Sei sulla pagina 1di 32

Capitolo 3 ANALISI DELLA DEFORMAZIONE

Lo studio della deformazione viene arontato prescindendo dalle cause che lhanno prodotta. Per deformazione sintende il processo di cambiamento di forma del corpo (supposto continuo e deformabile).

3.1

Denizione di mezzo continuo e deformabile

In letteratura sono fornite diverse denizioni di corpo continuo, di seguito se ne riportano alcune: si suppone che il materiale costitutivo sia distribuito con continuit nel volume occupato dal corpo e che ivi riempia completamente lo spazio [MASE, Meccanica dei continui]; un sistema materiale qualsiasi potr essere riguardato come continuo qualora si identichino i suoi punti materiali con i punti di una porzione dello spazio continuo occupata dal sistema in un determinato istante. Pi precisamente, intenderemo come continuo un insieme di punti materiali, dotato di una misura dinsieme denito dalla massa m, supposta una funzione assolutamente continua alla quale resti cos associata in ogni istante di tempo una massa specica [BALDACCI, Scienza delle costruzioni]; sintende come corpo continuo una regione regolare dello spazio euclideo E, cio un insieme aperto connesso di E, la cui frontiera sia costituita da un numero nito di superci regolari [ASCIONE - GRIMALDI, Meccanica dei continui]; 45

46

CAPITOLO 3. ANALISI DELLA DEFORMAZIONE un sistema materiale si dice continuo quando sussiste una corrispondenza biunivoca tra i suoi punti ed i punti di un dominio C dello spazio occupato dal sistema in un dato istante [REGA - VESTRONI, Elementi di meccanica dei solidi]; lo studio della meccanica dei solidi arontato da un punto di vista macroscopico, prescindendo dalla reale struttura discreta della materia ed assimilando il corpo solido ad un sistema materiale continuo. Questo si eettua con gli strumenti della meccanica dei solidi la quale opera a livello fenomenologico in quanto interpreta attraverso le proprie teorie, i fenomeni dellesperienza, senza includere indagini a livello di costituenti della materia. Essa attribuisce, allinnitesimo di materia le stesse propriet riscontrabili nei volumi niti di materia: con questo concetto la materia continua [DI TOMMASO, Fondamenti di scienza delle costruzioni].

Un corpo si dice deformabile quando le posizioni relative dei suoi punti variano in seguito allapplicazione di agenti esterni. Lanalisi della deformazione si occupa allora dello studio del cambiamento di posizione relativa tra i punti materiali nel passaggio da uno stato iniziale a quello attuale. Nel seguito viene sviluppato il modello di deformazione dovuto a Cauchy1 , secondo il quale un moto puramente rigido quando la distanza tra due qualsiasi punti del corpo non cambia durante il processo evolutivo. Cos, si dir che il corpo si deforma se e solo se la distanza tra i punti del corpo varia nel tempo.

3.2

Funzione cambiamento di congurazione

Si consideri un mezzo continuo che nel tempo cambi congurazione. Cos, detta Co la congurazione del corpo al tempo iniziale del moto t = to , sia C la congurazione di al generico istante t > to . In gura 3.1 riportato schematicamante il cambiamento di congurazione del corpo . Si indicano nel seguito con:
Augustin-Louis Cauchy (Parigi 1789 - Sceaux 1857), matematico francese. Studi allEcole Polytechnique; esercit per qualche tempo la professione di ingegnere, ma la fama dei suoi lavori sugli integrali deniti gli procur una nomina presso lEcole Polytechnique, la Sorbona e il Collegio di Francia. Dal 1830 al 1838 visse in esilio per aver negato il giuramento a Luigi Filippo. Nel 1848 venne nominato professore alla Sorbona e ottenne lesenzione dal giuramento da Napoleone III. Cauchy fu uno dei maggiori matematici del XIX secolo: si distinse in particolare per aver conferito allanalisi caratteristiche che sono considerate tuttora fondamentali; veric lesistenza di funzioni ellittiche, mosse i primi passi in direzione di una teoria generale delle funzioni di variabile complessa e pose le basi per la convergenza delle serie. Perfezion inoltre il metodo di integrazione delle equazioni dierenziali lineari e si dedic anche allo studio della propagazione della luce e alla teoria dellelasticit.
1

3.2. FUNZIONE CAMBIAMENTO DI CONFIGURAZIONE

47

Po

u=y-x

Co , to x O
Figura 3.1: Moto del corpo continuo . Congurazione iniziale Co e attuale C. x1 x2 il vettore posizione del generico punto materiale di al tempo to , x= x3 y1 y2 il vettore posizione dello stesso punto materiale di al tempo t, y= y3 u1 u2 u= il vettore spostamento del punto materiale, tale che: u3 u=yx ovvero, in esplicito: u1 y1 x1 u2 y2 x2 = u3 y3 x3 u1 = y1 x1 u2 = y2 x2 u3 = y3 x3 Lequazione del moto del punto materiale allora: y = y(x, t) (3.4)

C,t

(3.1)

(3.2)

e quindi

(3.3)

48

CAPITOLO 3. ANALISI DELLA DEFORMAZIONE

3.2.1

Requisiti analitici per la funzione y

La funzione vettoriale y(x, t) deve soddisfare alcuni requisiti matematici per essere accettabile da un punto di vista meccanico. Continuit. Si scelgano due punti qualsiasi dello spazio euclideo P e P cor0 rispondenti ai punti materiali del corpo individuati dai vettori posizione x 00 0 e x nella congurazione iniziale Co . A seguito della deformazione i punti Q 00 0 00 0 00 e Q , corrispondenti ai punti P e P , saranno individuati dai vettori y e y 0 00 nella congurazione attuale C. Deve accadere che quando P tende P allora 0 00 Q deve tendere Q . In formula: 0 00 (3.5) lim00 y y = 0 0
x x
0 00

Monodromia. Sia P un punto di in Co . A deformazione avvenuta si vuole che tale punto si trasformi in un unico punto in C. In altre parole si esclude che a due punti della congurazione deformata possano corrispondere un solo punto della congurazione iniziale. In denitiva si richiede che durante la deformazione non si creino fratture nel corpo ovvero trasformazioni non topologiche, capaci di trasformare punti interni in punti di frontiera. Invertibilit locale. Si indica con F il tensore gradiente di deformazione: F = y

(3.6)

Si nota un abuso di notazioni; infatti, per esemplicare il simbolismo, si indicato con F sia il tensore gradiente di deformazione che la sua matrice rappresentativa, ottenuta dal tensore una volta assegnata una base. Tale abuso di notazioni sar eettutato anche nel seguito. Si richiede ora che il tensore gradiente di deformazione abbia determinante diverso dallo zero: det F 6=0 (3.8) che assicura linvertibilit locale della funzione y = y(x, t). E quindi possibile ricavare a livello locale la relazione inversa della (3.4): x = x(y, t) (3.9)

Assegnato che sia un sistema di riferimento cartesiano, la matrice associata al tensore F avr componenti: y1,1 y1,2 y1,3 F = y2,1 y2,2 y2,3 (3.7) y3,1 y3,2 y3,3

3.2. FUNZIONE CAMBIAMENTO DI CONFIGURAZIONE Si nota immediatamente che la condizione (3.8) implica det F >0

49

(3.10)

Infatti nella congurazione iniziale Co si ha che y = x, per cui F =y = x = I, dove I il tensore identit. Si ricava allora che in Co det F = det I = 1 > 0. Dovendo essere soddisfatta la condizione (3.8) per ogni istante di tempo t, si ricava lequazione (3.10). Monodromia dellinversa. Sia Q un punto di in C. Si vuole che tale punto sia il trasformato di un unico punto in Co . In altre parole si esclude che a due punti della congurazione indeformata possano corrispondere un solo punto della congurazione deformata. In denitiva si richiede che durante la deformazione non siano presenti nel corpo compenetrazioni di materia. Derivabilit. Si suppone che la funzione y = y(x, t) ovvero la sua inversa x = x(y, t) siano sucientemente derivabili no allordine richiesto nei successivi sviluppi.

