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Sabine Frommel Sebastiano Serlio e il palazzo Zen a Venezia

Il committente e l’architetto: il dialogo tra Francesco


Zen e Sebastiano Serlio
Un incontro affascinante dal punto di vista
umano e fecondo artisticamente tra Sebastiano
Serlio e Francesco Zen, discendente da una fami-
glia di primo piano nel quadro della politica e
della cultura veneziane del tempo, è all’origine
dell’ideazione e della costruzione del palazzo4.
Nel Sesto Libro, Serlio ricorda con nostalgia i suoi
contatti con i nobili colti della Serenissima:
“…città di Vinezia, veramente Madre: è patria di
tutte le nazioni: et massimamente di me: nella
quale ho dispensato buona parte di miei anni:
Tenendo di continuo comerzio con quei nobilis-
simi ingegni dottati di tutte le buone arti […] la
qual degna Amicizia giamai si partira dalla
1. Jacopo de’ Barbari, Venetie MD, Situato nei pressi dell’ospizio dei padri Crociferi, memoria mia”5. In palazzo Zen si fondono le idee
1500, particolare: l’area dei Crociferi tra il campo dei Gesuiti a est e la chiesa di Santa di un committente e le competenze di un archi-
con le case quattrocentesche degli Zen.
Caterina a ovest, palazzo Zen doveva stupire tetto6 – un dialogo che caratterizza alcuni dei pro-
ogni visitatore del Cinquecento. L’edificio forma getti ed edifici più importanti del Rinascimento.
un blocco autonomo ritmato da sequenze di fine- Per capire in che modo si è articolato il dialo-
stre in parte cuspidate, come un grande gioiello, go tra Francesco Zen e Sebastiano Serlio duran-
che sembra nascondere qualche mistero orienta- te l’ideazione e la costruzione del palazzo, biso-
le (ill. 6, 7). Originariamente le facciate laterali gna ricordare alcuni fatti rivelatori. Nel suo viag-
erano dipinte ad affreschi che illustravano l’im- gio a Costantinopoli Francesco Zen mostrò
portante ruolo svolto dalla famiglia nella politica grandissimo interesse per l’architettura e per gli
della Serenissima, e tra essi episodi della vita di aspetti tecnici, costruttivi ed estetici non solo di
Carlo Zen, pater patriae ed esempio della virtù su Santa Sofia – tanto che egli fu tra i pochissimi
cui era fondata la libertas Reipublicae1. A prima europei del suo tempo ad averne accesso – ma
vista il palazzo oggi appare tradizionale se non anche delle rovine classiche e dell’architettura
arcaico. Ma a un’osservazione più attenta colpi- islamico-ottomana7. Nella premessa del suo
scono immediatamente numerosi dettagli di Quarto Libro Serlio loda le competenze straordi-
carattere spiccatamente moderno. Nei suoi narie di Francesco Zen come conoscitore dell’ar-
appunti redatti nel 1865 sui palazzi veneziani te architettonica e progettista dilettante: “Potre-
Gian Jacopo Fontana sottolineava, con sguardo mo accopiar con questi molti gentil’homini de la
perspicace e allo stesso tempo ingenuo, questo nobilità, che non pur si dilettano, ma fanno di
carattere ibrido: “l’aspetto della odierna facciata quell’arte quanti i migliori maestri, come è mes-
è vario, e a così dire fantastico, perché di un ser Gabriel Vendramino, messer Marcantonio
misto di architettura, parte in analogia allo stile Michele, e messer Francesco Zen, e molti altri
gotico, e parte in relazione alle riforme posterio- che del continuo hanno in opere qualche dili-
ri, di stile lombardesco, introdotte circa nel gente maestro particulare, a comodo loro e ad
1530”2. Effettivamente, la struttura tettonica in universale ornamento del la terra”. Nel suo
pietra viva è caratterizzata da una coerenza e da testamento dell’agosto 1538 Francesco rivelava
una logica del tutto sorprendenti rispetto al lin- quanto gli stesse a cuore il suo ruolo di architet-
guaggio architettonico veneziano dei primi anni to-dilettante e il rapporto con Sebastiano, dal
Trenta del Cinquecento. E se tanti particolari quale voleva essere accompagnato alla tomba
alludevano al passato degli Zen e ai loro brillanti assieme al capomastro Innocenzo Lombardo:
successi nel Levante3, il sistema architettonico, il “vogli[a] esser portato per maestranza tra mure-
vocabolario e la sintassi rivelano uno stretto lega- ri, marangoni et taiapieri acompagnado per i do
me con le tendenze più innovative del periodo. testimoni infrascripti […] Nozenzo lombardo

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2. Case Zen in fondamenta Santa Caterina, murer […] e Sebastiano Serlio”8. Sembra che la con umanisti come Giulio Camillo Delminio e
disegno sommario di natura patrimoniale, sua passione per l’architettura fosse già stata Pietro Aretino, con artisti come Lorenzo Lotto,
circa 1560 (Biblioteca Museo Correr,
Venezia, Mss.P.D.c 1004/95). condivisa dai suoi avi e parenti: lo stemma gen- Tiziano e Jacopo Sansovino, e rappresentanti
tilizio sulla facciata del palazzo è accompagnato, dotti del mondo diplomatico come Gian Giaco-
3. Palazzo Zen, planimetria (Atlante di
Venezia, a cura di E. Salzano, Venezia oltre che dal timone di una galera, dal lauro e mo Leonardi, ambasciatore di Francesco Maria
1989). dalla palma, anche dal compasso dell’architetto9. della Rovere a Venezia, e degli ambasciatori
Serlio si era trasferito a Venezia nel 1527-28, francesi Lazare de Baïf, Georges d’Armagnac e
4. Palazzo Zen, pianta (G. Cristinelli,
Cannaregio: un sestiere di Venezia, dopo aver studiato a Roma l’architettura antica Georges Pellicier, Sebastiano ebbe accesso ai
Roma 1987). e moderna presso il suo maestro Baldassarre circoli più esclusivi della vita intellettuale, cultu-
5. Palazzo Zen, restituzione schematica
Peruzzi10. A Venezia il linguaggio del Rinasci- rale e politica di Venezia. Illustri personaggi
della pianta del piano nobile con indicazione mento non era ancora bene consolidato e Seba- come Pietro Bembo, Marcantonio Michiel,
della collocazione dei portali del piano terra stiano godeva di grande reputazione e prestigio, Marco Grimani, Giangiorgio Trissino e Alvise
(“A”, “B”, “C”, “D”) (disegno
di Friedericke Michalek). come uno dei pochi esperti del nuovo vocabola- Cornaro apprezzavano la sua frequentazione11.
rio. Il suo soggiorno nella Serenissima fino al Nella sua casa, intorno a Francesca Palladia, la
1541 coincide infatti con una svolta nella disci- sua giovane e affascinante moglie, egli stesso
plina architettonica, svolta alla quale egli, accan- riuniva un circolo di eruditi.
to a Jacopo Sansovino, dette un contributo Appena arrivato a Venezia, Serlio si era con-
sostanziale. I suoi consigli furono cercati e centrato sul trattato che doveva renderlo poi
apprezzati dalla Serenissima. Grazie all’amicizia famoso. In questo progetto ambizioso, ispirato

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6. Venezia, palazzo Zen: incisione
ottocentesca.

