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Dispense del corso SF1 per il canale MZ

Esperienze di Laboratorio di Misura


aa 2022/23

Michele Doro, michele.doro@unipd.it

8 gennaio 2023
2

Quest’opera è distribuita con licenza Creative Commons “Attribuzione


– Non commerciale – Condividi allo stesso modo 3.0 Italia”.

NOTA IMPORTANTE:
Il testo e’ in fase iniziale di scrittura e potrebbe contenere diverse imprecisioni e refusi, di cui mi
scuso fin da subito, inclusi errori grammaticali. Non mi e’ infatti sempre possibile rileggere tutto
quanto scritto e modificato. Potrebbe addirittura contenere, cosa ben più grave, errori. Chiedo
agli studenti che leggeranno questi appunti di informarmi immediatamente su eventuali ovvi errori
o distorsioni rispetto alla lezione in classe.
Michele Doro michele.doro@unipd.it 4 Ottobre 2021
Indice

I Introduzione al Laboratorio di Misura 5

1 Linee guida per le esperienze 9


1.1 Indagine del problema fisico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9
1.2 Ideazione di una misura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9
1.3 Realizzazione dell’apparato. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10
1.4 Messa in Opera dell’apparato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10
1.5 Campagne di Presa Dati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11
1.6 Campagne di Analisi Dati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11
1.7 Eventuali campagne aggiuntive di presa da . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11
1.8 Stesura di un rapporto scientifico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11

2 Linee guida per il report scientifico 13


2.1 Struttura raccomandata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13
2.2 Stile . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13
2.3 Immagini, tabelle e grafici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14
2.4 Controllo finale relazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15

II Descrizione delle esperienze 17

3 Pendolo semplice 19
3.1 Introduzione teorica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19
3.1.1 Piccole oscillazioni - oscillazione isocrone . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20
3.1.2 Oscillazioni generiche - asincronia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21
3.1.3 Pendolo smorzato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21
3.1.4 Pendolo semplice reale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22
3.1.5 Il misurando . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23
3.2 In laboratorio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23
3.2.1 Prima Campagna Analisi Dati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24
3.2.2 Analisi Finale e Report . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25
3.3 Note di chiusura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25

4 Piano inclinato 29
4.1 Introduzione teorica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29
4.1.1 Il misurando . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 32
4.2 In laboratorio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 32
4.2.1 Ideazione dello misura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 32
4.2.2 Messa in funzionamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33
4.2.3 Presa dati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33
4.2.4 Analisi e Report . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 34
4.3 Note di chiusura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 34

3
4 INDICE
Parte I

Introduzione al Laboratorio di Misura

5
Introduzione
Quest’opera è distribuita con licenza Crea-
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Italia”.

I corsi di Laboratorio per la Laurea Triennale in Fisica all’Università di Padova sono strutturati su
diversi anni e diverse esperienze, di norma pensate attorno alla misura di una grandezza o legge fisica
studiate nei corsi di quell’anno. Per il caso di Sperimentazioni di Fisica 1 quindi misureremo grandezze
che saranno studiate nel corso di Fisica I (II semestre) durante 8 esperienze di laboratorio. Ad esempio,
misureremo la accelerazione locale di gravità con un pendolo semplice (Capitolo 3), una guidovia ad
aria compressa (Capitolo 4 e attraverso il pendolo di Kater, verificherete la legge di Hooke e misureremo
una costante elastica durante l’esperienza dell’Estensimetro. misureremo la viscosità di un fluido con
un Viscosimetro. Studieremo il moto smorzato da forza viscosa con un pendolo a torsione. Studieremo
la legge di stato dei gas ideali e il passaggio di calore con un calorimetro e durante l’esperienza finale
con un apparato specifico.
La misura fisica é chiaramente un punto fondamentale del metodo scientifico, che si basa sull’evi-
denza sperimentale e sul confronto di ipotesi fatti rispetto a predizioni misurabili. In questo senso va
compresa a fondo sia da chi ha più interessi teorici sia da chi ha interessi piú sperimentali, come già
discusso nelle dispense di teoria. Ci sono diverse competenze da apprendere che si articolano lunghi le
diverse fasi dell’ideazione e realizzazione di una misura. Di questo parleremo in Capitolo 1. Di partico-
lare importanza in senso assoluto c’è la cura nel controllo della presenza di sistematiche nella misura,
e poi della accurata determinazione del valore da misurare (misurando) e del livello di confidenza del
risultato per la valutazione della incertezza del risultato o del confronto con ipotesi. Cercheremo di
fare questo attraverso esperimenti da tavolo. Questa scelta ha il vantaggio che potremo vedere diretta-
mente molti i fattori che possono influenzare la misura. Dall’altro, ha lo svantaggio che controllare le
sistematiche su misure semplificate rispetto a quelle che si possono immaginare in laboratori scientifici.

f: In che senso?
b: Nel senso che ti succederà di non trovare così facilmente un misurando in accordo con il valore di
riferimento che ti aspettavi, perché ci saranno sistematiche difficile da quantificare.

Tra i diversi laboratori che incontrerete lungo gli anni, il laboratorio del primo anno é quello
che si concentra maggiormente sulla studio delle incertezze sperimentali, casuali o sistematiche. In
Laboratori successivi si imparerà maggiormente a misurare grandezze più indirette come impedenze
dei circuiti, figure di interferenza, etc. Tuttavia, qui impareremo la corretta presentazione dei risultati
di una misura, che é uno dei capisaldi del metodo scientifico, in cui il risultato deve essere mostrato
chiaramente, accuratamente, ripetibile e oggettivo.

Come visto in Capitolo 1 discuteremo l’approccio generale da tenere durante le esperienze e in Ca-
pitolo 2 parleremo di come strutturare correttamente un report. Successivamente andremo a discutere
le singole esperienze.

7
8
Capitolo 1

Linee guida per le esperienze

Anche se realizzati in modo diverso esperienza per esperienza, si può identificare un certo numero
di passaggi per la realizzazione di un esperimento reale. Chiaramente, non esiste un unico ordine da
seguire, ma la lista di seguito può essere presa come linea guida. I passaggi per una misura sperimentale
sono:

1. Indagine di un problema fisico. Valutazione del misurando e del metodo di misura


2. Ideazione di una misura (e di uno strumento). Valutazione della procedura
3. Realizzazione dell’apparato.
4. Taratura, calibrazione, messa in funzionamento (commissioning) dell’apparato.
5. Campagne di presa dati
6. Campagne di analisi dati
7. Eventuali campagne aggiuntive di presa dati
8. Stesura di un rapporto scientifico.

Come vedete, i punti sono molteplici. Nel laboratorio del primo anno, ci si concentrerà maggior-
mente su alcuni, lasciando altri punti per i laboratori successivi. Vediamo questi punti.

1.1 Indagine del problema fisico


In linea di principio, nel caso reale, il team di ricerca1 . trova un argomento di ricerca, che puo’
essere una misura specifica, ad esempio la massa di una nuova particella; una proprietà, ad esempio
il comportamento di un cristallo a basse temperature; oppure lavora per uno strumento ad ampio
spettro come un telescopio, con il quale si possono fare diverse misure lungo diversi anni puntando
diverse sorgenti nel cielo. In ogni caso, come visto nel ??, e’ importante definire bene la quantità
che si vuole misurare, il misurando, e ragionare sul valore vero che potrebbe avere questa grandezza,
o sulla presenza di ragionevoli valori di riferimento. Sappiamo che questa fase può essere delicata in
quanto la definizione del misurando richiede la scelta di una serie di informazioni aggiuntive che lo
caratterizzino. Assieme al misurando, si comincia a pensare a che metodo di misura possa portarci
ad una buona (precisa, accurata, affidabile, ripetibile, etc) misura. Nel laboratorio del primo anno, di
solito questa fase e’ svolta dal docente durante la lezione.

1.2 Ideazione di una misura


A partire da una certa idea di misura, e’ chiaro che si deve –prima di metterla in atto – definire e
valutare, per quanto possibile a priori, la procedura di misura. La procedura deve servire a raggiungere
1
Raramente ricerche sperimentali sono fatte da una persona, ma di norma da piccoli o grandi team. Le grandi collabo-
razioni tipo gli esperimenti al CERN CMS https://cms.cern/collaboration/people-statistics e ATLAS sono fatte
da piu di 2,000 persone. L’articolo sulla scoperta della contemporanea emissione di onde gravitazionali e radiazione dalla
fusione di due stelle di neutroni contiene 12 pagine di testo, 15 pagine di tabelle, 6 pagine di ringraziamenti e 19 pagine
di lista autori: https://iopscience.iop.org/article/10.3847/2041-8213/aa91c9 a chiarire quanto impegnativa sia
stata la misura.

