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Ottenuta questa matrice che definisce la cinematica possiamo analizzare come le forze
vengono distribuite dal nodo controllato ai nodi indipendenti. Per far questo assumiamo con
un’ipotesi che è frequente e che avete già visto con la lezione precedente ovvero che i
vincoli imposti alla simulazione di elementi finiti siano lisci e non cedevoli quindi abbiamo un
sistema conservativo a vincoli perfetti per cui può essere applicato il principio dei lavori
virtuali. Imponiamo che il lavoro virtuale applicato al centrine G sia uguale e opposto al
lavoro virtuale di tutti i nodi indipendenti dell’RBE3. Definiamo quindi la quantità di lavoro
virtuale al baricentro dWG come il prodotto scalare del vettore dello spostamento virtuale
infinitesimo dDelta-G trasposto per il vettore delle azioni applicate al centroide G quindi le
forze e i momenti così come le vedete qui espresse.
SLIDE 87-88
A questo punto il lavoro virtuale applicato al baricentro deve essere eguagliato al lavoro
virtuale dei nodi indipendenti, definiamo lo spostamento virtuale di tutti i nodi dipendenti
come Delta che un vettore che racchiude appunto gli spostamenti virtuali di tutti i nodi e il
vettore delle forze applicate ai nodi indipendenti che come abbiamo detto, dal momento che
abbiamo supposto le rotazioni dei nodi indipendenti ininfluenti sulla cinematica dell’RBE2
comprenderà soltanto componenti di forze applicate U1 in direzione X, V1 in direzione Y e
W1 in direzione Z per il nodo 1 e via discorrendo fino agli n nodi indipendenti dell’RBE3. A
questo punto definiamo la grandezza al lavoro virtuale dei nodi indipendenti e questo è
uguale al prodotto scalare di dDelta trasposto per le forze ai nodi indipendenti. Eguagliamo i
due lavori virtuali e inseriamo l'equazione che avevamo visto precedentemente all’inizio di
questa lezione e abbiamo imposto che dDeltaG sia uguale ad un'unica matrice LG per
dDelta, o meglio abbiamo imposto che lo spostamento dDeltaG fosse uguale ad una matrice
LG che è la composizione di tutti i contributi dei singoli nodi per la raccolta di tutti i gradi di
libertà in traslazione dei nodi indipendenti (dDelta), dal momento che la matrice LG è
indipendente dal tempo è possibile differenziare questa equazione ottenendo questa nuova
dicitura. Sostituendo dDeltaG all'interno dell'equazione del principio dei lavori virtuali e
avendo cura di trasporre dDeltaG ottenendo questa forma (seconda equazione in basso a
destra) andiamo ad inserire quindi dDeltaG trasposta nell'equazione ottenendo dDelta
trasposto per la forza ai nodi indipendenti che è uguale a meno dDelta trasposto per il
prodotto tra la matrice LG trasposta per il vettore delle forze FG (slide 88). Questa
equazione deve essere verificata per ogni spostamento virtuale dDelta e questo è vero se e
solo se le forze ai nodi indipendenti sono uguali a meno LG trasposto per FG. Possiamo
quindi dire che la stessa matrice dei coefficienti che a partire dallo spostamento dei nodi
indipendenti determina il modo del baricentro è in grado di restituirci le forze ai nodi
indipendenti a partire dalle forze sul centroide G. A questo punto potremmo dire che per l’i-
esimo nodo indipendente le tre componenti di forza Fi (Ui,Vi,Wi) sono uguali a meno LGPi
trasposto per il vettore delle forze applicate al baricentro FG. Questa dicitura è espansa in
questa relazione matriciale (in fondo alla slide) in cui ho semplicemente riportato la stessa
matrice che abbiamo visto all'inizio lezione con un meno posto anteriormente perché
otteniamo le forze Ui,Vi,Wi che equilibrano le forze applicate al baricentro.
