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Appunti di Apparati Elettrici; capitolo 3. A. a. 2020-2021. Versione preliminare.

FORZE E COPPIE

Alcune delle macchine elettriche che andremo a studiare operano una conversione da energia elettrica a
energia meccanica e viceversa. Nel primo caso la macchina funziona da motore, nel secondo da
generatore. In linea di principio ogni macchina elettrica è reversibile, cioè può funzionare sia da motore
che da generatore.
In una macchina elettrica possiamo individuare le seguenti forme di energia:
a) Energia elettrica scambiata con una rete elettrica esterna;
b) Energia meccanica (lavoro) scambiata con dispositivi meccanici esterni;
c) Energia immagazzinata nei campi elettrici e magnetici (nei dispositivi che prenderemo in esame
l’energia immagazzinata nei campi elettrici è trascurabile);
d) Energia immagazzinata meccanicamente (energia cinetica di parti interne in movimento e/o
energia potenziale (per esempio associata a deformazioni di corpi elastici; es. molle));
e) Energia termica derivante da fenomeni dissipativi

Energia (elettro) magnetica;

Energia Energia cinetica e/o Energia


elettrica potenziale; meccanica
Energia termica;

Fig. 1 Forme di energia presenti in un convertitore elettromeccanico

L’energia meccanica (lavoro) scambiata con i dispositivi esterni può essere scritta come prodotto forza-
spostamento lineare, o come prodotto coppia-spostamento angolare. Se consideriamo invece la derivata
di questa energia sappiamo che può essere scritta come prodotto forza-velocità lineare o come prodotto
coppia-velocità angolare.
Per la determinazione delle forze e delle coppie nelle macchine elettriche si possono utilizzare differenti
metodi; fra questi l’approccio basato sulla valutazione della forza di Lorentz, l’approccio energetico e
quello basato sul tensore degli sforzi di Maxwell (che non tratteremo).

Forza di Lorentz

La legge di Lorentz può essere vista come un’estensione della legge di Coulomb al caso più generale di
una carica puntiforme in movimento in una regione in cui è presente un campo di induzione magnetica.

𝐹⃗ = q(𝐸⃗⃗ + 𝑣⃗ × 𝐵
⃗⃗) [N] forza di Lorentz

dove: 𝑞𝐸⃗⃗ = forza sulla carica q dovuta al campo elettrico


𝑞𝑣⃗ × 𝐵 ⃗⃗ = forza sulla carica q in moto in presenza di campo magnetico
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Nel caso di una distribuzione continua di carica si definisce una distribuzione di densità di forza di
Lorentz:
𝑓⃗ = ⍴(𝐸⃗⃗ + 𝑣⃗ × 𝐵
⃗⃗) [𝑁⁄𝑚3 ] densità di forza

dove: ⍴𝑣⃗ = 𝐽⃗ densità di corrente, con ⍴ ad indicare la carica libera presente. Il sistema può non avere
una carica netta, ma può essere comunque presente un flusso di cariche (cioè una corrente). Basta
considerare un conduttore elettricamente neutro in cui la densità delle cariche libere è pari alla densità
delle cariche del reticolo; in questo caso se le cariche libere si muovono con velocità 𝑣⃗, è presente una
corrente ma non una carica netta. In generale quindi la densità di carica netta e la densità di carica che
definisce il vettore densità di corrente sono diverse, per cui la densità di forza di Lorentz può essere scritta
come:
𝑓⃗ = σ𝐸⃗⃗ + ⍴𝑣⃗ × 𝐵
⃗⃗ = σ𝐸⃗⃗ + 𝐽 × 𝐵
⃗⃗ [𝑁⁄𝑚3 ]
Nelle macchine elettriche abbiamo che 𝐽⃗ × 𝐵 ⃗⃗ >> σ𝐸⃗⃗ quindi quest’ultimo termine si potrà trascurare
nell’espressione della densità di forza, che sarà: 𝑓⃗ = 𝐽⃗ × 𝐵
⃗⃗. La valutazione delle forze e delle coppie
mediante la legge di Lorentz è di carattere generale, a condizione di valutare tutte le possibili cariche e
correnti presenti nel sistema. Quindi in caso di presenza di materiali dielettrici (𝜀𝑟 ≠ 1) occorre valutare
le distribuzione delle cariche di polarizzazione, mentre in presenza di materiali magnetici (𝜇𝑟 ≠ 1) e/o di
magneti permanenti vanno considerate le correnti equivalenti di magnetizzazione. Nell’ipotesi già
introdotta di potere trascurare il termine di campo elettrico la forza di Lorentz va generalizzata nella
forma:
𝑓⃗ = (𝐽⃗𝑐𝑜𝑛𝑑 + 𝐽⃗𝑚𝑎𝑔𝑛 ) × 𝐵
⃗⃗ [𝑁⁄𝑚3 ]

dove 𝐽⃗𝑐𝑜𝑛𝑑 indica la densità di correnti di conduzione e 𝐽⃗𝑚𝑎𝑔𝑛 la densità delle correnti equivalenti di
magnetizzazione.
L’applicazione pratica di questa espressione spesso risulta essere poco agevole (in particolar modo per la
determinazione delle correnti di magnetizzazione), sebbene sia in grado di fornire la distribuzione
puntuale delle forze. Si ricorre spesso ad un approccio basato sul teorema dei lavori virtuali.

Forze e bilancio energetico

Quando non è richiesta la conoscenza della distribuzione puntuale delle forze in una macchina elettriche
si adotta un differente approccio basato sul principio di conservazione dell’energia. Si assumono se
seguenti ipotesi rispetto al modello in fig. 1.