3.2.2

Sistemi di riferimento

Il moto pu essere descritto usando lequazione del moto: y = y(x, t) e quindi utilizzare x come variabile indipendente; in tale modo si adotta un sistema materiale di riferimento in quanto si segue il moto del singolo punto materiale. Durante il moto il sistema si deforma con il continuo. Il sistema materiale detto anche lagrangiano ed dovuto ad Eulero2 . x = x(y, t) e quindi utilizzare y come variabile indipendente; in tale modo si adotta un sistema spaziale di riferimento in quanto fornisce, assegnato un punto nello spazio, quale punto materiale transita per esso allistante t. Il sistema di
Eulero (Basilea 1707 - San Pietroburgo 1783), matematico svizzero, oper soprattutto nel campo della matematica pura; la sistematizzazione e la riformulazione dellanalisi che si trova nelle sue opere alla base della matematica moderna e della teoria delle funzioni. Studi alluniversit di Basilea come allievo del matematico svizzero Johann Bernoulli. Nel 1727 entr a far parte dellAccademia delle Scienze di San Pietroburgo dove fu nominato professore di sica (1730) e poi di matematica (1733). Nel 1741 accolse la proposta del re di Prussia Federico il Grande e si trasfer allAccademia delle Scienze di Berlino dove rimase no al 1766, anno in cui fece ritorno a San Pietroburgo. Sebbene fosse ostacolato n dallet di 30 anni da una progressiva perdita della vista, Eulero redasse un gran numero di importanti opere matematiche e centinaia di appunti che provano la sua straordinaria produttivit scientica. Eulero diede la prima trattazione completa dellalgebra, della teoria delle equazioni, della trigonometria e della geometria analitica. Si occup di calcolo (compreso il calcolo delle variazioni), della teoria dei numeri, dei numeri immaginari. Sebbene fosse soprattutto un matematico, Eulero forn anche notevoli contributi di astronomia, meccanica, ottica e acustica.
2

50

CAPITOLO 3. ANALISI DELLA DEFORMAZIONE

Po

y(x, t1 ) y(x, t ) 2

P C,t

Co, to x O
Figura 3.2: Sistema materiale di riferimento per il cambiamento di congurazione. riferimento non si deforma in quanto collegato ai punti dello spazio sso e non ai punti materiali del continuo. Il sistema spaziale detto anche euleriano ed dovuto a DAlambert3 . Nelle gure 3.2 e 3.3 sono riportati schematicamenti i due sistemi di riferimento introdotti. Nel seguito viene utilizzato il sistema materiale per lo studio della deformazione del corpo. Si evidenzia sin da ora che qualora il corpo sia soggetto a cambiamenti di congurazione innitesimi, ovvero a deformazioni innitesime, i due sistemi di riferimento tendono a coincidere.
Jean-Baptiste Le Rond, detto dAlambert (Parigi 1717-1783), sico, matematico e losofo francese. Fra i maggiori esponenti del pensiero illuministico francese, dAlambert occupa un posto importante nella storia della letteratura, della meccanica, di cui considerato uno dei fondatori, ma soprattutto in quella della matematica, dellastronomia e della losoa. Comp gli studi al Collge des Quatre Nations, fondato da Mazzarino e permeato di giansenismo: qui si dedic allo studio del diritto e della teologia, che abbandon ben presto per rivolgersi a quello della matematica. Le sue precoci pubblicazioni in questo campo gli valsero lingresso nel 1741, allAcadmie des Sciences; tra il 1743 e il 1751 scrisse una serie dimportanti opere scientiche. Eletto nel 1754 membro dellAcadmie Franaise, ne divenne nel 1772 segretario a vita, declinando linvito di Federico II di Prussia a presiedere allAccademia di Berlino, sia perch non si riteneva degno di occupare un posto accademicamente superiore a quello di Eulero, il pi grande matematico del tempo. Le sue opere principali trattano la meccanica dei corpi rigidi sui tre principi dellinerzia, della composizione dei movimenti e dellequilibrio tra due corpi; lo sviluppo dellidrodinamica; la teoria generale dei venti; alcune memorie di argomento astronomico, dove stabilisce le equazioni del moto della Terra attorno al suo baricentro. Nello sviluppo matematico di questi problemi di meccanica dAlambert simbatt nellequazione che porta il suo nome, di cui fornisce lo studio completo no allintegrale generale, e nel teorema fondamentale dellalgebra, di cui d la prima dimostrazione parziale. In metasica ritiene insolubili i problemi tradizionali di tale scienza, quali la natura dellanima, il concetto dellessere, lunione dellanima e del corpo.
3

y(x, t )

3.3. DEFORMAZIONE DELLINTORNO DEL PUNTO

51

, x( y t2 ) x( y, t3 ) Co, to

x( y t1 ) , y O

Figura 3.3: Sistema spaziale di riferimento per il cambiamento di congurazione.

3.3

Deformazione dellintorno del punto

Si studia ora la deformazione che lintorno IP del generico punto Po del corpo in Co subisce durante il cambiamento di congurazione (gura 3.4). A tale scopo si consideri un punto Qo IP . La posizione di Qo rispetto a Po individuata dal vettore dx. Per eetto del cambiamento di congurazione i punti Po e Qo si portano rispettivamante in P e Q. Nella congurazione attuale accade che la posizione di Q rispetto a P individuata dal vettore dy. Lo spostamento del punto Qo fornito dalla formula: u(Qo ) = u(Po ) + dy dx (3.11) dove u(Po ) rappresenta lo spostamento di traslazione rigida dellintorno IP . Poich dy il dierenziale della funzione y(x, t) nella variabile spaziale, si ha: dy = y dx = F dx cos che: dydx = (F I)dx Daltra parte, poich il dierenziale un operatore lineare, si ha: dy dx =d (y x) =du = Hdx essendo H il gradiente di spostamento: u1,1 u1,2 u1,3 H = u2,1 u2,2 u2,3 u3,1 u3,2 u3,3 (3.14) (3.13) (3.12)

(3.15)

52

CAPITOLO 3. ANALISI DELLA DEFORMAZIONE

Q dx o Po

u(Qo) u(Po )

Co, to x

Q dy P y C,t

O
Figura 3.4: Deformazione dellintorno del punto. Dalle relazioni (3.13) e (3.14), risulta allora: H=FI ovvero F=H+I (3.16)

Ne consegue che lequazione (3.11) assume la forma equivalente: u(Qo ) = u(Po ) + Hdx ovvero, in esplicito: u1 (Qo ) = u1 (Po ) + u1,1 dx1 + u1,2 dx2 + u1,3 dx3 u2 (Qo ) = u2 (Po ) + u2,1 dx1 + u2,2 dx2 + u2,3 dx3 u3 (Qo ) = u3 (Po ) + u3,1 dx1 + u3,2 dx2 + u3,3 dx3 che in forma matriciale si pu riscrivere come: u1,1 u1,2 u1,3 dx1 u1 (Qo ) u1 (Po ) u2 (Qo ) u2 (Po ) = + u2,1 u2,2 u2,3 dx2 u3 (Qo ) u3 (Po ) u3,1 u3,2 u3,3 dx3 (3.18) (3.17)

(3.19)

In denitiva, i tensori F e H caratterizzano la variazione di lunghezza ed orientamento del vettore innitesimo dx, e sono allora i responsabili della deformazione dellintorno IP , depurata del moto di traslazione rigida u(Po ). Si evidenzia che la relazione (3.12) dimostra che la deformazione del generico vettore dx governata dalloperatore lineare F. Ne consegue che durante la deformazione nellintorno IP rette vengono trasformate in rette con dierente metrica ed inclinazione, piani in piani, sfere in ellissoidi, ecc.