9
10 CAPITOLO 1. LINEE GUIDA PER LE ESPERIENZE

sufficienti livelli di precisione, accuratezza, affidabilità, ripetibilità. Tuttavia potrebbero esserci ulteriori
diversi parametri da dover valutare come la prontezza, la sensibilità rispetto a fattori esterni, etc.
Chiaramente questa fase dipende da caso a caso. Nel laboratorio del primo anno, di solito questa fase
e’ svolta dal docente durante la lezione che illustra la procedura di misura. Tuttavia, si ribadisce fin
d’ora come la scelta di procedura alternative proposta dal gruppo sia più che benvenuta.

1.3 Realizzazione dell’apparato.


Per la maggior parte dei casi reali, questo comporta una serie lunga e complessa di attività, in par-
ticolar modo legate al finanziamento della misura2 , alla ricerca dei luoghi per svolgere la misura, di
infrastrutture ancillari (pensate a esperienze che richiedono molta acqua, o circuiti di raffreddamento,
o molta potenza, o molta larghezza di banda per la trasmissione dati, etc). La costruzione può puoi
richiedere anni di sviluppo, anche perché potrebbe essere che parti specifiche dell’apparato non sono
ancora state inventate3 ! Per questa ragione spesso i laboratori di grande dimensioni sono raggruppati
in grosse facilities 4 . Anche in questo caso, nel laboratorio del primo anno, di solito non c’è tempo a
sufficienza per elaborare questa fase e lo strumento viene perlopiù consegnato al gruppo.

1.4 Messa in Opera dell’apparato


Per messa in opera dell’apparato, che in inglese potremo tradurre genericamente in commissioning,
si intende tutta una serie di attività non tanto volte al funzionamento diciamo vero e proprio, ma
soprattutto alla determinazione delle caratteristiche dello strumento: risoluzione, sensibilità, prontezza,
soglia, portata, etc. Spesso infatti, se l’esperimento e’ di una certa complessità e magari costruito da
zero, nonostante siano state progettate nella fase (2), non c’è garanzia che lo strumento lavori coma
da disegno, ma va misurato. Questa fase e’ di norma lunga e complessa. Ogni singolo test deve
essere correttamente trascritto, analizzato, comunicato. A volte, se diverse persone eseguono test su
parti diverse dell’apparato, e’ necessario che queste comunichino e scambino informazioni. Se cio’
non avviene, magari le due parti lavorano correttamente singolarmente, ma non assieme. Questo vale
praticamente per ogni scala dell’esperimento, anche per i piccoli. Per questo e’ sempre auspicabile che
ci sia uno o piu’ persone che abbiamo una conoscenza approfondita di tutto lo strumento, o che ci
siano procedure chiare di messa in opera.
Il VIM distingue alcune di queste procedure in maniera piu’ specifica:

Calibrazione VIM 2.39 Operazione che, in determinate condizioni, in una prima fase, stabilisce
una relazione tra i valori quantitativi con le incertezze di misura fornite dagli standard di
misurazione e le corrispondenti indicazioni con le incertezze di misura associate e, in una
seconda fase, utilizza queste informazioni per stabilire una relazione per ottenere un risultato
della misurazione da un’indicazione;

Regolazione di un sistema di misurazione VIM 3.11 Insieme di operazioni eseguite su un


sistema di misurazione in modo che fornisca indicazioni prescritte corrispondenti a
determinati valori di una quantità da misurare;

Si noti che queste definizioni non sono spesso usate in maniera rigida ma adattate al caso specifico.
Ad ogni modo, tra i tipi di regolazione di un sistema di misurazione si comprendono la regolazione
2
Eh si. . . non solo non ci sono sempre disponibili i finanziamenti per qualsiasi misura, ma in aggiunta, il meccanismo
di finanziamento e’ competitivo. Si partecipa a gare in cui si descrive il progetto e. . . vinca il migliore! E’ naturale anche
che il failure rate sia alto. A volte si viene finanziati, a volte no. Questo spinge a fare sempre meglio!
3
Ad esempio, per la ricerca di onde gravitazionali, si e’ sviluppato un sistema innovativo di sospensione degli specchi
che al momento della ideazione dello strumento non esisteva!
4
In Italia, per la Fisica Nucleari abbiamo ad esempio i grandi Laboratori Nazionali. Due di questi vicino a noi sono i La-
boratori Nazionali di Legnaro (LNL, https://home.infn.it/it/) dell’Istituto di Fisica Nucleare (INFN), oppure l’Osser-
vatorio Astronomico di Asiago (OAA, https://www.dfa.unipd.it/dipartimento/sedi-e-stutture/sede-di-asiago/
presentazione/ che avrete sicuramente modo di visitare durante la Laurea.
1.5. CAMPAGNE DI PRESA DATI 11

zero di un sistema di misurazione, ovvero la regolazione di un sistema di misura in modo che fornisca
un’indicazione nulla corrispondente ad un valore zero di una quantità da misurare e la regolazione del
guadagno, ovvero del rapporto tra grandezze misurata e lettura. Il VIM precisa che la regolazione
di un sistema di misurazione non deve essere confusa con la calibrazione, che è un prerequisito per
la regolazione. Una calibrazione può essere espressa da una dichiarazione, funzione di calibrazione,
diagramma di calibrazione, curva di calibrazione o tabella di calibrazione. In alcuni casi, può consistere
in una correzione additiva o moltiplicativa dell’indicazione con l’incertezza di misura associata.
Al termine della procedura di messa in opera dello strumento, non solo abbiamo determinato le
sue caratteristiche metrologiche, ma abbiamo in sostanza contributo a costruire il livello di confidenza
sulla misura che andiamo a fare. Semplicemente, avendolo provato decine di volte e avendo visto come
si comporta, siamo piu’ sicuri nel giudicare eventuali comportamenti anomali.

1.5 Campagne di Presa Dati


La presa dati vera e propria deve essere fatta avendo a disposizione se possibile, al di la’ del tempo
materiale e della disponibilità dello strumento, un logbook dove annotare tutto per quanto possibile.

1.6 Campagne di Analisi Dati


Una volta ottenuti i campioni di misure, si procede alla loro analisi. L’analisi dati di norma e’ divisa
in due momenti: a) la ricostruzione dei dati e b) la vera e propria analisi. Per ricostruzione dei
dati (grezzi) si intende quel processo che porta i dati ad essere analizzabili. Ad esempio, gestione
dati sui file, selezione dati in base alla qualità e alla opportunità, possono rappresentare esempi di
ricostruzione. La separazione non e’ cosi netta. Per analisi si intende la vera e propria produzione di
risultati scientifici, come grafici riassuntivi, istogrammi etc. Come linea guida, la ricostruzione dei dati
e’ di solito descritta più brevemente e concisamente nell’elaborato scritto rispetto alla parte di analisi,
essendo anche spesso molto tecnica. Talvolta viene quasi completamente ignorata, anche se questo può
portare all’incapacità di chi legge di formarsi una chiara opinione sulla confidenza dei risultati. Già
in fase di analisi il team pensa a quali possono essere i migliori grafici con cui presentare le scoperte,
essendo i grafici condensati di informazione che valgono più di mille parole.

1.7 Eventuali campagne aggiuntive di presa da


E’ decisamente la norma che a seguito di una prima analisi, ci si renda conto che non si erano fatte tutte
le considerazioni necessarie durante l’ideazione della misura, o la messa in funzionamento. Oppure,
si hanno dei sospetti su alcune caratteristiche dei dati che non si riescono a spiegare certamente. Ad
esempio, si osservano alcuni dati anomali. Quale e’ stata la causa? Diventa perciò normale e come
detto quasi la prassi poter tornare al proprio esperimento per ripeterlo. Il numero di ripetizioni può
essere alto e quello che spesso accade e’ che si eseguano modifiche piccole o grandi allo strumento o alla
procedura di misura. Anche in questo caso, nel laboratorio del primo anno, di solito non c’è tempo
a sufficienza per elaborare questa fase e lo strumento viene perlopiù consegnato al gruppo. Tuttavia,
cercheremo di dare modo a chi ne vedesse l’opportunità, di tornare in laboratorio.

1.8 Stesura di un rapporto scientifico


Come visto e discusso, la stesura di un rapporto scientifico fa parte della misura stessa in quanto il
metodo scientifico prevede che un risultato sia condivisibile. Perciò molta cura va messa nella stesura
del rapporto scientifico, che nel nostro caso chiameremo ’relazione’. La relazione alle esperienze di
laboratorio va fatta in maniera ordinata, seguendo alcune linee guida sulla la scelta dei contenuti,
la loro presentazione grafica e la loro discussione. Vista l’importanza tutto questo e’ riportato in
Capitolo 2.
12 CAPITOLO 1. LINEE GUIDA PER LE ESPERIENZE
Capitolo 2

Linee guida per il report scientifico

Una buon report scientifico deve possedere le seguenti caratteristiche:

• Chiarezza espositiva
• Completezza della relazione
• Correttezza formale dell’analisi
• Organicità e Coerenza dell’elaborato: essa include la valutazione della struttura logica con-
sequenziale, impiego di deduzioni e inferenze e l’adeguato bilanciamento delle parti della rela-
zioni; capacità critica discussione dei risultati; motivazione di successi e eventuali insuccessi e la
coerenza tra obiettivi-svolgimento-conclusioni.
• (Originalità): se applicabile, si apprezzano approfondimenti da parte del gruppo, volte ad
aumentare la precisione della misura o la qualità in generale dell’esperienza.

