Sei sulla pagina 1di 22

Appunti di Apparati Elettrici; capitolo 1. A. a. 2020-2021. Versione preliminare.

Appunti di apparati

Introduzione
L’insegnamento si occupa dei principi basilari di funzionamento dei sistemi di conversione dell'energia, in
particolare si occupa di apparati per la conversione dell’energia da elettrica a meccanica (e viceversa) e da
elettrica a elettrica. In particolare, verranno trattati dispositivi come generatori, motori elettrici, trasformatori
e convertitori basati sull’uso di dispositivi elettronici (di potenza) a stato solido.

Materiali utilizzati nelle macchine elettriche e nei


convertitori elettronici
Una prima classificazione dei materiali usati nelle macchine elettriche è la seguente:

• conduttori (elettrici) caratterizzati da elevati valori di conducibilità elettrica  Nella pratica


costruttiva delle macchine elettriche i conduttori maggiormente utilizzati sono il rame, l’alluminio,
ed alcune leghe del rame come l’ottone (costituito essenzialmente da rame e zinco)
• materiali ferro-magnetici, ovvero materiali la cui permeabilità magnetica relativa r è molto elevata
(dell’ordine delle migliaia). Si tratta di materiali a base di ferro o sue leghe, che servono per
sagomare e confinare opportunamente il profilo del vettore di induzione magnetica 𝐵 ⃑ all'interno
delle macchine.
• isolanti, con elevata rigidità dielettrica r utilizzati per isolare i conduttori fra loro e per realizzare
l’isolamento fra i conduttori e le parti in ferro della macchina (nucleo ferromagnetico). Le soluzioni
adottate possono essere diverse; alcune tra le scelte più comuni per l’isolamento utilizzano guaine o
smalti. In alcune macchine come i trasformatori l’isolamento è ottenuto tramite nastri di carta avvolti
in modo elicoidale sul conduttore con l’intero trasformatore immerso in olio minerale.
• semiconduttori, utilizzati nei dispositivi come raddrizzatori e inverter per la conversione delle forme
d'onda della corrente e della tensione.

Richiami di base
La legge di Ohm per mezzi lineari lega il valore della corrente che attraversa un conduttore a quello della
tensione ai suoi morsetti 𝑉 = 𝑅𝐼. Il valore del parametro R detto resistenza dipende dalla resistività del
materiale , dalla sua lunghezza l e della sezione S. Nell’ipotesi di materiale omogeneo, di geometria
“filiforme” di lunghezza l e di sezione S supposta costante per tutta la sua lunghezza, la resistenza può essere
espressa da:
Appunti di Apparati Elettrici; capitolo 1. A. a. 2020-2021. Versione preliminare. 2

𝜌𝑙
𝑅= [Ω]
𝑆

Questa relazione è valida sotto l’ipotesi che la corrente sia uniformemente distribuita nella sezione
(uniforme) del filo. La distribuzione della corrente in un conduttore viene descritta dalla densità di corrente 𝐽,
che verrà di seguito introdotta.

Un caso in cui la corrente non è uniformemente distribuita è quello che si verifica in corrispondenza
dell’effetto pelle. In presenza di corrente alternata (più in generale in presenza di forme d’onda di correnti
variabili nel tempo) la distribuzione di corrente varia nella sezione del conduttore assumendo valori più
elevati in corrispondenza delle zone più esterne e diminuendo verso l’interno. Questo comporta un aumento
del valore della resistenza; il fenomeno è governato da un parametro, detto spessore di penetrazione 𝛿 legato
alla frequenza, alla conduttività e alla permeabilità magnetica e che si definisce nel seguente modo:

2
𝛿 = √𝜎𝜇𝜔.

Considerando un conduttore di sezione circolare di raggio r


si fanno le seguenti semplificazioni:
• Se δ>r la corrente è, con buona approssimazione,
uniformemente distribuita
• Se δ<r la corrente si distribuisce su una corona
circolare di spessore circa 2-3δ.
All’aumentare della frequenza l'effetto pelle diventa sempre più significativo al punto che si può rimuovere
la parte più interna del materiale conduttore utilizzando conduttori cavi. Per mitigare l’effetto pelle vengono
utilizzati conduttori composti da trefoli di spessore molto sottile (diametri dell’ordine del decimo di
millimetro o inferiori) isolati fra loro e intrecciati (denominati “litz wire”).

Corrente:

La corrente in un conduttore è definita come la quantità di carica che attraversa una sezione D di un
conduttore nell’unità di tempo. Può anche essere scritta come il flusso del vettore densità di corrente
attraverso il dominio (superficie) D: 𝐼 = ∫𝐷 𝐽 ⋅ 𝑛⃑ 𝑑𝑆 [A], dove 𝑛⃑ è il vettore normale al dominio di
integrazione.

Densità di corrente:

Secondo il modello di Drude la densità di corrente può essere espressa come 𝐽 = 𝑁𝑞𝑣⃗𝑑 [A/m2] (corrente per
unità di superficie) dove N è il numero di portatori di carica per unità di volume, q è la carica di ciascuno di
essi e 𝑣⃗𝑑 è la velocità di deriva. Se invece i portatori di carica sono distribuiti su una superficie, e quindi N
rappresenta il numero di portatori di carica per unità di superficie, la densità di corrente si misura in [A/m] e
si parla di una corrente per unità di lunghezza.

Il primo caso è quello più comune ed è quello che descrive la distribuzione di corrente nella sezione dei
conduttori che si estendono nello spazio tridimensionale, cioè di quelli che oltre alla lunghezza hanno come
sezione una superficie con la corrente che scorre nella direzione della lunghezza del conduttore. Se per
esempio consideriamo un conduttore di sezione circolare (costante) rettilineo e di lunghezza infinita nel
quale è presente l’effetto pelle, la densità di corrente nella sezione è funzione crescente della distanza dal
centro.
Appunti di Apparati Elettrici; capitolo 1. A. a. 2020-2021. Versione preliminare. 3

Il secondo caso è quello di conduttori che si estendono su due dimensioni (fogli di corrente) con la corrente
che scorre lungo la direzione di una delle due coordinate, mentre la densità di corrente è definita come la
corrente che attraversa l’unità di lunghezza presa nella direzione dell’altra coordinata. Consideriamo per
esempio un foglio di alluminio sagomato a formare una superficie cilindrica con corrente diretta lungo l’asse
del cilindro. In questo caso la densità di corrente è funzione dell’ascissa curvilinea presa sulla curva ottenuta
dall’intersezione del cilindro con il piano ortogonale all’asse del cilindro stesso.

Un filo ideale, cioè con sezione nulla, è caratterizzato da una densità di corrente singolare.

Vettori induzione magnetica ⃑𝑩


⃑ (o densità di flusso), campo magnetico ⃑𝑯
⃑⃑ e magnetizzazione ⃑𝑴
⃑⃑ :

Nel vuoto e in mezzi ad esso assimilabili, la relazione fra il vettore campo magnetico 𝐻 ⃑ e il vettore induzione
magnetica 𝐵 ⃑ è una proporzionalità 𝐵 ⃑ , dove 0 è la permeabilità magnetica del vuoto pari a 4 10-7
⃑ = 𝜇0 𝐻
H/m. Esistono materiali magneticamente polarizzabili che “reagiscono” alla presenza di campi magnetici. In
questi materiali si ipotizza la presenza di domini elementari che sono sede di circuiti microscopici in cui scorrono
le “correnti amperiane”, ciascuna delle quali è equivalente a un dipolo magnetico elementare. In assenza di
sollecitazioni esterne, queste correnti microscopiche essendo orientate in maniera del tutto casuale hanno un
effetto risultante statisticamente nullo. La presenza di un campo esterno orienta i dipoli elementari associati
alle correnti amperiane dando luogo ad un effetto statisticamente non nullo che si compone con il campo
esterno per dare luogo al campo magnetico risultante. Nel punto P centrato sul volume dV dove la densità di
flusso assume il valore 𝐵 ⃑ si trovano n domini elementari ciascuno caratterizzato da un momento di dipolo
magnetico 𝑚 ⃑⃑ . Si definisce il vettore magnetizzazione 𝑀⃑⃑ in P come:

∑n1 𝑚
⃑⃑ i
⃑⃑ =
𝑀
dV

⃑ e il vettore induzione magnetica 𝐵


La relazione fra il vettore campo magnetico 𝐻 ⃑ in un materiale
magnetizzabile assume la forma:

𝐵 ⃑ + ⃑⃑⃑⃑⃑
⃑ = 𝜇0 (𝐻 𝑀)

⃑⃑ e 𝐻
Nel caso di materiali lineari per i quali si assume una proporzionalità tra 𝑀 ⃑ si può scrivere:

⃑ = 𝜇0 𝜇𝑟 𝐻
𝐵 ⃑ = 𝜇𝐻

r è la permeabilità magnetica relativa,  è la permeabilità magnetica assoluta del materiale

I materiali possono essere distinti attraverso i valori della corrispondente permeabilità magnetica relativa r.,
secondo la seguente classificazione:

