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Belloni
15.3 Variazione dello sforzo in funzione del tempo per deformazione imposta (rilassamento)
15.4 Leggi costitutive per lo scorrimento viscoso indotto dalla temperatura
15.4.1 Viscoelasticità lineare
15.4.2 Viscoelasticità non lineare
15.5 Fase terziaria con rottura
15.6 Valori delle costanti delle leggi costitutive
15.6.1 Prova di scorrimento a temperatura elevata
15.7 Scorrimento viscoso indotto dalle radiazioni nucleari
15.8 Modelli fisici
15.8.1 Attivazione termica
15.8.2 Modelli di deformazione plastica
15.8.3 Meccanismi di rottura
15.9 Interpolazione ed estrapolazione dei dati sperimentali
15.9.1 Rottura
15.9.2 Deformazione
15.10 Verifica a scorrimento viscoso
15.10.1 Verifica della deformazione accumulata
15.10.2 Verifica a rottura
15.11 Rilassamento
15.12 Esercizi
Viscoelasticità
2.1 Introduzione
Alcuni materiali manifestano per effetto dei carichi rapidamente applicati caratteristiche
di tipo elastico e, successivamente, un lento aumento della deformazione (senza per ciò
necessitare di un ulteriore aumento del carico), con velocità decrescente con il tempo. Se
il carico viene rimosso, all’iniziale ritorno elastico segue un periodo in cui la
deformazione viene lentamente recuperata, anche in questo caso con una velocità
decrescente. Tali materiali sono chiamati viscoelastici e, poiché il tempo assume un
ruolo predominante nella descrizione delle loro caratteristiche meccaniche, i legami
sforzi deformazione che li descrivono sono dipendenti dal tempo. Tra i materiali
viscoelastici (praticamente tutti in particolari condizioni) si annoverano specialmente le
materie plastiche, il legno, le fibre naturali, il calcestruzzo, le rocce e la crosta terrestre,
nonché i metalli ad alta temperatura. aa
I materiali in situazione quasi statica possono essere studiati con due tipi principali di
esperimenti: prove di scorrimento viscoso in cui, a sforzo impresso, si ha una velocità di
deformazione dipendente dallo sforzo e prove di rilassamento degli sforzi in
Si prendano alcuni pezzi di un medesimo filo di piombo e, dopo averli fissati ad una
estremità, si appendano all’altra diversi pesi per ciascuno di essi. Si potrà osservare che i
fili si allungano sotto l’azione dei carichi e che la velocità di discesa dei pesi è crescente
con il loro valore. Ad un certo istante il filo più caricato si romperà per primo seguito
dagli altri con rotture dilazionate nel tempo. Questo fenomeno per cui la lunghezza di un
provino sottoposto a trazione, con carico o sforzo costante, varia nel tempo è detto
scorrimento viscoso (in inglese creep).
Come regola generale si dice che lo scorrimento viscoso si presenta nei materiali
metallici quando essi si trovino ad una temperatura che, espressa in gradi Kelvin, sia
all’incirca superiore alla metà della temperatura di fusione, pure espressa in gradi
Kelvin.
Il risultato di una prova sperimentale di scorrimento viscoso è una curva che lega la
deformazione con il tempo al quale essa si verifica. La curva, a parità di altre condizioni
ambientali (temperatura, umidità) e di proprietà fisiche (composizione del materiale,
trattamenti termici, ecc.), varia con lo sforzo applicato. Gran parte della prova è condotta
a carico costante anche quando la sezione del provino varia sensibilmente con il tempo.
Nella Figura 2.1 sono riportate le curve di scorrimento viscoso a trazione con sforzo
costante del nichel a 700 °C, avendo tolto dalla deformazione totale la parte elastica e
rimanendo così la deformazione da addebitarsi allo scorrimento viscoso.
