
Per i concetti do lega e di coppia di forze vedere il capitolo Meccanica dei Biosistemi.
Le forze apparenti:
In fisica, una forza apparente è una forza che un osservatore solidale con un sistema di
riferimentonon inerziale (cioè che si muove di moto non rettilineo uniforme rispetto ad un altro
sistema di riferimento inerziale, che ruota o accelera rispetto ad esso) vede come agente, al pari
delle altre forze (forze effettive o forze reali), ma che non deriva da alcuna interazione fisica diretta,
ma trae piuttosto origine dall'accelerazione del sistema di riferimento medesimo. Come prescritto
dalla legge F = ma, le forze apparenti sono proporzionali alle masse e alle accelerazioni dei corpi su
cui agiscono.
Talvolta può essere conveniente risolvere problemi fisici considerando sistemi di riferimento non
inerziali; in ognuno di questi casi sarà allora necessario tenere in considerazione la presenza di forze
apparenti dovute all'accelerazione del sistema. Ad esempio, la superficie della Terra non costituisce
un valido sistema inerziale, per via della sua rotazione; nell'analisi di ogni sistema fisico situato
sulla Terra sarà dunque necessario prevedere l'esistenza di due forze apparenti, la forza di Coriolis e
la forza centrifuga. Queste forze, sebbene non evidenti nelle attività umane di ogni giorno, sono alla
base di fenomeni quali il pendolo di Foucault.
Le forze apparenti sono ancora più evidenti, ad esempio durante un viaggio in treno, quando il
mezzo frena o accelera bruscamente (o curva); in questo caso la superficie terrestre può essere
considerata approssimativamente inerziale, e pertanto il sistema di riferimento interno al treno (in
accelerazione rispetto ad essa) è sicuramente non inerziale. I passeggeri e gli oggetti collocati a
bordo del mezzo avvertiranno forze apparenti particolarmente evidenti.
Un esempio di forza apparente è la forza centrifuga che si sperimenta solitamente in auto percorrendo una
curva ad alta velocità; l’effetto che si prova è quello di sentirsi scaraventati in direzione opposta a quella di
accelerazione della macchina (accelerazione centripeta) e quindi solitamente si è sbalzati contro il vetro
laterale dell’auto. Tutto questo succede perché un auto che curva finisce per essere un SRNI (Sistema di
Riferimento Non Inerziale) e quindi per poter mantenere le proprietà dei SRI occorre inserire nel conto
delle forze che in realtà non esistono di per se stesse ma aiutano comunque a spiegare le sperimentazioni
fisiche che si riscontrano negli esperimenti. Proprio perché in realtà non esistono come causate da un
agente fisico ma indotte da un’accelerazione del sistema di riferimento non inerziale sono dette forze
apparenti.
In fisica classica la forza peso (o più semplicemente peso) agente su un corpo è la forza che il campo
gravitazionale esercita su una massa.
In fisica si distinguono forza peso e massa in quanto grandezze sostanzialmente diverse: mentre la massa di
un corpo è una sua proprietà intrinseca, indipendente dalla sua posizione nello spazio e da ogni altra
grandezza fisica, il peso è l'effetto prodotto su tale massa dalla presenza di un campo gravitazionale. Ne
risulta che la massa di un corpo è costante, mentre il suo peso varia a seconda del luogo in cui viene
misurato. Sulla Luna, un uomo pesa meno che sulla Terra: sui due corpi celesti, una bilancia a torsione o a
molla restituirà quindi valori diversi, in quanto si basa sulla misurazione della forza peso; una bilancia a
contrappeso, invece, restituirà lo stesso valore, in quanto si basa sul confronto di masse.
La forza peso è generalmente espressa attraverso la seconda legge della dinamica, ovvero:
Moto di un proiettile
Proiettando le velocità sugli assi si ottiene(in modulo) v x = v0 cosθ, costante nel tempo, e vy = v0 sinθ - gt, da
cui si ricavano le leggi orarie dei moti lungo x e y:
Piano Inclinato
Pendolo
L
(2) T 2
g
La legge di Hooke:
Tali concetti sono descritti bene nel capitolo Meccanica dei corpi deformabili degli appunti.
In meccanica la legge di Hook è una relazione matematica che descrive il comportamento di un materiale
elastico o equivalentemente di una molla.
La legge di Hooke spiega come l’allungamento subito da una molla sottoposta a trazione sia direttamente
proporzionale ad una costante elastica (k) che dipende dalla molla.
In formule:
F = k*Δx
La costante elastica Kche ha le dimensioni di Newton/metro [N/m] dipende dal materiale di cui è fatta la
molla.
Dalle nostre conoscenze sul Lavoro possiamo calcolare il lavoro necessario per allungare di Δx = x1-x2 una
molla di coefficiente di elasticità K.
