CRISTALLI METALLICI
Figura 1: schema del vettore di Burgers in una dislocazione a spigolo positivo. E’ quello
che quantifica lo spostamento reticolare che serve a completare un percorso chiuso,
senza mancanze o sovrapposizioni, quando una dislocazione passa attraverso un reticolo
cristallino perfetto.
Figura 2: schema del vettore di Burgers in una dislocazione a vite destrogira. E’ quello che
quantifica lo spostamento reticolare che serve a completare un percorso chiuso, senza
mancanze o sovrapposizioni, quando una dislocazione passa attraverso un reticolo
cristallino perfetto.
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Il vettore di Burgers è il vettore che serve a chiudere un percorso in un reticolo cristallino.
Si parte con un percorso chiuso in un reticolo perfetto. Poi nella regione del cristallo
contenente il percorso s’introduce una dislocazione. Ora il percorso non è più chiuso, e
per completarlo è necessario aggiungere il vettore ⃗b . Nelle Figure 1 e 2 se ne è riportato
uno schema. Nella Tabella 1 si sintetizzano invece le relazioni di orientazione fra il vettore
di Burgers e il movimento delle dislocazioni.
Tabella 1: direzione del vettore di Burgers e direzioni o tipi di movimenti delle dislocazioni
secondo il loro carattere.
Proprietà delle Tipo di dislocazioni
dislocazioni spigolo vite
relazione fra linea di dislocazione
perpendicolare parallela
e vettore ⃗b
direzione dello scorrimento parallela a ⃗b parallela a ⃗b
direzione del movimento della
parallela a ⃗b perpendicolare a ⃗b
linea di dislocazione rispetto a ⃗b
processo che permette alla
dislocazione di cambiare piano di climb scorrimento deviato
scorrimento
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Figura 4: risultato di calcoli elastici della componente idrostatica dello stress in una
dislocazione a spigolo.
Figura 5: risultato di simulazioni atomistiche dello stress massimo principale nella regione
del nucleo di una dislocazione a spigolo nell’alluminio. Il piano di simmetria è quello in cui
giace la linea di dislocazione, il semipiano extra è dalla parte superiore e quindi il colore
blu indica tensione di compressione, il rosso di trazione.
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Per una dislocazione a vite il campo di stress è di solo taglio perché non vi è il semipiano
extra. Nella zona del nucleo, il cosiddetto “core”, la tensione non è elastica (altrimenti
divergerebbe), ma è legata all'energia di legame atomico, influenzata da interazioni
elettromagnetiche di elettroni e nuclei. In tale zona la tensione massima principale nei
metalli è dell’ordine dell'energia coesiva teorica (ideale), alcuni GPa. Il raggio di tale zona
ha un’ampiezza stimata inizialmente da Hirth e Lothe come r 0=b/. con nell'intervallo
0,5-2, cioè dell’ordine dell'unità. Al di fuori del “core”, cioè per rr0, vale la soluzione
elastica. Nella Figura 5 vi è un esempio del risultato di calcoli della massima principale per
una dislocazione a spigolo nell’alluminio.
Più recentemente Sawyer, Morris e Chrzan (Physical Review B, 2013) hanno svolto calcoli
atomistici su cristalli di Mo (struttura BCC) tenendo conto dei dettagli della struttura
elettronica dell'atomo. Essi hanno trovato che i campi tensionali introdotti nel reticolo
cristallino dalla presenza di una dislocazione ha due contributi: il cosiddetto “long range”,
che si avverte al di fuori del nucleo della dislocazione, e che è soddisfacentemente
calcolato con la teoria dell'elasticità, e lo “short range”, lo stress non elastico che domina
solo nel “core”. Il long range stress divergerebbe avvicinandosi troppo al core, cosa che è
fisicamente irrealistica. Considerando una dislocazione a vite, la tensione di puro taglio
che predice la teoria dell'elasticità è:
dove r è la distanza dal centro della dislocazione e k una costante. Ma Sawyer e colleghi
hanno posto la condizione che la zq elastica deve raggiungere la resistenza ideale ideale di
legame atomico. Tale valore è stimato come una frazione f, variabile fra 1/3 e 1/30, del
modulo di elasticità tangenziale G. Si ha quindi, quando r=r 0:
Combinando le due equazioni di cui sopra si ha una prima stima del raggio r 0 del “core”
della dislocazione:
In realtà, sia f, sia G sono dipendenti dalla direzione perchè a livello atomico il cristallo è
anisotropo. Gli autori hanno introdotto anche l'anisotropia e sono arrivati a calcolare il
raggio del nucleo r0 in tre casi specifici per un cristallo di Mo:
1. dislocazione a vite libera
2. dislocazione a vite in un monocristallo con un valore di stress tangenziale applicato
di 5 e 10 GPa
3. dislocazione a vite alla quale si fa avvicinare fino alla distanza di 1 nm un'altra
dislocazione a vite, dello stesso segno o di segno opposto.