Materiali diamagnetici r<1

Materiali paramagnetici r>1

Materiali ferromagnetici r>>1

La maggior parte dei materiali diamagnetici e paramagnetici hanno valori di r molto prossimi all’unità e
nello studio delle macchine elettriche può assumersi per tali materiali il valore unitario di r.
Appunti di Apparati Elettrici; capitolo 1. A. a. 2020-2021. Versione preliminare. 4

Correnti equivalenti di magnetizzazione

Un risultato notevole della teoria dell’elettromagnetismo conduce all’equivalenza fra materiali


magnetizzabili e distribuzione di correnti. Valgono infatti le relazioni:

𝐽𝑚𝑠 = ⃑⃑⃑⃑
𝑀 × 𝑛⃑ [A/m2]

𝐽𝑀 = ⃑
⃑ × ⃑⃑⃑⃑
𝑀 [A/m3]

Gli effetti magnetici del materiale magnetizzato possono quindi essere dedotti da una distribuzione
superficiale di corrente con densità lineare 𝐽𝑚𝑠 e da una distribuzione volumetrica di corrente con densità 𝐽𝑀
che sostituiscono il materiale magnetizzato stesso. Quando viene effettuata la sostituzione del materiale con
le correnti equivalenti, al dominio occupato dal materiale sostituito viene assegnata permeabilità magnetica
relativa unitaria. Le correnti equivalenti di magnetizzazione costituiscono l’aspetto macroscopico delle
correnti amperiane.

Flusso magnetico:

⃑ attraverso la superficie A prende il nome di flusso magnetico:


Il flusso del vettore induzione magnetica 𝐵
⃑⃑⃑⃑ [Wb] .
⃑ ⋅ 𝑑𝑆
Ф = ∫𝐴 𝐵

⃑ attraverso una superficie chiusa


Poiché le linee di forza del campo magnetico sono linee chiuse il flusso di 𝐵
è sempre nullo ∮ 𝐵 ⃑ ⋅ ⃑⃑⃑⃑
𝑑𝑆 = 0. Data una curva chiusa, questa proprietà permette di definire il flusso del
⃑ che si concatena con tale curva, valutando il flusso di 𝐵
vettore 𝐵 ⃑ attraverso una qualsiasi superficie che ha
come bordo la curva chiusa assegnata.

Condizioni di interfaccia tra due materiali

⃑ e𝐵
Per i vettori 𝐻 ⃑ sono valide le condizioni di interfaccia tra due mezzi con permeabilità magnetica diversa
già viste nell’insegnamento di Fisica II. In particolare, se in corrispondenza della superficie di separazione
fra i due mezzi non sono presenti distribuzioni lineari di correnti, le relazioni di interfaccia prescrivono la
conservazione della componente normale del vettore induzione magnetica 𝐵 ⃑ e della componente tangenziale
⃑:
del campo magnetico 𝐻

𝐵𝑛1 = 𝐵𝑛2 ; 𝐻𝑡1 = 𝐻𝑡2

Esprimendo la seconda equazione in termini di B si ha:

𝐵𝑡1 𝐵𝑡2
=
𝜇0 𝜇𝑟1 𝜇0 𝜇𝑟2

Detti 1 e 2 gli angoli che i vettori 𝐵


⃑1 e 𝐵
⃑ 2 formano con la
normale n alla superficie di separazione abbiamo:

𝐵𝑡1
tan 𝜃1 =
𝐵𝑛1

𝐵𝑡2
tan 𝜃2 =
𝐵𝑛2
Appunti di Apparati Elettrici; capitolo 1. A. a. 2020-2021. Versione preliminare. 5

Prendendo il rapporto si ottiene:

tan 𝜃1 𝜇𝑟1
=
tan 𝜃2 𝜇𝑟2

Si vede che la direzione delle linee di campo, passando da un materiale all’altro, subisce una variazione
discontinua, fenomeno questo che prende il nome di rifrazione delle linee di campo.
𝜇𝑟2
Se il mezzo 2 è ferromagnetico mentre il mezzo 1 è aria, il rapporto è dell’ordine delle migliaia. Ne segue
𝜇𝑟1
tan 𝜃2 𝜇𝑟2
che = ≫ 1.
tan 𝜃1 𝜇𝑟1

Ciò significa che tg2 è molto grande e quindi 2 è prossimo a /2, anche se 1 è piccolo. Allora le linee del
campo B internamente al materiale ferromagnetico corrono quasi parallele alla superficie, vengono cioè
praticamente ‘incanalate’ nel materiale. Questo fenomeno è molto importante perchè permette di concentrare
le linee di forza di B e quindi di aumentarne la densità flusso su una data area.

Inversamente (si pensi di invertire il verso del campo), le linee uscenti dal materiale ferromagnetico sono
praticamente perpendicolari alla sua superficie.

Si può concludere che le linee di forza del campo di induzione magnetica tendono a rimanere confinate
all’interno di un materiale ferromagnetico (𝜇𝑟2 ≫ 1) se la sua geometria permette la richiusura delle linee di
forza attorno alle sorgenti (le correnti), cioè se si può individuare un percorso chiuso che concatena le
correnti e che si sviluppa solo nel materiale ferromagnetico. Se ciò non accade, e quindi per completare il
percorso chiuso che concatena le correnti, le linee di forza devono attraversare tratti in aria, allora queste
escono dal materiale ferromagnetico in direzione ortogonale alla superfici di interfaccia.

Circuito magnetico

Le condizioni di interfaccia mostrano come, adoperando un materiale ferromagnetico, è possibile confinare


in maniera soddisfacente le linee di forza del campo magnetico in una ristretta regione dello spazio occupata
dal materiale ferromagnetico stesso. Tale proprietà
dei materiali ferromagnetici costituisce la base per la
costruzione dei circuiti magnetici.

Queste osservazioni ci portano a definire il circuito


magnetico, ovvero una struttura che rappresenta
“un'opportunità” per le linee di forza del campo di
completare all'interno della struttura stessa la loro
circuitazione intorno alle correnti che le producono.
Si osservi che se il materiale ferromagnetico non da
luogo a percorsi chiusi, dovendo comunque le linee di
flusso del campo magnetico svilupparsi su linee
chiuse, ci saranno dei tratti in aria (detti traferri o air
gap) in corrispondenza dei quali il campo di
induzione magnetica può assumere valori anche molto intensi e confrontabili con quelli nelle regioni
ferromagnetiche circostanti. Dai fenomeni magnetici in questi traferri dipende il funzionamento di molte
macchine che effettuano la conversione elettromeccanica.
Appunti di Apparati Elettrici; capitolo 1. A. a. 2020-2021. Versione preliminare. 6

La figura riporta una tipica distribuzoine delle linee di forza in corrispondenza di un traferro che separa due
superfici piane affacciate e parallele. Si vede che l’andamento delle linee di forza del campo di induzione al
traferro non è molto dissimile da quello all’interno del materiale ferromagnetico. Affinchè ciò avvenga è
necessario che la lunghezza del traferro (nella direzione ortogonale alle superfici affacciate) non sia
eccessiva. Immaginando che le superfici affacciate siano dei rettangoli uguali con lati pari ad a e b, con a<b,
la lunghezza del traferro deve mantenersi un ordine di grandezza più piccola di a. Si sottolinea che se lo
spessore del traferro risultasse troppo più grande rispetto a questo valore si osserverebbe un fenomeno di
sfrangiamento del campo (fringing field) come si può osservare in figura. Questo fenomeno può essere
tenuto in conto utilizzando un coefficiente correttivo (maggiore di uno) per definire la sezione del traferro a
partire dalla sezione delle superfici affacciate.

Legge di Hopkinson:

Come noto dall’insegnamento di Principi di Ingegneria Elettrica per un circuito magnetico costituito da un
unico percorso chiuso può scriversi Фℜ = ℱ.

dove ℱ è la forza magnetomotrice, cioè la risultante delle ampere-spire concatenale dal percorso chiuso, Ф è
il flusso del vettore induzione magnetica 𝐵⃑ e ℜ è la riluttanza del circuito magnetico che dipende dalle
caratteristiche geometriche e dal materiale da cui è costituito il circuito magnetico:

𝑙
ℜ=
𝜇0 𝜇𝑟 𝑆

La legge di Hopkinson con l’espressione sopra indicata della riluttanza, si ricava dalla legge di Ampére
(Ni = ∮ Hdl) considerando le seguenti ipotesi.

• le sezioni del circuito magnetico sono costanti almeno a tratti, le porzioni in cui la sezione si
mantiene costante sono detti tronchi;
• la permeabilità magnetica relativa del materiale costituente il circuito magneti è molto grande (al
limite 𝜇𝑟 → ∞);
• l’induzione magnetica 𝐵⃑ è uniformemente distribuita nella sezione di ciascun tronco, ed il flusso è
uniforme lungo il tronco. Tronchi di sezione diversa attraversati dallo stesso flusso hanno valori
induzione magnetica inversamente proporzionali alle aree delle sezioni dei tronchi;
• si trascurano fenomeni di bordo e gli effetti in corrispondenza degli angoli (cioè dei tratti non
rettilinei).