Per questo si consiglia di seguire alcune linee guida generiche, sottolineando come la studentessa
sperimentatrice ha libertà di adattare al struttura alle esigenze specifiche della esperienza.

2.1 Struttura raccomandata


Riguardo alla struttura dell’elaborato:

• La relazione deve riportare obbligatoriamente i capitoli ordinati e numerati. In linea generale


la struttura logica della relazione e’: a) Introduzione b) Metodologia c) Risultati d) Conclusioni
e outlook e) Appendici. Un esempio da ritenere come guida si trova nel Modello di Relazione
é dato a lezione. É possibile variare la struttura in base alle esigenze specifiche come faremo
almeno per la prima esperienza.
• Non e’ necessario fare l’indice dei contenuti.
• La lunghezza della relazione deve essere bilanciata. Difficilmente essa può essere più breve di 5
pagine e non dovrebbe essere più lunga di 10-15 pagine (escludendo le appendici). In generale,
si deve bilanciare tra concisione e chiarezza e completezza.
• Si puo’ usare qualsiasi programma di scrittura tipo Microsoft, Openoffice, ma in ogni caso la
relazione va circolata in formato .pdf. Esistono diverse piattaforma di scrittura collaborativa
come ad esempio Google Drive https://docs.google.com o simili. Nel caso la studentessa vo-
glia usare LATEX, molto utile anche successivamente per la stesura della tesi, puo’ fare riferimento
al modello nella piattaforma di scrittura condivisa Overleaf https://www.overleaf.com/read/
qygpzpgggxpb.

2.2 Stile
Riguardo alla discussione e alla trattazione statistica:

• Non rimanere mai sul vago usando affermazioni qualitative, personali e opinabili, e se possibile
quantificare sempre affermazioni.

13
14 CAPITOLO 2. LINEE GUIDA PER IL REPORT SCIENTIFICO

• Riportare solo informazioni utili, e non dettagli di nessuna importanza


• Organizzare la comunicazione in maniera formale e concisa.
• Spesso e’ utile definire e usare acronimi chiari, ad esempio M 1, M 2, M 3 per tre misure o T 1 −
100, T 2 − 50, etc. Questi permettono la creazione di tabelle chiare. Sta a ognuno definire la
migliore.
• La prima volta che si usa una formula statistica essa va introdotta e tutti i simboli usati vanno
descritti.
• Tutti i dati vanno riportati con l’incertezza statistica appropriata, al di la’ del caso Gaussiano,
le deviazioni standard di altra natura vanno sempre riportate e descritte come tali.

Figura 2.1: Andamento temporale del campione di misure M 01 del periodo di oscillazione singola di
un pendolo P 11.

2.3 Immagini, tabelle e grafici


Ove possibile, i risultati devono essere graficati. Un grafico infatti da una visione immediata spesso
molto più chiara di lunghe considerazioni. Le tabelle invece servono a riassumere dati, e spesso vanno
usate per fare confronti comparativi tra i dati nelle righe o nelle colonne. In generale, vale la massima
"un grafico e una tabella valgono più di mille parole". E’ pertanto consigliato il loro uso.

• Il numero di figure e tabelle va comunque minimizzato ove possibile senza ledere a chiarezza e
completezza del testo. Questo può essere fatto a) raggruppando immagini una a fianco all’altra
b) sovrapponendo immagini (linee multiple in un grafico) invece che inserendo molti grafici con
linea singola c) mettendo eventualmente materiale non strettamente necessario alla discussione,
ma solo all’approfondimento, in appendice.
• Tutte le immagini, tabelle e figure devono essere numerate in maniera consecutiva e riferite nel
testo, se possibile con hyperlinks cliccabili come il seguente (vedi Fig. 2.1). Ogni immagine o
tabella deve venire con una didascalia che contiene una breve intestazione ed eventualmente una
breve spiegazione.
• Ogni figura/tabella, se messa, va sempre discussa. Non si possono inserire tabelle e immagini di
cui non si fa riferimento nel testo. Un esempio potrebbe essere: In Figura 2.1 si riporta l’anda-
mento temporale del campione di misure M 01 ottenute con il cronometro digitale a risoluzione
R = 10−3 s. L’andamento non presenta anomalie visibili. . .
• Una tabella deve riportare tutte le informazioni necessarie alla discussione della relazione e non di
più (ad esempio, spesso il numero consecutivo della misura non e’ rilevante). In una tabella non
si riportano dati se sono uguali per tutte le righe/colonne della tabella. Si cerca di minimizzare
il numero di segni. Ad esempio se tutti i dati hanno incertezza ±0.1 si può’ riportare questa
informazione in una unica riga della tabella o nella didascalia.
• I grafici devono riportare chiaramente grandezze e unita’ di misura suglia assi. Ogni grafico non
deve presentare eccessive ’parti bianche’ e si deve zoomare ove possibile nella regione di interesse
per garantire una sufficiente leggibilitá. Ove possibile, si consiglia di usare la ’legenda’ nel grafico,
2.4. CONTROLLO FINALE RELAZIONE 15

che mostra con codice di colori o stile della linea o del marcatore il contenuto. In aggiunta la
legenda può riportare brevi dati numerici come media/errore standard, etc.

2.4 Controllo finale relazione


Prima di consegnare relazione, dopo aver controllato i risultati, valutate questi punti:

 Ho messo correttamente nomi, cognomi, numeri di matricola, e intestazione della relazione?


 Ho seguito la struttura del modello della relazione?
 Sono riuscito ad essere conciso e a evitare affermazioni qualitative?
 Ho controllato se ci sono errori di grammatica?
 Ho selezionato le immagini e le tabelle principali?
 Tabelle e grafici hanno numero e didascalia chiara?
 Ho scritto la prima volta che le ho usate le formule statistiche e fisiche?
 Ho messo il numero corretto di cifre significative per ogni stima?
 La discussione e le conclusioni, se lette da sole, permettono di capire i miei risultati?
16 CAPITOLO 2. LINEE GUIDA PER IL REPORT SCIENTIFICO
Parte II

Descrizione delle esperienze

17
Capitolo 3

Misure ripetute del periodo di oscillazione


di un pendolo semplice

Quest’opera è distribuita con licenza Crea-


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Italia”.

Durante questa prima esperienza si prenderanno diverse misure ripetute del periodo di oscillazione,
singolo e multiplo, di un pendolo semplice. Il pendolo semplice è un semplice strumento idealmente
costituito da un filo sottile appeso ad un perno fisso e una massa appesa ad una estrema, messo in
oscillazione in maniera corretta. Il pendolo sarà costruito dallo studente. Con i dati raccolti stimeremo
infine l’accelerazione di gravità a Padova e la costante Gravitazionale (di Cavendish)!

3.1 Introduzione teorica


Un pendolo semplice ideale (Figura 3.1) consiste in un pun-
to materiale P di massa m, fissato ad una estremità di
un filo ideale, ovvero inestensibile, privo di massa e per-
fettamente flessibile, di lunghezza l il cui altro estremo è
vincolato a trovarsi nel punto O. Il pendolo oscilla tra i
due punti di inversione G, G0 su una traiettoria circolare
di centro O e raggio l. In ogni punto, il pendolo forma un
angolo θ rispetto alla verticale.
Lo studio del moto del pendolo semplice ideale è argo-
mento del corso di Fisica Generale 1 del secondo semestre,
e qui riportiamo solo i concetti principali. Ci interessa in
particolare modo studiarne il movimento. Il movimento
di un corpo, in particolare la sua accelerazione, è legato
alla presenza di forze libere (ovvero non bilanciate) agenti
sul corpo. Nel caso del pendolo semplice ideale, in prima
approssimazione, le forze libere sono due: la forza di gra- Figura 3.1: Schema del pendolo semplice
vità P~ sempre rivolta verso il basso, e con valore assoluto ideale
P = m g dove g è l’accelerazione di gravità a cui è sottoposta la massa, e la reazione vincolare del
filo, ovvero la tensione del filo T~ , sempre rivolta lungo il filo teso verso l’estremo vincolato O. Essendo
le forze di natura vettoriale, come vedrete, ed essendo la tensione una reazione vincolare che bilancia
esattamente la componente della forza peso lungo l’asse del filo, l’unica vera forza libera (di nuovo,
in prima approssimazione come vedremo) è la componente della forza peso lungo la traiettoria il cui
valore in modulo è Pθ = m g sin θ come si ottiene da semplici considerazioni geometriche.