3.3. DEFORMAZIONE DELLINTORNO DEL PUNTO

53

3.3.1

Decomposizione polare

Lipotesi di invertibilit locale della funzione y = y(x, t) impone che sia vericata la condizione (3.10) di determinante positivo per il tensore gradiente di deformazione F. Ci permette di applicare il teorema di decomposizione polare, secondo il quale possibile rappresentare F come: F = RU = VR (3.20)

dove R rappresenta un tensore di rotazione proprio, ed U e V sono tensori simmetrici deniti positivi. In particolare, R gode delle classiche propriet dei tensori ortogonali propri: RRT = RT R = I det R = 1 (3.21) mentre U e V sono i tensori destro e sinistro di deformazione, e sono deniti positivi, ovvero soddisfano le propriet: Un n > 0 Vn n > 0 n 6= 0 n 6= 0

(3.22)

Attraverso la decomposizione polare (3.20), la deformazione dellintorno fornita dalla (3.12) diventa: dy = Fdx = RUdx dz = Udx dy = Rdz oppure dy = Fdx = VRdx dt = Rdx dy = Vdt

(3.23)

(3.24)

Nel primo caso (3.23) il vettore innitesimo dx , e cos tutto lintorno IP , viene prima deformato e poi ruotato; nel secondo caso (3.24) il vettore innitesimo dx, e cos tutto lintorno IP , viene prima ruotato e poi deformato. Si evidenzia allora che i tensori U e V sono responsabili della deformazione pura dellintorno, e cio del cambiamento di forma di IP , mentre R produce una rotazione rigida di IP . Noto che sia il tensore gradiente di deformazione F, i tensori di deformazione pura U e V si determinano notando che: FT F = (RU)T RU = URT RU = U2 FFT = VR(VR)T = VRRT V = V2

54 per cui si calcola:

CAPITOLO 3. ANALISI DELLA DEFORMAZIONE U = FT F p V = FFT

La radice quadrata dei tensori FT F e FFT si eettua determinando la loro rappresentazione spettrale e facendo le radici quadrate degli autovalori. Si evidenzia a tale scopo che FT F e FFT sono simmetrici, e quindi ammettono una rappresentazione spettrale a coeciente reali:
U U U FT F = f1 u1 u1 + f2 u2 u2 + f3 u3 u3 = U2 V V V FFT = f1 v1 v1 + f2 v2 v2 + f3 v3 v3 = V2 U U U dove u1 , u2 , u3 e f1 , f2 , f3 sono rispettivamente gli autovettori e gli autovalori V V V di FT F = U2 , e v1 , v2 , v3 e f1 , f2 , f3 sono rispettivamente gli autovettori e gli autovalori di FFT = V2 . Inoltre, poich U e V, cos come U2 e V2 , sono deniti positivi i loro autovalori devono essere positivi, per cui si scelgono le radici positive dei coecienti della rappresentazione spettrale di FT F e FFT : U U U U = g1 u1 u1 + g2 u2 u2 + g3 u3 u3 V V V V = g1 v1 v1 + g2 v2 v2 + g3 v3 v3

con

Si determina ora la relazione che intercorre tra i due tensori di deformazione pura U e V: U2 = FT F = (VR)T VR = RT V2 R V2 = FFT = RU(RU)T = RU2 RT per cui U2 e V2 , cos come U e V, dieriscono tra loro di una rotazione rigida R. Ne consegue che gli autovalori di U e V coincidono, mentre gli autovettori di U e V sono ruotati fra loro di R:
U V U V U V g1 = g1 g2 = g2 g3 = g3 v1 = Ru1 v2 = Ru2 v3 = Ru3 U U U Per comprendere il signicato meccanico delle quantit g1 , g2 e g3 si consideri 1 un vettore parallelo a u di lunghezza d o . A seguito della deformazione dovuta al tensore U si ha:

p p p U U U U U U g1 = pf1 g2 = pf2 g3 = pf3 V V V V V V g1 = f1 g2 = f2 g3 = f3

Uu1 d

U U U = (g1 u1 u1 + g2 u2 u2 + g3 u3 u3 )u1 d U U = g1 d o (u1 u1 )u1 = g1 d o u1 = d u1

3.3. DEFORMAZIONE DELLINTORNO DEL PUNTO

55

dove d rappresenta la lunghezza nale del vettore a seguito della deformazione. Si ricava allora che: d lunghezza finale U g1 = = d o lunghezza iniziale In denitiva, gli autovalori di U e V sono le variazioni di lunghezza speciche che si hanno lungo le direzioni principali di deformazione pura. Una volta determinato uno dei tensori di deformazione pura U o V, il tensore di rotazione R si calcola come: R = FU1 oppure R = V1 F (3.25)

3.3.2

Misure di deformazione

Esistono diverse misure di deformazione. Si consideri il vettore innitesimo dx che a deformazione avvenuta si trasforma in dy. Si denisce: metrica del continuo indeformato: d
o

= kdxk =

dx dx

(3.26)

metrica del continuo deformato: d = kdyk = metrica della deformazione: G = d


2

p dy dy

(3.27)

d d 2 o

2 o

dy dy dx dx dx dx

(3.28)

Tenendo conto della relazione (3.12), la metrica della deformazione vale: G = Fdx Fdx Idx dx (FT F I)dx dx = dx dx d od o dx dx = (FT F I) = (FT F I)n n d o d o (3.29)

dove n il versore di dx. Si denisce: C = FT F = U2 B = FFT = V2 D = (FT F I)/2 G = (I FT F1 )/2 tensore tensore tensore tensore destro di Cauchy-Green sinistro di Cauchy-Green di Green-Lagrange di Almansi

(3.30)

