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TOMOGRAFIA A RISONANZA MAGNETICA NUCLEARE

PRINCIPI DI FUNZIONAMENTO

1.1 SPIN E MOMENTO MAGNETICO INTRINSECO

Tutti i sistemi microfisici ( atomi, elettroni, nuclei, particelle subnucleari ), ai quali si possono
applicare le leggi della Meccanica Quantistica, sono caratterizzati da una proprietà misurabile
denominata spin. Lo spin è privo di un analogo macrofisico: è uso comune, tuttavia, assimilarlo al
momento angolare di un sistema macroscopico ruotante. Si può affermare che lo spin è una grandezza
“intrinseca”, che prescinde da un modello del sistema e che ha le proprietà formali di un momento
angolare.
Come molte altre grandezze usate nella descrizione dei sistemi microfisici, lo spin è
“quantizzato”, cioè può assumere soltanto un determinato insieme di valori discreti multipli interi o
semi-interi di h/2 (ove h è la costante di Planck che vale 6.6260810-23 Js) . Un nucleo con numero
di spin I può essere osservato in (2I+1) diversi stati. E’ diffuso l’uso di rappresentare i nuclei con spin
½ ( il valore h/2 si omette per semplicità nell’uso comune) come sfere rigide in rotazione attorno ad
un proprio asse (Fig.1.1).

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Fig.1.1: versi di rotazione dei nuclei aventi numero di spin pari ad ½.

Secondo questa rappresentazione i due stati possibili nel caso in cui I=1/2 vengono immaginati
rispettivamente come rotazione “destrorsa” o “sinistrorsa” attorno all’asse. Di solito i versi di rotazione
di una sfera attorno ad un determinato asse nello spazio si rappresentano mediante vettori paralleli a
tale asse: il vettore è rivolto, convenzionalmente, verso l’alto per la rotazione destrorsa e verso il basso
per quella sinistrorsa, secondo la cosiddetta “regola della mano destra” (Fig.1.2).

Fig.1.2: la regola della mano destra associa ad un verso di rotazione un vettore perpendicolare
al piano della rotazione in modo che se il pollice è orientato come il vettore, le altre dita della
mano indicano la rotazione. Alla rotazione “destrorsa”, antioraria, corrisponde un vettore
orientato verso l’alto; alla rotazione “sinistrorsa” , oraria, un vettore orientato verso il basso.

In seguito alla presenza nei nuclei di una distribuzione di carica elettrica, allo spin, o momento
angolare intrinseco, si associa un momento magnetico intrinseco. Ne risulta che i nuclei possono
essere assimilati a spire percorse da corrente o a dei dipoli magnetici: in pratica i nuclei si comportano
come dei minuscoli aghetti magnetici (Fig.1.3).

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FIGURA 1.3: una spira percorsa da una densità di corrente J ha un momento magnetico
perpendicolare al piano della spira, il cui verso è specificato dalla “regola della mano destra”.
Un aghetto magnetico, come è noto, è equivalente ad una spira percorsa da corrente.

Momento magnetico e spin sono legati dalla relazione:


 
   I , dove  è una costante di proporzionalità nota come rapporto giromagnetico,
caratteristico per ogni tipo di nucleo. Poiché per il principio di Pauli in un nucleo con un numero pari di
protoni e di neutroni gli spin sono accoppiati, solamente i nuclei aventi un numero dispari di protoni o

di neutroni o entrambe, hanno momento angolare intrinseco di spin I diverso da zero. Questi nuclei
hanno perciò momento magnetico intrinseco non nullo e quindi, come vedremo in seguito, sono
assoggettabili al fenomeno della risonanza magnetica. Nel caso dell’elettrone il momento magnetico
viene chiamato magnetone di Bohr e vale:

 B = 0.92910-23 Am2, diretto nella direzione del momento di spin, ma con verso opposto. Il
momento del neutrone vale invece 1.91 magnetoni ed è anch’esso opposto allo spin. Il momento del
protone vale 2.79 magnetoni ed è concorde al verso dello spin.

