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Appunti di Apparati Elettrici; capitolo 5. A. a. 2020-2021. Versione preliminare.

MACCHINA SINCRONA

INTRODUZIONE
La macchina sincrona trifase è una macchina (rotante) in corrente alternata la cui velocità in condizioni
stazionarie è proporzionale alla frequenza delle correnti negli avvolgimenti statorici. Essa è per lo più utilizzata
per la produzione di energia elettrica dalla conversione di energia meccanica proveniente da turbine idrauliche,
a vapore, a gas o da motori Diesel. Quando utilizzata come macchina generatrice la macchina sincrona prende
il nome di alternatore ed è spesso realizzata in taglie di grande potenza (anche dell’ordine di centinaia di mega
volt-ampere (MVA)). Come per altre macchine elettriche il funzionamento è reversibile e la macchina sincrona
può essere impiegata anche come motore. Una caratteristica importante del motore sincrono è quella di potere
prelevare dalla linea una corrente che può trovarsi sia in anticipo che in ritardo rispetto alla tensione di
alimentazione, rimanendo invariata la componente attiva di tale corrente che è legata alla conversione da
potenza elettrica in meccanica (a condizione di non superare la potenza apparente della macchina). Ciò
significa che il motore sincrono è in grado sia di assorbire che di erogare potenza reattiva. Anche nel
funzionamento da generatore, oltre all’erogazione di potenza attiva (proveniente dalla conversione dell’energia
meccanica) sono possibili sia l’erogazione che l’assorbimento di potenza reattiva. In definitiva quindi nella
macchina sincrona, i fasori rappresentativi di corrente e tensione possono formare un angolo qualsiasi.
L’utilizzo più comune di questa macchina è come generatore, o alternatore, mentre il suo impiego come motore
richiede l’utilizzo di opportuni sistemi di controllo. Infatti vedremo che una variazione della velocità del
motore sincrono richiede una variazione della frequenza di alimentazione, quindi la presenza di un inverter ad
alimentare il motore. Infine, se la velocità di rotazione si discosta da quella sincrona si innescano delle
oscillazioni della coppia attorno a un valore medio nullo che portano il motore al blocco; come conseguenza
si possono verificare forti sovracorrenti tali da danneggiare il motore.
Inoltre, il motore non è in grado di avviarsi da fermo, poiché esso è in grado di generare una coppia motrice
unidirezionale solo se il rotore ruota ad una velocità prossima ad una velocità prestabilita detta velocità di
sincronismo.
Per comprendere il principio di funzionamento della macchina sincrona iniziamo a considerare il
funzionamento da generatore facendo riferimento alla figura 1. Sul rotore sono disposti degli avvolgimenti
(avvolgimenti di eccitazione) percorsi da corrente continua che viene trasferita tramite contatti striscianti. La
distribuzione di induzione magnetica è stazionaria rispetto ad un osservatore solidale con il rotore. Il rotore
viene quindi posto in rotazione a velocità costante da un motore primo. Un osservatore solidale allo statore
(fermo) vede ruotare il campo magnetico prodotto dal rotore. Una spira presente nello statore va a concatenare
un flusso variabile nel tempo e sarà sede di una fem indotta. Se un carico elettrico (bipolo) è collegato ai
morsetti della macchina su tale carico e sugli avvolgimenti statorici della macchina correrà una corrente la cui
pulsazione è proporzionale alla velocità di rotazione.
Questo appena descritto è il principio di funzionamento dei un alternatore monofase funzionante in isola, cioè
in un sistema in cui esso stesso è l’unico generatore agente. Nella quasi totalità dei casi gli alternatori sono di
tipo trifase e funzionano un parallelo con molti altri generatori. Come conseguenza di ciò la tensione e la
frequenza ai morsetti statorici sono sostanzialmente imposte dal sistema (si parla di rete prevalente, o di rete a
potenza infinita), di conseguenza è anche imposta la velocità di rotazione del rotore. Quando si studia il
comportamento di un alternatore collegato ad una rete prevalente quest’ultima viene schematizzata con un
generatore ideale di tensione a frequenza imposta.