Figura 2.2: Scorrimento viscoso a trazione e recupero delle deformazioni a trazione di un piombo
2.3 Aspetti caratteristici della curva di scorrimento viscoso
Nella Figura 2.3 è rappresentata una curva tipica di scorrimento viscoso, avente le
seguenti particolarità:
nel tratto CD la velocità di deformazione è crescente col tempo: questa fase della
prova è chiamata fase terziaria ed è indicata con III;
Nella stessa figura è riportata la deformazione in funzione del tempo al cessare del
carico per . Si nota un recupero istantaneo EF e un tratto FG di recupero delle
deformazioni dilazionato nel tempo. A seconda del materiale in esame, il tratto FG' può
tendere asintoticamente all’asse dei tempi, non avendosi così deformazione permanente,
oppure può avere un asintoto orizzontale per una deformazione permanente residua
(ordinata di G).
2.4 Leggi costitutive per lo scorrimento viscoso indotto dalla
temperatura
in cui:
raggiunge per la prima volta il valore fissato e in genere consiste in una parte
elastica , che si recupera allo scarico, e in una parte plastica , che non si
deformazione costante.
Per le usuali durate della vita degli elementi strutturali, dei tre addendi della (2.1), il più
importante è il terzo e, soprattutto per tempi lunghi, i primi due si possono trascurare nel
calcolo della deformazione accumulata. e non possono però essere trascurate nel
Si analizzano singolarmente i tre addendi della (2.1) e (2.2), notando espressamente che
in generale le relazioni proposte non sono lineari.
Deformazione iniziale
utilizzati nella pratica. Alcuni autori ritengono perciò trascurabile dato che le
deformazioni in gioco nelle prove di creep sono anche dell’ordine 10-2. Tuttavia non
può essere trascurata in presenza di rilassamento o di ridistribuzione degli sforzi nel
tempo.
dove con è stato indicato il modulo elastico di Young alla temperatura . Invece,
Hult considera che anche una parte della deformazione primaria è reversibile, cioè
recuperabile allo scarico, e la ingloba in calcolando:
primaria .
Deformazione primaria
Per quanto riguarda la deformazione di tipo primario, nella letteratura sono proposti due
modi concettualmente diversi di considerarla. In uno, dovuto ad Odqvist, l’effetto del
creep primario è considerato con una deformazione iniziale la cui parte plastica
modo di affrontare la fase primaria del creep è quello di ricorrere alla legge di Nutting:
Deformazione secondaria
Leggi costitutive
Questa legge non permette di descrivere situazioni che cadono entro la fase primaria, ma
va bene dal momento che inizia quella secondaria. Secondo Finnie si avrebbe invece:
(2.7).
ESERCIZIO 15.4 Si determinino i valori delle costanti che compaiono nella legge di Norton per la lega
di alluminio le cui curve delle prove di creep a compressione a sforzo costante sono riportate di seguito:
Svolgimento.
Fissata la temperatura di prova ( T = 315 °C = 588 K ), la legge di Norton assume la seguente forma:
ε s = k 3 s n
dove ε s è la velocità di deformazione che si ritiene costante nella fase secondaria dello scorrimento viscoso;
quindi, per determinare le costanti, k 3 ed n , che compaiono nella legge di Norton, bisogna far riferimento
ai tratti quasi rettilinei delle curve ε = ε (t ) . Passando ai logaritmi, la legge di Norton è una retta:
log ε σ = log k 3 + n log σ , dove
t i e t f ~ istante iniziale ed istante finale della fase secondaria dello scorrimento viscoso
∆ε s ~ variazione di deformazione nella fase secondaria dello scorrimento viscoso
∆ε s
ε s = ~ velocità di deformazione nella fase secondaria dello scorrimento viscoso
tf − ti
A questo punto, riportando i dati sperimentali in un diagramma doppio logaritmico, log ε σ − log σ , si osserva
che questi dati sperimentali possono essere interpolati (con una regressione ai minimi quadrati) con la retta PQ
di equazione:
Il coefficiente angolare n della retta PQ è dato dal seguente rapporto tra segmenti:
QH − 3.45 − (−5.50)
n= = = 6.83
PH 1.5 − 1.2
mentre, per determinare l’altra costante della legge di Norton, cioè k 3 , bisogna ricordare che s s , 7 è lo sforzo
in corrispondenza del quale, nella fase secondaria dello scorrimento viscoso, si ha una velocità di deformazione
pari a ε s = 1 ⋅ 10 −7 ora −1 . Di conseguenza, quando al provino è applicato uno sforzo costante σ uguale a s s ,7 ,
dalla legge di Norton si ricava che:
1 ⋅ 10 −7
ε s = k 3 s sn,7 = 1 ⋅ 10 −7 ⇒ k 3 =
s sn,7
Per determinare il valore numerico di s s ,7 , si può osservare che il punto S, appartenente alla retta PQ ed
avente ordinata pari a log ε s = log 1 ⋅ 10 −7 = −7 , ha ascissa pari a log s s , 7 = 0.975 , da cui si può ricavare
il valore numerico di s s ,7 :
1 ⋅ 10 −7 −14 −1 mm
2
k3 = = 2 .19 ⋅ 10 [ora ]
9.44 6.83 N
ESERCIZIO 15.5 Un bullone di un recipiente in pressione ha filettatura metrica M20. Dapprima alla temperatura
ambiente (~ 20 °C ) il gambo della vite è teso da una forza Pv = 10000 N ; in seguito la temperatura del bullone
viene innalzata istantaneamente a 500 °C . Nell’ipotesi che la deformazione impressa a temperatura ambiente
rimanga costante, si calcoli lo sforzo dopo 100 ore e dopo 1000 ore di permanenza alla suddetta temperatura
di 500 °C . Il materiale della vite è un acciaio al carbonio avente le seguenti caratteristiche:
E (20 °C) = 210000 N/mm 2 s s 0.2 (500 °C) = 110 N/mm 2 n0 (500 °C) = 6
E (500 °C) = 170000 N/mm 2 s s ,7 (500 °C) = 35 N/mm 2 n(500 °C) = 3.3
Svolgimento.
Si può risolvere questo problema di rilassamento degli sforzi (deformazione impressa costante) applicando
le leggi costitutive proprie dello scorrimento viscoso (sforzo impresso costante); generalmente, si segue
questa strada in quanto i risultati delle prove a scorrimento viscoso sono più numerosi dei risultati delle prove
a rilassamento degli sforzi e quindi risulta più facile calibrare le leggi di scorrimento viscoso.
Innanzitutto, sapendo che la sezione resistente di una filettatura metrica M20 è pari a S = 245 mm 2 , possiamo
applicare la legge di Hooke per calcolare la deformazione iniziale ε0 alla temperatura T = 20 °C :
σ 1 Pv 1 10000
ε0 = = = = 1.94 ⋅ 10 − 4
E (20 °C) E (20 °C) S 210000 245
Si determini, poi, la forza di trazione agente sulla vite all’istante iniziale t = 0 ed alla temperatura T = 500 °C :
0.2 ⋅ 10 -2 0.2 ⋅ 10 -2
k 0 (500 °C) = = = 1.13 ⋅ 10 -15
(s s 0.2 (500 °C) )n (500 °C)
0
110 6
170000
0.113 ⋅ 10 −8 (σ (0, 500 °C) ) + 5.88 σ (0, 500 °C) − 194 = 0 ⇒ σ (0, 500 °C) = 32.8 N/mm 2 (*)
6
Pv 10000
σ= = = 40.8 N/mm 2
S 245
in quanto, all’aumentare della temperatura, diminuisce il modulo elastico.