56

CAPITOLO 3. ANALISI DELLA DEFORMAZIONE

Sulla base delle denizioni (3.30), la metrica della deformazione G determinata dalla (3.29), diventa: G = (C I)n n =2Dn n (3.31) Nel seguito vengono introdotte le cosiddette misure ingegneristiche della deformazione. Dilatazione lineare. Si denisce dilatazione lineare associata ad una pressata direzione n la quantit: = d d d o
o

d 1 d o

(3.32)

dove d o il modulo di un vettore innitesimo disteso sulla direzione n, e d il modulo del vettore innitesimo deformato di d o n. Ricordando la formula (3.28) e tenendo conto della (3.31), la dilatazione lineare (3.32) si riscrive nella forma: = 2Dn n + 1 1 (3.33) Dilatazione angolare (scorrimento angolare). Si denisce dilatazione angolare, pi frequentemente detta scorrimento angolare, associata a due pressate direzioni n1 ed n2 la quantit: n1 n2 = o (3.34)

dove o langolo formato dai due versori n1 ed n2 , mentre langolo formato dai due versori m1 ed m2 trasformati di n1 ed n2 a seguito della deformazione. In gura 3.5 riportato il caso piano. Si ha allora: cos o = n1 n2 FT Fn1 n2 Cn1 n2 Fn1 Fn2 cos = m1 m2 = 1 2 = 1 2 = 1 2 Fn Fn Fn Fn Fn Fn 1 1 1 Fn = Fn1 Fn1 2 = FT Fn1 n1 2 1 1 = (2D + I) n1 n1 2 = 2Dn1 n1 + 1 2 = 1 + 1 cos = Cn1 n2 (1 + 1) (2 + 1)

Sulla base delle denizioni (3.30) e della formula (3.33) che fornisce la dilatazione lineare, semplici calcoli mostrano che:

Analoga formula si deduce per la norma di Fn2 . Si ottiene allora che:

3.3. DEFORMAZIONE DELLINTORNO DEL PUNTO

57

1 n n Po

u(Po) y O C,t

P m2

Co, to x

Figura 3.5: Scorrimento angolare. Nel caso che o = /2 si ha: = cos sin 12 = sin 2 2Dn1 n2 Cn1 n2 = = (1 + 1) (2 + 1) (1 + 1) (2 + 1) essendo n1 n2 = 0. Dilatazione volumetrica (cubica). Si denisce dilatazione volumetrica o cubica la quantit: dV dVo dV V = = 1 (3.36) dVo dVo essendo dVo e dV la misura del volume innitesimo prima e dopo la deformazione. Per valutare dVo e dV si considera il sistema di riferimento principale di deformazione pura, denito dagli autovettori di U: u1 , u2 , u3 . Indicando allora con dx1 = d o u1 , dx2 = d o u2 e dx3 = d o u3 tre vettori innitesimi giacenti lungo le direzioni principali, si ha: dVo = dx1 dx2 dx3 = u1 u2 u3 d ma anche dV = dy1 dy2 dy3 = Fdx1 Fdx2 Fdx3 = Fu1 Fu2 Fu3 d
3 o 3 o

(3.35)

=d

3 o

58

CAPITOLO 3. ANALISI DELLA DEFORMAZIONE che sostituite nella (3.36) fornisce: V = Fu1 Fu2 Fu3 1 = det F 1 u1 u2 u3 (3.37)

Si evidenzia che il determinate invariante rispetto al sistema di riferimento scelto, per cui la formula (3.37) per il calcolo della dilatazione cubica pu essere utilizzata considerando un qualsiasi sistema di riferimento cartesiano. Inne, si nota che nella congurazione iniziale, cio quando F = I, la dilatazione volumetrica vale V = det I 1 = 0.

3.4

Deformazione innitesima

Si suppone ora che, comunque scelto un sistema di riferimento, le componenti del gradiente di spostamento siano piccole, nel senso che: |Hij | = << 1 (3.38)

con L dimensione caratteristica di , ad esempio L pu essere il diametro minimo della sfera che contiene interamente . Sia Po un punto qualsiasi del corpo, lo spostamento di Po si pu calcolare, applicando il teorema della media, come: Z Po Hij dxj = H ij dj < H ij L = L << 1L |ui (Po )| =
O

Si evidenzia che lipotesi di piccoli gradienti di spostamento implica automaticamente lipotesi di piccoli spostamenti. Naturalmente necessario in qualche modo denire cosa si intende per piccoli spostamenti. Infatti, mentre le componenti del gradiente di spostamento sono quantit adimensionali, per cui la formula (3.38) consistente, lo spostamento una grandezza con dimensione ed il suo valore dipende dalla scala con la quale si misura. Una volta eliminati i moti rigidi del corpo, nel seguito si dir piccolo lo spostamento u quando soddisfa la relazione: u i (3.39) = << 1 L

dove d = (Po O) con O punto sso del corpo e H ij indica la media di Hij lungo la linea (Po O). Si ipotizza allora che in tutte le formule nora introdotte siano trascurabili i termini con ordine di grandezza o(), e cio gli innitesimi di ordine superiore a . In altri termini si considerano solo i termini che sono lineari in H. Per denire le misure di deformazione in modo consistente con lipotesi (3.38) considerata, necessario riscrivere lespressione delle misure di deformazione in funzione di H, e

3.4. DEFORMAZIONE INFINITESIMA

59

quindi trascurare i termini di ordine di innitesimo superiore a quello di H, ovvero linarizzare rispetto ad H. In particolare, tenendo conto delle formule (3.30), il tensore di deformazione nita di Green-Lagrange si approssima come: 1 D = (H + HT + HT H) = + o() = 2 dove 1 1 = (H + HT ) = (u + uT ) 2 2 (3.40)

detto tensore di deformazione innitesima e o() = O(HT H) = O(2 ). Si evidenzia che la formula (3.40) lineare nel gradiente di spostamento. Il tensore di deformazione puro U scritto in termini di D, e quindi di H, assume la forma: U = (I + 2D)1/2 = (I + H + HT + HT H)1/2 (3.41) Allo scopo di determinare la consistente approssimazione di U, si linearizza la (3.41) rispetto a D e quindi rispetto ad H. Indicando allora con 1 , 2 , 3 , e d1 , d2 , d3 gli autovalori e gli autovettori di D, si ha: U = (1 + 2 1 )1/2 d1 d1 + (1 + 2 2 )1/2 d2 d2 + (1 + 2 3 )1/2 d3 d3 Sviluppando in serie di Taylor i coecienti di di di con i = 1, 2, 3, e trascurando i termini di ordine superiore al primo, che equivale a linearizzare rispetto a i , si ha: 1 (1 + 2 i )1/2 (1 + 2 i )1/2 i =0 + (1 + 2 i )1/2 i =0 2 i = 1 + = 2
2 2 )d i

per cui si ottiene:

U (1 + 1 )d1 d1 + (1 + =

d2 + (1 +

3 3 )d

d3 = I + D

che inne linearizzata rispetto a H fornisce: UI+ = (3.42)

Il tensore di rotazione poi si ottiene tramite la linearizzazione rispetto ad H, della formula (3.25). Come nel caso precedente si linearizza inizialmente rispetto a D e quindi rispetto ad H. In tal caso si ha: R = FU1 = (I + H)(I + 2D)1/2 = (I + H) (1 + 2 1 )1/2 d1 d1 + (1 + 2 2 )1/2 d2 d2 + (1 + 2 3 )1/2 d3 d3

60

CAPITOLO 3. ANALISI DELLA DEFORMAZIONE

Sviluppando in serie di Taylor i coecienti di di di con i = 1, 2, 3, e trascurando i termini di ordine superiore al primo, che equivale a linearizzare rispetto a i , si ha: 1 (1 + 2 i )1/2 (1 + 2 i )1/2 i =0 (1 + 2 i )3/2 i =0 2 i = 1 = 2
i

per cui si ottiene:

R (I + H) (1 1 )d1 d1 + (1 2 )d2 d2 + (1 3 )d3 d3 = 1 T T = (I + H) I (H + H + H H) 2 che inne linearizzata rispetto a H fornisce: RI+H=I+W = con W = H parte emisimmetrica di H. (3.43)