SISTEMA DI Grandezze
Grandezze
elettriche ACCUMULO meccaniche
e,i MAGNETICO f, x

Fig. 2. Convertitore elettromeccanico conservativo


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Facendo riferimento alle fig. 2, il dispositivo viene schematizzato come un sistema caratterizzato da due
porte: una porta caratterizzata da grandezze elettriche (tensioni e correnti), l’altra caratterizzata da
grandezze meccaniche (forze e spostamenti). Si ipotizza che il sistema sia privo di perdite, quindi:
● conduttori ideali (R=0);
● assenza di fenomeni di isteresi magnetica;
● assenza di correnti vorticose nel ferro;
● energia immagazzinata dei campi elettrici trascurabile
● assenza di perdite nei dielettrici
● energia meccanica trascurabile
● assenza di attrito meccanico;

Energia Magnetica

Si ipotizza quindi che il sistema sia conservativo ed in grado di immagazzinare energia esclusivamente
sotto forma di energia associata ai campi magnetici.
Sotto queste ipotesi, il principio di conservazione dell’energia per il sistema così ottenuto assume la
forma:
e ∙ i dt = d𝑊𝑓 + f dx

in cui il termine a sinistra rappresenta l’energia elettrica entrante nell’intervallo dt (si ipotizza la
presenza di una sola coppia di terminali), e quello a destra è la somma dell’energia immagazzinata
all’interno del dispositivo e dell’energia uscente dalla porta meccanica nello stesso intervallo di
tempo (nell’ipotesi che la macchina sia in grado di produrre lavoro meccanico esprimibile come
prodotto di una forza, caratterizzata da un’unica componente, per uno spostamento). Se tale
termine è positivo la macchina converte energia elettrica in meccanica. (Se si tratta di una
conversione da meccanica a elettrica, come accade nei generatori elettrici spesso l’equazione si
scrive nella forma: f dx = d𝑊𝑓 + e ∙ i dt )

dividendo membro a membro per 𝑑𝑡


𝑑𝑊𝑓 𝑑𝑥
𝑒∙𝑖 = + 𝑓
𝑑𝑡 𝑑𝑡
(potenza elettrica entrante=variazione dell’energia immagazzinata nei campi magnetici +
lavoro compiuto dalla macchina per unità di tempo)
Riconsiderando l’equazione precedente, se, come ipotizzato, non ci sono perdite per effetto Joule e l’unico
agente in grado di immagazzinare energia è il campo magnetico, si ha che la caduta di tensione ai morsetti
𝑑𝜆
della porta elettrica è dovuta solo alla variazione di flusso magnetico 𝜆 concatenato, ovvero 𝑒 = 𝑑𝑡
.
Sostituendo abbiamo:
𝑖𝑑𝜆 = 𝑑𝑊𝑓 + 𝑓𝑑𝑥

𝑑𝑊𝑓 = 𝑖𝑑𝜆 − 𝑓𝑑𝑥

Poiché il sistema magnetico è senza perdite, sarà conservativo e quindi:


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● 𝑊𝑓 è una funzione di stato

● x e λ, che entrano nella definizione del differenziale di 𝑊𝑓 , cioè le grandezze indipendenti di cui
𝑊𝑓 è funzione, sono variabili di stato.

E’ noto che, per sistemi conservativi, il valore che le funzioni di stato (come la 𝑊𝑓 ) assumono in
corrispondenza di una data configurazione (stato) dipendono dal valore delle variabili di stato
corrispondenti a quella configurazione, e NON dipendono dalla sequenza di stati che ha portato a quella
configurazione. Possiamo quindi ipotizzare uno stato iniziale del tutto arbitrario, così come le sequenza
di stati che conduce alla configurazione finale.
Integrando dallo stato iniziale (0,0) a quello finale (𝜆0 , 𝑥0 ) il valore di 𝑊𝑓 dipenderà solo dalle condizioni
finali. Possiamo scegliere il percorso di integrazione in modo che partendo da (0, 0) si giunga a (0, 𝑥0 )
mantenendo identicamente nullo il flusso concatenato, e poi da (0, 𝑥0 ) si giunge alo stato finale (𝜆0 , 𝑥0 )
variando il flusso e mantenendo costante lo spostamento al valore 𝑥0 .
𝑥0 𝜆0

𝑊(𝜆0 , 𝑥0 ) = ∫ 𝑑𝑊|𝜆=0 + ∫ 𝑑𝑊|𝑥=𝑥0


0 0

Il primo integrale è nullo perché se 𝜆 = 0 non c’è energia magnetica, ovvero in assenza di campi
magnetici anche se vengono effettuati spostamenti non c’è variazione di energia immagazzinata e non
sono presenti neanche forze magnetiche; se poi manteniamo costante lo spostamento 𝑥 = 𝑥0 , la
variazione corrispondente dW si riduce al solo termine 𝑖𝑑𝜆 essendo nullo il contributo di 𝑓𝑑𝑥.
Avremo quindi:
𝜆0
𝑊 = ∫ 𝑖(𝜆, 𝑥0 )𝑑𝜆
0

Possiamo quindi valutare l’energia magnetica che compete alla configurazione (𝜆0 , 𝑥0 ) calcolando
l’integrale precedente (con i flussi che vanno dal valore 0 a 𝜆0 ) valutandolo in corrispondenza della
configurazione geometrica caratterizzata da 𝑥 = 𝑥0 .
Se il sistema è lineare (cioè costituito da materiali caratterizzati da relazioni costitutive lineari) vale la
seguente relazione tra flusso e corrente: 𝜆 = 𝐿(𝑥0 ) ∙ 𝑖. Sostituendo si ha:
𝜆0
𝜆 1 𝜆20 1
𝑊=∫ 𝑑𝜆 = = 𝐿(𝑥0 )𝑖02
0 𝐿(𝑥0 ) 2 𝐿(𝑥0 ) 2

L’energia magnetica può anche essere espressa a partire dalla distribuzione dei campi:
𝐵
⃗⃗ (𝐵
𝑊 = ∫(∫ 𝐻 ⃗⃗) ∙ 𝑑𝐵
⃗⃗) 𝑑𝑉
0
𝑣

⃗⃗ = 𝜇𝐻
Che nel caso di materiali lineari (𝐵 ⃗⃗ ) diventa:

𝐵2
𝑊=∫ 𝑑𝑉
2𝜇
𝑣

Osserviamo esplicitamente che la relazione 𝐻 ⃗⃗ (𝐵


⃗⃗) non può essere di tipo isteretico in quanto abbiamo
escluso la presenza di materiali dissipativi.
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Essendo W funzione di stato, il suo differenziale totale è:


𝜕𝑊 𝜕𝑊
𝑑𝑊(𝜆, 𝑥) = | 𝑑𝜆 + | 𝑑𝑥
𝜕𝜆 𝑥 𝜕𝑥 𝜆
Allora confrontando le due espressioni del differenziale dell’energia (quella appena scritta con la 𝑑𝑊𝑓 =
𝑖𝑑𝜆 – 𝑓𝑑𝑥) otteniamo:
𝜕𝑊 𝜕𝑊
𝑖= 𝑓=−
𝜕𝜆 𝑥 𝜕𝑥 𝜆
La forza si può ottenere quindi dalla derivata (cambiata di segno) dell’energia magnetica rispetto allo
spostamento, valutata mantenendo il flusso costante.
Sostituendo l’espressione di W in termini dei flussi per i sistemi lineari:

1 𝜆2
𝜕 (2 ) 𝜆2 𝜕𝐿(𝑥)
𝐿(𝑥)
𝑓=− = 2
𝜕𝑥 𝜆 2𝐿 (𝑥) 𝜕𝑥
abbiamo ottenuto la forza in funzione del flusso λ e in corrispondenza alla posizione x.
Per ottenere la forza f in funzione della corrente, sostituiamo la λ = L(x) ∙ i
1 𝑑𝐿(𝑥)
𝑓 = 𝑖2
2 𝑑𝑥

Per sistemi per il quali il movimento consiste in una rotazione attorno ad un asse, al posto della forza
occorrerà considerare una coppia; :
𝑑𝑊 = 𝑖𝑑𝜆 − 𝑇𝑑𝜃
dove l’espressione della coppia T è ottenuta mantenendo λ costante in questo modo:

𝜕𝑊(𝜆, 𝜃) 1 𝜆2
𝑇=− 𝑊=
𝜕𝜃 𝜆 2 𝐿(𝜃)
1 𝜆2
𝜕 (2 ) 1 𝜆2 𝑑𝐿(𝜃) 1 2 𝑑𝐿(𝜃)
𝐿(𝜃)
⇒ 𝑇=− = 2 = 𝑖
𝜕𝜃 𝜆 2 𝐿 (𝜃) 𝑑𝜃 2 𝑑𝜃

Coenergia

Per il calcolo di forze e coppie risulta più conveniente usare un’altra funzione di stato: la coenergia. In
questo modo si otterrà una funzione di stato delle correnti (mentre l’energia, come abbiamo visto
precedentemente, presenta dipendenza dai flussi).
La coenergia è definita dalla relazione:
W’ = iλ − W
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Dove λ rappresenta sempre il flusso concatenato con l’avvolgimento in cui scorre la corrente definita
sulla porta elettrica del sistema in fig. 2 e quindi λ = λ(i, x)
La coenergia è anch’essa funzione di stato essendo combinazione lineare di funzioni di stato; infatti il
prodotto 𝑖𝜆 all’istante t dipende banalmente solo dal valore dei fattori allo stesso istante e non dipende
dai valori ottenuti in precedenza dagli stessi.
Si può quindi scrivere:
𝑑𝑊 ′ = 𝑑(𝜆𝑖) − 𝑑𝑊 = 𝑖 𝑑𝜆 + 𝜆 𝑑𝑖 − (𝑖 𝑑𝜆 − 𝑓 𝑑𝑥) = 𝜆 𝑑𝑖 + 𝑓 𝑑𝑥

Analizzando l’espressione del differenziale della coenergia si deduce che la coenergia è funzione della
corrente (sulla porta elettrica) e dello spostamento (sulla porta meccanica).
Il flusso concatenato λ e la forza f sono dati dalle derivate parziali:
𝜕𝑊 ′
𝜆=
𝜕𝑖 𝑥
𝜕𝑊′
𝑓=
𝜕𝑥 𝑖

Analogamente a quanto fatto per l’energia, per determinare la forma della coenergia possiamo integrare
il differenziale da una configurazione iniziale arbitraria (0,0) alla configurazione caratterizzata dallo stato
(𝑖0 , 𝑥0 ). Integriamo partendo da (0, 0) fino a (0, 𝑥0 ) mantenendo identicamente nulla la corrente, e poi da
(0, 𝑥0 ) si giunge alo stato finale (𝑖0 , 𝑥0 ) variando la corrente e mantenendo costante lo spostamento al
valore 𝑥0 .
𝑥0 𝑖0
𝑊′(𝑖0 , 𝑥0 ) = ∫ 𝑑𝑊′(𝑖, 𝑥) 𝑖=0 + ∫ 𝑑𝑊′(𝑖, 𝑥0 ) 𝑥=𝑥
0
0 0

Il primo integrale è nullo, mentre il secondo integrando si riduce a λdi, essendo x costante:
𝑖0
𝑊′(𝑖, 𝑥) = ∫ 𝜆(𝑖, 𝑥𝑜 )𝑑𝑖
0
Se il sistema magnetico è lineare, ovvero 𝜆 = 𝐿(𝑥)𝑖, si ottiene,
1
𝑊 ′ = 𝐿(𝑥)𝑖 2
2
e quindi l’espressione della forza è:
𝜕𝑊′ 1 𝑑𝐿(𝑥)
𝑓= | = 𝑖2
𝜕𝑥 𝑖 2 𝑑𝑥
Nel caso di dispositivi soggetti a moto rotatorio le forze saranno sostituite dalle coppie T, e gli spostamenti
dagli angoli di rotazione θ.
𝜕𝑊′(𝜆, 𝜃)
𝑇=
𝜕𝜃 𝑖

La coenergia può anche essere espressa a partire dalla distribuzione dei campi:
𝐻
⃗⃗(𝐻
𝑊′ = ∫(∫ 𝐵 ⃗⃗ ) ∙ 𝑑𝐻
⃗⃗ ) 𝑑𝑉
0
𝑣
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RIASSUMENDO:

ENERGIA MAGNETICA: COENERGIA MAGNETICA:


SISTEMI LINEARI: ● SISTEMI LINEARI:
1 𝜆20 1
𝑊= 𝑊 ′ = 𝐿(𝑥0 )𝑖02
2 𝐿(𝑥0 ) 2
𝐵2 𝜇𝐻 2
𝑊=∫ 𝑑𝑉 𝑊′ = ∫( ) 𝑑𝑉
2𝜇 2
𝑣
𝑣

● ESPRESSIONI GENERALI: ● ESPRESSIONI GENERALI:


𝑖0
𝜆0
𝑊 = ∫ 𝑖(𝜆, 𝑥0 )𝑑𝜆 𝑊 ′ = ∫ 𝜆(𝑖, 𝑥0 )𝑑𝑖
0
0
𝐻
𝐵
𝑊 = ∫(∫ 𝐻 𝑑𝐵) 𝑑𝑉 𝑊′ = ∫(∫ 𝐵 𝑑𝐻 ) 𝑑𝑉
0
0 𝑣
𝑣

Nei materiali lineari energia e coenergia coincidono. Per rendersene conto basta considerare le espressioni
di energia e coenergia date dagli integrali.
Cominciamo con quelle in termini dei campi B e H. In un sistema assegnato la densità di energia (energia
per unità di volume) è data da:
𝐵
𝑤 = ∫ 𝐻 𝑑𝐵
0

Si tratta dell’area compresa fra la curva B-H e l’asse delle ordinate.