Quindi, la forza di trazione agente sulla vite all’istante iniziale t = 0 ed alla temperatura T = 500 °C vale:
Pv (0, 500 °C) = S σ (0, 500 °C) = 245 * 32.8 = 8036 N
In un problema di rilassamento degli sforzi, la deformazione è imposta e, quindi, costante: pertanto, trascurando
∫
σ ( 0 , 500 ° C ) σ n (500 °C )
= −k 3 (500 °C) E (500 °C) ∫ dt
0
si ottiene:
(σ (t , 500 °C) )1−n (500 °C) = (σ (0, 500 °C) )1−n (500 °C) + (n(500 °C) − 1) k 3 (500 °C) E (500 °C) t
dove la costante della legge di Norton, ovvero k 3 (500 °C) , si ottiene dalla seguente relazione:
1 ⋅ 10 −7 1 ⋅ 10 −7
k3 = = = 8.03 ⋅ 10 −13
(s s ,7 (500 °C) )
n ( 500 ° C )
35 3.3
limite ε lim sia pari all’ 1.5% , si calcolino i diversi coefficienti di sicurezza per il pericolo di deformazioni
eccessive, supponendo che i valori di resistenza allo scorrimento viscoso siano quelli riportati di seguito:
temperatura [K]
Svolgimento.
I valori di resistenza allo scorrimento viscoso, che vengono riportati nella tabella, corrispondono a due valori
della deformazione totale:
ε 1 = 0.2% = 0.2 ⋅ 10 −2 ε 2 = 1% = 1 ⋅ 10 −2
ed a due valori del tempo:
i due valori di deformazione totale ed i due valori di tempo, abbiamo le seguenti quattro velocità di deformazione
nella fase secondaria dello scorrimento viscoso:
ε 2 = 1 ⋅ 10 −2 e s 3 = 1 ⋅ 10 −6 ore −1 e s 4 = 1 ⋅ 10 −7 ore −1
A questo punto, per fare la verifica della deformazione accumulata decidiamo di utilizzare il metodo parametrico
di Larson-Miller, caratterizzato dal seguente parametro:
∆H
′ = T (C ′ − log ε s ) =
PLM
2.30 R
La prima cosa da fare, quindi, è calcolare la costante C ′ ; dalla precedente tabella si ottengono,
in corrispondenza dello stesso valore dello sforzo applicato, ad esempio σ = 90 N/mm 2 , i seguenti valori che
caratterizzano due prove differenti:
Determiniamo, nel piano log ε s − 1 , l’equazione della retta passante per i punti A e B:
T
1
A T = 753 K ⇒ = 1.33 ⋅ 10 −3 e s 2 = 2 ⋅ 10 −8 ore −1 ⇒ log e s 2 = −7.7
T
1
B T = 813 K ⇒ = 1.23 ⋅ 10 −3 e s 3 = 1 ⋅ 10 −6 ore −1 ⇒ log e s 3 = −6
T
1
− 1.23 ⋅ 10 −3
x − xB y − yB T log ε s − (−6)
= =
xA − xB y A − y B 1.33 ⋅ 10 −3 − 1.23 ⋅ 10 −3 − 7.7 − (−6)
1
log ε s = 14.91 − 17000
T
la cui intercetta sull’asse delle ordinate è pari a: C ′ = 14.91
Quindi, in questo caso particolare, il parametro di Larson-Miller per la deformazione vale:
′ = T (14.91 − log ε s )
PLM
e, pertanto, in corrispondenza delle quattro velocità di deformazione precedentemente calcolate, abbiamo:
e s 1 = 2 ⋅ 10 −7 ore −1 ′ 1 = 21.61 T
PLM e s 3 = 1 ⋅ 10 −6 ore −1 ′ 3 = 20.91 T
PLM
e s 2 = 2 ⋅ 10 −8 ore −1 ′ 2 = 22.61 T
PLM e s 4 = 1 ⋅ 10 −7 ore −1 ′ 4 = 21.91 T
PLM
693 713 733 753 773 793 813 693 713 733 753 773 793 813
′
( PLM 10 −3 )
In origine Larson e Miller avevano ipotizzato,
Ora, si possono calcolare i diversi coefficienti di sicurezza per il pericolo di deformazioni eccessive. Innanzitutto,
dalla curva interpolante si ricava che, in corrispondenza dello sforzo applicato σ = 55 N/mm 2 ,
log σ = 1.74 ⇒ ′ = 17625
PLM
Quindi, applicando la definizione del parametro di Larson-Miller per la deformazione, si ottiene in corrispondenza
di una temperatura pari a T = 550 °C = 823 K :
′
′ = T (14.91 − log εs ) ⇒
PLM 17625
PLM log ε s = 14.91 − = 14.91 − = −6.51
T 823
e s = 10 −6.51 = 3.1 ⋅ 10 −7 ore −1
Trascurando la deformazione iniziale ( ε 0 ) e la deformazione transitoria ( ε t ), la velocità di deformazione appena
ε lim 1.5%
ηε = = =6
ε 0.25%
che sappiamo dalla teoria essere uguale al coefficiente di sicurezza rispetto al tempo: η t = t lim t = 6
(cioè, applicando uno sforzo σ = 55 N/mm 2 alla temperatura T = 550 °C , deve trascorrere un tempo
limite pari a t lim = η t t = 6 * 8000 = 48000 ore , affinché si abbia una deformazione limite pari a ε lim = 1.5% ).
