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Leopold Infeld

LEOPOLD INFELD

TREDICI ORE PER L'IMMORTALITA'


La vita del matematico Galois

Leopold Infeld Tredici ore per l'immortalit


La vita del matematico Galois Muor giovane colui che al cielo caro. Menandro A quell'epoca, Evariste Galois aveva appena ventitr o ventiquattr'anni; era uno dei pi fieri repubblicani. Alessandro Dumas padre In Francia, verso il 1830, apparve nel firmamento della matematica pura un nuovo astro di incomparabile splendore. Evariste Galois. Felix Klein

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INDICE
Ai miei lettori Pag. 7

CAPITOLO I

Re e matematici
1. 2.
1811 ...... 1812 1823 ....... Pag. 9 14

CAPITOLO II

La ribellione al Louis - le Grand


1. 2. 3. 4.
Domenica 23 gennaio 1824 Marted 27 gennaio 1824 ... Mercoled 28 gennaio 1824 ....... Settembre 1824 .. Pag. 21 26 35 37

CAPITOLO III

Sono un matematico
1. 2. 3. 4. 5. 6. 7.
29 maggio 1825 . 1825 - 1827 ... Febbraio 1827 ................................................... 1827 ....... 1828 ....... 1829 ....... 1828 - 1829 .... Pag. 39 41 43 45 53 61 64

CAPITOLO IV

Persecuzione
1.
2 luglio 1829 .. Pag. 65

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2. 3.

5 luglio 1829 .. 1829 ...

68 71

CAPITOLO V

Lanno della rivoluzione


1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11.
1830 ... Domenica 25 luglio 1830 .. Luned 26 luglio 1830 ... Il glorioso marted 27 luglio 1830 . Il glorioso mercoled 28 luglio 1830 . Il glorioso gioved 29 luglio 1830 . 30 luglio 1830 31 luglio 1830 1830 ... 17 settembre 1830 . Dicembre 1830 .. Pag. 79 83 86 87 90 95 103 106 109 112 116

CAPITOLO VI

A Luigi Filippo
1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 4
Marted 21 dicembre 1830 .... 13 gennaio 1831 ................................ 16 gennaio 1831 .... 14 febbraio 1832 ........ Marzo 1831 ... 15 aprile 1831 Luned 9 maggio 1831 ... 10 maggio 1831 . Maggio 1831 . Pag. 121 127 130 131 134 136 139 142 145

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10. 11.

Mercoled 15 giugno 1831 1831 ..

148 155

CAPITOLO VII

Sainte Plagie
1. 2. 3. 4. 5. 6.
14 luglio 1831 .... 15 luglio 1831 .... 25 luglio 1831 .... 2 agosto 1831 .... 1831 ... 1832 ... Pag. 159 161 164 167 173 182

CAPITOLO VIII

La libert riconquistata
1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8.
Marzo 1832 ... Aprile 1832 ... Maggio 1832 . 25 maggio 1832 . Marted 29 maggio 1832 ... Mercoled 30 maggio 1832 ... Gioved 31 maggio 1832 ... 13 giugno 1909 ..... Appendice ...... Bibliografia ...... Pag. 187 195 198 208 210 220 227 229 229 239

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Questa la storia di Evariste Galois, il grande matematico francese, che, vittima di una mostruosa macchinazione, cadde ucciso in duello il 31 maggio 1832. La notte che precedette la fatale sfida Galois la consum vergando 16 pagine di equazioni algebriche, frutto di anni di meditazione scientifica che egli giovanissimo aveva condotto attorno alle pi ardue questioni matematiche e che non aveva ancora affidato a una formulazione precisa e definitiva. Al ventenne scienziato, l'assurdo duello cui venne costretto non apparve l'inganno fatale che era, tramato per stroncare con la sua giovane vita la sua coraggiosa fede repubblicana, ma solo una sporca storia di donne: eppure quell'accanimento nel voler dare voce, sulla soglia della morte, a ci che il suo poderoso genio aveva idealmente creato, ha il significato di un doloroso presentimento, che rende, se possibile, ancor pi drammatiche le sue ultime ore. Vissuto dopo il crollo napoleonico, nei torbidi anni della Restaurazione e poi della monarchia di luglio, Evariste Galois veramente un figlio dell'epoca: dalla prima giovinezza, quando allievo del Collegio Louis-le-Grand venne espulso per il suo ardore repubblicano, sino alle giornate rivoluzionarie del 1830, dalle prime delusioni scolastiche ai violenti contrasti accademici, dall'arresto al duro carcere scontato a Sainte-Plagie e infine all'ultima veglia e all'uccisione, la sua vita intessuta di tormenti esasperati e di ideali sublimi, di persecuzioni perverse e di rivolte generose. Una figura dunque, quella di Galois, tipicamente romantica che aveva gi tentato nel passato diversi biografi, e che ora viene presentata, alla luce di recenti ricerche di archivio e di una nuova, originale interpretazione, da Leopold Infeld, il matematico polacco noto anche in Italia per la stretta collaborazione con Einstein (da cui usc, fra l'altro, il volume Evoluzione della fisica e la biografia del grande scienziato) e per le doti di brillante scrittore e di insuperabile volgarizzatore scientifico.

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Ai miei lettori Fu in una piccola, ma famosa sede di universit americana, subito dopo la caduta della Francia; sedevo coi miei amici, e cercavamo di alleviare la tristezza bevendo moderatamente, e ripetendo con variazioni semantiche i titoli dei giornali e gli slogan churchilliani. Il senso dei nostri discorsi, anche se espresso con parole pi modeste, era che "la libert non poteva morire nel paese in cui era nata, "ovvero, che "la Francia era stata tradita," o ancora, che" la Francia, come la Fenice, sarebbe risorta dalle sue stesse ceneri, "per quanto, se qualcuno avesse posto la cosa in quei termini precisi, ne saremmo rimasti piuttosto turbati. Poi parlammo degli scienziati francesi e del loro destino. Io feci il nome di Galois. Uno dei miei amici, uno scrittore, mi chiese chi fosse Galois. Gli raccontai la vita di Galois, ed egli disse: "E' una storia magnifica. Devi scriverla. Scrivi un libro su Galois. "Replicai che c'era la guerra e che ero molto occupato. Ma il mio amico ebbe una risposta anche per questo. "Se sei molto occupato, hai bisogno di un po' di svago. Il solo modo di trovar piacere nello scrivere, di farlo per svago. "Ribattei che c'era troppo poco materiale informativo, e che molti lati della vita di Galois erano rimasti oscuri. L'entusiasmo del mio amico aument: "Magnifico. Cos nessun maledetto pedante potr rinfacciarti d'aver sbagliato. Potrai sbizzarrirti a inventare." Tornai a pensarci, pi tardi, mentre mi cercavo qualcosa da leggere per il week-end nella biblioteca della nostra Universit. Andai a cercare Galois nello schedario, e sotto quel nome trovai elencato il saggio di Dupuy, sempre citato dovunque si parli della vita di Galois, e il saggio di Bertrand, scritto sei anni pi tardi; un saggio che contiene informazioni inedite, ma che, strano a dirsi, non ho mai visto utilizzato, n citato. Poi trovai in biblioteca un'opera in due volumi sul Louis-le-Grand, la scuola in cui Galois aveva studiato. Mi portai a casa quei libri, pi L'Histoire de Dix Ans di Louis Blanc, e le Mmoires di Dumas. Nei week-end che seguirono, mi accadde qualcosa che quasi impossibile spiegare a chi non ne ha mai fatta l'esperienza, ma che sembra naturale a chiunque l'abbia provata. Mi innamorai della Francia del XIX secolo. Negli anni della guerra, il pensiero della Francia e di Galois era stato per me e per mia moglie una necessaria evasione, in tempi di paura, di dubbi, di avversit. Impiegai tutto il mio tempo libero a documentarmi sulla vita di Galois e sulla sua epoca. Due, infatti, sono i protagonisti della storia di Galois, ed entrambi ugualmente importanti: Galois e il popolo francese. Dopo aver letto tutte le fonti disponibili nelle fornitissime biblioteche di questo continente, seppi dal professor Synge, che l'aveva saputo dal professor Courant, che William Marshall Bullit di Louisville, nel Kentucky, aveva raccolto per anni fotocopie di tutti i documenti riguardanti Galois, e aveva in biblioteca tutto quanto era stato scritto su Galois. Bullit mise gentilmente a mia disposizione il suo tempo e le sue raccolte. E' vero che i documenti posseduti da Bullit non aggiungono elementi importanti alla storia di Galois, ma mi gradito pensare che ho letto tutto ci che c'era da leggere sull'argomento. Non si pu escludere, naturalmente, che altre memorie dell'epoca, non ancora scoperte o non pubblicate, possano far pi luce sulla vita di Galois, ma io ne dubito.
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Le fonti finora conosciute non ci rivelano che scarsi frammenti della vita di Galois, brevi segmenti collegabili in diverse linee di vita. Tutto il resto dev'essere ricostruito a forza di riflessioni, di immaginazione e di supposizioni. Il lettore d'una biografia amerebbe sapere in anticipo se la storia che gli viene presentata vera, indipendentemente dal significato di tale questione. Alcuni considerano le biografie di fantasia come una sottospecie delle biografie, un sottoprodotto da proibire a termini di legge. L'espressione " di fantasia " pu avere almeno due significati. Una biografia di fantasia quando l'autore dispone a suo piacimento dei fatti, quando ne muta l'ordine o li altera a suo arbitrio, per raggiungere determinati effetti. In questo senso, la mia storia non di fantasia, perch non mi sono presa la libert di alterare i fatti storicamente accertati della vita di Galois o del periodo in cui egli visse. L'espressione " di fantasia " pu essere usata in un altro senso. Una biografia si considera inventata, quando l'autore collega fra loro i fatti storicamente accertati mediante fatti non conosciuti, di sua invenzione, al fine di dare (a suo giudizio) maggior pienezza e consistenza alla storia della vita del suo eroe; quando i personaggi parlano, usando parole non registrate della storia. Credo di potermi giustificare, dicendo che nelle linee essenziali la mia storia vera. Alla fine del racconto dar un breve ragguaglio del rapporto in cui verit e fantasia si sono intrecciate nel libro; dir, cio, quand' che l'immaginazione supplisce alla verit storica. Credo che questa sia una sede buona come un'altra per ringraziare almeno alcuni di coloro che m'hanno aiutato: il signor Bullit, di cui ho gi ricordato la cortesia; i professori Coburn, Coxeter e Schlauch, che hanno letto il manoscritto e mi hanno fatto utili osservazioni; il mio amico S. Chugerman, e i bibliotecari della mia Universit, che mi hanno aiutato nelle mie ricerche. Michele Gram, giovane soldato polacco e poeta, irrimediabilmente condannato dalle infermit di cui soffriva, morto in un ospedale di Toronto. Io andavo a trovarlo regolarmente, ed eravamo diventati intimi amici. Le nostre interminabili discussioni su Galois mi hanno aiutato a chiarirne la storia. Gram sembrava pi interessato al destino di Galois, che non alla sua vita che si spegneva. Non ringrazio mia moglie, perch sarebbe come ringraziare me stesso. Nella misura in cui mio, questo libro anche suo. Leopold Infeld

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Capitolo 1 Re e matematici
1. 1811

Nel 1811, all'imperatore dei francesi nasceva un figlio da tempo desiderato, e un figlio da tempo sospirato nasceva a Nicolas Gabriel Galois, di Bourg-la-Reine. La salva di centouno cannoni che aveva annunciato all'ansiosa Parigi la nascita del re di Roma, venne ripetuta in lungo e in largo attraverso l'impero. Un documento conservato negli archivi di Bourg-la-Reine ci attesta che Nicolas Gabriel Galois, di sessant'anni, direttore di un convitto, si rec alle ore una del 26 ottobre dal sindaco della citt, e mostrandogli un bambino appena nato, dichiar che lui e sua moglie, AdlaideMarie Demante Galois, erano i genitori del bambino e desideravano imporgli il nome di Evariste. Il re di Roma crebbe sotto gli occhi della Francia e del mondo. Evariste Galois crebbe soltanto sotto gli occhi dei suoi familiari. Nel 1811, la superficie dorata dell'impero napoleonico abbagliava col suo splendore l'intera Europa. A corte, le signore erano coperte di fiori, gioielli e piume ondeggianti; ufficiali della famiglia imperiale, generali, marescialli, consiglieri di stato e ministri degli esteri sfoggiavano decorazioni luccicanti e onorificenze offerte loro dal vincitore o dai re soggiogati. Dal suo trono, l'imperatore sorvegliava con occhio d'aquila la piumata e ingioiellata cerchia del suo clan di corsi, la nuova aristocrazia da lui creata, e l'antica aristocrazia richiamata dall'esilio dallo splendore della corte napoleonica. Ma quanto pi splendida e abbagliante era la facciata dell'impero, tanto pi profonda ne era all'interno la disgregazione. Spagna e Portogallo erano imbattuti. La Russia violava il blocco continentale contro l'Inghilterra. L'imperatore leggeva i rapporti giornalieri delle sue spie, controspie e controcontrospie, e i suoi marescialli diventavano sempre pi ricchi, pi grassi e imbelli. I confini dell'impero s'erano dilatati fino al punto di rottura. Vecchi reami erano stati sostituiti da pigri reami governati dai parenti corsi dell'imperatore. L'impero marciava a gran passi verso una fatale catastrofe. Nuove forze si preparavano a entrare in campo. Erano forze che avrebbero modellato il destino di Evariste Galois, il pi grande, forse, dei geni matematici d'ogni tempo. Quali erano queste forze. In Francia, fioriva una antica tradizione matematica, e le scoperte di Lagrange, Legendre, Laplace e Monge erano un patrimonio scientifico non solo francese, ma di
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portata mondiale. Cauchy, Galois e le future generazioni di matematici si sarebbero formati sotto la loro influenza. Ma non erano quelle le sole forze, n quelli i soli uomini che avrebbero influito sulla vita di Galois. La Francia avrebbe avuto nuovi capi; piccoli uomini fanatici sarebbero venuti a contrastare e a soffocare il genio di Galois. Sparsi per tutta l'Europa, vivevano alcuni francesi a cui le crescenti glorie dell'impero erano causa di gravi pene. Il loro legittimo re, fratello di Luigi XVI, era una vittima di quello stesso terrore che aveva abolito la nobilt e spinto il fiore dei francesi ad allearsi con potenze straniere. La loro patria e i loro stessi possedimenti, sotto il giogo del bandito corso, erano divenuti per loro una terra ostile. Ma un giorno i veri figli di Francia ,protetti da una selva di baionette straniere, avrebbero fatto ritorno nella vecchia Francia di Enrico IV e di Luigi XIV. Luigi XVIII teneva corte ad Hartwell, a una cinquantina di miglia da Londra. Camminava a fatica, poich le sue deboli gambe erano incapaci di sostenere il peso del suo grosso corpo. Di modi affabili e di eloquenza raffinata, possedeva un'eccellente memoria piena di citazioni oraziane e del ricordo dei torti e degli insulti patiti. La sfortuna non lo aveva mai piegato. Frapposta fra lui e il fato, c'era una rigida corazza reale. Luigi XVIII bramava circondarsi di cortigiani." Eppure egli fu sempre e dovunque un re, come Dio sempre e dovunque." Da quell'uomo infermo emanava un tale orgoglio, una tale dignit e maest, che gli uomini ne restavano soggiogati. Pi tardi, gli stessi generali di Bonaparte dovevano confessare che il corpulento e grottesco Luigi XVIII li intimidiva assai pi che non il condottiero corso, che li aveva portati alla vittoria e alla disfatta. Il conte di Artois, fratello minore di Luigi XVIII e futuro Carlo X, era un uomo d'et gi matura, pieno di sciocchi progetti, che sprecava tempo e denaro in Inghilterra. Questo perfetto gentiluomo della nobilt francese in esilio, famoso in giovent per la sua eleganza e le sue imprese amatorie, era in realt un insensato imbecille, insofferente di studi, schiavo di desideri e di passioni sfrenate. Si riteneva superiore ai suoi simili, sol perch nelle sue vene scorreva il sangue reale dei Borboni. Una volta, a Londra, aveva confessato a un suo amico inglese: " Preferirei essere un cocchiere, piuttosto che il re d'Inghilterra. Non accetterei mai la corona di Francia al prezzo di una costituzione." In che cosa consisteva la superiorit di Napoleone sui due Borboni, Luigi e Carlo ? La grande superiorit di Napoleone consisteva nella sua intelligenza dell'ovvio, cos spesso negata a quelle menti distorte, viziate fin dalla prima infanzia dagli onori della porpora e abituate a ritenere che le nazioni ruotassero intorno all'asse delle loro vite. Napoleone era meschino, arrogante, disonesto con gli altri e con se steso, incapace di autocritica, di amore, di lealt o di devozione. Eppure, fra i capi di stato, lui per primo aveva saputo comprendere una verit elementare: e cio che la scienza non era un lusso buono soltanto a dar lustro all'impero davanti agli occhi del mondo. Egli sapeva altres che la scienza vince le guerre, e aveva voluto che il Politecnico, orgoglio del suo impero, si sviluppasse e fiorisse non solo in tempo di pace ,ma anche in tempo di guerra, poich " non bisogna ammazzare la gallina che fa le uova d'oro." E aveva

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nominato duchi dell'impero i maggiori matematici del suo tempo, onorandoli della sua personale amicizia. " Il progresso e la perfezione delle matematiche sono strettamente connessi con la prosperit dello stato, " affermava Napoleone. La storia delle scienze matematiche e dei matematici non che un settore di tutta la storia. Re e matematici non vivono isolati. I matematici sono stati creati e distrutti dai re. La storia ce ne d molte prove evidenti. Ma quanti governanti hanno compreso, o comprendono, che " il progresso e la perfezione delle matematiche sono strettamente connessi con la prosperit dello stato ? " Se consideriamo l'eredit di Euclide e Newton dal punto di vista degli inizi del secolo diciannovesimo, essa ci appare nel pieno fulgore della sua gloria. Ma se la guardiamo dal punto di vista della nostra epoca, ci rendiamo conto che quell'eredit, al pari dell'impero, era matura per cedere il passo a un ordine nuovo, a nuove idee che avrebbero rivoluzionato il nostro modo di rappresentarci il mondo. Lagrange e Laplace! Questi due nomi simbolizzano meglio d'ogni altro la perfezione e il declino della filosofia meccanica, che tent di svelare il passato e l'avvenire del nostro universo. Nel 1811 il vecchio Lagrange era prossimo alla tomba. Il vegliardo era sereno, solitario, lucido di mente e scettico. Con un sorriso mezzo ironico e mezzo amichevole, ascoltava i giudizi di Napoleone sulla matematica, la storia e lo stato. Sapeva che assai di rado quelli che governano il mondo sono toccati dal dubbio; essi raggiungono il successo solo in grazia del fatto che la loro ignoranza si accompagna ad una ancor pi grande arroganza. La vita gli aveva insegnato che, a differenza di un re, un matematico ha successo solo se dubita, se si sforza umilmente, senza tregua, di ridurre l'immensa estensione dell'ignoto. La celebre opera di Lagrange, Mcanique analytique, corona la meccanica classica di Newton, dandole una struttura formale bella e rigorosa come una geometria. Di Newton, Lagrange disse che era stato non solo il pi grande, ma anche il pi fortunato degli scienziati, poich la scienza del nostro mondo pu essere creata una volta sola; ed era stato Newton a crearla ! In quell'anno, Laplace, figlio di contadini, aveva sessantadue anni ed era diventato il conte Pierre Simon de Laplace. La grande Rivoluzione gli aveva conferito cariche ed onori; il Consolato lo aveva fatto ministro degli Interni; l'Impero lo aveva nominato conte; la Restaurazione lo avrebbe fatto marchese. Laplace, piccolo snob accanito, era un illustre scienziato, e di questo fatto la sua Mcanique cleste rimarr a testimonianza imperitura. Napoleone cre un impero; Laplace cre una coerente raffigurazione meccanica dell'intero universo, in cui un meccanismo gigantesco si muove in eterno, con le sue leggi di moto stabilite per sempre. L'universo di Laplace deterministico. Se noi, infatti, conosciamo lo stato attuale dell'universo, se in questo momento, cio, conosciamo la posizione e la velocit d'ogni particella, di tutti i pianeti e delle stelle, allora possediamo la conoscenza necessaria per determinare il passato e il futuro del nostro universo. Ci che accaduto e ci che accadr sono determinati da ci che ora e dalle leggi che governano il presente. Conoscendo tutto ci, si potr leggere nel passato e nell'avvenire come in un libro aperto. Non c' nulla che prima o poi la mente umana non possa scoprire. Il traguardo scienza chiaro e netto dinanzi a noi: apprendere sempre meglio tutto ci che concerne le condizioni primarie; conoscere
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sempre meglio le leggi della natura; penetrare sempre pi a fondo nelle convenzioni matematiche. Sono queste le chiavi che ci apriranno il passato e il futuro del nostro universo. L'impero della scienza era retto dall'arroganza. L'orgogliosa convinzione che il mondo fosse retto da leggi deterministiche doveva crollare cento anni pi tardi con l'avvento della teoria dei quanti. Ma nel 1811, pareva che l'impero e le teorie deterministiche fossero al culmine del loro potere. Anche l'imperatore aveva sfogliato le pagine della Mcanique cleste di Laplace. Era rimasto particolarmente affascinato dal terzo volume, o meglio dalla dedica a " Bonaparte, il pacificatore dell'Europa,l'eroe a cui la Francia deve la sua prosperit,la sua grandezza e l'era pi splendida della sua storia." Nel quarto volume, Napoleone cerc invano una dedica simile. Sfogli con impazienza le pagine fitte di formule e calcoli e chiuse il libro,convinto che quanto aveva letto gli bastava per poter esporre, quando gli fosse piaciuto, le sue teorie sull'universo. L'occasione gli si present molto presto,durante un ballo alle Tuileries. Al ballo, c'era un gruppo di scienziati,riuniti attorno a Laplace, il quale sfoggiava la luccicante gran croce della Legion d'Onore e dell'Ordine della Riunione. " S, conte di Laplace, ho dato un'occhiata ai vostri libri sull'universo. Nella vostra importante opera manca qualcosa." " Sire ? " " Avete dimenticato di nominare il Creatore dell'universo." Il conte s'inchin e un sorriso sottile pass sul suo viso. " Sire, non ho avuto bisogno di questa ipotesi." L'imperatore rivolse allo scaltro scienziato un'occhiata orgogliosa. Non c'era gusto a maltrattare gente cos pronta ad arrendersi. Gir un occhio scrutatore verso l'uomo che stava vicino a Laplace, un vecchio dal gran naso e dalle guance scavate. " E voi, signor Lagrange, che ne pensate ? " I vecchi occhi stanchi si accesero." E' una buona ipotesi, sire. Spiega tante cose." Una voce potente lo interruppe." L'universo di Laplace preciso ed efficiente come un buon orologio. Se si discute di orologi, non necessario discutere anche di orologiai, tanto pi se non se ne sa niente." Napoleone gir lo sguardo sull'uomo che aveva parlato e fiss il suo amico come se volesse trapanare quella larga, brutta faccia dal naso piatto e sfigurato. Ma i piccoli occhi nella grossa faccia sostennero lo sguardo. " Ah, signor Monge ! Avrei dovuto saperlo che siete incapace di starvene tranquillo quando si parla di religione. E cos, signor Monge, voi ritenete che non sia necessario tirare in ballo gli orologiai. Sono sicuro che, disgraziatamente, molti dei vostri studenti, nel mio Politecnico, condividono l'opinione del loro beneamato insegnante." Distolse lo sguardo dall'inventore della geometria descrittiva, e rivolto a tutti gli altri, esplose: "Io, come capo dell'impero desidero che voi, signori,che godete della mia stima e amicizia, mettiate da parte una volta per sempre il vostro passato di atei, che a quanto sembra non tutti avete dimenticato. I tempi della Rivoluzione sono finiti."

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Una mano sotto il candido panciotto, l'altra dietro la schiena, si gratt delicatamente le due parti del corpo e dette istruzioni all'uditorio: " Ho ripristinato i preti, anche se non il clero. Desidero che insegnino la parola del Signore, in modo che non vada dimenticata. Vi prego di ricordare, signori, che una religione moderata ha ed avr sempre posto nel mio impero." E senza attendere risposta, n reazione, si volt bruscamente per andare a tiranneggiare i suoi ospiti e a riceverne le adulazioni. Lagrange, Laplace, Monge:tre vecchi. Coloro che presto avrebbero posto le nuove basi della matematica erano ancora sconosciuti in Francia. Essi erano Augustin Louis Cauchy ed Evariste Galois. Sulla costa atlantica veniva costruito un vallo contro un possibile sbarco britannico e venivano preparate le installazioni portuali per l'invasione dell'Inghilterra,prevista per dopo la disfatta dello zar di Russia. Uno degli ingranaggi minori di quell'apparato difensivo era Cauchy, colui che negli anni futuri avrebbe rotto l'incanto dell'eredit di Newton e fondato gli elementi della matematica moderna. Nel 1811, il ventiduenne Cauchy lavorava dalla mattina alla sera alle fortificazioni di Cherbourg,al servizio dell'imperatore, che presto egli avrebbe imparato a odiare e a disprezzare. Cauchy aveva le notti libere. Quasi ogni sera, scriveva alla madre lettere piene di amore e di devozione Finito di scrivere, si dedicava ai libri che giacevano sul suo tavolino: la Mcanique cleste di Laplace, il Trait des fonctions analytiques di Lagrange e il De imitatione Christi di Tommaso da Kempis. Sapeva che sarebbe divenuto un grande matematico. Non era forse il miglior studente di matematica del Politecnico, e Lagrange non gli aveva predetto che un giorno avrebbe superato i pi grandi matematici del tempo ? Non avrebbe deluso Lagrange. Avrebbe ripensato ogni cosa di nuovo, dal principio; avrebbe reso le prove e le dimostrazioni semplici,chiare e convincenti. A Cherbourg, Cauchy scrisse il suo primo lavoro,sui ponti in pietra. Ma lo scritto fin smarrito nelle tasche del segretario dell'Accademia e and perduto per i posteri, perch Cauchy non ne aveva tenuto una copia. Cos il giovane Cauchy apprese che consono alle leggi di natura che gli scritti scientifici svaniscano nell'aria e non riappaiano pi. Ma Cauchy aveva fede in Dio e in se stesso. Dai ponti in pietra pass alla matematica, e in pochi anni doveva diventare il pi grande matematico di Francia, secondo solo a Gauss tra i matematici del tempo. Incontreremo Cauchy pi tardi. Vedremo come la sua vita rimarr legata a quella dei re di casa Borbone Luigi XVIII e Carlo X. Nel 1811 e negli anni che seguirono, la storia registr la nascita del re di Roma, il suo divenire duca di Reichstadt, gli odi, le paure e gli intrighi dei re, e il viaggio del re di Roma verso la morte. La storia di Evariste Galois, l'odio che egli nutr contro un re, il suo viaggio verso la morte e la fama, sono registrati solo a frammenti, sconnessi, cancellati e contraddittori.

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2.

1812 1823

Nel 1812, il famoso ventinovesimo bollettino di Napoleone annunci ai parigini che per la prima volta la loro Grande Armata era stata annientata, dal gelo russo se non dai soldati russi. Cos, stupefatti e sdegnati, i francesi appresero che il loro imperatore non era invincibile. Una fiumana di soldati russi, prussiani e austriaci muoveva attraverso l'Europa verso l'Elba, il Reno, la Senna, travolgendo sul suo corso la tirannia di Napoleone e ripristinando la tirannia dei vecchi re. Nel 1813, all'et di settantasette anni, Lagrange moriva. E' difficile credere che in quei giorni oscuri, Napoleone, che aveva veduto la morte migliaia di volte, abbia potuto rattristarsi per la fine di un povero vecchio. Eppure, se si deve credere alla duchessa d'Abrants, l'imperatore ne fu " profondamente colpito". Napoleone avrebbe detto:" Sono sconvolto dal dolore. Non so esprimere la tristezza che la morte di Lagrange mi ha dato. E' come se ci fosse una specie di presentimento nella mia afflizione." Le ultime parole di Lagrange, che furono raccolte da Monge, sono passate alla storia: " Non si deve aver paura della morte. Quando arriva senza farci soffrire, non cosa spiacevole. Tra pochi istanti il mio corpo cesser di vivere e la morte oscurer ogni cosa. S, io desidero morire, e trovo che piacevole. Ho vissuto la mia vita. Come matematico ho raggiunto una certa fama. Non ho mai odiato nessuno. Non ho mai fatto del male, e non mi dispiace morire." Le nazioni dovrebbero innalzare un monumento a uomini capaci di pronunciare simili parole sulla soglia di un'esperienza che tutti fanno, ma che nessuno pu figurarsi. L'impero sopravvisse solo un anno alla morte di Lagrange. Durante quell'anno, Napoleone tent due volte di fermare la marea che saliva, e due volte non vi riusc. La Francia fin col sentirsi stanca e nauseata di sangue, di promesse non mantenute, di uno spettacolo che era stato eccitante, ma che le era venuto a noia. Quando Napoleone li abbandon, e gli eserciti russo, austriaco e prussiano entrarono in citt, i parigini sembrarono quasi sollevati. Ora i negozi erano aperti e affollati di ufficiali stranieri, i russi bevevano punch nei caff, i cosacchi costruivano alloggiamenti ai Campi Elisi. Il generale Bluchr portava sul petto diciassette medaglie, e i parigini erano molto impressionati di tanta evidenza di genio militare. Osservavano il nuovo spettacolo e lo accettavano senza molti rimpianti n dolore. La Francia fu di nuovo sicura per i Borboni. Napoleone abdic, e Luigi XVIII fece ritorno con la famiglia dei Borbone al completo. I governanti ormai dimenticati furono accolti con rumorose assicurazioni di lealt. Il bianco, colore della bandiera borbonica, divent il colore di Parigi. Le donne francesi si adornarono del giglio borbonico,e perfino nel suburbio la gente appese alle finestre delle lenzuola sudice. Quando, il 3 maggio 1814, Luigi XVIII entr a Parigi, sul Quai des Orfvres, dal Ponte Nuovo a Ntre Dame, un reggimento della vecchia guardia stava schierato a nascondere i soldati stranieri alla vista del re. Quei granatieri, che avevano ancora addosso odore di fuoco e di polvere e consideravano Napoleone alla stregua di un eroe divino, furono costretti a salutare un re reso infermo dagli anni e dalla nascita,non

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dalle fatiche della guerra. Alcuni cercarono di farsi cadere sugli occhi,contraendo la fronte, i loro chepi per impedirsi di vedere; altri, come tigri, scoprirono i denti sotto i mustacchi. Presentarono le armi con un moto furente,che gel il cuore alla folla che stava schierata dietro i granatieri e sventolava bianchi fazzoletti al grido di : Vive le roi ! Vive notre pre !. Quando Luigi XVIII giunse alle Tuileries e vide tante ricchezze e quell'inatteso splendore, esclam, facendo schioccare le labbra:" Era un buon fittavolo, questo Napoleone." Subito dopo il re fu posto in trono, la fiumana di soldati stranieri arretr, e Luigi XVIII convoc le camere per garantire ai suoi figli i diritti della costituzione ereditaria. Indossava un'uniforme di sua creazione,disegnata per nascondergli le infermit e conferire dignit alla sua figura obesa. La giubba di panno blu era qualcosa di mezzo tra un costume di corte e un'uniforme di maresciallo. Le brache di satin terminavano dentro stivali di velluto rosso che gli arrivavano sopra il ginocchio. La gotta gli impediva di portare calzature di cuoio, e il re era particolarmente fiero dei suoi stivali. Era convinto che gli conferissero un aspetto cos marziale, da consentirgli di balzare a cavallo in qualsiasi momento per respingere l'invasore. E nell'eventualit che gli stivali non fossero abbastanza convincenti, c'era anche una spada che gli pendeva dal fianco. Il re aveva la faccia incipriata e i capelli accuratamente inanellati sopra le orecchie. Cos addobbato,contro uno sfondo di statue romane,lesse il suo discorso con voce mielata e sonora, il doppio mento che gli tremolava e gli occhi azzurri che vagavano placidi dal foglio all'uditorio. Disse ch'era assai soddisfatto di s; si congratul con se stesso per la sua qualit di dispensatore di quei benefici,che la divina Provvidenza aveva voluto accordare al suo popolo. Si congratul con se steso per i trattati di pace firmati con le potenze straniere, per le glorie dell'esercito francese e per il felice avvenire che i suoi vecchi occhi prevedevano per la Francia. I tempi oscuri erano finiti; osanna al nuovo condottiero, la cui sola ambizione era di esaudire i desideri di suo fratello, Luigi XVI, quali egli li aveva espressi nel suo immortale testamento, prima che la sua testa fosse fatta cadere ! Erano queste, assicur all'uditorio, le sue paterne intenzioni. Quando il re ebbe finito, il signor Dambray, il Cancelliere, lesse un commento alla nuova costituzione di Francia. " Il respiro di Dio ha atterrato il formidabile colosso di potere che era divenuto un grave fardello per l'Europa intera, ma sotto le rovine di quella gigantesca impalcatura, la Francia ha scoperto le salde fondamenta della sua antica monarchia. Il re, nel pieno possesso dei suoi diritti ereditari su questo nobile regno, eserciter soltanto l'autorit che gli deriva da Dio e da suo padre, nei limiti che lui stesso ha posti." Cos, non era la nazione a dettare al re la propria carta costituzionale, ma era il re, nel suo paterno amore, a concederla al popolo. Contro il medesimo sfondo di statue romane, gli stessi attori, un anno dopo,recitarono una scena assai diversa. In quei giorni, il nuovo trono dei Borboni tremava al ritmo della marcia dei soldati di Napoleone I marescialli, i generali e la vecchia guardia rompevano il giuramento prestato al re, incapaci di resistere all'antico ammaliatore il quale,sbarcato sul suolo di Francia,tornava a sommergere la sua terra di sangue.
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L'infelice Luigi apparve a palazzo Borbone, circondato dai dignitari della corte e da tutti i principi della sua casa. Il furbo vecchio sapeva che la carta costituzionale, che egli odiava, ma che era costretto a firmare, era il suo asso nella manica. E cos,disse il re, Napoleone torna a strappare alla Francia la costituzione e i diritti," quella costituzione tanto cara al cuore di ogni francese, e che io giuro, qui ed ora,di mantenere. Uniamoci intorno ad essa ! Facciamo della nostra carta costituzionale il nostro sacro stendardo." Risuonarono grida di " Viva il re ! Moriremo per il re ! Il re ora e sempre !" Poi,il conte d'Artois si avvicin al re suo fratello, e disse, rivolto ai pari e ai deputati: " Noi giuriamo di vivere e di morire fedeli al re e alla costituzione, che assicura la felicit ai nostri compagni contadini." I due fratelli caddero l'uno nelle braccia dell'altro,mentre i presenti piangevano e gridavano: " Vive la charte !" Quindici anni dopo,udremo lo stesso grido risuonare per tutta la Francia, e vedremo la gente morire nelle vie di Parigi, perch un re non avr tenuto fede al suo giuramento. Luigi parlava di morire in battaglia, ma quando Napoleone inizi la sua marcia irresistibile attraverso la Francia, il re e suo fratello fuggirono nel Belgio. Tornarono ancora una volta a Parigi,piena di soldati stranieri,dopo che Napoleone ebbe perduto la battaglia di Waterloo e,con essa,la corona e la libert durate appena cento giorni. Ormai i Borboni avevano capito quanto fosse malsicuro il loro trono,e quanto poco i figli francesi si curassero del loro regal padre. Come avrebbero potuto fissare il loro trono sull'instabile suolo di Francia ? Re e cortigiani trovarono la risposta: con le mura delle prigioni e col sangue. Il terrore bianco della Restaurazione ebbe inizio. Neppure i matematici vennero risparmiati. Gaspard Monge,figlio di un merciaiuolo ambulante e arrotino,aveva abbracciato la causa della Rivoluzione ed era stato il salvatore della Francia repubblicana quando,insieme a Berthollet,aveva organizzato la produzione della polvere da sparo. Monge amava la repubblica,ma pi della repubblica amava Cesare. Quando divenne conte di Pluse,dimentic che prima che Cesare diventasse Cesare,aveva gridato tanto forte per l'abolizione della nobilt. Gaspard Monge fu un grande matematico e un grande maestro. Fu l'inventore della geometria descrittiva,e fu l'uomo che organizz il Politecnico e pose le basi delle grandi tradizioni di quella scuola. Egli il padre dell'insegnamento moderno della matematica in tutto il mondo civile. I moderni libri di testo derivano dalle lezioni pubblicate da quella scuola famosa,la prima grande scuola di matematica del mondo;una scuola che educava i futuri ufficiali,scienziati,uomini di stato,ribelli;una scuola ammirata dagli uomini di scienza e temuta dai re. Ma Monge s'era macchiato di un delitto:durante i cento giorni era rimasto fedele a Napoleone. Nel 1816 egli aveva sessant'anni. Aveva lasciato il Politecnico a causa d'una parziale paralisi alle mani; poi,mentre leggeva il tragico bollettino numero ventinove,era stato colto da un attacco dal quale non si sarebbe rimesso mai completamente. Uccidere quel vecchio sarebbe stato forse un atto di piet. Ma il re non lo fece. Espulse Monge dall'Accademia. Dopo questo colpo,Monge,in preda alla