La densità di coenergia è:
𝐻
𝑤 ′ = ∫ 𝐵 𝑑𝐻
0

ed è l’area compresa fra la curva B-H e l’asse delle ascisse.

B
B
Densità di energia:
𝐵
𝑤 = ‫׬‬0 𝐻 𝑑𝐵 Densità di energia

Bo
Bo

Densità di coenergia: Densità di coenergia


𝐻
𝑤 ′ = ‫׬‬0 𝐵 𝑑𝐻

Ho HH Ho H
Fig. 3a. Densità di energia in sistemi lineari. Fig. 3b Densità di coenergia in sistemi non lineari.
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Nel caso di materiali lineari, la curva B-H è una retta (fig. 3a) quindi si riconosce l’uguaglianza fra
l’energia e la coenergia. Nel caso di materiali non lineari tale uguaglianza non sussiste (fig. 3b).
Allo stesso risultato si giunge analizzando le espressioni di energia e coenergia in termini della relazione
costitutiva flusso-corrente 𝜆 − 𝑖 e rappresentate graficamente nelle figure 4a e 4b.

λ
λ Energia:
𝜆0 Energia
𝑊 = ∫ 𝑖(𝜆, 𝑥0 )𝑑𝜆
0

λ0
λo

Coenergia:
𝑖0 Coenergia
𝑊 ′ = ∫ 𝜆(𝑖, 𝑥0 )𝑑𝑖
0

i0 i io i
Fig. 4a. Energia in sistemi lineari. Fig. 4b Coenergia in sistemi non lineari.

Per uno stesso dispositivo le forze calcolate in corrispondenza della stessa configurazione mediante
derivazione dell’energia e della coenergia dovranno essere uguali. Nel caso di dispositivi lineari ciò è
un’ovvia conseguenza dell’uguaglianza di energia e coenergia. Il caso di sistemi caratterizzati dalla
presenza di materiali nonlineari (per i quali W ≠ W’) richiede qualche considerazione aggiuntiva.
Con riferimento alla fig. 5, rappresentiamo su un diagramma i-λ le due curve corrispondenti allo stato
iniziale caratterizzato da uno spostamento pari a x (curva 1), e a quello finale caratterizzato dallo
spostamento x+dx (curva 2). La forza si valuta a partire dall’energia calcolandone la derivata mantenendo
costante il flusso; si cambia cioè configurazione variando lo spostamento x e mantenendo il flusso λ
costante (si avrà in corrispondenza una variazione della corrente). Si passa dal punto di lavoro A (che si
trova sulla prima curva), al punto B (sulla seconda curva).

Variazione 2
energia
C 1
Δλ B
A

Variazione
coenergia

i
Δi

Fig. 5. Variazioni di energia e coenergia nello stesso sistema.


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L’area tratteggiata in rosso rappresenta la variazione di energia tra i due stati; la forza calcolata mediante
l’energia è data da:
𝜕𝑊
𝑓=− |
𝜕𝑥 𝜆
Se calcoliamo la forza utilizzando la variazione di coenergia invece passiamo dal punto A al punto C,
facendo variare x mantenendo costante la corrente (λ potrà variare). L’area indicata in figura tratteggiata
in blu rappresenta la variazione di coenergia, quindi la forza calcolata è:
𝜕𝑊′
𝑓=
𝜕𝑥 𝑖

Dalla figura 5 si osserva che le aree rossa e blu (rispettivamente la variazione di energia a flusso costante
e la variazione di coenergia a corrente costante corrispondenti allo stesso spostamento dx) differiscono
1
per la sola area del triangolo ABC, (≈ 2 Δ𝑖 Δ𝜆), che è un infinitesimo di ordine superiore rispetto dx e
quindi rispetto alle due aree considerate.
Osserviamo che quando la coenergia aumenta (W’↑) l’energia diminuisce(W↓), per questo motivo le loro
derivate per il calcolo delle forze hanno segno opposto: la forza prodotta dal dispositivo (funzionamento
da motore) agisce nel verso che tende a diminuire l’energia magnetica (a flusso costante), e ad aumentare
la coenergia (a correnti costanti).

Consideriamo un sistema magnetico conservativo con 2 porte elettriche, cioè con due coppie di morsetti
collegati a una rete elettrica che scambia energia con il sistema. E’ presente una sola porta meccanica per
gli scambi di energia meccanica con l’esterno del sistema.

i1
+
e1
SISTEMA
- MAGNETICO (f,x)
i2 CONSERVATIVO
(T,θ)
+
e2
-

Figura 6. Sistema con due porte elettriche e una meccanica.

Al solito ipotizziamo che il sistema sia privo di perdite. Se esistono componenti caratterizzati da perdite
di energia questi vengono portati fuori dal sistema e faranno parte della rete elettrica o dei dispositivi
meccanici collegati. Un procedimento simile è stato utilizzato per determinare il circuito equivalente del
trasformatore reale che viene descritto in termini di un trasformatore ideale e da componenti circuitali
esterni al trasformatore ideale e che tengono conto delle deviazioni dal comportamento ideale.
L’equilibrio energetico del sistema (energia elettrica entrante = variazione dell’energia interna
immagazzinata + lavoro meccanico compiuto) può essere scritto nella forma:
𝑖1 𝑒1 𝑑𝑡 + 𝑖1 𝑒2 𝑑𝑡 = 𝑑𝑊𝑓 + 𝑑𝑊𝑚
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Considerando che il sistema è puramente magnetico le tensioni fra i terminali delle porte elettriche sono
esprimibili come variazioni dei flussi concatenati con i circuiti percorsi dalle rispettive correnti, mentre,
nel caso di moto rotatorio il lavoro meccanico è scritto come prodotto fra la coppia e l’angolo.
𝑖1 𝑑𝜆1 + 𝑖2 𝑑𝜆2 = 𝑑𝑊𝑓 + 𝑇𝑑𝜃

Ricaviamo quindi:
𝑑𝑊𝑓 = 𝑖1 𝑑𝜆1 + 𝑖2 𝑑𝜆2 − 𝑇𝑑𝜃

Si nota che 𝑊𝑓 dipende dalle variabili di stato 𝜆1 , 𝜆2 , 𝜃 ovvero 𝑊𝑓 (𝜆1 , 𝜆2 , 𝜃).