Facendo l’integrale del prodotto F*Δxe integrandolo tra x1 e x2 si ottiene la formula dell’energia potenziale
elastica:
E= ½ K x*x
La legge di gravitazione universale afferma che due punti materiali si attraggono con una forza di
intensità direttamente proporzionale al prodotto delle masse ed inversamente proporzionale al
quadrato della distanza che li separa. Questa legge, espressa vettorialmente, diventa:
Il campo gravitazionale è un campo di forze conservativo. Il campo generato nel punto nello
spazio dalla presenza di una massa nel punto è definito come:
dove G è la costante di gravitazione universale e M la massa. È quindi possibile esprimere la forza
esercitata sul corpo di massa m come:
L'accelerazione di gravità in una stanza: la curvatura terrestre è trascurabile e quindi il vettore g è costante
e diretto verso il basso.
Il campo gravitazionale è descritto dal potenziale gravitazionale, definito come il valore dell'energia
gravitazionale rilevato da una massa posta in un punto dello spazio per unità di massa. L'energia
gravitazionale della massa è il livello di energia che la massa possiede a causa della sua posizione
all'interno del campo gravitazionale; pertanto il potenziale gravitazionale della massa è il rapporto
tra l'energia gravitazionale e il valore della massa stessa, cioè:
Essendo il campo gravitazionale conservativo, è sempre possibile definire una funzione scalare V il
cui gradiente, cambiato di segno, coincida con il campo:
L’attrito:
Tale concetto è ben descritto nel capitolo Forze e leggi della dinamica degli appunti.
Il seguente capitolo è molto ben descritto dagli appunti nel capitolo “Meccanica dei fluidi biologici”.
Proprietà generali dei fluidi:
Tale concetto è ben descritto nel capitolo Statica dei fluidi degli appunti:
La legge di Bernoulli:
Tale concetto è ben descritto nel capitolo Dinamica dei fluidi degli appunti
Pressione:
Tale concetto è ben descritto nel capitolo Statica dei fluidi degli appunti:
Il principio di Pascal:
Tale concetto è ben descritto nel capitolo Statica dei fluidi degli appunti:
Il principio di Archimede:
Tale concetto è ben descritto nel capitolo Statica dei fluidi degli appunti:
Tale concetto è ben descritto nel capitolo Statica dei fluidi degli appunti:
Il peso specifico è definito come il peso di un campione di materiale diviso per il suo volume.[1]
Comunemente il termine peso specifico è usato impropriamente come sinonimo di densità e per
questo si trova molto spesso indicato come g/cm3 o kg/litro o kg/dm3. In questo caso i grammi
sarebbero da intendersi secondo un'obsoleta definizione di grammi peso, non grammi massa, dove 1
grammo peso è il peso di 1 grammo massa in condizioni di accelerazione di gravità standard.
La differenza è sottile e per la verità all'atto pratico la si può spesso ignorare, ma è opportuno tener
presente che mentre la densità è un rapporto tra una massa e un volume, il peso specifico è un
rapporto tra un peso (quindi una forza) e un volume. Visto che il peso è pari alla massa moltiplicata
per l'accelerazione di gravità espressa in g, il peso specifico (espresso in kg peso / m3) e la densità
hanno di conseguenza il medesimo valore solo se ci si trova in un punto dove l'accelerazione di
gravità è esattamente uguale a gn (gravità standard che per convenzione è pari a 9,80665 m/s2 cioè
1 g).
La pressione atmosferica è la pressione presente in qualsiasi punto dell'atmosfera terrestre. Nella maggior
parte dei casi il valore della pressione atmosferica è equivalente alla pressione idrostatica esercitata dal
peso dell'aria presente al di sopra del punto di misura.
Le aree di bassa pressione hanno sostanzialmente minor massa atmosferica sopra di esse, viceversa aree di
alta pressione hanno una maggior massa atmosferica. Analogamente, con l'aumentare dell'altitudine, il
valore della pressione decresce.
Al livello del mare il volume di una colonna d'aria della sezione di 1 cm² ha un peso di circa 1,03 kg. Ne
consegue che una colonna d'aria della superficie di 1 m², pesa approssimativamente 10,3 tonnellate. Il
valore della pressione atmosferica varia anche in funzione della temperatura e della quantità di vapore
acqueo contenuto nell'atmosfera e decresce con l'aumentare dell'altitudine, rispetto al livello del mare, del
punto in cui viene misurata.
La pressione atmosferica normale o standard è quella misurata alla latitudine di 45°, al livello del
mare e ad una temperatura di 15 °C, che corrisponde ad una colonna di mercurio di 760 mm. Nelle
altre unità di misura corrisponde a:
Con la diffusione dell'uso del Sistema internazionale anche in ambito meteorologico, la pressione
atmosferica si misura in ettopascal (centinaia di Pascal) il cui simbolo è hPa. Dal momento che
1013,25 mbar = 101 325 Pa = 1013,25 hPa, si ha un'identità tra l'ettopascal ed il millibar.