Si osservi che esiste una stretta analogia tra circuiti magnetici ed elettrici. Infatti il flusso magnetico è
assimilabile alla corrente elettrica, la riluttanza ha la stessa espressione della resistenza in continua, e la legge
di Hopkinson è analoga alla legge di Ohm. E’ quindi possibile utilizzare i metodi e i teoremi relativi ai
circuiti elettrici resistivi anche per la risoluzione dei circuiti magnetici come mostrato nel seguente esempio
dove si utilizza il metodo del tableau per la risoluzione del circuito elettrico equivalente a quello magnetico.
Altri metodi, come quello delle correnti (flussi) di maglia, delle tensioni (magnetiche) nodali, così come le
regole dei partitori di corrente (flussi) e tensioni (magnetiche) e le definizioni di riluttanze viste (con le
formule per le riluttanze equivalenti serie e parallelo) e i teoremi di Thevenin, Norton, Millmann etc. sono di
immediata applicazione ai circuiti magnetici.
Appunti di Apparati Elettrici; capitolo 1. A. a. 2020-2021. Versione preliminare. 7

Esempio:

Si determinino le espressioni dei flussi Ф1 ,Ф2 ,Ф3 che scorrono nei tre rami del circuito magnetico di
figura, note le dimensioni geometriche del circuito(L, 𝛿,S), le correnti I1 e I2, il numero di spire N1 e N2 e il
valore della permeabilità magnetica relativa 𝜇𝑟 dei tratti in ferro.

Risoluzione
Si calcolano le riluttanze attraverso la legge di Hopkinson dei rami del circuito magnetico:
𝐿
ℜ𝐿 =
𝜇𝑜 𝜇𝑟 𝑆
𝐿−𝛿
ℜ𝐿−𝛿 =
𝜇𝑜 𝜇𝑟 𝑆
𝛿
ℜ𝛿 =
𝜇𝑜 𝑆
Noti i versi delle correnti attraverso la regola della mano destra si determina la polarità dei generatori di
forza magnetomotrice. Per ricavare i flussi si scrivono le equazioni alle due maglie:

𝑁1 𝐼1 = 3ℜ𝐿 Ф1 + (ℜ𝐿−𝛿 + ℜ𝛿 )Ф2


𝑁2 𝐼2 = −(ℜ𝐿−𝛿 + ℜ𝛿 )Ф2 + (ℜ𝐿−𝛿 + ℜ𝛿 + 2ℜ𝐿 )Ф3

Si tratta di due equazioni in tre incognite. La relazione mancante si ricava applicando la prima legge di
Kirchhoff a uno dei nodi del circuito magnetico:
0 = −Ф1 + Ф2 + Ф3
Con semplici passaggi algebrici si ricava:
(𝑁1 𝐼1 (ℜ𝐿−𝛿 + ℜ𝛿 + 2ℜ𝐿 ) + (ℜ𝐿−𝛿 + ℜ𝛿 )𝑁1 𝐼1 + (ℜ𝐿−𝛿 + ℜ𝛿 )𝑁2 𝐼2 )
Ф1 =
3ℜ𝐿 (ℜ𝐿−𝛿 + ℜ𝛿 + 2ℜ𝐿 ) + (ℜ𝐿−𝛿 + ℜ𝛿 )3ℜ𝐿 + (ℜ𝐿−𝛿 + ℜ𝛿 )(ℜ𝐿−𝛿 + ℜ𝛿 + 2ℜ𝐿 )

−3ℜ𝐿 𝑁2 𝐼2 + 𝑁1 𝐼1 (ℜ𝐿−𝛿 + ℜ𝛿 + 2ℜ𝐿 )


Ф2 =
3ℜ𝐿 (ℜ𝐿−𝛿 + ℜ𝛿 + 2ℜ𝐿 ) + (ℜ𝐿−𝛿 + ℜ𝛿 )3ℜ𝐿 + (ℜ𝐿−𝛿 + ℜ𝛿 )(ℜ𝐿−𝛿 + ℜ𝛿 + 2ℜ𝐿 )

3ℜ𝐿 𝑁2 𝐼2 + (ℜ𝐿−𝛿 + ℜ𝛿 )𝑁2 𝐼2 + (ℜ𝐿−𝛿 + ℜ𝛿 )𝑁1 𝐼1


Ф3 =
3ℜ𝐿 (ℜ𝐿−𝛿 + ℜ𝛿 + 2ℜ𝐿 ) + (ℜ𝐿−𝛿 + ℜ𝛿 )3ℜ𝐿 + (ℜ𝐿−𝛿 + ℜ𝛿 )(ℜ𝐿−𝛿 + ℜ𝛿 + 2ℜ𝐿 )

Si osservi che se si assumesse r>>  si otterrebbe una notevole semplificazione nei calcoli in quanto si
potrebbero trascurare ℜ𝐿−𝛿 e ℜ𝐿 rispetto a ℜ𝛿 scrivendo:
0 = −Ф1 + Ф2 + Ф3
𝑁1 𝐼1 = ℜ𝛿 Ф2
𝑁2 𝐼2 = −ℜ𝛿 Ф2 + ℜ𝛿 Ф3
Appunti di Apparati Elettrici; capitolo 1. A. a. 2020-2021. Versione preliminare. 8

Da cui:
𝑁1 𝐼1 𝑁2 𝐼2 𝑁1 𝐼1
Ф1 = + +
ℜ𝛿 ℜ𝛿 ℜ𝛿
𝑁1 𝐼1
Ф2 =
ℜ𝛿
𝑁2 𝐼2 𝑁1 𝐼1
Ф3 = +
ℜ𝛿 ℜ𝛿
La conoscenza dei flussi di induzione, ed in particolare delle loro
dipendenze dai parametri geometrici, permette di determinare le forze e
le coppie agenti sui componenti di un circuito magnetico attraverso
l'applicazione del principio dei lavori virtuali derivando l'energia
magnetica come verrà approfondito in seguito.

Un dispositivo classico in cui si può valutare questo fenomeno è il relè,


costituito da una parte mobile (ancora) che può ruotare rispetto ad una
parte fissa a causa del flusso prodotto da correnti di eccitazione su un
avvolgimento.

Inoltre, la conoscenza dei flussi (in particolare la loro variazione in funzione del tempo) permette di valutare
le tensioni indotte ai capi di un avvolgimento attraverso la legge di Faraday-Lenz.

𝑑Ф(𝑡) 𝑑𝜆(𝑡)
𝑒(𝑡) = −𝑁 =−
𝑑𝑡 𝑑𝑡

dove N è il numero di spire di una bobina e 𝜆 è il flusso totalmente concatenato. In questa equazione si è
assunta tacitamente l’ipotesi che le N spire concatenino tutte lo stesso flusso, e quindi il flusso totalmente
concatenato è pari ad N volte il flusso concatenato dalla singola spira. In generale questo non è vero e il
calcolo del flusso totalmente concatenato 𝜆(𝑡) non è così semplice.

Nel seguito si farà uso dei termini spira, bobina e avvolgimento in accordo alle seguenti definizioni:

• la spira (turn) è un singolo anello (più in generale in percorso chiuso) di materiale conduttore;
• la bobina (coil) è l'unione di più spire percorse dalla stessa corrente, spesso avvolte sullo stesso
supporto;
• l'avvolgimento (winding) è costituito da più bobine percorse dalla stessa corrente;

Per quanto riguarda il segno meno " − " che appare nella
legge di Faraday-Lenz, si osservi che questa è generalmente
scritta utilizzando i riferimenti non associati fra tensione e
corrente (convenzione del generatore), quindi si sta
considerando una forza elettromotrice indotta. Se invece si
considerasse una caduta di tensione si userebbero i
riferimenti associati (convenzione dell’utilizzatore). Nella
figura a destra sono mostrate tutte le possibili combinazioni
di riferimenti per tensioni e correnti.

Si consideri ad esempio il circuito di figura che rappresenta


un induttore avvolto su un nucleo ferromagnetico e
alimentato da un generatore di tensione variabile v(t).
L’avvolgimento è realizzato con un filo di resistenza R.
Appunti di Apparati Elettrici; capitolo 1. A. a. 2020-2021. Versione preliminare. 9

La legge di Faraday-Lenz afferma che a seguito di una variazione


del flusso concatenato con l’avvolgimento si produrrà ai morsetti
dell’avvolgimento stesso una forza elettro-motrice (f.e.m.) indotta
tale da dare luogo a una corrente nell’avvolgimento che contrasti la
variazione del flusso. Se con riferimento ai versi in figura il flusso
aumenta, la f.e.m. indotta avrà polarità tale da provocare una
diminuzione della corrente. Se, assegnato il verso della corrente,
sostituiamo l’avvolgimento con un generatore di tensione, le
polarità da assumere per la f.e.m. del generatore saranno quelle del
bipolo n. 4 della figura (i generatori sono caratterizzai da
riferimenti non associati di tensioni e correnti ai morsetti).
L’equazione dell’equilibrio elettrico sarà:

𝑣 + 𝑒 = 𝑅𝑖

La tensione

𝑑Ф(𝑡) 𝑑𝜆(𝑡)
𝑒(𝑡) = −𝑁 =−
𝑑𝑡 𝑑𝑡

avrà quindi polarità opposte rispetto alla v(t) indicata in figura

Sostituendo l’espressione del flusso in termini della corrente nell’avvolgimento:

N2𝑖 N2𝑖
𝜆 = 𝑁Ф = = = 𝐿𝑖
ℜ 𝑙
𝜇0 𝜇𝑟 𝑆

𝜆 N2 𝜇0 𝜇𝑟 𝑆
Da cui, introducendo il coefficiente di auto induzione 𝐿 = = si ha:
𝐼 𝑙

𝑑𝑖
𝑣=𝐿 + 𝑅𝑖
𝑑𝑡
𝑑𝑖
Quest’ultima equazione, ponendo 𝑣𝐿 = L 𝑑𝑡, può essere riscritta come: 𝑢 = 𝑣𝐿 + 𝑅𝑖. Ciò equivale a
considerare la relazione tensione corrente dell’avvolgimento non come quella di un generatore di f.e.m., ma
come quella di un utilizzatore cioè di un bipolo caratterizzato da riferimenti associati fra corrente e tensione
𝑑𝑖
ai suoi morsetti. In quest’ottica si parla di caduta di tensione (che vale L 𝑑𝑡 ), mentre prima si è parlato di
𝑑𝑖
f.e.m. indotta (di valore −L 𝑑𝑡 ).