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Ad eccezione del C12 e dell’O16 che hanno spin uguale a zero e del Na23, che ha spin pari a 3/2,
tutte le più importanti specie nucleari presenti nei tessuti biologici hanno spin pari ad ½ e quindi
possono assumere solo due stati, come in precedenza detto.
Nella pratica clinica assumono particolare importanza l’idrogeno (H1) ed il fosforo (P31).
L’idrogeno è presente in grandi quantità nel corpo umano legato all’ossigeno a formare la molecola
dell’acqua. Altri elementi chimici scarsamente presenti all’interno del corpo umano possono essere
iniettati sotto forma di bolo per via endovenosa per ottenere immagini ad alto contrasto. Ad esempio
nella tecnica di mammografia a risonanza magnetica si inietta del Gadolinio DTPA, un mezzo di
contrasto paramagnetico.

1.2 INTERAZIONE TRA IL SISTEMA DI SPIN ED UN CAMPO MAGNETICO ESTERNO

Considerando il caso dei nuclei aventi numero di spin I=1/2, in assenza di un campo magnetico
esterno (il campo magnetico terrestre ha intensità troppo bassa per creare effetti significativi)
l’isotropia dello spazio, cioè la sua proprietà di essere equivalente in tutte le direzioni, fa sì che non
sussistano motivi perché i nuclei preferiscano un’orientazione particolare (Fig.1.4).

Fig.1.4: in assenza di un campo magnetico esterno applicato, i momenti magnetici nucleari


hanno un’orientazione casuale.

Per lo stesso motivo, i due stati del sistema corrispondenti ai due diversi orientamenti hanno la
stessa energia, o come si dice sono “degeneri”. In altri termini, l’energia del sistema è indifferente
all’orientamento degli spin.

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A livello macrofisico, ponendo un aghetto magnetico con momento di dipolo  in un campo
magnetico di intensità B, esso acquista una energia potenziale pari a:
 
E       cos  , ove  è l’angolo variabile con continuità tra zero e
 
360 gradi, sotteso dalle direzioni dei vettori  e  (Fig.1.5).


Fig.1.5: in presenza di un campo magnetico esterno B , gli spin adottano una delle due possibili
orientazioni, denominate parallela e antiparallela.

L’aghetto tende ad allinearsi secondo le linee di flusso del campo magnetico, in quanto in tale
modo diviene minima l’energia potenziale del sistema. A livello macrofisico, quando un nucleo con
1
spin si trova in presenza di un campo magnetico esterno i due stati di spin, prima energeticamente
2
indistinguibili, acquisiscono rispettivamente energia:

E1      , corrispondente al valore minimo per  =0;

E 2     , corrispondente al valore massimo per  =180 gradi.


La differenza di energia tra questi due stati,   E1  E2  2 è direttamente proporzionale
all’intensità del campo magnetico applicato. Quindi possiamo dire che l’effetto del campo magnetico

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esterno è quello di rendere non equivalenti le direzioni dello spazio e di rimuovere la degenerazione
degli stati energetici di spin.
Dire che il nucleo tende ad allinearsi parallelamente al campo magnetico, anziché
antiparallelamente, significa affermare che lo stato con orientamento parallelo è energeticamente
favorito perché è uno stato di minor energia potenziale.
Il paragone con il singolo aghetto magnetico, per quanto comodo, potrebbe essere fuorviante:
infatti nel nostro caso si ha a che fare con un insieme di nuclei che interagiscono non solo con il campo
magnetico, ma anche fra loro e con il microambiente che li circonda. E’ quindi indispensabile parlare,
in termini fisici, di sistema di spin.
Un sistema di spin interagente con un campo magnetico può essere descritto in maniera
semplice mediante uno schema “a livelli” (Fig.1.6).

Fig.1.6: schema energetico a livelli per un nucleo con spin = ½ in presenza di un campo
magnetico diverso da zero.

In assenza di campo magnetico applicato (B=0) le sottopopolazioni dei due possibili stati di
spin (considerando per semplicità il caso in cui I=1/2) sono uguali, come in precedenza visto; dopo
l’applicazione del campo magnetico (B0) le energie dei due stati divengono differenti e ci si può
aspettare che gli spin si distribuiscano fra di essi rispettando leggi statistiche definite.
In questo caso diviene operante la cosiddetta “statistica di Boltzmann”, in base alla quale i due
livelli energetici avranno sottopopolazioni differenti in funzione dell’intensità del campo magnetico
applicato e della temperatura assoluta del sistema in base alla formula:

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2 
N2 
e k 
N1
dove N1 e N2 sono le sottopopolazioni ubicate rispettivamente al livello energetico minore e

maggiore , k la costante di Boltzmann, T la temperatura assoluta. Quanto più è alta la temperatura,


tanto più le due sottopopolazioni tenderanno ad equalizzarsi ( sino al limite della “temperatura
infinita”, alla quale le due sottopopolazioni saranno uguali ); viceversa a temperature molto basse,
quasi tutti gli spin si troveranno nel livello di energia minore. La statistica di Boltzmann descrive una
condizione di equilibrio termodinamico, ed è importante notare che il raggiungimento di questo
equilibrio è possibile se e soltanto se il sistema di spin è in grado di scambiare energia con il
microambiente circostante, cioè con il cosiddetto reticolo. Nella pratica si osserva che la condizione di
equilibrio raggiunta è la seguente:

 N2 
1

   1  e 1
 N1 eq
nella quale la costante temporale T1 dà una misura dell’accoppiamento termodinamico tra il
sistema di spin ed il reticolo, ed è appunto indicata con il termine di tempo di rilassamento spin-
reticolo. Se il campo magnetico è applicato con sufficiente rapidità, in maniera quindi “adiabatica”,
immediatamente dopo la sua applicazione, gli spin saranno ancora equidistribuiti tra i due possibili
livelli. Il progressivo raggiungimento dell’equilibrio termodinamico per il sistema “accoppiato” spin-
reticolo è possibile solo se esiste un canale di decadimento, un modo cioè a che l’energia fluisca dal
sistema di spin al reticolo. Il sistema di spin si comporta, in altri termini, come un corpo caldo per il cui
raffreddamento è necessario un contatto termico con un corpo a temperatura inferiore.
Il tempo T1 è quindi una misura espressiva dell’entità di connessione termodinamica tra i due
comportamenti in gioco: il sistema degli spin ed il reticolo.

1.3 INTERAZIONE TRA IL SISTEMA DI SPIN E UNA RADIAZIONE


ELETTROMAGNETICA

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E’ opportuno preliminarmente osservare la somiglianza formale tra la rappresentazione dei
livelli energetici di un sistema di spin e le uguali rappresentazioni dei livelli energetici del modello di
Bohr.
Nel modello di Bohr un elettrone può “saltare” da un livello energetico all’altro scambiando
energia con una radiazione elettromagnetica di opportuna frequenza. Questo scambio ha luogo
mediante assorbimento o emissione di fotoni: si ricordi che una radiazione elettromagnetica di
frequenza  è costituita da fotoni di energia E  h  . La probabilità di assorbimento di un fotone da
parte di un atomo è particolarmente alta se l’energia del fotone è esattamente uguale alla differenza di
energia tra due qualsiasi livelli energetici: si parla in tal caso di “assorbimento risonante”.
Nel caso di un sistema di spin avviene qualcosa di analogo: i livelli energetici si riferiscono,
1
però, all’intero sistema e non ad un singolo nucleo: i due livelli disponibili, allorquando I  , come
2
abbiamo visto, sono separati da un salto di energia direttamente proporzionale all’intensità del campo
magnetico applicato: si ha infatti   2 .
Vediamo come si possono descrivere le condizioni di risonanza: è noto che un giroscopio

sottoposto all’azione dell’accelerazione di gravità g compie un movimento di precessione attorno alla
direzione di gravità stessa (Fig.1.7).

Fig.1.7: movimento di precessione di un giroscopio sottoposto all’azione dell’accelerazione di



gravita g.

La frequenza di questo moto di precessione dipende principalmente da due fattori: la forza


esercitata dal campo gravitazionale e la forza esercitata dal giroscopio stesso. Analogamente per un
1 
nucleo che ha, ad esempio, I  , l’interazione con un campo magnetico  fa compiere al vettore
2

8

momento magnetico  del nucleo un movimento di precessione attorno alla direzione del campo

applicato  (Fig.1.8).


Fig.1.8: movimento di precessione del momento magnetico .

Poiché sono possibili, nel caso considerato, per il momento magnetico nucleare due diversi

orientamenti, rispettivamente parallelo ed antiparallelo alla direzione di  , il movimento di
precessione può avvenire in due versi (Fig.1.9).


Fig.1.9: movimenti di precessione dei momenti magnetici  di un nucleo con spin=1/2 posto

in un campo magnetico B.

Tale movimento è caratterizzato da una velocità angolare  che si dimostra proporzionale al
 
campo magnetico applicato secondo la relazione      dove  è il rapporto giromagnetico.