al suo maestro Peruzzi, dovevano confluire tutti interna del palazzo e se corrispondesse a un’idea
i suoi studi e le sue esperienze. Il Quarto Libro approssimativa o a un programma preciso. Un
dedicato agli ordini fu pubblicato nel 1537 da disegno di mano di Francesco avrebbe dovuto
Francesco Marcolini, editore di cui sono docu- rassomigliare agli schizzi schematici di altri dilet-
mentati stretti rapporti tanto con gli Zen12, tanti di architettura come Giangiorgio Trissino o
quanto con Ercole II, duca di Ferrara, che finan- Lorenzo de’ Medici17. Trattandosi dell’unica
ziò la pubblicazione13. Perfino il trasferimento di impresa di portata considerevole nella quale
Sebastiano dalla sua prima residenza in contrada interveniva Francesco, un paragone con altre ope-
di Santa Giustina in casa Priuli, parenti degli razioni, che potrebbe rivelare le sue preferenze
Zen, alla fondamenta Santa Caterina e cioè nelle estetiche, è impossibile. Nonostante il suo carat-
immediate vicinanze del palazzo patrizio, si spie- tere tradizionale, il palazzo è impregnato di
ga con la sua familiarità con gli Zen14. Un appas- invenzioni raffinate che riflettono una specie di
sionato di architettura come Francesco doveva compromesso tra il linguaggio vitruviano di Ser-
seguire le ricerche del suo amico Sebastiano con lio e la tradizione locale. Non a caso Serlio si
grande attenzione e trarne profitto per i suoi occuperà, nel suo Settimo Libro, degli “accidenti”
“pensieri architettonici”. e cioè di adeguamenti, di trasformazioni e di
Palazzo Zen costituisce un episodio centrale integrazioni di edifici esistenti come nel caso di
che aiuta a comprendere in che modo l’architet- palazzo Zen (ill. 27). Questi indizi fanno pensare
tura all’antica si sia introdotta nella prassi edili- che la responsabilità di Serlio sia stata più impor-
zia veneziana. Manfredo Tafuri e Ennio Conci- tante di quanto supposto a partire dalle fonti
na15, riconoscendo l’importanza del rapporto tra finora analizzate. Fino a che punto questo palaz-
committente e architetto, hanno sottolineato zo “ordinato sul modello di Francesco Zen”18
come la progettazione del palazzo rappresentas- corrispondeva a un progetto di Serlio sviluppato
se un caso esemplare all’interno di questa storia. sulla base di indicazioni preliminari del commit-
Rimane tuttavia ancora da scoprire il reale coin- tente? Per comprendere il ruolo svolto dall’ar-
volgimento serliano nelle scelte prettamente chitetto bolognese nell’ideazione e nella realizza-
architettoniche. zione della casa degli Zen è dunque indispensa-
L’attribuzione dell’opera al committente è bile analizzare il linguaggio architettonico dell’e-
fondata in primo luogo sul testamento del padre dificio e indagare il rapporto con le regole, le
Pietro Zen del 1538, in cui egli chiede ai figli di forme e le esperienze architettoniche di Serlio.
rispettare il primitivo progetto di Francesco per
la costruzione del palazzo familiare e di seguire i Il blocco edilizio e la sua organizzazione interna
consigli di Serlio per eventuali modifiche dell’in- Palazzo Zen deve la sua forma a una ristruttura-
terno: “le mie case che fabrico ali Crosechieri zione articolata in fasi successive che iniziarono
voglio le siano compide al desengo che feze el probabilmente, come si vedrà più tardi, nella
quondam messer francesco sopra la fazà; dele seconda metà del Quattrocento. L’edificio confi-
parti son dentro et d’ornamenti, faza mie fioli gura un blocco autonomo, con una lunghissima
come li piaze, et mi laudo far la opinion de mes- facciata principale di circa 50 metri rivolta sul
ser Bastianello”16. Esisteva quindi un disegno rio di Santa Caterina (ill. 6, 7). Avvicinandosi da
vero e proprio di mano di Francesco. Il problema sud attraverso il ponte e scendendo i gradini
è capire fino a che livello di dettaglio questo verso il campo dei Gesuiti, il visitatore vede
giungesse e non sappiamo fino a che punto esso apparire di spigolo il suo volume. Tra l’edificio e
determinò la facciata (fazà) e la distribuzione il rio le fondamenta perfettamente dritte e non

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che aveva lavorato nel cantiere, durante un’u-
dienza in sede giudiziaria del 9 dicembre 1566,
gettando luce sui nuovi accordi, testimonierà che:
“li detti Zen vivendo M.Francesco volevano far 4
case, et fu fatto il modello per 4 et venne a morte
M.Francesco et fu ritirato in 3 case”22. Dopo la
morte di Francesco dunque, nell’estate del 1538,
e quella del padre, avvenuta un anno dopo, il can-
tiere era quindi troppo avanzato per modificare
fondamentalmente l’organizzazione interna del
palazzo. Così i tre eredi dovettero dividersi l’ori-
ginario sistema a quattro unità: Vincenzo, il pri-
mogenito, prese le due unità centrali e formal-
mente più definite, mentre Caterino, successore
di Pietro come ambasciatore nel Levante, ereditò
la casa orientale del padre. La casa occidentale
infine doveva essere assegnata forse a Giovan
Battista Zen. Questa nuova ripartizione fu artico-
lata in modo irregolare: i proprietari delle case
orientali e occidentali disponevano probabilmen-
te di tre unità, mentre quella centrale era compo-
sta solo da due23 (ill. 5).
La struttura in parte irregolare rivela che
alcuni muri preesistenti condizionarono il siste-
ma interno (ill. 4, 5). Il palazzo è composto da
otto comparti paralleli di taglio lungo e stretto,
che a due a due originariamente corrispondeva-
no a ognuna delle quattro abitazioni. L’architet-
to sembra aver adeguato abilmente le pareti
intermedie ai tre muri precedenti, facilmente
riconoscibili dall’allineamento irregolare: quello
che separa i due comparti della casa orientale,
quello che delimita la terza unità occidentale,
costeggiando un cortile rettangolare, e quello
posteriore verso corte delle Candele. Le antiche
casette, situate nella zona posteriore del palazzo,
individuabili nella veduta prospettica di Jacopo
de’ Barbari, sono riconoscibili dal taglio irrego-
lare e rimangono fuori dal sistema geometrico
della ristrutturazione (ill. 1, 5). Tre cortili inter-
7. Palazzo Zen, facciata vista dal ponte molto larghe potrebbero essere legate al proget- ni (poco più che cavedi), integrati irregolarmen-
dei Gesuiti. to del palazzo (ill. 3)19. Il palazzo rivolge il fron- te nella fabbrica, garantiscono un’illuminazione
8. Palazzo Zen, rilievo della parete della te posteriore verso corte delle Candele, una sufficiente agli ambienti centrali del palazzo (ill.
facciata principale (disegno di Friedericke piazzetta rettangolare la cui larghezza equivale 5). Quelli più grandi nella parte retrostante sem-
Michalek).
circa alla metà della larghezza complessiva del brano risalire all’assetto precedente. Il piccolo
palazzo. Questo spazio comunica con il Campo cortile quadrato dislocato nella porzione ante-
dei Gesuiti tramite un “sottoportego”, un lungo riore del palazzo – forse posto sul terreno di
e stretto passaggio parzialmente coperto. La quello che doveva essere il giardino dell’antica
facciata occidentale era prospiciente un orto casa di Pietro – fa invece ovviamente parte della
adiacente una calle (ill. 2, 12). ristrutturazione. Esso dà luce a due oscuri “por-
Il fronte principale è scandito da quattro por- teghi”, secondo la prescrizione del Sesto Libro di
tali (“A”, “B”, “C”, “D”) che rispondono ancora Serlio: “…et se la casa sara troppo longa farano
alla suddivisione originaria in quattro unità abita- […] una corticella per dar luce al portico…”24.
tive previste per il capofamiglia e per tre figli (ill. Tuttavia la scelta di quattro unità doppie, e cioè
3, 4)20. Secondo un sommario disegno cinquecen- di otto comparti, non era legata alle strutture
tesco, però, le due porte centrali corrispondeva- preesistenti e corrispondeva, con grande proba-
no alla “casa de M. Vincenzo Zen”21, mentre bilità, a una direttiva del committente. Tale scel-
quella situata all’estremità est, abitata originaria- ta di organizzare il palazzo come sequenza di
mente da Pietro, doveva appartenere ora a Cate- case in serie, riflette una mentalità giuridica spic-
rino (ill. 2). Infatti un maestro Antonio muratore, catamente “democratica” e fondamentalmente