3.4.1

Decomposizione additiva di H

La formula (3.17) fornisce lo spostamento del generico punto Qo dellintorno di Po . Decomponendo il gradiente di spostamento nelle sue parti simmetrica ed emisimmetrica, la (3.17) si riscrive come: u(Qo ) = u(Po ) + Hdx 1 1 H + HT dx + H HT dx = u(Po ) + 2 2 u(Qo ) = u + dx + Wdx con 1 (u1,2 + u2,1 ) 1 (u1,3 + u3,1 ) u1,1 2 2 1 1 u2,2 (u2,3 + u3,2 ) H + HT = 1 (u1,2 + u2,1 ) = (3.46) 2 2 2 1 1 (u1,3 + u3,1 ) 2 (u2,3 + u3,2 ) u3,3 2 1 1 0 (u1,2 u2,1 ) 2 (u1,3 u3,1 ) 2 1 1 0 (u2,3 u3,2 ) (3.47) H HT = 1 (u1,2 + u2,1 ) W= 2 2 2 1 1 (u1,3 + u3,1 ) 2 (u2,3 + u3,2 ) 0 2

(3.44)

ovvero,

(3.45)

Si evidenzia che nel ricavare la formula (3.45) non stata fatta alcuna ipotesi di piccolezza. Daltra parte sotto lipotesi piccoli gradienti di spostamento, ricordando le (3.40) e (3.43), lespressione (3.45) pu essere interpretata come decomposizione additiva dello spostamento u(Qo ) in:

3.4. DEFORMAZIONE INFINITESIMA u(Po ) spostamento rigido dellintorno, W dx rotazione rigida dellintorno, dx deformazione pura dellintorno.

61

Alla stessa conclusione si pu pervenire attraverso un ragionamento pi semplice. Infatti, si consideri il tensore R associato ad una rotazione intorno ad un asse di versore w. Per eetto di una rotazione rigida, il vettore posizione dx si trasforma in dy = R dx, cos che lo spostamento del punto individuato dal vettore dx vale u = (R I) dx. La matrice di rotazione R, secondo la formula di Rodriguez, pu essere rappresentata nella forma: R = I + sin + (1 cos ) 2 (3.48)

Nellipotesi che il valore della rotazione sia sucientemente picccolo rispetto allunit, la matrice di rotazione R pu essere approssimata eseguendo lo sviluppo in serie a partire da = 0, ed arrestando tale sviluppo al primo ordine; in denitiva si ottiene: R ' I+ = I + W avendo posto W = . Ne consegue che lo spostamento dovuto ad una rotazione innitesima pu essere valutato tramite la relazione: u = (R I) dx = W dx ovvero denito dallapplicazione di una matrice emisimmetrica sul vettore posizione. In dentiva, si pu concludere che un tensore emisimmetrico responsabile del campo di spostamenti provocati da una rotazione innitesima. Secondo quanto sopra descritto, si deduce che il tensore emisimmetrico W, denito dallequazione (3.47), nellipotesi di piccolezza del gradiente di spostamento, corrisponde ad una rotazione rigida dellintorno. Poich, daltra parte, lintorno del generico punto subisce anche una variazione di forma, tale eetto deve essere imputato alla presenza del tensore simmetrico , detto tensore di deformazione innitesima.

essendo langolo di rotazione.ed il tensore emisimmetrico associato al versore w: 0 w3 w2 0 w1 = w3 (3.49) w2 w1 0

62

CAPITOLO 3. ANALISI DELLA DEFORMAZIONE

3.4.2

Misure ingegneristiche di deformazione

Scelto un sistema di riferimento denito dai versori ortogonali (k1 , k2 , k3 ), appare interessante determinare la relazione tra le componenti di e le misure di deformazione (3.33), (3.35) e (3.37), precedentemente introdotte. In altre parole si tratta di linearizzare ripetto ad H le misure ingegneristiche di deformazione. Dilatazione lineare. La dilatazione lineare la (3.33) si riscrive come: 1/2 i i i = (Hhk + Hkh + Hmh Hmk ) kk kh + 1 1 che svilupata in serie no al termine lineare fornisce: h i (2Hii + Hmi Hmi + 1)1/2 1 i = H=0 i h 1/2 + Hrs (2Hii + Hmi Hmi + 1) 1 Hrs H=0 ma i h 1/2 (2Hii + Hmi Hmi + 1) 1 Hrs H=0 Hii 1 Hmi Hii 1/2 2 = +2 Hmi = (2Hii + Hmi Hmi + 1) 2 Hrs Hrs Hrs
H=0

= (2Hii + Hmi Hmi + 1)1/2 1

H=0

Hii i = Hrs = Hii = ii (3.50) Hrs H=0 Dilatazione angolare (scorrimento angolare). Lo scorrimento angolare la (3.35) si riscrive nella forma: i j (i + 1) (j + 1) sin ij = (Hhk + Hkh + Hmh Hmk ) kk kh = Hji + Hij + Hmj Hmi Per semplicare la procedura, si linearizzano separatamente il primo membro rispetto a i , j e ij ed il secondo rispetto a H: (i + 1) (j + 1) sin ij ij = Hji + Hij + Hmj Hmi Hji + Hij = 2ij =

per cui

ij 2ij (3.51) = In denitiva, si conclude che nella teoria linearizzata, ovvero sotto lipotesi di piccoli gradienti di spostamento, le componenti sulla diagonale principale del tensore di deformazione innitesimo rappresentano le dilatazioni lineari lungo gli assi di riferimento, mentre le componenti fuori la diagonale principale di rappresentano la met degli scorrimenti angolari tra gli assi di riferimento.

si ottiene inne:

3.4. DEFORMAZIONE INFINITESIMA

63

x2 dy

u dx

u +du x1

Figura 3.6: Interpretazione sica delle componenti di deformazione: elementi sulla diagonale principale.

3.4.3

Interpretazione sica delle componenti di deformazione

Nella sezione precedente si dimostrato che le componenti sulla diagonale principale del tensore di deformazione sono dilatazioni lineari e che le componenti fuori diagonale sono met degli scorrimenti angolari. A tale conclusione si pu giungere seguendo un dierente percorso basato sullimmediata interpretazione meccanica degli spostamenti dovuti al tensore di deformazione . Facendo riferimento alla gura 3.6, si consideri inizialmente il vettore dx = k1 d 0 , essendo k1 il versore dellasse x1 e d 0 = kdxk. A seguito della deformazione il vettore dx si trasforma nel vettore in dy caratterizzato da una lunghezza d = kdyk. Tramite semplici considerazioni si deduce:

dy = F dx = (H + I) dx

(3.52)

e quindi, in componenti:

dy1 = dx1 + du1 = dx1 + u1,1 dx1 + u1,2 dx2 + u1,3 dx3 = dx1 + u1,1 dx1 dy2 = dx2 + du2 = dx2 + u2,1 dx1 + u2,2 dx2 + u2,3 dx3 = u2,1 dx1 dy3 = dx3 + du3 = dx3 + u3,1 dx1 + u3,2 dx2 + u3,3 dx3 = u3,1 dx1

(3.53)