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paura,si cerc un nascondiglio e l,malato e solo,mor due anni dopo,benedicendo Cesare e maledicendo i Borboni. Ma la vendetta dei re va oltre la morte. Agli studenti del Politecnico,per i quali il nome di Monge era divenuto leggendario,fu proibito di seguire il funerale del loro grande maestro. Dopo l'espulsione di Monge dall'Accademia,il suo posto era rimasto vacante. C'era in Francia un matematico cos privo di decoro,da accettare il posto di Monge ? Nel 1811 abbiamo veduto Cauchy a Cherbourg. Cinque anni dopo a Cauchy, che nel frattempo era divenuto il pi grande matematico di Francia, venne offerto il seggio lasciato vacante da Monge. Cauchy accett prontamente; quello stesso anno, divenne professore del Politecnico. Fu un buon anno per Cauchy. Il Re si mostrava gentile col grande matematico, e qualche anno pi tardi Cauchy doveva provare alla posterit che anche i Borboni potevano destare amore e ammirazione in un grande scienziato. Se dovere dei Re punire la fedelt ai padroni decaduti, anche loro privilegio ricompensare il tradimento. Lo stesso anno in cui Cauchy diveniva membro dell'Accademia, Laplace, il grande matematico e astronomo, fu incaricato dal Re di riorganizzare il Politecnico, in modo da piegare alla volont della corona gli studenti ribelli. Laplace godeva della fiducia del Re. Aveva offerto i suoi servigi ai Borboni; in qualit di senatore aveva firmato il decreto che bandiva Napoleone; inoltre aveva cambiato, a sue spese, la dedica dei suoi volumi sulla probabilit ancora invenduti, sostituendo " Luigi XVIII" a " Napoleone il Grande". Ma riusc, Laplace, a infondere nei giovani studenti del Politecnico l'amore per i Borboni? Vedremo, quattordici anni pi tardi, come egli doveva miseramente fallire nel suo intento. In flusso della storia, nel suo moto alterno, tenne a galla Laplace, figlio di contadini, e infine lo depose, col nome di marchese di l'ancien rgime, la Repubblica,il terrore rosso, il Consolato, la gloria e la miseria di dell'Impero, il terrore bianco, la pubblicazione dei cinque volumi della sua Mcanique cleste, e sotto gli ultimi due re borbonici il ritorno al potere degli aristocratici,i cosiddetti " ultra ". Gli ultra, cio gli ultra-aristocratici sostenitori del re e gli ultra-zelanti difensori della Chiesa,erano odiati dal popolo e dalla sempre potente borghesia. All'inizio del suo regno,li aveva odiati anche il re. Ma poich l'impotente re diventava sempre pi vecchio e debole, suo fratello," Monsieur", e gli ultra che lo circondavano, avevano accresciuto di giorno in giorno il loro potere e la loro mancanza di scrupoli. Si pu quasi determinare il giorno esatto in cui gli ultra si impadronirono del potere, e stabilire quale fu l'evento che determin questo fatto. Il re non aveva figli. Monsieur, suo fratello, ne aveva due. L'uno, il duca di Berry, era un rozzo, incolto bellimbusto che congiurava con suo padre ai danni del re, e negli accessi d'ira strappava le spalline dalle uniformi dei suoi ufficiali. L'altro, il duca di Anguleme, era debole, brutto, timido, ma non del tutto privo di nobili sentimenti. Erano sposati entrambi,ma nessuno dei due aveva figli legittimi. Alla loro morte, la stirpe dei Borboni si sarebbe sradicata dal suolo di Francia. Il 13 febbraio del 1820,all'Opra di rue Richelieu si davano Le Carnaval de Venise e Les Noces de Gamache con nuove ballerine. Allo spettacolo c'erano anche il duca e la duchessa di Anguleme, ma la duchessa si sentiva poco bene e volle andarsene prima

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della fine dello spettacolo. Mentre il duca aiutava Sua Altezza reale a salire in carrozza, un uomo lo urt violentemente e scapp senza neppure scusarsi. "Che cafone!" Poi, con un curioso misto di stupore e di terrore, il duca grid:" Mi ha pugnalato! " Venne sorretto fino all'ingresso del suo palco, e poi, dato che la ferita sembrava grave, venne accompagnato nell'ufficio del direttore del teatro. Di l a qualche minuto arrivarono la duchessa, Monsieur, i cortigiani, i ministri, i dottori, l'assassino che era stato acciuffato e legato mani e piedi, la scorta di polizia, e il vescovo. La duchessa mandava grida isteriche,mischiando il francese col suo italiano nativo. Negli intervalli di calma tra i suoi strilli si poteva udire l'orchestra che suonava, le deboli voci dei cantanti e gli applausi del pubblico. Quei suoni confusi vennero poi soverchiati dalla voce monotona del vescovo, che pregava in latino. In un angolo della stanza, Monsieur e il Primo ministro si consultavano sull'opportunit di avvertire il re. Il padre del moribondo asseriva che l'etichetta di corte non consentiva al re di metter piede nell'ufficio di un direttore di teatro. Gemendo,il duca si gir verso il padre. "Voglio vedere il re."Poi,rivolto alla duchessa che strillava:"Calmatevi, mia cara. Pensate a nostro figlio." A quelle ultime parole, i visi si sollevarono e gli occhi si accesero. Il vescovo assolse il duca dai suoi peccati. "Voglio vedere il re. Ho due figlie. Voglio vedere le mie figlie. Voi non sapete. Mandate a cercare la madre, M.me Brown. Balbett il nome e l'indirizzo, che tutti conoscevano, d'altronde. Furono mandati dei messaggeri, che riapparvero con due ragazze impaurite e le spinsero attraverso la stanza affollata. Il duca sorrise loro e non protest, quando, poco dopo, furono fatte andar via. Da quel momento, cominci a perdere rapidamente le forze e non fece che ripetere meccanicamente:"Voglio vedere il re". Alle cinque del mattino, la poltrona a rotelle del re venne spinta a fatica con tutto il re sugli stretti scalini che conducevano all'ufficio dell'amministratore del teatro. Sotto il pesante carico i portatori gemevano e ansavano. Quando il re fu deposto sano e salvo vicino al nipote, il duca riacquist istantaneamente la sua lucidit, e le sue parole furono chiare. "Perdonatemi, zio mio. Vi prego di perdonarmi." Il re, affaticato, respirava affannosamente: "Non c' fretta. Di questo parleremo poi, figliolo mio". Un ultimo sprazzo di vita e di terrore accese gli occhi del duca. "Il re non mi perdona ... i miei ultimi istanti ... neppure alleviati dal perdono." Queste furono le ultime parole del duca di Berry. Il dottore chiese uno specchio. Luigi gli porse una tabacchiera e il dottore l'accost alle nari e alle labbra del duca. Il dottore mormor:" E' finita." Il re disse al dottore:"Aiutatemi, figliolo. Devo rendergli un ultimo servigio." Il vecchio sciancato si appoggi al braccio del dottore, chiuse gli occhi al cadavere che era stato il brillante duca di Berry, e tutti i presenti caddero in ginocchio.

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Il gesto del disgraziato che aveva ucciso il duca non raggiunse alcuno scopo. Tutta l'opposizione si vide rivolgere l'accusa infamante di complicit nel delitto. Gli ultra versarono lacrime e sparsero calunnie, finch il potere non fu nelle loro mani. Sette mesi pi tardi,la duchessa di Berry ebbe un figlio. La Parigi elegante ripeteva esultante:" E' nato,il figlio del miracolo,l'erede del sangue di un martire." Dieci anni dopo, Parigi sar turbata dal ricordo di quel piccolo. Ma questi non diverr mai re di Francia. Nel maggio del 1821, gli strilloni gridavano per le vie di Parigi: " La morte di Napoleone e le sue ultime parole al generale Bertrand !" Ma la gente appariva distratta. Il popolo francese aveva dimenticato il suo vecchio imperatore fin dal 1815. Eppure, di l a pochi anni,Napoleone sarebbe tornato a vivere nella fantasia del popolo. Stava nascendo una nuova immagine di Napoleone: un Napoleone vestito semplicemente di grigio, che chiaccherava coi suoi soldati intorno al fuoco del bivacco; un Napoleone che amava la pace e il suo popolo,ma che gli intrighi della perfida Albione costringevano alla guerra; un Napoleone che l'oligarchia inglese aveva assassinato a Sant'Elena, e il cui ultimo desiderio era stato: "Che le mie ceneri riposino sulle rive della Senna, in mezzo al popolo francese che ho tanto amato." Nasceva la leggenda napoleonica! Uno degli aspetti pi sorprendenti dell'epoca della Restaurazione l'influenza esercitata da una compagnia che pure era stata ufficialmente bandita dalla Francia,la Compagnia di Ges. Essa aveva esteso le sue fitte maglie su tutta la vita politica e sugli istituti educativi del paese. Gesuiti e sostenitori dei gesuiti s'erano infilati nel clero, fra i deputati e i pari, nel Faubourg St.Germain,fra i ministri di gabinetto e fra i cortigiani di Monsieur. I laici che simpatizzavano per la Compagnia di Ges, "i gesuiti in mantellina,"erano riusciti a ficcarsi dappertutto,almeno cos supponevano coloro che odiavano gli ultra. Si diceva che i gesuiti avessero spie tra i valletti,i portieri, le donne di servizio e le forze di polizia; che nuove leggi venissero fatte passare alle camere dietro loro suggerimento; e che persino il re, negli ultimi anni del suo regno, fosse divenuto un burattino nelle loro mani. Ed era opinione comune che tutto ci non fosse avvenuto a caso,ma fosse il risultato di un piano architettato con la massima cura. Fino all'assassinio del duca di Berry, il re aveva subito l'influenza di qualche suo favorito .L'ultimo di questi, Dcazes, Primo ministro di Luigi,era l'uomo pi odiato dagli ultra. Quando, dopo la morte del duca di Berry, Dcazes venne bersagliato da accuse,maledizioni e calunnie, il re si vide costretto a licenziare il suo favorito. E per la prima volta nella sua vita,fu una donna a consolare il cuore infranto del vecchio. Era stato padre Liautard, un membro della Compagnia di Ges, a far notare M.me du Cayla al vecchio re. Non necessario indagare sulle teorie sociali di padre Liautard, perch egli stesso le ha chiaramente espresse, nero su bianco, in un suo saggio, Il Trono e l'Altare. Questo saggio ci ha convinti che la stampa d'informazione dovrebbe essere abolita;che bisognerebbe pubblicare un solo giornale, stampato dal Capo della polizia e garantito dal re. Il giornale dovrebbe contenere notizie utili e interessanti, come le variazioni della temperatura e i prezzi del grano, del caff, dello zucchero. A detta di padre Liautard, un giornale cosiffatto rappresenterebbe una soluzione
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soddisfacente per ogni onesta esigenza. Bisognerebbe,poi,dare alle fiamme i velenosi libri di Rousseau e di Voltaire. Nel 1821, M.me du Cayla esercitava gi un forte ascendente sul re. Edotta con cura da padre Liautard, sapeva come divertirlo e interessarlo. Accettava di buon grado ordini da Monsieur, dal clero e dall'aristocrazia di Faubourg St.Germain. Le maglie della rete si strinsero sempre pi, finch il re non fu che un trastullo nelle mani del fratello. E la rete cominci ben presto ad avvolgere le scuole della Francia, fino a soffocarne ogni spirito di rivolta. Prima tocc al Politecnico,che era stato riorganizzato, e aveva visto il pio Cauchy al posto dell'ateo Monge. Anche la Scuola Normale era una creatura della Rivoluzione, ed era nata con lo scopo di preparare professori e istruttori per i collegi reali. Nel 1822 venne chiusa, e con questo semplice provvedimento venne eliminato un possibile centro di idee repubblicane e bonapartiste. Poi la rete cominci a stringersi anche intorno ai collegi reali. Il pi grande e importante di questi collegi era il Louis-le Grand. Esso doveva formare una classe di gente colta, versata nelle lettere latine e greche, ma soprattutto doveva formare sudditi leali al re e difensori della Chiesa. La scuola raggiunse il suo scopo ? Vediamo quali furono i suoi tre studenti pi illustri. Per il Louis-le Grand era passato l' " incorruttibile " Robespierre, colui che aveva offerto alla ghigliottina la testa di Luigi Capeto, l'ex Luigi XVI. Per il Louis-le Grand era passato Victor Hugo, colui che in seguito doveva opporsi alla tirannia di Napoleone III, affibbiandogli per sempre il nomignolo di " Napoleone il Piccolo". Nel 1823, Evariste Galois,dopo un'accurata preparazione fatta sotto la guida della madre,aveva superato gli esami di ammissione al Louis-le- Grand ed era entrato in quarta. Anch'egli odi e combatt un re dei francesi.

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Capitolo 2 La ribellione al Louis le Grand


1. Domenica 25 gennaio 1824

Un uomo magro dalle labbra strettamente serrate si mosse silenziosamente verso la scrivania di Berthot. Con una mano, Berthot gli indic una sedia di legno, e con l'altra si munse la barbetta rosso-grigiastra. " Avete fatto bene a venire, signor Lavoyer, avete fatto molto bene. Lo sapevo che eravate uno dei pochi genitori sui quali si potesse contare." Si ficc nelle narici una presa di tabacco e disse confidenzialmente all'ospite: " Adesso abbiamo un quadro completo della situazione, e con l'aiuto dei genitori pi leali, sapremo come regolarci. Sfortunatamente,sono assai pochi i genitori sui quali possiamo contare. Si, signor Lavoyer, voi avete molta pratica di cospirazioni. Ditemi tutto ci che sapete, vi prego." Lavoyer guardava il pavimento. Parl in tono umile." Ci sar una ribellione, dopodomani marted,alle sei di sera". Berthot si appoggi contro lo schienale di cuoio nero della poltrona ed emise un profondo sospiro. " S, lo so." Poi,stringendo rabbiosamente i pugni: " I capi ! Dobbiamo sapere chi sono i capi. Tutti." Batt i pugni sulla scrivania. Lavoyer cav di tasca una busta e la pos sulla scrivania,senza parlare. Con le sue dita tozze Berthot pose il pezzo di carta,che aveva tratto dalla busta,accanto a un lungo foglio che stava sulla scrivania. Guard alternativamente i due fogli, facendo passare rapidamente gli occhi dall'uno all'altro, mentre faceva segni e annotazioni. " Ah, lo immaginavo. S, molto bene. Gliela far vedere. La vedremo, la vedremo." Poi si rivolse all'ospite." Adesso abbiamo in mano la situazione. Tutte le liste, compresa la vostra, ci dnno quaranta nomi. Abbiamo tutti i capi, ora. E che nomi! I migliori studenti del Louis-le-Grand. Studenti che abbiamo premiati e per i quali abbiamo fatto tutto il possibile. Sono stati intossicati fuori, e hanno trasmesso il veleno alla scuola. Vorrebbero far risuscitare Napoleone dalla tomba. Ma questo niente. Alcuni di loro vorrebbero addirittura far risuscitare Robespierre !"
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Lavoyer scosse la testa, in segno di solidariet verso Berthot. " Ora veniamo ai particolari. Quando mandammo vostro figlio a casa, gli dicemmo che aveva bisogno di riposo. Come avete fatto a ottenere tutte queste informazioni da lui ? " L'uomo magro si fece di gelo. " Signore. Non desidero toccare questo argomento. Mio figlio non sa che io mi trovo qui." " Non dovete preoccuparvi per vostro figlio, signor Lavoyer. E' un buon ragazzo,un bravo studente e un gran lavoratore. Vi posso assicurare che l'anno venturo avr una borsa di studio. Ricever la migliore educazione di Francia, gratis, senza spendere un soldo. Vi posso garantire che finch ci sar io, sar cos." Medit cupamente, poi esplose rabbioso: " Che cos'hanno contro il collegio ? E' questo che vorrei sapere." " Signore, un argomento penoso: preferirei non parlarne." " Dovete dirmelo. Devo saperlo. Insisto ! " Gli occhi di Berthot, iniettati di sangue, fissavano la faccia irrigidita che gli stava di fronte. Dicono che voi, signore, finirete col ridare la scuola in mano ai gesuiti." " Oh ! Ancora quella vecchia,stupida storia." Parlava con amarezza e autocommiserazione." Io, che non posso nominare un professore o espellere uno studente senza la firma del ministro,io dovrei ridare la scuola in mano ai gesuiti. Si, lo so. Per questi bonapartisti e repubblicani, basta che uno dimostri fedelt al nostro re, perch lo ritengano un gesuita. Vogliono spaventare tutti,con questa storia dei gesuiti. Che altro dicono?" Monotona e uniforme, la voce rispose: " Dicono che il cibo cattivo e la cucina detestabile." " Un'altra vecchia storia. Si lamentano del cibo. Vorrei poter mettere le mani su quelli che seminano zizzania nel collegio .Il cibo cattivo. Proprio ! Che altro c', ancora ? " " C' dell'altro, ma preferirei non parlarne." " Dobbiamo arrivare fino in fondo. Lo so che una conversazione sgradevole per tutt'e due." Berthot tormentava un bottone della sua giacca bisunta. Di colpo, gli occhi di Lavoyer si accesero: " Vorrebbero che voi foste esonerato, signore, perch, dicono, i vostri vestiti e le vostre maniere sono un insulto per la scuola." La faccia di Berthot si copr di un rosso paonazzo,pi intenso sul collo, dove il rosso contrastava col nero della cravatta consunta. Smise di sbottonarsi la giacca, e tamburellando sulla scrivania, cerc di controllare le dita che gli tremavano. " Gliela far vedere io ! Gliela far vedere io ! " Guard disgustato e vergognoso la figura di cera di fronte a lui, che ora odiava quanto i suoi studenti. " Ci siete stato molto utile, signor Lavoyer, davvero molto utile. Ve ne sono molto grato." Dalla voce di Berthot era svanita ogni espressione. Berthot si alz in piedi, respinse la poltrona e tese la mano a Lavoyer. L'uomo si inchin e uscendo chiuse la porta dietro di s, senza rumore.

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Quella sera,alle nove e trenta, al Louis-le-Grand regnava il silenzio. Dietro la porta di ogni dormitorio, stava un istitutore. L'orecchio premuto contro la porta, cercava di afferrare il mormorio dei cospiratori. Era un'ottima occasione per dar prova di fidatezza, per fornire utili informazioni, farsi aumentare lo stipendio da milleduecento a millecinquecento franchi l'anno, e porre le basi per una futura carriera di maestro o addirittura di professore,al Louis-le-Grand. Tutti i maestri che non avevano impegni di lezione, i professori, i vicedirettori e il censore, erano riuniti nel lungo salone delle conferenze, odorante di smoccolature e di tabacco. Berthot sedeva a capo tavola. Sul tavolo, un tappeto verde mostrava macchie di inchiostro e di cera. In prima fila,intorno al tavolo, stavano una quarantina di professori; in seconda fila, a rispettosa distanza, stavano una quarantina di maestri. Il direttore scosse energicamente un campanello con le sue dita macchiate di tabacco, e parl con voce grossa e forte, sputando minute gocce di saliva sul tavolo e sui suoi vicini.(" Se dovete andare vicino al direttore, non dimenticate l'ombrello," era una delle battute preferite dai maestri.) " Signori ! Questa un'ora grave nella storia della nostra scuola. Incombe il pericolo gravissimo che al Louis-le-Grand si ripetano gli eventi dei terribili giorni del 1819. Dobbiamo impedirlo a tutti i costi ! " Stenterete a credermi, ma vi assicuro, signori, che la pura verit. Si stanno tramando cose terribili, e per voi, signori, stata una vera fortuna che io sia riuscito a scoprirle in tempo." I professori e i maestri, che stavano rivolti verso il direttore, notarono con stupore che Berthot indossava il suo migliore vestito blu, e portava una camicia candida con una grande cravatta nera, nuova fiammante. Il direttore si rivolse alla seconda fila,quella formata dai maestri. " Gli studenti si ripromettono di picchiarvi, di scaraventarvi fuori dalle finestre e di fracassare i mobili." Poi, rivolto alla fila formata dai professori: " Vogliono buttar fuori anche voi. Vogliono impadronirsi di tutta la scuola, perch pensano,cos,di poterci imporre le loro condizioni di pace." Le ondate di paura che provocava nell'uditorio gli davano un'ardente sensazione di potenza. Ed ora sarebbe stato doppiamente piacevole placare quelle crescenti ondate, e rivelare la salda roccia dell'autorit. " Hanno commesso un solo sbaglio. Hanno dimenticato che c' un direttore nella scuola. Conosco tutti i capi di questa ribellione. Li conosco uno per uno. Ho i loro nomi. Sono quaranta, signori !" Un fiacco,sgradevole sorriso gli pass sulla faccia. " Vi posso assicurare, signori, che so come dobbiamo regolarci con questi ribelli. Vi dir tutto a suo tempo. Col vostro aiuto, salver il collegio del nostro beneamato re." Il direttore si volse con un gesto di impazienza e di disgusto verso il suo vicino di destra. Non gli era mai piaciuto questo signor de Guerle, e non gli sarebbe piaciuto mai. Il de Guerle aveva un aspetto vecchio e stanco, ma era indomabile nella sua calma ostinazione. Come aveva fatto,quel relitto dell'era napoleonica, a sopravvivere nel Louis-le-Grand? In una scuola che un tempo era stata orgogliosa di appartenere
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all'ordine dei gesuiti ? Berthot avrebbe dovuto immaginarlo: un insegnante amato dagli studenti era un individuo malvagio e pericoloso. Avrebbe tolto di mezzo tutti i ribelli, compreso de Guerle. " Il nostro censore, il signor de Guerle, che qui al Louis-le-Grand viene subito dopo di me, mi ha chiesto il permesso di fare precisare che, come direttore, io non approvo ci che il signor de Guerle sta per dirvi." De Guerle si alz, e prese a parlare con voce quieta, quasi in un mormorio. " Sono censore del Louis-le-Grand da quindici anni. Ho vissuto i giorni terribili del 1819. Ho visto la nostra scuola chiusa, studenti e professori dispersi; ho visto diffondersi l'odio e il sospetto. Non potr mai dimenticare quei giorni terribili. No ! Io non credo che gli studenti abbiano il diritto di interferire nella direzione della scuola. Ma non credo neppure nell'uso della forza. Quello a cui stiamo assistendo oggi la conseguenza del fatto che cinque anni fa si ricorso all'uso della forza. Domani, forse, ci sembrer d'averla spuntata. Ma da qui a qualche anno ci accorgeremo che non avremo fatto altro che spargere il seme di una futura rivolta." Parlava calmo,senza far caso al direttore, che si sforzava di grattare una macchia di cera dal tappeto che copriva il tavolo. " L'attuale parola d'ordine degli studenti ' Via i gesuiti.' Riconosco che irragionevole e riconosco anch'io che, purtroppo, i nostri studenti dimostrano uno scarso senso religioso. Sono anche disposto ad ammettere che qualcuno possa aver messo loro in testa pericolose idee repubblicane. Ma come pu essere che queste influenze esterne siano riuscite a far presa su tutti gli studenti? Non la prova che si sentono infelici, qui al Louis-le-Grand? La loro infelicit forse non che il frutto della loro immaginazione,d'accordo. Ma che cosa otterremo, con la forza e il terrore?" Fece una pausa, poi riprese a parlare in tono ancora pi calmo. " Ho paura che sto difendendo una causa perduta. Se cos, vuol dire che questo l'ultimo anno che passo al Louis-le-Grand. Ma vorrei darvi un suggerimento. Abbiamo i nomi di quaranta capi. Perch non li riuniamo, domattina,per sentire le loro richieste e cercare di persuaderli ad essere ragionevoli? Potremmo arrivare a un compromesso ed evitare una sventura a noi e alla scuola. " Signori, mi rendo conto che le mie parole debbono sembrarvi strane. Ma questa una battaglia che non possiamo vincere. Non possiamo spuntarla contro novecento studenti. Magari ci sembrer di aver ottenuto vittoria. Ma quanto pi grande ci sembrer la nostra vittoria, tanto pi grave sar la nostra sconfitta finale." Il direttore tamburellava da un pezzo sul tavolo, e prima che de Guerle avesse avuto il tempo di sedersi, cominci con violenza: " Se ho ben capito, signore de Guerle, voi vorreste che negoziassimo coi ribelli e li trattassimo al pari dei professori e dei maestri. E nel caso dicessero che il signor Berthot non di loro gusto, o che non gli piacciono questi professori o quei maestri, voi rispondereste: ' Va bene, ragazzi,sar come volete voi. Domani cambieremo il direttore, i professori e i maestri che non vi garbano.' E se pretendono champagne a pranzo tutti i giorni, d'accordo, avranno lo champagne. Non dobbiamo dimenticare che pi si di manica larga con gli studenti, pi esigono e pi irragionevoli diventano. La

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nostra scuola deve insegnare obbedienza e disciplina, e se per riuscirvi occorrer usare la forza, ebbene, la useremo." Quindi pass ai fatti. " In una riunione degli anziani, abbiamo preparato un piano dettagliato. Ora vi spiegher questo piano e riterr ciascuno di voi responsabile della sua riuscita. Mi duole dirvi che non potremo contare sul signor de Guerle; come avete avuto modo di sentire, le sue vedute divergono troppo dalle nostre." Il direttore si avvicin al muro, dal quale pendeva incorniciata una grande pianta del collegio, illuminata dai lati con delle candele. Si sentiva come un generale che passasse in rivista il suo esercito. Con una bacchetta indic il suo piano di battaglia. Era l che bisognava colpire lo schieramento ribelle. E per grazia di Dio e in nome del re, avrebbe vinto.

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Marted 27 gennaio 1824

Alle cinque e trenta del mattino, le campane del Louis-le-Grand suonarono ripetutamente, fugando ogni speranza di ulteriore sonno. Quando Evariste Galois si svegli, era ancora buio. Scorse la faccia familiare del maestro, intento ad accendere alcune candele del candelabro a muro. Poi ud: " Sveglia ! Sveglia ! Tutti in piedi !" e vide il maestro strappar via le coperte dai letti di coloro che se ne stavano ancora al caldo. Evariste cominci a vestirsi. Conosceva ogni viso e ogni particolare della stanza. C'erano trentasei letti, alcuni di ferro, altri di legno, tutti distanti un metro esatto l'uno dall'altro. Se, per assurdo, quei letti si fossero a un tratto volatilizzati, non sarebbero rimasti che il freddo pavimento di mattonelle e i piccoli gabinetti lungo i muri. Guard in alto, verso le finestre. Erano odiose. Stavano cos in alto, che era impossibile raggiungerle. Con la prima luce del giorno, Galois avrebbe potuto scorgere la cima di un comignolo e il colore deprimente del cielo invernale. E poi le grate, che formavano tanti piccoli, fitti riquadri. Ogni volta che Evariste pensava al Louis-leGrand, la prima cosa che gli si parava davanti agli occhi erano quelle sbarre. Nelle notti di luna, la loro ombra batteva sul pavimento, sui letti, sui visi dei suoi compagni di stanza. Ogni volta che guardava quei muri, gli richiamavano l'idea di una prigione. Erano cos le prigioni ? Forse erano peggio. Nel freddo stanzone, gli studenti si vestivano frettolosamente, e l'aria vibrava dei loro discorsi sulle cimici che li avevano morsicati durante la notte e sulle lezioni che avevano o non avevano preparate, e delle loro vaghe allusioni a ci che stava per succedere. Quando ebbe finito di vestirsi, Evariste scese verso le latrine. Il loro puzzo penetrava l'edificio, cresceva d'intensit col diminuire della distanza, fino a rendere l'aria cos maleodorante da mozzare il respiro. In quell'aria fetida, gli studenti aspettavano che si facessero liberi i posti, si spingevano, e quelli gi dentro discutevano con quelli ancora fuori sui progressi delle loro fatiche, sulle condizioni in cui avevano trovato il posto, e sullo stato in cui probabilmente lo avrebbero lasciato. Quando tutto questo ebbe termine, Evariste torn nel dormitorio,prese un piccolo asciugamani e and di corsa alla fontana che sorgeva in mezzo al vasto cortile. Si strofin il viso,come gli altri ragazzi, con l'asciugamani asciutto,tenne le mani sotto la fontana, poi se le asciug rapidamente, di nuovo vol di corsa verso il dormitorio, appese l'asciugamani a un gancio, afferr un grosso dizionario di latino, il De Amicitia di Cicerone, le Metamorfosi di Ovidio, un quaderno, e se ne and nell'aula di quarta. Alle sei arriv l'istitutore e gli studenti cominciarono a preparare le lezioni. Era un momento piacevole, per Evariste. Galois apriva il libro di Ovidio, muovendo leggermente le labbra per dare all'istitutore l'impressione che stesse mandando i versi a memoria. L'istitutore, assonnato e annoiato,si guardava in giro con uno sguardo apatico, per sorprendere qualche studente intento a parlare col suo vicino. Evariste sapeva per filo e per segno come avrebbe impiegato quell'ora e mezza di studio.

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Avrebbe vissuto, come le altre mattine, in un mondo di pensieri e di visioni assai pi reali del mondo che lo circondava. Durante quell'ora di studio, Galois era lontano dal Louis-le-Grand.Vagabondava a poche miglia da Parigi, ma i due mondi, Bourg-la-Reine e il Louis-le-Grand, erano lontani quanto potevano esserlo due mondi. Evariste vedeva suo padre, cos vicino, cos chiaramente,che gli sembrava di toccarlo. Sentiva la sua mano accarezzargli dolcemente la testa. Quando Evariste pensava a suo padre,pensava pure alla luce, al sole che irradia calore e fonde la neve, o a una chiara mattina,quando l'aria odora di fieno e di fiori. Gli odori ! Tutto possono esprimere ! Fiori e fieno erano Bourg-la-Reine. Il penetrante odore di urina era Louis-le-Grand. Il padre di Evariste rideva di cuore. Ma da un p di tempo in qua, spesso la sua risata si spegneva di colpo,come se qualcuno l'avesse tagliata con una lama. La mamma di Evariste non cercava mai di incoraggiare quella risata. Quando Evariste pensava a sua madre, pensava a una dea greca dai capelli neri e dai neri occhi lucenti. Sorrise. " Galois ! A quanto pare siete allegro." Sent la voce dell'istitutore, ma non le parole. Abbass lo sguardo sul libro di Ovidio e lesse meccanicamente: Aurea prima sata est aetas, quae vindice nullo, Sponte sua di, sine lege fidem rectumque colebat. Come li conosceva bene, quei versi ! Gli pareva ancora di sentire la fresca voce paziente di sua madre che glieli spiegava. Sua madre gli aveva insegnato tutto il greco e il latino che ora gli facevano studiare, cos era libero di pensare a Bourg-laReine.Perch lo avevano mandato al Louis-le-Grand ? Perch non lo avevano fatto studiare a casa? Tutti quei maestri e professori messi insieme non sapevano neppure la met di ci che sapevano suo padre e sua madre. S, quei versi. Ricord com'era orgogliosa sua madre, quando lui li recitava bene e senza difficolt, a casa di nonno Demante.Evariste sapeva che sua madre era orgogliosa di lui, anche se il suo viso non lo faceva trasparire. Ma suo padre gli si avvicinava,lo abbracciava e lo baciava. Poi sua madre sussurrava qualcosa a suo padre, e il viso di lui si rannuvolava. Il nonno gli domandava:" Che cosa ti piacerebbe fare da grande, Evariste ?" Certe volte pensava che gli sarebbe piaciuto diventare un giudice importante, come il nonno. A volte pensava che gli sarebbe piaciuto diventare sindaco di Bourg-laReine,come suo padre. Cosa avrebbe voluto essere, ora ? Dove avrebbe voluto trovarsi ? Lontano dal Louis-le-Grand. Ma non doveva odiare il Louis-le-Grand. Suo padre gli aveva detto: " Potrai odiare le idee,ma non gli uomini che le rappresentano. Anche se tu riuscissi a distruggere gli uomini, non avresti ancora distrutto le loro idee." Avrebbe fatto del suo meglio per non odiare la pingue, rossa faccia di Berthot e il lungo naso e la brutta pelle dell'istitutore. Qualche giorno prima, a casa, aveva detto a suo padre e sua madre che il Louis-leGrand non gli piaceva.