Esperienza di Torricelli:
Il tubo di Torricelli o barometro di Torricelli, chiamato così dal nome del suo inventore,
Evangelista Torricelli, fu il primo strumento realizzato appositamente per misurare la pressione
atmosferica.
È costituito da un tubo di vetro chiuso a un'estremità riempito di mercurio, posto in una vaschetta,
anch'essa contenente mercurio, in modo creare un sistema di vasi comunicanti.
La scelta del mercurio è data dalla sua alta densità, che permette di lavorare a grandi pressioni con
volumi relativamente piccoli.
Torricelli misurò l'altezza che la colonna di mercurio aveva raggiunto, pari a 760 mm, e dedusse
che il peso di questa colonna era antagonista ad una forza, generata da quella che oggi chiamiamo
pressione atmosferica. Il mercurio contenuto nel tubo non è infatti soggetto alla pressione esterna, al
contrario di quello nella vaschetta. Torricelli notò che il mercurio contenuto nel tubo si abbassava
fino ad un certo punto. Infatti la pressione agiva solo sulla vaschetta e non nel tubo non essendovi
aria dentro questo, e faceva ostacolo al mercurio nel tubo. Per ottenere il valore della pressione
atmosferica in pascal sarà quindi sufficiente calcolare il valore della pressione della colonna di
mercurio, di cui è nota l'altezza e la densità, applicando la legge di Stevino.
Da questo esperimento e dal suo inventore prende nome un'unità di misura della pressione, il Torr,
chiamato anche "millimetro di mercurio" (mmHg dove Hg è il simbolo chimico del mercurio), in
quanto indica la pressione generata da una colonna di mercurio alta 1 mm).
La scelta del mercurio non è casuale: questo materiale, infatti, ha anche allo stato liquido una
densità notevole, tale da poter eguagliare la pressione atmosferica con una colonna alta, appunto
soltanto 76 cm; ripetendo lo stesso esperimento con dell'acqua, per esempio, sarebbe necessario un
tubo lungo 10.33 metri.
La legge di Boyle:
Tale costante è funzione (crescente) della temperatura assoluta, della natura e della mole del gas.
La legge può essere scritta anche con la seguente notazione più completa:
nella quale viene indicato che la costante varia con la temperatura e che la legge vale a temperatura
costante.
La legge fu enunciata per la prima volta da Robert Boyle (1627-1691) che nel 1662 pubblicò "A
Defence of the Doctrine Touching the Spring And Weight of the Air". Questa legge venne formulata
in modo più preciso da Edme Mariotte (1620-1684) nel 1676, che confermando i dati di Boyle
specificò che la legge vale soltanto se la temperatura del gas è costante.
Al gas, che spontaneamente tende ad espandersi, viene applicata una forza peso che lo mantiene
compresso.
Il grafico qui sotto riporta i dati dell'esperimento originale di Boyle;[2] sull'asse delle x è riportato il
volume espresso nelle unità del tempo in pollici cubi, mentre l'asse delle y riporta l'altezza della
colonna di mercurio in pollici, che, per la legge di Stevin è proporzionale alla pressione a cui è
sottoposto il gas. In questi dati il prodotto della pressione per il volume è effettivamente costante
con un errore relativo dell' 1,4%.
Moto di un fluido in un condotto:
Il moto di un fluido in un condotto fu studiato nel 1880 dal fisico inglese Osborne Reynolds.
In base alle osservazioni effettuate, Reynolds distinse due tipi diversi di moto di un fluido viscoso
all'interno di un condotto che, successivamente, furono definiti rispettivamente regime laminare e
regime turbolento.
Nel regime laminare le particelle del fluido scorrono seguendo linee di flusso lineari, è come se il
fluido venisse sudiviso in cilindri concentrici di “spessore“ infinitesimo che scorrono l’uno dentro
l’altro.
Il regime turbolento si ottiene aumentando la velocità del flusso che si rompe in una serie di
gorghi non perfettamente prevedibili neppure con le moderne teorie.
Ogni fluido presenta una velocità wc alla quale avviene la transizione da un regime all’altro. Tale
valore è stato definito velocità critica ed è funzione della densità , della viscosità dinamica del
fluido e del diametro D del condotto tramite un fattore di proporzionalità.
Capitolo 5: Termodinamica
Temperatura:
In fisica, la temperatura è la proprietà che caratterizza lo stato termico di due sistemi in relazione
alla direzione del flusso di calore che si instaurerebbe fra di essi.