19
20 CAPITOLO 3. PENDOLO SEMPLICE

Applicando la legge di Newton, che lega la risultante R


~ delle forze agenti su un corpo di massa m
alla accelerazione di questo corpo: R = m ~a otteniamo, lungo la traiettoria:
~

m g sin θ = −m a
Il segno − è dovuto al fatto che all’aumentare del seno dell’angolo, l’accelerazione diminuisce. Il corpo
si muove quindi di accelerazione variabile in funzione dell’angolo
a = −g sin θ
A partire da questo è possibile costruire la legge oraria che descrive l’andamento della posizione del
corpo rispetto al tempo. La posizione è individuata o dalle coordinate cartesiane x, y oppure piu’
semplicemente dall’unica coordinata cilindrica libera θ, visto che l è fissa. Il moto avviene lungo la
traiettoria circolare, dove sappiamo valere la relazione che la distanza s lungo la traiettoria a partire
2
dalla verticale vale s = lθ. Allora l’accelerazione spaziale lungo la traiettoria vista sopra vale a = ds
dt2
=
dθ2
−l dt2 che permette di riscrivere la legge di Newton come

dθ2 (t) dθ2 (t) g


l 2
= −g sin θ(t) −→ = − sin θ(t) (3.1)
dt dt2 l
La cui integrazione non é banale contenendo termini misti θ e sin θ. Esiste tuttavia una condizione in
cui l’equazione sopra si può semplificare, quella delle cosiddette piccole oscillazioni.

3.1.1 Piccole oscillazioni - oscillazione isocrone


Se le oscillazioni sono piccole (a breve vedremo quanto) allora vale sin θ ' θ e Equazione 3.1 puo’ essere
riscritta:
dθ2 (t) g
2
' − θ(t) (3.2)
dt l
Quale è la funzione (di θ(t)) che derivata due volte da’ se stessa? Ad esempio la funzione sin θ(t)
o cos θ(t). Allora, anticipando quanto vedrete a lezione, possiamo dire che soluzione della equazione
differenziale di secondo grado in θ sopra è ad esempio:
θ(t) = θmax cos (ω t + φ) (3.3)
q
In questa equazione, ω = gl è detta la frequenza angolare caratteristica del pendolo, θmax è l’angolo
di partenza (scelto dall’operatore). La frequenza angolare si chiama cosi’ perchè è il numero di radianti
(2π) spazzati in una rotazione nel tempo T ovvero ω = 2π/T , mentre la frequenza è f = 1/T . Il
parametro φ é invece la cosiddetta fase iniziale, che fornisce l’angolo θ(t = 0). Siccome t = 0 è il
momento in cui facciamo partire il pendolo, allora θ(t = 0) = θmax e quindi cos (ω t + φ) = cos (φ) = 1
e quindi φ = 0.

Derivare due volte Equazione 3.3 rispetto al tempo e verificare quindi se è una soluzione
dell’equazione differenziale Equazione 3.2.

La legge oraria conferma l’osservazione intuitiva che si tratta di un moto periodico. A partire da
Equazione 3.3 si può calcolare il periodo di oscillazione
s
2π l
T0 = = 2π (3.4)
ω g
Il fatto che nella Equazione 3.4 non compaia θmax si esprime affermando che le piccole oscillazioni
del pendolo sono isocrone, ovvero non dipendono dall’angolo iniziale di lancio. Osserviamo anche
che il periodo è indipendente dalla massa del pendolo. La condizione di piccole oscillazione si verifica
ogni qual volta la differenza tra θ, sin θ è piccola.

Calcolare la differenza percentuale tra θ e sin θ per θ = 0, 10, 20, 30, 40 gradi.
3.1. INTRODUZIONE TEORICA 21

3.1.2 Oscillazioni generiche - asincronia


Se volessimo sviluppare una teoria che non si basi sulla semplificazione delle piccole oscillazioni, do-
vremmo integrare più precisamente l’Equazione 3.1. Una descrizione (per altro ancora approssimata)
si trova negli appunti sul pendolo di M. Loreti. Il periodo di oscillazione ottenuto è:
s
2
 
θmax 2π l
T = T0 1 + + O(4) dove T0 = = 2π (3.5)
16 ω g

che dice che la durata di una oscillazione nel caso generico diminuisce al diminuire dell’angolo iniziale
di oscillazione, e quindi il periodo non è più isocrono. Il simbolo O(4) sta pereccetto correzione
del quarto ordine o superiori. Si intende cioè che la formula è approssimata ma con approssimazione
inferiore al quarto ordine, ovvero per meno di una parte su 104 . E’ chiaro che quindi la durata delle
oscillazioni nel caso generale non è isocrona ma dipende dall’angolo iniziale. Se osserviamo la differenza:

θ deg (rad) (T − T0 )/T0


0 (0) –
10 (0.175) 0.2 %
20 (0.349) 0.8 %
30 (0.524) 1.7 %
40 (0.698) 3.0 %

vediamo come al di sotto dei 20 gradi circa la differenza sia meno dell’1%. Ci accorgeremo di questa
differenza nella nostre misure?

3.1.3 Pendolo smorzato


Smorzamento non e’ un concetto unico, e ci sono diverse maniere in cui un pendolo (o un sistema
in generale in moto armonico) puo’ essere smorzato. Prendiamo qui un caso specifico, quello dello
smorzamento da attrito viscoso. La forza di attrito viscoso si puo’ esprimere con

F~ = −b~v

dove b é coefficiente di attrito viscoso. Essa é sempre diretta in opposizione al movimento e per questo
rappresenta un attrito. Ad esempio, l’aria, con la sua viscosità, seppur bassa, puo’ causare un attrito
viscoso sul pendolo. Se ora riprendiamo l’equazione di Newton scritta sopra aggiungendo questa forza
otteniamo (sempre in condizioni di angoli piccoli):

mgθ − bv = ma

che é una equazione differenziale di secondo grado in θ, t della forma

dθ d2 θ
mgθ − b =m 2
dt dθ
la cui soluzione, come vedrete piu’ avanti é
b
θ(t) = θ0 e− 2m t cos(ωt)
q
b 2
dove ω = ω02 − 2m e ω0 = g/l. Si tratta quindi di un moto ancora oscillatorio, con una frequenza
p

leggermente inferiore al caso senza attrito, la cui ampiezza decresce pero’ esponenzialmente nel tempo
secondo il termine exp − 2m b
t, come mostrato in Figura 3.2.
La viscosità dell’aria é circa 20 µPa s e quindi ci aspettiamo un attrito non troppo intenso. Inoltre,
ci potrebbero essere altre fonti di smorzamento di tipo non viscoso, ad esempio dovute al perno, che
non possiamo modelizzare facilmente come l’attrito viscoso. Passiamo quindi a discutere il pendolo
reale.
22 CAPITOLO 3. PENDOLO SEMPLICE

Figura 3.2: Andamento pendolo smorzato

3.1.4 Pendolo semplice reale


La condizione di idealità espressa sopra è solo un limite teorico. I fattori che ci allontanano da questa
semplificazione sono diversi, e qui di seguito ne consideriamo solo alcuni:
1. Il punto fisso potrebbe non essere fisso nel senso il filo potrebbe basculare attorno al punto fisso.
Inoltre, ad ogni oscillazione si potrebbe smorzare il moto a causa di attriti sul perno.
2. Il cordino che sostiene la massa non è ideale, nel senso che a) ha una sua propria massa, b)
non è infinitamente sottile, c) è formato di catene di molecole e quindi mostrerà caratteristiche
di elasticità, torsione, etc. Gli effetti di questo sono molteplici: il filo potrebbe allungarsi e
accorciarsi o torcersi durante il movimento, almeno in qualche sua parte.
3. La massa non è puntiforme. Essendo estesa, rimane da definire cosa si intende per distanza tra
il punto fisso e la massa (il suo centro? il suo baricentro? etc). Inoltre, come per il filo, la massa
eserciterà sicuramente un attrito con l’aria circostante.
4. L’aria circostante non è il vuoto, ma ha la tipica composizione atmosferica. La viscosità di questa
miscela di gas eserciterà un attrito viscoso su tutto il sistema.
5. L’aria circostante non è il vuoto e quindi si potrebbe generare una spinta di di Archimede sulla
massa e sul filo. Il pendolo non si muove su un piano unico verticale
6. etc. . .
Per ciascuno di questi effetti bisognerebbe sviluppare un modello fisico. Per l’attrito sul perno
questo risulterebbe decisamente complesso da fare. Per il fatto che la massa ha estensione finita in
effetti, per la parte di distribuzione delle masse, la teoria dei momenti delle forze, che vedrete, ci
potrebbe aiutare. Per altri effetti si potrebbe studiare la teoria dell’attrito viscoso e della spinta di
Archimede. Tutto questo sarebbe decisamente complesso. Possiamo cominciare ragionando su che
effetti potremmo osservare a causa di questa non idealità. Su questo gioca anche in parte la nostra
esperienza, ma – senza esagerare – potremo affermare che in generale ci aspettiamo che tutti questi
fenomeni portino ad uno smorzamento delle oscillazioni, e forse ad un moto più disordinato rispetto al
moto semplice su un piano ideale verticale.