Per calcolare il coefficiente di sicurezza rispetto alla temperatura, dobbiamo determinare la temperatura
limite Tlim , cioè la temperatura in corrispondenza della quale si ha una deformazione limite pari a ε lim = 1.5%
applicando uno sforzo σ = 55 N/mm 2 per un tempo t = 8000 ore ; in questa situazione limite, considerando
solo la fase secondaria dello scorrimento viscoso, si ha una velocità di deformazione limite pari a:
e lim 0.015
e s lim = = = 1.875 ⋅ 10 −6 ore −1
t 8000
Quindi, dalla definizione del parametro di Larson-Miller per la deformazione, si ottiene in corrispondenza
temperatura [K]
Svolgimento.
Anche per fare la verifica a rottura decidiamo di utilizzare il metodo parametrico di Larson-Miller, caratterizzato
dal seguente parametro:
∆H
PLM = T (log t R + C ) =
2.30 R
La prima cosa da fare, quindi, sarebbe calcolare la costante C attraverso i dati sperimentali; tuttavia, poiché
non si dispone di prove di rottura a sforzo costante con diverse temperature, procediamo in modo differente.
Trascurando la deformazione iniziale ( ε 0 ) e la deformazione transitoria ( ε t ), dalla tabella relativa all’esercizio
e = e s = 1% = 0.01
s R / 100000 = 50 N/mm 2 = s 1 / 100000 ⇒
t R = 100000 ore
es 0.01
e s = = = 1 ⋅ 10 -7 ore -1
tR 100000
Ora, essendo t R ε s = cost. , abbiamo che:
t R ε s = 100000 * 1 ⋅ 10 −7 = 0.01
log t R + log ε s = log 0.01 = −2
693 713 733 753 773 793 813 693 713 733 753 773 793 813
σ R / 10000 385 340 280 225 175 135 95 14.5 14.9 15.3 15.7 16.2 16.6 17
PLM
σ R / 100000 385 250 200 155 120 82 50 15.2 15.6 16.1 16.5 16.9 17.4 17.8
A questo punto si possono calcolare i diversi coefficienti di sicurezza per il pericolo di rotture. Dalla curva
di rottura TR , cioè la temperatura in corrispondenza della quale si ha la rottura applicando uno sforzo
σ = 55 N/mm 2 per un tempo t = 8000 ore ; con lo stesso valore del parametro di Larson-Miller per la rottura,
PLM = 17900 , si ottiene in corrispondenza di un tempo pari a t = 8000 ore :
PLM
PLM = T (log t R + 16.91) ⇒
17900
TR = = = 860 K
log t + 16.91 log 8000 + 16.91
TR 860
η T′ = = = 1.04
T 823
Infine, determiniamo il coefficiente di sicurezza rispetto allo sforzo. Dalla curva interpolante si ricava che
lo sforzo di rottura σ R , cioè lo sforzo che, applicato alla temperatura T = 550 °C per un tempo t = 8000 ore ,
produce la rottura, vale:
PLM = T (log t R + 16.91) = 823 (log 8000 + 16.91) = 17130 ⇒ σ R = 101.97 = 93 N/mm 2
σ R 93
ησ′ = = = 1.7 (*)
σ 55
(*) è importante osservare che è un puro caso che si abbia un medesimo valore del coefficiente di sicurezza rispetto allo sforzo
sia nel caso di verifica della deformazione accumulata (esercizio precedente), sia nel caso di verifica a rottura.