Consideriamo la variazione di energia magnetica ∆𝑊𝑓 corrispondente al passaggio dallo stato iniziale
(caratterizzato dalla terna di variabili di stato 0, 0, 0) a quello finale uno finale (𝜆10 , 𝜆20 , 𝜃0 ).
Integriamo quindi 𝑑𝑊𝑓 fra lo stato iniziale e quello finale per trovare 𝑊𝑓 (𝜆1 , 𝜆2 , 𝜃); essendo 𝑊𝑓 una
funzione di stato possiamo scegliere in maniera del tutto arbitraria il percorso di integrazione:
𝜃0 𝜆20 𝜆10
𝑊𝑓 (𝜆1 , 𝜆2 , 𝜃) = ∫ 𝑑𝑊𝑓 𝑑𝜃 + ∫ 𝑑𝑊𝑓 𝑑𝜆2 + ∫ 𝑑𝑊𝑓 𝑑𝜆1
𝜆1 =0,𝜆2 =0 𝜃=𝜃0 ,𝜆1 =0 𝜃=𝜃0 ,𝜆2 =𝜆20
0 0 0

Considerando la forma di 𝑑𝑊𝑓 = 𝑖1 𝑑𝜆1 + 𝑖2 𝑑𝜆2 − 𝑇𝑑𝜃 (escludendo per il momento la presenza di
magneti permanenti) constatiamo che imponendo che i flussi siano nulli (sistema non eccitato) il primo
integrale è nullo. La coppia è cioè nulla se sono nulli i campi magnetici all’interno del sistema.
Sostituendo nel secondo e terzo integrale l’espressione di 𝑑𝑊𝑓 trovata prima possiamo scrivere:
𝜆20 𝜆10
𝑊𝑓 (𝜆1 , 𝜆2 , 𝜃) = ∫ 𝑖2 (0, 𝜆2 , 𝜃0 ) 𝑑𝜆2 + ∫ 𝑖1 (𝜆1 , 𝜆20 , 𝜃0 ) 𝑑𝜆1
0 0

Per completare il calcolo occorre esprimere le correnti in funzione dei flussi 𝜆1 , 𝜆2 . Per sistemi lineari si
scrive:

𝜆1 (𝑖1 , 𝑖2 , 𝜃) = 𝐿11 (𝜃)𝑖1 + 𝐿12 (𝜃)𝑖2


𝜆2 (𝑖1 , 𝑖2 , 𝜃) = 𝐿22 (𝜃)𝑖2 + 𝐿21 (𝜃)𝑖1

Indicando con Δ(𝜃) = 𝐿11 (𝜃)𝐿22 (𝜃) − 𝐿12 (𝜃)𝐿21 (𝜃) = 𝐿11 (𝜃)𝐿22 (𝜃) − 𝐿212 (𝜃) il determinante della
matrice delle auto e mutue induttanze si ha:
𝜆1 𝐿22 (𝜃) − 𝐿12 𝜆2 (𝜃)
𝑖1 (𝜆1 , 𝜆2 , 𝜃) =
𝛥(𝜃)
𝜆2 𝐿11 (𝜃) − 𝜆1 𝐿12 (𝜃)
𝑖2 (𝜆1 , 𝜆2 , 𝜃) =
𝛥(𝜃)
Sostituiamo le espressioni delle due correnti nell’integrale:
𝜆20 𝜆10
𝐿11 (𝜃) 𝐿22 (𝜃) 𝐿12 (𝜃)
𝑊𝑓 (𝜆10 , 𝜆20 , 𝜃0 ) = ∫ 𝜆 𝑑𝜆 + ∫ 𝜆1 − 𝜆 𝑑𝜆
𝛥(𝜃) 2 2 𝛥(𝜃) 𝛥(𝜃) 20 1
0 0

1 1 𝐿12 (𝜃)
𝑊𝑓 (𝜆1 , 𝜆2 , 𝜃) = 𝐿11 (𝜃)𝜆2 2 + 𝐿22 (𝜃)𝜆1 2 − 𝜆 𝜆
2𝛥(𝜃) 2𝛥(𝜃) 𝛥(𝜃) 1 2
Per determinare la coppia deriviamo questa espressione rispetto a θ:
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𝜕𝑊
𝑇=−
𝜕𝜃
Mentre derivando rispetto ai flussi si valutano le correnti:
𝜕𝑊𝑓
𝑖1 =
𝜕𝜆1
𝜕𝑊𝑓
𝑖2 =
𝜕𝜆2

Analizziamo ora il sistema magnetico in termini di coenergia. Nel caso di un sistema con due porte
elettriche la coenergia è definita da:
𝑊 ′ = 𝜆1 𝑖1 + 𝜆2 𝑖2 − 𝑊.
Valutandone il differenziale si ottiene:

𝑑𝑊 ′ = 𝑖1 𝑑𝜆1 + 𝑖2 𝑑𝜆2 + 𝜆1 𝑑𝑖1 + 𝜆2 𝑑𝑖2 − (𝑖1 𝑑𝜆1 + 𝑖2 𝑑𝜆2 − 𝑇𝑑𝜃) = 𝜆1 𝑑𝑖1 + 𝜆2 𝑑𝑖2 + 𝑇𝑑𝜃
dove:
𝜕𝑊′
𝜆1 =
𝜕𝑖1 𝑖2 ,𝜃

𝜕𝑊′
𝜆2 =
𝜕𝑖2 𝑖1 ,𝜃

𝜕𝑊
𝑇=
𝜕𝜃 𝑖1 ,𝑖2

Integriamo 𝑑𝑊′ da uno stato iniziale (𝜆1 = 0, 𝜆2 = 0, 𝜃 = 0) a uno finale (𝜆10 , 𝜆20 , 𝜃0) scegliendo
opportunamente il percorso di integrazione in analogia a quanto fatto per l’energia:
𝜆20 𝜆10
𝑊′(𝜆1 , 𝜆2 , 𝜃) = ∫ 𝜆2 (0, 𝜆2 , 𝜃0 ) 𝑑𝑖2 + ∫ 𝜆1 (𝜆1 , 𝜆20 , 𝜃0 ) 𝑑𝑖1
0 0

richiamando la relazione che lega i flussi alle correnti si ottiene:


1 1
𝑊′(𝑖1 , 𝑖2 , 𝜃) = 𝐿11 𝑖1 2 + 𝐿22 𝑖2 2 + 𝐿12 𝑖1 𝑖2
2 2
Per determinare la coppia:
𝜕𝑊′ 1 2 𝑑𝐿11 (𝜃) 1 2 𝑑𝐿22 𝑑𝐿12
𝑇= = 𝑖1 + 𝑖2 + 𝑖1 𝑖2
𝜕𝜃 2 𝑑𝜃 2 𝑑𝜃 𝑑𝜃
Notiamo che la determinazione della coppia con quest’ultima espressione è più semplice rispetto a quella
ottenuta usando la derivata dell'energia: questa espressione lega la coppia direttamente alle correnti, che
sono immediatamente disponibili. L’altra espressione (quella che usa l’energia) esprime la coppia in
termini dei flussi concatenati che spesso, sotto opportune ipotesi semplificative, sono proporzionali alle
tensioni di alimentazione. Non c’è in generale una indicazione verso l’uso dell’energia o della coenergia
per valutare forze e coppie; la scelta di una o dell’altra è una questione di preferenza e/o convenienza in
base al problema specifico.
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MAGNETI PERMANENTI

Consideriamo un sistema in presenza di un magnete permanente che lavora nel punto (H0, B0). La
determinazione del contributo del magnete all’energia (o alla coenergia) dell’intero sistema richiede la
valutazione di un integrale utilizzando la caratteristica del materiale del tipo riportata in fig. 7.

3
Bo
Br
1 2

H Ho H

Fig. 7. Caratteristica di B-H di un magnete permanente.

Come visto in precedenza per valutare l’energia (o la coenergia) si utilizza come stato iniziale (a cui si
associa un contenuto nullo di energia/coenergia) una configurazione in cui i flussi sono nulli. Il contributo
alla coenergia del sistema da parte del volume occupato dal magnete si calcola come:
𝐻0
𝑊 ′ = ∫ (∫ 𝐵 𝑑𝐻 ) 𝑑𝑣
𝑣 𝐻𝑐

L’estremo inferiore dell’integrale più interno è Hc, corrispondente al valore nullo della densità di flusso
nel magnete (B=0), l’estremo superiore è il valore corrispondente al punto di lavoro “finale” H0.
Sul grafico la coenergia è la somma delle aree 1 e 2.
Nei volumi occupati da altri materiali (che non sono magneti permanenti) gli integrali saranno valutati in
accordo alla caratteristiche magnetiche dei materiali stessi.
Per quanto riguarda il calcolo dell’energia, considerando che la variabile di integrazione è la densità di
flusso B, i limiti di integrazione per essa sono 0 e B0 in quanto corrispondenti alle stesse configurazioni
iniziale e finale considerate nell’integrale che fornisce la coenergia.
𝐵0
𝑊 = ∫ (∫ 𝐻𝑑𝐵) 𝑑𝑣
𝑣 0

Con riferimento alla figura 7, l’energia è la differenza tra le aree 3 e 1.


Osserviamo che le aree sul grafico che rappresentano energia e coenergia sono diverse; lo sarebbero anche
nel caso in cui il materiale fosse lineare.
Appunti di Apparati Elettrici; capitolo 3. A. a. 2020-2021. Versione preliminare. 13

Per come è stata definita la coenergia la relazione W + W’ = λ0 i0 ha validità generale (quindi anche
nel caso di materiali non lineari). Osservando le figure 4a e 4b si vede che la somma di energia e coenergia
è l’area del rettangolo di lati i0 e λ0 .

Se invece esprimiamo energia e coenergia in termini di densità di flusso B e campo magnetico H, dalla
regola di derivazione applicata al prodotto BH si ottiene:
d(𝐵𝐻) = 𝐵d𝐻 + 𝐻d𝐵
ed integrando dalla configurazione (iniziale) corrispondente alla densità di flusso nulla, alla
configurazione (finale) corrispondente alla densità di flusso B0 si ottiene:
𝐻(𝐵0 ) 𝐵0
∫ 𝐵 𝑑𝐻 + ∫ 𝐻𝑑𝐵 = 𝐻0 𝐵0
𝐻(0) 0

Integrando la precedente uguaglianza sul volume del dispositivo si ottiene:

𝑊 + 𝑊′ = ∫ 𝐻0 𝐵0 𝑑𝑣
𝑣

che rappresenta l’equivalente in termini di campi della W + W’ = λ0 i0 .


Riconsideriamo la relazione:
𝐻(𝐵0 ) 𝐵0
∫ 𝐵 𝑑𝐻 + ∫ 𝐻𝑑𝐵 = 𝐻0 𝐵0
𝐻(0) 0

alla luce dell’interpretazione geometrica in termini delle aree sottese dalla relazione costitutiva dei
materiali. Considerando le fig. 3a e 3b e la fig. 7 si riconosce la sua validità per materiali dolci lineari e
nonlineari e per materiali duri (magneti permanenti).

Sempre nel caso di dispositivi con magneti permanenti, ci proponiamo di valutare l’espressione
dell’energia (o della coenergia) e di calcolare la sua derivata rispetto allo spostamento per valutare la
forza.
L’espressione dell’energia è quella già vista in precedenza:
𝜃0 𝜆0
𝑊 = ∫ 𝑑𝑊|𝜆=𝑐𝑜𝑠𝑡 + ∫ 𝑑𝑊 𝜃=𝜃0
0 0

Ricordando l’espressione del differenziale dell’energia 𝑑𝑊𝑓 = 𝑖𝑑𝜆 – 𝑓𝑑𝑥, si ottiene:


𝜃0 𝜆0
𝑊 = ∫ (𝑖𝑑𝜆 – 𝑓𝑑𝑥)|𝜆=𝑐𝑜𝑠𝑡 + ∫ (𝑖𝑑𝜆 – 𝑓𝑑𝑥) 𝜃=𝜃
0
0 0

osserviamo che il primo integrale, calcolato a flusso costante (𝑑𝜆 = 0), non si annulla come nel caso già
visto di materiali magnetici dolci, in quanto anche con correnti nulle, si possono ipotizzare flussi non nulli
sostenuti dai magneti permanenti. Il sistema è quindi magneticamente eccitato e la forza magnetica non
è nulla nel caso più generale.
Per potere adottare le considerazioni e i calcoli fatti fino ad ora occorre riformulare opportunamente il
problema. A tale scopo ipotizzeremo la presenza di un avvolgimento fittizio addizionale collocato in
Appunti di Apparati Elettrici; capitolo 3. A. a. 2020-2021. Versione preliminare. 14

corrispondenza (sullo stesso tratto di circuito magnetico) del magnete permanente. Ipotizziamo valida la
condizione di campo magnetico uniforme all’interno del magnete permanente. Inoltre dovendo
immaginare di variare ad arbitrio una corrente (sebbene fittizia) converrà utilizzare l’approccio al calcolo
delle forze basato sulla coenergia.
L’avvolgimento fittizio che aggiungiamo è costituito da 𝑁𝑓 spire nelle quali scorre la corrente 𝑖𝑓 e
assumiamo che nel tratto di circuito magnetico occupato dal magnete permanente sia in grado di produrre
un campo magnetico uniforme.