64

CAPITOLO 3. ANALISI DELLA DEFORMAZIONE

essendo dx2 = dx3 = 0. La lunghezza del segmento deformato si determina come: q (3.54) d = dy1 2 + dy2 2 + dy3 2 q = (dx1 + u1,1 dx1 )2 + (u2,1 dx1 )2 + (u3,1 dx1 )2 q 2 2 = dx1 2 (1 + u1,1 )2 + dx1 2 u2,1 + dx1 2 u3,1 q 2 2 = dx1 (1 + u1,1 )2 + u2,1 + u3,1

Tenendo conto della piccolezza dei gradienti di spostamenti, i.e. |ui,j | << 1, lespressione della lunghezza del segmento deformato si pu ottenere tramite lo sviluppo in serie di Taylor arrestato al termine lineare: q 2 2 2 d = dx1 (1 + u1,1 ) + u2,1 + u3,1 (3.55) + q 2 2 2 dx1 (1 + u1,1 ) + u2,1 + u3,1 + u2,1 u2,1 ui,j =0 q 2 2 2 dx1 (1 + u1,1 ) + u2,1 + u3,1 + u3,1 u3,1 ui,j =0 u1,1
i,j q 2 2 2 dx1 (1 + u1,1 ) + u2,1 + u3,1

=0

u1,1

ui,j =0

= dx1 (1 + u1,1 ) = dx1 (1 + 11 )

Risolvendo la relazione (3.55) rispetto a 11 , e ricordando che per il caso in esame dx1 = d 0 ,si ottiene: d 1 (3.56) 11 = d 0 che, tenendo in conto della denizione (3.32), assicura che la componente 11 della matrice di deformazione innitesima rappresenta la dilatazione lineare nella direzione di x1 , i.e. 11 = 1 . Analogamente, scegliendo come vettore dx, il vettore innitesimo disteso sullasse x2 , si ottiene 22 = 2 . Inne, scegliendo come vettore dx, il vettore innitesimo disteso sullasse x3 , si ottiene 33 = 3 . In denitiva, si deduce che gli elementi sulla diagonale principale della matrice di deformazione innitesima rappresentano le dilatazioni lineari lungo gli assi di riferimento. Lo scorrimento angolare tra le direzioni ortogonali fra loro, x1 ed x2 , vale: 12 = = 12 + 21 2 (3.57)

3.4. DEFORMAZIONE INFINITESIMA

65

21 x2 uo+du2 dy2 dy1 dy12 12 uo+du1 x1

dy22 dy2 dy1 dy11

dy21

dx2

uo dx1

Figura 3.7: Interpretazione sica delle componenti di deformazione: elementi fuori della diagonale principale. come rappresentato in gura 3.7. Facendo riferimento a tale gura, si considerino inizialmente i vettore dx1 = k1 d 01 e dx2 = k2 d 02 . A seguito della deformazione i vettor dx1 e dx2 si trasformano rispettivamente nei vettori in dy1 e dy2 . Tramite semplici considerazioni si deduce: dy1 = dx1 + Hdx1 dy2 = dx2 + Hdx2 In componenti, si ha: u1,1 u1,2 u1,3 d 01 d 01 (1 + u1,1 ) d 01 d 01 u2,1 0 0 + u2,1 u2,2 u2,3 = dy1 = 0 0 u3,1 u3,2 u3,3 d 01 u3,1 d 02 u1,2 u1,1 u1,2 u1,3 0 0 d 02 d 02 (1 + u2,2 ) + u2,1 u2,2 u2,3 d 02 = dy2 = d 01 u3,2 0 u3,1 u3,2 u3,3 0 12 = arctan
1 dy2 d 01 u2,1 ' arctan u2,1 ' u2,1 = arctan 1 dy1 d 01 (1 + u1,1 )

(3.58)

(3.59)

(3.60)

La rotazione 12 si determina come:

(3.61)

66

CAPITOLO 3. ANALISI DELLA DEFORMAZIONE

Analogamente, per 21 si ha: 21 = arctan


2 dy1 d 02 u1,2 ' arctan u1,2 ' u1,2 = arctan 2 dy2 d 02 (1 + u2,2 )

(3.62)

Lo scorrimento angolare allora: 12 = 12 + 21 = u2,1 + u1,2 = 212 (3.63)

per cui la componente 12 del tensore di deformazione innitesima rappresenta la met dello scorrimento angolare tra le direzioni x1 ed x2 . Analogamente, scegliendo due vettori distesi sugli assi x1 ed x3 , si ottiene 13 = 213 ; ancora, scegliendo due vettori distesi sugli assi x2 ed x3 , si ottiene 23 = 223 . In denitiva, si deduce che gli elementi fuori della diagonale principale della matrice di deformazione innitesima rappresentano gli scorrimenti angolari tra gli assi di riferimento. E molto importante anche saper determinare la dilatazione lineare lungo una generica direzione e lo scorrimento angolare tra due generiche direzioni tra loro ortogonali in funzione del tensore di deformazione innitesima . A tale scopo si consideri lintorno del punto Po ; lo spostamento dovuto alla pura deformazione del punto Qo individuato a partire da Po dal vettore dx, per la formula (3.45), vale: u = dx = n d o (3.64) essendo d o = kdxk. La lunghezza nale del vettore dx sar pari a d o + un , come mostrato in gura 3.8. Tenuto conto che un = u n, per la (3.32) si ottiene: n = d d d o
o

+ un d d o

1 un= nn d o

(3.65)

Con laiuto della gura 3.9, possibile comprendere che lo scorrimento angolare nm tra due direzioni n ed m, tali che n m = 0, fornito dalla relazione: nm = nm + mn = 1 (unm + um ) = 2 n m n d o (3.66)

3.4.4

Deformazioni e direzioni principali

Posto dx = n kdxk, la quantit n rappresenta lo spostamento di pura deformazione per un punto a distanza unitaria da Po . Per semplicit di notazione, si scrive u = n. Si pone allora il seguente problema: dato il tensore di deformazione innitesimo si calcoli, se esiste, una direzione n per la quale accade che lo spostamento di pura deformazione u = n avviene lungo la direzione di n. Quindi, si intende determinare la direzione n che soddisfa la relazione: u = n = n

3.4. DEFORMAZIONE INFINITESIMA

67

un = u n = n n dl0 u = dx = n d l 0

dx = d l 0 n

Figura 3.8: Valutazione della dilatazione lineare lungo la generica direzione. che equivale a: ( I)n = 0 (3.67) che consiste nel classico problema degli autovalori ed autovettori di . Il problema si discute come segue. Scelto un sistema di riferimento, la relazione (3.67) rappresenta un sistema di 3 equazioni algebriche nelle 3 incognite n1 , n2 ed n3 . Il sistema omogeneo, per cui ammette certamente la soluzione banale: n1 = n2 = n3 = 0. Tale soluzione lunica soluzione del problema (3.67) qualora il determinante di I diverso da zero. Daltra parte la soluzione banale inaccetabile poich n deve avere norma unitaria. Per ammettere soluzioni diversa dalla banale dovr allora accadere che: det( I) = 0 che conduce allequazione caratteristica nellincognita : 3 + J1 2 J2 + J3 = 0 (3.68)

dove J1 , J2 e J3 sono invarianti della deformazione, ovvero non dipendono dal sistema di riferimento prescelto: J1 = 11 + 22 + 33 = tr J2 = 11 22 + 22 33 + 11 33 2 2 2 12 13 23 1 (tr)2 tr(2 ) = 2 J3 = det