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Sua madre aveva detto:" Senza una buona educazione non concluderai niente nella vita. Se vuoi diventare giudice, dottore o letterato devi andare a scuola e prenderti una laurea, ti piaccia o no." Aveva cercato di ribattere, aveva fatto la caricatura dei suoi professori,del direttore e dei maestri, finch suo padre aveva preso a ridere di cuore. Ma sua madre aveva bruscamente chiuso l'incidente. " Voglio sperare che quando sei a scuola, tu non ti faccia beffe anche di noi." Poi era uscita dalla stanza, ed Evariste si sarebbe messo a piangere, se non fosse stato per suo padre,che gli aveva parlato da pari a pari: " Ci che non ti piace della scuola, una realt esterna. Se saprai costruirti una vita interiore,non ci farai molto caso." Sorrise debolmente e sembr imbarazzato, quando aggiunse: " Guarda di pi in te stesso, e non ti accorgerai del Louis-le-Grand. Quante volte gli aveva sentito dire che l'abilit non tutto, che c' qualcosa di pi importante. Ma questo " qualcosa " aveva significati diversi, a seconda delle persone. Al Louis-le-Grand significa obbedienza. Per sua madre significava calma e forza. E per suo padre? Non era facile a dirsi. Ma Evariste sapeva che si trattava di qualcosa che aveva attinenza con due parole che aveva sentito tante volte:" Libert" e " Tirannia ." Come suonavano diverse quelle due parole e che luce diversa si accendeva negli occhi di suo padre, a seconda di quale delle due parole pronunciava! Libert e tirannia erano lontane l'una dall'altra quanto Bourg-la-Reine lo era dal Louis-le-Grand. La libert era qualcosa nel cui nome si combatteva valorosamente e si era felici di morire; la tirannia era una forza che, con bacchette e minacce, costringeva uno a far compiti odiosi. La libert era la luce, la tirannia il buio. La libert era Bourg-la-Reine, la tirannia Louis-le-Grand. Ma la tirannia si doveva combatterla, sicch si doveva combattere anche contro il Louis-le-Grand. Avrebbero combattuto quel giorno stesso. Perch " avrebbero ?" Perch non pensava:" Oggi combatteremo la tirannia del Louisle-Grand ?" Per i suoi compagni,Galois era un nuovo venuto piuttosto strano, di cui non c'era da fidarsi. Per il giorno della rivolta, non gli avevano affidato nessun incarico pericoloso. Avrebbe dovuto fare quello che avrebbero fatto tutti: strappare i libri, buttarli nel fuoco e picchiare l'istitutore. A quel pensiero inorrid. L'idea di scagliare dei dizionari in faccia a un uomo gli dava i brividi. Avrebbe voluto che quel momento non arrivasse mai. Che cosa avrebbe detto sua madre ? Avrebbe capito ? Si ud lo strepito insistente di una campana. Le campane ! Com'era dolce il suono delle campane a Bourg-la-Reine ! La loro melodia aveva un suono di pace. Al Louisle-Grand le campane mandavano un suono discorde e agitato. Due uomini entrarono. Portavano un gran recipiente di zuppa di cipolle. Ogni studente prese un cucchiaio e una scodella dal mucchio che giaceva in un angolo dell'aula di studio; poi il cameriere vers in ogni scodella una cucchiaiata di zuppa. Di l a pochi minuti tutti avevano mangiato, le scodelle erano state messe via, e il sugo ch'era sgocciolato per terra era stato pulito con stracci sudici. Cominciarono ad arrivare i semi-convittori. Nelle loro pensioni avevano gi effettuato le medesime operazioni dei loro colleghi della scuola. Dalle otto del mattino fino a

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dopo pranzo, formavano tutti un'unica, grande comunit. Ed oggi avrebbero formato un unico gruppo combattente. Alle otto,al suono della campanella, Guyot entr nell'aula di quarta a far fronte a settanta avversari. Era un p curvo, e i suoi occhi erano inquieti e stanchi. Spinse lo sportello di legno del recinto che circondava la pedana della cattedra e sedette; ora si vedeva solo la sua faccia, sotto il busto di pietra di Cicerone. La scolaresca era calma. Non aveva preparato nessuna burla ai danni di Guyot, che era cos facile a farsi prendere in giro da toglier gusto alle burle. Due settimane prima avevano lanciato un topo sulla pedana. Oggi no. Certe volte, gli studenti lanciavano contro il busto di Cicerone delle palline di carta, che rimbalzavano sulla testa calva di Guyot. Ma oggi no. Oggi gli studenti si mostravano docili e ubbidienti. Recitavano versi, traducevano, parafrasavano, facevano l'analisi logica e scrivevano esercizi; progredivano di un passo verso la mta ch'era stata loro prefissata: pensare e scrivere in latino. Era quello il segno distintivo di un francese colto. Ma l'esterna apatia nascondeva un'interna tensione che cresceva di ora in ora. La quarta era orgogliosa d'essere la pi giovane delle classi che partecipavano alla rivolta. Gli studenti pi anziani avevano avuto fiducia, e non bisognava deludere quella fiducia. Alle dodici ebbero termine le lezioni del mattino. Gli studenti ebbero un'ora di tempo per mangiare una minestra di riso con un piatto di carne e legumi, riposare e riprendere forza per la seduta pomeridiana. Evariste stava alla finestra e guardava nel vasto cortile. Vide che il portone era aperto ed entrava una carrozza, trainata da due cavalli. Era cosa normale, solo che stavolta c'erano l il direttore e alcuni maestri, che gridavano al conducente da che parte andare e dove fermarsi. Evariste cambi il suo punto d'osservazione e vide una seconda e una terza carrozza, e dietro a quest'ultima le teste di altri due cavalli. Alla vista di quello strano corteo, gli studenti mandarono grida allegre. " Non distinguo i cavalli dai maestri. Mi sembrano uguali." " Non adulare i maestri." " I maestri si preparano a svignarsela." " Hanno fifa.! " L'hanno capita, che per loro finita."
Il professore entr nell'aula. Gli studenti andarono ai loro posti, vagando lentamente tra

i banchi, e guardarono il professore di greco con occhi impertinenti che dicevano: " Aspetta ! Aspetta solo qualche ora, e vedrai !" Evariste si ripeteva: " Che cosa vogliono dire quelle carrozze ? Che ci stanno a fare in cortile ?" Ud delle voci lontane, poi il cigolio di una carrozza che usciva dal cortile. " Che vorr dire ?" Mezz'ora dopo si riudirono quelle voci moleste; ora risuonavano un p diverse, forse pi violente. E di nuovo si ud il cigolio di una carrozza che si allontanava. Galois stava cercando di dire qualcosa al suo vicino su quelle voci e sulle carrozze, quando ud dalla cattedra una voce imperiosa. " Galois ! Continuate a leggere voi."
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Galois non sapeva da che punto attaccare. Non sapeva neppure se stavano leggendo Senofonte o il Nuovo Testamento in greco. Si alz senza dire una parola. Il suo vicino di banco cerc di aprirgli un libro alla pagina giusta. S, era Senofonte. Ma Galois non si mosse. Il direttore aveva detto:" Comportatevi come al solito, fate finta di non sapere niente." Seguendo quelle istruzioni, rivolto a Galois, il professore di greco disse: " Ah,vedo ! Stavate sognando, non vero ? Voi siete occupato coi vostri pensieri privati,che sono assai pi importanti di tutto ci che si fa qua dentro." Il professore scandiva le parole, con tono pedante. " I vostri pensieri sono molto importanti, non ne dubito. Forse, siete riuscito a risolvere qualche grosso problema universale. Parlatecene. Metteteci al corrente dei vostri pensieri cos profondi e penetranti." La voce soave e ironica si mut all'improvviso in uno scoppio di collera. " Che cosa stavate facendo ?" Nessuna risposta. " Ostinato, eh ! Lo terremo presente." Scribacchi qualcosa sul suo registro e dichiar in tono autoritario: " Siete pigro, disattento e chiaccherone." Poi si rivolse a un altro studente. Le lezioni finirono alle quattro e mezzo del pomeriggio. Gli studenti si trasferirono nell'aula di studio, dove li attendeva il rinfresco: pezzi di pane stantio spruzzati con acqua. A bocca piena, gli studenti bisbigliavano. " Ancora un'ora e mezza." " Regolatevi bene, appena noi quattro daremo il segnale." " Attenzione alla campana." " Se stiamo uniti, andr tutto bene." Dovevano parlare a bisbigli. Il professore era ancora l, che aspettava l'istitutore. Quell'istitutore ! Come ne conoscevano bene la lunga faccia di cavallo e l'orribile naso; com'era umile e sottomesso quando parlava coi professori, evitandone lo sguardo. Ma quella stessa faccia, con gli studenti si faceva arrogante e maligna. L'istitutore li spiava la notte, faceva rapporto per ogni minima infrazione al regolamento, segnava pedantescamente il nome di uno studente, solo che tornasse con un minuto di ritardo da un permesso, insultava e minacciava gli studenti con una voce melata, che non si levava mai fino alla collera e all'indignazione. Oggi,come sempre,avrebbe dovuto star l a sorvegliarli fino alle sei, ma da quel momento in poi lo avrebbero avuto nelle loro mani. S, sarebbe stato un vero piacere dargli un sacco di legnate. Un istitutore entr nell'aula di studio, ma la sua faccia non era la solita. Dov'era il lungo naso e la pelle piena di pustole ? Udirono una voce energica, che non ammetteva replica. " Oggi sorveglier io i vostri compiti, al posto del signor Ragon che non pu venire. Farete i due ultimi esercizi di latino e greco. Cominciate !" Qualcuno buss alla porta e l'apr senza attendere risposta. Era il bidello. Aveva con s un libro nero, che porse all'istitutore. " Foublon."

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Lo studente si alz. " Andate immediatamente nello studio del direttore." Foublon esit; s'era fatto un silenzio di tomba e tutti gli occhi erano fissi su di lui. " Avete sentito che cosa vi ho detto ?" Foublon usc e il bidello chiuse la porta dietro di lui. " Terrin ." Lo studente si alz. " Andate immediatamente nello studio del direttore." Terrin usc dall'aula. Il silenzio si fece pi teso. " Bouillier, Fargeau." Uscirono anche loro. Gli studenti si guardarono, sorpresi e sgomenti. Era accaduto qualcosa di inatteso. Quei quattro erano gli studenti che avrebbero dovuto dare il segnale della rivolta. Sarebbero tornati prima delle sei ? La tensione aumentava. Gli studenti si passavano dei bigliettini. " Chi dar il segnale ?" " Perch hanno cambiato l'istitutore ?" " Come faremo ad assalirlo ?" " Chi dar il segnale ?" " Se non tornano in tempo, chi dar il segnale ?" I pensieri di Evariste cominciarono a vagabondare lungo una tangente che conduceva invariabilmente a Bourg-la-Reine. Ma poi si sent sempre pi inquieto, sempre pi turbato. Come gli altri, aspettava il suono della campana. Era il segnale di spegnere le candele collocate tra uno studente e l'altro. L'oscurit li avrebbe protetti, salvandoli da punizioni individuali, e rovesciando la responsabilit sulla massa, sicch colpa ed eroismo sarebbero rimasti nell'anonimo. Ma la campana non suon. Gli studenti,abituati ad una regolarit cronometrica, reagivano come orologi. Erano coscienti nelle ossa, con la mente, nella pelle, che le sei erano passate. " Chi dar il segnale?" " Quando cominceremo?" " Chi comincer per primo?" Evariste pensava: " Non ci sar nessun segnale di campana. E' fin troppo chiaro che non ci sar. A noi pare che sia il tempo a farle suonare, e che le loro voci irrompano nell'aula come il giorno e la notte irrompono nel mondo. Ma le campane sono azionate dalle mani degli uomini, e le mani degli uomini possono essere fermate. Al Louis-leGrand vi sono regole fisse, dure e rigide come l'acciaio. Se Napoleone risuscitasse dalla tomba, se Parigi fosse rasa al suolo, le campane del Louis-le-Grand suonerebbero, come hanno suonato ieri o un secolo fa. Ma oggi le campane tacciono. Il loro silenzio causa di confusione; questo silenzio fiaccher lo spirito di ribellione; il loro silenzio accrescer la paura e costringer gli studenti alla sottomissione." Si sent invaso da un impeto di collera. Le guance gli ardevano, sent come un dolore in mezzo agli occhi e il battito sordo del suo cuore. Si alz in piedi. Tutte le teste si volsero verso Evariste. La sua faccia ardeva e gli occhi erano di fuoco. Stette
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immobile, poi apr la bocca e la richiuse. La sua destra si mosse sul tavolo fino a incontrare un grosso volume. Evariste afferr il dizionario di greco, alz il braccio e scagli il volume contro la candela che ardeva sul tavolo dell'istitutore. Il dizionario abbatt la candela e la spense, oltrepass l'orlo della cattedra e cadde rumorosamente sul pavimento. Qualcuno scagli un altro dizionario, che manc per un pelo la candela all'altro lato della scrivania. Da ogni lato, cominciarono a volare i dizionari. La maggior parte delle candele collocate tra gli studenti furono spente. Lungo i muri qualcuna ardeva ancora, gettando fantastiche ombre nell'aula buia. L'istitutore si alz in piedi; traballando, sempre rivolto verso gli studenti, si mosse verso il muro. Una voce grid: " Abbasso i gesuiti!" Un'altra rispose: " Abbasso Berthot!" In un coro disordinato, l'aula fece eco: " Abbasso i gesuiti ! Abbasso i gesuiti ! Abbasso Berthot!" All'improvviso la porta si spalanc con fracasso. Tutti si voltarono e le grida cessarono. L'istitutore interruppe la sua ritirata; gli studenti, in piedi sui banchi, rimasero immobili. Calmo e imponente, il vicedirettore, Gustave Emond, si diresse verso l'estremit opposta dell'aula. Non sembrava sorpreso, n adirato. Rivolto alla classe, disse dolcemente: " Sono venuto a farvi una comunicazione importante." Solo allora sembr accorgersi delle candele spente, degli studenti in piedi sui banchi e dei dizionari sparsi sul pavimento. Dette in giro un'occhiata attenta e disse: " Potete sedere." Quelle parole ebbero un effetto magico. Gli studenti sedettero, alcuni saltando gi dai banchi,altri tornando ai posti che avevano lasciati. Cercarono di tornare alla normalit nel massimo silenzio e con tutta la rapidit possibile. Evariste si sorprese a fare come gli altri: guardava affascinato l'uomo ch'era entrato in aula,obbedendo ai suoi ordini e ascoltando ogni sua parola. " Sono venuto a darvi una comunicazione importante. Sono certo che molti di voi,forse tutti,ascolterete di buon grado ci che ho da dirvi." Fece una pausa e guard l'uditorio, che restava silenzioso, affascinato dalle sue parole. " Sapevamo da molto tempo che alcuni studenti cercavano con tutti i mezzi di diffondere tra di voi l'insoddisfazione e lo scontento Vi ingannavano senza il minimo scrupolo, diffondendo menzogne e false voci. Diffondevano la diceria che la scuola sarebbe tornata in mano ai gesuiti, e che il nostro direttore, il signor Berthot, lavorava a questo scopo. Non necessario vi dica che si trattava di bugie, e delle pi sciocche. Gli studenti che diffondevano queste voci sapevano benissimo di mentire. Ma essi contavano, a torto, non ne dubito, sulla stupidit dei loro camerati. Facevano appello alla vostra amicizia e al vostro senso di lealt. Cercavano di convincervi, ma erano pronti a usare il terrore e la forza, se fosse stato necessario. Hanno cercato di mettervi nei guai, organizzando le cose in modo tale che anche voi foste puniti, oltre a loro. " Ma grazie al cielo, ho da dirvi qualcosa che vi far certamente piacere." Di colpo alz la voce, in tono drammatico. " Questi studenti, quaranta in tutto, sono stati espulsi dal Louis-le-Grand oggi stesso."

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L'aula era cos silenziosa, che sullo sfondo buio di quella quiete lo sfrigolio delle poche candele ancora accese sembrava insopportabilmente rumoroso. Quaranta studenti, i migliori, erano stati espulsi dal Louis-le-Grand, strappati alla vita in comune coi loro camerati, e mandati ad affrontare l'ira e la disperazione dei loro genitori. La drammatica voce fece una pausa,tanto lunga da consentire anche allo studente pi tardo di rendersi conto del significato di quella frase; ci che era avvenuto nell'aula di quarta,si era verificato in tutte le aule del Louis-le-Grand. Gli studenti si ricordarono delle carrozze. Adesso capivano che quegli strani rumori altro non erano che grida di resistenza; ogni rumore di carrozza significava che un altro dei capi della rivolta aveva lasciato la scuola per sempre. La voce imperiosa continu:" Questi studenti non torneranno mai pi al Louis-leGrand. Forse sar loro preclusa in tutta la Francia ogni possibilit di entrare in un collegio. Ora, voi siete liberi dal loro regime di terrore. D'ora in poi potrete proseguire in pace i vostri studi." Dai toni alti del dramma, la voce scese a una calma misurata. "Da parte nostra, preferiremmo considerare chiuso l'incidente. Bench alcuni di voi si siano resi colpevoli di negligenza, per non aver denunciato alle autorit i piani di ribellione, pure desideriamo dimenticare ogni cosa, e riprendere il nostro consueto lavoro. Voi siete stati mandati qui per svolgere questo lavoro, e noi, vostri insegnanti, ne siamo responsabili. Comprenderete, quindi, che dobbiamo poter non dubitare della vostra lealt, che dobbiamo esser certi che non vi sentite vincolati ad alcuna promessa che possiate aver fatto agli studenti ribelli. In caso contrario, chiaro che, se ne condividete le opinioni, dovete condividerne anche il destino. Dovete convenire che giusto e sensato." Si guard intorno, per vedere se qualcuno reputava illogica e ingiusta la sua tesi. Nessuno fiat. "Io desidero, e sono certo che il mio desiderio condiviso da tutti voi,che questo incidente sia chiuso e dimenticato. Ma prima voglio che giuriate fedelt alla nostra scuola; voglio che mi diciate che non vi sentite vincolati ad alcuna promessa che possiate aver fatto, di vostra volont o meno. Legger i vostri nomi, uno alla volta, e quelli di voi che sono per l'ordine, la disciplina e la lealt alla nostra scuola, lo dimostrino dicendo: ' Lo prometto .' E' chiaro che non siete affatto costretti a darmi la vostra parola. Dovete farlo di vostra spontanea volont, altrimenti non avrebbe alcun valore. Adesso legger l'elenco." " Adelier." Un ragazzo magro si alz e con voce fioca e tremante bisbigli: "Lo prometto." "Ditelo ad alta voce, in modo che tutti possano sentirvi. E non giurate, se non desiderate farlo." Pi forte, confusa alle lacrime, la voce ripet:" Lo prometto." " Cos va meglio." Evariste sent un gelo alle dita, e una vampa di calore alle guance e alla fronte; mormor fra s, a labbra strette: "Lo prometto! Lo prometto! Prometto che non dimenticher mai tutto questo, finch avr vita. Prometto che non dimenticher mai questa lezione di perfidia e di ipocrisia. Odio te e tutti quelli come te. Mi hai insegnato
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a capire che cosa significa l'odio. Mio padre ha cercato di insegnarmi che si pu vivere senza odiare. Ma non qui,non al Louis-le-Grand. Odier sempre quelli come te, quelli che opprimono i deboli. Li combatter sempre, dovunque li incontrer. Lo prometto. Lo giuro davanti a Dio, con tutta l'anima. Prometto..." Ud una voce calma e indifferente. " Galois." Si alz in piedi. Dalla sua sofferenza,dall'ira e dalla passione, eruppe un grido, cristallizzato nelle parole: " S. Lo prometto." Il signor Emond alz lo sguardo su Galois e vide un viso triangolare, largo alla fronte e formante un angolo acuto al mento. Gli occhi erano incavati, e il loro sguardo sembrava penetrare fin nel cuore degli oggetti su cui si fissavano. Emond distolse lo sguardo con uno sforzo, e prima di passare al nome seguente,mormor fra s: " Che strano ragazzo !"

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Mercoled 28 gennaio 1824

Ogni anno,nella ricorrenza di san Carlomagno, i migliori studenti,scelti parecchio tempo prima,partecipavano a un banchetto, durante il quale professori e studenti versavano fiumi di oratoria in latino e in francese fiorito. Il banchetto di san Carlomagno di mercoled 28 gennaio 1824 fu un banchetto diverso dagli altri, nella lunga storia del Louis-le-Grand. Alcune settimane prima, per quel banchetto erano stati scelti centoquindici studenti, ma di questi, quaranta erano stati espulsi dalla scuola il giorno prima. La grande sala da pranzo era illuminata con sfarzo, e adornata di felci e fiori. Bandiere bianche coi gigli dei Borboni pendevano dal muro dietro la pedana, sulla quale era stato preparato il tavolo dei professori. I tavoli degli studenti erano stati disposti ad angolo retto rispetto al tavolo dell'istitutore, che era posto su una piattaforma sopraelevata. I settantacinque studenti entrarono in silenzio. Indossavano l'uniforme blu della domenica. Guardarono i piatti vuoti davanti a loro e i quaranta piatti vuoti tra posto e posto. Poi sedettero umilmente,come cani battuti ammaestrati da una dura lezione. Il direttore, dall'alto della pedana, gett sugli studenti uno sguardo trionfante. Alcuni studenti alzarono gli occhi e videro il direttore raggiante, e i cinque vicedirettori seduti ai suoi lati. Cercarono de Guerle, il censore, l'uomo che amavano e in cui avevano fiducia. Ma de Guerle non c'era; non aveva voluto assistere all'umiliazione dei suoi studenti. Sulla pedana non c'erano facce amichevoli, non c'era un solo sguardo che apparisse addolcito dalla simpatia o dalla piet. Il pi assoluto silenzio regn sulla pedana occupata dai professori e tra i tavoli degli studenti. Fu interrotto soltanto dal rumore che i commensali facevano sorbendo il brodo, e dal rumore dei coltelli contro le forchette, quando fu servito il pollo. In quel silenzio,si poteva sentire il rumore della masticazione. La sala, bench le candele fossero tutte accese, sembrava buia e tetra. La frutta venne accolta senza commenti e mangiata senza fretta. Lo champagne ricevette la stessa apatica, indifferente accoglienza. L'atmosfera opprimente era causa di quel silenzio, e il silenzio appesantiva l'aria opprimente che alimentava la tensione. Era peggio che a un funerale. Il direttore si alz. Reggeva in una mano grassa una coppa di champagne, e con l'altra mano si lisciava la barbetta. " Bevo alla salute del nostro amato re, Luigi XVIII." E allora accadde il fatto inatteso, fantastico ! Gli studenti si guardarono. Sapevano che cosa ci si attendeva da loro. Avrebbero potuto radere al suolo la scuola, picchiare gli istitutori,ma non potevano rifiutarsi di bere alla salute del re. Non avevano fatto alcun proposito comune di respingere quel brindisi. Ma nessuno volle alzarsi per primo. Si scambiarono occhiate di disprezzo, sfidando chiunque avesse osato alzarsi. Ma nessuno si mosse. Restarono tutti a sedere, mentre il direttore in piedi e i professori fissavano inorriditi e stupefatti quelle figure di cera rigidamente incollate ai banchi, che sostenevano arditamente gli sguardi sbalorditi
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degli istitutori. L'umilt della sottomissione era scomparsa, la sconfitta s'era trasformata in trionfo. Questa era la loro rivincita. Fissarono la faccia paonazza del direttore. Lo videro tornare a sedersi, imitato dai professori, sforzandosi di apparire distaccato e indifferente. Nella sala torn il silenzio, ma era un silenzio diverso. Il senso di trionfo aveva abbandonato il tavolo sulla pedana, ed era sceso fra gli studenti. Il senso di umiliazione era passato dagli studenti al tavolo dove sedevano i professori. Emond rivolse un'occhiata interrogativa a Berthot, che annu lentamente con la sua testa rossa. Ora avrebbe fatto sentire la sua magica voce. Ma stavolta,la sua fronte appariva imperlata da piccole gocce di sudore. Sicch quell'onnipotente, disceso al Louis-le-Grand dall'Olimpo, aveva paura e sudava. Alz il bicchiere. " Bevo al nostro direttore, il signor Berthot." La voce magica aveva perduto il suo potere d'incantesimo. Neppure uno studente si mosse. Ma i loro occhi brillarono pi vivi, guardando divertiti le mummie sulla pedana, troppo orgogliose per mostrarsi imbarazzate, e troppo goffe per riuscire a celare la loro disperazione. Come marionette ripeterono un evviva, che sembr pi di scherno che d'augurio.
Un giovane professore arross, si alz, e declam rapidamente:"Bevo al nostro censore assente, al signor de Guerle." Stavolta vi fu un'esplosione, uno scoppio improvviso d'energia lungamente frenata. " Viva il signor de Guerle !" Uno studente salt dal suo banco sul tavolo, scagli sul pavimento alcuni piatti con le loro porzioni di pollo, dette un calcio ad alcuni bicchieri di champagne e agitando una forchetta diresse il coro, dando ritmo, potenza e uniformit alla frase che tutti ripetevano. Gli altri studenti afferrarono forchette e cucchiai e batterono il ritmo del loro grido su piatti e bicchieri, mandandoli in pezzi e spargendo il vino sul pavimento. Il direttore batt il pugno sul tavolo.

" Silenzio ! Silenzio ! Voglio parlare."


Ma appena le sue parole riuscivano a farsi sentire, il grido di " Viva il signor de Guerle !" cresceva fino a sommergere le sue urla. Si vedeva la sua bocca agitarsi e i suoi pugni tempestare, ma a quello spettacolo non corrispondeva alcun suono. Infine, le sue parole riuscirono a penetrare in quella corazza di urla. " Silenzio ! Silenzio ! Voglio dirvi una cosa. Voi non fate pi parte di questa scuola. Non siete pi nostri studenti. Noi non siamo pi responsabili di voi. Siete espulsi dal Louis-le-Grand. Tornerete dai vostri genitori, tutti. Silenzio ! Ripeto..." Le grida isteriche cessarono e si ristabil il silenzio. Nessuno cerc di rianimare il grido di prima. Le parole erano ormai esaurite di senso, vuote. Avrebbe dovuto accadere qualcos'altro, adesso. Anche se dovevano lasciare la scuola, non lo avrebbero fatto da vinti. Aspettavano che qualcuno li guidasse, e indicasse loro il modo di esprimere la forza che quel giorno avevano scoperto in se stessi. Il silenzio fu rotto da una voce chiara che cantava le parole proibite della Marsigliese. Il canto si estese e crebbe. Crebbe in ampiezza e in commozione. L'inno di battaglia dei loro padri, sepolto in fondo al loro cuore, era di nuovo con loro. Cantarono le parole che avevano acceso la fiamma della libert; la melodia della battaglia, della vittoria e di una Francia gloriosa, le parole che alcuni di loro avrebbero cantato sei anni dopo, combattendo e morendo per le strade di Parigi.

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4.

Settembre 1824

L'estrema agonia di Luigi XVIII, l'ultimo re di Francia destinato a morire in terra francese, era durata tre giorni. Vi aveva assistito una folla di cortigiani, nel caldo soffocante e nel silenzio rotto unicamente dai gemiti del re sofferente. Prima di morire, il re aveva alzato la mano bianca dalle dita bitorzolute e immobili sopra la testa del treenne duca di Bordeaux e aveva sussurrato:" Dio ti benedica. Che mio fratello possa custodire teneramente la corona per questo bambino." M.me du Cayla si guadagn la riconoscenza dei suoi protettori persuadendo il re morente a chiamare un confessore. Per quest'atto, ella ricevette centomila franchi. Il 16 settembre,verso le quattro del mattino, il gentiluomo che reggeva la cortina del letto, la lasci cadere e annunci che il re aveva " cessato di respirare." Nove giorni dopo, il feretro di Luigi XVIII veniva calato nel sacello della cattedrale de Saint Denis, e per l'ultima volta quelle tetre mura ricevettero il corpo di un re di Francia. Una fila di araldi gett sul feretro le cappe e gli scudi, e ogni volta quel tragico gesto venne accompagnato da grida di "Il re morto ! Il re morto !" Tre duchi si fecero avanti. Ciascuno gett nella tomba i colori della Guardia reale da lui comandata e ogni volta gli araldi ripeterono:" Il re morto." Poi la corona, lo scettro, gli speroni, la corazza, la spada, lo scudo tutte le insegne di guerra di quel re cos poco bellicoso vi furono gettate a loro volta, e la cattedrale risuon di tonfi metallici e del grido degli araldi:"Il re morto!" Il Gran Ciambellano, il principe di Talleyrand, si fece avanti zoppicando e abbass sul feretro lo stendardo di Francia. Poi venne avanti il Cerimoniere di corte e batt tre volte il suo pesante bastone sul pavimento di pietra. Quando il cupo suono si spense, egli grid:"Il re morto, il re morto,il re morto,preghiamo per l'anima del re defunto." Tutte le teste si chinarono in silenzio. Il Cerimoniere di corte batt di nuovo il suo bastone. " Viva il re !" L'ingresso del sepolcro si chiuse con fracasso, risuonarono i tamburi, echeggiarono le trombe e il coro degli araldi declam: " Viva re Carlo, decimo di questo nome, per grazia di Dio re di Francia e di Navarra, cristianissimo, augustissimo, potentissimo, nostro onoratissimo signore e buon padrone, che Dio gli conceda lunga e felice vita. Gridiamo tutti:" Viva il re." Cos ebbe inizio il regno di Carlo X, ultimo re legittimo della dinastia dei Borboni sul trono di Francia.

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Capitolo 3 Sono un matematico


1. 29 maggio 1825

Nel gennaio del 1825, il "Moniteur" annunci che l'incoronazione di Carlo X avrebbe avuto luogo a Reims,in primavera. I cittadini di Reims guardarono con animo orgoglioso e grato le torri della loro cattedrale,dalle quali sarebbe caduta sulla citt una pioggia d'oro. La cerimonia era ancora lontana e gi ogni bugigattolo, purch contenesse un letto, veniva affittato a sessanta franchi la notte. L'ambasciatore inglese, lord Northumberland,mand il suo cameriere a Reims a cercargli un alloggio. Il cameriere vide un avviso di vendita davanti a una grande casa e chiese il prezzo al proprietario. " Diecimila franchi." " Mi occorre solo in affitto." " Per quanto tempo ?" " Per i tre giorni dell'incoronazione." " Allora vi coster tremila franchi." Un mese prima dell'incoronazione, un nugolo di muratori frantum tutti i pezzi pericolanti delle sculture della cattedrale, per timore che potesse caderne qualcuno sulla testa del re. Frammenti di facce del Cristo e pezzi d'ala degli angeli finirono nelle macerie. In maggio, il " Moniteur " annunci trionfalmente che il re sarebbe stato unto con l'antico olio santo che una colomba aveva portato dal cielo. La graziosa ampolla si conservava a Reims da secoli. Ma nel terribile anno 1793, il cittadino Ruhl, rappresentante del popolo e commissario della convenzione, afferrata la bottiglia sacra che si trovava nella cattedrale, l'aveva rotta sulla testa della statua di Luigi XV, spargendo tutto l'olio sull'effige del re e nel fango della strada. Ma era avvenuto un miracolo, e alcuni personaggi degni di fede, ma non bene identificati, avevano raccolto le sacre gocce dalla pietra e dal fango, e le avevano conservate, in attesa del gran giorno in cui un re Borbone sarebbe incoronato di nuovo a Reims. Il giorno dell'incoronazione, di primo mattino, la processione fece il suo ingresso nella cattedrale. Il re indossava una toga vermiglia a strisce d'oro, e i pari di Francia che circondavano il re indossavano lunghi mantelli di velluto e di ermellino, ricamati d'oro. All'interno, per l'occasione, l'austera cattedrale gotica era stata trasformata in teatro

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greco, e la rappresentazione si svolse sotto un baldacchino di raso cremisi. L'arcivescovo e il re furono i protagonisti di uno spettacolo che dur cinque ore,durante le quali il re cambi costume sei volte. Lo assistette un cugino, primo principe del sangue, Luigi Filippo duca d'Orlans. Durante una scena il re giacque prono sui cuscini,col suo bel viso e i grigi capelli sul tappeto che l'arcivescovo calpestava. Il rappresentante del Santo Padre punse le carni del re con un ago d'oro, attraverso sette buchi praticati nei vestiti di Carlo. Durante un'altra scena, il re s'inginocchi davanti all'arcivescovo, dopo aver ricevuto lo scettro nella mano destra e i simboli della giustizia nella sinistra. E l'arcivescovo pose sulla testa del re prima l'olio santo miracolosamente conservato, poi la corona di Carlomagno. Qualcuno fra i presenti ricordava uno spettacolo assai diverso, ma altrettanto ricco, che lo aveva estasiato una ventina d'anni prima: uno spettacolo che non s'era svolto a Reims, ma nella cattedrale di Ntre Dame, a Parigi. Quella volta non c'era l'arcivescovo, ma il papa in persona, venuto da Roma per incoronare il giovane dio della guerra. E Napoleone non si era prostrato affatto davanti al Santo Padre ! NO ! A Sua Santit non era stato neppure concesso di toccare la corona. Era stato lo stesso Bonaparte a prendere con le sue imperiali mani la corona di Carlomagno, e a porsela fermamente sull'imperiale testa. Quelli fra i presenti che nutrivano odio per gli ultra,osservavano lo spettacolo col timore che il re non avrebbe tardato a pronunciare il vecchio giuramento dei re francesi di preservare i diritti della Chiesa e di sterminare gli eretici. Fu con sollievo che udirono le nuove parole introdotte nell'antico rito: il re giurava di rispettare la Carta costituzionale. Quando infine la cerimonia ebbe termine, e Carlo,investito di tutte le prerogative e dei diritti reali, sedette rigidamente sul trono, i presenti esausti gridarono:" Vivat rex in aeternum." La Rivoluzione? L'Impero? Non erano che brevi, oscuri episodi del glorioso passato della Francia. Ora che la dinastia dei Borboni doveva regnare per sempre, le tracce di quei giorni dovevano svanire dalla terra e il loro ricordo doveva morire nel cuore degli uomini. La grande cortina che nascondeva il fondo della cattedrale fu tirata da parte, la folla irruppe,rimbombarono le campane,si lev il suono dell'organo, echeggiarono le trombe, le salve dei cannoni risposero al fuoco dei moschetti e centinaia di colombe furono liberate dall'alto della volta;volteggiarono in una nuvola d'incenso, atterrite dal umore della folla. Cos fu incoronato, a Reims, l'ultimo re di Francia.

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2.

1825 1827

Questi furono gli anni in cui la borghesia francese,sconfitta,cominci a risollevare la testa,coniando uno slogan per la sua lotta contro gli ultra. Il primo,Vive la charte, ebbe scarso effetto. La gente non aveva nessuna voglia di preoccuparsi della carta costituzionale, che il re aveva giurato di rispettare. Il secondo slogan colp l'immaginazione dei francesi e infiamm la nazione. Da un capo all'altro del paese si ud ripetere " Abbasso i gesuiti," " Abbasso la Congregazione ","Abbasso i preti neri." Un papa liberale filosofeggi: " La nostra ra sar difficile da spiegare ai nostri figli. Le controversie teologiche sono all'ordine del giorno e non si sente parlare d'altro che di frati e di gesuiti." La stupidit e la cecit degli ultra,che parteggiavano per Carlo e per i gesuiti, erano i migliori alleati dell'opposizione. I liberali continuavano a ripetere gli stessi argomenti: la Francia era governata dal re, ma il re era una marionetta nelle mani dei gesuiti. Le camere vararono una legge in base alla quale il furto di oggetti sacri veniva punito con la morte. Le stesse camere vararono un'altra legge che puniva la profanazione dell'ostia alla stregua del parricidio. A Reims, il re s'era prostrato davanti all'arcivescovo. Non era evidente che i gesuiti intendevano far tornare al Medio Evo e ai tempi dell'Inquisizione l'orologio della storia ? Ben presto, i negozianti e i commercianti di Parigi dovevano assistere a uno spettacolo ancora pi allarmante. Durante la festa della Chiesa, nella celebrazione del giubileo del 1826, processioni religiose percorsero le vie di Parigi, e il re partecip a tutte le processioni. Durante l'ultima processione, la pi pomposa di tutte, venne benedetta la posa della prima pietra per l'erezione di un monumento al re martire, Luigi XVI. Carlo X, i membri della famiglia reale, cardinali, vescovi, duemila preti, marescialli, generali, ufficiali di Stato Maggiore, pari, deputati, pubblici ufficiali, magistrati, formavano una processione che superava tutte le altre per lunghezza e magnificenza. Quando la processione giunse in piazza Luigi XV, rugg l'artiglieria. L'arcivescovo di Parigi sal gli scalini dell'altar maggiore. Tre volte invoc la grazia e la misericordia del cielo, mentre i presenti cadevano in ginocchio. Poi il re, vestito di viola, colore del lutto reale, si fece avanti per posare la prima pietra, che sarebbe stata benedetta dall'arcivescovo. Ai parigini,sempre pronti a godersi uno spettacolo ricco di colore,le vesti del re e dell'arcivescovo parvero assai simili. La processione aveva appena fatto ritorno a Ntre Dame al rombo dei cannoni, per le vie fiancheggiate da truppe, che una nuova voce cominci a diffondersi da Parigi: e cio che il re era stato fatto vescovo, che era membro dell'Ordine dei gesuiti, e che la processione era una penitenza impostagli dalla Chiesa per fargli espiare i suoi peccati di giovent. Vennero propalate voci sempre pi assurde, con discorsi e pamphlets; si diceva che nessuno poteva ottenere un impiego, se non era gesuita; che i preti disponevano di un migliaio di bravi armati di pugnale; che il papa poteva spodestare un sovrano a suo piacimento. La regola del fanatismo venne dipinta come un pericolo ancora pi grave, per l'agricoltura, i commerci e l'industria, della stessa anarchia dei rivoluzionari pi sanguinari. Il governo tentava di frenare quelle dicerie trascinando davanti ai tribunali
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coloro che " gettavano discredito su persone o cose attinenti alla religione." Ma nella maggior parte dei casi i giudici assolvevano gli imputati, dopo che il linguaggio di costoro si faceva pi violento e insolente. Le vetrine dei negozi parigini esponevano figure di preti dal pancione gonfio e dalla faccia oscena,e disegni di monaci ascetici dalla figura allampanata che bruciavano i libri di Voltaire. Lo spettro dei gesuiti venne gonfiato fino all'assurdo, e fin col gettare su tutta la Francia un'ombra di odio e di paura. Nei caff, nei club, nelle osterie, la parola pi frequente era " gesuiti ". Nei collegi reali,gli studenti ripetevano ci che avevano sentito dire dai loro genitori. Per avere un'idea dell'umore che prevaleva al Louis-le-Grand,non c' di meglio che leggere la lettera costernata che Laborie, il nuovo direttore, scrisse al suo superiore, il ministro dell'Educazione Nazionale: Gli studenti difettano di spirito religioso. Quei pochi che conservano la fede, si vergognano di farsi il segno della croce per timore dei sarcasmi e delle risa dei compagni. Niente sacro per loro. Hanno spirito e cuori selvaggi. L'empiet al culmine, e non c' molta speranza che le cose migliorino. Gli stessi professori dnno il cattivo esempio, disertando regolarmente la cappella. I genitori dnno il cattivo esempio eccitando l'immaginazione dei figli e ispirando loro sentimenti di rivolta, con continui discorsi sul famoso ordine dei gesuiti e sui pericoli di una dominazione della Chiesa. I gesuiti sono l'argomento pi popolare fra gli studenti. Come si pu tirare avanti con dei giovani convinti che i loro atti di ribellione riscuoteranno l'approvazione dei loro genitori ? Dopo la ribellione al Louis-le-Grand, Berthot, l'odiato direttore, era stato esonerato. Berthot aveva espulso i centoquindici migliori studenti, orgoglio e fiore della scuola, coloro che erano riusciti vincitori di tante gare e avevano fatto del Louis-le-Grand il pi rinomato dei collegi reali. Ma lo spirito di ribellione era prevalso,e questo non gli era stato perdonato. Cos Berthot era stato rimosso dalla carica, e al suo posto era stato nominato Laborie.Berthot era stato brutale, rozzo e goffo. Laborie era beneducato, abile nell'intrigo e devoto al re. Il collegio sarebbe stato diretto con lo stesso spirito,ma con una mano guantata, capace di rendere pi dolce il dolore e pi attutito il clamore, quando si fosse trattato di soffocare una rivolta degli studenti. In quegli anni Galois, di tappa in tappa, ottenne l'ammissione alla classe retorica. Non dimentic mai che solo la sua assenza al banchetto di San Carlomagno gli aveva impedito di subire la stessa sorte dei centoquindici studenti espulsi. In quegli anni, gli insegnanti del Louis-le-Grand non fecero che lagnarsi della scarsa disciplina dello studente Galois, della sua scarsa ambizione e del suo continuo starsene fra le nuvole. Non che manchi di capacit,dicevano,anzi dotato di capacit non comuni, ma immaturo e bizzarro. Il direttore consigli energicamente a Nicolas Gabriel Galois di far ripetere la seconda al figlio Evariste. Ma Nicolas Gabriel Galois non fu d'accordo, e cos avvenne che, nell'autunno del 1826, Evariste fu ammesso alla classe di retorica, e cominci a contare i giorni che lo separavano dal momento in cui avrebbe potuto finalmente riacquistare la sua libert

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3.