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Ricordando che la velocità angolare è correlata con la frequenza secondo la relazione   2

abbiamo che il nostro momento magnetico nucleare sottoposto all’azione di  precede parallelamente
 
o antiparallelamente a  , con frequenza pari a   chiamata frequenza di Larmor. Questa
2
frequenza è appunto quella di risonanza e dipende, attraverso  , dalla particolare specie nucleare

considerata e attraverso  dal campo magnetico applicato. Se utilizziamo un campo magnetico esterno
la cui intensità è dell’ordine delle migliaia di Gauss, ne deriva che la radiazione necessaria per far
avvenire le transizioni deve avere una frequenza dell’ordine delle decine di Megahertz, essere cioè nel
campo delle radiofrequenze.
La differenza di popolazione tra i due livelli energetici in condizioni di equilibrio
termodinamico è direttamente proporzionale al numero N dei nuclei presenti nell’unità di volume
(voxel) ed al rapporto tra l’energia magnetostatica ( 2 ) e quella termica (kT):
2 
  
N1  N 2    N1  1  e kT  .
 
Si può osservare come, a parità di T, poiché all’aumentare di B l’esponenziale entro parentesi
tende a zero, la differenza tra le sottopopolazioni dei due livelli energetici tenderà ad assumere i valori
più elevati; poiché al diminuire di B l’esponenziale entro parentesi tende all’unità, la differenza tenderà
ad annullarsi.
L’interazione tra il sistema di spin in situazione di equilibrio termodinamico e una radiazione
elettromagnetica di frequenza pari a quella di risonanza, comporta un assorbimento netto di energia
radiante. La situazione di equilibrio ne risulta alterata nel senso di un aumento della sottopopolazione
di spin ubicata al livello di energia più elevato, e quindi dell’eccitazione del sistema di spin.
E’ stata fin qui trascurata una considerazione molto importante: il campo magnetico effettivo
sperimentato dai singoli spin non è per tutti uguale. Prescindendo da disomogeneità inevitabili del
campo magnetico applicato, esistono numerose cause di perturbazione del campo a livello locale: ad
esempio, gli spin sono di per sé stessi fonte di campi magnetici additivi, dunque la diversa distribuzione
microspaziale degli spin si ripercuote in maniera differenziale sul singolo spin; il moto degli elettroni
intorno al nucleo produce campi magnetici, con conseguente effetto di schermo differenziale. Ne risulta
la necessità di modificare lo schema “a livelli” in uno schema “a bande” di larghezza definita
(Fig.1.10).

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Fig.1.10: schema energetico “a bande”.

In conseguenza di ciò anche la frequenza di risonanza assume una certa ampiezza che,
1
indicando con  la larghezza della banda di risonanza, possiamo scrivere:   , dove la costante
T2

temporale T2 dà una misura della disomogeneità dell’intorno fisico dei nuclei interessati al fenomeno
di RMN: questa costante è appunto denominata tempo di rilassamento spin-spin.
Possiamo quindi riassumere gli ultimi concetti in questo modo: l’irradiazione del sistema di spin
in condizione di equilibrio termodinamico mediante radiazione elettromagnetica alla frequenza di
risonanza comporta l’assorbimento di energia fotonica, l’eccitazione del sistema stesso, l’aumento
numerico della sottopopolazione ubicata nel livello energetico più elevato a scapito di quella a livello
più basso. Alla cessazione dell’irradiazione si avrà la progressiva restituzione dell’energia assorbita, la
diseccitazione del sistema, il ripristino della preesistente situazione di equilibrio termodinamico in
tempo tanto più breve quanto più ampio è il canale di comunicazione tra il sistema di spin ed il reticolo,
quindi tanto più breve è il tempo T1 . La larghezza della banda di risonanza, inversamente connessa al

T2 , fornisce informazioni sul microambiente magnetico intrinsecamente sperimentato dal singolo


nucleo. Il tempo di rilassamento T2 dà quindi una misura dell’omogeneità magnetica locale.

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1.4 LA MAGNETIZZAZIONE MACROSCOPICA ED IL SEGNALE DI RM

Per connettere i parametri T1 e T2 alla grandezza macrofisica osservabile nell’esperimento di


RMN ( il segnale di risonanza ), è necessario introdurre la grandezza vettoriale denominata
magnetizzazione macroscopica. La magnetizzazione di un sistema è la somma vettoriale dei momenti
magnetici nucleari in esso contenuti:
 
M  i i

Se nell’elemento di volume gli spin sono equidistribuiti nei due livelli energetici, la
magnetizzazione è nulla; in condizione di equilibrio termodinamico essa assume il valore:
 
M  2     ed è allineata in direzione e verso secondo le linee di flusso del campo magnetico
applicato (Fig.1.11).