Magnete
permanente

Fig. 8. Magnete permanente con avvolgimento fittizio.

La corrente 𝑖𝑓 che inseriamo è tale da contrapporsi a quella del magnete permanente fino ad annullare il
flusso risultante nel tratto di circuito magnetico e quindi nell’intero sistema se assumiamo la presenza di
un solo magnete permanente.
Calcoliamo la coenergia integrando il suo differenziale a partire da una configurazione magnetica
risultante caratterizzata da forza nulla. Ciò si ottiene grazie alla forza magnetomotrice 𝑁𝑓 𝑖𝑓 prima definita.
La configurazione finale sarà quella in cui agisce il solo magnete permanente, e quindi quella in cui la
corrente fittizia viene riportata a zero.
𝑑𝑊 ′ = 𝜆 𝑑𝑖 + 𝑓 𝑑𝑥
𝑥0 0 𝑥0 0
𝑊 ′ = ∫ 𝑑𝑊 ′ 𝑖=𝑖𝑓 + ∫ 𝑑𝑊 ′ 𝑥=𝑥0 = ∫ (𝜆 𝑑𝑖 + 𝑓 𝑑𝑥) 𝑖=𝑖 + ∫ (𝜆 𝑑𝑖 + 𝑓 𝑑𝑥) 𝑥=𝑥 =
𝑓 0
0 𝑖𝑓 0 𝑖𝑓
𝑥0 0
= ∫ 𝑓(𝑖 = 𝑖𝑓 , 𝑥)𝑑𝑥 + ∫ 𝜆𝑑𝑖
0 𝑖𝑓

Il contributo del primo integrale sarà nullo per come abbiamo scelto 𝑖𝑓 , quindi la coenergia sarà:
0
𝑊′ = ∫ 𝜆𝑓 (𝑖𝑓 , 𝑥)𝑑𝑖𝑓
𝐼𝑓

N.B. Sebbene si sia fatto uso di un avvolgimento fittizio per giungere a questa espressione, la sua validità
è del tutto generale visto che lo stato finale è caratterizzato da una corrente nulla, condizione equivalente
all’assenza di avvolgimenti.
Appunti di Apparati Elettrici; capitolo 3. A. a. 2020-2021. Versione preliminare. 15

Consideriamo un approccio alternativo facendo riferimento inizialmente ad un magnete permanente che


può essere descritto da una caratteristica lineare inserito in un circuito magnetico in cui è presente una
forza magnetomotrice ℱ𝑒 .
𝐴𝑚 e 𝐴𝑒 sono le sezioni del magnete permanente e del circuito esterno, 𝑙𝑚 e 𝑙𝑒 le loro lunghezze.

He
𝑙𝑚 , 𝐴𝑚

ℱ𝑒
Hm

𝑙𝑒 , 𝐴𝑒 , 𝜇𝑒

Fig. 9. Circuito magnetico con magnete permanente e avvolgimento esterno.

Possiamo immaginare che il circuito magnetico “collegato” al magnete permanente sia un equivalente
Thevenin di un sistema magnetico lineare più complesso.
Studiamo il circuito magnetico di fig. 9 applicando le consuete equazioni di equilibrio:
Circuitazione di H: 𝐻𝑚 𝑙𝑚 + 𝐻𝑒 𝑙𝑒 = ℱ𝑒

Uguaglianza tra i flussi 𝐵𝑚 𝐴𝑚 = 𝐵𝑒 𝐴𝑒


Sostituendo nell’equazione precedente la relazione B-H (𝐵𝑒 = 𝜇𝑒 𝐻𝑒 ) del materiale del circuito
magnetico esterno:
𝐵𝑚 𝐴𝑚 = 𝐴𝑒 𝜇𝑒 𝐻𝑒
1
𝐵𝑚 = 𝐴 𝜇 𝐻
𝐴𝑚 𝑒 𝑒 𝑒
Sostituendo 𝐻𝑒 ottenuto dalla circuitazione di H:
𝐴𝑒 𝜇𝑒
𝐵𝑚 = (ℱ − 𝐻𝑚 𝑙𝑚 )
𝐴𝑚 𝑙𝑒 𝑒
Ed essendo:
𝐴𝑒 𝜇𝑒 1
=
𝑙𝑒 𝔑𝑒
1 ℱ𝑒 𝑙𝑚
𝐵𝑚 = (ℱ𝑒 − 𝐻𝑚 𝑙𝑚 ) = −( ) · 𝐻𝑚
𝐴𝑚 𝔑𝑒 𝐴𝑚 𝔑𝑒 𝔑𝑒 𝐴𝑚
Appunti di Apparati Elettrici; capitolo 3. A. a. 2020-2021. Versione preliminare. 16

La relazione che lega 𝐵𝑚 a 𝐻𝑚 , in termini dei parametri del circuito esterno rappresenta la retta di carico.
Questo è un caso più generale rispetto a quello visto in precedenza in quanto questa retta non passa per
l’origine, per effetto della presenza di una forza magnetomotrice esterna;
Rappresentiamo sullo stesso grafico l’andamento di 𝐵𝑚 (𝐻𝑚 ) nel magnete permanente e la curva retta di
carico:

𝐵𝑚

retta
approssimata
retta di carico
con ℱ𝑒 = 0

Br

𝐻′𝑐 𝐻𝑐 He 𝐻𝑚
retta di carico
con ℱ𝑒 ≠ 0

Fig. 10. Retta di carico e curva B-H del magnete permanente.