La temperatura non è una misura della quantità di energia termica o calore di un sistema, ma è ad
essa correlata. Pur con notevoli eccezioni, solitamente se viene fornito (o sottratto) calore la
temperatura del sistema sale (o scende); inversamente un innalzamento (o un abbassamento) di
temperatura corrisponde a un assorbimento (rispettivamente a una cessione) di calore da parte del
sistema. Su scala microscopica, nei casi più semplici, questo calore corrisponde al movimento
casuale degli atomi e delle molecole del sistema. Quindi un incremento di temperatura corrisponde
a un incremento del movimento degli atomi del sistema. Per questo, la temperatura viene anche
definita come "lo stato di agitazione molecolare del sistema", e l'entropia come "lo stato di
disordine molecolare". In realtà è possibile fornire o sottrarre calore anche senza alterazione della
temperatura, poiché il calore fornito o sottratto può essere correlato all'alterazione di qualche altra
proprietà termodinamica del sistema (pressione, volume) oppure può essere implicata in fenomeni
di transizione di fase (come i passaggi di stato), descritti termodinamicamente in termini di calore
latente. Analogamente è possibile aumentare o diminuire la temperatura di un sistema senza fornire
o sottrarre calore.
Tale concetto è ben descritto nel capitolo Termologia e termodinamica:Principi fisici degli appunti:
Riportiamo solo le equazioni che legano tra loro le tre principali scale termodinamiche: Celsius, Kelvin e
Fahrenhit:
K=°C+373.15
°F=1.8⋅°C+32
Tali concetti sono ben descritti nel capitolo Termologia e termodinamica:Principi fisici degli appunti:
Il calore specifico di una sostanza è definito come la quantità di calore necessaria per innalzare la
temperatura di una unità di massa di 1 K (o equivalentemente di 1 ºC).
Nel Sistema internazionale l'unità di misura del calore specifico è il J / (kg × K); nel Sistema
tecnico è kcal / (kg × °C).
Tali concetti sono ben descritti nel capitolo Termologia e termodinamica: Principi fisici degli appunti:
Cambiamenti di stato:
Tali concetti sono ben descritti nel capitolo Termologia e termodinamica: Principi fisici degli appunti:
in cui
Questa equazione rappresenta una generalizzazione delle leggi empiriche osservate da Boyle (in un
gas, in condizioni di temperatura costante, il volume è inversamente proporzionale alla pressione),
Gay-Lussac (in un gas a volume costante, la pressione è proporzionale alla temperatura assoluta) e
Charles (in un gas a pressione costante, il volume è proporzionale alla temperatura assoluta),
ottenibili rispettivamente per T costante, V costante e P costante.
L'equazione di stato dei gas perfetti descrive bene il comportamento dei gas reali per pressioni non
troppo elevate e per temperature non troppo vicine alla temperatura di liquefazione del gas. In
questi casi, una migliore descrizione del comportamento del gas è dato dall'equazione di stato di
van der Waals
La dilatazione termica è il fenomeno fisico che accade quando in un corpo (liquido, gassoso o solido) si
verifica un aumento di volume all'aumentare della temperatura. A livello atomico, si spiega con la
variazione dell'oscillazione degli atomi attorno ad un punto di equilibrio, che normalmente viene
identificato con la lunghezza di legame. In realtà l'oscillazione non è simmetrica, ma è maggiore nel senso
dell'allontanamento dal punto di equilibrio. A livello macroscopico ciò si traduce in un aumento del volume
del materiale con l'aumento della temperatura. Come si desume dal nome, il materiale si dilata in risposta
all'aumento di temperatura. Nel caso l'andamento di tale dilatazione in funzione della variazione di
temperatura sia lineare (come è per la maggior parte dei materiali per piccole variazioni: vedi sviluppo in
serie di Taylor) resta definito il coefficiente di dilatazione termica. Nei corpi solidi, avvengono tre tipi di
dilatazione: dilatazione cubica, dilatazione lineare e dilatazione superficiale.
Tali concetti sono ben descritti nel capitolo Termologia e termodinamica: Principi fisici degli appunti:
Per definizione:
Trasformazione adiabatica: E’ una trasformazione termodinamica che avviene senza scambi di calore con
l’esterno (ΔQ=0).
Il ciclo di Carnot:
Il ciclo di Carnot ha la proprietà di essere il ciclo termodinamico che evolve tra le due sorgenti con
il rendimento termodinamico maggiore. Non esiste nessun altro ciclo, che abbia come temperature
estreme le stesse isoterme del ciclo di Carnot, tale da avere un rendimento superiore a quello di
Carnot.
Il ciclo di Carnot è un ciclo puramente teorico e la sua realizzazione richiede lo studio di una
macchina termica teorica in cui un gas altrettanto teorico effettua un ciclo termodinamico. Questa
affermazione lascia intendere che è impossibile realizzare una macchina termica reale a cui si può
applicare il ciclo di Carnot.