Fig.1.11: vettore magnetizzazione in assenza di perturbazioni.

Considerando ancora per un attimo il singolo nucleo, se ora applichiamo oltre al campo statico,

un campo magnetico perpendicolare al campo B il momento magnetico nucleare è soggetto anche
 
all’azione di questo secondo campo magnetico, che chiameremo B1 . Ma se la direzione di B1 è fissa,

l’interazione è praticamente nulla; anche nel caso in cui B1 ruota con velocità angolare diversa dalla

velocità angolare di precessione, l’effetto di B1 sul momento magnetico è nullo. La condizione

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necessaria e sufficiente perché il momento magnetico nucleare sia soggetto in modo costante all’azione
   
di B1 , essendone così influenzato, è che B1 ruoti con velocità angolare 1   (Fig.1.12).

 
Fig.1.12: momento magnetico  sottoposto all’azione di un campo magnetico B e di un

campo magnetico rotante B1 .

In termini di frequenza questa condizione si verifica per  1   , cioè esiste un ben definito

valore di frequenza di B1 che influenza in maniera costante nel tempo il momento magnetico nucleare.
 
In questa condizione il nucleo con momento magnetico  che precede nella direzione di B con
  
velocità angolare    B e con energia E1     B , può assorbire energia da B1 e passare al livello

E 2    B , continuando a precedere con la stessa velocità angolare ma antiparallelamente a B .

Consideriamo ora la magnetizzazione macroscopica M : essa risulta nulla in assenza di un
campo magnetico applicato, poiché, trascurando il campo gravitazionale terrestre, i singoli momenti

magnetici sono disposti casualmente nello spazio. Introducendo un campo B la magnetizzazione

macroscopica risulta essere diversa da zero ed è orientata nella direzione di B . Scegliendo un sistema

di riferimento x, y, z, con z coincidente con la direzione di applicazione del campo B , possiamo

scomporre il vettore M nelle tre componenti secondo gli assi principali, M x , M y , M z . In presenza di

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un campo magnetico statico si ha solo la componente lungo l’asse z, che ha un valore costante pari a
M z  M 0 , che rappresenta la magnetizzazione all’equilibrio (Fig.1.13).


Fig.1.13: effetti degli impulsi a RF sul vettore di magnetizzazione M con relativa rotazione e
proiezione lungo i tre assi.

Consideriamo ora lo stesso insieme nucleare, non rispetto ad un sistema di riferimento fisso, ma
ad un sistema di riferimento x’, y’, z’, ruotante attorno alla direzione z (Fig.1.14):

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Fig.1.14: magnetizzazione risultante in un sistema di coordinate ruotanti con velocità 

un sistema di riferimento in cui z’ coincide con z, x’ ed y’ perpendicolari tra loro ed a z’,


 
ruotano attorno a z con una velocità angolare    B , cioè con una frequenza pari a quella di
risonanza .

B
In questo nuovo sistema di riferimento i momenti magnetici che ruotano con   risultano
2
fermi: infatti le frequenze di rotazione dei momenti magnetici e quelle degli assi x’, y’ sono uguali. Le
stesse considerazioni valgono ad esempio per quanto riguarda la nostra posizione sulla Terra: noi
riferiamo la nostra posizione ed il nostro movimento alla Terra, che rappresenta un sistema di
2
coordinate ruotanti con radianti all’ora. Per un osservatore che si trova fuori della Terra, un
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soggetto fermo all’equatore, risulta muoversi con una velocità di circa 1600 km/ora, mentre per un
osservatore solidale con la Terra il soggetto risulta fermo. Applichiamo ora il campo magnetico

ortogonale B1 , che risulterà fisso lungo l’asse ruotante x’, avendo la stessa velocità di rotazione. Sotto


 B1
l’azione di questo campo la magnetizzazione precede rispetto a B1 con una frequenza pari a:   .
2

M si discosta così dall’asse z’ ( o dall’asse z ) in direzione dell’asse y’, di un angolo , indicato
più avanti anche con  (Fig.1.15).