Febbraio 1827

Evariste buss e gli rispose un secco: " Avanti !" Evariste entr nello studio e si ferm sulla porta, mentre il direttore continuava a scrivere. Il ragazzo guard i lineamenti angolosi del direttore, le labbra strette, la magra faccia ascetica. Poi guard la scrivania,cont gli oggetti che giacevano sulla scrivania, guard i quadri appesi alle pareti,e poi di nuovo il direttore. Evariste pensava:" Tu sai benissimo che sono qui che aspetto. E' un nuovo genere di tortura escogitato dal gran maestro dell'inquisizione, il signor Laborie,direttore del Louis-le-Grand. " Ma ti far ricordare io che sono qui. Ti verr vicino con la massima calma, poi a un tratto ti strapper la penna di mano, la spezzer e dir:" Ti odiamo, ti disprezziamo tutti. Sei un gesuita, un gesuita, un gesuita in mantellina ! Vedremo se ti accorgerai di me !" Il direttore alz gli occhi. " Ah,s, Galois." Pos la penna, si appoggi allo schienale e parl da una grande altezza, con voce molto lenta e chiara. " Galois ! Ho letto e discusso i vostri voti. Ci aspettavamo di meglio." Galois replic, ma solo fra s e s, poich al Louis-le-Grand aveva imparato a tenersi dentro i suoi pensieri: " E' perch non ho nessuna simpatia, n per te, n per la scuola. Lo sapevo che non mi avresti fatto finire la scuola, quest'anno, neanche se fossi andato bene; te lo avevano ordinato i preti neri." Laborie attese una risposta, che non venne. " Eravamo convinti che foste troppo giovane per la classe di retorica. Non avete ancora sedici anni. Ma abbiamo pensato che potevamo sbagliarci, e non abbiamo voluto insistere. Purtroppo,con nostro rammarico, il tempo ci ha provato che avevamo ragione." " Siamo certi che in seconda vi troverete meglio.Sarete alle dipendenze di un'eccellente persona, il signor Girardin. Starete con ragazzi della vostra et, lo studio vi riuscir assai pi facile, e certamente farete maggiori progressi." Il direttore fece una pausa come se aspettasse una risposta, poi, con studiata lentezza, riprese il suo scelto eloquio. " La sola cosa che ci sta a cuore il bene dei nostri studenti. Perci, non solo cerchiamo di istruirvi e di svilupparvi la mente, ma soprattutto, cerchiamo di formarvi il carattere. E' una cosa che imparerete ad apprezzare quando sarete grande. Sarebbe troppo sperare che l'apprezzaste adesso. Ma un anno di pi trascorso al Louis-le-Grand potr aprirvi gli occhi. Se ne avvantagger non solo la vostra cultura, ma, cosa assai pi importante, ne guadagnerete in maturit e discernimento." Neppure stavolta vi fu alcuna reazione. Laborie domand ad Evariste: " Capite quello che vi sto dicendo ?" " Perfettamente, signore."
"Allora siete d'accordo con me ?"
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Galois non rispose. Con voce in cui non risuonava la minima impazienza o fastidio, il direttore ripet:" Vi ho chiesto se siete d'accordo con me." Evariste fren l'ira che gli cresceva dentro e riusc a rispondere, calmo:" No, signore." Il direttore lo guard con interesse, e la voce amichevole si fece ancora pi dolce. " Allora spiegatemi perch non siete d'accordo. Pu darsi che discutendo insieme si giunga a una soluzione soddisfacente per entrambi. Se ci che vorrete suggerirmi sar nel vostro interesse, non avremo difficolt a trovare questa soluzione. I nostri interessi non sono in contrasto: anzi, collimiamo strettamente. Dunque, ditemi, Galois. Perch i miei argomenti non vi convincono ?" Evariste sent che la tempesta arrivava, si sent urgere dentro parole d'insulto e di violenza. Capiva che non avrebbe resistito a lungo all'impulso di pronunciarle. Sarebbero venute fuori e sarebbero andate a colpire gli orecchi di quella magra faccia ascetica. Cerc disperatamente di pensare a qualcosa che potesse calmare la tempesta e costringere le parole a restargli nella lingua.

Pens a suo padre. Avrebbe dovuto riferirgli per filo e per segno le parole del direttore, e le sue. Doveva fare in modo che a suo padre non ne venisse motivo di tristezza. Stava accadendo qualcosa, a suo padre. Quant'era che non lo vedeva pi allegro come una volta, quando si divertiva a comporre strofette e a fare la caricatura dei suoi amici, ridendo in quel suo modo cos comunicativo. Un riso che contagiava tutti. Tranne sua madre. Quell'improvviso cambiamento doveva avere un motivo. Quale che fosse, lui non doveva aggiungerne altri. Disse umilmente:" Signore, mi chiedo se non sarebbe meglio per me se restassi nel corso di retorica. Spero di riuscire a far bene. In caso contrario, l'anno venturo sar pronto a ripetere il corso."
Laborie guard Galois come se questi avesse espresso un'idea eccellente, alla quale lui stesso non aveva mai pensato. " Discutiamo spassionatamente il vostro piano e vediamo quale dei due conviene di pi alla scuola, e di conseguenza a voi. A noi interessa che lasciate la scuola con buoni voti. Vogliamo essere orgogliosi di voi, ma vogliamo altres che anche voi siate orgoglioso del Louis-leGrand. " Se tornate in seconda, dove siete andato benino, avrete buone probabilit di partecipare al concorso generale, e, chiss, potreste anche vincere un premio. Quindi, con una preparazione simile, l'anno prossimo potreste cavarvela altrettanto bene nel corso di retorica. Ma se restate nella classe di retorica, potrete s e no strappare una promozione, cosa di cui dubito molto. Sono quasi certo che dovreste ripetere l'ultimo anno partendo con brutti voti; mentre, tornando in seconda, potrete cominciare l'ultimo anno con buoni, forse con ottimi voti. Pi ci rifletto, e pi mi convinco che il nostro piano assai pi conveniente, per voi e per la scuola. S, ora sono quasi convinto che il nostro piano migliore."

Quindi si rivolse a Galois in tono conclusivo. " Spero d'essere riuscito a convincere anche voi." "Devo troncare questa discussione, devo troncarla a tutti i costi. Se resto qui ancora un poco, finir con lo sputare su questa faccia di gesuita. Devo troncarla, devo troncarla adesso." In tono umile, Evariste disse:" S ! Sono convinto."
Dentro di lui, fu come se si fosse sputato addosso.

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4.

1827

Evariste torn in seconda, alle vecchie lezioni, all'antica noia tra nuovi compagni di classe. Paventando il monotono ripetersi di un'antica routine ormai familiare, Evariste decise di iscriversi al corso di matematica. Era un corso impopolare tra gli studenti, e nella scuola non lo ritenevano cos importante da renderlo obbligatorio. E cos, un gruppo eterogeneo di studenti di terza, di seconda e del corso di retorica, si riunivano quattro ore alla settimana, per annaspare tra gli elementi della geometria. Evariste fu ammesso al corso all'inizio del terzo trimestre, e agli studenti era stata gi spiegata una buona met degli Elments de gometrie del grande matematico Adrien Marie Legendre, un libro che per molti anni ancora avrebbe dovuto far sentire il suo influsso sui libri di testo di geometria. Durante la prima ora, Evariste apr il libro di Legendre e lesse i primi periodi: 1. Oggetto della Scienza della Geometria la misurazione dello spazio. Lo spazio ha tre dimensioni: lunghezza, larghezza e altezza. 2. Una linea lunghezza senza larghezza. Le estremit di una linea sono dette punti; un punto non ha estensione. 3. La linea retta la distanza pi breve tra due punti. 4. Ogni linea che non sia retta o composta di linee rette, una linea curva. L'ultimo periodo rimandava a una figura. Le figure non erano inserite nel testo, ma erano riunite alla fine. Evariste apr il libro alla prima pagina delle figure, lesse il testo e guard la figura corrispondente. Poi lesse rapidamente molte definizioni e giunse all'ultima sezione, che cominciava: " Un assioma una proposizione di per s evidente." Pens:" Che cosa di per s evidente ? Ci che per uno di per s evidente, pu non esserlo per un altro. Esiste qualcosa che pu essere evidente di per se stessa per tutti e sempre ?" Lesse: Un teorema una verit che diviene evidente mediante un ragionamento chiamato dimostrazione. Pens:" Allora la geometria in rapporto con la verit. Vi sono teoremi che sono veri. Ci che noi otteniamo col ragionamento, di rendere evidente la verit di questi teoremi. Ma naturalmente, la loro verit pu essere evidente solo nella misura in cui lo la verit degli assiomi su cui i teoremi si basano. Tutta la geometria si basa sugli assiomi. Che cosa sono questi assiomi ?" Trov la risposta alla pagina appresso: Assiomi 1. Due quantit uguali a una terza sono uguali tra loro. 2. L'intero maggiore di ciascuna delle sue parti. 3. L'intero uguale alla somma delle parti in cui diviso. 4. Per due punti passa una sola retta. 5. Due linee, due superfici o due solidi sono uguali se, sovrapposti, coincidono in tutti i loro punti.

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Man mano che procedeva nella lettura, vedeva formarsi davanti ai suoi occhi, una pagina dopo l'altra, l'edificio della geometria, semplice e armonioso come un tempio ellenico. Vide non solo i singoli teoremi, ma ne colse le correlazioni, l'architettura d'insieme, ricostru la stupenda struttura della geometria. Si sorprese ad anticipare e ad indovinare ci che sarebbe venuto subito dopo; vide quella magnifica struttura crescere davanti ai suoi occhi. E ben presto l'aula, e ci che gli stava intorno, compagni di scuola, istitutori, rumori, odori, cess di esistere per lui. Gli astratti teoremi della geometria divennero pi reali del mondo della materia. L'edificio della geometria gli si and sviluppando nella mente. Man mano che andava leggendo i teoremi, ne intuiva quasi sempre in un lampo la dimostrazione, e correva con gli occhi sul testo per trovarvi conferma. Ben presto fu in grado di fare a meno delle dimostrazioni; anticip molti teoremi e sent come se la geometria gli fosse familiare da molto tempo. Solo che quella conoscenza era rimasta fuori dalla sua coscienza, nascosta da un velo buio. La lettura del libro di Legendre aveva lacerato quel velo e gli aveva rivelato il tempio ellenico. Gli sembr che una forte mano soccorrevole lo avesse strappato al Louis-leGrand.Galois aveva finito d'essere infelice, perch il Louis-le-Grand aveva cessato d'esistere per lui. Durante le altre lezioni, approfitt di ogni minuto libero della giornata per leggere, divorando i teoremi e trovandone la dimostrazione con prove sue, col suo ragionamento. Il primo giorno arriv al " Libro IV " sui poligoni regolari e sul cerchio, e giunse al problema: Trovare un cerchio che differisca il minimo possibile da un dato poligono regolare. Pens: " Che razza di numero ? " Per averne la spiegazione and alle note scritte in carattere pi piccolo, destinate agli studenti pi avanti nello studio, e vi trov la prova che il rapporto tra la circonferenza e il diametro, nonch il quadrato di tale rapporto, erano numeri irrazionali. La lettura cominciava a farsi pi difficile. S'imbatt in nuovi simboli,come tgx, dei quali ignorava il significato. And all'ultima parte del libro di Legendre, al Trait de trigonomtrie, che conteneva la spiegazione di quello e di altri simboli trigonometrici. Quando la sera, alle nove e quindici, si spensero le luci in tutti i dormitori, Evariste si sdrai ad occhi aperti sul suo letto, fissando il vuoto. Vide tutti i teoremi che aveva imparati quel giorno. Gli apparvero figure geometriche intersecate da equazioni sparse in ogni direzione. Un nuovo teorema reclamava la dimostrazione della propria verit. Ragionamento e sogno formavano una fantastica mescolanza di logica e di immaginazione, in cui le persone sembravano formule e i teoremi creature viventi. Evariste cerc di tener separati i due mondi, ma non pot impedire che per tutta una notte esilarante, insonne, essi restassero uniti. La mattina dopo riprese la lettura di Legendre. Per la prima volta da quand'era al Louis-le-Grand non pens a suo padre, n sent l'odore del fieno, n ud suonare le campane di Bourg-la-Reine. Nel suo cervello bruciava una fiamma nuova, che solo la morte avrebbe potuto estinguere. In due giorni aveva finito di leggere il libro di Legendre, un libro che doveva servire per due anni di studi. Conosceva quel libro da cima a fondo, e sapeva che ormai tutto ci che vi aveva imparato gli sarebbe rimasto fisso nella mente, e sarebbe cresciuto fino all'ultimo istante della sua vita.

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Durante la lezione di matematica il professor Vernier disse ad Evariste: " Voi siete nuovo di questo corso." Evariste si alz. Gli occhi di Vernier erano stanchi e amichevoli. " Questa una materia nuova, per voi. Forse al principio vi sembrer difficile. Ci vorr un p perch vi ci abituiate. Prima di interrogarvi vi lascer, diciamo, un mese di tempo." Galois rimase zitto, fissandolo. Vernier lo guard impaziente. " Pensate di potercela fare, in un mese ? " " S, signore." Vernier cominci la sua lezione, sui poligoni regolari inscrivibili o circoscrivibili a un cerchio. La maggior parte degli studenti pareva annoiata. La voce dell'insegnante era sorda e incolore. Ripeteva i teoremi cos come si trovavano nel libro di Legendre; per darne la dimostrazione, Vernier usava gli stessi esempi e le stesse spiegazioni. Annacquava il ragionamento aggiungendovi nuovi esempi, che ripeteva fino alla saziet. L'insegnante riportava sulla lavagna le figure del libro, e gli studenti riportavano nei loro quaderni le figure della lavagna. Quando erano interrogati, usavano le stesse frasi che erano state impiegate dal professore, e che erano le medesime usate da Legendre. La maggior parte degli studenti imparava quelle proposizioni come se si fosse trattato di poesie in latino o in greco, e le ripeteva meccanicamente, senza cercare di capirne il significato. Evariste sentiva che l'anima della geometria ne usciva torturata, ridotta a uno scheletro senza vita, a un mucchio di frasi noiose, senza senso, imparate a memoria giorno per giorno. Cap che quella scuola si adoperava con abilit insuperata a trasformare la belleza in noia, la logica e il ragionamento in dogma, il tempio ellenico in un mucchio di pietre.
La biblioteca del collegio era in uno stato di disintegrazione. Le finestre non si chiudevano, la luce era cattiva, i muri e i libri erano ammuffiti, e solo rari studenti frequentavano quella biblioteca, in cui era possibile trovare ottimi libri di latino, greco e storia, ma solo pochissimi testi di matematica. Quando Evariste ritir la Rsolution des quations numriques di Lagrange, il bibliotecario cerc di far dello spirito. "Conoscete il regolamento; i libri non si possono tenere pi di otto giorni. Pensate di poterlo finire, in otto giorni ?" " Cercher."

Evariste lesse la definizione dell'algebra contenuta nell'introduzione.


L'algebra, come la si intende comunemente, l'arte di determinare quantit non conosciute in quanto funzioni di quantit conosciute o supposte tali; altres l'arte di trovare una soluzione generale delle equazioni. Questa soluzione consiste nel trovare, per tutte le equazioni dello stesso grado, quelle funzioni dei coefficienti delle equazioni algebriche che ne rappresentano tutte le radici. Finora,il problema si pu considerare risolto solo per le equazioni di primo, secondo, terzo e quarto grado...

Lesse il libro di Lagrange pi lentamente di quello di Legendre. Era mosso da sentimenti contrastanti. Bench trovasse eccitante quell'importante opera, pure provava
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un senso di insoddisfazione,anzi di disappunto, che aumentava, man mano che andava avanti nella lettura. Aveva veduto limpidamente la struttura della geometria, ma ora non ne vedeva alcuna. E si rendeva conto che era cos, perch non esisteva alcuna struttura. L'edificio della geometria aveva stile,armonia e bellezza. L'algebra era una strana collezione di costruzioni di stile diverso, in gran parte appena iniziate, e nessuna compiuta. Dietro quell'insieme accidentale di costruzioni, non si riusciva a cogliere la mente di un grande architetto. Evariste cerc di spiegarsi le ragioni della sua insoddisfazione. Riflett sul problema fondamentale dell'algebra: la risoluzione delle equazioni algebriche. L'algebra cio l'algebra elementare trae origine proprio da quel problema, e quell'origine risale a tempi lontani. La moderna algebra, quella dei giorni nostri, importante campo di ricerche per i contemporanei, deriva da quel medesimo problema, e le sue origini risalgono all'opera di Galois. Cos, la risoluzione di una equazione pu essere un problema facile, noto all'antichit, o un problema difficile risolto all'epoca della Rinascenza, oppure pu essere, in un certo senso, un problema impossibile, come ammettono Abel e Galois. Dire che 2x-1 uguale a zero, se x uguale a , significa risolvere una volgare equazione che merita a malapena di fregiarsi di questo nome. Ma andiamo un gradino pi su, fino a un'equazione di secondo grado; ad esempio x - 5x + 6 = 0. Qui ci occorre un numero ( o dei numeri ) che, sostituiti alla x, soddisfino quest'equazione, o, come si dice, vogliamo trovare le radici di quest'equazione. Infatti, se in quest'equazione sostituiamo alla x il numero 2 o 3, vediamo che ognuno di questi numeri soddisfa l'equazione x 5x + 6 = 0 ( x significa x volte x; 5x significa 5 volte x). Studiando queste equazioni di secondo grado relativamente semplici, si giunti a una scoperta ricca di sviluppi: la scoperta dei numeri immaginari e complessi. Si potrebbe obiettare che ci stiamo muovendo in una fragile rete di pensieri astratti,di speculazioni del tutto lontane dalla realt. Ma l'equazione di secondo grado porta ai numeri complessi, e i numeri complessi sono pane quotidiano per gli ingegneri e i fisici. La scienza dei tempi nostri, la tecnica moderna, sono nate proprio dai sogni del matematico,dall'astratto tessuto dei suoi pensieri. Nell'equazione 2x 1 = 0, i numeri 2 e 1 sono i coefficienti. La soluzione di questa semplicissima equazione si trova dividendo " uno " per " due ". Analogamente, nell'equazione x 5x + 6 = 0, i numeri 1, 5 e 6 sono i coefficienti. Per trovare le radici di questa equazione basta eseguire su questi coefficienti alcune operazioni prescritte. Ricordiamo, infatti, che le radici erano 2 e 3. Ora questi numeri si possono trovare mediante le operazioni prescritte da queste due semplici formule: 5 55 46 5 + 55 46 2= e 3= 2 2 Se conosciamo i coefficienti sui quali operare, possiamo eseguire queste operazioni. Nel caso di un'equazione di secondo grado, queste operazioni sono ancora semplici, anche se molto pi complicate di quelle richieste per una equazione di primo grado. Talune equazioni algebriche si possono risolvere per mezzo di radicali. Questo significa che possiamo trovarne le soluzioni mediante un numero finito di operazioni

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eseguite sui coefficienti delle equazioni algebriche; cio, per mezzo di operazioni razionali (addizione, sottrazione, moltiplicazione e divisione) e di estrazioni di radici. Se mediante queste sole operazioni possiamo trovare una soluzione, diciamo che l'equazione risolubile per radicali. La risoluzione di un'equazione di primo grado cosa da poco. La risoluzione di un'equazione di secondo grado molto facile. Le difficolt cominciano con le equazioni di terzo grado. Ma la risoluzione possibile, e lo era quasi trecento anni prima che Galois nascesse. Le radici - cio la soluzione - di un'equazione di terzo grado,si possono trovare con metodi che sono familiari a qualsiasi matematico; il problema si pu ridurre a un metodo noto, cio alla risoluzione di un'equazione di secondo grado. Questo il metodo che si usa continuamente in matematica: ridurre la risoluzione di un nuovo problema alla risoluzione nota di un vecchio problema. Analogamente, un'equazione algebrica di quarto grado si pu risolvere per mezzo di radicali. Infatti, possiamo ridurre il problema della sua risoluzione a quello noto della risoluzione di una equazione algebrica di terzo grado. Ma a questo punto, il metodo esposto da Lagrange crolla sul pi bello,inaspettatamente. E'vero che, potendo risolvere un'equazione di secondo grado, se ne pu risolvere anche una di terzo grado. E se si pu risolvere un'equazione di terzo grado, se ne pu risolvere anche una di quarto grado. Sembrerebbe di poter prolungare ancora la catena. E che, potendo risolvere un'equazione di quarto, se ne debba poter risolvere una di quinto grado. Come se si salisse su per una scala a pioli, un gradino dopo l'altro, si dovrebbe poter arrivare alla risoluzione di equazioni di grado sempre maggiore. E' possibile salire da un'equazione all'altra, riducendo la risoluzione di un'equazione di grado superiore a quella dell'equazione di grado immediatamente inferiore ? E' possibile risolvere tutte le equazioni algebriche mediante operazioni razionali e estrazioni di radici ? In altre parole, si pu prolungare la scala all'infinito, o si arriva a un punto in cui essa finisce col crollare ? Galois sentiva che era questo il problema fondamentale dell'algebra, un problema di cui Lagrange ignorava la soluzione. Il metodo sviluppato da Lagrange funzionava fino alle equazioni di quarto grado, ma nel caso di un'equazione di quinto grado, rimandava a un'equazione di sesto grado. In altri termini, la risoluzione di un problema veniva " ridotta " a quella di un problema molto pi complicato. Era come se, per imparare a saltare dal tetto del Louis-le-Grand, uno si allenasse a saltare dal tetto di Ntre Dame. E ancora, volendo impiegare il metodo di Lagrange per risolvere un'equazione di sesto grado, il problema veniva ridotto alla risoluzione di un'equazione di decimo grado. Come se uno volesse raggiungere la cima del campanile di Notre Dame non salendovi, ma saltandovi sopra dalla cima del Monte Bianco ! Dapprima, Galois ritenne che doveva esistere un metodo mediante il quale era possibile provare che tutte le equazioni sono risolubili per mezzo di radicali. Si trattasse o meno di un metodo di facile applicazione, non aveva importanza. Gli sembrava che il problema fondamentale dell'algebra fosse quello di provare che esiste sempre una soluzione.

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Non era passata che qualche settimana da quando aveva finito di leggere la geometria di Legendre, e gi Galois cominciava a formulare i suoi problemi. Non aveva ancora sedici anni, e aveva gi provato la sofferenza di brancolare nel buio e l'estasi di veder luce nel buio. Intorno a lui, il mondo sembr mutarsi in nebbia. La scuola, gli insegnanti,i compagni, tutto cess d'aver importanza, come se non esistesse. Galois costru intorno a s un muro inespugnabile di pensieri astratti, che n il fragore n gli urti del mondo potevano penetrare. Sovente si dimenticava di portare in classe i libri dovuti; o stava a fissare l'istitutore senza udirne le domande, le osservazioni o i rimproveri. A volte, per mascherare il suo distacco, prorompeva inaspettatamente in un fiume di parole, che sembravano prive di senso, o arroganti. Era un conforto, per lui, che la matematica avesse rotto i suoi legami con il Louis-le-Grand. Ma s'erano sciolti anche i suoi legami con suo padre e con tutti gli altri familiari. Le loro immagini diventavano sempre pi evanescenti. Il suo universo mentale aveva cominciato a distruggere la realt della carne e del sangue. Con un piacere perverso, manteneva il segreto di quella sua passione,come se rivelarla fosse stato un tradimento, e un sacrilegio parlarne. S'era avviato per quella nuova strada solo, senza amici,senza alcuno che lo incoraggiasse o lo capisse. La matematica gli sembrava un'esperienza troppo grande, troppo intima, troppo personale per dividerla con qualcuno. Nel segreto dei suoi pensieri, si ripeteva con orgoglio: " Sono un matematico." Quando Vernier lo interrog per la prima volta in matematica, in classe si fece un silenzio insolito. Per gli studenti che avevano dato un'occhiata ai titoli degli strani libri letti da Evariste, quella era una buona occasione per vedere un insegnante messo in imbarazzo da uno studente. Quelli che erano stati offesi dalle secche e arroganti risposte di Galois, si ripromettevano invece di vederlo giustamente umiliato. Il silenzio rese perplesso e confuso il buon Vernier. Da parte sua, al pensiero di doversi esibire davanti a tutta la classe e di dover rispondere a domande assolutamente idiote, Evariste si sent sconvolto dal disgusto. Vernier cominci a interrogarlo gentilmente. " Fatemi vedere come si divide un angolo in due parti uguali." Quella domanda d'una banalit cos infantile suon per Galois come un insulto. Rosso di vergogna, disegn un angolo, poi con un compasso di legno schizz rapidamente gli archi, aggiunse le lettere al diagramma, e senza dir parola, scrisse:

A C E = B CE
" Molto bene." Poi Vernier si rivolse alla classe. " Molti di voi che sono qui da quasi un anno non saprebbero rispondere alla mia domanda neanche con met della prontezza di Galois." A quelle parole, nella faccia di Galois si scav un'espressione di sofferenza ancora pi grande. Vernier domand:" Sapete spiegarmi perch quegli angoli sono uguali ?" Sottoline la parola " perch " alzando l'indice della mano destra all'altezza del naso. Galois non rispose.

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Paziente e gentile, Vernier spieg:" In geometria, bisogna sempre dare la dimostrazione di una verit. E' necessario usare sempre un metodo, un buon metodo di dimostrazione, in qualsiasi caso. Ora cercate di spiegarmi perch quegli angoli sono uguali." Il tono gentile voleva significare che a Vernier non importava che Galois sapesse rispondere alla domanda. Ci che Evariste aveva fatto era gi sufficiente. Sarebbe bastato che cominciasse la spiegazione: poi Vernier gli avrebbe dato volentieri una mano. Vernier ripet:" Perch sono uguali ?" Tutta la classe attese la risposta di Galois con l'animo sospeso. La risposta arriv dopo un pezzo. " Non evidente ? " La scolaresca scoppi a ridere. Qualcuno applaud. Uno grid:" Per Galois la geometria evidente." E un altro:" Evidentemente Galois un genio." " Silenzio ! Silenzio ! " Vernier cerc di ristabilire la calma." Non affatto cameratesco da parte vostra. Non c' niente da ridere. Invece di aiutarlo, lo prendete in giro." Galois si sent spiacente per Vernier. Era un insegnante gentile, sempre pronto a prendere le difese dell'alunno, e non si accorgeva, poveraccio, d'essere anche lui oggetto di quelle risate. Evariste torn alla lavagna, complet il disegno tracciando i due triangoli, scrisse che erano uguali, spieg perch, e dedusse che anche i due angoli erano uguali. Vernier guardava la lavagna con un'espressione molto soddisfatta. " Molto bene ! Molto bene ! Dovete solo lavorare con pi metodo. Ancora un po' pi metodo, e diventerete uno dei migliori studenti di questo corso. Ricordate: attenzione e metodo." L'anno scolastico giunse al termine. Galois vinse il secondo premio della gara di matematica. Vernier era raggiante. Se Galois avesse scritto in maniera pi chiara, se avesse dato una spiegazione pi completa, avrebbe potuto anche vincere il primo premio. " Pi metodo, pi metodo," pensava Vernier," tra un anno potr partecipare anche alla gara generale." Evariste si aggiudic pure il secondo premio nella gara generale di greco. Quando Laborie lo seppe, mormor fra s: " Questo prova che avevo ragione, com'era prevedibile. Gli ha giovato, ripetere la seconda." Col nuovo anno scolastico, iniziato nel corso di retorica, dopo solo pochi mesi da quando aveva imparato che cosa significasse la parola geometria, Galois prov la gioia e il travaglio della creazione. Trascorse giorni pieni di tensione e notti insonni. Le idee nuove gli venivano di notte, e Galois se le girava e rigirava nella mente, con una gran voglia di farsi luce con una candela e di buttarle gi sulla carta. Quando se le annotava,al mattino, sovente si accorgeva che il ragionamento era errato, e che aveva passato tutta la notte a inseguire un miraggio della verit che cercava. Lavorava nelle ore di studio, durante le lezioni, mentre mangiava, nelle poche ore destinate al riposo, e cercava di lavorare anche mentre svolgeva i temi di francese o lo interrogavano.
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Anche mentre recitava versi latini o traduceva dal greco, i suoi problemi erano sempre presenti in fondo alla sua mente. Tutto ci che non riguardava la matematica, Galois lo faceva meccanicamente, senza nessun interesse. I suoi occhi erano come oscurati da veli bui, il suo sguardo sembrava rivolto in dentro, verso i suoi pensieri, non verso il mondo esterno. Che cosa avevano capito di Galois gli insegnanti? Ecco i loro giudizi, compilati alla fine del primo trimestre di retorica: Condotta discreta. A volte un p sventato. Confesso di non capirne tutti i tratti del carattere, la cui nota dominante mi sembra essere, comunque, il capriccio. Non lo ritengo corrotto. Le sue capacit mi sembrano nettamente superiori alla media, sia nelle materie letterarie, sia nella matematica. Ma finora ha molto trascurato il programma scolastico. E' per questo che agli scrutini non ha ottenuto buoni voti. Ma ora sembra deciso ad applicarsi con maggiore impegno; abbiamo fissato insieme un nuovo programma di studio. Vedremo se sapr attenervisi. Non manca di sentimento religioso. Salute buona, ma delicata. Accanto a questo giudizio affettuoso, le parole di Pierrot:

Nella mia materia rende poco. Chiacchera spesso. Le sue doti, che a quanto sembra sono indiscutibili, ma che finora non ho mai visto convalidate dai fatti, non lo condurranno a nulla. Nel lavoro non rivela che bislaccheria e negligenza.
Desforges scrisse:

Si occupa sempre di cose di cui non dovrebbe. Peggiora di giorno in giorno.


E infine, un giudizio del buon Vernier:

Zelo e profitto eccellenti.

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5.

1828

Nel 1828, Niels Henrik Abel, un norvegese di ventun anni, divenne famoso nella sua citt, perch si ritenne che avesse trovato la soluzione delle equazioni di quinto grado. Pi tardi, Abel si accorse d'aver dato una dimostrazione sbagliata, ma da vero, grande scienziato, non abbandon le ricerche. Era possibile risolvere mediante radicali un'equazione di quinto grado ? Si poteva, cio, esprimerne la soluzione con un numero finito di operazioni razionali e di estrazioni di radici effettuate sui coefficienti dell'equazione ? Abel trov la risposta a questa domanda. La pubblic nel 1826, nel primo numero della rivista di matematica pura e applicata, che Crelle stampava in Germania. Abel scrisse che in generale un'equazione di quinto grado non risolubile mediante radicali. All'et di diciassette anni, Galois ritenne d'aver fatto una grande scoperta matematica. Pens d'aver risolto un problema importante, d'aver trovato, cio, la prova che tutte le equazioni di quinto grado si possono risolvere per radicali. Qualche tempo dopo, esaminate e riesaminate le prove, si rese conto, in un momento di lucidit, d'aver commesso un errore. Quella che gli era sembrata una grande scoperta, e che gli era costata mesi e mesi di duro e ostinato lavoro, non era che un mucchio di segni privi di senso. Ma non si scoraggi. Da autentico, grande scienziato, sapeva ci che gli scienziati hanno sempre saputo: e cio che il primo, debole raggio di luce, brilla solo dopo un duro, costante sforzo di applicazione mentale. Sapeva che necessario perseguire la soluzione di un problema notte e giorno, per mesi e anni. Sapeva che prima che un barlume di intuizione apra la via verso una soluzione, necessario riflettere e riflettere, saper attendere a lungo, con uno sforzo di applicazione incessante. Dopo molti tentativi infruttuosi, Galois arriv alla conclusione che non possibile risolvere un'equazione di quinto grado mediante radicali. Il problema fondamentale dell'algebra cominci a cristallizzarsi a poco a poco nella mente. Era necessario trovare un criterio preciso, che, applicato ad un'equazione di qualsiasi grado, la costringesse a rivelare senza possibilit di equivoco se era possibile espugnarla mediante radicali. Galois non aveva dubbi che applicando un criterio di tal fatta a un'equazione generale di quinto grado, o di grado superiore, l'equazione avrebbe risposto: "Non potete risolvermi mediante radicali." Mentre, applicando lo stesso criterio a un'equazione di terzo o quarto grado, la risposta sarebbe stata positiva. Fu cos che Galois, uno studente iscritto al corso di retorica del Louis-le-Grand,arriv a formulare uno dei pi difficili problemi della matematica, uno dei pi grandi problemi dell'algebra. Eppure, a malapena avrebbe potuto supporre che i formidabili, rivoluzionari metodi coi quali lo aveva risolto, avrebbero influito per tutto un secolo sullo sviluppo della matematica. Come sempre, alla fine d'ogni trimestre, gli insegnanti compilavano le note caratteristiche dei loro alunni. Alla fine del secondo trimestre, il supervisore di Galois scrisse:

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Condotta pessima. Carattere chiuso. Si sforza di mostrarsi originale. Ottime capacit, di cui per non si valso per il corso di retorica. Trascura il programma scolastico nel modo pi assoluto. Ha la passione per la matematica. Credo sarebbe molto meglio se i suoi genitori si rassegnassero a fargli studiare solo matematica. Qui non fa che perdere tempo, dar fastidio agli insegnanti e meritarsi continue punizioni; salute cagionevole. Pierrot scrisse:

Ha continuato a studiare un p per suo conto; per il resto, ciarliero come sempre.
Desforgesw scrisse:

Distratto, loquace. Credo che la sua sola ambizione sia darmi noia. Se avesse ascendente sui suoi compagni, sarebbe un pessimo elemento.
Vernier, l'insegnante di matematica, scrisse:

Intelligenza e profitto notevoli; manca di metodo.


Quando l'anno scolastico fin, Evariste aveva gi pronto il suo programma: sarebbe andato al Politecnico. Certe notti, Evariste allontanava dalla mente stanca permutazioni e loro prodotti, radici scritte in forma di frazioni continue, per pensare a un prossimo futuro, in cui si vedeva vestito dell'uniforme di studente del Politecnico. Il Politecnico! La scuola nata dalla Rivoluzione, l'orgoglio della Francia. Avrebbe potuto studiare matematica tutto il giorno, una volta l. Anzi, ve lo avrebbero obbligato. Avrebbe incontrato persone in grado di capirlo; i pi grandi matematici francesi, alcuni dei pi grandi matematici del mondo. Avrebbe ascoltato le lezioni di Cauchy. Cauchy avrebbe capito l'importanza dei problemi ai quali Evariste Galois lavorava. Avrebbe conosciuto Ampre e Franois Arago, i due scienziati ammirati dagli studenti e amati dalla Francia. Avrebbe incontrato nuovi compagni, si sarebbe fatto nuovi amici. E' vero che non aveva amici, al Louis-le-Grand, ma al Politecnico se li sarebbe fatti. Tra pochi mesi avrebbe cominciato una nuova vita, la sua vera vita, in una scuola che educava non solo scienziati, funzionari di stato e ufficiali dell'esercito, ma anche i futuri leader del popolo. Sapeva che per essere ammessi al Politecnico bisognava superare un esame orale. Era un peccato che non si trattasse di un esame scritto. Doveva farcela ! Sarebbe stato costretto a rivelare all'esaminatore tutto ci che aveva imparato, forse anche i problemi di cui si occupava e i risultati gi ottenuti. Era un pensiero sgradevole, anzi penoso. Ricordava l'ultima conversazione avuta con suo padre. Gli aveva parlato della sua passione per la matematica e della sua intenzione di andare al Politecnico. Suo padre lo capiva. Nessun altro lo aveva mai capito. Il suo insegnante di matematica, che gli aveva fatto lezione per un anno, non aveva mai sospettato che avrebbe avuto molto da imparare dal suo scolaro.