Deformazione transitoria (pag. 561)
La deformazione transitoria (o primaria) εt è la deformazione associata alla fase primaria dello scorrimento
viscoso, ovvero la deformazione che avviene con una velocità (di deformazione) εt decrescente nel tempo.
ε t 1 / b (T )
ε t = k1 (T ) σ a (T )
t b (T )
⇒ t=
k1 (T )1 / b (T ) σ a (T ) / b (T )
Derivando entrambi i membri rispetto al tempo t e ritenendo lo sforzo σ costante, si ottiene:
εt = k1 (T ) σ a (T ) b(T ) t b (T ) −1 = εt (σ , t , T )
Sostituendo al posto del tempo t , la sua espressione che deriva dal modello di Nutting, si ottiene:
b (T ) −1 b (T ) −1
ε t 1 / b (T ) ε t b (T )
εt = k1 (T ) σ a (T )
b(T )
= k1 (T ) σ a (T )
b(T ) =
k1 (T )
1 / b (T )
σ a (T ) / b (T )
b (T ) −1
b (T ) −1
a (T )
k1 (T ) b (T )
σ b (T )
1 1
ε t 1− b (T ) ε t 1− b (T )
= k1 (T ) σ a (T )
b(T ) 1 a (T )
= b(T ) 1 a (T )
=
1− a (T ) − − b (T ) − b (T )
b (T )
k1 (T ) b (T )
σ
k1 (T )
σ
1
1−
= k1 (T )1 / b (T ) σ a (T ) / b (T ) b(T ) ε t b (T ) = εt (σ , ε t , T )
Facendo le seguenti posizioni:
1 a (T )
= 1 + m (T ) = m(T )
b(T ) b(T )
si ottiene:
ε t − m (T )
εt = k1 (T )1+ m (T ) σ m (T )
1 + m (T )
Nella fase primaria dello scorrimento viscoso, la velocità di deformazione εt decresce con il trascorrere
del tempo t a causa del fenomeno di incrudimento (hardening) del materiale; in particolare, si può considerare:
l’incrudimento del materiale funzione del tempo (time hardening):
Queste due espressioni per la velocità di deformazione transitoria εt sono del tutto equivalenti nel caso
di sforzo σ costante; ciò non è più vero nel caso di sforzo σ variabile nel tempo t .
Le leggi che permettono di determinare εt , cioè la velocità di deformazione nella fase primaria dello scorrimento
viscoso, possono essere
di tipo time hardening: εt = εt (σ , t , T )
di tipo strain hardening: εt = εt (σ , ε t , T )
Nel caso di sforzo σ costante ( σ = 0 ) queste due espressioni per la velocità di deformazione transitoria εt
sono del tutto equivalenti; ciò non è più vero nel caso di sforzo σ variabile nel tempo t ( σ ≠ 0 ).
A tal proposito, si riporta l’esempio di Finnie relativo ad una prova di trazione con carico a gradino:
Secondo la teoria time hardening ( curva teorica “t”), se al tempo t1 cambia lo sforzo applicato, la curva
sperimentale ε = ε (t ) dovrebbe avere in A la tangente parallela alla tangente in B della curva sperimentale “u”
relativa allo sforzo σ = 3.83 N/mm 2 ; se, invece, si assume valida la teoria strain hardening ( curva teorica
“s”), se al tempo t1 cambia lo sforzo applicato, la curva sperimentale ε = ε (t ) dovrebbe avere in A la tangente
parallela alla tangente in C della curva sperimentale “u” relativa allo sforzo σ = 3.83 N/mm 2 . Come si vede
dal grafico, il risultato sperimentale (curva “w”) è a favore della teoria strain hardening.