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Fig.1.15: variazione della magnetizzazione risultante in un sistema nucleare sottoposto
 
all’azione di un campo magnetico B e di un campo magnetico ruotante B1 .


Se applichiamo il campo magnetico B1 per un tempo t p , abbiamo che l’angolo compiuto dalla

magnetizzazione è dato da:    B1 t p . Ciò significa che l’angolo di cui si sposta la magnetizzazione

 
M dalla sua posizione di equilibrio, in cui si trova in presenza del solo campo magnetico B , quando è
 
applicato anche il campo magnetico B1 è proporzionale alla durata dell’impulso che genera B1 . In
questa nuova situazione M xy ' è diverso da zero ed M z ' è minore di M 0 . Dopo la cessazione

dell’impulso, le componenti della magnetizzazione M tendono a tornare nella condizione iniziale, cioè

al loro valore di equilibrio in assenza di B1 (Fig.1.16). Variando il tempo di applicazione del campo
oscillante, si può indurre il vettore magnetizzazione a ruotare su un piano ortogonale alla direzione del
campo statico esterno (impulso a 90°), oppure lo si può costringere a portarsi in posizione antiparallela
al campo stesso (impulso a 180°).

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Fig.1.16: variazione della magnetizzazione risultante in un sistema nucleare sottoposto
 
all’azione di un campo magnetico B dopo la rimozione del campo magnetico B1

Il rapporto tra la magnetizzazione macroscopica ed i parametri T1 e T2 è espresso da due


equazioni fondamentali dovute a Bloch. Nella prima è definito il rapporto tra la componente
longitudinale ( M z ' ) e T1 ; nella seconda il rapporto tra la componente trasversale ( M xy ' ) e T2 :

  
t

M z ' M0 1  e T1 
 
 

  Tt 
M xy '  M 0  e 2 
 
 
L’andamento di M z ' e di M xy ' è riportato in Fig.1.17.

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Fig.1.17: andamento nel tempo secondo le equazioni di Bloch delle componenti longitudinale
(a) e trasversale (b) della magnetizzazione dopo una perturbazione magnetica.

La magnetizzazione trasversale, generata per effetto dell’irradiazione di eccitazione del sistema


di spin, decade dopo la cessazione dell’irradiazione: tecnologicamente è possibile, come vedremo,

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rilevare un segnale di RMN le cui caratteristiche di intensità e di progressiva attenuazione sono
funzione dei tre parametri densità dei nuclei ( cioè N 1 + N 2 ), tempo di rilassamento T1 e tempo di

rilassamento T2 . Il peso di ciascuno di questi dipende criticamente dalla “sequenza degli impulsi di

eccitazione”, la quale descrive la durata, il tipo degli impulsi e il tempo che intercorre fra un impulso ed
il successivo. A ciascuna sequenza corrisponde pertanto un differente gruppo di equazioni aventi come
incognite i tre parametri intrinseci. Ciò induce ad affermare che il segnale di RMN è intrinsecamente
multiparametrico, a differenza del segnale della TC a raggi X il quale dipende esclusivamente
dall’assorbimento dell’elemento di volume.
Per ottenere informazioni sui singoli parametri è necessario combinare più misure a RMN per
ottenere “informazioni di secondo livello”, o come si usa dire “ricostruite”, che siano funzione
esclusiva di uno dei tre parametri intrinseci. Ad esempio, si potranno ottenere i valori di T1 in un
determinato elemento di volume da un insieme di equazioni nelle quali saranno fatti variare i parametri
macchina “tempo di ripetizione” e “tempo di interpulso” nel contesto di sequenze di impulsi “Inversion
Recovery”, o i valori di T2 da un insieme di equazioni nelle quali saranno fatti variare i parametri
macchina “tempo di ripetizione” e “tempo di eco” nel contesto di sequenze di impulsi “Spin-Echo”. In
generale, tuttavia, l’intensità del segnale di risonanza aumenta all’aumentare della densità d, al
diminuire di T1 , all’aumentare di T2 . Nella seguente tabella (Tab.1.1) sono indicati i tempi di
rilassamento dei principali tessuti biologici.

T1 (ms) T2 (ms)
Muscolo scheletrico 600 47
Fegato 323 43
Rene 449 58
Milza 554 62
Grassi 215 84
Materia bianca 539 92
Materia grigia 656 101
Fluido cerebrospinale >4000 >2000
Polmone 600 79
Tab.1.1: tempi di rilassamento.

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