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9. Palazzo Zen, facciata della sala con triade. diversa per esempio dal tradizionale fidecom- cate accanto ai due cortili (l’unico modo di illu-
messo adottato a Firenze o a Roma, dove il pri- minare una tale gabbia) e del quale oggi non
10. Palazzo Zen, spigolo.
mogenito era sempre l’erede universale. rimane traccia. Secondo il progetto originario,
I muri irregolari delle antiche case, le modi- nel piano nobile ai due “porteghi” dovevano cor-
fiche intervenute durante la costruzione, le rispondere due sale. Probabilmente la sala occi-
diverse istanze dei singoli proprietari e le tra- dentale fu divisa in stanze quando un solo pro-
sformazioni delle generazioni seguenti, rendono prietario disponeva della casa. I singoli apparta-
problematica la restituzione esatta dell’organi- menti erano spaziosi, con camere ai lati della
smo originario. Tuttavia si possono distinguere sala, mentre altre stanze più piccole erano siste-
approssimativamente le linee principali del mate verso corte delle Candele e ai lati degli sca-
sistema distributivo cinquecentesco (ill. 4, 5). loni. Un piano mezzanino completava l’organi-
Per quanto riguarda le due case situate alle smo interno di ogni casa.
estremità del palazzo, il loro portale (“A”, “D”) All’interno, solo pochi elementi risalgono al
apre su un atrio passante lungo, stretto e buio. tempo della costruzione del palazzo. Indubbia-
Nel palazzo orientale il muro posteriore dell’a- mente autentica è la serliana che si apre nella
trio dal quale si accedeva a uno scalone illumi- parete posteriore del “portego” della casa sul
nato da est25 si conclude con una serliana (ill. lato orientale (“A”), quella di Pietro Zen (ill. 25),
25). La prima rampa raggiunge il primo piano nella quale colonne doriche reggono un’arcata di
posto sopra magazzini ricavati a un livello note- profilo astratto e nelle campate laterali sostengo-
volmente ribassato rispetto alla fondamenta e no un architrave a tre fasce. Questo sistema
all’atrio passante. Al piano nobile la sala apre con segue la tradizione di cortili romani come quello
tre finestre sulla facciata principale, la triade, del progetto raffaellesco per la sua casa in via
composta da due archi cuspidati che fiancheg- Giulia o di palazzo Regis ai Baullari27. Ancora nel
giano un arco a tutto sesto26 – un sistema che suo Settimo Libro, Serlio dovette utilizzare solu-
permetteva di dissimulare abilmente le larghez- zioni di questo tipo per conferire unità al forma-
ze disuguali delle singole unità con muri inter- to allungato di un cortile per Lione28.
medi (ill. 7, 9). I due portali nel centro della fab- Nel cortile adiacente a questo “portego” si
brica (“B”, “C”) si aprono invece su due “porte- sono conservati resti di membrature architettoni-
ghi” adiacenti (ill. 5). La distribuzione deve che in laterizio. È possibile che le proprietà degli
essere stata più o meno analoga a quella delle Zen si spingessero fino a tutta la corte retrostan-
case di testata: dall’atrio passante si accedeva te, tuttavia lo stato frammentario di questi ele-
allo scalone le cui rampe dovevano essere collo- menti non permette una restituzione complessi-

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11. Palazzo Zen, facciata orientale.

va. Sembra che anche al piano superiore si le quattro sale si distendono alle spalle delle
dovesse aprire una serliana: una colonna a tre triadi di finestre – oggi facilmente riconoscibili
quarti di ordine toscaneggiante o dorico regge dai balconi – ciascuna delle stanze adiacenti è
un tratto di trabeazione che potrebbe aver sor- fornita di due finestre con arco a tutto sesto
retto un arco (ill. 26). Le campate chiuse potreb- separate da un arco cieco cuspidato, che deli-
bero essere state ritmate da nicchie come quella neano un ritmo inverso a quello delle sale30.
ancora conservata all’estremità della parete. Ogni sala comunicava quindi con una camera
Lo scalone della parte occidentale è conser- spaziosa di taglio rettangolare orientata verso le
vato nella sua forma originale. Poiché si tratta fondamenta (ill. 5). Per le abitazioni situate
dell’ultima fase del cantiere, dovrebbe essere all’estremità, queste camere prendevano luce da
stato realizzato verso l’inizio degli anni Cin- due lati: la distanza delle finestre dall’angolo è
quanta da un maestro locale. Non è da esclude- uguale, secondo una disposizione corrisponden-
re che egli si sia appoggiato al progetto di Ser- te in egual misura alla tradizione romana e a
lio, ma le forme grossolane e “licenziose” rivela- quella veneziana (ill. 10).
no le difficoltà di interpretazione del vocabola- L’architetto nasconde virtuosisticamente la
rio classico. Al primo piano il pianerottolo sequenza monotona delle quattro case a schiera in
comunicava direttamente con la sala tramite due un vero crescendo gerarchico (ill. 5, 6, 7, 8). La
arcate, una disposizione che potrebbe risalire al facciata sporge leggermente in corrispondenza
progetto originario29. Lo scalone nella parte delle due sale centrali, formando un avancorpo,
orientale, l’antica casa di Pietro Zen, è stato che, sfruttando la straordinaria luminosità lagu-
modificato, mentre di quelli nel centro non nare e l’orientamento a sud, mette in evidenza il
rimangono vestigia. Negli appartamenti solo sottile gioco di luci e ombre delle modanature (ill.
alcune porte delle stanze dell’antica casa di Pie- 8). Questo risalto, che comprende i due portali al
tro Zen con architrave a due fasce, fregio e cor- piano terra e due triadi di finestre al piano nobile,
nice sembrano autentiche. viene fiancheggiato a ogni lato da due campate
leggermente arretrate. Esse corrispondono alle
Le facciate stanze adiacenti alle sale, tutte e due articolate da
La parete è in mattoni di piccolo taglio origina- triadi con l’arcata centrale cieca. Ai due lati di
riamente rivestiti da uno strato di intonaco chia- questo motivo centrale a doppio risalto, la parete
ro (ill. 7, 9). I membri strutturanti – pilastri, retrocede un’altra volta in tre campate per ciascun
colonnette, archi, incorniciature, architravi, lato, per avanzare poi di nuovo nei due avancorpi
cornici e profili – sono realizzati in pietra d’I- angolari. I balconi, aggiunti in un secondo
stria. Il ritmo delle finestre rivela già la funzio- momento tra l’avancorpo centrale e quelli ango-
ne e la gerarchia degli ambienti interni. Mentre lari, attenuano sensibilmente l’effetto accurata-

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12. Palazzo Zen, facciata occidentale
(foto Vitale Zanchettin).

13. Palazzo Zen, facciata retrostante.

mente calcolato di queste alternate, sottili rien- gnare una fontana per il suo giardino36. Distin-
tranze. Grazie al doppio aggetto, il centro della guendo l’avancorpo di palazzo Zen con due
facciata domina in modo incontrastato, mentre il risalti, Serlio contribuì ancora notevolmente a
ritmo si allenta nelle campate adiacenti e in quel- questa gerarchizzazione delle facciate (ill. 8).
le dei due avancorpi angolari, dove l’arcata cen- Sul fronte nord, un simile avancorpo di quat-
trale è cieca. Il predominio dell’avancorpo centra- tro campate guarda la piazzetta della corte delle
le rispetto agli avancorpi angolari ricorda l’antica Candele, in cui le pareti arretrate ai lati sono
tradizione dei palazzi veneziani con ampie super- scandite da tre finestre (ill. 13). Mentre a destra
fici murarie cieche tra l’asse centrale traforato e le la parete arretra come nel fronte principale, a
finestre laterali31. Le campate dei settori più ester- sinistra il passaggio verso l’attuale campo dei
ni continuano simmetricamente nelle facciate Gesuiti impedisce una rientranza analoga. Tut-
laterali, senza aggetto della parete (ill. 7, 10). tavia l’avancorpo centrale è sfalsato rispetto alla
Attraverso tali leggere variazioni è sottoli- facciata verso le fondamenta. Questo rapporto
neato il centro dell’edificio, il che contraddice diretto tra facciata e piazzetta rivela uno straor-
però la disposizione interna delle quattro case dinario senso scenografico, più realisticamente
individuali – un indizio che all’architetto impor- attribuibile a un maestro a conoscenza delle
tavano più il gesto e il linguaggio architettonico ultime innovazioni dell’architettura rinascimen-
che non la “verità” strutturale32. Durante il suo tale come Sebastiano Serlio, che non a France-
soggiorno a Roma Serlio aveva potuto studiare sco Zen. Allo stesso tempo, il carattere lieve e
facciate simili. Nel palazzo della Cancelleria gli sottile del rilievo, che è intelligibile quasi solo
avancorpi angolari sporgono solo leggermente, all’occhio esperto, rivela un artista di non pro-
sottolineando il loro ruolo di “torri” urbane33, rompente vitalità, come testimoniano anche gli
ma ancora più vicino è il palazzo Adimari, dove altri edifici di Serlio37. D’altro canto già un’inci-
Giulio Romano accentuava non solo le campate sione ottocentesca aveva colto perfettamente il
angolari ma anche il centro, con le finestre della gioco sofisticato delle sporgenze e delle rien-
sala grande34. Questo sistema fu elaborato da tranze, rendendole graficamente più visibili e
Girolamo Genga dopo il 1529 nel cortile di villa leggibili e dislocando palazzo Zen nel Canal
Imperiale a Pesaro dove i rilievi sottilissimi Grande per conferire maggiore rilievo alla fab-
distinguono il centro con la loggia e le estre- brica (ill. 6).
mità della facciata (ill. 28). Serlio elogia con Anche la sequenza verticale della facciata
entusiasmo le opere che Girolamo fece a Pesaro testimonia una grande familiarità con i principî
per Francesco Maria della Rovere35 ed egli dove- del Rinascimento romano: il piano terra è carat-
va conoscere approfonditamente villa Imperiale, terizzato da un seminterrato le cui finestre ret-
in quanto era stato incaricato nel 1531 di dise- tangolari, concluse da una trabeazione tripartita,

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14. Palazzo Zen, dettaglio del portale
dell’avancorpo centrale (secondo orientale,
“B”).