68

CAPITOLO 3. ANALISI DELLA DEFORMAZIONE

u nm = un m = n m dl0 un = n d l 0 dx n = d l 0n

nm

um = m d l 0

mn
dx = d l 0 m
m

u mn = um n = m n dl0

Figura 3.9: Valutazione dello scorrimento angolare tra due direzioni generiche ortogonali fra loro. Vista la simmetria di , lequazione (3.68) ammette 3 soluzioni reali, 1 2 3 , che sono le deformazioni principali. Diversi casi possono accadere. 1 > 2 > 3 . I tre autovalori sono distinti. Si sostituisce nel sistema (3.67) un autovalore alla volta, = 1 , = 2 , = 3 . In tutti i casi, il rango della matrice [ I] vale 2. Si risolvono le equazioni imponendo che la norma di n sia unitaria. Si determinano cos le tre direzioni principali, e1 e2 e3 , che semplice mostrare siano ortogonali fra loro. 1 > 2 = 3 . Due autovalori sono coincidenti. Il sistema (3.67) quando = 1 ha rango pari a 2. Risolvendo allora le equazioni ed imponendo che la norma di n sia unitaria, si determina univocamente e1 . Quando = 2 = 3 il sistema di equazioni (3.67) ha rango pari a 1. Tutti i versori e2 e3 appartenenti al piano ortogonale a e1 sono principali di deformazione. 1 = 2 = 3 . I tre autovalori sono coincidenti. Il sistema di equazioni ha rango nullo. Tutte le direzioni nello spazio sono principali di deformazione.

3.4. DEFORMAZIONE INFINITESIMA

69

Si riportano di seguito alcune propriet delle deformazioni e delle direzioni principali. Tali propriet sono caratteristiche di tutti i problemi di autovalori ed autovettori. Se i 6= j allora ei ej . Infatti: ei ej = i ei ej ej ei = j ej ei sottraendo membro a membro, e ricordando la simmetria di , si ha: (i j )ej ei = ei ej ej ei = 0 essendo i 6= j , deve allora accadere che ei ej = 0 e quindi ei ej . Se = i = j tutte le direzioni nel piano ei ej sono principali. Infatti posto e = ei + ej con kek = 1, si ha: u = e = ei + ej = i ei + j ej = ei + ej = e

Le deformazioni principali contengono la massima e la minima possibile. Infatti, posto che sia 1 2 3 , si ha: e e = 1 e1 e1 + 2 e2 e2 + 3 e3 e3 e e 1 e1 e1 + e2 e2 + e3 e3 e e = 1 e1 e1 e +e2 e2 e +e3 e3 e e = 1 e1 e1 e e + e2 e2 e e + e3 e3 e e h 2 2 2 3 2 i 1 = 1 e e + e e + e e = 1 e e e = 1 e1 e1 + 2 e2 e2 + 3 e3 e3 e e 3 e1 e1 + e2 e2 + e3 e3 e e = 3 e1 e1 e +e2 e2 e +e3 e3 e e = 3 e1 e1 e e + e2 e2 e e + e3 e3 e e h 2 2 2 i = 3 e1 e + e2 e + e3 e = 3 e

Analogamente:

70

CAPITOLO 3. ANALISI DELLA DEFORMAZIONE

3.4.5

Dilatazione cubica

La formula che fornisce la dilatazione cubica consistente con lipotesi di piccole deformazioni, si ricava considerando la deformazione di cubetto elementare i cui lati dx1 , dx2 e dx3 sono distesi lungo le tre direzioni principali del tensore . Il volume del cubetto elementare prima della deformazione vale: dVo = dx1 dx2 dx3 Poich durante la deformazione le direzioni principali restano tra loro ortogonali, ed indicando con 1 , 2 ed 3 le deformazioni principali di , si ha: dV = (1 + 1 )(1 + 2 )(1 + 3 )dx1 dx2 dx3 (1 + 1 + 2 + 3 ) dx1 dx2 dx3 = V 1 + 2 + 3 = tr = (3.69)

Allora la formula (3.36) fornisce:

A questultima formula si pu pervenire anche considerando la variazione di volume della generica parte P di . Infatti, si ha: Z Z Z V = un dS = u n dS = div(u) dV P P P Z Z Z = tru dV = trH dV = tr dV
P P P

con n normale uscente a P, ed essendo la parte emisimmetrica W di H a traccia nulla. Dovendo essere valida per ogni parte P di , per lelementino di volume innitesimo si ottiene la formula (3.69).

3.4.6

Deformazione media

La deformazione media in un corpo si calcola come: Z Z 1 1 = dV = (u + uT ) dV V 2V

In denitiva, la deformazione media pu essere calcolata conoscendo solo i valori al contorno degli spostamenti.

che espressa in termini di componenti, ed applicando il teorema della divergenza, diventa: Z Z 1 1 ij = (ui,j + uj,i ) dV = (ui nj + uj ni ) dS 2V 2V con n normale uscente a . In forma assoluta, si ha: Z 1 = (u n + n u) dS 2V

3.4. DEFORMAZIONE INFINITESIMA

71

3.4.7

Equazioni di compatibilit

Si visto come sia possibile determinare tramite la relazione (3.40) il campo di deformazione innitesima una volta assegnato il campo di spostamenti u: 1 = (u + uT ) 2 (3.70)

Si vuole ora vedere quando possibile eettuare il procedimento inverso. Si intende sapere cio se assegnato che sia il campo di deformazione esiste un campo di spostamenti u per il quale lequazione (3.70) risulta vericata. In generale, comunque sia assegnata la deformazione non detto che esista una u la cui parte simmetrica del gradiente sia proprio , a meno che la assegnata non soddis delle condizioni che sono dette di compatibilit. Per ssare le idee, si immagini di suddividere il corpo in tanti piccoli cubetti e di attribuire a ciascuno di essi la deformazione corrispondente. A seguito di tale deformazione i cubetti si trasformano in parallelepipedi obliqui e quindi in generale non sar pi possibile ricostruire un corpo continuo tramite solo moti rigidi a meno che le deformazioni imposte non verichino le condizioni di compatibilit. Quindi non si pu assegnare una deformazione in modo completamente arbitrario in quanto essa potrebbe condurre a congurazioni che presentano fratture o compenetrazioni di materia. Condizione necessaria e suciente anch un campo di deformazione sia compatibile che siano soddisfatte le seguenti equazioni di compatibilit (interna): 12,32 12,33 22,33 11,32 11,33 11,22 ovvero in forma compatta: rot(rot) = 0 cio Eijk Elmn jm,kn = 0 dove Eijk il generico elemento del tensore di Ricci. Le (3.72) sono 9 equazioni di cui solo le 6 sopra riportate (3.71) sono linearmente indipendenti. Nel seguito viene riportata la dimostrazione che le equazioni (3.71) sono condizione necessaria e suciente anch un campo di deformazione sia compatibile. (3.72) 13,22 13,23 23,23 13,12 13,13 12,12 = = = = = = 22,31 32,31 32,32 21,31 31,31 21,21 23,21 33,21 33,22 23,11 33,11 22,11

(3.71)

72

CAPITOLO 3. ANALISI DELLA DEFORMAZIONE

Necessariet. Se esiste un campo di spostamenti u tali che 2 = (u + uT ) allora sono vericate le equazioni di congruenza. In forma esplicita, le equazioni di congruenza (3.70) sono: 11 = u1,1 223 = u2,3 + u3,2 22 = u2,2 213 = u1,3 + u3,1 33 = u3,3 212 = u1,2 + u2,1 (3.73)