La macchina teorica in oggetto che esegue il ciclo si dice macchina di Carnot. Essa necessita di due
sorgenti, cioè di due fonti di calore a temperature differenti e si schematizza generalmente come un
cilindro chiuso con un pistone con le pareti isolate adiabaticamente contenente del gas che può
scambiare calore solo attraverso il fondo del cilindro.
Il ciclo di Carnot di un gas perfetto è composto da due isoterme (1-2) e (3-4) a temperature
rispettivamente T1>T2 e due adiabatiche (2-3) e (4-1):
Espansione isoterma (1-2): il gas preleva la quantità di calore Q1 dalla sorgente più calda T1 e questo
provoca l'aumento di volume del gas e la diminuzione della pressione. La tendenza della
temperatura del gas ad abbassarsi viene contrastata, limitatamente alla prima parte della corsa,
dall’effetto del riscaldatore (sorgente termica). Ne risulta che essa rimane costante.
Espansione adiabatica (2-3): quando il gas finisce di prelevare energia termica, esso viene
mantenuto in modo che non scambi energia con l'esterno tramite un'adiabatica, pur continuando
ad espandersi: ne consegue un abbassamento della temperatura.
Compressione adiabatica (4-1): quando il gas finisce di cedere calore al refrigeratore continua a
comprimersi, ma viene mantenuto in modo che non scambi energia con l'esterno.
Il risultato di questo ciclo è dimostrare che, avendo a disposizione una macchina di Carnot ideale,
un fluido perfetto e due sorgenti a differenti temperature, è possibile ottenere lavoro riportando il
sistema nelle condizioni iniziali.
Il concetto di rendimento termico:
La caratteristica fondamentale della macchina di Carnot è che il suo rendimento non dipende dal
fluido impiegato nel ciclo, ma dalle sole temperature delle sorgenti con le quali scambia il calore
(anzi, più precisamente, dal rapporto delle due temperature).
Il rendimento di una macchina termica è, in generale, il rapporto tra il lavoro utile che la macchina
riesce a compiere e il calore totale assorbito dal sistema. Se un ciclo viene eseguito n volte, il
rendimento della macchina sarà allora:
dove L è il lavoro totale compiuto dalla macchina, e Q1 il calore totale assorbito da questa.
Nel caso del ciclo di Carnot, il rendimento sarà pari a
Da quest'ultima espressione è possibile far discendere che il rendimento dipende solo dalle
temperature T1 e T2 poiché lo scambio di calore avviene solo durante le isoterme (rendimento di
Carnot):[1]
Si vede subito che il rendimento è massimo (100%) solo per T2 = 0K (Zero assoluto), temperatura
irraggiungibile per qualunque corpo. Ne consegue che, indipendentemente da ogni dettaglio il
rendimento teoricamente realizzabile con un ciclo di Carnot, sarà sempre inferiore all'unità.
Questo risultato è in accordo con il secondo principio della termodinamica che vieta la possibilità di
produrre il moto perpetuo di seconda specie.
1. Nessuna macchina termica che sfrutti il ciclo di Carnot è in grado di trasformare completamente
calore in lavoro, poiché una parte (Q2) del calore fornito inizialmente al sistema (Q1) viene ceduta al
mezzo a temperatura più bassa rispetto alla T alla quale esso è stato somministrato e di
conseguenza tale calore non può essere più utilizzato. Da ciò si deduce che il rendimento di una
macchina termica non può mai essere pari all'unità poiché Q2 non può mai essere nullo.
2. Il rendimento di una macchina termica non dipende dalla natura del fluido utilizzato ma solo
dall'intervallo di temperatura nel quale la macchina opera.
Importante conseguenza dell'enunciato di Carnot: il calore è una forma di energia di seconda specie
poiché non si può trasformare interamente in altre forme di energia.
Cenni sull’Entropia:
Il concetto di entropia venne introdotto agli inizi del XIX secolo, nell'ambito della termodinamica,
per descrivere una caratteristica (la cui estrema generalità venne osservata per la prima volta da
Sadi Carnot nel 1824) di tutti i sistemi allora conosciuti nei quali si osservava che le trasformazioni
avvenivano invariabilmente in una direzione sola, ovvero quella verso il maggior disordine.
In particolare la parola entropia venne introdotta per la prima volta da Rudolf Clausius nel suo
Abhandlungen über die mechanische Wärmetheorie (Trattato sulla teoria meccanica del calore),
pubblicato nel 1864. In tedesco, Entropie, deriva dal greco εν, "dentro", e da τροπή, "cambiamento",
"punto di svolta", "rivolgimento" (sul modello di Energie, "energia"): per Clausius indicava quindi
dove va a finire l'energia fornita ad un sistema. Propriamente Clausius intendeva riferirsi al legame
tra movimento interno (al corpo o sistema) ed energia interna o calore, legame che esplicitava la
grande intuizione del secolo dei Lumi, che in qualche modo il calore dovesse riferirsi al movimento
di particelle meccaniche interne al corpo. Egli infatti la definiva come il rapporto tra la somma dei
piccoli incrementi (infinitesimi) di calore, divisa per la temperatura assoluta durante l'assorbimento
del calore.