15. Palazzo Zen, portale dell’avancorpo


centrale (foto Vitale Zanchettin).

sono legate verticalmente a quelle del piano strutturale: i piedritti sorreggono l’aggetto. Il
nobile (ill. 7). Quest’ultimo è distinto come tale motivo delle semicolonne che fiancheggiano
dalla sua maggiore altezza e da un linguaggio più l’inquadratura della porta sembra ispirato al
ricco e variato. Coronato da una semplice corni- progetto michelangiolesco per la porta della
ce, il piano nobile sembra saldarsi con il mezza- Biblioteca Laurenziana39. Forse Serlio conosce-
nino, dando così luogo a un piano ancora più va anche alcuni sistemi del tardo gotico, come il
predominante. Questa gerarchia si riallaccia a portale della cappella Strozzi in Santa Trìnita a
prototipi romani, come palazzo Branconio del- Firenze, dove Ghiberti aveva incorniciato l’ar-
l’Aquila, dove Raffaello aveva distinto virtuosi- cata con snelle colonnette che reggono un fre-
sticamente un piano terra subordinato e un gio40. Allo stesso tempo le finestre di palazzo
piano che assieme ai due mezzanini sovrastanti Zen ricordano le edicole del Pantheon collega-
formava un imponente piano nobile38. te da una trabeazione continua che Raffaello
Gli spigoli della facciata sono accentuati da aveva ripreso nel palazzo Branconio dell’Aquila
snelle colonnette angolari, con capitelli fito- e che lo stesso Serlio deve aver riprodotto nel
morfici di carattere gotico, incluse nell’angolo, suo Terzo Libro del 154041. Se l’articolazione del
probabilmente spoglie della casa antica, che piano terra è caratterizzata da una logica tetto-
dovevano testimoniare la lunga tradizione della nica e da una grande accuratezza, le colonnette
famiglia (ill. 10, 21) e che diventano una sorta di rappresentano un richiamo al genius loci e
leitmotiv nell’articolazione del pian terreno aggiungono una dimensione poetica.
accentuando in modo discreto e persuasivo le Le finestre del piano nobile si alzano su un
sporgenze e le rientranze. Altri piedritti sono parapetto le cui fasce laterali lisce sono ornate da
leggermente sfaccettati e accompagnano l’anda- rosette (ill. 15, 17). Pilastri reggono gli archi,
mento verticale delle finestre, comprendendo che si innestano su un’imposta con modanatura
l’altezza complessiva del piano terra (ill. 22): l’a- sobria. Per sottolineare la continuità verticale
pertura rettangolare del sotterraneo è legata, del sistema, un profilo sottilissimo collega l’im-
tramite fasce piatte delimitate da due profili posta con la cornice aggettante sopra le arcate,
sporgenti, al parapetto della finestra principale motivo già noto al Medioevo veneziano42. L’arco
(ill. 7, 20). Sopra la finestra la trabeazione spor- cuspidato culmina in un concio di chiave a glifi
ge in avanti, sottolineando lo slancio ascenden- (chiara allusione al dorico), sovrastato da un
te della campata finestrata. Il dettaglio architet- altro risalto aggettante. Solo dopo il 1520 Giu-
tonico è caratterizzato da una nitida chiarezza lio Romano, Peruzzi e Michelangelo avevano

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16. Restituzione schematica della porta terra, il profilo superiore del parapetto delle
ionica di palazzo Zen secondo il progetto finestre del primo piano, l’architrave della cor-
originario di Sebastiano Serlio.
nice principale vengono semplificate in profili
piatti e sobri, che garantiscono la continuità e
dai quali sporgono gli aggetti (ill. 12). Tanto la
gerarchia delle diverse facciate quanto la ridu-
zione delle cornici delle facciate secondarie a
nastri piatti erano state prefigurate nel palazzo
della Cancelleria e nei palazzi della cerchia di
Bramante, come il palazzo Ferratini di Amelia45,
un principio che anche Sansovino adotterà a
villa Garzoni46.
Le pareti mostrano numerose modifiche e
aggiunte posteriori, tra le quali il portale tusca-
nico sul campo dei Gesuiti, il cui vocabolario
grossolano denuncia chiaramente il suo inseri-
mento in un secondo momento47 (ill. 11). La fac-
ciata retrostante è la più austera, e le sue finestre
irregolari sembrano il risultato di interventi suc-
cominciato a usare forme antiche fuori contesto cessivi che hanno completamente cambiato il
come i triglifi e i chiodi nel fregio dorico – altro carattere originale (ill. 13). In nessun’altra parte
argomento importante per l’attribuzione a del palazzo le idee individuali dei singoli com-
un’artista con esperienze romane. Questo detta- mittenti hanno lasciato tante tracce.
glio così singolare avrà successo ancora nel Sei- I due portali dell’avancorpo centrale della
cento, come attestano le edicole di Bernini nella facciata principale (“B”, “C”) rivelano un eccel-
facciata occidentale di palazzo Barberini43. La lente conoscitore degli ordini vitruviani48 (ill.
mensola che pende discretamente dall’intradosso 14, 15, 18). Prima dell’aggiunta dei balconi, essi
dell’arco cuspidato di palazzo Zen è un altro det- seguivano la gerarchia della facciata: i due por-
taglio di grande originalità. Grazie alla doppia tali rappresentavano eleganti porte ioniche,
sporgenza della cornice, gli archi cuspidati si mentre quelle esterne erano più semplici (ill.
distinguono chiaramente dagli archi a tutto sesto 19). La loro forte differenziazione viene sotto-
incoronati da una cornice a semplice ghiera (ill. lineata dalle finestre della cantina: quelle che
17). Questo dettaglio, che da più risalto alle tria- fiancheggiano le porte ioniche sono aperte,
di finestrate delle sale, rivela l’architetto che quelle delle porte laterali invece murate. Grazie
cerca la coerenza strutturale: in un tale sistema a questo dettaglio, le campate arretrate si
gli archi corrispondono all’architrave, la chiave distinguono in modo ancora più spiccato da
triglifata rappresenta la cornice. quelle sporgenti.
Il dinamismo ascendente del piano nobile Nelle due porte ioniche, all’architrave a due
continua nel piano mezzanino, grazie ai parapet- fasce segue un alto fregio ornato da foglie (ill.
ti leggermente sporgenti – anche questo un 14, 15, 16): “modonati con folgie a ricurva di
motivo che risale a palazzi romani come la Can- eccellente scapello”49. Le due mensole arrivano
celleria e tiene conto della distanza crescente del fino al vano dell’apertura – altro elemento carat-
punto di vista. Come negli altri piani l’architrave teristico della porta ionica – e originariamente
aggetta sopra le piccole finestre del mezzanino44. reggevano la cornice che toccava l’architrave
Mensole snelle ed eleganti ornano il fregio del (ill. 16). La voluta superiore viene in buona
cornicione e sono accuratamente distribuite parte coperta da una foglia d’acanto e si riduce a
sugli spigoli dei risalti e sulla larghezza delle uno spessore sottilissimo prima di formare la
finestre, accentuando, ancora una volta, le linee voluta inferiore, sotto la quale esce un’altra car-
verticali. Il predominio del movimento verticale nosa foglia d’acanto (ill. 14). Questa forma si
a palazzo Zen si spiega con la tradizione locale riallaccia al modello antico della porta del tem-
veneziana, così spiccatamente diversa dalla pre- pio della Fortuna a Palestrina, come illustrata
dilezione degli architetti romani per un rapporto nel Quarto Libro di Serlio50. Le mensole ovvia-
equilibrato tra forze orizzontali e verticali, tra mente godevano di una grande ammirazione a
peso e sostegno. Venezia: “…molto lodate sono alcune mensole,
Nelle facciate laterali, che sono molto più sorreggenti i poggiuli, e gl’intagli delle porte; e
irregolari, il sistema è semplificato e abbreviato. si gli uni che gli altri prendosi di continuo a
Per rafforzare la campata angolare e armoniz- modello da chi studia l’ornato”51.
zarla con quella di facciata, la finestra è articola- Le mensole che reggono i balconi somigliano
ta come nel fronte principale (ill. 10, 20). Nelle ai modiglioni degli archi trionfali, anch’essi
altre campate la trabeazione tripartita del piano decorati da una foglia d’acanto, mentre un moti-

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17. Palazzo Zen, facciata principale,
portale laterale.