SLIDE 89
In ultima analisi dobbiamo derivare le forze applicate al baricentro sulla base di quello che
noi applichiamo effettivamente in pratica al codice di calcolo agli elementi finiti e prendo
insomma un vincolo RBE3 le forze e i momenti sono applicati al nodo controllato C. A questo
punto schema osservando qui lo schema dove abbiamo posizionato il centroide G
genericamente nello spazio e il nodo C vedete che i due punti nello spazio sono collegati dal
vettore b, al nodo ci sono applicate le azioni FC e il momento MC, andremo a definire le
forze e i momenti applicati al baricentro con le due equazioni vettoriali che qui vi mostro. La
forza applicata al baricentro sarà uguale alla forza applicata al nodo controllato mentre il
momento sarà la somma del momento applicato al nodo controllato più il momento di
trasporto che è dato dal prodotto tra la forza applicata al centroide per il braccio. Queste
equazioni vettoriali possono essere poi condensate in un sistema matriciale in cui la matrice
dei coefficienti non è altro che la matrice ottenuta dalle equazioni della cinematica del corpo
rigido trasposta (come si vede nella prima equazione a destra). Andando quindi a sostituire
questa notazione FG nell'equazione precedentemente ricavata otteniamo che la forza
ripartita al i-esimo nodo è uguale al prodotto tra gli elementi dell’equazione in fondo a destra.
Questa matrice dei coefficienti non è altro che un blocco della matrice LRBE2 che abbiamo
definito precedentemente. CONTROLLA SEMPRE SE SI RIFERISCE CORRETTAMENTE A
RBE2 O RBE3 O SE SI RIFERISCE ALL’ALTRO!!!!
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Chiudiamo la trattazione sulla statica dell’RBE3 e avevamo supposto che il sistema centrato
nel centroide G con assi paralleli agli assi coordinati fosse principale per la distribuzione dei
pesi e dei coefficienti qi. Questo non è vero in generale e dipende naturalmente da come i
punti sono posizionati nello spazio e da quale peso questi hanno ma è sempre possibile
individuare un sistema alternativo X*,Y*,Z* così come lo vedete mostrato in figura principale
per la distribuzione dei pesi, a quel punto si potranno definire i valori di Delta-xi Delta-yi e
Delta-zi in questo nuovo sistema ruotato, ottenere la matrice e LRBE2 in un sistema
principale e poi ruotarla con una o più matrici di rotazione inversa per riportarsi al caso di
sistema Gxyz così come vi ho proposto.
SLIDE 92
Terminata la trattazione sulla statica mostro un esercizio come può capitare insomma nella
prova d'esame finale: in cui è richiesto è stato dato un vincolo e RBE3 e la posizione del
nodo controllato e la posizione dei nodi indipendenti è dato quindi poi un caricamento al
nodo controllato di individuare le forze nelle tre componenti applicate ai nodi indipendenti,
quindi ripartire la forza C sui 4 nodi indipendenti. Per risolvere l'esercizio è necessario per
prima cosa individuare la posizione del centroide G dell’RBE3, definire a partire dalle azioni
calcolate sul nodo C le forze e i momenti al centroide poi ripartire queste forze sui 4 nodi
indipendenti. Allora per svolgere questo esercizio osserviamo per prima cosa che il peso e il
coefficiente applicato a ciascun nodo è lo stesso, in questi casi, poi le prove numeriche ci
potranno dare ragione, non ha assolutamente importanza il valore del peso potrebbe essere
3 potrebbe essere 1 o 50 il valore del peso associato ai nodi non influisce in generale può
essere sempre normalizzato dividendo tutti i paesi per un coefficiente per noi arbitrario.
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A questo punto individuiamo col disegno quotato la posizione del nodo C e della forza
rispetto poi al centroide G e vediamo che essendo i pesi tutti uguali per tutti i nodi il
centroide dell’RBE3 si troverà alla stessa distanza da tutti i nodi e quindi si troverà
sull'intersezione delle due diagonali di questo quadrato. Per quanto riguarda le forze
applicate al centroide abbiamo un'unica forza W applicata a C quindi l'unica forza non nulla
al baricentro è una forza che vale -20N. Per quanto riguarda invece il momento abbiamo un
unico momento Y al baricentro che sarà dato dalla equazione espressa in slide di MyG.