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Ma suo padre aveva capito. Nei suoi occhi s'era accesa una luce d'orgoglio,quando aveva detto, felice:" Mio figlio sar un grande matematico. Evariste Galois, professore del Politecnico, membro dell'Accademia. Si, Evariste, sono cose piacevoli a sentirsi. Davvero piacevoli." Poi era scoppiato a ridere, ma d'un riso breve e un p forzato. Non era pi come ai vecchi tempi. Gli aveva detto:" Spero che tu non debba avere tutti i nemici che ho avuti io," e mentre pronunciava quelle parole, per un attimo i suoi occhi s'erano velati d'ombra. Poi aveva soggiunto piano, come se parlasse fra s:" Ma non questo il peggio. Il peggio l'indifferenza." Si era rivolto al figlio di scatto. " Ecco che ti rovino tutto il piacere. Il signor Vernier mi ha scritto che sei molto bravo in matematica. Non mi sembra cos stupido come ce lo descrivevi. Ritiene sia meglio che tu rimanga ancora un anno al Louis-le-Grand per il corso speciale di matematica, come si fa di solito per andare al Politecnico. Tu che ne pensi ?" Evariste s'era adirato con Vernier, che si immischiava nei suoi affari, e con suo padre, che era pronto a lasciarlo ancora un anno al Louis-le-Grand. Aveva risposto con una freddezza che aveva stupito lui stesso:" Allora non mi credi, che ne so abbastanza per superare quello stupido esame ?" " Il signor Vernier mi ha scritto che forse sei fin troppo bravo, per potertela cavare; che sei molto preparato nelle cose essenziali, ma forse non abbastanza in quei particolari meno importanti, che gli esaminatori domandano sempre. Secondo lui dovresti senz'altro restare al Louis-le-Grand un altr'anno." " Il signor Vernier vecchio e stupido." Ma ora avrebbe voluto non aver mai pronunciato quelle parole. Era l'ora destinata alla corrispondenza. Al Louis-le-Grand tutto era rigidamente regolato; anche l'amore dei figli verso i genitori Evariste scriveva: Padre carissimo, una settimana fa ti ho scritto una lettera disperata, che deve averti turbato. Ma la tua risposta serena e affettuosa mi stata di grande conforto. Ora mi sento meno triste e pi padrone di me. E' stata una settimana difficile! Quando ho saputo che m'avevano bocciato agli esami d'ammissione,mi sembrato d'aver perduto ogni speranza,come se la mia vita fosse finita. Poi mi sono ripetuto le tue parole. Sei stato buono a dirmi che temevi quanto accaduto, non perch non avevi fiducia in me, ma perch credevi in me. Ora mi rendo conto che lo prevedevi, quando mi consigliasti di rimanere ancora un anno al Louis-le-Grand, per il corso speciale di matematica. E cos,eccomi al Louis-leGrand per un altr'anno. Sembra scritto che io debba passare la vita in questa prigione, che conosco cos bene e che odio tanto. Non avrei mai immaginato di dover provare, per una persona che fino a qualche mese fa prendevo a modello, tanto disprezzo, quanto ora ne provo per il signor Lefebvre, colui che mi ha esaminato. E' un mediocre, con una faccia che sembra un teschio su cui abbiano stirato una pelle gialla e rugosa. Mi sembrato repellente e inumano dal primo
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istante. Questo esaminatore della scuola dei miei sogni ha sibilato le sue stupide domande; dal tono e dallo sguardo ho capito che considera gli studenti meno che strame. Sono sicuro che un gesuita. Quel teschio giallo s'aspettava un rosario di formule mal digerite. Voleva che tutto gli venisse spiegato tale e quale, come negli stupidi libri di testo. Era un delitto, per lui, avere delle idee originali e metodi personali di esposizione. Quando fu il mio turno, mi guard coi suoi occhietti, e li strinse ancora di pi, come se volesse vedermi il meno possibile. Poi mi fece la prima domanda. " Perch siete venuto agli esami senza fare il corso speciale di matematica ?" " Ho studiato per conto mio," gli ho risposto. " Ah." Avresti dovuto sentire quell'" Ah !" Poi mi ha domandato come si risolve un'equazione di secondo grado. Ha fatto quella domanda cos insultante proprio a me, che sulle equazioni algebriche ne so pi di tutti i professori del POlitecnico messi insieme. Senza dire, poi, che la domanda era mal formulata. Quando gli ho risposto che la domanda non era formulata bene, il teschio giallo ha corrugato la pelle in una specie di sorriso ironico. Poi ha lasciato cadere la mia obiezione, dicendo che non aveva tempo di discutere, e che non era lui quello che doveva essere esaminato. Poi mi ha fatto la domanda pi infantile che si possa immaginare. Allora mi sono sentito una stretta alla gola, e non sono stato capace di dire una parola. E il teschio mi ha detto: " Lo vedo bene, che avete studiato per conto vostro; ma non avete studiato abbastanza. E' meglio che ritentiate l'anno venturo." Padre caro! Seguir il tuo consiglio cercher d'imparare quegli stupidi trucchi da quattro soldi e l'ano venturo cercher di rispondere nel modo al quale sono abituati. E spero mi andr meglio ! Ma ora basta con questa sgradevole storia. Padre caro! L'ultima volta che ti ho veduto mi sembravi depresso. Ti sono grato d'avermi confidato una parte delle tue angustie. Non hanno fatto che darmi conferma di alcuni sospetti che gi nutrivo. Ma coloro che hanno iniziato contro di te una campagna di calunnie cos bassa e odiosa, non riusciranno a spuntarla. Non riusciranno mai a trascinare nel fango il tuo nome onorato! La gente di Bourg-la-Reine conosce bene il suo sindaco, e non dar ascolto alle calunnie dei parroci. I gesuiti sono forti,ma non fino al punto di riuscire ad allontanare da te coloro che ti amano. A questo punto Galois smise di scrivere e rilesse le ultime parole. Non andavano. Sarebbero state di poco conforto per suo padre. Scrisse: Mio caro padre! Come vorrei aiutarti col mio affetto! Ripagarti del tuo amore, della tua amicizia, della tua comprensione! Invece, con le mie disgrazie, non faccio che aggiungere altre pene alle tue. Ma credo come te che tutto cambier. Scoppier una tempesta, che purificher l'aria: a Parigi, a Bourg-la-Reine e in tutto il resto della Francia. Auguriamoci che avvenga presto. Suon la campana. Era ora di finire la lettera. Evariste scrisse in fretta:

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Ti mando i saluti pi affettuosi. Ti prego di spiegare la mia bocciatura alla mamma come meglio puoi. A tutti voi le cose pi care. Evariste Poi si rec nella piccola aula del corso speciale di matematica. L, con una ventina di compagni, attese l'inizio della prima lezione del nuovo professore di matematica. L'ingresso di Richard non ebbe niente di teatrale. Dopo aver chiuso la porta, Richard sorrise gentilmente e parve esitare. Poi si avvi verso la cattedra, volse alla classe la sua larga schiena un p curva, prese un pezzo di gesso, lo ruppe in due e si volt. Agli studenti, quell'uomo grosso e un p stempiato, dagli occhi che ammiccavano amichevoli dietro le spesse lenti, parve un tipo svagato. Quando Richard cominci a parlare, il suo tono fu calmo, senza enfasi. Qualche studente si domand com'era possibile che un uomo che parlava cos alla buona, come se si trovasse fra amici, potesse esser considerato il miglior insegnante del Louis-le-Grand. Ma tutti lo ascoltarono attenti. " Scopo di questo corso, miei giovani amici, sar di allargare le nostre conoscenze nel campo della matematica. Cercheremo non solo di allargare le nostre cognizioni, ma anche di approfondirle. Per far questo, ricominceremo da capo. Faremo una rapida ricapitolazione di tutto ci che avete appreso, ma da un punto di vista pi moderno. Questa ricapitolazione ci consentir di vedere quali sono i punti essenziali, i teoremi pi importanti, che sono alla base di tutti gli altri. Nel campo della matematica assai pericoloso badare ai rami e trascurare il tronco, soffermarsi sui teoremi minori e non tener conto della struttura che comprende e collega questi teoremi." Evariste s'era preparato a non badare a Richard, e ad occuparsi del proprio lavoro, ma ora s'era fatto attento. " Consideriamo la geometria. Affrontarla per la prima volta, dovete aver avuto l'impressione che la geometria sia scaturita tutta in una volta dalla mente di un solo uomo, compiuta e perfetta, magari in forma di libro. Ma la geometria, come qualsiasi altro ramo della matematica, il risultato del lavoro di generazioni. Si soliti ricollegarla ad Euclide, il quale visse intorno al 300 a.C. Ma la sua nascita data da prima di Euclide. Forse mi chiederete: Quando stata terminata? La geometria non stata terminata, n credo lo sar mai." Quindi, Richard riepilog la storia della geometria: spieg che erano stati gli egizi a porne le prime basi come scienza pratica per la misurazione, e disse quanta parte avevano avuto i greci nel suo sviluppo. Tutto questo era nuovo per Galois. Non avrebbe mai potuto ammettere che per capire la matematica occorresse conoscerne la storia; ma doveva ammettere che tutto ci che Richard diceva, era interessante, e che gli piaceva il modo in cui l'insegnante lo diceva; cos Galois stava ad ascoltare, e questo era il maggior complimento che un professore potesse aspettarsi da lui. " Uno dei pericoli maggiori dell'insegnamento consiste nel fatto che si pu dare l'impressione che la matematica sia come un libro sigillato, una costruzione perfetta tramandataci dai tempi passati, che non consente n aggiunte, n modifiche. La matematica un organismo vivo. Specie oggi, nel diciannovesimo secolo, essa vive di

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una vita rigogliosa. Anche la geometria elementare pu essere fonte di nuove e importanti scoperte. " Amici miei, forse pensate che alla gioia della creazione e al dubbio si possa giungere solo dopo che ci si completamente impadroniti di un argomento. Forse credete che le idee personali possano fiorire solo dopo che si raggiunta una perfetta conoscenza di un ramo di questa scienza. Di regola pu esser vero,ma non necessariamente cos. La geometria pu ancora una volta darcene una prova convincente. Con essa, i dubbi e i guai cominciano fin dal principio. Lo comprenderemo meglio, ricapitolando brevemente la storia dei postulati di Euclide, o, come oggi si dice, degli assiomi." Richard enunci i cinque postulati di Euclide, analizzandoli uno alla volta, fino al quinto assioma. " La storia del quinto assioma ci conduce difilato nell'ra moderna. A differenza degli altri quattro,questo assioma non mai apparso evidente di per s. Si cercato in vari modi di sostituirlo con un altro assioma che presenti un maggior grado di evidenza. Il problema di trovarne la dimostrazione o di assumerlo, e della forma pi adatta per l'uno o l'altro caso, ancora aperto, come tanti altri problemi. L'avvenire potr portarci nuove e inattese scoperte." Evariste pensava alla differenza tra Richard e Vernier. Dovette ammettere,suo malgrado, che da quel nuovo insegnante aveva qualcosa da imparare. " Il signor Richard," pensava Galois," non un grande matematico, ma ama la matematica, ne ha assorbito lo spirito con amore e intelligenza. Anche se non in grado di apportarvi un grande contributo personale, sa penetrarne la bellezza e sa comunicarla." Evariste concluse che valeva la pena di conoscere Richard e forse anche di svelargli i suoi segreti poteri. Richard assegn i problemi da risolvere durante la settimana. La maggior parte degli studenti li considerava difficili. Richiedevano molte ore di lavoro, e persino i pi bravi non riuscivano quasi mai a risolverli tutti. Gli studenti copiarono: 1 problema: Conoscendo, in un quadrilatero iscritto in un cerchio, le lunghezze a, b, c, d dei lati, si trovino le lunghezze delle diagonali x e y. Poi copiarono il secondo e il terzo problema. Quando Richard ebbe finito di dettare, Evariste, che era stato a sentire senza copiare, aveva gi chiara in mente la soluzione completa dei tre problemi. Richard riprese la lezione. Evariste strapp un foglio dal quaderno, in alto scrisse "Galois" e pi sotto "Problemi." Enunci il primo, e ne scrisse la soluzione servendosi di equazioni e di spiegazioni. Senza cancellare n correggere una sola parola, pervenne al x risultato nella forma pi diretta, scrivendo chiaramente i valori per xy e . Poi y sull'altra pagina, scrisse con altrettanta precisione la soluzione rigorosa degli altri due problemi, corredandola di chiari disegni. In capo a una quindicina di minuti aveva finito. Riprese ad ascoltare la lezione di Richard, ma senza molta attenzione, occupato com'era a farsi coraggio per la fine dell'ora. Richard se ne stava andando, quando si sent chiamare:

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" Scusate, signor Richard." " Si ?" L'insegnante vide uno studente, magro e piccolo per la sua et, il viso triangolare che si copriva di rossore,porgergli un foglio di carta senza alzare gli occhi da terra. Richard mise un braccio intorno alle spalle di Evariste, domandando:" Di che si tratta ?" Sempre tenendo gli occhi bassi, Evariste gli dette il foglio di carta. " E' la soluzione." Richard dette un'occhiata alla prima pagina, lesse in fretta, e vide che quel problema era stato risolto in uno stile degno dei migliori libri di testo. Volt il foglio, gli dette un'occhiata, poi guard il ragazzo, poi di nuovo il foglio, e poi ancora Galois. Torn a guardare il foglio e lesse la firma in alto. " Galois. E di nome ?" " Evariste." " Vedo." Guard Evariste a lungo, senza dire una parola. Evariste si sent vergognoso e pentito di ci che aveva fatto. Non era stato un atto maldestro? E se Richard avesse riso ironicamente, come il teschio giallo? Richard disse: " Che ne direste di venirmi a trovare domani dopopranzo, per fare una lunga chiaccherata ? Chieder al vostro istitutore di non mandarvi al patibolo, se rientrerete in dormitorio un p tardi. D'accordo? " " Si, signore." " Bene." Evariste non stava in s dall'eccitazione. Mentre si voltava, sent uno studente emettere un fischio e dire al vicino: " Pensa un p! Il nostro genio che cerca di fare amicizia!" Colse anche la risposta dell'altro: " Ho paura che lo sforzo lo ammazzer." Come la maggior parte dei professori,anche Richard alloggiava al Louis-le-Grand. Quando Evariste entr nel suo studio, Richard gli indic una sedia, osserv il suo ospite per qualche tempo e infine, finendo di riempirsi la pipa, disse:" Vorrei che mi parlaste un poco di voi. Di che cosa vi state occupando?" Richard possedeva un segreto molto semplice per aver successo coi suoi studenti: li trattava da uguali. Evariste si stup di constatare che non aveva bisogno di dimostrare a Richard che era un matematico. Era strano, ma pareva che Richard lo sapesse. Per la prima volta da quando era al Louis-le-Grand, Evariste si sent timido e umile. " Sto lavorando alle equazioni algebriche. L'anno scorso pensavo che un'equazione di quinto grado si potesse risolvere coi radicali, come le equazioni di terzo o quarto grado. Ma ora mi sono convinto che impossibile." Galois tacque. Richard guard meravigliato lo studente che gli stava di fronte, ma disse soltanto:" Hmm! Molto interessante! Molto interessante!" " Veramente, il problema del quale mi sto occupando di carattere pi generale. Sto cercando di trovare le condizioni necessarie e sufficienti perch un'equazione algebrica sia risolubile per radicali. Intendo dire,u n'equazione algebrica di grado arbitrario. Credo, anzi sono convinto, che ci dev'essere un criterio del genere." Poi aggiunse,in
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tono confidenziale:" In questi ultimi tempi, credo d'aver fatto un buon passo avanti verso la soluzione di questo problema." Era ansioso di esporre dettagliatamente i suoi risultati,ma si sent contrariato quando Richard, dopo averlo guardato per un pezzo in silenzio, disse alla fine:" E' un progetto molto ambizioso." L'insegnante tir una boccata dalla pipa e ripet:" E' un progetto davvero ambizioso. Vi rendete conto, mio giovane amico, che se riuscite a risolvere questo problema, potreste esser considerato uno dei migliori matematici della nostra generazione? Vi auguro successo e buona fortuna, con tutto il cuore. A proposito,quanti anni avete ?" " Sono nato il 25 ottobre 1811." " Diciassette anni fa. Diciassette anni. Io ho quasi il doppio della vostra et. Ma parlatemi ancora di voi. Come avete fatto a raggiungere un'et cos venerabile senza essere ancora riuscito a risolvere il problema fondamentale dell'algebra?" Rise di cuore allo scherzo, e la risata contagi anche Evariste. " Quand' che avete cominciato a interessarvi alla matematica ?" Galois parl pi liberamente. Gli disse di Legendre, di Vernier, degli esami al Politecnico, ed anche della sua famiglia e di suo padre. Era sera tardi, quando Richard gli disse:" Voi potete essermi molto utile, amico mio. Potete aiutarmi a far aumentare nella vostra classe l'interesse per la matematica. C' un solo problema,vedete: durante le mie lezioni,finirete quasi sempre con l'annoiarvi a morte. Tranne qualche particolare di nessun interesse, voi sapete ormai tutto ci che io mi ripropongo di spiegare, e, naturalmente, assai di pi. Non mi vergogno di ammettere che in qualche ramo della matematica probabile che ne sappiate pi di me. Quindi, il problema come fare per impedire che vi annoiate. La noia contagiosa. Vostro malgrado, potreste estendere il contagio a tutta la classe, e questo sarebbe male." Evariste lo interruppe: " Oh, io non potr mai annoiarmi alle vostre lezioni, signore !" " E' naturale che diciate cos, adesso. Ma tra qualche mese potreste pensarla diversamente. Per credo che ci sia una soluzione. Ci che sapete, lo avete imparato da voi, malgrado la scuola, pi che per la scuola. Cercate di pensare alle lezioni non dal vostro punto di vista. Cercate di tenere presente che esse avranno lo scopo di creare un interesse per la matematica, di renderla viva e avvincente, non soltanto di insegnarla. Se conoscete gi l'argomento delle mie lezioni,cercate di domandarvi se la mia esposizione abbastanza chiara. E se avrete delle osservazioni da fare, fatele pure." " Oh! Non oserei farlo!" " Invece proprio quel che desidero. La discussione, le perplessit, tengono desto l'interesse generale: conducono alla chiarificazione e a una comprensione pi approfondita. Cos le lezioni diventeranno per tutti noi delle esperienze che attenderemo con interesse e ricorderemo con piacere. Grazie alle vostre capacit, potrete aiutarmi a creare l'atmosfera necessaria." " Signor Richard, sar felicissimo di fare tutto ci che mi chiederete." Avrebbe voluto dirgli:" Signore, voi siete stato il primo a capirmi e a dimostrarvi gentile, qui al Louis-le-Grand." Ma quelle parole gli rimasero in cuore, inespresse.

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6.

1829

Evariste Galois fece il suo primo debutto scientifico mentre era ancora al Louis-leGrand. Il suo primo lavoro, intitolato Dmomstration d'un thorme sur les fractions continues priodiques, apparve negli " Annales de mathmatique de M.Gergonne." La pubblicazione fu accolta dal silenzio. Evariste non ne fece parola con nessuno, e la cosa parve non dare molestia ad alcuno. Per la verit, non si trattava di un lavoro importante. Il quel saggio non c'era alcun cenno ai risultati di Evariste sulla risolubilit delle equazioni algebriche. Questi risultati erano contenuti in un manoscritto, che Evariste aveva spedito all'Accademia: un manoscritto in cui erano enunciate alcune delle pi grandi idee matematiche del secolo. Per la prima volta da quand'era al Louisle-Grand, Galois si sentiva sereno e felice. S, sapeva che il saggio era scritto in forma concisa. Ma un grande matematico si sarebbe certamente accorto che il manoscritto meritava una lettura calma e uno studio accurato. Forse, il manoscritto sarebbe stato mandato a Cauchy. Evariste non dubitava che quel grande maestro avrebbe capito l'importanza di quei risultati, e dei metodi usati per raggiungerli; si sarebbe accorto che quel manoscritto apriva la via a scoperte ancora pi grandi. In breve, tutto il mondo avrebbe saputo ci che finora soltanto Evariste sapeva: e cio che lui, uno studente del Louis-le-Grand bocciato agli esami di ammissione al Politecnico, era un grande matematico. Anche Richard, anche suo padre sarebbero rimasti di stucco. Presto sarebbe diventato un grande matematico, famoso non solo in Francia, ma in tutto il mondo, ovunque si insegnasse e si studiasse matematica. Fece molti castelli in aria,cercando di immaginarsi in che modo Cauchy avrebbe accolto il manoscritto. La sua fantasticheria preferita cominciava sempre dal momento in cui il manoscritto arrivava in casa del matematico. " Il signor Cauchy comincer col dire:" Ma ridicolo! Un collegiale, mandare un manoscritto all'Accademia di Francia !" " Ma il signor Cauchy un grande matematico, e conosce i suoi doveri di membro dell'Accademia. Comincer a leggere il manoscritto. Di rigo in rigo, il suo interesse andr aumentando; il suo stupore crescer ad ogni pagina. Capir l'importanza della distinzione tra equazione primitiva ed equazione non primitiva. E' stato bene che io abbia citato Gauss fin dalle prime righe. Se non altro,il signor Cauchy non avr dubbi sul fatto che l'autore conosce la bibliografia, e non un mero riscopritore di risultati arcinoti. " Il signor Cauchy si render conto che una nuova via verso l'ignoto stata aperta. Si sentir sempre pi emozionato. Scriver subito una lettera al signor Gauss. Poi scriver all'Accademia. No,non scriver n all'Accademia, n al signor Gauss. Questo accadr dopo. Il suo primo impulso sar di conoscere Galois, di abbracciarlo, di congratularsi con lui, di invitarlo a casa sua, di chiedergli notizie sul suo lavoro attuale e sui suoi progetti. Ma anche questo accadr in un secondo tempo. Per prima cosa, vorr andare a trovare Galois al Louis-le-Grand. Perci, dovr andare dal direttore. Si presenter al signor Laborie e gli dir:" Io sono il signor Cauchy."

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" Allora il signor Laborie gli far un profondo inchino. Gli chieder umilmente a che cosa deve il grande onore di una visita del signor Cauchy al Louis-le-Grand. " E il signor Cauchy replicher:' Non sapete che nella vostra scuola c' un genio? Ha risolto un problema intorno al quale ho lavorato io stesso per molto tempo inutilmente. Posso vederlo? Si chiama Galois." " E il signor Laborie replicher:'Ah,Galois? Ma certo, signor Cauchy. E' l'orgoglio della nostra scuola. Tutti lo amiamo e lo ammiriamo. Lo amiamo tanto che lo abbiamo tenuto due anni in seconda." Poi, i sogni a occhi aperti di Galois passarono al Politecnico. L'anno venturo avrebbe ritentato e superato gli esami di ammissione. Forse lo avrebbe esaminato lo stesso teschio giallo. Ma stavolta sarebbe stato diverso. L'esaminatore lo avrebbe guardato con stupore e avrebbe detto:" Siete voi, quell'Evariste Galois?" " Che cosa intendete dire?" " Voglio dire quel Galois che ha scritto il famoso lavoro sulla risolubilit delle equazioni algebriche?" " Si. Sono proprio io ! Sono lo stesso che l'altr'anno avete bocciato agli esami di ammissione." " Com' possibile? Oh, signor Galois ! Dovete perdonare la mia stupidit. Diventer lo zimbello del paese, se la gente lo verr a sapere. Ho bocciato Galois, uno dei pi grandi matematici del nostro tempo! E non avete che diciassette anni! Cosa accadr se diventerete il pi grande matematico di tutti i tempi? Dovr passare alla storia come l'uomo che bocci Galois." " Precisamente. Sar la mia vendetta." Ma perch perdersi dietro a quelle fantasie stupide e puerili, invece di pensare a suo padre? Perch non ci aveva pensato prima? A suo padre avrebbe detto:" Sai, pap? Sono famoso. Sono un grande matematico." E suo padre gli avrebbe risposto sorridendo:" Lo sapevo che sarebbe stato cos. Ho sempre avuto fede in te." Cauchy, l'accademico, sgusci distrattamente un uovo sodo, mentre contemporaneamente sfogliava il manoscritto di uno dei settecentottantanove lavori da lui scritti durante la sua vita. A Cauchy, la giornata non bastava mai per metter sulla carta le idee che gli turbinavano nella mente, per trovare la dimostrazione dei suoi teoremi,per preparare le lezioni e compiere i suoi doveri religiosi. Nella vita bisogna lavorare e pregare, ma Cauchy lavorava e pregava troppo. La moglie di Cauchy era una donnetta semplice, silenziosa e pia come il marito. Entr nello studio, pos la posta sulla scrivania e usc. Cauchy non aveva tempo per alzare la testa e sorriderle. Sfogliava il manoscritto per apportarvi delle eventuali correzioni,e apr la posta meccanicamente. Un altro manoscritto inviatogli dall'Accademia! Dette un'occhiata alla firma e alle parole sotto la firma:" Studente del Louis-le-Grand." " Finiranno col mandarmi anche la roba scritta da qualche lattante. Ma perch continuano a spedirmi queste stupide dissertazioni sulla trisezione di un angolo o su qualche problema importante, scritte da gente che non ha mai fatto un lavoro serio. Non lo sanno che il mio tempo troppo prezioso per sprecarlo con queste scempiaggini?"

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Gett il manoscritto nel cestino. "Per fortuna non ho badato al nome. Domani me ne sar completamente dimenticato, e quando il segretario mi chieder che fine ha fatto il manoscritto di questa specie di matematico, gli potr rispondere onestamente che non ne ho la minima idea e che non mi ricordo di un nome simile. E sar pura verit." Ma Cauchy si sentiva turbato. Ricordava che qualche tempo prima aveva cestinato un altro manoscritto. Si trattava del lavoro d'uno straniero, e a Cauchy non gli piacevano gli stranieri. Ma per sfortuna, quel nome straniero gli era rimasto fisso in mente. Perch era stato cos stupido da leggerlo? Era un nome curioso, un nome biblico, era difficile da dimenticare. S, era il manoscritto di un certo Abel. Perch non l'avevano mandato a Caino? Tent di ridere a quel giuoco di parole, ma non era divertente. Torn al suo lavoro,scacciando dalla mente il pensiero di Abele, di Caino, e dello studente del Louis-le-Grand.

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7.

1828 1829

Di suo fratello, il conte d'Artois, Luigi XVIII disse una volta:" Ha cospirato contro Luigi XVI, cospira contro di me, e finir col cospirare contro se stesso." E cos fu,infatti! Quando cospir contro il suo Primo ministro Martygnac, chiamandolo " un bell'organo della parola " e cercando il modo di toglierselo di torno, il conte d'Artois congiur contro se stesso. Non aveva saputo perdonare a Martygnac i suoi tentativi di venire a patti con l'opposizione dei liberali moderati e di non aver voluto anteporre la Corona alle Camere; non gli aveva saputo perdonare d'aver capito che il potere della borghesia aumentava col diffondersi dello spettro dei gesuiti. Perci il re costrinse il suo Primo ministro a dimettersi, e al suo posto nomin colui che sarebbe stato l'ultimo Primo ministro dell'ultimo re borbone: il principe Jules de Pilignac. Il ritratto di Polignac ci mostra una fisionomia singolare. La testa appare lunga,stretta e mobile; i tratti aristocratici e forti, il naso lungo e fine. Giureremmo che per indicare un oggetto vicino a lui, Polignac doveva servirsi signorilmente del mignolo. I capelli ricadono su una fronte sproporzionatamente piccola; gli occhi sembrano puntare lo sguardo di l dalla realt,in faccia ad angeli immaginari. Sui risvolti dell'elegante vestito sono ricamati dei piccoli gigli. Intorno al lungo collo annodata una cravatta di seta bianca stretta a m di sciarpa, che risalta su un corpetto d'argento a righe nere trasversali. La somiglianza tra Polignac e Carlo, di cui si supponeva che il Primo ministro fosse figlio illegittimo, davvero singolare. Il principe Jules de Polignac era la controrivoluzione incarnata. Solo gli ultra-ultra e i membri della Congregazione si rallegrarono della scelta del re. Il nuovo Primo ministro era figlio dell'intrigante contessa di ghigliottinata. Per quarantanove anni aveva portato con orgoglio il peso dell'assoluta impopolarit della sua famiglia. Quando gli domandarono come avrebbe fatto a governare la Francia senza l'appoggio di una maggioranza alle Camere, rispose che non avrebbe saputo che farsene, anche se ne avesse avuto una. Si rifiutava di ascoltare qualsiasi consiglio che non gli venisse dal re o dalla Vergine Maria, con la quale asseriva di conversare in sogno. Tutta la Francia si aspettava avvenimenti sconvolgenti. Ma per alcuni mesi non accadde nulla. La Francia era come un enorme teatro in cui un pubblico impaziente si accalchi per assistere a un dramma,senza che il sipario si decida ad alzarsi. Forse, l'unica novit fu una parola nuova,che si aggiunse al vocabolario dei parigini. Un carrettiere aveva ordinato al suo cavallo di muoversi, ma il cavallo si rifiutava,ostinato; non era valsa a smuoverlo neanche la frusta. Allora, il carrettiere esasperato aveva gridato:" E muoviti, Polignac!" Il cavallo s'era mosso. Da allora in poi,i parigini chiamarono "polignac" i cavalli stupidi e ostinati. L'ostinato e stupido ministro guidava il carro dello stato con tutto il re, mentre la rivoluzione aspettava all'angolo.

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Capitolo 4 Persecuzione
1. 2 luglio 1829

Quando Evariste apr la porta dello studio del direttore, Laborie si alz immediatamente. Pos una mano sul braccio di Galois e lo invit a sedersi. Le sue labbra erano strette, ma la sua faccia era meno dura del solito, pareva si fosse messa una maschera di simpatia e di piet. Laborie torn in silenzio alla scrivania e prese una busta che continu a rigirare tra le dita, mentre sedeva di fronte ad Evariste. " Ho tristi notizie per voi ,molto tristi. Mi arrivata una lettera di vostro padre, con un biglietto indirizzato a me. Dovete prepararvi ad apprendere notizie assai tristi, dovete farvi coraggio. Siamo tutti nelle mani del Signore, ed in queste circostanze che dobbiamo rivolgerci al nostro Salvatore,perch ci dia la sua consolazione e per pregarlo affinch ci conceda la sua benedizione. Desidero sappiate, Galois, che avete la nostra pi profonda simpatia, la mia e di tutti i vostri insegnanti. Andate nella sala delle conferenze. Potrete leggere la vostra lettera senza che nessuno vi disturbi." Galois pass nella stanza attigua, apr la busta con le dita che gli tremavano, e cominci a leggere: Carissimo figlio, questa l'ultima lettera che riceverai da me. Quando leggerai queste parole, io non sar pi fra i vivi. Non voglio che ti abbatta e pianga. Sforzati di riprendere il corso normale della tua vita il pi presto possibile. So che ti sar difficile dimenticare tuo padre, che per te stato anche un buon amico. Ma voglio che tu mi pianga e mi ricordi il meno possibile. Ti lascio una rendita che ti consentir di terminare i tuoi studi. Ho provveduto anche al resto della famiglia, in misura modesta, ma sufficiente. Gli uomini giudicano spesso il suicidio un atto di vilt, una fuga a cui non si ha diritto. Forse vero. Ma il peso dell'esistenza mi divenuto insopportabile. Solo la morte potr dare pace e fine alle mie sofferenze. Mio caro Evariste, quando leggerai questa lettera, pensa che ormai io sar al di l di ogni sofferenza, che nessuno potr pi ferirmi, e che morendo ti potr proteggere meglio di quel che potrei se continuassi a vivere.
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Cercher di spiegarti come meglio mi sar possibile perch ho deciso di imboccare questa via senza ritorno. Questa forse la sola azione umana che non si pu revocare. Tu sai, figlio mio, che sono stato sindaco della nostra citt per diciassette anni; prima, durante e dopo i cento giorni di Napoleone. Dopo Waterloo, i nemici della libert hanno cercato di farmi destituire, ma senza riuscirvi. Tutti conoscevano le mie convinzioni e quello che pensavo dei Borboni e dei gesuiti. Ma malgrado le mie convinzioni, continuai ad essere sindaco, perch possedevo ci che nessun altro aveva a Bourg-la-Reine: il prestigio. Ora, carissimo figlio, se ripenso a quei vecchi tempi, rivedo l'onesta lotta che ho sostenuta con i miei avversari, e il successo, la felicit, gli onori. Chi mi era contro, lo faceva a viso aperto ed io mi difendevo a viso aperto. Ricorderai, figlio mio, quante volte uomini e donne della nostra citt venivano dal loro sindaco a chiedergli consiglio, e tu vedevi il rispetto e la fiducia che sempre mi dimostravano. Era su questo rispetto, non sulla paura, che poggiava la mia autorit. A volte alcuni dei nostri concittadini erano presi dal dubbio. Erano confusi, perch il prete ed io dicevamo loro cose discordanti. Taluni non riuscivano a darsi una ragione di ci, ed erano sempre incerti. Alcuni mi sono stati sempre nemici, ma i migliori mi restavano fedeli. Ti sarai accorto del mutamento che cominci a verificarsi in me due anni fa, quando a Bourg-la-Reine arriv il nuovo parroco. Forse ho fatto male a non parlartene mai, ma mi riusciva troppo difficile. A un tratto mi accorsi che respiravo un'aria avvelenata, e temetti di dover continuare a respirarla per tutta la vita. Capii che solo la tomba e la terra della mia citt avrebbero potuto proteggermi, coprendo il mio corpo senza vita. Sono certo, figlio mio, che il parroco e coloro che lo hanno mandato a Bourg-laReine, sapevano che non sarebbero mai riusciti a minare la mia autorit con mezzi leciti. Cos adottarono altri metodi. Non mi chiamarono pi n repubblicano, n bonapartista, n liberale. Questi appellativi sparirono dal loro vocabolario. Apparentemente sembrava che avessero smesso di avversarmi. Non ero pi un avversario pericoloso e temibile. Mi dipinsero come un tipo strambo,un povero spostato,una patetica figura da manicomio. Qualcuno cominci a salutarmi con un sorrisetto malcelato. Altri, che mi erano sempre stati avversi, presero a ridermi in faccia, cantandomi strofette su Bourg-la-Reine, una citt di cui tutta la Francia si faceva beffe, perch aveva per sindaco un povero pazzo. Ma, forse, la cosa peggiore era l'espressione dei miei antichi amici. Nel loro sguardo leggevo la piet. La piet! Avevo paura di parlarti, per timore di cogliere un'espressione di piet anche nel tuo sguardo. Quando, secondo una mia vecchia abitudine, citavo una massima di Seneca o di Voltaire, i miei amici abbassavano gli occhi e arrossivano. I pi crudeli erano i ragazzi del paese. Erano stati ammaestrati a starsene sotto le mie finestre a cantare di " un sindaco che era mentecatto - come sua moglie, i suoi figli e il suo gatto." Quando non reagivo, mi prendevano in giro. Quando reagivo con qualche scoppio d'ira, mi prendevano ancora pi in giro. Ti ricordi, caro Evariste, come ai nostri bei tempi ci divertivamo a comporre strofette sui nostri concittadini e sugli avvenimenti di allora? Quei versi erano a volte pungenti,a volte spiritosi, a volte sciocchi. Alcuni circolavano tra la gente, che li trovava divertenti. In questi due anni hanno fatto circolare le strofette pi sudice e

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volgari, attribuendole a me. Sono riusciti a convincere finanche alcuni dei miei amici, che ero io l'autore di quei sudici versi. Quelli che hanno avuto la correttezza di domandarmelo, forse hanno creduto alle mie proteste. Dico "forse", perch non lo so con esattezza, n potr mai saperlo, ormai. La diabolica semplicit del loro piano non potr non stupirti. Ne fui sorpreso anch'io. Non riesco a capire come abbiano impiegato tanto tempo a escogitarlo. A Bourg-laReine la nostra famiglia conduceva una vita diversa dalle altre. Avevamo i nostri libri e le nostre convinzioni. Parlavamo e vivevamo in un modo che gli uni potevano rispettare,o deridere. Hanno preferito rispettarmi per quindici anni e deridermi per gli ultimi due anni. A un certo punto pensai di lasciare la citt e di andarmene a Parigi. Ricordi, infatti, che negli ultimi tempi facevo frequenti viaggi a Parigi, dove avevo preso in affitto un appartamentino. E' da qui che ti scrivo, a cos poca distanza da te. Ma le risa, gli schiamazzi e le canzoncine mi seguirono. E andarsene via per molto tempo significava ammettere la mia sconfitta. Non c' che un modo per risvegliare la coscienza di coloro che hanno provocato la mia rovina: togliermi la vita, affinch sappiano perch l'ho fatto. Risolvendomi a questo passo estremo, potr ristabilire l'antico rispetto che hanno provato per me e per la mia famiglia. E nessuno oser pi ridere di tua madre o di te. Muoio asfissiato. Muoio perch non ho abbastanza aria pura da respirare. L'aria avvelenata che mi uccide qui a Parigi opera di quelli di Bourg-la-Reine. E' necessario che la gente sappia e capisca.
Mi difficile dirti addio, figlio caro. Tu sei il maggiore dei miei figli ed io sono stato sempre fiero di te. Un giorno sarai grande e famoso. So che questo giorno verr. Ma so anche che la sofferenza, la lotta e la delusione non ti abbandoneranno mai. Quello che accade a me non dovuto al caso. Certo tu comprendi, figlio mio, che non stato n il parroco, n la stupidit o la corruzione di poche persone a condurmi alla tomba. Questi sono soltanto, come tu ben sai, segni esteriori di qualcosa di ben pi vasto e profondo. Tu sarai un matematico. Ma anche la matematica, la pi nobile e astratta delle scienze, ha la sua corona nell'aria e le radici nella terra in cui viviamo. Neanche la matematica ti aiuter a sfuggire alle tue sofferenze e a quelle dei tuoi compagni. Lotta, figlio mio, con maggior coraggio, con pi nobilt di quanto io non abbia saputo; e possa tu sentire, prima che la tua vita si chiuda, il suono delle campane della libert. Laborie entr nella sala. And vicino a Galois, gli accarezz la testa con un gesto paterno e disse:" Non vorreste vedere il signor Richard? Mi ha detto che nutre una grande stima per voi. Vederlo vi potr far bene." Tra i singhiozzi, Evariste disse a fatica: " No! Non voglio vedere nessuno. Voglio vedere mio padre !" " Calmatevi! So quello che provate. Se volete, potete prendervi una settimana di permesso. Potete partire immediatamente, se lo desiderate. Dir al vostro istitutore di darvi una mano." Dopo che Galois fu uscito, il direttore mormor fra s:" Ecco i risultati dell'ateismo. Un cattolico non si toglierebbe mai la vita. Come pu la nostra scuola ripristinare la religione, se la famiglia la distrugge? Un padre, rendere cos infelice suo figlio! E'la maledizione dell'ateismo che perseguita la nostra epoca. Mi spiace per quel povero ragazzo. E' lui la vittima !" Quindi Laborie torn alla sua scrivania e riprese il suo lavoro.

