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Pietro Lenza
1. Premessa.
Chi affronti l’analisi strutturale di una costruzione in muratura deve
confrontarsi con una problematica profondamente diversa rispetto
all’analisi di costruzioni realizzate con le tecniche costruttive
contemporanee più comuni quali il c.a. e l’acciaio.
Innanzitutto per le costruzioni in muratura si tratta quasi sempre di
analizzare edifici esistenti mentre per le altre prevale in genere il
progetto e quindi l’analisi di nuove costruzioni. Non è però questo l’aspetto,
certamente importante, che si vuole qui discutere quanto piuttosto quello
inerente la modellazione e le procedure di analisi per la valutazione della
capacità della struttura, con particolare riferimento al problema sismico.
Nel caso, ad esempio, di un edificio intelaiato in c.a., tema sicuramente
prevalente nell’attività professionale, non si nutrono incertezze nella
scelta del modello strutturale di riferimento. Il telaio, inteso come insieme
di aste, corrisponde bene anche geometricamente alla realtà strutturale.
La monoliticità dei nodi, la netta prevalenza della deformazione flessionale
rispetto a quella estensionale e (salvo qualche eccezione) tagliante sono
aspetti pacificamente recepiti. Si assumono con fiducia i vincoli dei ritti di
base del telaio, generalmente incastri, essendo il sistema fondale per
motivi geotecnici più massivo e quindi nettamente più rigido della struttura
in elevazione. L’impalcato, generalmente assimilabile ad un diaframma
rigido e resistente nel piano orizzontale, costituisce quel vincolo interno
che lega i singoli telai piani in un sistema spaziale (c.d. telaio spaziale).
Adoperiamo con fiducia un’analisi elastica lineare in presenza di un
materiale strutturale che assicura un comportamento bilaterale.
Ove si voglia affrontare un’analisi non lineare la plasticizzazione limitata
ad alcuni tratti (generalmente di estremità) delle aste consente, con buona
approssimazione, di ricorrere a modelli a plasticità concentrata utilizzando
le c.d. cerniere plastiche.
Si opera cioè in un quadro di ragionevole certezza e fiducia negli strumenti
di analisi e, nel caso inevitabile di ricorso a strumenti di software
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4. Edifici speciali.
Modellazione ed analisi globale.
Per una modellazione globale occorre ricorrere al metodo degli elementi
finiti, utilizzando prevalentemente elementi bidimensionali tipo
lastra/piastra. La laboriosità dell’input (anche se sono praticabili passaggi
automatici da più accessibili modelli CAD) suggerisce di acquisire un
modello il più possibile flessibile ad interpretare le possibili varianti
strutturali connesse ad incertezze interpretative o ad interventi da
progettare.
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volte ed archi e riportare sul contorno di essi sia i carichi verticali che le
spinte anche se solo speditivamente determinate (si utilizzi ad esempio lo
schema di arco a tre cerniere per gli archi e le volte cilindriche).
Per quanto attiene le condizioni sismiche si può utilizzare un’analisi
dinamica (sovrapposizione modale) facendo attenzione a coinvolgere un’alta
percentuale della massa del sistema. Questo significa spesso tener conto
di diverse centinaia di modi di vibrare alcuni dei quali significativi solo per
singoli sottosistemi. Il calcolo è sicuramente laborioso e concettualmente
irrazionale ma le prestazioni degli attuali personal computer consentono di
superare queste obiezioni.
Le verifiche tensionali devono tener conto delle seguenti considerazioni.
L’output di un’analisi agli elementi finiti restituisce valori puntuali delle
sollecitazioni con diffusi valori anche di trazione. Si suggerisce pertanto di
individuare le sezioni significative degli elementi strutturali e di
determinare, come risultanti delle sollecitazioni puntuali, le
caratteristiche di sollecitazione (momenti, tagli e sforzo assiale). Con
queste risultanti si effettueranno le verifiche delle sezioni utilizzando le
formulazioni fornite dalla normativa che si fondano sulla verifica di sezioni
di materiale non resistente a trazione. Può sembrare che non vengano presi
in considerazione formazione di meccanismi correlati al ribaltamento di
elementi murari. In realtà la crisi tensionale, ove si consideri il materiale
non indefinitamente resistente a compressione, precede sempre la perdita
di equilibrio per ribaltamento sicchè questa verifica rimane inglobata in
quella tensionale. Anche la crisi per scorrimento dei blocchi può essere
utilmente surrogata dalla verifica tensionale a taglio e sforzo normale.
Si opera comunque con l’ evidente contraddizione di utilizzare una
discretizzazione del continuo con elementi di materiale resistente a
trazione e di verificarne le macrosezioni tenendo conto più correttamente
del carattere unilaterale del materiale
Ci stiamo muovendo per ora nell’ambito di un’analisi elastica lineare con
tutte le riserve del caso. Al momento l’uso di codici di calcolo non lineare
agli elementi finiti sembra proponibile per l’impego nella ricerca scientifica
più che nella prassi professionale.
Modellazioni ed analisi locali.
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Fig. 4. Spostamento relativo dei piedritti e conseguente cimento della
chiave di volta dell’arco.
Si sottolinea comunque che l’analisi lineare agli autovalori deve
necessariamente precedere quella non lineare per determinare il periodo
fondamentale e quindi il profilo delle azioni orizzontali da applicare con
successivi incrementi monotoni al sistema, tenendo eventualmente conto
del c.d. effetto P-Delta e cioè dell’eccentricità dei carichi verticali a
seguito degli spostamenti orizzontali del sistema. La semplicità dei sistemi
in esame e la loro modellazione semplificata ad aste consente anche
l’impiego dell’analisi dinamica non lineare generalmente poco applicata
nell’attività professionale.