Vi è da dire che lo stress tangenziale applicato è esageratamente alto per un caso pratico,
ma è stato scelto per visualizzare meglio i fenomeni. Parimenti, è molto difficile in pratica
far avvicinare delle dislocazioni fino a distanze di 2-4 costanti reticolari (caso in esame),
ma anche questa volta si è trattato di una scelta di calcolo per evidenziare meglio i
fenomeni. I risultati del calcolo sono riportati nella seguente Figura 6, estratta di peso dalla
pubblicazione originale citata. Si mostra un diagramma polare di r 0, e l'unità di scala è Ǻ
(10-10 m) cioè il decimo di nanometro. Si vede che:
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1. r0b, ovvero il nucleo della dislocazione è circa grande quanto il modulo del vettore
di Burgers, approssimativamente la distanza reticolare
2. gli stress applicati fanno espandere il nucleo della dislocazione
3. l'interazione con altre dislocazioni fa espandere e deformare il nucleo della
dislocazione.
Infine gli autori hanno calcolato la resistenza ideale del legame atomico, trovando un
valore coerente con le assunzioni fatte sopra, cioè ideale0,15G.
Figura 6: diagramma polare del raggio del nucleo di una dislocazione a vite in un cristallo
di Mo. Da notare che le due figure dell'originale hanno scala leggermente diversa.
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raggio r0=b: =
3. l’energia totale si può può scrivere come , dove è una costante
dell’ordine dell’unità. Se ne deduce che:
a) una dislocazione a vite è termodinamicamente favorita, perché è quella
che contiene minore energia
b) la dislocazione più stabile termodinamicamente è anche quella con vettore
di Burgers più piccolo: ciò sarà ottenuto scegliendo il sistema di
scorrimento più compatto, cioè quello con il piano e la direzione di
scorrimento con la massima densità atomica.
Figura 7: schema d’interazione fra due dislocazioni a spigolo (positivo e negativo) che
giacciono sullo stesso piano di scorrimento.
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E’ ovvio che, per minimizzare l’energia del sistema, i campi di trazione tenderanno, se
possibile, a sovrapporsi a quelli di compressione. In questo caso le dislocazioni si
attraggono e si annichilano, ristabilendo localmente il cristallo perfetto. Più in generale, le
dislocazioni potranno trovarsi a scorrere in sistemi di scorrimento differenti. Tuttavia, il
principio di attrazione o repulsione in base ai campi tensionali rimane valido. Riferendosi
ora al sistema di riferimento schematizzato nella Figura 8, la forza d’interazione, per
unità di lunghezza l della dislocazione, fra due dislocazioni a spigolo giacenti su sistemi
di scorrimento paralleli ha le due componenti:
Nei cristalli FCC il piano ottaedrico, quello diagonale che unisce tre vertici della cella
elementare (Figura 9), è un piano con la massima densità atomica: schematizzando per
comodità gli atomi come sfere rigide, la loro disposizione in quel piano è come quella delle
palle da biliardo quando vengono impaccate al centro del tavolo. Nella Figura 9 il piano
ottaedrico schematizzato è quello che è individuato dagli indici di Miller (111). Si ottengono
altri piani cristallograficamente equivalenti (e quindi a massimo impaccamento o a
massima densità atomica) spostando la posizione dell'atomo A su uno degli altri tre vertici
della faccia superiore della cella elementare FCC. Si ottengono quindi 4 posizioni
dell'atomo A, a cui corrispondono 4 piani fisicamente distinti, ma cristallograficamente
equivalenti. In conclusione, la cella FCC possiede 4 piani aventi la massima densità
atomica possibile, contraddistinti dalla famiglia degli indici di Miller (111).