18. Palazzo Zen, dettaglio del portale


dell’avancorpo centrale.

19. Palazzo Zen, dettaglio del portale laterale.

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20. Palazzo Zen, finestra della facciata
occidentale (foto Vitale Zanchettin).

21. Palazzo Zen, dettaglio con elementi


gotici.

vo vegetale stilizzato accentua il loro profilo (ill. toretto avevano decorato l’esterno di palazzo
14)52. Anche le mensole che sostengono i davan- Zen56. Pietro Zen aveva deciso di affrescare la
zali delle finestre del piano terra sono disegnate parete con questi episodi della vita di Carlo Zen:
con grande cura: dalla semplice voluta escono “…sopra le mie case […] depenti tutti i fati
foglie astratte sovrapposte a scaglia (ill. 22, 23). notabili del quondam messer Carlo Zen, che
I parapetti di queste finestre erano ornati da fece per la Reppublica”57. Questo ciclo pittorico
bassorilievi; quello a sinistra della porta occi- era destinato a celebrare il prestigio della casa e
dentale del risalto centrale, ad esempio, mostra il suo ruolo politico importante. Tintoretto
due maschere a bocca aperta inserite in due file avrebbe dipinto “in un canto di sommità la figu-
di corone (ill. 23). I numerosi elementi scultorei ra di una donna distesa; e dopo qualche tempo
conferiscono vita e plasticità a questa facciata operò da se verso il campo la conversione di San
scarna e un po’ austera. Paolo, con molte figure, delle quali appena
Il dettaglio della balaustra dei poggioli è appariscono i vestigi”58. Altri affreschi dovevano
perfettamente adeguato all’articolazione della rappresentare Nettuno col tridente sopra un
facciata (ill. 14, 15). I quattro pilastrini sono Delfino, con lunga barba e scomposte chiome, e
rispondenti alle fasce dei parapetti delle finestre il Dio guerriero, e due ben coloriti Tritoni59.
e aggettano leggermente dai balconi. Come Ovviamente queste decorazioni si concentraro-
nelle fabbriche veneziane di Jacopo Sansovino, no sulla facciata orientale, già finita verso il
amico strettissimo di Serlio53, il centro dei 1540 e su quella occidentale, con le loro larghe
balaustri viene sottolineato da un dado creando superfici murarie, mentre la densa sequenza di
così un piacevole contrasto tra linee curve ed finestre della facciata principale, completata
elementi squadrati54. Anche gli ornamenti sotto solo verso il 1555, offriva poco spazio. Bassori-
le cornici e i balconi rivelano grande accuratez- lievi sotto la cornice del pianterreno, dove
za in ogni minimo dettaglio (ill. 18, 19). Rose accanto a torri o porte urbiche stanno carri,
circondate da un cerchio si alternano a cartocci cammelli e palmeti, alludono, con ogni probabi-
di forma talvolta ovale bombata, talvolta rettan- lità, alle missioni degli Zen nel Levante60.
golare oppure delineando i contorni di uno L’analisi delle diverse parti del palazzo per-
stemma. Grazie a Baldassarre Peruzzi, uno dei mette di confrontare la sua struttura con le scel-
primi a utilizzare i cartocci, Serlio ne aveva te prettamente architettoniche in esso realizza-
dimestichezza e li aveva sperimentati nel suo te, per cercare di distinguere con un certo mar-
Quarto Libro55. gine di probabilità le responsabilità dell’archi-
Secondo Ridolfi, Schiavone e il giovane Tin- tetto. In primo luogo la presenza di un piano

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22. Palazzo Zen, dettaglio di una mensola interrato, caratteristica del tutto eccezionale nel Appunti sulla cronologia
del pian terreno. panorama dell’edilizia veneziana per ovvi moti- Dato che il palazzo è il risultato di fasi successi-
23. Palazzo Zen, dettaglio di una mensola vi legati alla presenza dell’acqua, porta con sé ve che si conclusero non prima degli anni Ses-
del pian terreno. conseguenze del tutto inaspettate. La realizza- santa, è necessario chiarire in che modo e fino a
24. Palazzo Zen, dettaglio del portale zione di un livello posto a oltre ottanta centi- che punto esso sia riconducibile alla responsa-
orientale con le iniziali “PZ” (foto Vitale metri al di sotto dell’attuale quota della fonda- bilità di Serlio. Già prima del Cinquecento gli
Zanchettin). menta, consente di sovrapporre alle piccole Zen possedevano una residenza sulla fonda-
finestre inferiori quelle piú grandi del primo menta composta d’una “casa da statio” con cor-
piano abitabile sostenute da mensole. Si realiz- tile e orto. Può darsi che attorno al 1466 fosse
za in questo modo un accostamento diffuso nel- stato attuato qualche intervento61, ma solo nel
l’edilizia romana sin dalla fine del Quattrocen- 1509 Pietro di Caterino l’aveva ampliata, acqui-
to, ma formulato con chiarezza esemplare in stando un paio di case contigue e cominciando
palazzo Farnese. forse già un progetto di rifacimento. I primi
Sia nella sua opera architettonica che nei lavori sono però documentati soltanto vent’an-
trattati Serlio si sofferma sull’opportunità di ni più tardi. Nel 1533 furono preparati gli
realizzare un piano inferiore di aerazione, interventi per rinnovare la parte orientale della
riprendendo in questo raccomandazioni già facciata: “misure tolte il la contrà de Santo
espresse da Alberti. Apostolo sula fondamenta di S. Cattarina dove
Al di sopra di questi due livelli inferiori sono intende far de novo, el Magnifico S. Pietro Zen
costruiti il piano nobile e un mezzanino, cosic- parte de una faza dela sua caxa”62. Questi primi
ché il palazzo si presenta con un’altezza limitata lavori coincidono con il ritorno di Pietro Zen
se confrontata con il suo sviluppo orizzontale. dalla fortunata missione degli anni 1531-33
Tale altezza è contenuta anche se confrontiamo come oratore veneziano alla corte ottomana di
il palazzo con il contesto all’interno del quale Costantinopoli63. Questo successo aumentò
esso è inserito: sul lato opposto del canale oltre considerevolmente il prestigio e l’orgoglio della
il ponte le case della confraternita della Miseri- famiglia: Pietro divenne oggetto della stima
cordia, costruite intorno al 1494, raggiungevano personale del grande Solimano come risulta da
già un’altezza notevolmente superiore. una famosa lettera64.

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25. Palazzo Zen, serliana del portego
orientale (foto Vitale Zanchettin).

26. Palazzo Zen, serliana nel cortiletto


della casa orientale (foto Vitale Zanchettin).