Sensibilità rispetto agli effetti Tuttavia, la domanda che dobbiamo porci anzitutto è: "Ma quando
distanti siamo dall’ipotesi ideale? Questa domanda si puo’ anche pensare come

«Ci accorciamo dai dati che in effetti c’è un moto disordinato e smorzato?»

Beatrice, sperimentatrice esperta, sa che la risposta alla seconda domanda è che dipende da che
precisione otteniamo con la misura, e quindi da che risoluzione sperimentale otteniamo. Imposteremo
questa prima esperienza su questo ragionamento. Collegata alla prima domanda, ci saranno anche:

«La misura è sensibile a questo smorzamento? E all’asincronia nei casi di angoli qualsiasi?

Che tipo di influenza ha sui dati l’eventuale moto disordinato o smorzato? Di tipo casuale
o sistematico?»

Dovremo ragionare su queste domande prima di fare l’esperienza e poi valutando con i dati presi.
3.2. IN LABORATORIO 23

3.1.5 Il misurando
Per questa prima esperienza avremo anzitutto uno scopo didattico. Quello di studiare l’andamento di
diversi set di misure ripetute, familiarizzando con la graficazione dei dati, e la stesura di un report.
Cercheremo poi di capire se osserviamo un effetto di smorzamento o meno. Diciamo che il nostro
misurando in questo caso è proprio la misura diretta stessa, ovvero il periodo di oscillazione.
Tuttavia, potremmo sfruttare la nostra misura per calcolare una grandezza decisamente interessan-
te, la costante gravitazionale di Cavendish! Vediamo come. Allora, anzitutto notiamo che possiamo
stimare l’accelerazione di gravità come:
l
g = (2π)2 2 (3.6)
T
invertendo Equazione 3.4 o Equazione 3.5. Dobbiamo quindi procurarci anche una misura
diretta di l.
Infine, a partire da g calcoleremo (facoltativo) G costante di gravitazione di Cavendish, legate dalla
formula:
MT
g=G 2
RT
dove MT , RT sono rispettivamente la massa e il raggio delle terra, i cui valori possono essere ritrovati
online. Si confronti il valore ottenuto di G con il valore di riferimento G = 6.674 × 1011 N m2 kg2 . Nel
farlo si trascurino diversi termini di accelerazione quali quelle centripete dovute alla rotazione della
terra attorno a se stessa e alla rivoluzione attorno al sole.

3.2 In laboratorio
Ideazione dello misura Dalla sezione precedente, abbiamo appreso i concetti di base che stanno
dietro al fenomeno fisico, questi ci aiuteranno a ideare uno strumento che ci consenta di fornire una
misura quanto piu’ precisa e accurata. Dobbiamo quindi assicurarci di lavorare in condizioni di ripeti-
bilità, e ridurre al minimo la sensibilità verso fattori esterni. Pensiamoci. Cosa potrebbe influenzare la
misura? Se fossimo all’aperto, potrebbe esserci vento. Il pendolo deve oscillare su un piano verticale,
quindi devo prestare attenzione a farlo oscillare nell’altra direzione perpendicolare al piano di oscilla-
zione. è importante che il fulcro sia un punto fisso, quindi devo evitare che il filo ’basculi’ attorno a
questa posizione. E avanti cosi: la massa non deve ruotare attorno al filo, magari attorcigliandolo.
Quali sono le misure che dobbiamo prendere per stimare il misurando? Sicuramente i periodi di
oscillazione. Ma come? Prendiamo periodi singoli fermando il pendolo? Lasciamo andare e contiamo
ogni volta? Meglio prendere periodi singoli o sommare piu’ periodi? Queste scelte influenzeranno la
nostra misura. Ne esiste una che garantira’ maggiore precisione e/o maggiore accuratezza? E oltre al
periodo del pendolo, abbiamo bisogno di altre misure? Certamente la misura degli angoli di oscillazione
ci permette di correggere asincronie dovute a questi fattori. E in aggiunta serve l la lunghezza del filo.
Ve ne solo altre?
Si ribadisce che tutti questi ragionamenti vanno fatti se possibili prima della realizzazione della
prova o durante le prime fasi.

Non esiste una unica via per rispondere a queste domande. Prendetevi un po’ di tempo per ideare
il vostro pendolo semplice.

Messa in funzionamento Dello strumento ci interessa: che funzioni correttamente e che la misura
sia fattibile, ciò che ci permette di entrare nelle condizioni di ripetibilità. Oltre a questo, che lo
strumento sia sufficiente preciso e privo di inaccuratezze. Possiamo verificare queste caratteristiche?
Almeno alcune caratteristiche si! Francesca forse vorrebbe iniziare subito a prendere misure finali, ma
Beatrice sa che conviene spendere del tempo in più a preparare lo strumento (messa in atto ??) per poi
non dover raccogliere un set di dati che non sia ben chiaro! Alcune azioni da fare: se l’oscillazione è
regolare, se il filo si torce o muove, etc. In questa fase sarà complesso anche prendere appunti dei test.
Poi potrebbe convenire valutare come diverse tecniche di rilascio del pendolo affinché l’oscillazione sia
regolare. Essendo la misura di tempo manuale, si può anche provare diverse soluzione per la presa del
24 CAPITOLO 3. PENDOLO SEMPLICE

tempo, prendendo riferimenti diversi. Eventualmente prendere piccole serie di test, analizzare i dati, e
tornare allo strumento.

Presa dati - I giorno Visto che anzitutto vogliamo verificare se c’è smorzamento del moto, oltre
che a studiare la distribuzione delle misue e stimare g, vi suggeriamo di fare alcune tra le seguenti serie
di misure, con una numerosità ragionevole:
1. Misura continuata del singolo periodo di oscillazione, senza mai fermare il pendolo, segnandosi
sia il tempo che l’angolo.
2. Misure ripetute di oscillazione singola, ogni volta fermando il pendolo e facendolo ripartire
3. Misure ripetute di oscillazione multipla, ogni volta fermando il pendolo e facendolo ripartire
4. Misure svolte con diverse lunghezze del pendolo.
5. Attualmente non sono possibili misure con massa diversa
Valutate bene il metodo di rilascio del pendolo e la procedura di start/stop della misura del tempo.
Valutate quale possa essere la migliore, e se è una misura fattibile con il vostro strumento. Si segnino
le ampiezze angolari di oscillazione quando serve.

3.2.1 Prima Campagna Analisi Dati


Passiamo ora ad analizzare i dati presi prima della misura finale. Ci dobbiamo aiutare con il calcolo
di parametri e l’utilizzo di grafici. Eccone alcuni:
Andamento Temporale Costruendo l’andamento temporale di alcune delle serie prese osserveremo
effettivamente se vi sia rallentamento del periodo o della ampiezza

Istogramma e Gaussiana Di ciascuna serie di misure ripetute si puo’ costruire un istogramma, e


attraverso il calcolo della media aritmetica e della deviazione standard si puo’ mostrare anche la
gaussiana di riferimento, che ricordiamo é
 2
N w − 12 x−x
G(x, sx ) = √ e sx
2πsx

Non abbiamo ancora tutti gli strumenti per valutare le misure, ma possiamo essere creativi e analizzare
ad esempio differenze tra la prima e la seconda metà delle misure, o sottoinsiemi diversi. Potremmo
stimare moda e mediana e valutare la differenza con la media per ragionare sulla simmetria delle
distribuzioni. Possiamo valutare se la media e le deviazione standard campionaria convergono ad un
valore stabile aumentando la numerosità del campione o se le prime e le ultime misure sono compatibili.
Gli istogrammi presentano comportamento ’stabilè al variare del numero di bin? Bisogna scartare i
dati con la regola dei 3σ?
Si puo’ procedere a valutare altre grandezze statistiche come
Compatibilità tra due valori Una volta calcolate due grandezze con le rispettive incertezze, si puó
valutare la loro compatibilitá attraverso il calcolo del coefficiente di compatibilità
|x1 − x2 |
k=p 2 (3.7)
sx1 + s2x2
dove sx1 , sx1 solo le corrispondenti deviazioni standard dei valori x1 , x2 .

Media pesata Se due grandezze che misurano la stessa quantità sono compatibili si puo’ calcolare la
loro media pesata (descritta in sezione 3.3.