Si cercano ora le direzioni a massima densità atomica (nel modello a sfere rigide, quelle in
cui le sfere di toccano) sui piani della famiglia (111). Riferendosi alla Figura 9, tali direzioni
sono quelle diagonali delle facce della cella elementare, come quella che congiunge gli
atomi D-E-F, che ha indici di Miller [110]. Sempre riferendosi alla Figura 9, sul piano (111)
si vedono tre direzioni a massimo impaccamento (le tre diagonali delle facce); sono 3
direzioni fisicamente distinte, ma cristallograficamente equivalenti, perchè sono a massima
densità atomica. La famiglia di tali direzioni è contraddistinta dagli indici di Miller [110].
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Dalla stessa figura si capisce che nella cella elementare ci sono 4 piani a massima densità
atomica (111), ciascuno dei quali contiene 3 direzioni a massima densità atomica. Perciò,
complessivamente, ogni cella elementare FCC contiene 12 possibili combinazioni di piani
e direzioni, entrambi a massima densità atomica. Se si prende ognuna di queste
combinazioni come sistema di scorrimento per le dislocazioni, si può dedurre che ognuna
di esse minimizza l'energia di una dislocazione perchè ha il modulo del vettore di Burgers
minimo possibile. Ne consegue che i reticoli metallici FCC hanno 12 sistemi
intrinsecamente a facile scorrimento, indipendentemente dalla temperatura. Si può anche
concludere che in un metallo FCC sarà sempre facile trovare sistemi di scorrimento per le
dislocazioni favorevolmente orientati rispetto ai carichi esterni applicati. Quindi in questi
metalli sarà abbastanza facile attivare delle deformazioni plastiche. Per lo stesso motivo,
la molteplicità dei sistemi di scorrimento farà sì che, sotto carico, si verifichi l'attivazione
multipla, cioè più sistemi sono attivati sotto stress relativamente bassi; ma, per converso, l'
attivazione multipla porta poi ben presto ad un'interferenza delle dislocazioni
simultaneamente attive su diversi sistemi. Si deduce quindi che i metalli FCC sono
contraddistinti da elevate capacità d'incrudimento.
Nei metalli con cella prismatica esagonale compatta mostrata in Figura 10, denominata in
letteratura HCP (Hexagonal Close Packed), il piano basale, con indici di Miller (0001), ha
le stesse caratteristiche del piano (111) nei cristalli FCC, cioè è un piano a massima
densità atomica. Su di esso, Figura 11, vi sono tre direzioni, con indici di Miller [11 20],
lungo le quali gli atomi, schematizzati come sfere rigide, si toccano. Sono quindi direzioni
a massima densità atomica. Nei cristalli HCP vi sono quindi almeno un piano (0001), e
sopra di esso tre direzioni [1120] a massima densità atomica. Vi sono quindi tre sistemi a
facile scorrimento, e lo sono intrinsecamente dal punto di vista geometrico. Su di essi le
dislocazioni avranno la tendenza a scorrere, indipendentemente dalla temperatura.
Quanto sopra è perfettamente realizzato in tre metalli esagonale, Zn, Cd e Mg. Vi sono
altri metalli, però, come Zr, Ti e Be, in cui lo scorrimento nei sistemi (0001)[1120] avviene a
sforzi di taglio non così bassi come ci si aspetterebbe per dei sistemi a facile scorrimento,
e si verifica inoltre l'attivazione di scorrimento delle dislocazioni su altri piani non basali.
Ciò accade quando il rapporto fra le costanti reticolari della cella prismatica (che ne ha
due), il lato dell'esagono di base a e l'altezza della cella c, si abbassa sensibilmente
rispetto a quello ideale che si dovrebbe avere con il modello delle sfere rigide, e cioè
c/a=1,632. Nella Tabella 2 sono riportati i valori di tale rapporto per diversi metalli HCP. Nei
metalli Cd, Zn e Mg il rapporto c/a è vicino all'ideale, oppure i piani basali sono più
distanziati: quindi solo su di essi si attiverà lo scorrimento. Invece, in Zr, Ti e Be, i piani
basali sono più vicini dell'ideale: sarà più difficile attivare lo scorrimento su di essi rispetto
a Cd, Zn e Mg; inoltre si viene a creare la situazione per cui alcuni piani non basali
risulteranno con densità atomica molto alta, sicchè si possono attivare scorrimenti sui piani
prismatici o piramidali, come mostrato nella Figura 11.