I lavori iniziarono all’estremità orientale nella parte posteriore del terreno verso la corte
della fabbrica, all’angolo tra l’attuale campo dei delle Candele e a ovest verso un altro orto e il
Gesuiti e le fondamenta di Santa Caterina “A” futuro campiello Sant’Antonio (ill. 1, 2). Infatti,
(ill. 5). La veduta prospettica di Jacopo de’ Bar- soltanto dopo il 1537 queste casette d’affitto
bari del 1500 mostra una casa alta e compatta, situate a ridosso dell’edificio occidentale furono
rivolta verso il futuro campo dei Gesuiti (ill. 1). abbattute fino alle fondazioni, per installare sul
Verso le fondamenta e il canale l’edificio si terreno i laboratori dei lapicidi e dei carpentie-
estende in un’area bassa e recintata, forse un ri68. La data “1534” nel secondo portale orienta-
giardino. La parte occidentale del terreno è le (“B”), con l’accenno all’undicesimo anno del
occupata da case di dimensioni diverse e più dogado Gritti – “anno XI D A G” –69, fa però
distanti dal rio Santa Caterina. Dalle misurazio- capire che la parte orientale della fabbrica, a
ni del 1533 risulta che la casa orientale corri- questa data, era arrivata almeno fino a questa
spondeva a una larghezza di 4 passi e cioè di campata (ill. 7, 8, 14, 15). E se Pietro nella sua
circa 6,95 metri: “…et prima mexurando ala denuncia dei beni patrimoniali, dice di abitare a
banda verso Santa Cattarina al canton resta in palazzo Zen, deve aver vissuto sempre nella vec-
pie fo trovada larga dicta fondamenta sopra chia casa: “Casa una de statio dove io habito,
canal passa do, quarte tre de pe men mexo dido; posta in la contrà de Sancto Apostolo sopra le
ittem mexurando da l’altro canton verso el fondamenta de Crosechieri”70.
ponte trovando la mexura stessa lontan dala Abbiamo già rammentato che originaria-
prima pasa 4 fo trovada larga dicta fondamenta mente era prevista una suddivisione interna del
passa do quarte 3 de pe men mezo dedo”65. Dato palazzo in quattro abitazioni destinate al capofa-
che le fondamenta erano perfettamente dritte e miglia e ai suoi figli71 e che la morte di France-
corrispondevano già allora a un po’ meno di due sco, avvenuta il 13 agosto del 1538, pochi gior-
passi e di piede (= 3,70 metri ca)66, già prima del ni dopo la stesura del testamento72, aveva provo-
1533 sembra che Pietro abbia ampliato la sua cato un cambiamento nella ripartizione delle
casa verso il rio. In ogni caso l’allineamento abitazioni previste per i tre eredi rimasti. Altri
della facciata laterale di questa casa vecchia indizi sulla cronologia sono forniti dai balconi,
costituirà un fattore determinante per quello ovviamente aggiunti in un secondo momento,
della facciata del nuovo palazzo. come risulta dall’attacco e dai loro dettagli.
Altre case d’affitto, menzionate da Pietro Mentre il secondo portale a est porta la data
Zen nella sua denuncia dei beni patrimoniali e “1534” (“B”), il pilastrino sinistro del suo balco-
dei redditi del 153767, dovevano essere situate ne reca quella dell’anno “1548”: l’intervallo sor-

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27. Sebastiano Serlio, progetto dal Settimo per poter più commodamente goder delle acque
Libro. de’canali, & il fresco che di continuo se sente in
quelle: perche per lo più le case loro hanno le
facciate sopra i detti canali, & anco per li trion-
fi, & feste navali, che spesse volte si fanno in
questa felicißima città, prestano gran commo-
dità al vedere, & rappresentano ornamento
grande in eße fabriche; & sono nondimeno cose
vitiose, fuor della utilità delle fabriche, & fuor
dell’ornamento: perche ponendole fuori quasi
come in aria, non hanno altro sostegno che le
mensole: & perche ancora quella cosa che non
ha il suo posamento stabile, nuoce alla mura, si
come previdero gli antichi, che non sporsero
mai fuori d’esse sporto alcuno, se non cornice
sostenuta da’lor membri, o dalle mensole…”74.
Secondo questa ipotesi, Serlio, quando in segui-
to dovette piegarsi alla tradizione veneziana,
inserì i balconi in modo così ingegnoso e tetto-
nico, che solo l’occhio esperto si accorge della
modifica posteriore.
La decisione di aggiungere balconi deve
essere stata presa prima della morte di Pietro
Zen nel 1539, dato che nel balcone della sua
casa (“A”) sono incise le sue iniziali “PZ” (ill.
prendente di 14 anni tra porta e balcone si spie- 24). Il capofamiglia, che si avviava agli
ga solo con l’aggiunta posteriore del poggiolo ottant’anni75, deve aver dato priorità al compi-
(ill. 14, 15). Quest’ultimo doveva essere accorda- mento della sua abitazione, alla quale era affe-
to sia con il parapetto delle finestre del piano zionato e della cui ristrutturazione voleva gode-
nobile sia con la trabeazione del piano terra. Le re. Nel 1539 alcune campate della parte orien-
due mensole, che corrispondono al fregio e tale del palazzo devono essere state visibili e il
anche al partito dell’architrave, sono collegate al loro effetto estetico evidente, se i committenti si
sistema della porta sottostante. Proprio questo sentirono spinti a chiedere l’inserimento dei
collegamento deve essere stato difficile, in quan- quattro balconi per animare la lunga facciata e
to la porta originale, a quanto pare, era ionica e per trarre sollievo dalla calura estiva. Nonostan-
le sue due mensole reggevano una cornice che te i lavori molto avanzati in questa parte del
finiva direttamente sotto l’architrave (ill. 16)73. palazzo, il secondo portale (“B”) del 1534 rima-
L’architetto, per creare una transizione tecnica- se senza balcone fino a 1548.
mente ed esteticamente convincente tra la porta La trasformazione dell’organizzazione inter-
e il balcone, inserì, al livello del fregio, due altre na nel 1538 probabilmente non era ancora
mensole sulle quali appoggia il balcone (ill. 14, cominciata, se Pietro nel suo testamento del 31
15). Tale artificio è attribuibile solo a un archi- agosto 1538, e cioè poco dopo la morte di Fran-
tetto di grande dimestichezza con le regole cesco, raccomandò agli eredi di rivolgersi a Ser-
vitruviane e con il vocabolario classico. Il colle- lio per la distribuzione degli ambienti e la loro
gamento delle porte laterali ai balconi, invece, decorazione76. Forse dopo la morte dei due pro-
era più semplice in quanto esse originariamente tagonisti, Francesco e Pietro, i lavori rallentaro-
erano sprovviste di sontuose volute (ill. 17, 19). no. Per finire il palazzo ci vorranno ancora quasi
I loro poggioli sono più larghi e vengono soste- vent’anni se possiamo fidarci delle parole di
nuti da quattro mensole inserite direttamente maestro Salvatore, anch’egli impegnato nella
nelle cornici delle finestre. fabbrica e testimone nel 1566: “puol esser da 14
Gli Zen, in un primo momento, avevano anni in circa che la casa Zen è fabbricata”77.
rinunciato ai balconi, e cioè a un elemento tipi- Serlio avrebbe potuto quindi dirigere il can-
co della città. Probabilmente questa scelta era tiere dall’inizio dei lavori fino alla primavera del
stata suggerita da Serlio, che critica, in un com- 1541, allorché partí per la Francia. In più di sette
mento molto lungo del Quarto Libro, l’uso di anni egli sarebbe stato in grado di elaborare il
poggioli nell’architettura veneziana per motivi progetto, e costruire più o meno la metà del
estetici e tettonici: “…ma perché in cotali fac- palazzo. L’articolazione della facciata e del detta-
ciate si dilettano i Venetiani d’alcuni poggiuli, glio architettonico rivelano infatti fino a che
che sportano in fuori delle finestre, i quale in punto l’intervento di Serlio sia stato determinan-
questa città si chiamano pergoli, & questo fanno te per l’aspetto dell’edificio.

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28. Pesaro, villa Imperiale.

Palazzo Zen e l’opera di Serlio Ma quale può essere stato il ruolo di France-
Sembra quindi che Palazzo Zen sia opera di sco Zen in questa progettazione? Il committente
Sebastiano Serlio. Solo un architetto provvisto deve aver avuto idee chiare sulla ripartizione
di un ampio orizzonte culturale poteva amalga- interna del palazzo e determinato il sistema di
mare tradizioni e forme così diverse, poteva quattro case a schiera. Per quanto riguarda il rifa-
armonizzare e sistematizzare strutture preesi- cimento della facciata, al quale si riferisce il testa-
stenti e trasformarle in un organismo omoge- mento di Pietro, a Francesco risalgono probabil-
neo – un’esperienza che si riflette ancora nel mente soltanto i motivi legati all’identità della
Settimo Libro. Con una sensibilità notevole, ma famiglia e alle sue preferenze estetiche, e cioè l’ar-
anche con grande disinvoltura, egli riuscì a co cuspidato che doveva sottolineare le antiche
unire elementi veneziani con temi e principî origini familiari veneziane e forse anche le espe-
innovativi dei grandi centri artistici. Nell’inter- rienze gloriose nel Levante78. L’architettura seve-
vento confluiscono esperienze romane, forme ra delle facciate e il rifiuto di ogni magnificenza
fiorentine, elementi vitruviani, quali la porta riflettono le idee di Nicolò Zen su un’edilizia
ionica e invenzioni come la strutturazione compatibile con la libertas Reipublicae79. L’amalga-
gerarchica della facciata con la parte centrale ma di tutte queste scelte e la coerenza del sistema
che funge da elemento focale. Anche la tenden- tettonico ed estetico non sono però attribuibili a
za a collegare tutti i membri architettonici con un committente, per quanto colto e preparato.
fasce e cornici in un sistema verticalmente e Un brevissimo intervallo separa Palazzo Zen
orizzontalmente coerente è tipico dell’architet- dalle opere francesi di Serlio. Confrontando gli
tura d’avanguardia dopo il 1520 e risale a proto- edifici, si nota una metamorfosi importante e
tipi come villa Madama e villa Turini-Lante. solo il rilievo sottilissimo della parete o elemen-
Palazzo Zen colpisce quindi meno per la sua ti astratti come i nastri nudi delle facciate latera-
originalità, che non per la capacità di integrare li ricordano la sua opera d’oltralpe80. Dopo la sua
e di omogeneizzare un vocabolario in parte ete- partenza da Venezia questo dinamismo verticale
rogeneo, ma di alta qualità architettonica. sarebbe stato stranamente sostituito da una pre-
L’unico architetto allora attivo a Venezia che valenza delle sottolineature orizzontali – forse
disponesse di un vocabolario così ampio e di una leggibile come esplicita reazione al verticalismo
compentenza tale da declinare all’antica forme francese. Tuttavia anche in Francia Serlio rima-
moderne era Jacopo Sansovino. Tuttavia la sua se fedele a se stesso: e anche lì il suo linguaggio
architettura appare lontana dalle variazioni sotti- stupisce meno per la sua forza inventiva o la sua
lissime che si sono notate nella liscia facciata di espressività monumentale, che non per il gioco
Palazzo Zen. Proprio la rivalità con un tale genio delicatissimo delle luci e delle ombre, per la sua
deve aver acceso tutte le energie creative di Serlio, capacità di fondere insieme tradizioni eteroge-
il quale poco dopo, in Francia avrebbe dovuto nee e per la sua sensibilità nel controllare il siste-
accontentarsi di progetti molto più tradizionali. ma fino al minimo dettaglio.