Per fornire anche l’incertezza sulla stima a partire dai dati di g dovremmo propagare le incertezze
sulle misure di input di l, T 2 . La formula, ottenuta attraverso la propagazione delle incertezze casuali:
r 
sl 2  s 2
T
sg = g +4
l T
3.3. NOTE DI CHIUSURA 25

dove sl , sT saranno le stime di incertezza attribuite a l, T rispettivamente. Il legame tra le incertezze


delle misure di periodo multiplo (si veda per ora in sezione 3.3) e la stima da queste del periodo singolo
è invece (assumendo Tn , T1 rispettivamente la misure dirette di periodo triple a la stima del periodo
singolo ottenute da queste con la relazione T1 = Tn /n:

1
sT1 = sT
n n

Presa dati - II giorno Sulla base dei risultati del I giorno, e dopo aver analizzato quei dati,
torneremo una seconda volta in laboratorio, puntando ad effettuare il set di misure che portino ad un
risultato massimamente preciso e accurato. Si ha totale libertà sulla serie di misure da effettuare.

3.2.2 Analisi Finale e Report


Nella seconda campagna dobbiamo riportare la misura piu’ accurata e precisa della accelerazione di
gravitá e confrontarla con il valore di riferimento g = 9.806 ± 0.01 ms− 2.
Nel caso fosse calcolata, analogamente, possiamo calcolare il valore della costante di Cavendish
R2
assieme al suo errore sperimentale: sG = MTT sg Per il calcolo, si assumano RT , MT note senza errore.

Relazione La prima relazione è complessa. Dobbiamo imparare a graficare dati, a strutturare la


relazione, e infine a riempirla di contenuti e discussione. Non preoccupiamoci se non sappiamo come
farlo esattamente. è naturale, e sara’ a cura dei docenti poi dare suggerimenti a partire da questa
prima esperienza. Si consiglia di concentrarsi sulla analisi e sull’uso corretto delle formule.
In particolare ci si concentri su questi aspetti. Per la prima campagna di dati:

• l’andamento temporale di ciascuna delle serie mostra irregolarità?


• ciascuna delle serie è distribuita in maniera ’normalè?
• ci sono serie piu’ precise di altre?
• si osserva smorzamento dell’ampiezza di oscillazione nelle diverse serie? lo si osserva in maniera
significativa?
• si osserva smorzamento significativo del periodo di oscillazione?
• quale è la stima migliore di periodo alla luce delle osservazioni sopra?

E poi nella seconda parte:

• Posso dare una stima di errore sistematico?


• Quale é la precisione delle misure?
• C’è compatibilità con il valore di riferimento? Se no, come si spiega?

Per facilitare la preparazione si riporta il modello per la relazione sul pendolo in https://www.
overleaf.com/read/qygpzpgggxpb sotto il nome modello_relazione_pendolo.

3.3 Note di chiusura


Media Ponderata Date M misure compatibili tra loro, si può calcolarne la media pesata. Deri-
veremo questa formula a lezione ma per ora ci basti vedere che in generale, si parla di media pesata
quando ad ogni valore di una media di assegna un peso diverso wi :
M
X
xM P = wi x i
i=1

con la conduzione M i=1 wi = 1. I pesi wi possono essere definiti a seconda del caso sotto scrutinio. Si
P
noti anche come il caso delle media aritmetica corrisponda al caso della media ponderata dove tutti i
pesi sono uguali wi = N1 ∀i.
26 CAPITOLO 3. PENDOLO SEMPLICE

Nel caso in questione, vogliamo prendere la media pesata di M medie aritmetiche xi ±sxi . Che peso
usiamo? è chiaro che vogliamo che minore sia l’incertezza sxi maggiore sia il peso, ad esempio ponendo
wi = 1/sxi . Vedremo pero’ che è piu’ corretto prendere wi = 1/sx2 i . Infine, dobbiamo normalizzare a
1 la somma dei pesi: wi = (1/s2xi )/( Mi=1 /sxi ) Ottenendo quindi:
P
1 2

PM
xi/s2
xM P = Pi=1 (3.8)
xi

M 1/s2
i=1 xi

L’incertezza della media pesata è s


1
sM P = PM (3.9)
1/s2
i=1 xi

Si noti che se considerassimo di nuovo il caso della media aritmetica di N misure, allora l’incertezza
della singola
√ misura sarebbe sx e quindi l’incertezza della media, secondo ??, sarebbe correttamente
sx = sx / N .

Incertezza del periodo triplo Nella misura di periodo triplo T3 , la relazione con il periodo singolo
T1 (che è il misurando che ci interessa) è questa: T3 = 3 T1 . A partire quindi da misure T3 possiamo
ricavare misure T1 semplicemente con dividendo per 3: T1 = T3 /3. Ma quale è l’errore da dare alla
stima T1 ? Esso andrà calcolato a partire dall’incertezza su T3 . Questa incertezza è quella dovuta alla
risoluzione nel premere il cronometro. è importante notare che questa è la stessa indipendente che si
misuri direttamente un periodo S o tre di oscillazione (nell’ipotesi che non ci sia rallentamento durante
le 3 oscillazioni): sT3 = sS (si presti attenzione al fatto che la serie di misure dirette S non è la serie
di stime indirette T1 ottenute da T3 ). Ora, applicando la formula di propagazione degli errori (??, che
vedremo) sappiamo che:
1
sT1 = sT3
3
Otteniamo quindi che
sT1 1 sS
=
T1 3S
Misurando 3 volte il periodo otteniamo una misura 3 volte piu’ precisa (si notino pero’ le condizioni
in cui questo si verifica)!

Galileo Galilei 1564 - 1642 Di Galileo c’è moltissimo da dire, e lo faro’ forse in versione più avanti
di queste appunti. Qui mi preme ricordare come Galileo fosse spinto da una passione particolare e
nuova verso la ricerca sperimentale. I suoi quaderni di appunti mostrano come avesse abbattuto la
parete che separava lo studio delle filosofie naturali, in cui si dibattevano argomenti fisici con il classico
stile Aristotelico del pensare, e quello delle scienze della misura, considerate più popolane forse chissà
perché nate per questioni meno filosofiche come l’agrimensura. Ovviamente i suoi contemporanei non
lo vedevano ma ci sbattevano addosso, e lui invece lo butto giù ignorandolo. Viva Galileo! Viva il
metodo scientifico!1 Fu Galileo a studiare l’isocronia del pendolo nelle piccole oscillazione, per poi
usarlo per ulteriori esperimenti. Stiamo rifacendo una grande prova di 400 anni fa!

Henry Cavendish 1731 – 1810 Anche di Cavendish ora non ho tempo di


scrivere, ma è un personaggio meno noto che merita moltissimo rispetto2 . Era
un individuo molto benestante, che pero’ uso’ il suo benessere per fare ricerca ed
esperimenti di ogni tipo. Era cosi’ schivo che praticamente non rivolgeva parola
a nessuno, nemmeno all’unica altra persona che viveva in casa sua, la domestica,
con la quale interagiva solo in forma scritta. Si dice che alla conferenze, non gli
si poteva rivolgere direttamente la parola, tuttavia, se mormorando a fianco di
1
Citazione dal mitico Podcast divulgativo di Massimo Temporelli https://www.spreaker.com/show/fucking-genius.
2
Cosi lo ha descritto B. Bryson nel bellissimo "Breve Storia di Quasi Tutto" https://it.wikipedia.org/wiki/
Breve_storia_di_(quasi)_tutto
Henry Cavenidsh.
3.3. NOTE DI CHIUSURA 27

lui qualche argomento scientifico aveste colto la sua attenzione, allora vi avrebbe
di certo intrattenuto con i suoi ragionamenti. Si deve a lui la prima stima dalla
costante di gravitazione universale. Dai suoi appunti si può estrapolare che calcolo
G = 6.754 × 1011 N m2 kg2 , che accuratezza!

Competenze

• Misura: Ideazione misura; Messa in opera e run di prova; Organizzazione logbook; Studio delle
incertezze casuali e possibili fonti di errori sistematici;
• Analisi dati: scrittura programmi in codice di analisi dati e grafica; calcolo di parametri stati-
stici con codice; sapere creare e disegnare un istogramma, saper disegnare una curva sopra un
istogramma, saper disegnare piu’ curve su un grafico
• Statistica: concetto di bin istogramma, concetto di compatibilità con il valore di riferimento e di
distribuzione di probabilità di riferimento, formula propagazione errori, media pesata.
• Rapporto scientifico: struttura del rapporto scientifico
28 CAPITOLO 3. PENDOLO SEMPLICE
Capitolo 4

Piano inclinato
Quest’opera è distribuita con licenza Crea-
tive Commons “Attribuzione – Non com-
merciale – Condividi allo stesso modo 3.0
Italia”.