Otteniamo -800 Nmm di momento sul centroide. Possiamo quindi comporre il vettore FG
come l'abbiamo mostrato nella trattazione analitica. A questo punto individueremo
separatamente la ripartizione della forza WG sui 4 nodi e la ripartizione del momento MyG
sugli stessi nodi e andremo poi a sommare i contributi ottenuti.
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Per quanto riguarda la ripartizione della forza vediamo che questa è banale dal momento
che i coefficienti sono uguali per tutti la somma degli n contributi di forze ai 4 nodi sarà
uguale al totale P e dobbiamo tener conto che dal momento che i pesi sono gli stessi i
moduli delle 4 forze saranno gli stessi naturalmente ripartiamo P in quattro forse uguali a P/4
Per quanto invece riguarda il momento teniamo conto che, avendo epurato della
componente di forza, le sole forze che generano un momento saranno sempre ortogonali al
braccio che congiunge il nodo i-esimo al centroide G. Avremo quindi quattro forze Q
ortogonali alle diagonali che congiungono G a ciascun vertice del quadrato tali che la
somma di questi quattro forze Q moltiplicate per il braccio sia uguale al momento My.
Otteniamo Q dall’equilibraio dei momenti attorno a G, quindi Q=10*rad(2)N.
SLIDE 95
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rispetto al nodo 1 lungo l'asse Y e distante da questo una quota b e vi si richiede di ripartire
il carico P sui vari nodi.
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Osserviamo adesso le forze ripartite dai due RBE e nel caso dell'immagine superiore vedete
le forze distribuite dall’RBE2 e vedete come i nodi più vicini al vincolo esterno quindi ai nodi
vincolati cioè assorbono più carico in quanto la struttura in quei punti è più rigida dal
momento che il sistema ha meno materiale deformabile a separare i nodi perimetrali al
vincolo. Per quanto invece riguarda l’RBE3 vedete come la ripartizione delle forze è
assolutamente equa e non ci sono assolutamente difformità nelle forze verticali tra i nodi
indipendenti. Quindi vedete questo comportamento duale tra la ripartizione delle forze e la
deformata: per quanto riguarda l’RBE2 abbiamo stessa deformata ma ripartizione non
uniforme del carico; per quanto riguarda l’RBE3 abbiamo una deformazione e uno
spostamento lungo Z non uniforme lungo i nodi controllati ma una perfetta ripartizione del
carico.
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Vediamo ora due applicazioni ulteriori vincoli RBE2 ed RBE3. Vediamo tutte le applicazioni
dei veicoli RBE2 ed RBE3, applicazioni che ci servono per sottolineare ancora una volta
come questi strumenti siano versatili durante la modellazione ma anche per presentare
alcuni problemi che potrebbero che capitano molto spesso durante la modellazione agli
elementi finiti. Vedremo 2 casi: il primo caso è il profilato a torsione in parete sottile con
sezione aperta che avete già visto e vedremo diciamo una piccola problematica che potreste
aver notato e una possibile risoluzione tramite l'utilizzo dell’RBE2; vedremo in fondo una
applicazione dell’RBE3 ad un telaio modellato agli elementi finiti che simula il telaio di
un'auto di tipo formula SAE. Quindi partiamo dalla prima applicazione ed esponiamo prima il
problema più generale. Una tipologia di problemi molto specifica è quella dei casi in cui il
sistema caricato e modellato è auto equilibrato, pensiamo per esempio ad una trave
soggetta a flessione pura e sappiamo che essa è determinata dal punto di vista delle
deformazioni e delle tensioni indipendentemente dal vincolamento. Questo significa che se
dobbiamo fare un calcolo a mano di calcoli analitici non abbiamo bisogno di imporre la
posizione di cerniera e carrello per questo caso specifico ma sappiamo che se dobbiamo
modellare un sistema di questo tipo in un codice agli elementi finiti non possiamo lasciare
una trave di questo tipo (prima immagine) non vincolata perché il sistema risulterebbe non
invertibile perché labile. Siamo costretti allora ad inserire dei vincoli di posizionamento che
sono dei vincoli che per loro natura non comportano reazioni vincolari, vuol dire che non
possono reagire e non devono reagire altrimenti andrebbe a perturbare la soluzione in
termini di deformazioni e di tensioni. Quindi potremmo scegliere diverse configurazioni in
questi vincoli di posizionamento e quello che otterremmo è lo stesso tipo di configurazione
deformata ma ci rendiamo conto che il posizionamento ha un effetto in termini di
spostamenti. Gli spostamenti che vengono calcolati sono diversi perché ci sono delle
rotazioni rigide che differenziano i vari tipi di vincolamemnto.