Nel caso di sistemi ancora più semplici come pareti o porzioni di pareti
cimentate fuori dal proprio piano l’analisi proposta trova immediata
applicazione.
Modellazione a blocchi ed analisi limite.
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5. Edifici Normali.
Si farà riferimento ad una nota classificazione tipologica qui brevemente
richiamata:
- 1° classe, integralmente in muratura con impalcati voltati;
- 2° classe , con pareti verticali in muratura ed impalcati piani costituiti da
solai con travi in legno o ferro, che non interrompono la continuità delle
murature verticali
- 3° classe, con pareti verticali in muratura e solai laterocementizi (o ad
essi assimilabili) che interrompono la continuità delle pareti
interponendovi cordoli armati; i vani sono sovrastati da piattabande in
c.a..
L’edificio si può considerare come un insieme (o sistema) di pareti verticali
collegate dagli impalcati con efficacia meccanica diversa nelle tre classi.
Solo nella terza l’impalcato può considerarsi (a meno di difetti e/o carenze
nella realizzazione) come un affidabile diaframma rigido come nei moderni
edifici intelaiati in c.a. Nelle altre due si possono prendere in
considerazione nel piano orizzontale modelli ad arco ovvero a puntoni che
possono conferire all’impalcato una capacità distributiva delle azioni
orizzontali complessive tra le varie pareti ma questo solo in presenza di
catene lungo le fasce murarie delle pareti o, in mancanza di esse, nei limiti
della loro debole resistenza a trazione.
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Fig. 8. Modellazione a telaio equivalente di pareti con aperture regolari e
non.
Notevoli incertezze affliggono la modellazione delle fasce che solo in
presenza di cordoli e piattabande in c.a. assumono affidabile rigidezza
flessionale (per la mancanza di significativo sforzo assiale) che si consiglia
comunque di valutare orientativamente al 50% di quella corrispondente
all’assetto geometrico. E’ evidente che lo schema spaziale complessivo
prevede nelle cantonali e nelle croci di muro un doppio ritto appartenenti
ciascuno ad una parete in una direzione (figura)
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due modelli che conducono a risultati prossimi tra loro al punto da far
preferire il meno laborioso modello di telaio equivalente.
Con questi modelli è possibile effettuare un’analisi elastica lineare (e quindi
anche dinamica modale) verificando, con l’incongruenza già evidenziata, sia
i maschi che le fasce con formulazioni attinenti le sezioni non resistenti a
trazione.
Consideriamo ora i possibili sviluppi non lineari, distinguendo gli effetti
della parzializzazione delle sezioni (per la non resistenza a trazione) e
della plasticizzazione (per la non illimitata resistenza a compressione).
Per quanto attiene i primi troviamo in letteratura procedure approssimate
o iterative applicabili alla modellazione a telaio. Per le modellazioni agli
elementi finiti non mancano programmi di calcolo, impiegati per lo più nel
campo della ricerca scientifica, che richiedono particolare padronanza
nell’uso e nella corretta interpretazione dei risultati.
Per quanto attiene le non linearità per plasticizzazione il modello a telaio
equivalente consente sviluppi non lineari facilmente accessibili utilizzando
un approccio a plasticità concentrata (cerniere plastiche a momento e
taglio) mentre per le modellazioni agli elementi finiti valgono le
considerazioni fatte precedentemente.
Aggiungiamo qualche considerazione ulteriore sull’utilizzo delle cerniere
plastiche in questo sofferto modello di telaio equivalente per sottolinearne
alcune specificità.
Un aspetto positivo deriva dal poter modellare le cerniere
pressoflessionali nei ritti considerando praticamente costante lo sforzo
assiale (l’accoppiamento delle fasce è in genere modesto).
Un’altra specificità è correlata alle cerniere “a taglio”. Nei telai in c.a. la
rottura fragile a taglio nei ritti viene considerata una condizione ultima
mentre per i ns telai in muratura è possibile proseguire l’analisi confidando
in una ridistribuzione del taglio tra i rimanenti ritti. Occorre quindi
modellare le cerniere a taglio in maniera che sia consentito, dopo la
rottura, un escursione dello scorrimento con sollecitazione praticamente
nulla. La ridistribuzione restituisce una curva di pushover che presenta un
ramo discendente (softening) dopo il massimo (è ammissibile una riduzione
del 20%). Si sottolinea che in questo caso il tratto discendente della curva
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Fig. 10. Modellazione di una parete a blocchi e possibili meccanismi (da uno
studio di M. Como del 1983)
Fenomeni locali
Nella tipologia della terza classe forse l’unico modello locale è quello della
parete di un generico ordine di piano, vincolata superiormente ed
inferiormente agli impalcati e sollecitata fuori dal proprio piano. In questo
caso sia la modellazione a blocchi con conseguenziale analisi limite che
quella a trave con analisi elastica sono proponibili.
Fig. 11. Analisi limite vs analisi elastica del modello locale di parete tra due
impalcati.
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Condizione sismica.
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Fig. 13. Il primo modo di vibrare del modello globale dell’edificio evidenzia
il comportamento locale indipendente della singola parete fuori dal proprio
piano.
6. Conclusioni (?)
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