Nel caso siano presenti più bobine magneticamente accoppiate (cioè tali che le linee di forza dell’induzione
magnetica prodotta da una di esse si concatenino con le altre) è utile introdurre i coefficienti di mutua
induzione.

Nell’ipotesi di sistema lineare possiamo affermare che i flussi concatenati con gli avvolgimenti sono
combinazione lineare delle correnti.
(1) (1)
𝜆1 = 𝑁1 Φ1 = Φ1 + Φ2 = 𝐿1,1 𝑖1 + 𝑀1,2 𝑖2

(2) (2)
𝜆2 = 𝑁2 Φ2 = Φ1 + Φ2 = 𝑀2,1 𝑖1 + 𝐿2,2 𝑖2
Appunti di Apparati Elettrici; capitolo 1. A. a. 2020-2021. Versione preliminare. 10

(𝑘)
In queste equazioni Φ𝑗 indica il flusso prodotto dalla corrente nella j-esima bobina che si concatena con la
k-esima bobina. Consideriamo il seguente circuito magnetico costituito da sei tronchi di uguali dimensioni e
del medesimo materiale, ciascuno caratterizzato dalla riluttanza ℜ. Si avrà:

𝑁1 𝑖1
Φ1 (1) = 𝑁1
ℜ𝑣1
𝑁2 𝑖2
Φ2 (2) = 𝑁2
ℜ𝑣2
𝑁1 𝑖1
Φ1 (2) = 𝐾1 𝑁2
ℜ𝑣1
𝑁2 𝑖2
Φ2 (1) = 𝐾2 𝑁1
ℜ𝑣2
3 𝑁1 𝑖1
Nelle equazioni precedenti ℜ𝑣1 = 3ℜ + 4 ℜ è la riluttanza vista dalla bobina di 𝑁1 spire, mentre ℜ𝑣1
è il
3
flusso nella colonna dove è avvolta tale bobina. Il coefficiente 𝐾1 = 4 è un coefficiente di partizione del
𝑁1 𝑖1
flusso (analogo al coefficiente di partizione della corrente fra due bipoli resistivi in parallelo), quindi ℜ𝑣1
𝐾1
è il flusso prodotto dall’azione della corrente nella prima bobina in corrispondenza del tronco in cui è avvolta
(2)
la bobina di 𝑁2 spire. Per ottenere il flusso Φ1 concatenato con l’intera bobina 2 occorre moltiplicare il
flusso nel tronco per il numero di spire.

Discorsi analoghi valgono per ℜ𝑣2 , 𝐾2 (che per la simmetria del sistema è uguale a 𝐾1 ) e per Φ2 (1).
Sostituendo nelle espressioni dei flussi i valori ottenuti per Φ1 (1) , Φ2 (2), Φ1 (2) e Φ2 (1) , si ottengono le
espressioni dei coefficienti di auto e mutua induzione:

𝑁2 𝑁2 𝑁2 𝑁1 𝑁2 𝑁1
𝐿1,1 = ℜ 1 , 𝐿2,2 = ℜ 2 , 𝑀12 = 𝑀21 = ℜ𝑣2 2
𝐾 = ℜ𝑣1 1
𝐾
𝑣1 𝑣2

Considerazioni energetiche.

Come noto dall’insegnamento di Fisica Generale II, nel dominio Ω in cui è definito un campo elettrico si
definiscono la densità di energia 𝑢𝐸 e l'energia del campo elettrico 𝑊𝐸 nel seguente modo:
1
⃑ ⋅ 𝐸⃑
𝑢𝐸 = 2 𝐷

1
𝑊𝐸 = ∫Ω 𝑢𝐸 𝑑𝑉 = ∫Ω ⃑ ⋅ 𝐸⃑ 𝑑𝑉
𝐷
2

Analogamente per le la densità di energia e per l’energia associate al campo magnetico si ha rispettivamente:
1
⃑ ⋅𝐻
𝑢𝑀 = 2 𝐵 ⃑

1
𝑊𝑀 = ∫ 𝑢𝑀 𝑑𝑉 = ∫ ⃑ ⋅𝐻
𝐵 ⃑ 𝑑𝑉
Ω Ω 2

Nei circuiti magnetici degli esempi precedenti utilizzando la legge di Hopkinson possiamo determinare 𝐻 ⃑ e
⃑ ovunque e quindi valutare l’integrale che appare nell’espressione dell’energia. Si può procedere in maniera
𝐵
alternativa valutando l’energia erogata dai generatori e assumendo che, in assenza di elementi resistivi e
reattivi di altra natura (condensatori), l’energia erogata dai generatori venga immagazzinata nei campi
magnetici.
Appunti di Apparati Elettrici; capitolo 1. A. a. 2020-2021. Versione preliminare. 11

𝑑𝑖
Nel caso del primo esempio (sistema con un solo avvolgimento), ricordando che 𝑣 = L e che 𝜆 = 𝐿𝑖, si ha:
𝑑𝑡

𝑡 𝑡 𝜆(𝑡)
𝑑𝜆 1 𝜆(𝑡) 1 𝜆(𝑡)2 1
𝑊 = ∫ 𝑣(𝑡)𝑖(𝑡)𝑑𝑡 = ∫ 𝑖(𝑡) ( ) 𝑑𝑡 = ∫ 𝑖𝑑𝜆 = ( ) ∫ 𝜆(𝑡)𝑑𝜆 = = 𝐿𝑖(𝑡)2
0 0 𝑑𝑡 0 𝐿 0 2 𝐿 2

Nel secondo caso si ha invece:


𝑑𝜆1 𝐿2,2 𝜆1 −𝑀1,2 𝜆2 𝐿2,2 𝑀1,2
𝜆1 = 𝐿1,1 𝑖1 + 𝑀1,2 𝑖2; 𝑣1 = 𝑑𝑡
𝑖1 = 2
𝐿1,1 𝐿2,2 −𝑀1,2
= Δ
𝜆1 − Δ
𝜆2

𝑑𝜆2 −𝑀1,2 𝜆1 +𝐿1,1 𝜆2 𝑀1,2 𝐿1,1


𝜆2 = 𝑀2,1 𝑖1 + 𝐿2,2 𝑖2 ; 𝑣2 = 𝑑𝑡
𝑖2 = 2
𝐿1,1 𝐿2,2 −𝑀1,2
=− Δ
𝜆1 + Δ
𝜆2

𝑡 𝑡 𝑡 𝑡
𝑑𝜆1 𝑑𝜆2
𝑊 = ∫ 𝑣1 (𝑡)𝑖1 (𝑡)𝑑𝑡 + ∫ 𝑣2 (𝑡)𝑖2 (𝑡)𝑑𝑡 = ∫ 𝑖1 (𝑡) 𝑑𝑡 + ∫ 𝑖2 (𝑡) 𝑑𝑡 =
0 0 0 𝑑𝑡 0 𝑑𝑡
𝑡 𝑡
𝐿2,2 𝑀1,2 𝑑𝜆1 𝑀1,2 𝐿1,1 𝑑𝜆2
=∫ ( 𝜆1 − 𝜆2 ) 𝑑𝑡 + ∫ (− 𝜆1 + 𝜆2 ) 𝑑𝑡 =
0 Δ Δ 𝑑𝑡 0 Δ Δ 𝑑𝑡
1 𝐿2,2 2 1 𝐿2,2 2 𝑀1,2
= 𝜆 (𝑡) + 𝜆 (𝑡) − 𝜆 (𝑡)𝜆2 (𝑡)
2 Δ 1 2 Δ 2 Δ 1

Sostituendo nell’equazione precedente le espressioni dei flussi in funzione delle correnti si ottiene:
1 1
𝑊 = 𝐿1,1 𝑖12 (𝑡) + 𝐿2,2 𝑖22 (𝑡) + 𝑀1,2 𝑖1 (𝑡)i2 (𝑡)
2 2

Si osservi che l’energia immagazzinata nell'intervallo è funzione di 𝜆(𝑡) o 𝑖(𝑡) all’istante t, cioè all’istante
finale dell’intervallo considerato. Quindi l’energia è una funzione di stato e la corrente o il flusso sono
variabili di stato. L’espressione in termini dei flussi fornisce l'energia mentre se invece si usano le correnti si
ottiene la coenergia. Le due grandezze coincidono nel caso di materiali lineari. Come verrà discusso più
avanti per valutare le forze e le coppie lungo una direzione nei dispositivi elettromeccanici si considererà la
derivata della coenergia rispetto quella direzione, o, in, modo del tutto equivalente, la derivata, cambiata di
segno, della energia lungo la stessa direzione.