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2.

5 luglio 1829

Il funerale si mosse dalla casa del sindaco verso la chiesa. Il carro funebre con la croce e gli angeli scolpiti di legno nero era fiancheggiato da due file di tre uomini che reggevano il drappo funebre, ed era guidato da due uomini in tenuta nera. La signora Galois, con la figlia ed Evariste, camminavano dietro al feretro. La madre di Evariste teneva alta la sua forte,fredda faccia. Dietro, seguivano la sorella della signora Galois insieme ad Alfred, il fratello minore di Evariste,gli altri membri della famiglia, e i cittadini di Bourg-la-Reine. I cittadini sussurravano:" S! E' stato il parroco." " Tutto cominciato da quando arrivato lui." " Anche se il sindaco era un p matto, era una persona per bene ed era il nostro
sindaco." " Il parroco avr il coraggio di venire?" " Avr il coraggio di non venire?"

Gli stessi cittadini che avevano odiato il sindaco, ora rivolgevano il loro odio contro il prete. Come aveva fatto a non prevedere che il sindaco aveva una carta decisiva da giocare, cio la sua stessa vita? I cittadini che avevano amato il sindaco, ora odiavano doppiamente il prete. Il funerale si avvicin alla chiesa. La gente guardava con avida curiosit, per vedere se in mezzo al gruppo di adulti e di ragazzi in bianco e nero, in attesa davanti alla chiesa per accogliere il corpo, non ci fosse anche il prete. No, il prete non c'era." E' un vigliacco," sussurrarono quelli che avrebbero sussurrato " Come osa?" se il prete fosse stato l. Alcuni con un moto di sollievo, altri con un impeto di collera, scorsero il curato in cotta, col rituale in mano. Al posto del parroco avrebbe pregato lui per il sindaco, e avrebbe spruzzato lui il corpo del sindaco con l'acqua santa. Un chierichetto, tra il curato e due preti delle parrocchie vicine, portava l'acqua santa e l'isoppo. Due accoliti che reggevano le candele fiancheggiavano il gruppo e un chierichetto reggeva la croce davanti al gruppo. Il carro funebre e quelli che reggevano il drappo funebre si scostarono. Il morto e i vivi sfilarono dentro la chiesa, guidati dalla croce del chierichetto e dal Miserere mei, Jesus del curato. Molti cittadini rimasero fuori. Volevano dimostrare in quel modo la loro disapprovazione verso la chiesa, che si era interposta fra loro e il sindaco che essi avevano amato. Si radunarono davanti al carro funebre e attesero, guardando le porte scolpite della chiesa. Riapparvero la croce, il feretro, e tutti quelli che erano entrati nella chiesa. Riluttanti, con malcelata ostilit, quelli che erano rimasti fuori fecero largo al curato, ai preti e ai chierichetti. Il curato pregava, e il funerale si avvi verso il cimitero. A un tratto, gli uomini che precedevano il carro funebre si fermarono. Cos facendo, costrinsero a fermarsi anche il chierichetto che portava la croce. Quando il chierichetto si ferm, si ferm anche il clero, e il carro funebre col feretro. Allora, alcuni di quelli che stavano davanti al carro, si precipitarono sul feretro. Fu un movimento cos rapido,da sembrare sconveniente per un funerale. Senza badare agli uomini che reggevano il drappo funebre, presero in ispalla la bara, e uno di essi pronunci, in tono di sfida:" Renderemo onore al nostro sindaco portando la bara."

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Il curato aveva girato la testa, e stava a guardare. Attese calmo, senza mostrare n collera, n disapprovazione. Quella dimostrazione, che aveva il duplice scopo di rendere omaggio al sindaco e di mandare in bestia il clero, riusc solo nel primo intento. La calma del curato ebbe effetto anche sugli altri. Nessuno protest. Subito dopo il corteo riprese a muoversi ordinatamente, con la bara portata a spalla, invece che sul carro. Il corteo giunse davanti alla chiesetta del cimitero. Il parroco era l: calmo, orgoglioso, eretto, in cotta, la berretta in testa e il rituale in mano. Fu subito chiaro a tutti che sarebbe stato il parroco a pronunciare le ultime preghiere e a benedire la tomba. Si ud una voce:" Non vogliamo il parroco." Altre voci fecero eco:" Via il parroco. Abbasso i gesuiti." Calmissimo, come se non avesse udito nulla, il parroco si diresse verso la bara e prese il suo posto davanti al feretro. Si riudirono le grida di prima, poi torn il silenzio, ma la tensione crebbe. Quelli che portavano la bara guardavano con odio la schiena rigida del prete, che procedeva davanti a loro. Solo la fatica teneva chiuse le loro labbra. Ma presto deposero la bara del sindaco accanto alla fossa, che l'avrebbe accolta per sempre. Ora le loro mani erano libere. Si scansarono, per consentire ai familiari del morto di avvicinarsi alla bara. Il parroco e gli altri preti si misero da una parte: Evariste, sua madre e sua sorella dall'altra, separati dai preti dalla lunghezza del corpo del sindaco. Quelli che si trovavano vicino al clero, si allontanarono. Alcuni se ne andarono a casa; non volevano assistere a quello che forse stava per accadere. Gli altri si misero dalla parte dei familiari del morto, per non restare vicini al parroco e per dimostrargli che ne disapprovavano la presenza. Il parroco cominci a pregare:" Deus, cuius miseratione animae fidelium..." Una voce lo interruppe,gridando:" Assassino!" Un'altra ripet:" Assassino!" Poi altre voci:" Hai assassinato il nostro sindaco!" Il prete alz gli occhi dal libro di preghiere, fissando in faccia quelli che stavano di fronte a lui. Poi lev gli occhi al cielo. " Mio Dio, perdona loro, perch non sanno quel che fanno." Poi il suo sguardo fermo pass dall'uno all'altro dei presenti. " Siamo qui, vicino alla bara del sindaco, riuniti dalla piet e dal perdono. Le vie del Padre nostro che sta nei Cieli sembrano strane e inesplicabili. Dobbiamo accettare umilmente la sua volont, perch non possiamo comprendere la saggezza dei suoi disegni. Sono stato mandato a voi dal rappresentante di Dio in terra. Chi di voi ha il tremendo coraggio di dire che la Chiesa, o che io, siamo responsabili del dolore della vedova del sindaco e dei suoi figli? Non abbiamo dato prova della nostra buona volont, della nostra piet, del nostro perdono, venendo a questa tomba, che ora voglio benedire? La nostra religione non ci proibisce di disporre della nostra vita? Il nostro sindaco si tolta la vita perch la sua povera anima e la sua mente erano tormentate da quell'infelicit da cui pu salvarci solo la fede. Ma siamo venuti con voi a seppellire il sindaco in terra consacrata, perch nostro dovere di umili servitori di Cristo di aver piet e di recare conforto a quelli che Iddio ha condannato a sopportare il peso della
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vita. E' per amor loro che sono venuto a pregare per l'anima defunta. E possa Iddio Onnipotente aver misericordia di quelli tra voi, che hanno levato la loro voce contro di me. " Coloro che mi hanno gettato in faccia quell'orribile accusa,si facciano avanti; si mostrino a me e a voi. Osino ripetere quell'accusa, se ne sono convinti." Un sasso venne scagliato contro il parroco. Il clero indietreggi, senza panico,aumentando rapidamente la distanza fra s e la bara. Ma il parroco rest immobile, gli occhi al cielo. Le pietre volarono sempre pi fitte, e la parola "assassino" risuon con forza crescente. Qualche sasso fin sulla bara. Uno, infine, colp il parroco in mezzo alla fronte. Il prete cadde col viso insanguinato. Il curato e un chierico si inginocchiarono, per aiutarlo a rialzarsi. Le pietre continuavano a volare. " Basta! Basta!" Era la madre di Evariste. Il suo viso era contratto in una smorfia isterica. " Basta! Per l'amor del cielo, basta!" Evariste sent che le sue gambe non avrebbero potuto reggere ancora per molto il peso eccessivo del suo magro corpo. Cadde bocconi abbracciando la bara e grid con voce sempre pi isterica, ad ogni parola che gli straziava il corpo:"Oh, padre; padre caro. Prendimi con te. Non voglio vivere. No! Non vero. Io voglio vivere. Vivr, come volevi tu. Sarai sempre con me, nella vita e nella morte. Oh, padre caro. Ti penser sempre, tutta la vita, finch avr respiro. Ti giuro che non dimenticher mai ci che mi hai detto e insegnato. Ma io odio, padre. Io devo odiare. Mi senti? Devi perdonarmi. Odio tutti quelli che ti hanno avversato. Io devo odiare. Devo odiare!" Le sue parole divennero sempre pi inarticolate, finch si spensero in un crescendo di singhiozzi e di grida. Infine, anche le grida e i singhiozzi si spensero, e Galois rest immobile, abbracciato strettamente alla bara in cui giaceva suo padre. Sua madre si chin e cerc di aiutarlo a rialzarsi. Lo portarono a casa. La sua fronte ardeva, e fu messo a letto. Venne il dottore e disse alla madre di Evariste:" E' un ragazzo molto sensibile. E' una sfortuna essere tanto sensibili. Star meglio tra un giorno o due. Ma deve condurre una vita calma, senza scosse."

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3.

1829

Evariste sedeva nello studio di Richard. Appariva magro e pallido, i suoi occhi non avevano pi l'ardore di una volta, e l'angolo formato dal suo mento sembrava ancora pi acuto. Richard fumava la pipa ed Evariste guardava con occhi vuoti nel vuoto. Richard ruppe il silenzio. " So quello che provate. Mi dispiace... il solo conforto che posso offrirvi il luogo comune che il tempo rimargina tutte le ferite. Come molti luoghi comuni, ha un fondo di verit. Ma voi avete un altro conforto: il lavoro. Siete un matematico e, lo vogliate o no, continuerete ad occuparvi di matematica. E' pi forte di voi. Perch non accettate il vostro destino e non vi dedicate al lavoro? Vi darete pace, e accelererete il corso del tempo, il quale, per ripetere il luogo comune, rimargina tutte le ferite."
Evariste non rispose. Se ne stava l, seduto, come se non avesse udito nulla. Richard domand:" Che ne successo del manoscritto che avete mandato all'Accademia ?"

Evariste rispose con apatia. " Il manoscritto che ho mandato all'Accademia? S! Ne ho saputo qualcosa. Una storia davvero buffa. Un pomeriggio ch'ero libero e non sapevo che fare, me ne andai a far quattro passi per istrada e capitai davanti all'Accademia. Entrai e domandai che fine avesse fatto il mio manoscritto. L'impiegato non riusc a trovarne traccia, tanto che cominciai a dubitare di averlo spedito. Ma alla fine l'impiegato trov un appunto. Il signor Fourier, il segretario, lo aveva mandato al signor Cauchy, che non lo aveva restituito. 'Siete sicuro che non stato restituito?' domandai. L'impiegato rispose:' Nel modo pi assoluto. Il signor Cauchy ci rimanda cos pochi manoscritti, oltre i suoi, che me ne sarei sicuramente accorto.' Poi mi sugger di andare dal signor Cauchy a chiedergli se aveva ricevuto il manoscritto e che cosa ne avesse fatto. L'impiegato era davvero un bel tipo. Sorrideva divertito come se si trattasse di un magnifico scherzo. Io non capivo cosa ci fosse di cos divertente, nel fatto che il signor Cauchy non avesse restituito il manoscritto. Cos andai a casa del signor Cauchy. Venne ad aprirmi una donna. Forse era la moglie, forse la domestica. Le chiesi educatamente:" Potrei vedere il professor Cauchy?" La risposta fu:' Il signor Cauchy ha molto da fare e non pu vedere nessuno.' Allora dissi che avrei desiderato riavere il manoscritto che avevo mandato all'Accademia,e che dall'Accademia avevano trasmesso al signor Cauchy. La donna rientr, chiudendomi la porta in faccia. Attesi, e quando torn mi chiese come mi chiamassi. Glielo dissi, e lei torn dal signor Cauchy, chiudendo di nuovo la porta. Infine riapparve, e il verdetto fu senza appello. Mi si par davanti e disse in tono brusco:' Il signor Cauchy non sa niente di un manoscritto del signor Galois, non ce l'ha e non ricorda di averlo mai ricevuto.' Cos, signor Richard, termina la storia di un manoscritto che un giovane matematico, Evariste Galois, sped all'Accademia, nella famoso.' Richard tir qualche boccata in silenzio. Poi disse:" E' davvero una brutta notizia." Poi, dopo un'altra pausa:" Ditemi francamente, Evariste. Siete certo dei vostri risultati? siete proprio sicuro che siano esatti e importanti ?"

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" Va bene, signor Richard! Sar pi franco di quel che non vi aspettiate. Vi dar una risposta che due mesi fa non avrei osato darvi. Sono assolutamente certo dell'esattezza e dell'importanza dei miei risultati. Dopo quelli che ho mandati all'Accademia, sono andato ancora pi avanti. Ho ottenuto altri risultati. Ma mi resta ancora molto da fare. Il campo immenso. Ci sono molte cose che non capisco. Ma forse un giorno arriver a chiarire ogni cosa. Credo d'essere sulla via delle pi grandi scoperte algebriche di questo secolo. Credo che il mio lavoro dar l'avvio a una nuova algebra. Ma ci sono poche persone in grado di valutare la portata dei miei risultati. Il signor Cauchy avrebbe potuto essere una di queste,se avesse voluto prendersi la briga di occuparsene. Anche Gauss, s, anche lui capirebbe l'importanza del mio lavoro." Richard appariva imbarazzato. And a uno scaffale, prese un libro, l'apr alla pagina 65 e lo porse a Evariste. " Qui c' qualcosa che v'interesser. Ecco un matematico al quale il vostro lavoro potrebbe interessare. Questo uno scritto di Niels Henrik Abel. Come vedete, stato pubblicato quattro anni fa da una nuova rivista tedesca." Ne pronunci il nome, con precisione pedante;" Journal fr die reine und angewandte Mathematik." Evariste prese il volume e cominci a tradurre lentamente dal tedesco: Dimostrazione dell'impossibilit di risolvere l'equazione algebrica generale di grado superiore al quarto. Come noto, le equazioni sono risolvibili fino al quarto grado. Ma, se non erro, non stata ancora data una risposta soddisfacente a questa domanda: E' possibile risolvere le equazioni di grado superiore? Il mio lavoro risponde a questa domanda. Evariste sfogli rapidamente le pagine. Gli brillavano gli occhi, le sue guance riprendevano colore. Dimentico di Richard e di tutto ci che lo circondava, andava esclamando:" E' chiaro! Naturalmente. Molto interessante! Davvero, molto interessante!" Quando arriv alla pagina 84 tradusse le conclusioni: Un'equazione di quinto grado non si pu risolvere algebricamente. Ne deriva che impossibile risolvere un'equazione di grado superiore al quinto. In generale, quindi, si possono risolvere algebricamente le equazioni solo fino al quarto grado. Chiuse il libro. La sua apatia era scomparsa; chiese eccitato:" Dove sta questo Abel?
Chi ? Forse a quest'ora sulla via giusta. Forse ha gi scoperto le condizioni generali per la risolubilit. Voglio vederlo, o scrivergli. Dove si trova ? Che et ha? Dev'essere giovane."

Richard rispose con calma:" Fra un istante vi dir tutto ci che so di Abel. Ma prima voglio mostrarvi un altro suo lavoro, che stato pubblicato da poco." Richard porse ad Evariste una copia recente del " Journal " di Crelle.Galois lesse il titolo: Su una particolare classe di equazioni risolubili algebricamente, quindi lesse in fretta lo scritto, che era in francese. La sua emozione aument. E' naturale. E' la stessa direzione di ricerca. Lo scritto del marzo 1828. A quel tempo Abel non aveva ancora raggiunto i miei risultati attuali. Ma probabile che a quest'ora conosca la soluzione. E' un grande matematico. Devo conoscerlo. Ditemi dove sta, vi prego. Voglio scrivergli immediatamente. Qui c' scritto Cristiania. E' l che vive?"

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Richard rispose:" Abel morto. E' solo per caso che ne conosco la tragica storia. E' morto in Norvegia pochi mesi fa, di tubercolosi. Quando mor, lo scorso aprile, nella miseria pi assoluta, c'era in viaggio una lettera con l'offerta di una cattedra all'universit di Berlino. Abel non ha mai ricevuto la lettera." " Che et aveva ?" " Ventisette anni. Nella sua storia c' qualcos'altro che vi interesser sapere. Abel aveva mandato il manoscritto di un lavoro importante all'Accademia, che lo aveva rispedito a sua volta al signor Cauchy. Nessuno sa che fine abbia fatto quel manoscritto." Gli occhi di Galois si dilatarono di collera e d'odio. " Abel morto in povert, a ventisette anni. Il suo manoscritto stato smarrito dal signor Cauchy." Evariste parlava con veemenza. " Questi non sono fatti isolati. Hanno una connessione. Non vedete, signor Richard? La morte di mio padre, la ribellione al Louis-le-Grand, la perdita del manoscritto di Abel e del mio, la morte di Abel. Sembrano fatti isolati, senza alcun rapporto tra loro. Sono del tutto diversi, si svolgono su piani differenti, in luoghi diversi, e si riferiscono a persone diverse. Vanno dalla Norvegia a Parigi, a Bourg-la-Reine. Ma dovete credermi, signor Richard, non si tratta di incidenti isolati. Sono connessi l'uno all'altro, sono in rapporto con milioni di altri eventi. Formano un disegno preciso. " E l'elemento connettivo la malvagia organizzazione sociale in cui viviamo. Essa ha ucciso Abel, perch disprezza il povero ed ostile al genio." Evariste alzava la voce, e Richard guard con un'espressione di disagio le pareti della sua stanza,come per sincerarsi che fossero abbastanza spesse da non lasciar passare le parole di Galois. " Una malvagia organizzazione sociale impedisce che il genio venga riconosciuto e favorisce la mediocrit servile. Lo so perfettamente. Ma so di pi. Di questa malvagia organizzazione sociale conosco anche la forza brutale e spietata." Evariste tacque. Richard prov un senso di sollievo. La voce di Galois s'era fatta pi calma e riflessiva. Ma di frase in frase, riprese di tono, fino a diventare un rumoroso e incontrollato fiume di parole. " La stessa forza che ha ucciso Abel, ha avvelenato la mente del signor Cauchy, fino a fargli perdere l'amore per il prossimo e ogni interesse per gli uomini. E' la stessa forza contro la quale gli studenti si sono ribellati, la stessa che ne ha scaraventati fuori dalla scuola pi di un centinaio. Questa forza ha ucciso mio padre. Il parroco non stato che lo strumento. Una forza esterna lo ha mandato a Bourg-la-Reine, con l'ordine preciso di scalzare e distruggere l'autorit di mio padre. E'su questa forza che ricade tutta la responsabilit,non sul parroco, che solo una piccola ruota nell'ingranaggio della tirannia e dell'oppressione. E' questa forza che devo combattere. Ho cercato di sottrarmi alla lotta dedicandomi alla matematica. Ma questa forza ha invaso la mia vita e mi ha insegnato che non si pu sfuggirle. La responsabilit non degli individui; la corruzione del sistema sociale che li fa agire cos. Questo mi insegnava mio padre. Prima che lui morisse non lo capivo,ma ora me ne rendo conto." Richard si sentiva pi stupito. Quando sentiva dire dagli altri che Galois era un tipo strano, Richard pensava che avrebbero detto la stessa cosa di chiunque avesse
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posseduto un talento eccezionale per la matematica. Ma ora vedeva che il suo ospite era davvero un tipo strano, e che la sua stranezza sembrava non avere alcun rapporto con la matematica. " Sapete, Galois, che state parlando come un repubblicano?" " Lo so." " Non potete voler dire questo. Lo so che il nostro non il migliore dei mondi possibili. Il progresso lento e faticoso, a volte sembra che proceda a ritroso, ma alla fine trionfa sempre! Adesso abbiamo la pace. Abbiamo uno statuto che assicura al popolo diritti equi. A chiunque abbia vera voglia di lavorare,il lavoro non manca. Disordini o rivoluzioni non farebbero che ripristinare il terrore, e aumenterebbero la
miseria e la povert. Naturalmente, si verificano fatti tragici, ma il pi delle volte sono accidentali. Se non fosse stato malato, oggi Abel insegnerebbe a Barlino. E la consunzione colpisce indifferentemente il ricco e il povero. Se il nuovo parroco non fosse andato a Bourgla-Reine, vostro padre sarebbe ancora vivo. Vi sono preti buoni e preti cattivi, come vi sono buoni e cattivi matematici. Il signor Cauchy un tipo strano che butta gi un articolo ogni cinque minuti, e non ha tempo per nient'altro.

" Ma ovvio che si tratta di semplici accidenti. Dobbiamo sforzarci di costruire,non di distruggere. Se io da insegnante, e voi da matematico, cerchiamo di far bene il nostro lavoro, siamo come due ingranaggi al posto giusto, e se tutti gli altri fanno regolarmente il loro lavoro, l'intero ingranaggio funziona a dovere. Ma se io smetto di insegnare e voi smettete di fare il matematico,ne soffre tutto l'ingranaggio. Ma ci che voi proponete ancora peggio. Vorreste unirvi a quelli che vogliono fracassare l'ingranaggio. Ma non otterreste che il caos e il terrore; scatenereste le forze della crudelt e della brutalit. Al confronto, il mondo attuale sembrerebbe un pacifico sogno d'una bellezza idillica." Richard e Galois sentivano che un muro s'innalzava fra loro. Un muro che divenne pi spesso, quando Galois replic, con collera crescente: " Voi parlate di un ingranaggio che funziona bene,e di gente che vuol farlo a pezzi. Sembra un buon paragone, ma non lo . Non esiste nessun ingranaggio! Esiste solo un mucchio di rottami arrugginiti. La parte migliore, il materiale pi logoro, i nati poveri,che parte hanno nel vostro ingranaggio? Se non riescono a trovare lavoro, vanno in malora e arrugginiscono nell'ozio e nella miseria pi squallida. Se sono tanto fortunati da trovare qualcuno che ne accetti graziosamente il sudore in cambio di un tozzo di pane, vanno in malora per il troppo lavoro e lo sfruttamento. Come fate a vedere, signor Richard, un senso, un ritmo, una ragione superiore in questo ingranaggio? Per Dio, qualche anno ancora, e non ci sar pi alcun bisogno di rivoluzione. L'ingranaggio si disintegrer da s, si decomporr e mander il suo fetore fino al cielo. Prima cominceremo a distruggerlo, e meglio sar per l'avvenire del mondo." Sentirono entrambi che quelle parole si sarebbero sempre frapposte fra loro. Galois pensava:" Sono venuto per avere un p di conforto, e me ne vado con un'altra delusione. Come pu un uomo, che pure un bravo insegnante, e che io ritenevo intelligente, avere una comprensione cos limitata? Come pu pensare che questo sia un mondo degno di viverci? Come pu non vederne l'orrore e l'ingiustizia? E io, che lo consideravo un amico!"

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Richard pensava:" E' giovane, ma n l'et, n la sua terribile esperienza bastano a scusare le sue parole. Avrebbe dovuto avere pi buon senso, invece di venire a fare discorsi cos pericolosi nel mio studio, qui al Louis-le-Grand. Dovrebbe tenersele per s, le sue idee. Sono idee pericolose, da sovversivo." Richard era ansioso di porre fine a quella conversazione. Voleva farlo con la maggiore delicatezza possibile. " Credo che su questo punto non ci troveremo mai d'accordo e penso che sia inutile continuare la discussione. Dopo tutto, non c' ragione che si debbano condividere le stesse idee. Sar meglio non toccare pi questo argomento. Ma c' una cosa, che desidero dirvi. Credo fermamente che il vostro compito essenziale sia di dedicarvi alla matematica. Sarebbe un vero peccato, se la trascuraste." Quando Galois se ne torn nel suo dormitorio, oltre che depresso, si sentiva pieno di rabbia e di disprezzo contro se stesso. Ripens alla sua conversazione con Richard, e mordendosi le labbra, ripet:" Perch gli ho detto tutto questo? Sono stato stupido, un vero stupido." Ecco cosa risulta dalle ultime note caratteristiche, che gli insegnanti del Louis-leGrand scrissero su Galois:

Condotta a volte eccellente,a volte pessima. Sono note le sue attitudini per le materie scientifiche. Quando studia, si impegna a fondo e non spreca quasi mai il suo tempo. I suoi progressi sono in relazione alle sue capacit e al suo interesse per le scienze. Ha un carattere bizzarro,e si ritiene pi strano di quel che non sia in realt. Durante le funzioni religiose non si comporta sempre come dovrebbe. Salute buona.
Richard scrisse le sue ultime impressioni su Galois. Alla fine del primo trimestre aveva scritto:" Questo studente dimostra una netta superiorit su tutti i colleghi." Erano parole di lode che Richard non aveva mai usato per nessuno. Alla fine del secondo trimestre aveva scritto:" Studia soltanto i progressi pi recenti della matematica." Ma al terzo trimestre ebbe un unico desiderio: mettere una pietra sul passato e dimenticare Galois. Scrisse macchinalmente il solito giudizio che riservava agli studenti bravi:" Condotta buona, profitto soddisfacente." Come tutti prevedevano,nella gara di classe Galois vinse il primo premio. Richard aveva anche sperato che Galois vincesse il primo premio della gara generale. Fra gli altri vantaggi,questo avrebbe significato l'ammissione senza esami al Politecnico. Ma Galois si classific appena quinto. Il problema non era stato difficile, e molti studenti lo avevano risolto bene. Galois era stato troppo spiccio,aveva dato una dimostrazione troppo concisa. Il primo premio and a un altro studente,un certo Bravais, che poi doveva diventare professore al Politecnico e membro dell'Accademia. Erano vent'anni che Dinet faceva l'esaminatore al Politecnico. Nelle settimane di esame, fino al momento in cui non aveva finito di interrogare le poche centinaia di studenti che speravano di essere promossi,lavorava nove ore al giorno. Una decina d'anni prima,quella sfibrante ripetizione di domande gli avevano procurato un grave esaurimento, e il dottore gli aveva prescritto di allontanarsi da Parigi per qualche mese.
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Poi s'era rimesso, ed era tornato a ripetere le solite vecchie domande, e ad ascoltare la sua solita voce noiosa. Le risposte erano ancor pi noiose,perch era costretto ad ascoltarle. Due minuti, no, un minuto dopo, Dinet sapeva gi se il candidato meritava d'essere ammesso al Politecnico,su quale libro aveva studiato e quanto ne aveva capito. Ma Dinet era orgoglioso della sua correttezza professionale, che gli imponeva, per amor dello studente, di prolungare l'interrogazione, anche se, con noia infinita, sapeva sempre in anticipo quale sarebbe stata la seconda e la terza frase della risposta, ancor prima che fosse finita la prima. L'unica maniera di fermare quel flusso di parole era di interrompere quella catena preconcepita con una nuova domanda; ma Dinet non trovava molto divertente sostituire la propria voce a quella dello studente. Era una giornata afosa. Dinet sudava, era stanco, assetato e non vedeva l'ora che la giornata finisse. La scarpa destra gli comprimeva in modo insopportabile un callo, e Dinet agognava la sua poltrona e le pantofole. Ma restavano ancora da esaminare tre candidati. Il bidello stava ripulendo la lavagna dopo che l'ultimo studente interrogato se n'era andato, quando Dinet, tamburellando con le dita sulla scrivania, si sforz di soffocare uno sbadiglio e disse:" L'altro candidato, prego." Poi, senza alzare la testa: " Nome?" " Evariste Galois." " Ditemi tutto ci che sapete della teoria dei logaritmi." Dinet chiuse gli occhi. Era gi preparato alla risposta. Avrebbe sentito che b = logaritmo di c in base a se a elevato b uguale c. Erano le lettere usate nel testo di algebra di Euler, e da quando era apparso quel libro, non c'era studente che, parlando dei logaritmi, non le usasse. Quindi, il candidato avrebbe detto che il logaritmo di un prodotto uguale alla somma dei logaritmi. " Orrendo! Spaventoso! Che noia terribile! Ancora venti minuti e avr finito di esaminare questo - come si chiama - e gli altri due. Poi le mie pantofole... oh, bene, sentiamo." Ma non c'era niente da sentire. C'era qualcosa che non andava. Dinet si rallegr, poteva voler dire una esperienza insolita. Forse lo studente che cercava di superare gli esami di ammissione era sordomuto! Sarebbe stato interessante. Perlomeno, lo studente sapeva scrivere. Sentiva stridere il gesso sulla lavagna. Avrebbe dato un'occhiata. Alz la testa appesantita dal sonno, e lesse: 1 0

a
1

a2
2

a3
3

Dinet si sent meno insonnolito. Cominciava a sentirsi interessato. Era qualcosa di nuovo! " Volete avere la bont di spiegarmi che cosa state facendo?"
Una voce incolore replic:" Queste sono due progressioni, una progressione geometrica e una progressione aritmetica. I termini della progressione aritmetica sono i logaritmi dei corrispondenti termini della progressione geometrica, ed a rappresenta la base." " Molto bene," disse Dinet. Attese che la voce continuasse. Ma l'incoraggiante " molto bene " non ebbe il potere di accelerare la loquela dello studente. Il candidato si limit ad aggiungere:" eccetera," cancellando gran parte della buona impressione che aveva destata.

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Dinet chiese con impazienza:" Cosa significa 'eccetera'? Cosa viene dopo?" Aspett la risposta. " Giovanotto, non posso strapparvi le parole con le tenaglie, abbiate o no voglia di rispondere." Galois prov le stesse emozioni sperimentate tante altre volte: la collera crescente, il fuoco alle guance,lo sforzo che faceva cercando di dominarsi. Si fece rosso in faccia, gli trem la voce, ma la risposta sembr calma e indifferente. " Tra un numero e l'altro della progressione geometrica, o tra un numero e l'altro della progressione aritmetica, si possono inserire (n-1) numeri. I numeri della progressione aritmetica saranno sempre logaritmi dei corrispondenti numeri della progressione geometrica." " Spiegatevi meglio. Che genere di numeri possiamo inserire?" Galois guard con disprezzo Dinet. L'idea che qualcuno potesse giudicare se lui, Galois, era abbastanza preparato per essere ammesso al Politecnico, era troppo dura da sopportare. Ma il pensiero che quel qualcuno fosse proprio Dinet, era due volte insopportabile. " E' pi che evidente. Se si inseriscono (n1) numeri in modo che le rispettive progressioni restino geometriche o aritmetiche,come ho premesso chiaramente, tutto determinato e non c' altro da aggiungere." " Pu essere chiaro per voi, ma pu non esserlo altrettanto per me. Vi prego di scrivere codeste espressioni; altrimenti, tanto vale metter fine alla nostra conversazione." Senza dir parola, Galois scrisse sulla lavagna:

1 0

a 1 n

1 n

a 2 n

2 n

a n 1 n

n 1 n

Dinet guard e tir un sospiro di sollievo. Pensava:" Ma che modi, che modi questi giovani d'oggi! Costui mi antipatico. Gli far smettere quelle arie da superuomo,fosse l'ultima cosa che far oggi." Chiese:" Ed ora, potrei inserire (n-1) numeri in un intervallo e (m-1) numeri in un altro, dove n sia diverso da m?" " Naturalmente, signore," disse Galois. " Quindi, il numero dei termini pu variare da intervallo a intervallo?" " Ho detto naturalmente, signore." " Mi sapreste spiegare perch ?" Galois cap che solo l'ironia avrebbe potuto frenare l'impeto crescente della sua collera. " Non vi sembra ovvio, signore ?" Dinet gesticol eccitato. " Supponete, signore, che non lo sia. Supponete che io desideri che me lo spieghiate. E supponete anche che se non sarete capace di spiegarmi questo insignificante e stupido problema,sarete bocciato. In questo caso, signor Candidato, come rispondereste alla mia domanda?" Evariste fiss negli occhi Dinet. Nella destra stringeva meccanicamente il cancellino. N la persuasione, n l'ironia avrebbero pi potuto frenare la sua collera. L'ira cresceva e lo soverchiava, gli annebbiava la vista. La faccia di Dinet si trasform stranamente davanti ai suoi occhi. L'esaminatore divenne pi magro, i suoi tratti pi duri. Ora Dinet gli ricordava il parroco di Bourg-la-Reine. S, era il parroco, solo che era pi vecchio; i suoi tratti si fecero pi marcati e rapaci. Era il parroco, il parroco che coloro che avevano voluto bene al sindaco avevano preso a sassate. S, era il parroco. Una nebbia opprimente invase la stanza. Appena diradata la nebbia,Galois avrebbe voluto vedere quegli uomini scagliar pietre contro il sindaco, che ora sedeva al tavolo,senza curarsi della collera di coloro che lo circondavano. Una voce stridula fece svanire la nebbia."Vi ripeto: come rispondereste alla mia domanda ?" Galois
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alz il cancellino e lo scagli sulla testa di Dinet. Il cancellino colp nel punto in cui Galois aveva mirato. Evariste grid felice, come se si fosse liberato dal peso pi opprimente della sua vita:" Ecco come risponderei alla vostra domanda,signore!" Poi, senza voltarsi, usc e si chiuse la porta alle spalle. Sapeva d'averla chiusa per sempre.