Se approssimiamo la relazione B-H del magnete con una retta (rif. fig. 10):
𝐵𝑚 = 𝜇𝑟 (𝐻𝑚 − 𝐻𝑐′ )
possiamo determinare facilmente il suo punto di intersezione con la retta di carico:
ℱ𝑒 − 𝐵𝑟 𝐴𝑚 𝔑𝑒
𝐻𝑚 =
𝐴𝑚 𝔑𝑒 𝜇𝑟 + 𝑙𝑚
ℱ𝑒 1 −𝐻𝑐′ 𝑙𝑚
𝐵𝑚 = + ( )
𝐴𝑚 ( 𝔑𝑒 + 𝔑𝑚 ) 𝐴𝑚 𝔑𝑒 + 𝔑𝑚
𝑙𝑚
dove 𝐵𝑟 = −𝜇𝑟 𝐻𝑐 e 𝔑𝑚 = 𝐴 è la riluttanza di un materiale fittizio avente permeabilità magnetica
𝑚 𝜇𝑟
pari alla pendenza della retta che approssima la curva B-H del magnete permanente.
Dall’ultima espressione si ottiene che il flusso magnetico nel magnete permanente può essere scritto
come:
ℱ𝑒 −𝐻𝑐′ 𝑙𝑚
Φ𝑚 = 𝐵𝑚 𝐴𝑚 = +( )
( 𝔑𝑒 + 𝔑 𝑚 ) 𝔑𝑒 + 𝔑𝑚

Alla luce della legge di Hopkinson osserviamo che nell’espressione di Φ𝑚 il secondo termine contiene il
termine (−𝐻𝑐′ 𝑙𝑚 ), che può essere considerato come la forza magnetomotrice ℱ𝑚 . del magnete
permanente. In conclusione ipotizzando una distribuzione uniforme di flusso magnetico nel magnete,
possiamo affermare che quest’ultimo può essere sostituito da una forza magnetomotrice ℱ𝑚 = −𝐻𝑐′ 𝑙𝑚 in
serie con un dominio costituito da un materiale lineare avente le stesse dimensioni del magnete
Appunti di Apparati Elettrici; capitolo 3. A. a. 2020-2021. Versione preliminare. 17

permanente e caratterizzato da una permeabilità magnetica di valore pari alla pendenza della curva B-H
del magnete (ipotizzata lineare).
Il circuito inizialmente rappresentato in fig. 9 può essere rappresentato da un suo equivalente riportato in
fig. 11.

ℱ𝑚 = −𝐻𝑐′ 𝑙𝑚
𝔑𝑒 , ℱ𝑒
𝔑𝑚

Fig. 11. Circuito equivalente del sistema in fig. 9 in cui il magnete permanente è stato sostituito dalla
serie: fmm ℱ𝑚 , riluttanza 𝔑𝑚 .

L’ipotesi di linearità del magnete permanente può essere rimossa. La curva del magnete permanente
rappresentata in fig. 10 può immaginarsi come ottenuta dalla curva (nonlineare) di un ipotetico materiale
dolce traslata della quantità 𝐻𝑐 (che è negativa).

Se indichiamo con 𝐵′𝑚 (𝐻𝑚 ) la curva del materiale dolce, questa può essere scritta a partire da quella del
magnete permanente come: 𝐵′𝑚 = 𝐵𝑚 (𝐻𝑚 + 𝐻𝑐 ) ed è rappresentata in fig. 12.

𝐵′𝑚

𝐵𝑟

0 −𝐻𝑐 𝐻𝑚

Fig. 12. Curva B-H ottenuta per traslazione di quella in fig. 8.


Appunti di Apparati Elettrici; capitolo 3. A. a. 2020-2021. Versione preliminare. 18

ℱ𝑚 ℱ𝑒

Fig. 13. Circuito magnetico “completo”.

Consideriamo il sistema rappresentato in fig. 13 in cui è presente un dominio (quello tratteggiato)


occupato dal materiale nonlineare avente la caratteristica B-H di fig. 12 chiuso a formare un circuito
magnetico su un bipolo caratterizzato dalla fmm ℱ𝑒 e dalla riluttanza 𝔑𝑒 . In corrispondenza del materiale
nonlineare è presente la fmm ℱ𝑚 .

Per il sistema di fig. 13 possiamo scrivere le seguenti 3 equazioni:


circuitazione di H: 𝐻𝑚 𝑙𝑚 + 𝐻𝑒 𝑙𝑒 = ℱ𝑚 + ℱ𝑒
uguaglianza tra i flussi 𝐵′𝑚 𝐴𝑚 = 𝐵𝑒 𝐴𝑒
curva B-H del mezzo lineare 𝐵𝑒 = 𝜇𝑒 𝐻𝑒

Risolvendo il sistema, in modo analogo a prima, troviamo l’equazione della retta di carico:
ℱ𝑒 𝑙𝑚 ℱ𝑚
𝐵′𝑚 = + · ( − 𝐻𝑚 )
𝐴𝑚 𝔑𝑒 𝔑𝑒 𝐴𝑚 𝑙𝑚
o anche
𝐴𝑒 1
𝐵′𝑚 = 𝐵𝑒 + ∙ (ℱ𝑚 − 𝐻𝑚 𝑙𝑚 )
𝐴𝑚 𝐴𝑚 𝔑𝑒
dove:
ℱ𝑒
𝐵𝑒 =
𝐴𝑒 𝔑𝑒
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𝐵′𝑚

retta di caratteristica
carico B-H

𝐵𝑟

0 −𝐻𝑐 ℱ𝑒 ℱ𝑚 𝐻𝑚
+
𝑙𝑚 𝑙𝑚

Fig. 14. Intersezione tra retta di carico e della caratteristica B-H.

Osserviamo che non abbiamo ancora definito la fmm ℱ𝑚 che concorre a rappresentare il materiale
nonlineare che costituisce il magnete permanente.
Se prendiamo ℱ𝑚 = −𝐻𝑐 𝑙𝑚 , vediamo immediatamente che nella fig. 14, sia la retta di carico che la
caratteristica B-H rappresentano le versioni traslate (entrambe della stessa quantità: −𝐻𝑐 ) delle curve
riportate in fig. 15.
Delle due curve rappresentate in questa figura una è la retta di carico del circuito magnetico in cui l’unica
fmm agente è la ℱ𝑒 , l’altra è la curva B-H del magnete permanente.
Sulla base di queste considerazioni possiamo concludere che anche nel caso di materiale non lineare che
costituisce il magnete permanente, questo può essere sostituito da un materiale nonlineare dolce e da una
fmm ℱ𝑚 = −𝐻𝑐 𝑙𝑚 .

𝐵′𝑚

retta di
carico
caratteristica
B-H
𝐵𝑟

0 ℱ𝑒 𝐻𝑚
𝐻𝑐
𝑙𝑚

Fig. 15 Retta di carico e caratteristica B-H traslate nella posizione originale.

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