Nel caso di macchina trifase nello statore scorre una terna di correnti trifase equilibrata che genera un campo
magnetico rotante sincrono con quello dovuto alle correnti rotoriche. Dall’interazione fra questi due campi
stazionari uno rispetto all’altro nasce una coppia costante.
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Fig. 1 Schema di principio della macchina sincrona monofase e trifase. La figura a sinistra mostra una macchina con
rotore a poli salienti, quella a destra si riferisce a una macchina a rotore liscio. Fitzgerald et al., “Electric machinery”,
6th edition.

.
Fitzgerald, “Electric machinery”, 6th edition.
LA COPPIA NELLA MACCHINA SINCRONA
Il comportamento a regime di una macchina sincrona si può analizzare in termini dell’equazione della coppia
che agisce nella direzione che riduce l’angolo 𝛿𝑅𝐹 portando all’allineamento gli assi dei campi interagenti
𝜋
𝑇 = 𝑝2 ∅𝑅 𝐹𝑓 sin 𝛿𝑅𝐹
2
dove p è il numero di paia polari, ∅𝑅 .è il flusso
risultante per polo al traferro, 𝐹𝑓 è la fmm
degli avvolgimenti di eccitazione sul rotore e
𝛿𝑅𝐹 è l’angolo elettrico fra gli assi magnetici
di ∅𝑅 e di 𝐹𝑓 .
Rispetto all’espressione riportata nel capitolo
precedente è stato omesso il segno meno
avendo comunque determinato il verso della
coppia affermando che la coppia
elettromeccanica agisce nella direzione tale da
mantenere i campi allineati.
Assegnata la corrente di eccitazione rotorica
(quindi la fmm rotorica) e il flusso risultante al
traferro (quindi la tensione di alimentazione
che almeno in prima approssimazione è
Fig. 2 Curva angolo-coppia. Fitzgerald et al., “Electric proporzionale alla derivata del flusso), la
machinery”, 6th edition. coppia dipende dall’angolo δRF (angolo di
coppia) come mostrato in figura 2.
Valori positivi della coppia rappresentano il funzionamento da generatore con la fmm di rotore in anticipo sul
flusso risultante. In questo caso tramite un motore primo viene applicata dall’esterno una coppia motrice al
rotore, mentre la coppia elettromagnetica esercitata sul rotore è di verso opposto a quella motrice e tende a
opporsi alla variazione dell’angolo che altrimenti aumenterebbe per effetto della coppia motrice.
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Per un assegnato valore di coppia abbiamo due possibili valori dell’angolo δRF , ma solo uno corrisponde alla
situazione di equilibrio stabile. Infatti, un aumento della coppia motrice sull’albero produce una accelerazione
dell’albero con un aumento dell’ampiezza dell’angolo coppia δRF. Se il punto di lavoro si trova nel tratto
crescente della caratteristica (0°< δRF <90°) alla crescita dell’angolo corrisponde un aumento della coppia
elettromagnetica che bilancia l’aumento della coppia esterna riportando il sistema in una nuova condizione di
equilibrio. Se la macchina funzionasse in un punto della caratteristica decrescente (90°< δRF <180°), un
aumento della coppia applicata dall’esterno non potrebbe essere bilanciata dalla coppia elettromagnetica,
poiché questa diminuirebbe a causa della crescita dell’angolo, aumentando così il divario fra coppia motrice e
coppia resistente.
Consideriamo ora il funzionamento da motore e supponiamo che il punto di lavoro si trovi nell’intervallo (-
90°< δRF <0°). Un aumento della coppia resistente (carico meccanico) provoca un rallentamento del rotore e
quindi un aumento (in modulo) dell’angolo δRF, al quale corrisponde un aumento (in modulo) della coppia
motrice elettromagnetica. Il sistema è in grado di riportarsi in condizione di equilibrio. Punti di lavoro che si
trovano nell’intervallo -180°< δRF <-90° sono instabili.