Si pensi di far cadere una gocciolina d'inchiostro in un bicchiere d'acqua: quello che si osserva
immediatamente è che, invece di restare una goccia più o meno separata dal resto dell'ambiente
(che sarebbe uno stato completamente ordinato), l'inchiostro inizia a diffondere e, in un certo
tempo, si ottiene una miscela uniforme (stato completamente disordinato). È esperienza comune
che, mentre questo processo avviene spontaneamente, il processo inverso (separare l'acqua e
l'inchiostro) richiederebbe energia esterna.
Il concetto di entropia ha conosciuto grandissima popolarità nell'800 e nel '900, grazie proprio alla
grande quantità di fenomeni che aiuta a descrivere, fino ad uscire dall'ambito prettamente fisico ed
essere adottato anche dalle scienze sociali, nella teoria dei segnali e nell'informatica teorica. È
tuttavia bene notare che esiste tutta una classe di fenomeni, detti fenomeni non lineari (ad esempio i
fenomeni caotici) per i quali le leggi della termodinamica (e quindi anche l'entropia) devono essere
profondamente riviste e non hanno più validità generale.
La variazione della funzione di stato entropia S venne introdotta nel 1864 da Rudolf Clausius
nell'ambito della termodinamica come
dove Qrev è la quantità di calore assorbito o ceduto in maniera reversibile e isoterma dal sistema a
temperaturaT.
In una delle sue diverse formulazioni, il secondo principio della termodinamica afferma che in un
sistema isolato l'entropia può solo aumentare, o al limite rimanere costante per cicli termodinamici
reversibili.
Un'onda è una perturbazione che si propaga nel tempo e nello spazio, che può trasportare energia o
quantità di moto senza comportare un associato spostamento della materia [1]. Le onde possono propagarsi
sia attraverso un materiale, sia nel vuoto. Ad esempio la radiazione elettromagnetica, ed a livello teorico la
radiazione gravitazionale, possono esistere e propagarsi anche in assenza di materia, mentre altri fenomeni
ondulatori esistono unicamente in un mezzo, che deformandosi produce le forze elastiche di ritorno in
grado di permettere all'onda di propagarsi.
Una vibrazione può essere definita come il moto avanti e indietro intorno a un punto definito x,
tuttavia una vibrazione non è necessariamente un'onda. Infatti in un'onda sulla superficie dell'acqua,
oppure lungo una stringa, l'energia vibrazionale si muove dalla sorgente sotto forma di
perturbazione senza un moto collettivo delle particelle dell'acqua o della corda in cui si propaga[2].
Questa rappresentazione diventa però problematica quando si ha a che fare con le onde stazionarie
(per esempio le onde sulle corde di una chitarra), dove l'energia in tutte le direzioni è identica e non
viene trasportata lungo lo spazio, perciò talvolta nella definizione di onda si cita solamente la
propagazione di un disturbo senza richiedere il trasporto di energia o quantità di moto[3]. Per le onde
elettromagnetiche (ad esempio la luce) bisogna considerare ulteriormente che il concetto di mezzo
non può essere applicato.
Per queste ragioni la teoria delle onde rappresenta una particolare branca della fisica teorica
riguardante lo studio delle onde indipendentemente dalla loro origine fisica. Questa peculiarità
deriva dal fatto che la teoria matematica delle onde si può applicare per descrivere fenomeni
ondulatori in contesti anche molto differenti. Per esempio l'acustica si distingue dall'ottica per il
fatto che la prima si occupa del trasporto vibrazionale di energia meccanica, mentre la seconda di
perturbazioni del campo elettrico e magnetico. Concetti come massa, inerzia, quantità di moto,
elasticità diventano quindi cruciali per descrivere i processi ondulatori acustici, al contrario
dell'ottica. La struttura particolare del mezzo introduce inoltre alcuni fattori di cui bisogna tenere
conto, come ad esempio i fenomeni vorticosi per l'aria e l'acqua o la complessa struttura cristallina
nel caso di alcuni solidi.