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Ringrazio Renata Codello per la sua assi- Architettura Andrea Palladio” [d’ora in 30. Non condivido l’opinione di Concina 51. Fontana, Cento Palazzi…, cit. [cfr.
stenza amichevole durante le mie ricer- poi “BCISA”], XI, 1969, pp. 361, 368 secondo il quale tutte le finestre furono nota 2], p. 220.
che a palazzo Zen e Claudia Conforti e originariamente aperte (Concina, Dell’a-
Annarosa Fusco Cerrutti per la redazio- 15. M. Tafuri, Venezia e il Rinascimento, rabico…, cit. [cfr. nota 1], pp. 19 s.). 52. Tutte le opere d’Architettura..., cit. [cfr.
ne di questo testo. Ringrazio inoltre Torino 1985; Concina, Fra Oriente e Occi- nota 41], Terzo Libro, f. 109.
Vitale Zanchettin per i suggerimenti dente…, cit. [cfr. nota 1], pp. 267, 277; Id., 31. Si tratta di una caratteristica peculia-
preziosi e la rilettura critica di questo Dell’arabico…, cit. [cfr. nota 1], pp. 18 ss.; re della tipologia del palazzo veneziano 53. S. Frommel, Sebastiano Serlio…, cit.
articolo. cfr. Cfr. G.C. Argan, Sebastiano Serlio, in (ibid., p. 20). [cfr. nota 10], p. 16.
“L’Arte”, XXXV, 1932, pp. 183-199; W.
1. La storia del “capitano da mar” della Wolters, Sebastiano Serlio e il suo contribu- 32. Cfr. Concina, Fra Oriente e Occiden- 54. Ad esempio alla Libreria Marciana,
guerra di Chioggia, ‘‘padre e liberator to alla villa veneziana prima di Palladio, in te…, cit. [cfr. nota 1], p. 268. cfr. Morresi, Jacopo Sansovino…, cit. [cfr.
della Patria’’, grecista nella vecchiaia, ha “BCISA”, XI, 1969, pp. 83 s. nota 46], p. 194s.
un ruolo centrale nell’ideologia umanisti- 33. C.L. Frommel, Der römische Palast-
ca di Venezia come ‘‘altera Roma’’. Nel 16. Archivio di Stato di Venezia [d’ora in bau…, cit. [cfr. nota 27], III, 3, tavv. 161a, 55. Serlio sperimentava queste forme sul
Cinquecento Carlo viene celebrato, poi ASV], Notarile A. Marsilio. Testamen- 162a. foglio dedicato agli armi (f. 200r); cfr. S.
richiamando “i tratti distintivi della fami- ti, b. 1213, n. 0889: “Laus Deo, 1538, a Frommel, Sebastiano Serlio…, cit. [cfr.
glia”, per l’origine romana, per il ruolo di’ ultimo avosto in Venezia” (F. Luc- 34. Ibid., 3, tav. 125. nota 10], p. 164.
svolto a sostegno dell’impero, per i lega- chetta, L’“affare Zen” in Levante nel primo
mi di stirpe con le famiglie imperiali di Cinquecento, in “Studi Veneziani”, 10, 35. S. Frommel, Sebastiano Serlio…, cit. 56. C. Ridolfi, Le maraviglie dell’arte,
Trebisonda e di Persia (E. Concina, Fra 1968, pp. 215 ss.; Olivato, Per il Serlio…, [cfr. nota 10], p. 14. Venezia 1648, II, pp. 15-16; L. Foscari,
Oriente e Occidente: gli Zen, un palazzo e il cit. [cfr. nota 8], p. 286). Affreschi esterni a Venezia, Milano 1936,
mito di Trebisonda, in M. Tafuri, “Renova- 36. Ibid., p. 22. p. 67; R. Pallucchini, La giovinezza del
tio Urbis”. Venezia nell’età di Andrea Gritti 17. S. Frommel, Lorenzo de’ Medici e Tintoretto, Milano 1950, p. 83.
(1523-1538), Roma 1984, p. 272; Id., Giuliano da Sangallo: due disegni del codice 37. Come ad esempio le facciate del
Dell’arabico a Venezia tra Rinascimento e barberiniano in Il principe architetto, atti castello di Ancy-le-Franc e del Grand 57. Per il testamento di Pietro Zen dell’8
Oriente, Venezia 1994, pp. 24 ss.; W. del convegno organizzato dal Centro Ferrare, ibid., pp. 125-170. agosto 1538, si veda la nota 16; cfr. Con-
Wolters, Architektur und Ornament, Leon Battista Alberti (Mantova ottobre cina, Dell’arabico…, cit. [cfr. nota 1], pp.
München 2000, p. 40). 2000), in corso di stampa. 38. C.L. Frommel, Der römische Palast- 24 s.
bau…, cit. [cfr. nota 27], vol. 3, tav. 7a.
2. G.J. Fontana, Cento Palazzi di Venezia, 18. F. Sansovino, Venetia città nobilissima, 58. Ridolfi, Le maraviglie…, cit. [cfr. nota
Venezia 1934, p. 220 Venezia 1663, p. 386. 39. Studio della porta tra sala di lettura e 70].
ricetto della biblioteca Laurenziana, Casa
3. Concina, Fra Oriente e Occidente…, cit. 19. Le fondamenta sono anche rappre- Buonarroti A 111, c. 555r (G.C. Argan, 59. Ibid.. (G. Fontana, Venezia Monumen-
[cfr. nota 1], pp. 274 ss.; Id., Dell’arabico…, sentate in un disegno cinquecentesco B. Contardi, Michelangelo architetto, tale. I Palazzi, nuova edizione, Venezia
cit. [cfr. nota 1], pp. 77 ss. allegato al fascicolo processuale in Milano 1990, p. 195). 1967, p. 240).
Biblioteca Civico Museo Correr (d’ora
4. Concina, Fra Oriente e Occidente…, cit. in poi BCMC), Mss. P.D.c 1004/95. 40. R. Krautheimer, T. Krautheimer- 60. Concina, Dell’arabico…, cit. [cfr. nota
[cfr. nota 1], pp. 271; Id., Dell’arabico…, Hess, Lorenzo Ghiberti, Princeton-New 1], ill. 9, 10.
cit. [cfr. nota 1], pp. 19 ss.; Id., Storia del- 20. Ovviamente fu rispettato questo York 1982, p. 261, ill. 93.
l’architettura di Venezia dal VII al XX seco- primo disegno come lascia intendere 61. Concina, Fra Oriente e Occidente…,
lo, Milano 1995, pp. 208 ss. anche il testamento di Pietro. 41. Tutte le opere d’Architettura et prospet- cit. [cfr. nota 1], p. 266.
tiva di Sebastiano Serlio Bolognese ... diviso
5. Sebastiano Serlio, Sesto Libro, Ms New 21. Si veda nota 19. in sette libri da M. Gio. Domenico Scamozzi 62. ASV, Giudici del Piovego, b. 24/2, c.
York, f. LIV (cfr. Sebastiano Serlio, On Vicentino, Venezia 1600, Terzo Libro, f. 35r (Concina, Fra Oriente e Occidente…,
domestic Architecture, testo a cura di M.N. 22. BCMC, Mss. P.D.c 1004/95, 134, testi- 55r. cit. [cfr. nota 1], p. 267).
Rosenfeld, introduzione di J.S. Acker- monianza del 9 dicembre 1566 (cit. da
man, New York 1978). Concina, Fra Oriente e Occidente…, cit. 42. L’articolazione dello slancio verticale 63. Concina, Fra Oriente e Occidente…,
[cfr. nota 1], p. 285). Concina (ivi, p. 267) tramite un collegamento tra l’imposta cit. [cfr. nota 1], p. 274, nota 52 (riporta-
6. Cfr. Concina, Fra Oriente e Occiden- suppone che il progetto originario preve- dell’arco e della cornice soprastante è un to da Sanudo, I Diarii, cit. [cfr. nota 7],
te…, cit. [cfr. nota 1], p. 267; Id., Dell’a- desse quatto linee di discendenza del capo- elemento tipico del palazzo veneziano LV, coll.182-183, 22 agosto 1538).
rabico…, cit. [cfr. nota 1], pp. 18 ss. stipite, e cioè le famiglie di Vincenzo, Gio- dal Quattrocento in poi.
van Battista, Francesco e Caterino il gio- 64. Concina, Dell’arabico…, cit. [cfr. nota
7. Marino Sanudo, I Diarii, 58 voll., vane. Gli emblemi del primo portale 43. C.L. Frommel, S. Frommel, Bernini 1], p. 274.
Venezia 1879-1902, XXV, col. 385, lette- orientale e il disegno cinquecentesco e la tradizione classica, in M.G. Bernardi-
ra da Costantinopoli di Pietro Zen del 23 fanno però capire che Pietro fece parte ni, M. Fagiolo dell’Arco (a cura di), 65. ASV, Giudici del Piovego, b. 24/2, c.
luglio 1523; ivi, XXV, coll. 257-260: degli abitanti del palazzo. Gian Lorenzo Bernini, Roma 1999, p. 35r.
“Sommario di quanto intesi da sier Fran- 123.
cesco Zen di Sier Pietro […] venuto da 23. Secondo il disegno cinquecenteso la 66. Un passo corrisponde a 1,738674 m e
Costantinopoli per tera” (cfr. Concina, casa di Vincenzo corrispondeva a due 44. Nella metà occidentale, queste fine- consiste in 5 piedi e 0,347735 m (A. Mar-
Fra Oriente e Occidente…, cit. [cfr. nota unità facilmente riconoscibili tramite le stre sono state ingrandite. tini, Manuale di metrologia, Roma 1876,
1], p. 270). due porte. p. 817).
45. C.L. Frommel, Der römische Palast-
8. Fontana, Cento Palazzi…, cit. [cfr. nota 24. Serlio, Sesto Libro, cit. [cfr. nota 5], f. bau…, cit. [cfr. nota 27], III, 3, tav. 168a. 67. ASV, X Savi sopra le decime, Redecima
2], p. 219; L. Olivato, Per il Serlio a Vene- LIV. 1537, Condizion Canareggio 496, b. 97
zia: documenti nuovi e documenti rivisitati, 46. M. Morresi, Jacopo Sansovino architet- (Lucchetta, L’“affare Zen”…, cit. [cfr.
in “Arte Veneta”, 25, 1971, p. 286. 25. Lo scalone della casa occidentale è to, Milano 2000, pp. 240 ss. nota 16], pp. 115 e 211 ss.); Cfr. Conci-
del Cinquecento, quello della casa orien- na, Fra Oriente e Occidente…, cit. [cfr.
9. Concina, Fra Oriente e Occidente…, cit. tale risulta completamente modificato. 47. Tra la trabeazione del portale e i nota 1], pp. 267, 285, nota 8.
[cfr. nota 1], p. 280. nastri che comunicano con le finestre si
26. Concina, Fra Oriente e Occidente…, notano delle irregolarità. 68. Le maestranze addette ai lavori atte-
10. S. Frommel, Sebastiano Serlio architet- cit. [cfr. nota 1], p. 268. stano questo fatto. La “condizione di
to, Milano1998, p. 15. 48. C.L. Frommel, La porta ionica nel decima” di Pietro Zen cita ancora come
27. C.L. Frommel, Der römische Palast- Rinascimento, in Studi in onore di Renato esistenti la casa con tre casette d’affitto
11. Ibid., pp. 15 ss. bau der Hochrenaissance, Tübingen 1973, Cevese, a cura di G. Beltramini, A. Ghi- già appartenuta a una famiglia Uberti,
3, tav. 110a, b, 113. setti Giavarina e P. Marini, Vicenza oggetto dell’acquisto del 1509; le altre
12. Concina, Fra Oriente e Occidente…, 2000, pp. 251-292, in particolare pp. informazioni provengono dalle testimo-
cit. [cfr. nota 1], p. 272. 28. Sebastiano Serlio, Settimo Libro, f. 187. 268-276. nianze di Giovanni Antonio de Nasis del
9 gennaio 1566 (m.v. = 1567) e di mae-
13. Ibid., p. 270. 29. Una delle arcate è nascosta dietro 49. Fontana, Cento Palazzi…, cit. [cfr. stro Antonio di Gaspare, lapicida, del 29
una parete integrata ulterioremente per nota 2], p. 221. gennaio 1566 (m.v. = 1567), BCMC, Mss.
14. L. Kolb, Portfolio for the villa Priuli: creare una transizione tra il pianerottolo P.D.c 1004/95, 139 e 143 (Concina, Fra
dates, documents and designs, in “Bollettino e l’appartamento. La decorazione sem- 50. Tutte le opere d’Architettura..., cit. [cfr. Oriente e Occidente…, cit. [cfr. nota 1], p.
del Centro Internazionale di Studi di bra risalire alla fine del Cinquecento. nota 41], Quarto Libro, f. 173r. 285).