Durante questa seconda esperienza


si prenderanno diverse misure ripetute
del moto lungo un piano inclinato di una
slitta per verificare la legge del moto uni-
formemente accelerato. Il piano inclina-
to e’ dato da una guidovia ad aria com-
pressa che solleva leggermente una slitta
leggera il cui movimento e’ registrato da
traguardi collegati ad un cronometro di-
gitale automatico. Attraverso la misura
Figura 4.1: Immagine della guidovia ad aria compressa di diversi intervalli si ricostruisce l’an-
damento della velocità rispetto al tem-
po, supposto lineare. Si discute la presenza o assenza entro le incertezze sperimentali di fenomeni di
attrito. Dai dati presi si stima l’accelerazione di gravità.

4.1 Introduzione teorica


Un corpo di massa m posto su un piano inclinato di
un angolo α rispetto all’orizzontale e’ sottoposto ad
una serie di forze, delle quali alcuni sono bilanciate
altre no:

• la forza peso P = mg rivolta verso il bas-


so. Di questa, la componente normale Py =
mg sin(α) e’ bilanciata dalla reazione normale
di contatto N . La componente lungo il piano
Px = mg sin(α), in assenza di attrito radente
o viscoso, non e’ bilanciata ed il corpo si muove
Figura 4.2: Diagramma delle forze su un piano in quella direzione
inclinato • eventuali forze di attrito lungo la direzione del
piano

Caso attrito trascurabile Nel caso le forze di attrito sia nulle o trascurabili, l’unica forza libera
sul corpo e’ Px = mg sin(α). Sfruttando la legge di Newton Px = ma, il corpo quindi accelera con una

29
30 CAPITOLO 4. PIANO INCLINATO

accelerazione lineare a = Px
m = g sin(α). Le equazioni del moto sono quindi (posto t0 = 0):

1
x(t) = x0 + v0 t + a t2 v(t) = v0 + a t a(t) = a = g sin(α)
2
v 2 (x) = v02 + 2a(x − x0 ) (4.1)

Le relazioni x(t), v(x) sono non lineari in t, x rispettivamente. La relazione v(t) invece e’ lineare in
t. Volendo verificare questo andamento, possiamo pensare di osservare il moto del corpo in discesa.
Potremo pensare di misurare coppie di xi , ti ma in che maniera? Teniamo fisso il primo traguardo
e spostiamo il secondo? Li muoviamo solidarmente? Inoltre, che tipo di analisi facciamo? Come
ricaviamo l’accelerazione?
Se prendiamo la legge oraria, abbiamo una relazione quadratica. Per questa esperienza preferiamo
utilizzare una relazione di tipo lineare, che abbiamo visto durante la teoria della interpolazione e che
permette di fare un calcolo analitico dei parametri di interpolazione e trattare in maniera accurata le
incertezze. La relazione lineare e’ quella della velocità v(t). Come possiamo misurare una velocità?
Usiamo uno stratagemma.
Lungo un intervallo ∆x = x2 − x1 possiamo misurare il tempo per il passaggio ∆t = t2 − t1 e
calcolare la velocità media
∆x
hvi =
∆t
Ora per trovare una relazione puntuale punto per punto dobbiamo avere la velocità istantanea in
quel punto piuttosto che quella media. E’ facile dimostrare, ma anche intuire, che esiste un istante
ti ∈ [t1 , t2 ] in cui v(ti ) = hvi. Infatti:
R t2 R t2
t1 v(t) dt t1 v1 + a t dt v1 (t2 − t1 ) + 21 a (t22 − t21 ) t1 + t2
hvi ≡ = = = v0 + a
t2 − t1 t2 − t1 t2 − t1 2
 
t1 + t2
≡ vi = v(t)
2

e quindi nell’istante medio ti = t in ∆t il corpo ha velocità istantanea pari alla velocità media in ∆x.
2
Cio’ avviene nel punto xi (t) = x0 + v0 t + 12 at .
A questo punto conviene procedere in questa maniera. Si fissa x0 , si fa variare xi su distanze
diverse, per ogni intervallo si calcola il tempo medio e la velocità al tempo medio e si grafica questo
andamento. I punti dovrebbero allinearsi secondo una retta di pendenza a e intercetta v0 . La pendenza
della retta poi dovrebbe essere direttamente legata alla accelerazione di gravità:
a
a = g sin(α) → g= (4.2)
sin(α)

Caso attrito non trascurabile In un esperimento reale, ci sara’ sempre un termine di attrito FA
(Figura 4.2) che rallenta il moto o tiene fermo il corpo. Quali siano le sorgenti di attrito e la loro esatta
descrizione lo vedrete al corso di Fisica, ma proviamo a discuterle ugualmente. Queste forze saranno
dirette in verso opposto al movimento. Se la slitta non si solleva dal piano, allora le forze lungo la
direzione perpendicolare al piano sono bilanciate. Lungo la direzione del piano la forza di rallentamento
deve essere orientata lungo la direzione del movimento e con verso opposto ad esso. In quanto alla
forma esatta, dipende dalla natura dell’attrito che e’ realmente in atto. Ad esempio, l’attrito radente
dinamico dipende solo dal peso dell’oggetto, e quindi assuma la forma

F~AD = −µd N u~v FAD = −µd mg cos(α)

dove N e’ la reazione di contatto del piano inclinato e µd misura in qualche maniera l’attrito dinamico
tra slitta e guidovia. Si noti che il modulo di FAD e’ costante. Un attrito invece di tipo viscoso, come
quello a cui e’ soggetto un corpo immerso in movimento in un fluido e’ proporzionale alla velocità:

F~AV (t) = −b v(t) ~uv


4.1. INTRODUZIONE TEORICA 31

L’attrito di tipo radente dinamico e’ in linea di principio da escludere se la slitta e’ sospesa essendo
legata ad un contatto tra le superfici legato a N . Il secondo e’ invece più plausibile, anche data la
geometria del problema, ma non e’ facile modellizzare il sistema in modo da conoscere il fattore di
proporzionalità b dell’equazione. Inoltre, essendo la slitta geometricamente spigolosa, si potrebbero
creare dei vortici attorno a qualche estremità (anche se le velocità sono piccole).

Nel caso avessimo un effetto di attrito costante, del tipo radente, il moto sarebbe ancora unifor-
memente accelerato (accelerazione costante) ma osserveremo una accelerazione dovuta alla risultante
delle forze R = mg sin(α) − FAD . La legge di Newton dice che R = ma e quindi:

R mg sin(α) − FAD
a= = = g (sin(α) − µd cos(α))
m m
indipendente da m.

Nel caso in cui l’attrito fosse dipendente dalla velocità invece la legge del moto sarebbe diversa. La
risultante delle forze che agisce sul corpo e’: R = mg sin(α) − bv La legge di Newton ci dice quindi che

dv
mg sin(α) − bv = ma → mg sin(α) − bv = m
dt
dove abbiamo sostituto ad a la sua definizione come dv/dt visto che a sinistra della equazione abbiamo
un termine in v. Si tratta quindi una equazione differenziale di primo grado in v, t che riorganizziamo
(ponendo gα = g sin(α)
dv
b
= dt
gα − m v
Integrando questa equazione da t = 0 e v0 a v, t otteniamo dopo qualche passaggio (vedi appr.4.1 e
definendo τ = m/b)
v(t) = τ gα − (τ gα − v0 ) e−t/τ
Ovvero una velocità che per t = 0 e’ pari a v(0) e aumenta nel tempo discostandosi in maniera espo-
nenziale da una retta con una intensità diversa a seconda della massa.

Figura 4.3: Andamento della velocità in funzione del tempo nel caso di diversi contributi di attrito

Un raffronto grafico di diversi andamenti e’ riportato in Figura 4.3 per valori generici di gα , m, b, µd
32 CAPITOLO 4. PIANO INCLINATO

Imperfezione dello strumento Quelli visti sopra sono effetti fisici legati al movimento. Si aggiun-
gono a questi le imperfezioni strumentali. La guidovia potrebbe non essere perfettamente piatta (non
lo e’ di certo in maniera perfetta) e quindi il corpo potrebbe ricevere accelerazioni aggiuntive e dece-
lerazioni dovuta alla geometria imperfetta della guida. Oltretutto, la sospensione della slitta avviene
attraverso fori distanti qualche cm. E’ chiaro che al passaggio di una estremità della slitta sopra un
foro, si può avere un effetto disturbante dell’aria compressa. Infine, la slitta e’ tenuta in sede da pareti
laterali che per quanto poco possono toccare la superficie laterale della slitta e dare attrito radente. Un
modello fisico completo di tutte queste interferenze e’ complesso. Ma come visto ci dobbiamo chiedere:
osserviamo entro la risoluzione sperimentale questi effetti?

4.1.1 Il misurando
Il misurando e’ ancora una volta l’accelerazione di gravità g. Le misure dirette sono quelle di distanza
e tempo.