Altre proprietà tuttavia possono essere usate per descrivere indifferentemente tutti i tipi di onde. Per
esempio, basandosi sull'origine meccanica delle onde acustiche, ci può essere un movimento nello
spazio e nel tempo di una perturbazione se e solo se il mezzo non è né infinitamente flessibile né
infinitamente rigido. Se tutte le parti che compongono il mezzo si dispongono in modo rigido l'una
rispetto all'altra, non sarà possibile alcun movimento infinitesimo e quindi non ci sarà alcuna onda
(ad esempio l'idealizzazione del corpo rigido). Al contrario, se tutte le parti sono indipendenti l'una
dall'altra senza alcun tipo di interazione reciproca, non vi sarà alcuna onda in quanto non ci sarà
trasmissione di energia fra le varie parti componenti del corpo. Nonostante queste considerazioni
non si possano applicare alle onde che non si propagano in alcun senso, si può comunque trovare
caratteristiche comuni a tutte le onde: ad esempio, in un'onda la fase è differente per punti adiacenti
nello spazio, perché la vibrazione raggiunge questi punti in tempi differenti.
Le onde periodiche sono caratterizzate da una cresta (punto alto) e da un ventre (punto più basso) e
sono innanzitutto caratterizzate come longitudinali o trasversali. Nelle onde trasversali la vibrazione
è perpendicolare alla direzione di propagazione (ad esempio le onde su una corda, le parti
infinitesime si muovono in alto e in basso in verticale, mentre l'onda si propaga orizzontalmente).
Le onde longitudinali sono invece caratterizzate da una vibrazione concorde con la direzione di
propagazione dell'onda (ad esempio le onde sonore, le particelle dell'aria si muovono
infinitesimamente nella stessa direzione di propagazione del suono). Esistono onde che sono sia
longitudinali che trasversali e sono dette onde miste (ad esempio le onde sulla superficie del mare).
Tutte le onde hanno un comportamento comune in situazioni standard. Tutte le onde possiedono le
seguenti proprietà:
Riflessione quando una onda cambia direzione a causa di uno scontro con un materiale riflettente.
Rifrazione il cambio di direzione di un'onda causata dal cambio del mezzo di propagazione (ad
esempio di densità diversa).
Diffrazione la diffusione delle onde, per esempio quando passano per una fessura stretta
Interferenza la somma vettoriale (possono annullarsi) di due onde che entrano in contatto
Dispersione la divisione di un'onda in sotto onde in dipendenza della loro frequenza.
ONDE TRASVERSALI
Angolodi riflessione: angolo che la direzione di propagazione dell’onda riflessa forma con la
normale alla superficie riflettente.
Es. in 1 dimensione:
Angolo di rifrazione: angolo che la direzione di propagazione dell’onda trasmessa forma con
la normale alla superficie di separazione.
sinθrifrazione v 2
=
sinθincidente v 1
v2<v1rifrazione<incidenza
v2>v1rifrazione>incidenza
DIFFRAZIONE
(radianti) = /L
Quando due o più onde passano attraverso la stessa regione di spazio nello stesso istante, la
perturbazione risultante è la somma algebrica delle rispettive perturbazioni (principio di
sovrapposizione).
Un corpo vibrante immerso nell'aria produce in essa delle onde elastiche, dando luogo a quel
fenomeno che viene chiamato suono. Per questo motivo questo particolare tipo di onde elastiche
vengono chiamate onde acustiche o onde sonore.
Il corpo vibrante produce una variazione di densità del mezzo nello spazio circostante. Questa
variazione di densità corrisponde a zone di rarefazione e compressione del mezzo. Il suono è per
questo un’onda longitudinale.
Altezza:
numero di oscillazioni nell’unità di tempo. L’altezza dipende dalla frequenza.
Udibilità ORECCHIO UMANO tra 16 e 20000 Hz
Lunghezza d’onda
Intensità del suono:
quantità di energia sonora che attraversa una superficie unitaria posta in un punto
Perperpendicolarmente alla direzione di propagazione del suono. Dipende dall’’ampiezza del suono
e.
L'effetto Doppler è un cambiamento apparente della frequenza o della lunghezza d'onda di un'onda
percepita da un osservatore che si trova in movimento rispetto alla sorgente delle onde. Per quelle onde
che si trasmettono in un mezzo, come le onde sonore, la velocità dell'osservatore e dell'emettitore vanno
considerate in relazione a quella del mezzo in cui sono trasmesse le onde. L'effetto Doppler totale può
quindi derivare dal moto di entrambi, ed ognuno di essi è analizzato separatamente.
È importante notare che la frequenza del suono emesso dalla sorgente non cambia nel sistema di
riferimento solidale alla sorgente. Per comprendere il fenomeno, consideriamo la seguente analogia: se
siamo fermi sulla spiaggia, vediamo arrivare le onde supponiamo ogni cinque secondi, quindi ad una
determinata frequenza; se ora entriamo in acqua e navighiamo verso il mare aperto, andiamo incontro alle
onde, quindi le incontriamo più frequentemente (la frequenza aumenta), mentre se navighiamo verso riva,
nella stessa direzione delle onde, la frequenza con cui le incontriamo diminuisce. Per fare un altro esempio:
qualcuno lancia una palla ogni secondo nella nostra direzione. Assumiamo che le palle viaggino con velocità
costante. Se colui che le lancia è fermo, riceveremo una palla ogni secondo. Ma, se si sta invece muovendo
nella nostra direzione, ne riceveremo un numero maggiore nel medesimo lasso di tempo (ovvero, a una
frequenza maggiore), perché esse saranno meno spaziate. Al contrario, se si sta allontanando ne
riceveremo di meno nell'unità di tempo. Ciò che cambia è quindi la frequenza nel sistema di riferimento del
rilevatore; come conseguenza, l'altezza del suono percepito cambia.