Ciclo di isteresi e perdite nei materiali


L'analisi svolta fino ad ora ha considerato i materiali
⃑ e𝐻
caratterizzati da una relazione lineare tra 𝐵 ⃑ . Questa
ipotesi costituisce un’ottima approssimazione per alcuni
materiali (diamagnetici e paramagnetici) aventi 𝜇 molto
prossimo a 𝜇0 (ovvero 𝜇𝑟 molto prossimo a uno), ma
non vale (se non in prima approssimazione) per altri
materiali (ferro, cobalto, nichel, alcune terre rare e loro
leghe), detti anche materiali ferromagnetici. In questi
materiali, ad un valore di campo magnetico H assegnato
corrisponde un valore di densità di flusso B molto
maggiore di quello che si otterrebbe nei materiali
diamagnetici/paramagnetici a parità di H. Poiché le
tensioni indotte e le forze/coppie nei dispositivi
elettromagnetici dipendono dai valori di B, si
comprende l’importanza dell’utilizzo di questi materiali.
Appunti di Apparati Elettrici; capitolo 1. A. a. 2020-2021. Versione preliminare. 12

Immaginiamo di avere un provino di geometria toroidale


costituito da un materiale polarizzabile magneticamente,
con un primo avvolgimento uniformemente distribuito sul
toro (come mostrato in figura). Supponiamo sia presente
un secondo avvolgimento, identico al primo e concentrico
ad esso (non mostrato in figura) collegato a un dispositivo
capace di misurare la tensione e(t) ai suoi morsetti e di
effettuare alcune operazioni su tale tensione. Si assuma
ra allo scopo di considerare i campi 𝐻 ⃑ e 𝐵 ⃑
uniformemente distribuiti nella sezione.

Per le leggi di Ampére e la legge di Faraday-Lenz si avrà:

N N
Hc = iφ = i
lc 2r φ

𝑑𝜑(𝑡) 𝑑𝐵(𝑡) 𝑑𝐵(𝑡)


𝑒(𝑡) = 𝑁 = Ac 𝑁 = 𝜋𝑎2 𝑁
𝑑𝑡 𝑑𝑡 𝑑𝑡

Dall’equazione precedente, integrando membro a membro si ottiene:


𝑡
1
𝐵(𝑡) − 𝐵(𝑡0 ) = ∫ 𝑒(𝜏)𝑑𝜏
𝜋𝑎2 𝑁 𝑡0

Si supponga di utilizzare un generatore di corrente variabile per costruire un diagramma B-H. Si inizia dal
valore nullo di corrente in corrispondenza del quale si assume 𝐵(0) = 0 (si immagina che il materiale non
sia mai stato sottoposto a sollecitazioni magnetiche). Facendo crescere gradualmente la corrente, cresce
proporzionalmente il campo magnetico H, mentre il corrispondente valore di B sarà dato dall’integrale della
tensione indotta. Riportando i valori di sul piano H-B si percorrerà il tratto O-L di un grafico che rappresenta
la caratteristica H-B del materiale. Per valori relativamente bassi di corrente (e di campo magnetico H) la
relazione tra 𝐵 ⃑ e 𝐻
⃑ risulta approssimabile con un andamento lineare con coefficiente angolare 𝜇𝑟 , (ad
eccezione della porzione di curva nei pressi dell’origine, come risulta ben visibile nella figura della pagina
precedente). Aumentando l’intensità dalla corrente, oltrepassato il punto L, e portandosi fino al punto A, la
curva attraversa la zona detta ginocchio, in cui varia (diminuisce) la sua pendenza fino a che questa non
assume il valore 𝜇0 che si ottiene per valori molto elevati della corrente di eccitazione. Il materiale si dice
saturo quando, di fronte a elevate variazioni di corrente, si hanno incrementi minimi nel valore dei flussi, in
particolare quando a un incremento Δ𝐻 corrisponde
Δ𝐵 ≅ 𝜇0 Δ𝐻. Il tratto O-A, costruito a partire dal
materiale mai sollecitato in precedenza è detto curva
di prima magnetizzazione.

Si immagini adesso, a partire dal punto A, di


diminuire il valore della corrente, fino ad annullarla:
si percorre nel grafico il tratto A-C. Si osserva un
fenomeno di isteresi, ovvero di ritardo, nella
⃑ in funzione di H rispetto a
variazione dei valori di 𝐵
quanto osservato nel tratto OA: B è meno pronto a
seguire la diminuzione di H rispetto a quanto fatto
nell’aumento di H. Come conseguenza in
corrispondenza del punto C , dove il valore della
Appunti di Apparati Elettrici; capitolo 1. A. a. 2020-2021. Versione preliminare. 13

corrente di eccitazione (e quindi di H) è nullo, si osserva un valore non nullo di B. Il punto C individua il
⃑ residuo (𝐵
valore di 𝐵 ⃑ 𝑟 ) che rimane nel materiale quando non sono applicate correnti di eccitazione; questo
valore è sempre minore di valori corrispondenti alla saturazione. Per annullare la densità di flusso nel
provino sarà necessario applicare un campo (e quindi una corrente di eccitazione) in direzione opposta fino
al valore 𝐻⃑ coercitivo (𝐻 ⃑ 𝑐 ). Continuando ad aumentare (in modulo) il valore di questo campo si arriverà
nuovamente ad una regione corrispondente alla saturazione (E) e sarà poi possibile operare in maniera
analoga per chiudere il ciclo di isteresi (E-F-G-A), applicando campi in direzione opposta.

Per spiegare questo comportamento, descritto dalla curva polidroma di figura, si fa ricorso a una teoria
fenomenologica che non indaga le cause che sono legate ad aspetti di fisica quantistica, ma analizza solo i
loro effetti. Si immagina il materiale come composto da innumerevoli domini elementari ciascuno provvisto
di un momento di dipolo magnetico 𝑚 ⃑⃑ , come già accennato in precedenza.

Per un materiale mai sottoposto a cicli di isteresi, la distribuzione dei domini all'interno del volume sarà
totalmente casuale e quindi il suo valor medio sarà nullo (ad H=0 corrisponde B=0). Nel tratto lineare della
curva di prima magnetizzazione avremo che, dopo un tratto iniziale in cui i domini non risentono ancora
dell'applicazione del campo, i momenti 𝑚 ⃑⃑ tenderanno ad allinearsi con il campo di eccitazione in maniera
graduale. Per valori sufficientemente bassi di H il numero di dipoli che si allineano è proporzionale ad H
(tratto lineare O-L della curva di prima magnetizzazione). All’aumentare di H e con il diminuire del numero
di domini non orientati si otterrà una diminuzione del tasso di allineamento dei domini. Ciò comporta una
diminuzione della pendenza della curva B-H; si attraversa quindi la zona del ginocchio, fino ad arrivare alla
situazione in cui tutti i domini si sono allineati. Ad ulteriori aumenti di H, non essendoci più domini da
allineare, corrisponderanno gli stessi incrementi di B che si otterrebbero nello spazio vuoto, quindi con una
relazione Δ𝐵 = 𝜇0 Δ𝐻. In questa condizione il materiale si dirà saturo. Applicando un campo in direzione
opposta (invertendo cioè il verso della corrente) si osserverà che, in corrispondenza di un campo H nullo,
alcuni domini magnetici sono rimasti orientati nella direzione precedente a causa di attriti interni che
impediscono il ritorno alla condizione iniziale. Questo effetto produce un valore di densità di induzione
residua 𝐵 ⃑ 𝑟 che si annulla solo aumentando (in modulo) il campo fino al valore 𝐻
⃑ 𝑐.

Facendo variare H (e B) tra valori uguali e opposti si ottengono curve simmetriche nel piano H-B che
descrivono cicli di isteresi completi. I punti del piano interni a un ciclo di isteresi completo individuano
possibili stati magnetici del materiale. Naturalmente, non è necessario portare il campo H fino a saturazione
prima di invertirne la direzione; è possibile ottenere cicli di isteresi più piccoli con curve che non
raggiungono la saturazione. È inoltre possibile invertire la direzione del campo in ogni punto lungo la curva
e generare altri cicli di isteresi non simmetrici.