Quando δRF assume il valore di 90° la coppia elettromeccanica raggiunge il suo valore massimo. Un ulteriore
aumento della coppia del motore primo non può essere bilanciato da un corrispondente aumento di quella
elettromeccanica necessaria a mantenere il sincronismo. In questo caso il rotore accelera perdendo il
sincronismo con il campo rotante statorico. Questa è una condizione di funzionamento potenzialmente
pericolosa per l’integrità del sistema e solitamente provoca l’intervento degli apparati di protezione che
provvedono a aprire gli interruttori verso la rete elettrica e contemporaneamente a disconnettere
meccanicamente il rotore dal motore primo per prevenire il raggiungimento di velocità eccessive.
Un comportamento analogo si avrebbe nel funzionamento da motore se la coppia meccanica resistente
superasse la massima coppia motrice elettromagnetica (quella corrispondente a δRF =-90°). In questo caso la
perdita del sincronismo porterebbe il motore a fermarsi con il rischio di valori troppo elevati di correnti
assorbite dalla macchina.
Infine osserviamo che un motore sincrono non può essere avviato da fermo semplicemente collegandolo alla
rete elettrica, in quanto esso è in grado di produrre una coppia motrice netta solo al sincronismo. Occorre
predisporre degli apparati “accessori” che portino il rotore in prossimità della velocità di sincronismo.
Il valore della massima coppia in una macchina sincrona può essere aumentato incrementando le correnti
rotoriche e/o statoriche. Occorre però tenere presenti i limiti posti dal riscaldamento dei conduttori per effetto
Joule e considerare gli effetti della saturazione magnetica dei materiali.
La coppia elettromagnetica nella macchina sincrona trifase può essere scritta in termini di correnti rotoriche e
statoriche e di coefficienti di mutua induzione:
3
𝑇 = − 𝑝𝐿𝑎𝑓 𝐼𝑓 𝐼𝑎 sin(𝑝𝛿𝑚 )
2
Se δ=0 la coppia è nulla e lo sarà anche la potenza. Nell’ipotesi di potere trascurare le perdite sarà nulla anche
la potenza elettrica assorbita dai morsetti. La macchina potrà assorbire solo potenza reattiva con l’angolo di
sfasamento fra tensione e corrente pari a π/2.

CIRCUITO EQUIVALENTE
Nel capitolo precedente abbiamo ottenuto le espressioni generali per la valutazione della coppia nella macchine
rotanti. Nel paragrafo precedente queste relazioni sono state discusse nel contesto della macchina sincrona.
Sempre utilizzando i risultati ottenuti nel capitolo precedente ci proponiamo di identificare un circuito
equivalente che rappresenti la relazione tensione - corrente ai morsetti della macchina in condizioni stazionarie,
cioè ipotizzando un funzionamento della macchina a velocità costante (pari a quella di sincronismo) e con
alimentazione statorica sinusoidale.
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Facciamo riferimento alla figura in cui è schematizzata una macchina caratterizzata da una coppia di poli, dove
le bobine aa’, bb’, cc’ rappresentano avvolgimenti statorici distribuiti che producono una fmm e una densità
di flusso sinusoidali al traferro. L’avvolgimento ff’ sul rotore è anch’esso un avvolgimento distribuito che
produce una fmm e una densità di flusso entrambe sinusoidali e simmetriche rispetto all’asse magnetico del
rotore. Queste distribuzioni sono solidali al rotore e ne seguono la rotazione rispetto allo statore.
