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David Foster Wallace, Federer e l’impossibilità

di ciò che gli abbiamo appena visto fare


Di Jason D'Alessandro - 17 febbraio 2018

È ancora bello scrivere di Federer? Lo chiedo a me stesso e a chi trova piacere nell’impugnare
la penna – oggi trasformatasi in tastiera – per raccontare, descrivere, esternare. Mi rispondo
di “sì” e vado avanti. È utile? Su questo ho qualche dubbio in più ma mi rispondo di “sì”
un’altra volta. È appagante? Qui il “sì” diviene convinto perché quando si provano delle
emozioni forti ci si deve pur inventare qualcosa per non tenerle represse. Potrei scrivere una
canzone, chissà, ma un file audio, per giunta registrato male, sul nostro sito non starebbe poi
così bene. Meglio qualcosa che si avvicina a un articolo con un qualsiasi pretesto perché, in
fondo, lo svizzero si scrive da solo; e forse il giornalista migliore è colui che si limita a
mostrarne le gesta.

Alzi la mano chi riesce ancora a star dietro allo svizzero. <<Il signore con la barba in fondo? –
No, si stava stiracchiando. – Dai, non siate timidi! – La signora con la pelliccia? – No, ha il
braccio ingessato – Ecco, come immaginavo>>. E non è una questione di timidezza, è che il
mondo, “malfidato”, aveva abbassato la guardia. Non era mica pronto a tutto questo. Noi, nel
nostro piccolo, possiamo dire, prove alla mano, che lo avevamo avvisato. Concludevamo così
l’articolo “Federer e Jordan, uniti dalla storia” datato 18 settembre 2014: a chi ancora si ostina
a darlo per “finito” il consiglio è di fare attenzione: Jordan alla sua età vinse il quarto titolo …
dopo ne vinse altri due. Ed eccoli là i tre titoli in più di Roger Federer, ai quali si
somma un altro inarrivabile record: è lui il più “vecchio” numero 1 della storia
del tennis. E noi? Umili testimoni di un mito.

Ma nella rubrica “Peso Specifico” non possiamo esimerci dal fare almeno un accenno all’outfit
dello svizzero, andando a completare il pezzo di un paio di settimane fa sulle ormai
indimenticabili bande oblique della vittoria in Australia, le stesse che hanno tagliato in due il
cielo di Rotterdam ieri sera. Scendiamo fino ai velocissimi – a volte pare lo siano più di dieci
anni fa – piedi di Roger e alle sue nuove Nike Air Zoom Vapor, ormai un’icona un’icona: a
Melbourne di quel rosa acceso che ha caratterizzato quasi tutti gli uomini Nike, in Olanda
bianche, tutte bianche interrotte dal baffo nero.

Ma le varianti di colore sono ben sette. Chi si era preoccupato di non vedere novità in
autunno è stato ripagato con una cascata di colori, quelli che delineeranno questa prima parte
di stagione.

E il pensiero va anche a Nike, ai suoi “poveri” disegnatori. Davanti alla maglia e al cappellino
celebrativi il ventesimo Slam il pensiero va a loro: con Federer non ci si può rilassare neanche
un momento. Anche se nella cucina di casa sua o in vacanza alle Maldive potrebbe fare
qualcosa di incredibile, che merita di essere celebrato. Roger e le sue vittorie, i suoi record, i
suoi colpi, i suoi silenzi, le sue magliette, le sue scarpe.

David Foster Wallace scriveva dei “momenti Federer, tanto più intensi se un minimo di
esperienza diretta del gioco ti permette di comprendere l’impossibilità di quello che gli hai
appena visto fare”. E ci troviamo in uno di quei momenti, o forse il momento è solo
uno, lungo vent’anni, e ce ne accorgiamo solo ora. Federer è un dono per ogni
sportivo e anche David Foster Wallace, da qualche parte lassù, si starà godendo lo spettacolo.
Possiamo starne certi.
Jason D'Alessandro

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