e = e0e + et + e s
estesa al caso di sforzo variabile nel tempo e nell’ipotesi di comportamento simmetrico del materiale, diventa:
1 dσ
e0e =
E (T ) dt
ε t − µ (T )
εt = εt (σ , ε t , T ) = k1 (T )1+ µ (T ) σ σign σ
µ (T )
1 + µ (T )
ε σ = k 3 (T ) σ σign σ
n (T )
e = eie + eip + e s
al caso di sforzo variabile nel tempo, bisogna ricordare che l’addendo εip descrive una deformazione plastica
irreversibile e che, quindi, non deve essere considerato nel caso di scarico; infatti, Odqvist e Hult trascurano
∆H
−
e s = A f (s ) e RT
, dove
∆H ~ energia di attivazione
R ~ costante universale dei gas
A ~ costante propria del materiale indipendente dallo sforzo σ e dalla temperatura T
Inoltre, si ammette la validità della seguente relazione:
t R ε s = k , dove
k k
log P1 = log = log − n log σ
Aσ n
A
Quest’ultima equazione rappresenta una retta nel diagramma doppio logaritmico, log P1 − log σ .
Passando sempre ai logaritmi, la (*) si scrive:
∆H ∆H
∆H RT
k k ln e k
log t R = log + log e RT
= log + = log + RT
Aσ n Aσ n
ln 10 Aσ n
2.30
k ∆H 1
log t R = log +
Aσ n
2.30 R T
che rappresenta nel piano log t R − 1 una famiglia di rette parallele che hanno un’intercetta sull’asse
T
delle ordinate che dipende dallo sforzo σ ; in realtà, i risultati sperimentali mostrano che queste rette non sono
k
parallele, ma convergono nel punto Q e, quindi, che il termine log risulta indipendente dallo sforzo σ
Aσ n
ed assume costantemente il valore − C . Allora, poiché sperimentalmente si è visto che il termine ∆H dipende
dallo sforzo σ , nel piano log t R − 1 si ottiene una famiglia di rette che passano per il punto Q ≡ (0, − C )
T
ed hanno generica equazione:
∆H 1
log t R = −C +
2.30 R T
∆H
−
e s = A f (s ) e RT
−
∆H ∆H
∆H
− ln e RT
log e s = log A s n + log e RT
= log A s n + = log A s n − R T
ln 10 2.30
∆H 1
log ε s = log A s n −
2.30 R T
che rappresenta nel piano log ε s − 1 una famiglia di rette parallele che hanno un’intercetta sull’asse
T
delle ordinate che dipende dallo sforzo σ ; in realtà, i risultati sperimentali mostrano che queste rette non sono
parallele, ma convergono nel punto Q’ e, quindi, che il termine log A σ n risulta indipendente dallo sforzo σ
ed assume costantemente il valore C ′ . Allora, poiché sperimentalmente si è visto che il termine ∆H dipende
dallo sforzo σ , nel piano log ε s − 1 si ottiene una famiglia di rette che passano per il punto Q’ ≡ (0, C ′)
T
ed hanno generica equazione:
∆H 1
log ε s = C ′ −
2.30 R T
A questo punto, si definisce parametro di Larson-Miller per la deformazione il seguente valore:
∆H
′ = T (C ′ − log ε s ) =
PLM
2.30 R
In mancanza di dati più precisi, spesso si assume il valore che mediamente si è mostrato corretto, ovvero:
∆H
C = 10 ⇒ ′ = T (10 − log ε s ) =
PLM
2.30 R
ε1
ε 1 = k σ 1n f (T1 ) t1 t lim ε
⇒ = η t = η ε = lim
ε lim = k σ 1n f (T1 ) t lim t1 ε1
e lim = A f (σ 1 ) e t1 e R T1
Tlim − T1
∆H Tlim − T1 ∆H T1 = ∆H ηT − 1
ln η ε = = ; ηε ≠ ηT
R T1Tlim R Tlim R Tlim