Sotto l’ipotesi di linearità dei materiali magneticamente
polarizzabili i flussi concatenati con le fasi statoriche a,
b, c e con l’avvolgimento di rotore f sono espressi come
combinazioni lineari delle correnti nella macchina:
𝜆𝑎 = ℒ𝑎𝑎 𝑖𝑎 + ℒ𝑎𝑏 𝑖𝑏 + ℒ𝑎𝑐 𝑖𝑐 + ℒ𝑎𝑓 𝑖𝑓
𝜆𝑏 = ℒ𝑏𝑎 𝑖𝑎 + ℒ𝑏𝑏 𝑖𝑏 + ℒ𝑏𝑐 𝑖𝑐 + ℒ𝑏𝑓 𝑖𝑓
𝜆𝑐 = ℒ𝑐𝑎 𝑖𝑎 + ℒ𝑐𝑏 𝑖𝑏 + ℒ𝑐𝑐 𝑖𝑐 + ℒ𝑐𝑓 𝑖𝑓
𝜆𝑓 = ℒ𝑓𝑎 𝑖𝑎 + ℒ𝑓𝑏 𝑖𝑏 + ℒ𝑓𝑐 𝑖𝑐 + ℒ𝑓𝑓 𝑖𝑓
In queste equazioni ℒ𝑗𝑗 rappresenta il coefficiente di
autoinduzione della fase j, mentre ℒ𝑗𝑘 rappresenta il
coefficiente di mutua induzione fra gli avvolgimenti della
fase j e quelli della fase k (con j, k= a,b,c,f). La scelta del
tipo di carattere ℒ𝑎𝑎 sta a indicare una possibile
dipendenza della grandezza dalla posizione angolare
relativa di rotore e statore.
Fig. 3 Macchina a due poli magnetici.
Applicando la legge di Faraday-Lenz si trova poi la
Fitzgerald et al., “Electric machinery”, 6th
edition. tensione indotta ai morsetti degli avvolgimenti che
almeno in prima approssimazione (trascurando cioè i
termini resistivi) può considerarsi coincidente con la
tensione di alimentazione.
Prima di procedere è utile però analizzare i coefficienti di auto e mutua induzione per determinarne le principali
caratteristiche.

1. INDUTTANZE STATORICHE
Tratteremo soltanto le macchine isotrope: il rotore è assimilabile ad un cilindro omogeneo di materiale
ferromagnetico lineare e la superficie cilindrica interna dello statore è coassiale al rotore. Come conseguenza
della geometria appena descritta il coefficiente di autoinduzione del generico avvolgimento statorico è
indipendente dalla posizione angolare del rotore rispetto a tale avvolgimento. Si può scrivere:
ℒ𝑎𝑎 = ℒ𝑏𝑏 = ℒ𝑐𝑐 = 𝐿𝑎𝑎 = 𝐿𝑎0 + 𝐿𝑎1
In questa espressione il termine 𝐿𝑎0 tiene conto dei flussi associati alle linee di forza prodotte
dall’avvolgimento a-a’ che vanno a comporsi con le linee di forza degli altri avvolgimenti statorici; sappiamo
che l’effetto risultante, quando i tre avvolgimenti sono identici, distanziati di 120° gradi elettrici e percorsi da
una terna equilibrata di correnti è la produzione di un campo magnetico rotante sincrono con quello di rotore.
Il termine 𝐿𝑎1 tiene conto invece dei flussi associati alle linee di forza che si concatenano con il solo
avvolgimento a-a’ che le produce senza concatenarsi né con gli altri avvolgimenti statorici, né con quello
rotorico. Il prodotto 𝐿𝑎1 𝑖𝑎 è da considerarsi un flusso disperso nel senso che non partecipa alla conversione
elettromeccanica.