Riducendo progressivamente il
valore di Hmax si ottengono cicli
simmetrici di area decrescente i cui
vertici sono disposti su una curva
che poco si discosta dalla curva di
prima magnetizzazione (rif. figura a
più a sinistra). Se il campo varia tra
due valori estremi non opposti, si
ottengono cicli di isteresi
asimmetrici detti anche “minor
loops” (rif. figura a più a destra).
La conoscenza dei valori delle
intensità della magnetizzazione
Appunti di Apparati Elettrici; capitolo 1. A. a. 2020-2021. Versione preliminare. 14

⃑ 𝑟 e del campo coercitivo 𝐻


residua 𝐵 ⃑ 𝑐 permette una classificazione dei materiali che vedremo più avanti.

Analizziamo il comportamento delle correnti e delle tensioni indotte all'interno di un materiale durante un
ciclo di isteresi alimentando il provino attraverso un generatore sinusoidale di tensione e(t) (prima si è
ipotizzato di alimentare il sistema a corrente impressa). Il provino è uguale a quello utilizzato in precedenza,
ed ipotizziamo che sia presente un amperometro in serie all’avvolgimento di eccitazione che misuri la
corrente 𝑖𝜑 (𝑡). La presenza del secondo
avvolgimento non è necessaria.

Essendo sinusoidale la forma d’onda della


tensione ai morsetti dell’avvolgimento, lo saranno
anche le forme d’onda del flusso concatenato e
quindi quella della densità di flusso in ciascun
punto del provino di materiale ferromagnetico.

⃑ la seguente espressione:
Possiamo quindi assumere per 𝐵

⃑ = BMax sin(ωt)
𝐵

Il flusso nel nucleo toroidale sarà:


𝜑(𝑡) = Фmax sin(ωt) = Bmax Ac sin(ωt)

Dalla legge di Faraday-Lenz si ricava quindi l’andamento della tensione concatenata con l’avvolgimento di
N spire:

𝑑𝜑(𝑡)
𝑒(𝑡) = 𝑁 = ωNФmax cos(ωt) = 2𝑓NBmax Ac cos(ωt) = 𝐸𝑚𝑎𝑥 cos(ωt)
𝑑𝑡

dove: 𝐸𝑀𝑎𝑥 = ωNФmax = ωNBmax Ac.

Il valore efficace della tensione sarà:

ωNФmax
𝐸𝑟𝑚𝑠 = = √2fNBmax Ac
√2

In un circuito magnetico "chiuso" come il provino toroidale illustrato precedentemente si ha che il campo
magnetico 𝐻⃑ può essere messo in relazione con le correnti 𝑖𝜑 (𝑡) che lo producono attraverso la legge di
Ampére nel seguente modo:

lc
iφ (𝑡) = H (𝑡)
N c

dove lc è la lunghezza del provino, e Hc (𝑡) è il valore di campo magnetico corrispondente al valore di
densità di flusso 𝐵(𝑡).

Quindi a partire dalla tensione impressa si valuta il flusso, e da questo, utilizzando la relazione B-H riscritta
(ridisegnata in termini di flusso e corrente) si determina per via grafica la forma d’onda della corrente.

Le relazioni che si ottengono sono quelle di figura dove si evidenzia il fatto che a un flusso 𝜑(𝑡) sinusoidale
non corrisponde a una forma d’onda sinusoidale della corrente.
Appunti di Apparati Elettrici; capitolo 1. A. a. 2020-2021. Versione preliminare. 15

Dalla conoscenza della forma d’onda si ricava il valore efficace della corrente iφ :

2
1 1 lc lc 1 lc
𝐼𝜑,𝑟𝑚𝑠 = √ ∫ 𝑖𝜑2 (𝑡) 𝑑𝑡 = √ ∫ ( Hc (𝑡)) 𝑑𝑡 = √ ∫ Hc 2 (𝑡) 𝑑𝑡 = Hc,r𝑚𝑠
𝑇 𝑇 𝑇 𝑇 N N 𝑇 𝑇 N

Si moltiplicano fra loro 𝐼𝜑,𝑟𝑚𝑠 e 𝐸𝑟𝑚𝑠 :


Appunti di Apparati Elettrici; capitolo 1. A. a. 2020-2021. Versione preliminare. 16

lc
𝐸𝑟𝑚𝑠 𝐼𝜑,𝑟𝑚𝑠 = √2fNBmax Ac H = √2fBmax Hc,r𝑚𝑠 (Ac lc ) = √2f Vc Bmax Hc,r𝑚𝑠
N c,r𝑚𝑠

dove Vc è il volume del provino.

Si calcola la potenza apparente di eccitazione (exciting rms) dividendo per la massa del provino (𝜌𝑐 è la
densità di massa del materiale):

𝐸𝑟𝑚𝑠 𝑖𝜑,𝑟𝑚𝑠 𝐸𝑟𝑚𝑠 𝑖𝜑,𝑟𝑚𝑠 √2f


𝑃𝑎 = = = B H [VA⁄𝑘𝑔]
𝑚𝑐 𝜌𝑐 Vc 𝜌𝑐 max c,r𝑚𝑠

Di conseguenza la potenza apparente risulta essere funzione della densità del materiale, della frequenza e di
Bmax , visto che Hc,r𝑚𝑠 è legato al valore di B attraverso la curva caratteristica del materiale alla frequenza
data.

Si osservi che associata alla corrente 𝑖𝜑 si avrà una potenza apparente, comprendente una parte attiva, dovuta
alle perdite nel ferro, e una reattiva dovuta all'energia immagazzinata nel campo magnetico e che viene
scambiata con il generatore. Per quando riguarda le perdite nel ferro queste sono dovute alla presenza di due
fenomeni differenti, sebbene il generatore che alimenta il sistema non sia in grado di distinguerli:

• l'effetto Ohm dovuto alle correnti vorticose indotte dai campi magnetici (e quindi dai flussi) variabili
nel tempo
• gli effetti dovuti alla natura isteretica dei materiali.

Poiché come vedremo in seguito, le perdite per correnti vorticose (e quindi la potenza attiva assorbita)
dipendono dalla frequenza e dallo spessore dei lamierini nei quali vengono normalmente sagomati i materiali
ferromagnetici, le caratteristiche stesse dei materiali ferromagnetici dipendono dalla frequenza e da tale
spessore. E’ questo il motivo per il quale i costruttori forniscono le caratteristiche dei materiali per
l’intervallo operativo delle frequenze e in corrispondenza di determinati spessori. Ad esempio la curva
seguente si riferisce alla potenza apparente di eccitazione alla frequenza di 60 Hz per lamierini spessi 0.3048
mm (0.012 pollici).

Il valore della potenza apparente viene espresso in un grafico in scala logaritmica in funzione di Bmax . Per
esempio, la curva passa per il punto Bmax = 1.6 𝑇 e 𝑃𝑎 = 2 𝑉𝑎/𝑘𝑔. Ciò significa che per ottenere una
densità di flusso uniforme con andamento sinusoidale (nel tempo) con valore massimo pari a 1.6 T, alla
Appunti di Apparati Elettrici; capitolo 1. A. a. 2020-2021. Versione preliminare. 17

frequenza di 60 Hz, in un kg di lamierini spessi 0.3048 mm realizzati con il materiale M-5, il generatore di
tensione (sinusoidale) erogherà una potenza apparente pari a 2 VA.

Le correnti vorticose (eddy current) sono causate dalle variazioni nel tempo della densità di flusso magnetico
in regioni di spazio occupate da materiali conduttori (quali sono i materiali ferromagnetici). Infatti le
variazioni di flusso magnetico inducono delle tensioni (legge di Faraday-Lenz) determinano l’instaurarsi di
correnti vorticose all’interno del conduttore. Associate a queste correnti si avranno perdite per effetto Joule
valutabili come: 𝑃𝑐𝑣 = ∫𝑉 𝜌 𝐽2 (𝑥, 𝑦, 𝑧, 𝑡)𝑑𝑣, dove 𝜌 è la resistività dal materiale, 𝐽(𝑥, 𝑦, 𝑧, 𝑡) è la densità di
corrente all’istante t nel generico punto.

Per limitare l’insorgere delle correnti


vorticose (e delle perdite associate ad esse)
si cerca di aumentare la resistività del
materiale ferromagnetico, per esempio
aggiungendo del silicio al ferro fino al 5%
in peso (andare oltre degrada le
caratteristiche magnetiche e di resistenza
del materiale). Il provvedimento principale
che viene comunemente preso è quello
della laminazione; cioè, in luogo del nucleo magnetico massiccio, si utilizzano più lamierini sovrapposti e
isolati elettricamente l’uno dall’altro. Come si evince dalla figura, la resistenza dei percorsi delle correnti
parassite viene fortemente aumentata e, quindi, si riduce il valore delle correnti parassite e, di conseguenza,
si riducono le perdite dovute a questo fenomeno. Al diminuire dello spessore dei lamierini magnetici,
diminuiscono le perdite per correnti parassite. In generale i lamierini hanno in genere spessore di: 0.20÷0.35
mm (per i trasformatori) e 0.50 mm (per le macchine rotanti).