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69. Si tratta di una circostanza del tutto
inconsueta per un edificio privato, che si
spiega con il fatto che Francesco fu per
gran tempo legato al doge Andrea Gritti,
cfr. Concina, Fra Oriente e Occidente…,
cit. [cfr. nota 1], pp. 265 e 276.

70. ASV, X Savi sopra le decime, Redecima


1537 (si veda supra nota 20); Lucchetta,
L’“affare Zen”…, cit. [cfr. nota 16], p.
211.

71. Concina, Fra Oriente e Occidente…,


cit. [cfr. nota 1], p. 267; una pianta del
palazzo è stata publicata da G. Cristinel-
li, Cannaregio un sestiere di Venezia. La
forma urbana, l’assetto edilizio, le architet-
ture, Roma s.d. (le ricerche sono state
attuate tra il 1975 e il 1979).

72. Olivato, Per il Serlio…, cit. [cfr. nota


8], pp. 290 s.

73. C.L. Frommel, La porta ionica…, cit.


[cfr. nota 48], pp. 251 ss.

74. Tutte le opere d’Architettura…, cit. [cfr.


nota 41], Quarto Libro, f. 155v.

75. Pietro era nato verso il 1458 e morirà


in Bosnia quasi ottantaquatrenne, nel
1539, durante un’ultima missione per
conto della Repubblica presso il Gran
Turco. Lo stesso incarico verrà affidato
dieci anni dopo al figlio Caterino il gio-
vane. Cfr. Luchetta, L’“affare Zen”…, cit.
[cfr. nota 16], p. 109, e Concina, Fra
Oriente e Occidente…, cit. [cfr. nota 1], p.
274.

76. Per il testamento di Pietro Zen si


veda nota 16; cfr. Concina, Fra Oriente e
Occidente…, cit. [cfr. nota 1], p. 267.

77. BCMC, Mss. P.D.c 1004/95, 133,


testimonianza del 5 dicembre 1566
(Concina, Fra Oriente e Occidente…, cit.
[cfr. nota 1], p. 285).

78. Si veda Concina, Fra Oriente e Occi-


dente…, cit. [cfr. nota 1], pp. 268 ss.; Id.,
Dell’arabico…, cit. [cfr. nota 1], pp. 21 ss.,
84 ss.

79. Concina, Fra Oriente e Occidente…,


cit. [cfr. nota 1], p. 281.

80. I nastri nudi ricordano la facciata


posteriore del Pavillon de l’Officialité a
Auxerre (S. Frommel, Sebastiano Serlio…,
cit, [cfr. nota 10], p. 328).

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