Derivando, in particolare si pu scrivere: 11,22 = u1,122 22,11 = u2,211 212,12 = u1,212 + u2,112 per cui, usando il teorema di Schwartz, si deduce che: 11,22 + 22,11 = 212,12 Generalizzando, se al posto dellindice 1 si prende i ed al posto dellindice 2 si prende j si ottiene: ii,jj + jj,ii = 2ij,ij i, j = 1, 2, 3

ovvero si giunge alle equazioni (3.71)3 , (3.71)5 e (3.71)6 . Di nuovo, partendo dalle (3.73) e derivando si pu ottenere: 11,23 223,11 213,12 212,13 che implicano: 223,11 + 213,12 + 212,13 = u2,311 + u3,211 + u1,312 + u3,112 + u1,213 + u2,113 = 2u2,311 + 2u3,211 + 2u1,123 = 423,11 + 211,23 e cio: 13,12 + 12,13 23,11 = 11,23 ovvero si giunge allequazione (3.71)4 . Le equazioni (3.71)1 e (3.71)2 si ricavano in modo analogo. Sucienza. Assegnato un campo di deformazione , anch esista un campo di spostamenti u devono essere soddisfatte le equazioni di compatibilit (3.71). = = = = u1,123 u2,311 + u3,211 u1,312 + u3,112 u1,213 + u2,113

3.4. DEFORMAZIONE INFINITESIMA


0

73

Per dimostrarlo, si calcola lo spostamento u del generico punto P , individua0 to dal vettore posizione x , a partire dallo spostamento uo di un pressato punto Po , individuato dal vettore posizione xo . Nel seguito, per semplicare le notazioni, si preferisce scrivere le formule in termini di componenti. Cos si ha: Z P0 Z P0 o o uj = uj + duj = uj + uj,k dxk = uo + j Z
Po Po P
0

(jk + Wjk ) dxk

(3.74)

Po

Deve allora accadere che, assegnato che sia il tensore di deformazione jk ,anch esso sia compatibile deve essere possibile denire un campo Wjk che permetta di calcolare in modo univoco lo spostamento tramite integrazione lungo un 0 qualsiasi percorso Po P . Z P0 Z P0 0 uj = uo + jk dxk + Wjk d(xk xk ) (3.75) j
Po Po

essendo dxk = 0. Integrando per parti lultimo termine della (3.75), si ha: Z
P
0

Wjk

Po

h ix0k Z 0 d(xk xk ) = Wjk (xk xk ) o


0

xk

Po

dWjk (xk xk ) xk ) +
0 0

= Wjk (xk xk )
o = Wjk (xk xo ) + k
0

o Wjk (xo k

Po

Wjk,l (xk xk )dxl

Po

Wjk,l (xk xk )dxl Z

che sostituito di nuovo nella (3.75) fornisce:


o uj = uo + Wjk (xk xo ) + j k o = uo + Wjk (xk xo ) + j k
0 0

Z Z

jk dxk +
P
0

Po

Po

Wjk,l (xk xk )dxl (3.76)

Po

Essendo: Wjk,l =

h i 0 Wjk,l (xk xk ) + jl dxl

1 1 (uj,kl uk,jl ) = (uj,kl uk,jl ) + 2 2 1 1 (uj,kl + ul,jk ) (uk,jl + ul,jk ) = = 2 2 = jl,k + kl,j

1 (ul,jk ul,jk ) 2 1 1 (uj,lk + ul,jk ) (uk,lj + ul,kj ) 2 2

74

CAPITOLO 3. ANALISI DELLA DEFORMAZIONE la (3.76) si riscrive come: uj = uo j +


0 o Wjk (xk

xo ) k

Z
0

Po

h i 0 (jl,k + kl,j )(xk xk ) + jl dxl

(3.77)

Posto allora:

Ujl = (xk xk )(jl,k + kl,j ) + jl si deduce che condizione necessaria e suciente anch uj sia indipendente dal percorso seguito : Ujl,i = Uji,l Allora: Ujl,i = i h 0 (xk xk )(jl,k + kl,j ) + jl
0

,i

= jl,i + (xk xk )(jl,ki + kl,ji ) ki (jl,k kl,j ) 0 = jl,i + (xk xk )(jl,ki + kl,ji ) jl,i + il,j 0 = il,j + (xk xk )(jl,ki + kl,ji ) daltra parte: Uji,l = li,j + (xk xk )(ji,kl + ki,jl ) La condizione Ujl,i = Uji,l diventa allora: il,j + (xk xk )(jl,ki + kl,ji ) = li,j + (xk xk )(ji,kl + ki,jl ) che per la simmetria di equivale a: jl,ki + kl,ji = ji,kl + ki,jl ovvero lj,ki + kl,ji = ij,kl + ki,jl che conducono alle (3.71).
0 0 0

3.4.8

Esercizio sulla deformazione


1 = 1e3 2 = 3e3 3 = 2e3

In una lastra piana soggetta a deformazione omogenea sono note le dilatazioni lineari:

lungo le direzioni n1 , n2 ed n3 , rispettivamente, con 2 1 1 n2 = n1 = 1 0 2

n =

0 1

(3.78)

3.4. DEFORMAZIONE INFINITESIMA Determinare la massima dilatazione lineare. Soluzione Poich la dilatazione lineare lungo la direzione n determinata dalla formula: n = n n deve accadere che: 1 1 1 11 12 = 12 22 0 0 1 11 = 11 = 12 0 2 1 2 1 11 12 1 1 12 22 2 2 1 11 12 1 1 1 1 2 12 22 1 11 + 12 1 1 2 12 + 22 1 (11 + 22 + 212 ) 2

75

(3.79)

(3.80)

2 = = = =

(3.81)

0 0 11 12 = 1 1 12 22 12 0 = = 22 1 22 11 = 1e3 1 (11 + 22 + 212 ) = 3e3 2 22 = 2e3

(3.82)

Quindi si ha: (3.83)

Tenendo conto della prima e della terza delle (3.83), la seconda delle (3.83) fornisce: 1 12 = (6e3 1e3 2e3 ) = 4.5e3 2 In denitiva, la matrice di deformazione innitesima vale:

76

CAPITOLO 3. ANALISI DELLA DEFORMAZIONE

Un ben noto teorema dimostra che la dilatazione lineare massima max coincide con la pi grande deformazione principale ovvero con il massimo autovalore del tensore di deformazione: max = max {1 , 2 } (3.84) Le deformazioni principali si determinano risolvendo il seguente problema degli autovettori e degli autovalori: n = n ( I) n = 0 ovvero, in esplicito: 11 12 12 22 n1 n2 = 0 0 (3.85)

1 4.5 4.5 2

e3

e quindi:

Per assicurare lesistenza di soluzioni dierenti da quella banale deve accadere: 3 1e 4.5e3 =0 det 4.5e3 2e3 3 1e 2e3 4.52 e6 = 0 2 3 103 18.25e6 = 0 (3.86)

ovvero:

Risolvendo lequazione (3.86), si ottiene: 3 9 + 4 18.25 e3 (3 9.06) e3 = = 2 2 Per si ha: 1 = 6.03e3 , 2 = 3.03e3 In denitiva la dilatazione massima vale: max = 6.03e3 (3.87)

Potrebbero piacerti anche