Per quanto riguarda il coefficiente di mutua induzione fra gli avvolgimenti che costituiscono due fasi statoriche
possiamo utilizzare la relazione generale ottenuta nel capitolo precedente:
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4𝜇0 2𝐾𝑤,𝑠 𝑁𝑠,𝑝ℎ 2𝐾𝑤,𝑟 𝑁𝑟,𝑝ℎ 𝑅𝐿


ℒ𝑠,𝑟 (𝜃𝑚𝑒 ) = ( )( ) 𝑐𝑜𝑠(𝜃𝑚𝑒 ) = 𝐿𝑠,𝑟 𝑐𝑜𝑠(𝜃𝑚𝑒 )
𝜋 2𝑝 2𝑝 𝑔
che esprime il valore del coefficiente di mutua induzione fra un avvolgimento rotorico e uno statorico i cui
assi sono ruotati dell’angolo elettrico 𝜃𝑚𝑒 . Le ipotesi assunte (flusso puramente radiale al traferro e 𝜇𝑓𝑒 → ∞)
permettono di scrivere la stessa equazione se gli avvolgimenti coinvolti sono entrambi sullo statore (o sul
rotore), quindi:
𝜋 4𝜇0 2𝐾𝑤,𝑎 𝑁𝑎,𝑝ℎ 2 𝑅𝐿 𝜋 𝜋
𝐿𝑎,𝑏 = ℒ𝑠,𝑟 (2 ) = ( ) 𝑐𝑜𝑠 (2 ) = 𝐿𝑎,𝑎 𝑐𝑜𝑠 (2 ) = −0.5𝐿𝑎,0
3 𝜋 2𝑝 𝑔 3 3
dove si è tenuto conto che l’avvolgimento b-b’ è ottenuto da a-a’ mediante una rotazione di 120° elettrici
(120°/p meccanici). Il termine 𝐿𝑎,0 che appare al membro più a destra è conseguenza del fatto che i flussi
dispersi (𝐿𝑎1 𝑖𝑎 ) non possono concatenare altri avvolgimenti che non siano quelli che li producono, quindi solo
una frazione del flusso 𝐿𝑎0 𝑖𝑎 (in particolare la metà) può concatenarsi con altri avvolgimenti.
ℒ𝑎𝑏 = ℒ𝑎𝑐 = ℒ𝑏𝑐 = ℒ𝑏𝑎 = ℒ𝑐𝑎 = ℒ𝑐𝑏 = −0.5𝐿𝑎0
2. INDUTTANZE ROTORICHE
Anche per le autoinduzioni rotoriche vale la stessa ipotesi di invarianza rispetto alla rotazione, di conseguenza
i coefficienti sono costanti:
ℒ𝑓𝑓 = 𝐿𝑓𝑓 = 𝐿𝑓0 + 𝐿𝑓1
Dove 𝐿𝑓0 tiene conto delle linee di forza che attraversano il traferro e si concatenano con gli avvolgimenti
statorici, mentre 𝐿𝑓1 tiene conto dei flussi rotorici dispersi, che come gli omologhi statorici non partecipano
alla conversione elettromeccanica.
In condizioni stazionarie, poiché le correnti statoriche sono una terna simmetrica ed equilibrata, il campo
magnetico statorico ruota in sincronismo con il rotore e quindi il flusso concatenato con l’avvolgimento
rotorico prodotto dalle correnti di statoriche non varia nel tempo. Di conseguenza il contributo delle correnti
statoriche alla tensione presente ai morsetti dell’avvolgimento rotorico è nulla.
3. MUTUA INDUTTANZA FRA ROTORE E STATORE