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Capitolo 5 Lanno della rivoluzione


1. 1830

Nel febbraio del 1830, Galois entr ufficialmente nella Scuola Preparatoria, debole e modesta imitazione di quella Scuola Normale, che era stata fondata ai tempi di Napoleone ed era stata chiusa durante la Restaurazione. La Scuola Preparatoria era stata aperta nel 1826, quattr'anni dopo la chiusura della Scuola Normale. La Scuola Preparatoria doveva fornire istitutori e professori per i collegi reali. Era stata sistemata nel palazzo Duplessis, che un tempo aveva fatto parte del Louis-le-Grand. La Scuola Preparatoria e il Louis-le-Grand non erano vicine solo nello spazio, ma anche nello spirito: identiche erano la disciplina e la sorveglianza. Solo che il livello dell'insegnamento era pi alto e la specializzazione maggiore. Per essere ammesso alla Scuola Preparatoria,Galois dovette conseguire il diploma di scienze e superare gli esami di ammissione. Super tutt'e due le prove. Il suo esaminatore di matematica, Leroy, gli dette otto punti su dieci e scrisse: Il candidato si esprime a volte con una certa oscurit,ma intelligente e dimostra un notevole spirito di ricerca. Mi ha messo al corrente di alcuni risultati nuovi sul campo dell'analisi applicata. Pchet, insegnante di fisica, scrisse: E' il solo candidato che mi abbia risposto male; non sa niente di niente. Mi dicono che bravo in matematica, cosa che mi sorprende. A giudicare dal suo esame, mi sembra poco intelligente, oppure ha nascosto cos bene la sua intelligenza, che non sono riuscito a scoprirla. Se il candidato quello che ha l'aria di essere, dubito che possa mai diventare un buon insegnante. Povero Pchet! Quante volte queste sue osservazioni, bench non fossero destinate alla stampa, sono state citate come esempio classico della stupidit umana e di cecit e insipienza professorale! Quello stesso anno, sul " Bulletin de Frussac " apparvero tre scritti di Galois. In aprile, una breve nota: Analyse d'un mmoire sur la rsolution algbrique des quations. Poi, in giugno, una nota pi lunga (tre pagine): Sur la rsolution des quations numriques, e uno scritto pi lungo (otto pagine): Sur la thorie des
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nombres, accompagnato dalla seguente nota:" Questo scritto costituisce una parte delle ricerche del signor Galois sulla teoria delle permutazioni e delle equazioni algebriche." I tre scritti contenevano solo frammenti dei risultati di Galois. Alcuni di questi frammenti erano presentati senza dimostrazione. La teoria venne formulata pi diffusamente in uno scritto che Galois mand in febbraio al concorso annuale per il premio dell'Accademia. Non si faceva illusioni; non sognava trionfi, n successi; ma sapeva che se non gli fosse venuto nessun riconoscimento, lui ne avrebbe avuto un p di delusione, ma l'umiliazione finale sarebbe toccata agli Accademici. Non fu facile per Galois assuefarsi all'atmosfera della Scuola Preparatoria, cos simile a quella che regnava al Louis-le-Grand.Eppure, si sentiva attratto da quell'ambiente odiato; i vincoli dell'odio possono essere forti quanto quelli dell'amore e della devozione. La scuola, l'Accademia, erano i campi di battaglia sui quali era stato umiliato, e sui quali doveva tornare a combattere ancora. Ma l'anno non era ancora finito, che Galois vide aprirsi un campo di battaglia pi vasto e scoppiare una lotta pi importante. Il campo di battaglia era Parigi, e la lotta era quella per i diritti del popolo di Parigi, della Francia e del mondo intero. Dal giorno in cui il principe di Polignac era stato nominato Primo ministro del re, la borghesia francese era vissuta nel terrore e nell'attesa della rivoluzione. Essa aborriva la nobilt, che la umiliava coi suoi modi pi raffinati e il suo gusto impeccabile. Odiava il clero, perch stava sempre dalla parte dei nobili. Odiava il re, che rappresentava la nobilt e il clero. Il re non aveva fiducia nella politica delle concessioni. Non era bastata a salvare suo fratello. Luigi XVI aveva fatto una politica di concessioni, e aveva ceduto. Aveva ceduto di nuovo, e poi ancora, finch un'ulteriore ritirata gli era stata tagliata dalla lama della ghigliottina. Carlo X era del parere che bisognava governare con la mano forte. Agli occhi del popolo, una politica di concessioni significava debolezza, e la ritirata codardia. Il 2 marzo 1830, le Camere,riunite in assemblea nella Salle des Gardes al Louvre, si prepararono ad ascoltare il discorso della corona. Tutti i posti riservati al pubblico erano stati occupati fin dal mattino, e una folla impaziente stazionava fuori del palazzo. All'una giunse il re. Tutti si alzarono in piedi, mentre Sua Graziosa Maest, in uniforme di generale, si dirigeva verso il trono. Quel perfetto attore perse per un attimo l'equilibrio proprio mentre saliva i gradini coperti di sontuosi tappeti e il bicorno gli cadde dal capo e rotol ai piedi del duca d'Orlans, che lo raccolse in fretta e lo porse al re. Quel banale incidente e il suo riposto significato simbolico furono ben presto discussi e analizzati in tutta la Francia. Il discorso del re fu lungo e noioso. Tutti aspettavano ansiosi il pistolotto finale. Infine esso giunse. " Pari e deputati! Io non dubito che vorrete appoggiare i miei sforzi per condurre in porto questa degna opera. E se macchinazioni colpevoli dovessero frapporre ostacoli sul cammino del mio governo..." Carlo alz gli occhi dal foglio, guard severamente l'uditorio alla sua sinistra, e continu, scandendo le parole: "...cosa che io mi rifiuto di considerare," quindi torn a

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guardare il foglio aperto e lesse:" trover la forza di superarli nella mia determinazione di preservare la pace pubblica,nella giusta fiducia della Francia, e nell'amore che essa ha sempre dimostrato al suo re." Era un'aperta dichiarazione di guerra alla Camera, in cui i liberali avevano la maggioranza. Pochi giorni dopo, la Camera, in cui gli ultra erano in minoranza, restitu la botta con energia e tempestivit, per "impedire che la follia e l'inettitudine di pochi distruggessero la libert." Nel famoso indirizzo dei 221, la maggioranza della Camera replic:" La costituzione richiede che i vostri desideri siano in armonia con quelli del vostro popolo. Sire! La nostra lealt e la nostra devozione ci costringono a dirvi che questa armonia non esiste." Il re, nel suo palazzo, ascolt quelle parole giocherellando con un pezzo di carta, con aria annoiata. Alla fine disse che le sue decisioni erano immutabili e conged i deputati in un'atmosfera di gelo. Gli ultra si vantarono:" Costoro ignoravano cosa fosse un re; ora lo sanno; bastato un soffio a disperderli come fuscelli." Dal canto loro, i 221 deputati si vantarono:" Non mai avvenuto che la corona di un sovrano, neppure quella di Luigi XVI, ricevesse una sfida simile." Il re sciolse le Camere. Fu dato fiato a tutte le trombe della politica. Da un momento all'altro, sulla commedia di casa Borbone poteva alzarsi il sipario dell'ultimo atto. I probabili attori, l'intreccio, il finale, furono oggetto di discussioni interminabili, per le vie, nelle osterie, nei caff, nei club napoleonici, e nei piccoli ma sempre attivi club repubblicani, perpetuamente impegnati in congiure. Gli studenti, specie quelli del Politecnico, risposero al ritmo degli eventi politici. Laplace, che avrebbe dovuto riorganizzare il Politecnico secondo gli ideali borbonici, era morto da tre anni e non aveva fatto in tempo ad accorgersi dell'inutilit dei suoi sforzi. Gli studenti del Politecnico organizzavano congiure mentre giocavano a biliardo, nelle ore di studio, durante gli esercizi di scherma e durante i pasti. Ma nella Scuola Preparatoria mancava uno spirito di ribellione. Tra i cinquanta studenti della scuola, c'era un solo tipo strano; invece di prepararsi agli esami, disturbava e annoiava i suoi compagni con discorsi inutili su Carlo, i Borboni, i gesuiti, la libert e la tirannia. Quello studente era non solo bizzarro e affettato, ma sembrava che il fatto d'essere diverso dagli altri gli desse motivo d'orgoglio. Quando rispondeva alle interrogazioni di matematica, assumeva un'aria assonnata o mortalmente annoiata. Oppure assumeva una ridicola espressione di sofferenza, quando invece era palesemente felice (cos affermavano i suoi compagni) d'essere il solo a conoscere le risposte esatte. Infastidiva i suoi compagni scrivendo formule prive di senso su piccoli pezzi di carta,presumendo di possedere una profonda intelligenza, e di sentirsi superiore e di non curarsi del mondo. In una delle febbrili giornate che seguirono allo scioglimento delle Camere, Leroy arriv alla lezione di matematica con un'aria particolarmente grave. Annunci ai suoi venti studenti che aveva da dire qualcosa di interessante. Evariste pens che forse anche Leroy era un essere umano, e forse desiderava far confessione della sua fede politica. Ma tutto ci che Leroy aveva da dire, era che Sturm aveva formulato un
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interessante teorema algebrico. Enunci il teorema, ma si rammaric che agli studenti toccasse aspettare la pubblicazione dello scritto di Sturm per conoscere la dimostrazione. Poi,mentre girava lo sguardo sul piccolo uditorio, scorse una smorfia ironica su una faccia che conosceva bene. " Meno male che ci siete voi, Galois. Forse potete aiutarci." Evariste non rispose, ma il suo sorriso ironico scomparve. Tutti osservavano la sua espressione concentrata e gli studenti sussurravano: " Non la trover." " No,non ce la far." " Gli scoppier il cervello." Ad un tratto la faccia di Galois si illumin. Evariste and alla lavagna e scrisse la dimostrazione. Qualche studente annot diligentemente i simboli con cui Evariste aveva coperto la lavagna. Solo due dei suoi compagni lo guardavano senza ostilit o gelosia. Erano entrambi studenti del secondo anno. Uno, Brard, cugino di Evariste, provava una sorta di orgoglio di casta a quell'exploit di Galois. L'altro era Auguste Chevalier, dalla rosea, paffuta faccia di cherubino, goffo, timido, solitario come Evariste. La disgrazia di Auguste era di nutrire radicate convinzioni religiose, e di essere tanto pi convinto di dover compiere opera di redenzione tra i selvaggi della Scuola Preparatoria, quanto meno vedeva le sue convinzioni condivise dagli altri. Mentre copiava distrattamente i simboli matematici scritti da Evariste sulla lavagna, Auguste fu colpito da una improvvisa ispirazione. " E' un genio! Per la prima volta nella mia vita ho davanti a me un genio! Gli altri lo guardano con diffidenza e gelosia. Io sono il solo a capire quale privilegio sia assistere all'opera di un genio come Galois. Lo intuisco perch mi hanno insegnato il significato dell'amore e del genio, perch la mia fede mi ha aperto gli occhi." Dopo che ebbe finito di copiare i simboli dalla lavagna, Auguste scrisse con una calligrafia nitida e attenta:" Evariste Galois un genio. Devo diventare suo amico. Cercher di convertirlo al sansimonismo."

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2.

Domenica 25 luglio 1830

Domenica 25 luglio, i ministri si riunirono a St.Cloud per firmare le ordinanze che avrebbero revocato la costituzione francese, per sciogliere la Camera e revocare la libert di stampa. Carlo X aveva alla sua sinistra il principe di Polignac e alla sua destra il Delfino. Il barone di Haussez chiese a Polignac:" Quanti uomini avete a Parigi ?" " Abbastanza per soffocare qualsiasi rivolta." " Ne avete almeno trentamila ?" " Di pi. Ne ho quarantaduemila." Al disopra del tavolo, il principe di Polignac gett un foglio al barone di Haussez. " Che significa ci ?" chiese il barone. " Qui ne vedo segnati solo tredicimila. Tredicimila uomini sulla carta equivalgono a sette,ottomila in grado di combattere. Dove sono gli altri trentamila uomini ?" " Gli altri sono acquartierati nei pressi di Parigi. In caso di necessit,possiamo radunarli nella capitale in meno di dieci ore." Polignac invit ad uno ad uno i ministri a firmare le ordinanze. Quando il documento arriv davanti a d' Haussez,questi prese la penna, ma esit. " Vi rifiutate?" chiese Carlo X. " Sire! Mi permesso rivolgere una domanda a Vostra Maest ? Vostra Maest decisa ad agire ugualmente, nel caso che i ministri dovessero tirarsi indietro?" " S," disse con fermezza Carlo X. Allora il barone d'Haussez,ministro della Marina, firm. Il principe di Polignac si guard attorno con un'espressione di trionfo. Il re disse:" Signori, faccio affidamento su di voi, e voi potete fare affidamento su di me. Abbiamo una causa comune. Per tutti noi questione di vita o di morte." Si alz e passeggi su e gi per la stanza,ogni gesto improntato a dignit regale. Si sentiva re. Domenica 25 luglio, Auguste Chevalier e Evariste Galois sedevano nei giardini del Lussemburgo. Da quando s'erano incontrati al seminario di matematica, avevano spesso trascorso insieme i pomeriggi liberi. Ma questa era la prima volta che Chevalier cercava di confidarsi col suo giovane amico. " Vedi, in fatto di questioni politiche e sociali, condivido le idee di mio fratello maggiore. Ha sempre avuto molta influenza su di me. E' un seguace del conte di SaintSimon. Hai mai sentito parlare del conte di Saint-Simon ?" " Non molto.Dimmi." " E' stato grazie a Saint-Simon e a mio fratello che ho imparato ad amare le scienze,e in particolare la matematica." " Perch? Che cosa ha a che vedere con la matematica il conte di Saint-Simon ?" " Se leggessi il primo libro di Saint-Simon, lo capiresti. Leggiti le Lettere di un abitante di Ginevra ai suoi contemporanei. In questo libro, Saint-Simon propone una sottoscrizione generale per la tomba di Newton. Dovrebbero contribuirvi tutti: ricchi e poveri, uomini e donne, ciascuno secondo le proprie possibilit e inclinazioni."
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" E che dovrebbe succedere?" " Ogni sottoscrittore dovrebbe indicare ventuno nomi: tre matematici, tre fisici, tre chimici, tre fisiologi, tre scrittori, tre pittori e tre musicisti. In tutto ventuno." " Per primi i matematici." " S,in testa all'elenco ci sono i matematici. Poi, i ventuno che raccogliessero il maggior numero di voti, sarebbero denominati 'Il Consiglio di Newton.' Tutto il denaro raccolto con la sottoscrizione verrebbe consegnato a questo Consiglio, e uno dei tre matematici verrebbe nominato presidente." " Ancora un matematico." " S! Vedi in che considerazione il conte di Saint-Simon tenesse i matematici,nei suoi primi scritti? Il Consiglio, sotto la guida di un matematico, dovrebbe costituire una specie di governo spirituale del mondo e unire tutte le nazioni in un'unica,grande nazione." Galois si stupiva che il suo amico prendesse sul serio quelle fantasie. Domand prudentemente:" Credi che sia un piano sensato e che sia possibile realizzarlo?" " Lo so che sembra fantastico e forse anche ridicolo, se analizzato a rigor di logica. Ma prova ad analizzare a rigor di logica l'Hernani. Ti sembrer un cumulo di sciocchezze, seppure il pi grande dramma di questo secolo. Il primo libro di SaintSimon sembra campato in aria, ma un'opera importante, e da essa deriva il piano attuale e pi concreto dei sansimoniani." " E quali sono le attuali teorie di SAint-Simon?" L'ignoranza di Galois stup Chevalier. Auguste spieg pazientemente:" Saint-Simon apparteneva ad una delle pi nobili famiglie di Francia, ed morto in povert cinque anni fa. Ai suoi discepoli, uno dei quali era appunto mio fratello, prima di morire disse:' Il frutto maturo; sta a voi coglierlo.' " Galois non provava nessun imbarazzo per aver rivelato quel lato della sua ignoranza. Domand senza interesse:" E allora, quali sono le attuali teorie dei suoi discepoli?" Con la calma e la dolcezza di un apostolo, Chevalier rispose:" Noi crediamo che l'amore conquister il mondo e che l'odio cesser di esistere. Non vi saranno pi n concorrenza, n diritti ereditari di propriet, n guerre. Finir col trionfare l'amore fraterno per l'umanit e verr instaurata una nuova Cristianit." " E come arriverete a tanto ?" " Diffondendo le nostre idee, predicando l'amore, dando il potere ai migliori, ai pi capaci, remunerando ciascuno secondo il suo lavoro. Il nostro motto :' A ciascuno secondo le sue capacit; a ciascuna capacit, secondo il suo lavoro.' " Galois ripet la frase. " A ciascuno secondo le sue capacit; a ciascuna capacit secondo il suo lavoro." Poi proruppe eccitato:" Non vedi che nella vostra filosofia c' una grossa contraddizione? Voi vorreste conquistare il mondo con l'amore. Ma al tempo stesso, vorreste dare il potere a ciascuno secondo le sue capacit. Supponiamo di accettare il vostro principio. Voi, dunque, vorreste che gli uomini venissero valutati ciascuno secondo il proprio lavoro. E dov' il vostro amore per i deboli, gli idioti e i malati, per gli esseri pi sventurati di questo mondo? Non hanno bisogno anch'essi di cibo, di un tetto, di calore, anche se le loro capacit sono misere? Chi avrebbe cura dei loro bisogni?"

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" Per essi ci sarebbe la carit che scaturisce dall'amore." Galois lo interruppe con violenza:" La carit! Come odio questa parola! La carit, che fa dipendere il povero e l'infelice dai buoni impulsi del ricco, e fiacca la volont del povero di combattere il ricco. La carit, che sostituisce il capriccio dell'individuo al sacro dovere dello Stato. A Parigi vi sono migliaia di famiglie che mangiano un pane tanto duro che occorre un'ascia per spezzarlo e per poterlo mangiare bisogna lasciarlo rammollire due giorni nell'acqua. Famiglie che vivono in stanze dal pavimento di terra coperto di paglia, in un'aria umida e immonda, e buia, quando fuori splende il sole. Per Dio! Questi sventurati dovrebbero odiare a morte. E' nel loro diritto, odiare e distruggere chiunque ritenga che la loro sia una condizione naturale. " S, l'amore una bella parola. Ma l'amore pu governare solo dopo che un'esplosione d'odio abbia scosso il mondo dalle fondamenta. L'amore pu crescere solo sulle rovine del vecchio mondo. E solo l'odio pu distruggere questo mondo. La rivoluzione non bastata; un giorno il popolo dovr ritentare ancora." La passione e il fuoco delle parole di Galois spaventarono Chevalier,che non os prolungare la discussione, e si limit ad aggiungere:" Pensavo che ti interessassi solo di matematica." " No! Non mi interesso solo di matematica; ma, mi spiace dirlo, finora non ho fatto altro. Ho vissuto nel vuoto, come se temessi il contatto con la terra. Ma presto ti far vedere che la matematica non la sola cosa che m'interessi." Tacque, incerto se dire ci che aveva nel cuore. Poi, come se confidasse il suo segreto pi geloso a un amico fidato, ripet le ultime parole di suo padre: " Anche la matematica, la pi nobile di tutte le scienze, ha la sua corona nell'aria, ma le radici nella terra in cui viviamo. Neanche la matematica potr evitarti le sofferenze a cui sono soggetti tutti gli uomini." Poi mormor: " Se sapessi che basta un corpo per incitare il popolo alla rivolta, offrirei il mio."

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Luned 26 luglio 1830

Nei sobborghi di Parigi regnava la calma. Coloro che lavoravano quattordici ore al giorno e puzzavano di sudore e di sporco, in quella calda giornata di luglio non badavano alle ordinanze. Non leggevano i giornali, e si curavano poco della libert di stampa,che era al centro delle discussioni. Non avevano rappresentanti alla Camera dei deputati,e ad essi poco importava che l'esistenza del Parlamento fosse in pericolo. Scrittori, direttori e amministratori dei numerosi giornali che si stampavano a Parigi, erano riuniti negli uffici del " National," in rue Neuve-Saint-Marc. Thiers, il giovane e brillante direttore del brillante " National," leggeva ad alta voce un foglio a un uditorio di una cinquantina di persone. Poich aveva un preciso senso della storia,era perfettamente conscio che l, in quel momento,egli stava facendo la storia; e poich era un ottimo attore, sapeva che un grave errore esagerare la parte. Perci, mentre leggeva il documento col suo accento marsigliese, col tono secco di un avvocato che
espone un caso che non lo riguarda personalmente, egli appariva calmo, composto e dignitoso.

" Date le circostanze, non esiste pi alcun dovere di obbedienza. I cittadini, ai quali per primi viene richiesta obbedienza, e i giornalisti,dovrebbero essere i primi a dare esempio di resistenza a quella autorit che dimostri di essersi allontanata dallo spirito della legge." Con voce lenta, monotona, ma chiara, lesse fino in fondo lo schema di manifesto dei giornalisti: " Il governo ha perduto quel carattere di legalit che reclama obbedienza. In quanto a noi,resisteremo: spetta alla Francia giudicare fino a che punto debba estendersi questa resistenza." Poi, posando il foglio, aggiunse meno seccamente:" La sola cosa che possiamo e dobbiamo fare, di protestare contro quest'attacco alla libert di stampa. Propongo che si firmi questo manifesto e si renda nota alla Francia la nostra protesta. Sapete bene che cos facendo corriamo gravi rischi. Ma se resteremo passivi correremo un rischio ancora pi grande: rischieremo il buon nome della stampa." Vi fu una lunga e tempestosa discussione. A tarda notte, quarantacinque firme furono apposte al manifesto dei giornalisti. Questo documento fu come un sasso, che rotolando gi per il fianco nevoso d'una montagna, dia l'avvio a una valanga. Un postiglione, che nella notte del 26 luglio era in viaggio verso Fontainebleau, rifer a un suo compagno la notizia delle ordinanze. " Ieri sera i parigini hanno avuto una brutta sorpresa. Non pi Camera dei deputati, n giornali, n libert di stampa." L'altro replic:" Che vuoi che me ne freghi, finch avremo pane a due soldi e vino a quattro ?" Quando gli fu riferito quest'aneddoto, il principe di Polignac osserv filosoficamente:" Al popolo importano solo tre cose: lavoro, pane a buon mercato e poche tasse." Ma il principe si sbagliava.

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Il glorioso 27 luglio 1830

Il 27 luglio apparvero gran parte dei giornali parigini, ma non tutti. Alcune copie del " Globe " col manifesto dei giornalisti, trovarono la via della Scuola Preparatoria, e finirono nelle mani di Galois. Evariste lesse esultante quelle parole di sfida agli ordini del re. Quando vide le firme dei quarantacinque coraggiosi, pens:" E' la prima scintilla. E' scoccata all'improvviso, prima che me l'aspettassi. Ma si trasformer in un fuoco ruggente ? Fuoco! Polvere! Barricate!" Divenne preda di quel pensiero. Gli sembr di udire il fischio di un moschettto. S'immagin di parlare al popolo, al popolo francese, sempre pronto ad esaltarsi alle nobili parole e alle nobili imprese, sempre pronto a morire per la libert. S'immagin di guidarlo, di combattere con esso, e vide la vittoria imminente. Ma all'improvviso lo avrebbe colto una palla. Galois sarebbe morto sulle barricate di Parigi. " Galois morto da eroe." S,qualcuno lo stava chiamando. Sent la mano di un gigante sollevarlo e poi lasciarlo cadere dall'altezza del campanile di Notre Dame,gi,fino al livello della Scuola Preparatoria. Mentre cadeva, rimbalz un paio di volte, ma infine atterr, in salvo, giusto in tempo per afferrare le parole dell'istitutore. " Galois, come vanno gli studi?" " Signore, avete letto il manifesto dei giornalisti ?" " Non vi pare, Galois, che fareste meglio, nel vostro interesse, ad occuparvi dei prossimi esami invece che del manifesto dei giornalisti ?" " No,signore! Al contrario. Credo che nel mio interesse sia meglio che mi occupi del manifesto dei giornalisti." " In tal caso, Galois," disse l'istitutore in tono conclusivo, " farete meglio a discutere questo argomento col signor Guigniault. Pu anche darsi che riusciate a convincerlo." " Sar davvero felice di tentare, signore!" Galois si sentiva forte. Prima, al suo odio contro la scuola si mischiava la paura. Ma ora la paura era scomparsa, restava solo l'odio. I maestri, i professori, finanche il signor Guigniault, gli sembravano piccoli esseri insignificanti. Lui,Galois, aveva dietro di s la forza del popolo. Quando Galois venne chiamato davanti al direttore, guard calmo il grande viso ossuto e si prefigur con gioia la dimostrazione di forza che avrebbe dato a quell'uomo. Ma Guigniault sembrava non avesse alcuna intenzione di avviare una conversazione. Fissava il vuoto al di l di Evariste, mentre giocherellava con una grossa catena d'argento che gli pendeva sul nero panciotto. " Il signor Haiber mi ha riferito la conversazione che avete avuto con lui. Ammettete che ci che mi stato riferito la verit ?" " Senz'altro, signore." " Cos lo ammettete. Sapete che il vostro comportamento pu anche voler dire l'espulsione dalla scuola?"

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" Niente potrebbe farmi maggior piacere che trovarmi fuori da questa scuola, per le strade di Parigi, con tutti gli altri studenti." " Vi ringrazio della franchezza. Ma non possiamo permettervi di andar fuori. E' nostro dovere proteggere i nostri studenti, anche se si rifiutano di apprezzare e di capire le nostre azioni." Galois rispose con ira:" Signore! Questo discorso sul bene degli studenti l'ho gi sentito al Louis-le-Grand, da quando avevo tredici anni. E' una storia vecchia e stravecchia. Tutto quanto la scuola ha fatto, fa e far, sar sempre per il bene degli studenti; lo fa senza interruzione, notte e giorno, finch ne fa dei miserabili e ne spezza lo spirito. Io voglio che la scuola mi lasci libero di scegliere da me quello che mi pu far bene." Nello sguardo di Guigniault l'odio si confondeva col disgusto. Ma il direttore riusc ugualmente a riprendere il controllo di s. " Galois! Con questa conversazione non approderemo a niente. Sar franco,con voi. Ho molti nemici che mi ritengono di idee troppo liberali. Non credo che il clero si sia sentito particolarmente felice,quando sono stato nominato direttore della Scuola Preparatoria. E per conto mio,disapprovo le ordinanze." Esit un poco. " Personalmente, le disapprovo; le disapprovo nel modo pi assoluto. Ma questa soltanto una mia opinione personale. Come direttore della scuola, devo tenerla lontana dalla politica. Il mio scopo di riportare la scuola al prestigio e all'importanza del tempo in cui era la Scuola Normale di Francia." Esit ancora. " Ammetterete, forse, che non siete, n siete mai stato uno studente facile. Vi abbiamo tenuto perch abbiamo creduto nelle vostre attitudini per la matematica. Abbiamo prestato fede pi al signor Richard e al signor Leroy, che non agli esaminatori del Politecnico. Vi propongo un compromesso. Se mi aiuterete, se eviterete di provocare guai qui dentro,nei giorni difficili che forse ci attendono, vi prometto da parte mia di dimenticare tutto ci che avete detto al signor Haiber e a me. Accettate?" " Vi ringrazio della franchezza, signore. Ma non posso accettare la vostra offerta. So che sto rischiando il mio avvenire nella scuola, ma, se devo esprimermi con altrettanta franchezza, non credo sia importante. Sono sicuro che gli studenti del Politecnico e delle altre scuole, oggi, o domani al massimo, saranno per le strade di Parigi." Il direttore assunse un'aria paterna. " Ammettiamo pure che riusciate. Ammettiamo, per quanto mi sembri assurdo, che scoppi la rivoluzione e che alcuni dei vostri camerati restino uccisi. Come vi sentirete? Il pensiero d'essere stato la causa della loro morte non vi perseguiterebbe per tutto il resto della vostra vita ?" " No,signore! Non sarei stato io la causa della loro morte,ma l'attuale regime. Ed essi non morirebbero per me, ma per la Francia e per la libert del popolo." Nei caff e nei ristoranti di Parigi, si vendevano, leggevano e discutevano centinaia di copie del " Globe," del " National" e del " Temps." Quel marted, scene brevi e violente come queste si svolsero dappertutto, come se venissero provate e messe in scena da un invisibile regista.

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Uno leggeva in tono drammatico al suo uditorio casuale il manifesto dei giornalisti, e poi gridava: Vive la charte! Ai monelli, che scorrazzavano per la citt in cerca di avventure, piaceva il suono di quelle parole, bench non ne capissero il senso. Ad esse attribuivano un significato di loro invenzione. Quel grido prometteva uno spettacolo eccitante. E cos gridavano anch'essi, con pi forza e insistenza della stessa borghesia: Vive la charte! Per mezzo loro, il grido si diffuse nei sobborghi. Ai disoccupati e alle famiglie degli operai piaceva il suono di quelle parole,bench non ne afferrassero il senso. E ad esse, attribuivano un loro significato particolare. Quel grido significava una giornata lavorativa di dodici ore, invece che quattordici, e pane per i loro figli. Cos gridavano anch'essi,con pi forza e insistenza della stessa borghesia: Vive la charte!
Ben presto, quel grido risuon in tutta Parigi. Fino alle sette di sera, non vi furono n tumulti, n scontri. Al Quai de l'Ecle, vicino al Louvre, la folla s'era schierata sui Lungosenna. Un uomo procedeva lentamente tra la moltitudine, portando un tricolore. La gente intorno non faceva un gesto, n diceva una parola, ma molti occhi si riempirono di lacrime. Taluni si scoprivano il capo, altri salutavano. Tutti guardarono con occhi spalancati, finch fu possibile distinguere quei tre colori nella luce del sole morente. Erano quindici anni che non vedevano quella bandiera. L'uomo silenzioso che portava il tricolore aveva restituito alla folla la visione delle glorie di Francia. In place de la Bourse c'era una baracca, che una dozzina di soldati usavano come corpo di guardia. La sera, sul tardi, monelli, uomini e donne si raccolsero davanti alla baracca, gridando contro i soldati lo slogan del giorno: Vive la charte! I soldati ignoravano il significato di quelle parole, ma le trovavano sgradevoli e ne avevano paura. Avevano ricevuto l'ordine di stare attenti a non farsi sfuggire qualche colpo, e obbedivano. I monelli, irritati dalla loro calma, svelsero le pietre del selciato e le scagliarono contro i soldati. Ma non vi fu reazione neppure stavolta. Poi una pietra colp un soldato in mezzo al petto. Senza mirare, in un impeto d'ira, il soldato spar. Una donna cadde. Inginocchiandosi accanto a lei, un uomo le prese la mano e grid drammaticamente:" E' morta! E' morta! Assassini! Assassini!" L'uomo era alto e forte. Prese in braccio il corpo della donna e seguito dalla folla, si diresse verso il Thtre des Nouveauts, sfolgorante di luci. Il corteo forz l'ingresso del teatro ed entr nel palco dell'orchestra, proprio nel momento in cui un attore si inchinava con grazia per baciare la mano dell'eroina. Nella sala risuon una voce, pi drammatica di qualsiasi altra voce sulla scena. " Interrompete lo spettacolo." Il pubblico, l'attore che stava facendo l'inchino e la dama a cui l'attore stava baciando la mano, si girarono verso la voce. " Fermate lo spettacolo. Ho in braccio il corpo di una donna. E' stata uccisa dalla pallottola di un soldato perch il popolo gridava Vive la charte!" l'attore avanz verso la ribalta e alzando il pugno chiuso ripet quelle parole, come se facessero parte dello spettacolo. Vive la charte! Il pubblico cant selvaggiamente. Vive la charte!
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Il glorioso mercoled 28 luglio 1830

Lo studente Bnard disse: " Galois ha ragione! Il nostro posto non qui, ma fuori, in istrada. Affacciatevi alle finestre e vedrete la barricata di rue Saint-Jacques e gli studenti del Politecnico. Io non so se sono scesi in istrada con la forza o se sono stati lasciati liberi dalle autorit della scuola. E' ora di decidere. Il portone che d verso il Louis-le-Grand stato chiuso da ieri .Il portone che d su rue du Cimitire SaintBenoit chiuso e sorvegliato. Siamo come prigionieri, e non c' modo di evadere. Ma se ci uniamo, possiamo aprirci la via con la forza. Io sono d'accordo con Galois che arrivata l'ora di agire. Dobbiamo uscire con la forza. Voi avete paura delle conseguenze,ma ..." Alcune voci lo interruppero:" Sciocchezze! Non abbiamo paura. Noi non vogliamo la rivoluzione." Risuon una voce, non si cap se seria o ironica. " Viva la rivoluzione!" L'oratore cerc di continuare,ma il coro degli studenti non accennava a smettere. Finalmente, l'oratore riusc a farsi sentire. " Cerchiamo di non comportarci da vigliacchi..." " Ritira la parola." L'oratore cerc ancora di farsi sentire. " Riuscirete a convincermi che non siete dei vigliacchi, solo se vi deciderete a scendere in istrada a combattere." " Sei tu, vigliacco." " Vergognati! Vergognati!" Due studenti si mossero contemporaneamente verso la pedana: erano Galois e Bach. " Non vogliamo Galois." La maggioranza scand:" Vogliamo Bach, vogliamo Bach..." La debole protesta " Vogliamo Galois" fu presto soffocata. Bach giunse per primo sulla pedana. Era il primo della classe, nel suo corso, e di un primo della classe aveva tutta la propriet e la pedanteria. Sorridendo con un'aria amichevole e superiore a un tempo, aspett che il baccano cessasse. Poi disse con voce blanda: " Colleghi! Abbiamo discusso troppo su questo problema. Dico abbiamo,ma in verit non s' fatto altro che stare a sentire Galois." (Applausi e risate.) " Invece di lavorare, continuiamo a discutere. Da quel che mi consta, quelli che vogliono fare questa sortita sono solo un gruppetto. Alcuni sarebbero dello stesso avviso, se il signor Guigniault non si opponesse. Abbiamo abbastanza fiducia nel signor Guigniault per ritenere che agir nel modo pi assennato e opportuno, e che decider nel nostro esclusivo interesse." " Per favore, la parola!" Galois sal sulla pedana. Balbettava, la voce rotta dall'emozione. " Vi prego di ascoltarmi. Non ridete! Non scherzate, mentre il sangue del popolo scorre sulle barricate..." " Il sangue del popolo! E il sangue dei soldati,allora ?"

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" Ma il sangue del popolo che scorre per la difesa della libert. E' col popolo che dobbiamo unirci e combattere. E il popolo non ha chiesto al re il permesso di ribellarsi Invece voi,volete chiedere al signor Guigniault se ci consente di partecipare alla rivolta. Non immaginate la sua risposta? Se pur sapendolo in anticipo glielo domandiamo, vuol dire che siamo degli ipocriti che cercano..." " Piantala, Galois! Piantala,sta zitto." Il baccano copr le parole di Galois, si poterono distinguere solo i suoi gesti. A un tratto si rassegn, scese dalla pedana e si lasci cadere sulla prima sedia libera. Gli studenti mandarono Bach dal direttore. Quando Guigniault entr, gli studenti si levarono in piedi con deferenza, e ascoltarono attenti l'oratoria del loro capo. " Studenti della Scuola Preparatoria! Innanzi tutto, desidero esprimervi il mio sincero apprezzamento per la fiducia che avete voluto dimostrarmi invitandomi qui." ( Pausa ad effetto.) " Stiamo attraversando ore gravi. Non ho timore di dichiarare che condanno le ordinanze con le quali si sono voluti limitare i diritti concessi alla Francia da Luigi XVIII; e non ho timore di affermare che il re non stato di giusto avviso, sciogliendo le Camere e firmando le ordinanze. Io sto dalla parte della legge!" Guard l'uditorio, fece un'altra pausa,poi continu con voce lenta e blanda. " Ma quando voi mi chiedete se dobbiamo appoggiare la rivoluzione, e pretendete in risposta un semplice 'si ' o un 'no,'allora devo rifiutarmi di rispondere. Noi abbiamo dei doveri che sono al di sopra e al di l del mutevole terreno degli eventi politici. Dobbiamo studiare, dobbiamo impadronirci delle nostre discipline, per poter trasmettere alle giovani generazioni le cognizioni che abbiamo ereditate. E' questo dovere che ci siamo assunti verso la Francia, e questo dovere noi dobbiamo assolvere. Scendere nelle strade di Parigi, significa tradire questo sacrosanto dovere." Il suo tono si fece paterno. " Voglio che siate persuasi. Non voglio usare la forza. Avrei potuto chiamare la polizia per mantenere l'ordine e costringervi a restare dentro le mura della scuola, ma ho preferito non farlo. Se mi date la vostra parola che nessuno lascer questo edificio, vi prometto che le porte della scuola resteranno aperte. Mi fider della vostra parola." (Quindi una digressione oratoria.) " In quest'ora grave, ricordiamoci che sofferenza e tragedia angosciano entrambe le parti in lotta. E' vero che il popolo combatte per difendere la libert minacciata dalle ordinanze. Ma non dobbiamo dimenticare che anche i soldati sono degli esseri umani. Hanno giurato fedelt al re, e vogliono tener fede al loro giuramento." La concione stava per raggiungere la vetta del pathos. " Se consideriamo le cose da questa elevata prospettiva, la lotta che si svolge sotto di noi dev'essere per noi motivo di tristezza e di dolore. In quest'ora grave abbiamo un preciso dovere: dobbiamo impegnare tutte le nostre forze affinch le ferite della Francia,dopo che la lotta sar conclusa, possano risanare." In mezzo al coro dei "si" risuon un solo "no." " Mi spiace che non tutti vogliate darmi la vostra parola. Posso chiedere chi di voi che si rifiuta di prendere questo impegno?" " Io, signore."
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Evariste intravide la faccia china di Bnard e la guancia rossa di Chevalier. Il direttore guard Galois, con un'espressione di interno trionfo mitigata da un'ostentata pazienza. " Vorrei che giungessimo a un accordo. Non desidero usare la forza, n chiamare la polizia. Pertanto chiedo a questo studente che infrange l'unit della nostra scuola: mi promettete almeno che non cercherete di lasciare la scuola, n ora, n in seguito ?" " No, signore," replic Galois. " Andr ancora pi in l, proprio per dimostrare a voi tutti che mio desiderio usare la convinzione e non la forza. Galois, mi promettete almeno che, se deciderete di andarvene,prima di farlo mi comunicherete le vostre intenzioni ?" " No, signore." Il direttore si rivolse al resto dell'uditorio. " Avete visto che ho cercato di fare del mio meglio. Mi spiace che tutti dobbiate soffrire dell'incredibile ostinazione di un solo studente. Ma finch questo studente non avr mutato proposito, le porte della scuola resteranno chiuse e sorvegliate. Questo provvedimento da carceriere ripugna a me quanto a voi. Ma dopo quanto avete veduto,sono sicuro che nessuno di voi potr biasimarmi. Prima di andarmene, voglio ringraziarvi ancora per avermi invitato." ( Esce.) Carrel, scrittore notissimo e direttore del " National," uno dei firmatari del manifesto dei giornalisti, la mattina del 28 luglio disse a un suo amico repubblicano:" Ma come puoi credere a una rivoluzione? Hai almeno un battaglione con te?" Mentre si guardava intorno, vide un uomo che si puliva le scarpe con l'olio di un lampione rotto. Indicando quell'uomo disse:" Ecco un esempio tipico. E' questo che il popolo vuole, rompere i lampioni per potersi pulire le scarpe." Ma la rivoluzione venne. Esplose per le vie di Parigi, senza che nessuno l'avesse preparata, n organizzata,temuta da coloro che la provocavano,combattuta da un popolo che non capiva lo slogan per il quale offriva la vita. Nessuno seppe mai come e dove fosse scoccata la prima scintilla. Ma il 28 luglio, nelle vie di Parigi ruggiva il fuoco della rivoluzione. In cima a Ntre Dame sventol il tricolore. Rullarono i tamburi e suonarono le campane di Ntre Dame, annunciando al mondo che la rivoluzione di luglio del 1830 era in marcia nelle strade. La notte di marted gli studenti del Politecnico irruppero nelle sale di scherma della scuola,afferrarono i fioretti, ne spezzarono i bottoni delle punte, e affilarono le lame sulle pietre del corridoio. Quando il mercoled mattina, in duecentocinquanta,irruppero a viva forza fuori dalla scuola, furono accolti in rue de la Montagne-Sainte-Genevive al grido di " Vive l'Ecole Polytechnique!" Uno studente, tenendo alto il suo berretto,ne strapp la coccarda bianca e la calpest sotto i piedi. I duecentocinquanta studenti lo imitarono irosamente, tra grida selvagge di " Abbasso i Borboni! Viva la libert!" Un ponte sospeso collega l'le de Paris, sulla Senna, col Palazzo municipale. Un centinaio d'uomini marciavano verso quel ponte per attaccare il Palazzo municipale, ganglio vitale di Parigi. Non si udivano grida, n slogan. Solo i tamburi e il rumore

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irregolare dei passi, che ben presto fu coperto da un ritmico rumore crescente di uomini in marcia. Un distaccamento militare marciava dall'altra parte del ponte, con le baionette inastate,su cui si rifletteva il vivido sole di luglio. A un tratto, appena i soldati della guardia raggiunsero il ponte, aprivano i ranghi e il distaccamento si ferm I cento uomini videro due cannoni puntati contro di loro.
Quello che portava la bandiera grid:" Amici! Se cado, ricordatevi che mi chiamo d'Arcole."