Per valutare, almeno in maniera euristica l’effetto della laminazione, consideriamo un parallelepipedo di
⃑ variabile
larghezza 𝑙, altezza 𝑑 (con l>>d) e profondità s, posto in una regione in cui è presente un campo 𝐵
nel tempo con legge sinusoidale e diretto ortogonalmente al piano del foglio (quindi parallelamente alla
direzione della profondità s). Valutiamo le sue
perdite per effetto Joule prima e dopo aver
laminato il materiale a metà dell'altezza e aver
opportunamente isolato le due parti.

⃑ abbia l’espressione:
Supponiamo che la densità di flusso 𝐵

⃑ = BMax sin(ωt).
𝐵

Per ottenere semplici espressioni delle correnti indotte e delle potenze perse si farà uso di ipotesi
semplificative molto spinte. Iniziamo assumendo che il flusso che produce le correnti vorticose sia quello
che si si concatena con il perimetro del conduttore. Nel caso di materiale non laminato si avrà:

Ф(𝑡) = 𝑙𝑑Bmax sin(ωt) = Фmax sin(ωt);

La tensione indotta sul perimetro sarà quindi:

𝑑Ф(𝑡) √2
𝑒(𝑡) = − = −ωФmax cos(ωt) = −ω𝑙𝑑 Bmax cos(ωt) → 𝐸𝑟𝑚𝑠 = ω𝑙𝑑Bmax
𝑑𝑡 2

Assumiamo poi che la corrente indotta segua il percorso indicato in figura e che sia uniformemente
distribuita sui due semi-spessori del parallelepipedo. Sotto questa ipotesi il percorso ha una lunghezza pari a
Appunti di Apparati Elettrici; capitolo 1. A. a. 2020-2021. Versione preliminare. 18

𝑠𝑑 2𝑙𝜌 4𝑙𝜌
2𝑙 e una sezione data da: , e quindi la resistenza del percorso è: 𝑅 = 𝑠𝑑 = (essendo l>>d il contributo
2 𝑠𝑑
2
delle correnti dirette lungo la direzione dello spessore d è trascurabile).

La potenza dissipata per effetto Joule sull’intero volume è quindi:


2
𝐸𝑟𝑚𝑠 2 d3 ω BMax 2
𝑃𝑐𝑣 = = 𝑙𝑠
𝑅 8𝜌

Nel caso di suddivisione della geometria in due parti isolate fra loro (ferme restando le dimensioni
𝑑
complessive), procedendo in maniera analoga si ottiene per ciascuna lamina (che adesso ha spessore 2 ):

𝑑Ф′(𝑡) 𝑑 𝑑 √2
𝑒′(𝑡) = − 𝑑𝑡
= −ωФ′max cos(ωt) = −ω𝑙 2 Bmax cos(ωt) → 𝐸′𝑟𝑚𝑠 = ω𝑙 2 Bmax 2

2𝑙𝜌 8𝑙𝜌
𝑅′ = =
𝑠𝑑 𝑠𝑑
4
2
𝐸′𝑟𝑚𝑠 d3 ω2 BMax 2 𝑃
𝑃𝑐𝑣 ′ = 2 = 𝑙𝑠 =
𝑅′ 32𝜌 4

Il coefficiente 2 è dovuto al fatto che adesso ci sono due lamine a costituire l’intera geometria. Si osserva una
riduzione della perdite a seguito della laminazione. Una trattazione più rigorosa richiede l’integrazione delle
equazione della diffusione del campo magnetico, che conduce alla definizione di un coefficiente detto
2
spessore di penetrazione: 𝛿 = √𝜎𝜇𝜔 che è inversamente proporzionale alla radice quadrata del prodotto fra
frequenza della sollecitazione, la conduttività e la permeabilità del materiale. E’ il caso di osservare che la
potenza persa per correnti vorticose dipende dal quadrato della frequenza e dal quadrato del valore massimo
dell’induzione.

Nelle macchine elettriche si lamina in genere fino ad avere spessori dell’ordine dello spessore di
penetrazione.

Tornando al fenomeno dell’isteresi magnetica in un ipotetico materiale ferromagnetico non conduttore,


possiamo determinare l’energia erogata dal generatore per ciascun ciclo valutando il prodotto 𝑒(𝑡)𝑖φ (t)
integrandolo sull’intervallo di tempo necessario a percorrere il ciclo di isteresi (periodo). Facciamo sempre
riferimento al provino toroidale precedentemente introdotto (𝑙𝑐 è la lunghezza media del toro e 𝐴𝑐 è la sua
sezione).

𝑑𝜆(𝑡) 𝑙𝑐 𝑑𝐵(𝑡)
𝑊𝑖𝑠𝑡 = ∫ 𝑖𝜑 (𝑡) ⋅ 𝑒(𝑡)𝑑𝑡 = ∫ 𝑖𝜑 (𝑡) ⋅ 𝑑𝑡 = ∫ 𝐻𝑐 (𝑡) ⋅ 𝑁𝐴𝑐 𝑑𝑡 = 𝑙𝑐 𝐴𝑐 ∮ 𝐻𝑐 (𝑡) ⋅ 𝑑𝐵(𝑡)
𝑇 𝑇 𝑑𝑡 𝑇 𝑁 𝑑𝑡

L’integrale del membro più a destra rappresenta l’area del ciclo di isteresi percorso dal materiale. L’area del
ciclo d’isteresi assume quindi il significato di energia dissipata per unità di volume nel materiale
nell’intervallo di tempo necessario per compiere un ciclo completo di magnetizzazione. Tale dissipazione di
energia è imputabile agli attriti connessi con il movimento delle pareti dei domini del materiale. Se vogliamo
valutare la potenza (media) persa occorre dividere l’energia sopra calcolata per il periodo. Si ottiene quindi:

1 𝜔
𝑃𝑖𝑠𝑡 = lc Ac ∮ 𝐻𝑐 (𝑡) ⋅ 𝑑𝐵(𝑡) = l A ∮ 𝐻𝑐 (𝑡) ⋅ 𝑑𝐵(𝑡)
𝑇 2𝜋 c c
Appunti di Apparati Elettrici; capitolo 1. A. a. 2020-2021. Versione preliminare. 19

Per quanto riguarda la potenza persa per isteresi per unità di volume vengono spesso utilizzate due formule
una dovuta a Steinmetz (𝑃𝑖𝑠𝑡 = 𝑘𝜔𝐵𝑀𝑎𝑥 1.6), l’altra dovuta a Richter (𝑃𝑖𝑠𝑡 = 𝜔(𝑎𝐵𝑀𝑎𝑥 + 𝑏𝐵𝑀𝑎𝑥 2 )). In
entrambe la potenza persa è proporzionale alla frequenza.

Come già detto, se il materiale è isteretico e conduttore le perdite associate ai due fenomeni si compongono.
Sotto opportune ipotesi e in condizione di regime periodico sinusoidale, si può dimostrare che il
comportamento di un materiale ferromagnetico lineare non isteretico e conduttore (e quindi anche le sue
perdite) sono le stesse di un ipotetico materiale lineare non conduttore caratterizzato da un ciclo di isteresi di
forma ellittica. Si può anche dimostrare che un tale materiale è caratterizzato da un coefficiente di
permeabilità magnetica relativa di tipo complesso: 𝜇̅ 𝑟 = 𝜇𝑟,𝑟𝑒𝑎𝑙 + 𝑗𝜇𝑟,𝑖𝑚𝑎𝑔 , in cui le perdite sono legate alla
parte immaginaria. In base a queste considerazioni osserviamo che l’effetto delle correnti vorticose è quello
di allargare (in senso orizzontale) il ciclo di isteresi. Su questo si basa un procedimento di linearizzazione per
le grandi perturbazioni dei materiali ferromagnetici, per i quali, data la condizione di funzionamento e la
geometria dei lamierini, può essere definita una permeabilità magnetica relativa complessa che tiene conto
delle perdite complessive.

I lamierini ferromagnetici sono caratterizzati dalla cosiddetta “cifra di perdita”, tabellata dai costruttori. Essa
rappresenta le perdite globali in un kg di materiale (per isteresi e correnti parassite) sottoposto a
magnetizzazione alternativa a 50 Hz (o 60 Hz) con forma d’onda di induzione sinusoidale avente valore
massimo BMax = 1 𝑇. In alcuni casi viene fornito il valore della perdita specifica (W/kg) a 1.5 T o a 1.7 T.
Naturalmente la cifra di perdita è relativa a un lamierino con un determinato spessore. Per ovviare agli errori
del riporto delle perdite ad una induzione di lavoro BMax differente dai valori precedenti, in luogo della sola
cifra di perdita, i costruttori di lamierini forniscono una curva che rappresenta le perdite specifiche (W/kg) in
funzione del valore massimo dell’induzione (a 50 Hz e a 60 Hz) e per determinati valori dello spessore del
lamierino.