Ottica:
Ottica geometrica:
L'ottica geometrica è la più antica branca dell'ottica: essa studia i fenomeni ottici assumendo che la
luce si propaghi mediante raggi rettilinei. Dal punto di vista dell'ottica ondulatoria essa è valida
quando la luce interagisce solo con oggetti di dimensioni molto maggiori della sua lunghezza
d'onda.
Con questa condizione, gli unici fenomeni rilevanti sono la propagazione rettilinea, la riflessione e
la rifrazione ed è possibile dare una spiegazione approssimata, ma sufficiente in molti casi, del
funzionamento di specchi, prismi, lenti e dei sistemi ottici costruiti con essi.
a legge afferma che nel vuoto la luce si propaga lungo linee rette. La prima formulazione di questo
principio è dovuta a Euclide, anche se il concetto di vuoto associato al moto rettilineo degli atomi
venne introdotto circa due secoli prima da Democrito.
La riflessione è il fenomeno per cui una congruenza ortogonale di raggi che incide su una superficie
di discontinuità genera una nuova congruenza ortogonale di raggi. Le leggi della riflessione
affermano che tale nuovo raggio, detto raggio riflesso,
si trova nel piano definito dal raggio incidente e dalla perpendicolare alla superficie nel
punto di incidenza
forma con tale perpendicolare un angolo con la stessa ampiezza e verso opposto di quello
formato dal raggio incidente.
La rifrazione è il fenomeno per cui una congruenza ortogonale di raggi che attraversa una superficie
di discontinuità (contatto tra due materiali diversi) viene deviata. Le leggi della rifrazione affermano
che
Il raggio uscente si trova sul piano definito dal raggio entrante e dalla perpendicolare alla superficie
nel punto di contatto.
Le ampiezze degli angoli formati dai due raggi rispetto alla perpendicolare alla superficie sono
collegati dalla relazione:
n1sinθ1 = n2sinθ2
dove i coefficienti n (indice di rifrazione) dipendono dai materiali di cui sono costituiti i mezzi e dal
colore della luce.
Nei fenomeni di rifrazione oltre al raggio rifratto, c'è sempre anche un raggio riflesso. Nel caso in
cui il raggio provenga dal mezzo con indice di rifrazione maggiore, con un angolo tale che l'angolo
uscente dovrebbe essere maggiore di 90 gradi (θ1>arcsen(n2/n1)), il raggio rifratto non è presente e
tutta la luce viene riflessa (riflessione totale).
Tutte e tre le leggi dell'ottica geometrica sono deducibili dal principio di Fermat, se si assume che
l'indice di rifrazione sia inversamente proporzionale alla velocità della luce nel mezzo considerato.
Gli indici di rifrazione sono definiti dalla legge precedente a meno di una costante moltiplicativa.
Essi sono determinati convenzionalmente assumendo uguale a 1 l'indice di rifrazione del vuoto;
sapendo che la velocità della luce è massima nel vuoto, ne segue che l'indice di rifrazione di tutte le
altre sostanze è maggiore di 1.
Il variare dell'indice di rifrazione in funzione del colore provoca il fenomeno della dispersione
cromatica, cioè la separazione di un raggio di luce bianca nel suo spettro. La dispersione cromatica
è all'origine dell'arcobaleno e dell'aberrazione cromatica.
Tipi di lenti:
Il tipo più comune è rappresentato dalle lenti sferiche, caratterizzate dall'avere le due superfici
opposte costituite idealmente da porzioni di superfici sferiche con raggi di curvatura R1 ed R2.
Lo stesso vale per la superficie opposta lungo il cammino ottico, ma con i segni invertiti.
La linea passante per i centri delle sfere ideali e generalmente passante anche per il centro
geometrico della lente è detta asse.
Le lenti sono classificate secondo la curvatura delle due superfici:
Nell'ultimo caso, se le superfici hanno uguale raggio la lente si definisce menisco, anche se il
termine è anche usato per indicare una generica lente concavo-convessa.
Se la lente è biconvessa o piano-convessa un fascio di raggi paralleli all'asse che attraversa la lente
viene "focalizzato" (cioè viene fatto convergere) su un punto dell'asse ad una certa distanza oltre la
lente, nota come distanza focale. Questo tipo di lente è detta positiva.