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Arriviamo dunque all'applicazione del profilato in parete sottile sezione aperta che è caricato
torsionalmente. Faremo diversi casi per questo tipo di struttura, in particolare vedremo tre
casi: vedremo un caso in cui l'apertura di questa sezione ha un’altezza finita quindi piccola
ma non è nulla; vediamo poi un caso in cui l'altezza di questa sezione è portata a 0 e poi un
terzo caso in cui applicheremo l’RBE2 per risolvere il problema che ora provo a spiegare.
Carichiamo il profilato a torsione quindi dobbiamo caricare il profilato a torsione pura e
vogliamo poi calcolare una differenza di spostamento in direzione assiale quindi in direzione
Z fra una faccia e l'altra di questa apertura denominata crac della sezione.
SLIDE 107
Come facciamo a caricare la nostra struttura vogliamo ottenere torsioni pure e per ottenere
torsione pure dobbiamo lasciare liberi i moti di tipo warping cioè l’ingobbamento della
sezione. Uniamo alla faccia Z minore un vincolo antisimmetrico che naturalmente lascia
liberi i moti di ingobbamento e poniamo un RBE2 nella faccia opposta nel quale alcuni gradi
di libertà sono stati deselezionati cioè sono stati eliminati per mettere ai nodi controllati che
sono in questo caso i nodi nella sezione di poter muoversi liberamente con moti di tipo
warping e al nodo di controllo centrato dell’RBE2 andiamo ad applicare una rotazione
rispetto all'asse Z, una rotazione rZ.
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Se però andiamo a campionare gli spostamenti relativi fra il nodo denominato mid-up e il
nodo denominato mid-down della sezione di interfaccia quindi alla crack, all’apertura, nel
lato centrato dell'apertura ci rendiamo conto che i tre casi non comportano gli stessi
spostamenti, in particolare caso 3 presenta uno spostamento che è leggermente diverso da
quello campionato nei casi 1 e 2. Si parla di differenze infinitesime ma potrebbe sorgere un
dubbio che ho sbagliato qualcosa. Sappiamo di non aver sbagliato nulla perché
tensionamlmente abbiamo sempre gli stessi risultati.
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Per spiegare questo tipo di problema che è sorto possiamo utilizzare un modello simile ma
ingigantisce diciamo la differenza fra la distanza tra l'apertura di questa sezione aperta.
Quindi carichiamo come nel caso 3 una sezione aperta cilindrica, quindi RBE2 con warping
libero su una sezione, rotazione rispetto all'asse Z applicata al nodo di controllo RBE2 e la
sezione opposta andiamo ad applicare tre vincoli di posizionamento in direzione Z quindi
tZ=0 in tre nodi diversi. Essendo vincoli di posizionamento abbiamo libertà su dove
posizionarli l'importante è che non coincidono quindi quelli denominati model 1 e model 2
che rappresentano due soluzioni ugualmente valide dello stesso problema.
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Se andassimo a porre uguale a 0 la distanza tra la faccia superiore e la faccia inferiore della
crack mantenendo la sezione aperta e andassimo a campionare tutti e tre i casi visti prima
tra nodo superiore e quello inferiore ci renderemmo conto che in questo caso il Delta Z è
uguale in tutti e tre i casi. Questo avviene perché i nodi inferiore e superiore erano
coincidenti nella configurazione indeformata quindi la configurazione deformata non ha il
problema di una rotazione rigida rispetto alla situazione iniziale.