Per esempio la figura seguente mostra le perdite alla frequenza di 60 Hz per lamierini spessi 0.3048 mm
(0.012 pollici) realizzati con il materiale M-5 in funzione del valore massimo dell’induzione (assumendo per
essa una forma d’onda sinusoidale).
Appunti di Apparati Elettrici; capitolo 1. A. a. 2020-2021. Versione preliminare. 20

Riprendendo l’analisi dei cicli di isteresi osserviamo che non


tutti i materiali si comportano alla stessa maniera. La forma del
ciclo di isteresi e il valore di alcuni parametri da esso desumibili
⃑ 𝑟, 𝐻
(𝐵 ⃑ 𝑐 , valore dell’induzione alla saturazione 𝐵 ⃑ 𝑠 , pendenza
della curva nel tratto lineare) caratterizzano il materiale
ferromagnetico. In particolare l’area del ciclo è una misura della
capacità del materiale di opporsi alla magnetizzazione ed alla
smagnetizzazione. In base a ciò i materiali ferromagnetici
vengono classificati in dolci o duri se caratterizzati da un’area
del ciclo piccola o grande rispettivamente.

I materiali dolci hanno ciclo di isteresi stretto, valori elevati di permeabilità in corrispondenza della zona
lineare (linea media del ciclo di isteresi). Si tratta di materiali che sono in grado di variare rapidamente il loro
stato magnetico in corrispondenza di variazioni del campo applicato quando queste mantengono il materiale
nella porzione lineare della caratteristica. Un ciclo di isteresi stretto contribuisce a contenere le perdite.

I materiali duri hanno ciclo di


isteresi ampio, tipicamente
caratterizzato da elevati valori
sia di 𝐵⃑ 𝑟 che di 𝐻 ⃑ 𝑐 e con un
valore di 𝐵⃑ 𝑠 di poco superiore a
⃑ 𝑟 . Per questi materiali il valore
𝐵
di 𝐵 ⃑ 𝑠 è inferiore rispetto a
quello dei materiali dolci. I
materiali duri sono
caratterizzati dal rimanere
magnetizzati anche in assenza
di campo esterno; essi vengono
utilizzati per realizzare magneti
permanenti. Alcuni di questi
(magneti Samario Cobalto
(𝑆𝑚𝐶𝑜5 ) o magneti Neodimio
Ferro Boro (𝑁𝑑2 𝐹𝑒14 𝐵)) rimangono magnetizzati in presenza di elevati campi impressi aventi direzione
opposta a quella di magnetizzazione. Nei materiali duri più performanti (𝑆𝑚𝐶𝑜5 e 𝑁𝑑2 𝐹𝑒14 𝐵) la porzione
di curva di magnetizzazione nel II quadrante ha pendenza prossima a 𝜇0 .

Altri materiali magnetici duri di comune utilizzo sono le leghe Alluminio, Nichel Cobalto (AlNiCo) e alcune
ferriti, oltre ai più performati magneti caratterizzati dall’uso di terre rare (Nd, Sm), che però risultano di
maggior costo.

Gli Alnico hanno una induzione residua abbastanza elevata ma un modesto campo coercitivo e quindi si
smagnetizzano facilmente. Le ferriti dure (magneti permanenti ceramici) (XFe12O19 dove X è solitamente
Ba o Sr) hanno elevato campo coercitivo ma bassa induzione residua rispetto agli Alnico. Le ferriti si
smagnetizzano meno facilmente degli AlNiCo e sono abbastanza economiche.

I magneti neodimio-ferro-boro hanno le migliori prestazioni in termini di induzione prodotta, mentre quelli
samario-cobalto hanno su un più esteso intervallo di temperature di funzionamento.
Appunti di Apparati Elettrici; capitolo 1. A. a. 2020-2021. Versione preliminare. 21

I materiali duri vengono impiegati quando interessa realizzare flussi magnetici costanti nel tempo; rispetto
all’uso di avvolgimenti percorsi da corrente (nei quali si hanno perdite per effetto Joule) si ha un aumento del
rendimento complessivo.

Vediamo attraverso un semplice esempio come la magnetizzazione residua possa produrre un flusso in un
circuito magnetico anche in assenza di correnti di eccitazione.

Consideriamo il circuito magnetico di figura, con le opportune


semplificazioni (es. 𝜇𝑟,𝑓𝑒 → ∞: il solo traferro contribuisce alla
determinazione della riluttanza del circuito esterno al magnete). 𝑙𝑚
rappresenta la lunghezza del magnete, 𝐴𝑚 la sua sezione, mentre 𝑔
è la lunghezza del traferro e 𝐴𝑔 la sua sezione.

Applicando la legge di Ampére alla lunghezza media dei


dispositivo e la conservazione del flusso magnetico all’interfaccia
tra ferro e aria si ha:
𝑙𝑚
𝐻𝑚 𝑙𝑚 + 𝐻𝑔 𝑔 = 0 → 𝐻𝑔 = −𝐻𝑚
𝑔
𝐴
𝐴𝑔 𝐵𝑔 = 𝐴𝑚 𝐵𝑚 → 𝐵𝑚 = 𝐵𝑔 𝐴 𝑔
𝑚

𝑙𝑚 𝐴𝑔 𝑙 1
Essendo 𝐻𝑔 = 𝜇0 𝐵𝑔 si avrà quindi: 𝐵𝑚 = − 𝜇0 𝐻𝑚 𝑔 𝐴𝑚
= − 𝐻𝑚 𝐴𝑚 ℜ𝑔𝑎𝑝
𝑚

L’espressione determinata rappresenta il luogo dei valori ammissibili di 𝐵𝑚 e 𝐻𝑚 che si trovano su una retta
𝑙𝑚 𝐴𝑔
passante per l’origine del piano H-B e che ha coefficiente angolare pari a − 𝜇0 𝑔 𝐴𝑚
(retta di carico). Il
valore del punto di funzionamento del magnete nel piano H-B è dato dall’intersezione della retta di carico
con la caratteristica sul piano H-B del materiale del magnete (che a sua volta è il luogo dei valori ammissibili
di B e H per il magnete permanente).

La figura in alto nella pagina mostra le curve caratteristiche tipiche di alcuni materiali magnetici duri
(indicate con i numeri da 1 a 8) e alcune rette di carico (indicate con lettere a A a D) corrispondenti a circuiti
magnetici esterni al magnete permanente con riluttanze del traferro decrescenti. La retta A corrisponde al
traferro di lunghezza minima, la retta D corrisponde al traferro di lunghezza massima.

Se il magnete permanente è realizzato con 𝑆𝑚2 𝐶𝑜17 e la retta di carico è la retta C, allora il punto di
funzionamento si troverà in corrispondenza dell’intersezione fra la curva 3 e la retta C.

Se la retta di carico fosse la A, osserviamo che i materiali 2 3 e 4 (𝑁𝑑𝐹𝑒𝐵, 𝑆𝑚2 𝐶𝑜17 e 𝐴𝑙𝑛𝑖𝑐𝑜 9) sono in
grado di produrre nel traferro densità di flusso comparabili. Se si aumenta la lunghezza del traferro passando
alla retta di carico C si vede che la densità di flusso prodotta da 𝐴𝑙𝑛𝑖𝑐𝑜 9 si riduce notevolmente (diventa 5
volte più piccola), mentre usando gli altri due materiali la riduzione è del 50% circa. Da ciò si comprende
come un materiale magnetico duro con alte prestazioni non può avere solo un alto 𝐵 ⃑ 𝑟 , ma occorre che abbia
⃑ 𝑐.
anche un elevato 𝐻
Appunti di Apparati Elettrici; capitolo 1. A. a. 2020-2021. Versione preliminare. 22

Dalle equazioni precedenti possiamo scrivere per la


𝐴𝑚
densità di flusso nel traferro: 𝐵𝑔 = 𝐵𝑚 𝐴𝑔
;

𝑙𝑚
ma è anche 𝐵𝑔 = 𝜇0 𝐻𝑔 = −𝜇0 𝐻𝑚 𝑔

Moltiplicando queste due espressioni si ottiene:

𝐴𝑚 𝑙𝑚 𝑉𝑚
𝐵𝑔 2 = −𝜇0 𝐻𝑚 𝐵𝑚 = −𝜇0 𝐻𝑚 𝐵𝑚
𝐴𝑔 𝑔 𝑉𝑔

Dove 𝑉𝑔 e 𝑉𝑚 corrispondono rispettivamente al


volume del traferro e del magnete.

Dall’equazione precedente si ottiene:

𝐵𝑔 2 𝑉𝑔
𝑉𝑚 =
−𝜇0 𝐻𝑚 𝐵𝑚

Si nota facilmente che se si vuole minimizzare il volume di magnete dati 𝐵𝑔 e 𝑉𝑔 bisogna fare in modo che il
prodotto 𝐻𝑚 𝐵𝑚 (valutato in corrispondenza del punto di lavoro del materiale), sia massimo. Per
determinare il punto di massimo prodotto 𝐻𝑚 𝐵𝑚 sulla caratteristica del materiale basta considerare la
famiglia di iperboli 𝐻𝑚 𝐵𝑚 =K e valutare il K corrispondente alla iperbole tangente alla caratteristica del
materiale. Determinato il punto 𝐻𝑚 , 𝐵𝑚 occorre fare in modo che la retta di carico passi per quel punto.

Il massimo valore del prodotto 𝐻𝑚 𝐵𝑚 è un importante parametro caratteristico del materiale e viene spesso
incluso nei data-sheets.

Potrebbero piacerti anche