Di l dal ponte risuon il comando:" Fuoco!" Il portabandiera gir su se stesso e cadde riverso; la bandiera gli copr la testa. Altri dieci uomini giacquero sul ponte, e tutti gli altri fuggirono, inciampando sui morti e sui corpi feriti dei loro camerati. " Maledetti bastardi." " Sparano a mitraglia sul popolo." " Mirate ai cannonieri." Una voce imperiosa grid. " Mantenete la posizione! Non scappate!" Era la voce di Charras, ex studente del Politecnico, espulso cinque mesi prima per aver cantato la Marsigliese cinque mesi prima del tempo. Charras cercava di avanzare, quando sent che qualcuno gli tirava una mano. Abbass lo sguardo e vide un uomo inginocchiato ai suoi piedi che respirava affannosamente e cercava di parlare. Charras si chin e vide che il petto dell'uomo era lordo di sangue. " M'hanno preso. Muoio. Prendi il mio moschetto." Abbandon la mano di Charras e cadde, battendo il capo contro il parapetto. Charras prese il moschetto, mir con un'espressione concentrata e calma, e fece fuoco. Uno dei cannonieri cadde, aggrappandosi al cannone Dalla folla part un altro colpo e anche il secondo cannoniere cadde. Un monello disse allegro a Charras:" Bel colpo,cittadino. Non hai pi cartucce?" Charras guard l'operaio morto. Rispose macchinalmente:" No. Niente cartucce." " Tu hai il moschetto, ma non hai cartucce. Io ho le cartucce ma non ho moschetto. Ti propongo un affare. Ti d le cartucce se mi fai sparare. Che ne dici, cittadino?" Charras sorrise e gli porse il moschetto. Guardando verso l'altro lato del ponte, vide che due nuovi cannonieri avevano ricaricato il cannone. Fece un balzo indietro, e in quell'istante part un'altra cannonata. Una pallottola buc il cranio del ragazzo e lo uccise prima che egli avesse avuto il tempo di fiutare la polvere del moschetto,che stringeva ancora fra le mani. Molti altri restarono uccisi o feriti, e nuovi vuoti furono aperti nelle file degli assalitori. I superstiti non erano neanche la met, e di questi solo pochi disponevano di un fucile. La folla si sband. " In ritirata! In ritirata!" " Avanti verso il Municipio." Si sentirono pi sicuri quando furono di nuovo riuniti. Ma ora si erano imbottigliati all'ingresso del ponte, e offrivano un ottimo bersaglio ai cannonieri, che spararono per la terza volta, coprendo il ponte di morti. I soldati serrarono i ranghi e, baionetta in canna,caricarono i superstiti. Presi dal panico, questi si dispersero nel labirinto di viuzze sepolte nel cuore di Parigi.
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Verso sera, due generali che venivano da Parigi arrivarono a St.Cloud per vedere Carlo X. Dissero al re che la sua corona era in pericolo, ma che avrebbero fatto in tempo a salvarla, se revocava le ordinanze. Il re li ascolt gentilmente, e maneggiando delicatamente uno stuzzicadenti, replic:" I parigini sono in piena anarchia. L'anarchia li far cadere fatalmente ai miei piedi." Ma Carlo X si sbagliava.

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6.

Il glorioso gioved 29 luglio 1830

Guigniault apprese,di buon mattino, che durante la notte Galois aveva tentato di scavalcare il muro che dava su rue du Cimitire Saint-Benot. Ma non v'era riuscito. I bidelli, che stavano all'erta, lo avevano preso e ricondotto a forza nel dormitorio. " Cosa dobbiamo fare con questo Galois?" fu chiesto a Guigniault. " Niente," fu il verdetto. Guigniault stava facendo il suo dovere,ed era convinto di farlo bene. Era riuscito a creare, nel centro di Parigi, un'isola pacifica e neutrale. La Scuola Preparatoria, che un giorno sarebbe divenuta la Scuola Normale, s'era fedelmente attenuta al compito che un istituto educativo doveva svolgere: e cio lavorare e studiare nell'isolamento e nella segregazione. Il direttore aveva raggiunto il suo scopo. La sua scuola non si era in alcun modo ingerita nella lotta che si stava svolgendo fuori dalle sue mura. Presto, comunque, sarebbe venuto il momento di prendere una decisione. Guigniault avrebbe dovuto dichiararsi pro o contro la rivoluzione. La decisione doveva essere tempestiva e ben ponderata. Ne dipendeva non solo il suo futuro, ma anche quello della Scuola Preparatoria. Guigniault si sentiva un p turbato. Capiva che la rivoluzione avrebbe potuto influire sul destino della Scuola Preparatoria. Quest'influenza avrebbe potuto operare in una sola direzione: dal mondo esterno verso la scuola. Ma era giusto che la scuola non facesse sentire la sua influenza sul mondo esterno? Naturalmente era giusto. Eppure Guigniault non ne era del tutto orgoglioso. Si sorprese a pensare a Galois. Maled quel ragazzo impertinente e bislacco, amorale, privo d'ogni rispetto e considerazione per la scuola. Strinse i pugni e pens:" Devo aspettare che tutto sia finito; ma gliela far vedere." Un sole caldo splendeva sulle vie, che ora odoravano di polvere e di sangue. I parigini si guardavano con gioia ed orgoglio, perch la lotta stava volgendo a loro favore. In certi posti il popolo fraternizzava coi soldati; in altri,i soldati erano stati costretti a battere in ritirata. Ma tra il Louvre e i Champs Elyses mantenevano ancora un fronte molto solido. Parigi era piena di barricate. Il numero degli studenti aumentava continuamente. Quelli del Politecnico percorrevano Faubourg St.Jacques, bussando ai portoni delle pensioni e gridando:" Studenti! Alle barricate!" Le uniformi degli studenti,specie quelli del Politecnico,divennero un segno di distinzione. Quando Charras apparve vicino al Palazzo reale sventolando il suo cappello a due punte, si vide circondato da pi di cento persone pronte ad entrare in azione, che gli chiesero di mettersi alla loro testa. " Dove dobbiamo andare ?" " Alla prigione di Montaigut." Charras capeggi la sfilata. Dietro a lui marciavano un tamburino e un uomo che
portava il tricolore. Non c'era gruppo di ribelli che non fosse completato da quei due uomini.

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La prigione di Montaigut era difesa da centocinquanta soldati bene armati. Quando Charras e i suoi uomini giunsero alla prigione, videro i soldati schierati davanti al muro di cinta,pronti ad eseguire gli ordini del loro capitano, ritto davanti allo schieramento. Charras ferm i suoi uomini. Questi si disposero in riga davanti ai soldati, sicch le opposte forze formarono due linee parallele con due punti in mezzo. Una delle parallele era costituita dai soldati, l'altra dai ribelli. Uno dei punti era rappresentato dal capitano, l'altro da Charras. I soldati formavano una linea diritta e ordinata. Quella uniformit dava il senso di una forza soverchiante, pronta a scatenarsi al primo comando. La linea formata dai ribelli,ondeggiava, era incerta e disordinata. Alcuni erano vestiti di stracci, molti erano magri e deboli: neppure la met erano armati di moschetto. Fra di essi c'erano ragazzi, alcuni studenti, e un piccolo numero di commercianti ben vestiti, la cui presenza simboleggiava il loro assenso alla rivoluzione popolare. Si aveva l'impressione che sarebbe bastato un ordine dell'ufficiale per seminare il terrore e disperdere quella folla di civili indisciplinati. Charras era ancora lontano dal capitano. Grid:" Voglio parlarvi,capitano. Posso venire ?" " S, venite." " Mi garantite l'incolumit ?" " S." I soldati si misero in posizione di riposo e osservarono la scena. Charras si avvicin al capitano. " Voi siete un uomo d'onore; non avete ordinato ai vostri soldati di sparare su di noi. In nome del popolo, vi chiedo di unirvi alla nostra causa. La causa del popolo non fu mai cos nobile e onorata." Mentre Charras parlava, nelle file dei soldati e dei ribelli si verific qualche cambiamento. I soldati, invece di tener d'occhio gli avversari, ascoltavano Charras, che parlava con voce sonora, col tono di uno che sa come risvegliare l'emozione nei cuori semplici. I ribelli, guidati da un giusto istinto strategico e dal desiderio di ascoltare, avanzarono lentamente, a piccoli passi in apparenza casuali, senza scopo, e appena avvertibili. Prima cominci a muoversi uno, poi il suo vicino lo imit, finch quel movimento in avanti si estese a tutta la linea dei ribelli. Alcuni, ora, poterono udire la risposta del capitano:" Ho giurato fedelt al re,e non tradir il mio giuramento." Soldati e ribelli poterono udire la sapiente,melodrammatica voce di Charras: " Avete prestato un giuramento al re. Vi sentite vincolato dal vostro giuramento perch siete un gentiluomo e un uomo d'onore. Ma il re, signore, si sentito altrettanto vincolato dal suo giuramento? Non aveva giurato di rispettare lo Statuto, e non ha forse tradito il suo sacro giuramento?" " Io non sono un uomo politico. Sono un soldato e ho degli ordini da eseguire." " Se vi rifiutate di unirvi alla causa del popolo, restate almeno neutrale . Non sparate sul popolo." Poi, indicando con un gesto la linea dei ribelli:" Non macchiate la vostra coscienza col loro sangue."

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Girandosi verso i suoi uomini,si accorse che erano vicinissimi ai soldati. Cap in un'occhiata il vantaggio strategico dei suoi, e cap che sarebbe stato facilissimo aumentarlo, senza combattere, senza fucilate, ma con un ininterrotto flusso di parole. " Noi combattiamo per la libert, per la libert della Francia e del mondo. Vogliamo ripristinare la gloria della Francia dopo Marengo, Jena e Austerlitz. Combattiamo per lo Statuto, per il popolo. Vogliamo restituire al popolo il suo tricolore." Charras vide che le facce dei soldati erano come ipnotizzate dal tricolore che sventolava davanti a loro, e dalla visione di Napoleone, che quella bandiera ridestava in loro. Vide che i suoi uomini, ora, erano a pochi passi dai soldati. Sapeva che il capitano non avrebbe dato ai soldati l'ordine di sparare,e che anche se l'ordine fosse stato dato, nessuno lo avrebbe eseguito. Il capitano sembrava sollevato e sorrise .Era contento che Charras lo avesse messo in una situazione in cui non c'era pi scelta. Gli tese la mano. Ribelli e soldati fraternizzarono,tra grida di" Vive la charte!" " Viva la nostra bandiera!" I soldati offrirono ai civili i loro moschetti, ottimi moschetti militari. Un'altra battaglia incruenta era sta vinta. Il duca di Ragusa era in place du Carousel, pronto a un'ultima, disperata resistenza. Un ufficiale port la notizia che a place Vendme i soldati avevano cominciato a fraternizzare col popolo. La solita, vecchia storia! Il duca decise di ritirare da place Vendme il reggimento ribelle e di sostituirlo con truppe svizzere. Gli svizzeri, in giubba rossa e berretto di pelliccia d'orso,erano ormai i soli difensori sui quali il re potesse contare. Non parlavano francese e tra il popolo non avevano n fratelli, n sorelle. Il loro mestiere era di fare il soldato, di obbedire agli ordini e sparare. Messi tra gente che li odiava, rispondevano con l'odio. Il Louvre era difeso da due battaglioni svizzeri. Uno era scaglionato alle finestre della galleria d'arte e tra colonnati, e le uniformi colorate degli uomini costituivano un ottimo bersaglio per i franchi tiratori. Ma gli svizzeri rispondevano al fuoco con abilit e decisione, respingendo ogni tentativo di irruzione nel Louvre. Il secondo battaglione se ne stava tranquillo nel cortile, in attesa di entrare in azione. Intanto il signor de Guise portava al comandante francese degli svizzeri l'ordine del duca di trasferire un battaglione dal Louvre a place Vendme. Il duca pensava che a difendere il Louvre sarebbe bastato un battaglione. Il comandante che doveva eseguire quell'ordine, decise di mandare a place Vendme il battaglione che stava difendendo il Louvre. Quegli uomini erano stanchi e avevano bisogno del cambio. Li avrebbe sostituiti col battaglione che stava di riserva nel cortile. Voleva eseguire il suo piano in due tempi. Innanzi tutto, avrebbe lasciato che il battaglione impegnato in combattimento si ritirasse dalla linea del fuoco, si riunisse nel cortile e poi marciasse su place Vendme. Quindi,avrebbe mandato sulla linea del fuoco il battaglione di riserva. La folla fuori del Louvre vide a un tratto che gli svizzeri venivano ritirati, finch nessuna giubba rossa fu pi visibile. Senza un ordine, senza un piano preordinato, il popolo irruppe nel Louvre. I portoni furono sfondati a colpi d'ascia; in pochi secondi i ribelli si sparpagliarono nei saloni abbandonati e spararono dalle finestre contro le
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giubbe rosse che si radunavano nel cortile. La moschetteria divenne intensa. La sorpresa port lo scompiglio tra le file degli svizzeri. Alla sorpresa seguirono rapidamente terrore e panico. I soldati si dettero a una fuga disordinata; rotolarono precipitosamente uno sull'altro, senza neppure tentare di rispondere al fuoco che decimava le loro file. Scapparono spaventati attraverso la porta che dava su place du Carousel, soffocandosi e calpestandosi, in una fuga disordinata, spinti dal panico. Il duca di Ragusa vide i suoi ultimi difensori in fuga. Si gett in mezzo a loro gridando:" Alt! Fermatevi, maledizione! Schieratevi!" Ma la maggior parte non capiva il francese. L'unico sentimento che li guidava era la paura,e la stessa furia che prima avevano dimostrato in battaglia, ora la dimostravano nella fuga. Attraversarono place du Carrousel, poi le Tuileries, e si dispersero in tutte le direzioni, gettando le armi, strappandosi di dosso le giubbe rosse e buttandole via, nella puerile speranza che il disprezzo e l'odio del popolo fossero rivolti non contro di loro, ma contro le loro divise. L'uragano della loro fuga disordinata era cos impetuoso, che travolse e trascin con s corazzieri, lanceri e polizia, e spazz via gli ultimi resti dell'armata reale, che presa dal panico fugg attraverso i Champs Elyses. Il Louvre era preso! Place Vendme era presa! Le tuileries erano prese! Il tricolore sventolava sul Palazzo reale. Attraverso le lunghe gallerie del museo, il popolo si affrettava verso il palazzo delle Tuileries. Ora tutta Parigi poteva entrare nei magnifici appartamenti del re e della sua famiglia. Nell'atrio c'erano le statue dei re. La prima ondata di folla ebbe la ventura di poterle vedere e farle a pezzi. Alla seconda ondata non rimase che calpestarne i frantumi. Nella sala del trono un operaio muscoloso,un omaccione con una benda intorno alla testa ferita, sal sul trono gridando:" Eccomi al posto di quel fetente del re." Poi salt gi e sput sul trono:" Largo! Fate largo sul trono!" Quattro uomini portavano un cadavere, facendolo oscillare violentemente. Era il corpo di un soldato svizzero, con la giubba rossa macchiata di sangue. " Ha combattuto per il re. Dategli un trono in premio." Lo sedettero sul trono e gli dettero un pugno sotto il mento per fargli star ritta la testa. Dalla sala del trono, la folla si spinse nello studio del re. L dentro,saccheggi i cassetti e butt dalla finestra le carte del re. A migliaia, le carte discesero volteggiando sui giardini delle Tuileries. La pi affollata era la stanza da letto del re. La gente si accalcava intorno al gran letto di stato, al quale ognuno voleva dare un'occhiata. Si divertiva scoppiando in grasse risate, e commentando i gesti di due uomini, che recitavano timidamente la parte di due amanti, e rappresentavano le fasi consecutive di una scena d'amore, durante la quale l'appassionato amante faceva a pezzi il sontuoso vestito d'argento della duchessa, rivelando gli stracci di colui che lo indossava. Nella galleria in cui erano riuniti i ritratti dei marescialli, risuonavano spari. Il bersaglio preferito era il ritratto del duca di Ragusa. Una pallottola gli buc la testa,due gli bucarono il petto, la quarta lo manc e fece un buco nello sfondo del ritratto. Poi un uomo sal sulle spalle di un compagno, ritagli il ritratto a guisa di medaglione e ficc la sua baionetta nel petto e nella testa del duca.

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Nel cortile, danzavano un selvaggio can-can al suono di un piffero e di uno stridulo violino. Gli uomini s'erano messi dei cappelli piumati e indossavano i vestiti di corte della duchessa d'Angoulme e della duchessa di Berry. Uno portava sui suoi stracci una sciarpa di cashmere. Il can-can fin in un selvaggio finale, in cui sciarpa e vestiti vennero fatti a pezzi. Il loro valore superava ogni immaginazione di coloro che li avevano indossati,ma la gente non aveva che un desiderio: distruggere tutte le cose di lusso che vedeva. Quando le truppe in fuga abbandonarono il Louvre, all'angolo di rue de Rivoli con rue Saint-Florentin, una finestra si apr. Dal lato opposto di un sontuoso appartamento si ud una voce tremante di vecchio: " Buon Dio, signor Keyser! Cosa vi prende, ad aprire le finestre. Volete che ci devastino la casa?" Keyser replic:" Niente paura. Le truppe battono in ritirata e il popolo si preoccupa di inseguire i soldati, non di saccheggiare le case." " Davvero!" disse il vescovo Talleyrand, e zoppic verso l'orologio. Poi, con voce solenne, aggiunse:" Signor Keyser, prendete nota che il 29 luglio 1830, a mezzogiorno e cinque, il ramo pi antico dei Borboni ha cessato di regnare sulla Francia." Nel pomeriggio, studenti e insegnanti della Scuola Preparatoria si riunirono nell'aula magna. Aspettavano l'arrivo di Guigniault, che aveva delle comunicazioni da fare. La porta si apr. Rigido e impettito,il direttore fece un ingresso trionfale. La sua faccia era raggiante. Sul petto gli spiccava un nastrino tricolore. " Viva il signor Guigniault!" " Viva la Francia!" Il direttore sorrise, e tese ambo le mani, placando le ondate di entusiasmo e di devozione che ora battevano con tanto impeto sulla pedana. Cominci con voce calma, e si mont a poco a poco, secondo le regole dell'oratoria, che aveva appreso cos bene e che ora applicava in maniera magistrale. " Professori, colleghi e studenti della Scuola Preparatoria! " Questa data, 29 luglio 1830, vivr a lungo nella storia di Francia e nella storia di tutto il mondo civile. Il tricolore, la bandiera di Francia,sventola su Parigi. Sventola a Palazzo reale, sul Louvre, su Ntre Dame, su tutti i luoghi cari al cuore di ogni francese. Noi non solo dobbiamo fregiarci di questi colori; dobbiamo altres custodire nella mente il culto della loro visione, e nutrirne in cuore l'amore." Vi fu uno scroscio di applausi, quindi il direttore riprese solennemente. " Professori, colleghi e studenti della Scuola Preparatoria! A nome di voi tutti, a nome della nostra Scuola Preparatoria, io proclamo la nostra adesione al governo provvisorio del generale Lafayette, del generale Grard e del duca di Choiseul!" Stavolta, l'impeto degli applausi fu selvaggio. Ripetute all'infinito, risuonarono grida di: " Viva il generale Lafayette!" " Viva il signor Guigniault!" " Viva la nostra bandiera!" " Viva la Francia!" Il direttore attese a lungo, che tornasse il silenzio.
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" Ora cerchiamo di riprendere la nostra consueta attivit. E' questo il compito della Francia, e questo pure il nostro compito. Gli esami e la fine dell'anno scolastico sono vicini. Auguriamoci che il governo ridia alla nostra Scuola Preparatoria il suo giusto rango di Scuola Normale di Francia, e ne ripristini l'antico prestigio." Il discorso era finito. A Guigniault non rimase da fare altro che attendere la fine degli applausi, e poi andarsene nel modo pi conveniente. Mentre osservava gli studenti, fu colpito da un viso triangolare i cui occhi lo guardavano come se il suo corpo fosse trasparente, e poi a un tratto sembrarono mettersi a fuoco, e passarono rapidamente dalla sommit della testa di Guigniault al nastrino tricolore, con uno sguardo inequivocabile che significava: " Uomini come te profanano la nostra bandiera." Il popolo aveva combattuto ed affrontato la morte. Col sangue versato e coi suoi morti aveva creato una nuova scacchiera,sulla quale vecchie pedine avevano gi ricominciato a giocare una vecchia partita. La Parigi che combatteva era nelle vie. La Parigi degli uomini politici,dei tanti,piccoli, avidi politicanti,e un esiguo numero di persone dall'animo nobile e dallo spirito lungimirante, erano riuniti nel palazzo di Laffitte. L, nella dimora di quel ricco e conciliante banchiere, si svolgevano tutti gli intrighi:l, gli uomini politici preparavano piani; l, venivano ricevute le delegazioni; l, la Camera teneva le sue sedute permanenti; l,circondati da migliaia di spettatori, c'erano il cervello politico della rivoluzione e il suo braccio politico. La Rivoluzione non aveva n un centro strategico, n un quartiere generale militare, ma aveva il suo quartiere generale politico nel palazzo di Laffitte. No, non la Rivoluzione, ma la borghesia aveva l il suo quartier generale; quella stessa borghesia che aveva spinto il popolo all'ira e che ora, nel palazzo di Laffitte, cospirava per instaurare il proprio potere. Quel gioved pomeriggio, Lafayette usc dalla casa di Laffitte e si rec al Palazzo municipale ad assumervi il comando della citt. Il generale Lafayette era amato dal popolo, ammirato dai poveri, e godeva la fiducia degli onesti. La gloria di due mondi e di due rivoluzioni faceva di lui un simbolo radioso di libert e indipendenza. Il corteo fu accolto da grida esultanti: " Fate largo al generale Lafayette! Il generale Lafayette va al Palazzo municipale. Urr per Lafayette!" Aveva sentito risuonare quelle stesse grida quarantun anni prima! Nel 1789, la libert lo aveva eletto re del popolo. Oggi, nel 1830, l'avvenimento si ripeteva. Gli occhi stanchi del vecchio riconobbero Etienne Arago, che si fregiava di una coccarda tricolore. Lafayette si rivolse a uno del seguito. " Signor Poque, andate a pregare quel giovane di togliersi la coccarda." Arago si avvicin a Lafayette. " Scusate, generale, ma temo di non aver capito." " Mio giovane amico, vi prego di togliervi la coccarda." " Perch, generale?"

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" Perch prematura. La Francia in lutto. Finch non avr riconquistato la libert, la bandiera dovrebbe esser nera. Poi... poi si vedr." " Generale! Ho il tricolore all'occhiello da ieri e sul cappello da stamani. E' qui, e qui rester." " Che ostinato! Che ostinato!" borbott rattristato il vecchio generale. Il palazzo municipale divenne di nuovo il ganglio vitale di Parigi. La stanza di Lafayette era piena di gente. Ognuno voleva raccontare al generale le proprie gesta eroiche. A ognuno, il generale ripeteva:" Bene, molto bene, magnifico. Siete un coraggioso." Poi stringeva la mano all'interlocutore. Il beneficiario di tanto privilegio si precipitava gi per le scale, gridando a quelli che stavano fuori:" Il generale Lafayette mi ha stretto la mano! Urr per il generale Lafayette!" Charras, l'ex studente del Politecnico, arriv al Municipio con i suoi centocinquanta uomini. " Eccomi, generale!" " Ah! Voi, mio giovane amico. Sono felice di vedervi. Siete veramente il benvenuto." E il generale abbracci Charras. " S,generale, sono qui, ma non sono solo." " Chi c' con voi?" " I miei centocinquanta uomini." " E che cosa hanno fatto ?" " Si sono comportati da eroi, generale! Hanno preso la prigione di Montaigut, la caserma dell'Estrapade e quella di rue de Babylone Ma adesso non hanno pi niente da conquistare. Tutto stato conquistato. Che devo fare di questi uomini ?" " Ma... dite loro di tornarsene tranquilli alle loro case." Charras scoppi a ridere. " Alle loro case? Vorrete scherzare, generale." " Affatto. Devono essere stanchi, dopo tante imprese." " Ma,generale, tre quarti di questi coraggiosi non hanno una casa dove andare, e l'altro quarto, a casa non troverebbe n un pezzo di pane, n un soldo per comprarselo." Il generale si fece triste. " Avrei dovuto immaginarlo. Questo cambia tutto. Fategli dare cento soldi a testa." Charras torn dai suoi uomini e disse loro che il generale voleva dare a ciascuno un premio di cinque franchi. Era una bella cifra,per dei poveri straccioni, ma la risposta fu unanime: " No! Non vogliamo denaro. Non abbiamo combattuto per denaro. Dite al generale che non vogliamo neppure un soldo." " A Charras vennero le lacrime agli occhi. Fece agli uomini il suo ultimo discorso di quella lunga giornata, e la voce gli tremava per l'emozione: "Amici! Voi siete la spina dorsale e l'avvenire della Francia e del mondo. Possa la nostra patria
imparare a conoscere e ad amare i suoi veri figli. Allora diventer veramente grande."

Bench non comprendessero ci che diceva, gli uomini guardavano il loro capo con calda simpatia:
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"Amici! Celebriamo la nostra vittoria. Voi non volete denaro. Ma consentitemi di ordinare pane,carne e vino, e qui,sui gradini di questo municipio che oggi abbiamo conquistato, consumeremo insieme il nostro pasto." " Urr per Charras!" " Urr per Lafayette!" Nel suo palazzo, Laffitte diceva ai deputati:" C' un solo mezzo per salvare la monarchia: incoronare il duca d'Orlans. Il figlio di Filippo Egalit potr far colpo sull'immaginazione popolare. E' vero, in Francia poco conosciuto,ma credo sia un vantaggio,perch la forza non gli verr dall'appoggio della massa Quindi sar costretto a mantenere l'esercizio del potere negli stretti limiti della regalit. Io lo conosco e lo stimo da quindici anni. Nell'ammirazione che porta alla moglie, egli d prova del rispetto che ha per se stesso .I suoi figli lo amano e lo temono. Mettendolo sul trono,potremo salvare il principio della legittimit e al tempo stesso calmare lo spirito rivoluzionario di Parigi. Nel duca di Orlans avremo un re-cittadino." I deputati sapevano che un piano simile poteva aver successo solo con l'appoggio di Lafayette. Lafayette poteva calmare il popolo, o riaccenderne di nuovo lo spirito. Perci bisognava sorvegliare Lafayette, convincerlo e conquistarlo alla causa del recittadino. Nel palazzo di Laffitte venne scelta una commissione di cinque membri. La commissione avrebbe dovuto formare come un anello intorno a Lafayette, per cercar d'influire sul vecchio generale e porre un diaframma fra lui e il popolo. Della commissione facevano parte due banchieri: Laffitte, l'uomo del giorno, e Casimir Prier, il potente dei prossimi due anni. Tutt'e cinque i membri della commissione sapevano bene qual era il loro compito. Circondarono Lafayette di sostenitori del partito d'Orlans. Allontanarono da Parigi i repubblicani pi ardenti, dicendo loro di andare a diffondere la rivoluzione in tutta la Francia. In privato dicevano:" Finalmente abbiamo liberato Parigi dagli elementi pi pericolosi." Misero una sentinella all'ingresso dell'ufficio di Lafayette, con l'ordine di lasciar passare solo i membri di una ristretta camarilla. Il nobile vecchio era controllato a vista dai suoi guardiani,prigioniero in una casa che si supponeva egli dovesse dirigere. Lo colmavano di adulazioni e gli facevano firmare proclami e documenti di nessuna importanza. Era la pedina di un gioco che gli sfuggiva. Ma il popolo amava Lafayette. Ed era convinto che finch al Palazzo municipale c'era il vecchio generale, l'avvenire della Francia e dell'uomo della strada sarebbe stato sicuro nelle sue mani. Ma i francesi si sbagliavano.

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7.

30 luglio 1830

Galois si allontan dalla scuola. Camminando lentamente per rue St.Jacques in direzione della Senna, guard gli edifici ridotti a un cumulo di macerie, i selciati divelti, e i resti di una barricata. " Mentre io facevo prediche inutili, qui gli uomini hanno combattuto e sono morti. Dar prova dello stesso coraggio, quando sar di nuovo il momento?" Provava un gran desiderio di sfuggire ai suoi pensieri e alla sua solitudine. Vide un gruppetto di gente attorno a un giovane dai neri capelli e dal viso rigato di sudore, che parlava facendo gesti e indicava ripetutamente un manifesto. Dal gruppetto,ogni tanto si staccava qualche spettatore annoiato. Ogni tanto si avvicinava qualche passante sfaccendato. Galois si un al gruppo e lesse il manifesto: Carlo X non potr mai tornare a Parigi; ha fatto versare il sangue del popolo. Una repubblica ci esporrebbe a spaventose divisioni; ci coinvolgerebbe in inimicizie con gli altri stati europei. Il duca d'Orlans un principe devoto alla causa della Rivoluzione. Il duca d'Orlans non ha mai combattuto contro di noi. Il duca d'Orlans ha combattuto a Jemappes. Il duca d'Orlans sar un re-cittadino. Il duca d'Orlans ha guidato il tricolore sotto il fuoco nemico. Solo il duca d'Orlans potr portarvelo ancora. Per noi non ci sar altra bandiera. Il duca d'Orlans non si offre da s. Attende che la nostra volont si dichiari. Manifestiamola,ed egli accetter lo statuto come noi lo abbiamo concepito e voluto. Sar il volere dei francesi a incoronare il duca d'Orlans. Quand'ebbe finito di leggere, Galois prest orecchio alla rapida voce eloquente. " Ecco davanti a voi il loro pi grave insulto, il segno della loro perfidia. Innanzi tutto vi minacciano. Dicono che se fondate la repubblica, significher che sarete coinvolti in due guerre contemporaneamente: la guerra civile e la guerra contro l'Europa. Non ho bisogno di dirvi che una menzogna. La repubblica sarebbe cos forte, che nessuno oserebbe attaccarla. E se pure accadesse, noi sapremmo difenderla. Da chi composto l'esercito? Dal popolo! Il popolo la base della Repubblica. E saprebbe come difenderla! Ma il signor Thiers,che l'autore di questo manifesto, convinto che voi abbiate paura del resto dell'Europa, come gli orleanisti. Finisce dicendo che siete il popolo sovrano, e avete il diritto di scegliervi il vostro governo Per non avete il diritto di scegliervi una repubblica, perch andrebbe incontro a ostilit, e finirebbe coinvolta in una guerra civile e in una guerra contro le altre potenze straniere. Ma se cadete in ginocchio davanti al duca d'Orlans e lo pregate di accettare la corona, allora s che siete il popolo sovrano di Francia." Fece una pausa, volt le spalle al manifesto, e rivolto al piccolo uditorio, prosegu eccitato:" Ci credono cos stupidi? Ieri vinciamo una rivoluzione, e a ventiquattr'ore di distanza leggiamo un proclama che vuole un altro re. Abbiamo combattuto contro
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Carlo X per sostituirlo col duca d'Orlans? Abbiamo combattuto per sradicare l'albero dei Borboni, non per sostituire un ramo con un altro ramo." A Galois piaceva quel giovane, e il suo modo di parlare. Cercava di esprimersi in modo che tutti lo capissero Ma l'atteggiamento dell'uditorio era sconsolante. La gente ascoltava,commentava, approvava le parole dell'oratore, ma si mostrava poco entusiasta. Dov'era la fiamma che doveva aver divampato appena il giorno prima? Dov'era l'ira del popolo, che aveva appena finito di rovesciare un regno e di sconfiggere un esercito? Evariste pens:" Mi sono avvicinato per restarmene confuso con gli altri,per imparare come si parla al popolo. Ma voglio dare una mano a questo giovanotto, anche a rischio di passare per uno sciocco." Si avvicin al manifesto e disse:" Vi aiuto io." Insieme strapparono il proclama. mentre Galois sussurrava:" Siete stato in gamba. Posso esservi utile?" " Certamente! Venite con me." Galois si sent sollevato. Il primo contatto era stato pi facile del previsto. Andarono in cerca di un altro manifesto, e il giovanotto dai neri capelli ricciuti disse a Galois:" Mi chiamo Duchtelet, sono studente in legge." " Io mi chiamo Galois. Sono della Scuola Preparatoria." "Oh, bene! Sei proprio una mosca bianca. In questi tre giorni non s' visto un solo studente della tua scuola. Mi fa piacere vederne uno. Come hai fatto a uscire?" Galois arross, e cominci a spiegarglielo, ma Duchtelet non gli badava pi. Aveva ripreso a parlare, pi in fretta di prima. " Scusami,per quello che ho detto,ma la tua la scuola pi fetente di Parigi. Ci sono molti figli di puttana, l dentro. Dobbiamo fare in modo di averli sottomano." Galois riusc a fatica a inserire una domanda in quella parlantina precipitosa. " Com' che sei cos informato?" " Fa parte del mio lavoro. Non siamo riusciti a metterci in contatto con nessuno della tua scuola. E' stata una fortuna che ti abbia incontrato. Puoi esserci molto utile. Dobbiamo introdurre nella tua scuola pubblicazioni che aiutino gli studenti a formarsi una coscienza. Hanno bisogno d'imparare un sacco di cose, a quanto pare. Per i primi contatti,tu andrai a meraviglia. Che cosa studi?" "Matematica." "Devi essere in gamba. Perch non sei al Politecnico?"
Era la domanda che temeva. Sempre la stessa domanda. Un giorno avrebbe potuto rispondere orgogliosamente, e dire tutta la verit, a eterna vergogna dei suoi esaminatori.

Ora non sapeva cosa dire, ma Duchtelet continu nervosamente: "Immagino che avrai le scatole piene del tuo signor Guigniault, il tuo nuovo direttore tricolore. Oggi ho letto sul giornale che ha messo la scuola a disposizione del governo provvisorio. Non sa che non c' nessun governo." A questo punto Duchtelet scoppi in una risata, e quella pausa consent a Galois di domandare:" Che vuoi dire?" "Quello che ho detto. Non c' nessun governo. Durante le rivoluzioni i sarti fanno i generali e i tipografi fanno i governi. Questo governo l'ha inventato un giornalista, che

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l'ha annunciato a tutta Parigi con dei proclami, ed ecco fatto il governo. Tutti sono pronti a giurare che esiste. Non un bello scherzo?" Rise ancora, e Galois domand:" Chi che comanda adesso?" "Al Palazzo municipale c' Lafayette con una commissione di cinque membri, nominati per tenergli la bocca chiusa. Quattro partigiani d'Orlans, e un repubblicano. E' un brutto affare. Il popolo come addormentato, e non gliene frega gran che. Ma lo sveglieremo! Dobbiamo educarlo, tenerlo sveglio, stampare giornali, finch un giorno riprender la lotta. Ma perch continuo a far chiacchere? Dobbiamo continuare il nostro lavoro." "Chi, noi ?" "Noi, la societ degli Amici del Popolo. E' la sola