SLIDE 115-116
Questo ti suggerisce un tipo di soluzione per il problema iniziale, cioè invece di campionare
gli spostamenti nei nodi iniziali, quelli superiori inferiore dell'apertura della sezione andiamo
ad aggiungere due ulteriori nodi che sono coincidenti ma non vengono swippati in
corrispondenza di un piano di simmetria della sezione. Avremo dunque un nodo che è
controllato tramite un RBE2 dal nodo superiore e un ulteriore nodo coincidente con il primo
ma non è lo stesso nodo controllato con un secondo RBE2 da un nodo inferiore della
sezione. Dobbiamo immaginare questi due RBE2 come lancette appunto denominate
indicator nel senso di comparatori che annullano la distanza dai nodi in cui vogliamo
campionare uno spostamento.
SLIDE 117
Ecco che quando andiamo a campionare lo spostamento in questi due nodi ci rendiamo
conto che lo spostamento relativo fra i due nodi che vedete in questo ingrandimento risulta
uguale a quello dei casi precedenti nonostante in questo caso l'altezza dell'apertura della
sezione fosse non infinitesima, non nulla.
SLIDE 118-119
SLIDE 121
SLIDE 122
Abbiamo già visto una possibile rappresentazione di questi telai tramite delle travi a
flessione equivalenti. Quello che vogliamo andare a fare è costruire una trave equivalente
che ci permetta di semplificare lo spostamento in direzione fuori piano rispetto alla
lunghezza del telaio e caricato a flessione.
SLIDE 123
Per fare questo costruiamo degli elementi trave che percorrono la lunghezza dell'intero
telaio ai quali viene assegnato un materiale di tipo fuffa nel senso che andiamo a mettere il
modulo di Young assolutamente di diversi ordini di grandezza inferiore rispetto al telaio vero
in modo tale che non possa influenzare la risposta deformativa del telaio originale.
Questi elementi trave costituiscono una trave equivalente e per collegare il telaio alla trave
equivalente utilizziamo dei vincoli RBE3 che permettono di campionare degli spostamenti
medi senza irrigidire la struttura dei nodi di controllo, quindi dei nodi dipendenti. In questo
caso i nodi indipendenti appartengono al telaio quindi il telaio non viene irrigidito. Ciascuna
sezione della quale decidiamo di campionare gli spostamenti andiamo ad applicare un
RBE3 e il nodo controllato dell’RBE3 sarà il nodo della trave equivalente.
SLIDE 124-125
Andiamo ad applicare delle forze concentrate in punti di attacco sedili del telaio svolta la
simulazione quello che vediamo è una linea elastica equivalente dell'intera struttura che
possiamo campionare in un grafico escludendo le parti di trave che sono oltre gli appoggi ci
permettono di calcolare una trave equivalente del nostro telaio dal punto di vista flessionale.
Quindi l'impiego di questi sistemi cinematici sono utili al fine dell’applicazione o del
campionamento di forze e o spostamenti e ci consente quindi di andare a rappresentare in
modo semplificato l'interazione di un sistema con dei sistemi connessi come giunzioni
saldate piuttosto che collegamenti filettati o rivettature e ci consenta d'altro canto di andare a
distribuire forze e momenti sulla struttura senza andarne ad influenzare in modo significativo
la risposta soprattutto in termini deformativi. L'applicazione dei vincoli di posizionamento è
necessario ai fini della risoluzione di un problema agli elementi finiti pena il fatto che
altrimenti la struttura e il problema matriciale risulta essere singolare quindi è imprescindibile
la ricerca e la rimozione dei gradi di libertà propri di un corpo nello spazio ma a fronte
dell'applicazione sapiente di tali vincoli bisogna accertarsi che la lettura del campo degli
spostamenti e conseguentemente delle deformazioni e delle tensioni ad esso associate non
sia influenzata o in quale misura viene influenzata da eventuali gradi di libertà di
deformazione che comunque permangono.