A differenza degli altri coefficienti, quelli di mutua induzione fra statore e rotore variano con l’angolo 𝜃𝑚𝑒 =
𝑝𝜃𝑚 . L’espressione del coefficiente di mutua induzione fra l’avvolgimento statorici a-a’ e quello rotorico può
essere scritta come:
4𝜇0 2𝐾𝑤,𝑎 𝑁𝑎,𝑝ℎ 2𝐾𝑤,𝑓 𝑁𝑓,𝑝ℎ 𝑅𝐿
ℒ𝑎,𝑓 (𝜃𝑚𝑒 ) = ℒ𝑓,𝑎 (𝜃𝑚𝑒 ) = ( )( ) 𝑐𝑜𝑠(𝜃𝑚𝑒 ) = 𝐿𝑎,𝑓 𝑐𝑜𝑠(𝑝𝜃𝑚 )
𝜋 2𝑝 2𝑝 𝑔
In cui 𝐿𝑎,𝑓 è il valore del coefficiente di mutua induzione in quando i due avvolgimenti sono allineati. Gli
avvolgimenti b-b’ e c-c’ sono sfasati rispetto a a-a’ rispettivamente degli angoli (elettrici) 120° e 240°; le
espressioni dei loro coefficienti di mutua induzione con l’avvolgimento rotorico, quando questo è ruotato
dell’angolo meccanico 𝑝𝜃𝑚 rispetto al riferimento (coincidente con con l’asse dell’avvolgimento a-a’ come
rappresentato in figura) sono:
𝜋
ℒ𝑏,𝑓 (𝜃𝑚𝑒 ) = ℒ𝑓,𝑏 (𝜃𝑚𝑒 ) = 𝐿𝑎,𝑓 𝑐𝑜𝑠 (𝑝𝜃𝑚 − 2 )
3
𝜋
ℒ𝑐,𝑓 (𝜃𝑚𝑒 ) = ℒ𝑓,𝑐 (𝜃𝑚𝑒 ) = 𝐿𝑎,𝑓 𝑐𝑜𝑠 (𝑝𝜃𝑚 − 4 )
3
Sostituendo le espressioni delle induttanze nelle espressioni dei flussi concatenati con gli avvolgimenti delle
fasi statoriche a-a’, b-b’, c-c’ e con l’avvolgimento rotorico f-f’:
𝜆𝑎 = (𝐿𝑎0 + 𝐿𝑎1 )𝑖𝑎 − 0.5 𝐿𝑎0 𝑖𝑏 − 0.5 𝐿𝑎0 𝑖𝑐 + 𝐿𝑎,𝑓 𝑐𝑜𝑠(𝑝𝜃𝑚 )𝐼𝑓
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𝜋
𝜆𝑏 = −0.5 𝐿𝑎0 𝑖𝑎 + (𝐿𝑎0 + 𝐿𝑎1 )𝑖𝑏 − 0.5 𝐿𝑎0 𝑖𝑐 + 𝐿𝑎,𝑓 𝑐𝑜𝑠 (𝑝𝜃𝑚 − 2 ) 𝐼𝑓
3
𝜋
𝜆𝑐 = −0.5 𝐿𝑎0 𝑖𝑎 − 0.5 𝐿𝑎0 𝑖𝑏 + (𝐿𝑎0 + 𝐿𝑎1 )𝑖𝑐 + 𝐿𝑎,𝑓 𝑐𝑜𝑠 (𝑝𝜃𝑚 − 4 ) 𝐼𝑓
3
𝜋 𝜋
𝜆𝑓 = 𝐿𝑎,𝑓 𝑐𝑜𝑠(𝑝𝜃𝑚 )𝑖𝑎 + 𝐿𝑎,𝑓 𝑐𝑜𝑠 (𝑝𝜃𝑚 − 2 ) 𝑖𝑏 + 𝐿𝑎,𝑓 𝑐𝑜𝑠 (𝑝𝜃𝑚 − 4 ) 𝑖𝑐 + (𝐿𝑓0 + 𝐿𝑓1 )𝐼𝑓
3 3
CIRCUITO EQUIVALENTE MONOFASE DELLO STATORE
Dall’analisi delle espressioni dei flussi si può determinare la struttura del circuito equivalente monofase della
macchina sincrona. Consideriamo l’espressione di 𝜆𝑎 : poiché le correnti formano una terna simmetrica
equilibrata sarà 𝑖𝑎 + 𝑖𝑏 + 𝑖𝑐 = 0, ovvero 𝑖𝑏 + 𝑖𝑐 = −𝑖𝑎 . Sostituendo:
𝜆𝑎 = (𝐿𝑎0 + 𝐿𝑎1 )𝑖𝑎 + 0.5 𝐿𝑎0 𝑖𝑎 + 𝐿𝑎,𝑓 𝑐𝑜𝑠(𝑝𝜃𝑚 )𝐼𝑓
Si definisce induttanza sincrona la quantità:
𝐿𝑠 = 𝐿𝑎0 + 𝐿𝑎1 + 0.5𝐿𝑎0
Quindi:
𝜆𝑎 = 𝐿𝑠 𝑖𝑎 + 𝐿𝑎,𝑓 𝑐𝑜𝑠(𝑝𝜃𝑚 )𝐼𝑓
𝐿𝑠 è un coefficiente con le dimensioni fisiche di un coefficiente di autoinduzione che lega il flusso concatenato
con l’avvolgimento a-a’ e la corrente 𝑖𝑎 che lo attraversa quando negli avvolgimenti statorici della macchina
scorre una terna trifase equilibrata di correnti in condizioni stazionarie.