Nei cristalli BCC come Fe, Cr, Mo, V, W e altri, sempre andando alla ricerca di piani e
direzioni a massimo impaccamento atomico, si trova che la distanza più breve fra gli atomi
si verifica fra un vertice ed il centro del cubo (la diagonale), come mostrato nella Figura 12,
ed in effetti è la direzione di scorrimento osservata. Nei monocristalli si riscontra
sperimentalmente scorrimento delle dislocazioni nella direzione [111], che è anche quella
di massima densità atomica. Non vi sono invece piani ad elevata densità atomica, come
nei cristalli FCC. Ad esempio il piano diagonale della cella rappresentata nella Figura 13,
chiamato anche piano dodecaedrico, con indici di Miller (110), contiene le direzioni a
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massimo impaccamento [111], ma esso stesso non è un piano a massima densità
atomica, come risulta evidente dalla stessa figura. In ogni caso le dislocazioni possono
muoversi con una certa difficoltà nella direzione [111] sui piani cristallografici che la
contengono; in particolare sui tre piani del tipo (110), cosi come anche sui piani (112) e
(123), che contengono anch'essi la direzione [111]. Alla fine, un facile scorrimento come
nei sistemi a massima densità atomica dei cristalli FCC e HCP non esiste nei BCC.
Piuttosto accade che le dislocazioni a vite, che possono dare scorrimento deviato, e quindi
non sono obbligate a seguire solo i sistemi a massimo impaccamento, fanno sì che nei
cristalli BCC non si realizzino delle linee di scorrimento (slip lines) ben definite, ma queste
appaiono ondulate e poco nette.
Inoltre l'attivazione dello scorrimento in tutti questi sistemi che non sono geometricamente
a massima densità atomica risente in modo pronunciato dell'effetto della temperatura, che
agisce come lubrificante per il movimento delle dislocazioni. Ne segue la transizione
duttile-fragile della frattura dei cristalli metallici BCC come Fe . Infine, nella Tabella 3 si
riporta il compendio dei dati di densità atomica per alcuni piani notevoli, fra cui quelli a
massima densità atomica, dei vari reticoli cristallini dei metalli.
Figura 9: piani e direzioni a massima densità atomica nella cella elementare FCC.
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Figura 10: arrangiamento atomico con il modello delle sfere rigide nei metalli con reticolo
cristallino tipo HCP. I piani con gli atomi dello stesso colore hanno le caratteristiche
geometriche del piano basale della cella, cioè sono tutti a massima densità atomica.
Figura 11: piani sui quali si può attivare lo scorrimento in alcuni metalli HCP come il Ti, e
direzioni a facile scorrimento su di essi.
Figura 12: arrangiamento degli atomi, schematizzati come sfere rigide, nei cristalli BCC.
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Figura 13: nei cristalli BCC il piano dodecaedrico (110) contiene 2 direzioni a massima
densità atomica [111] (atomi A'C'E' oppure atomi B'C'D'), ma non ha le caratteristiche di
massimo impaccamento dei piani (111) nei cristalli FCC, come evidenziano gl'interstizi
vuoti fra gli atomi.
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Tabella 3: densità atomica e distanza di alcuni piani notevoli dei reticoli cristallini dei metalli
FCC, BCC e HPC (a0 e c sono le costanti reticolari).
Struttura Densità atomica in Distanza
Piano cristallografico
cristallografica atomi per unità di area fra i piani
Ottaedrico {111}
FCC
Cubico {100}
Dodecaedrico {110}
Ottaedrico {111}
BCC
Cubico {100}
Dodecaedrico {110}
EX
Basale {0001}
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Si ha per definizione che:
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dove M è il fattore di Taylor, a prima vista una specie d'inverso del fattore di Schmid. In
realtà M deve tenere conto che ogni cristallo del policristallo macroscopico ha una sua
orientazione rispetto al carico applicato e che esiste una distribuzione di cristalli, e quindi
di orientazioni. Se si assume che una frazione i di cristalli abbia un'orientazione che si può
schematizzare formalmente con il simbolo g i (dentro il quale entrebbero le relazioni di
orientazione fra i sistema di scorrimento e il carico equivalente applicato) e che tale
frazione abbia una percentuale in volume V i, il fattore di Taylor del policristallo
macroscopico è una media pesata di quelli degli N singoli cristalli dell'insieme:
A suo tempo (nel 1938) Taylor ha calcolato che per un policristallo FCC M=3,06. Negli altri
casi, sempre senza orientazioni preferenziali, il valore di M è vicino a 3, in genere
diminuendo se vi sono delle tessiture cristallografiche che portano una frazione importante
dei cristalli dell'insieme ad avere un'orientazione favorevole all'attivazione del moto delle
dislocazioni.
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