4.2 In laboratorio
Anche per questa esperienza, la parte di ideazione della misura, almeno per la parte strumentale e’
data allo studente. Tuttavia, si puo’ ideare in diverse maniere la misura.

4.2.1 Ideazione dello misura


Pensiamo anzitutto a quali sono i possibili effetti strumentali o di misura che possano avere influenza
sul misurando:
Accuratezza Orizzontalità Siccome tutte le serie si basano sulla inclinazione dobbiamo anzitutto
verificare quanto la guidovia sia orizzontale sia rispetto al piano, sia sia ’piatta’ lungo la propria
lunghezza. Non avendo a disposizione strumenti di altro tipo, controlliamo la orizzontalità della
guida in maniera indiretta posizionando la slitta in diversi punti centrali ed estremali, nella
regione che ci interessa per il moto, ruotando la guidovia in maniera che la slitta stia ferma.
L’inclinazione della guidovia si regola con una vite senza fine posta sulla parte inferiore a sinistra
della guidovia. Un giro completo della vite senza fine corrisponde ad un angolo di 5 primi. E’
ben probabile che se la slitta non e’ orizzontale ci siano alcuni punti in cui la slitta si muove
in una direzione, e altri in cui si muove nell’altra. Quello che faremo e’ quindi definire una
orizzontalità media. Questo valore sara’ il valore di riferimento. Si valuti bene, vista la
definizione, che incertezza sara’ da attribuire alla orizzontalità media.

Accuratezza inclinazione E’ collegata anzitutto alla accuratezza di orizzontalità, tuttavia e’ rego-


lata da una vite senza fine. Qui risulta difficile valutare la accuratezza e prendiamo il fatto che
1 giro della vite corrisponda a 5’ come accurato.

Potenza del compressore Possiamo intuire che la potenza del compressore abbia un forte effetto
sulla misure: se troppo bassa la slitta puo’ non essere sollevata sufficientemente e urtare con la
guidovia. Se troppo alta puo’ invece creare turbolenze. La potenza va regolata in maniera che
sia adeguata in ogni condizione di misura.

Precisione misure temporali Le misure di intervalli temporali, questa volta svolte in modo automa-
tico da un cronometro digitale, sono ripetute. Nel caso di misure ripetute, la PDF di riferimento
e’ gaussiana. Va verificato in qualche serie di misure che cio’ sia veramente il caso, visto che per
la maggior parte utilizzeremo solo poche (5) misure.
Pensiamo inoltre a quali misure possiamo fare per valutare il modello matematico:
Modificare inclinazione Conosciamo la previsione sulla variazione di accelerazione in funzione del-
l’angolo. Possiamo quindi modificare inclinazione per confermare questa predizione.
Altre valutazioni di sistematiche:
4.2. IN LABORATORIO 33

Attrito viscoso e radente Abbiamo visto che a priori non sappiamo quali di questi effetti contribui-
sca maggiormente e, nel caso lo strumento sia sensibile a questi effetti. In che intensità. Notando
che uno dei due effetti dipende dalla massa e l’altro no, possiamo far variare la massa della slitta
aggiungendo una massa aggiuntiva e osservare se si osservano cambi di andamento significativi.
Questo possiamo farlo attraverso una prima analisi visiva di un grafico tipo Figura 4.3. Per al-
cune serie di misure possiamo anche valutare la compatibilità statistica di diverse serie. Avendo
a disposizione il metodo statistico cosiddetto del χ2 potremmo anche farne un confronto quanti-
tativo tra ipotesi diverse. Possiamo inoltre effettuare una serie specifica di misure in cui si isola
l’effetto di smorzamento del moto posizionando la guidovia orizzontalmente.

Altre valutazioni metodologiche e di analisi:

Velocità iniziale Dalle discussioni precedenti notiamo anzitutto che il parametro v0 e’ irrilevante.
Nel senso che ci fornisce uno ’spostamento rigido’ verso l’alto delle curve di Figura 4.3. In
questo senso quindi non e’ importante misurarlo e possiamo quindi prendere come primo punto
di riferimento anche un punto in cui v0 6= 0. Decidiamo di prendere questo punto ad una certa
distanza dalla partenza della slitta. Chiamiamo questo punto x0 e definiamo i tempi rispetto
a t0 = 0. Del resto in questo punto metteremo il primo di due traguardi che fara’ partire il
cronometro. E quindi la condizione t0 = 0 e’ garantita.

4.2.2 Messa in funzionamento


Ci si deve familiarizzare con lo strumento e metterlo a punto. Ecco i controlli regolazione da fare:

• Impostazione della risoluzione del cronometro. Valutare che risoluzione mettere.


• Controllo della orizzontalità della guida. Si posizioni la slitta in diverse posizioni della guidovia
(almeno tre, una all’inizio, uno alla fine e una centrale). Si ruoti la vite in maniera da mantenere
ferma la guidovia (a compressore accesso). Si segnino gli angoli di rotazione rispetto ad un valore
di riferimento per valutare orizzontalità media.
• Test di movimento nelle varie condizioni. Si prendano alcune misure di prova. In particolare, si
verifichi che per misure numerose di intervalli di tempo la serie di dati sia di tipo normale. Serie
di controllo consigliate: si pone il primo traguardo a x0 = 40 cm sull’asta graduata. Secondo
traguardo spostato a 60, 100 cm.
1. Serie con 50 misure tra 40-60 cm
2. Serie con 50 misure tra 40-90 cm
• Impostazione della potenza del compressore d’aria. Valutare la posizione che fornisce il giusto
flusso d’aria. Il compromesso e’ tra evitare che la slitta sia appoggiata alla guidovia e che a
causa di un flusso troppo forte vibri e oscilli da ferma. Si consiglia di fare questo controllo con
la guidovia in posizione orizzontale. Serie di controllo consigliate: si pone il primo traguardo a
x0 = 40 cm sull’asta graduata. Secondo traguardo spostato a 50, 60, 70, 80, 90, 100, 110 cm.
1. Potenza ottimale
2. Potenza minima (−0.5/ − 1)
3. Potenza massima (+0.5/ + 1)

4.2.3 Presa dati


Durante il primo giorno svogliamo la messa in funzionamento e prendiamo diverse serie di misure. Tra
la prima e la seconda esperienza e’ importante iniziare l’analisi dati. Per ogni serie si pone il primo
traguardo a x0 = 40 cm sull’asta graduata. Secondo traguardo spostato a 50, 60, 70, 80, 90, 100, 110 cm.
Per ogni posizione si prendano almeno 5 misure ripetute.

1. Slitta scarica (senza peso) a 15’.


2. Slitta scarica (senza peso) a 30’.
3. Slitta scarica (senza peso)a 45’.
4. Slitta carica (con peso) a 15’.
34 CAPITOLO 4. PIANO INCLINATO

5. Slitta carica (con peso) a 30’.


6. Slitta carica (con peso) a 45’.
7. Facoltativa: misure con doppio peso a diversi angoli

4.2.4 Analisi e Report


Nella relazione si riportino:

1. Stima incertezza sulla orizzontalità con deviazione standard


2. Stima effetto della potenza sull’andamento delle serie.
3. Valutazione della distribuzione normale delle misure ripetute e discussione sulla correttezza di uti-
lizzarne solo un numero minore per le serie ripetute. Riportare istogramma dei dati e Gaussiana
di riferimento.
4. Per ciascuna serie, stimare il tempo di riferimento e le velocità istantanee per ogni intervallo.
Riportare le formule utilizzate e la valutazione delle incertezze.
5. Si riporti in grafico tipo Figura 4.3 l’andamento delle serie con il corretto codice di stile, colore,
legenda. Si faccia una valutazione qualitativa degli andamenti.
6. Per ciascuna serie si esegua l’interpolazione lineare
7. Si studi la compatibilità delle serie.
8. Si proponga una stima precisa di g, o attraverso combinazioni di serie di misure o attraverso la
scelta di un sottogruppo di serie, o di una sola, motivandolo
9. Si discuta l’inaccuratezza eventuale presente nell’esperimento

4.3 Note di chiusura


Appr. 4.1 Dimostrazioni moto smorzato. Continuiamo con la dimostrazione sopra (τ = m/b):
Z v Z t   v
dv dv 1
b
= dt → 1 = dt → − τ ln g − v =t
g−m v v0 g − τ v 0 τ v0

Risolvendo rispetto a v

g − τ1 v g − τ1 v
   
t t 1 1 t
ln  =− →  = e− τ → g− v= g − v0 e− τ
g − τ1 v0 τ 1
g − τ v0 τ τ

Da cui, moltiplicando a destra e sinistra per −τ e risolvendo per v: v(t) = τ g − (τ g − v0 ) e−t/τ 

Competenza apprese Grafici cartesiani. Interpolazione lineare. Incertezze su grandezze poco


definite. Valutazione sistematiche.

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