𝐿𝑠 può essere visto come la somma di tre termini. Il primo è dovuto alla fondamentale della distribuzione
dell’induzione al traferro prodotta dalla corrente nell’avvolgimento stesso. Il secondo tiene conto dei flussi
dispersi. Il terzo termine è dovuto al concatenamento dell’avvolgimento a-a’ con le componenti fondamentali
delle distribuzioni di flusso prodotte dalla correnti sugli altri due avvolgimenti del sistema trifase. L’induttanza
sincrona è una induttanza fittizia che permette di considerare il flusso concatenato con l’avvolgimento a-a’
come se fosse dovuto soltanto alla corrente che scorre in quell’avvolgimento.
3
Consideriamo ora il termine 2 𝐿𝑎0 𝑖𝑎 . Ricordando che gli avvolgimenti statorici della macchina sono percorsi
da una terna trifase equilibrata di correnti sinusoidali, questi produrranno un campo rotante di induzione al
3
traferro. La fondamentale del flusso concatenato con l’avvolgimento a-a’ assume la forma: 2 𝐿𝑎0 𝑖𝑎 . Questa
affermazione si dimostra facilmente considerando le espressioni dei flussi concatenati con gli avvolgimenti
derivate nel capitolo precedente.
Infine dalla:
3
𝜆𝑎 = 𝐿𝑎0 𝑖𝑎 + 𝐿𝑎,𝑓 𝑐𝑜𝑠(𝑝𝜃𝑚 )𝐼𝑓 + 𝐿𝑎1 𝑖𝑎
2
riconosciamo nell’espressione del flusso concatenato con l’avvolgimento a-a’ la presenza di due termini (i
primi) che tengono conto del flusso concatenato con due distribuzioni rotanti di induzione al traferro: la prima
dovuta alle correnti statoriche, la seconda a quelle rotoriche. Il terzo termine nell’espressione di 𝜆𝑎 rappresenta
come già discusso un flusso disperso.
Le considerazioni svolte per l’avvolgimento a-a’ si ripetono per gli altri due.
Dalla determinazione della relazione tensione corrente ai morsetti dell’avvolgimento a-a’ possiamo
individuare il circuito monofase equivalente ipotizzando un collegamento interfasico a stella.
Introducendo la resistenza dell’avvolgimento la tensione può essere scritta come
𝑑𝜆𝑎 𝑑𝑖𝑎
𝑣𝑎 = + 𝑅𝑖𝑎 = 𝐿𝑠 + 𝑅𝑖𝑎 + 𝑒𝑎𝑓
𝑑𝑡 𝑑𝑡
dove:
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𝑑
𝑒𝑎𝑓 = (𝐿 cos(𝑝𝜔𝑚 𝑡) 𝐼𝑓 ) = −𝑝𝜔𝑚 𝐿𝑎𝑓 𝐼𝑓 sin(𝑝𝜔𝑚 𝑡) = −𝜔𝑒 𝐿𝑎𝑓 𝐼𝑓 sin(𝜔𝑒 𝑡)
𝑑𝑡 𝑎𝑓
Una volta fissato il valore delle corrente sul rotore questo termine è assimilabile ad un generatore di tensione
ideale di forma d’onda sinusoidale.
In termini fasoriali:
𝑉𝑎̇ = 𝑗𝜔𝑒 𝐿𝑠 𝐼𝑎̇ + 𝐸̇𝑎𝑓 + 𝑅𝐼𝑎̇ = 𝑗𝑋𝑠 𝐼𝑎̇ + 𝐸̇𝑎𝑓 + 𝑅𝐼𝑎̇
𝑋𝑠 = 𝜔𝑒 𝐿𝑠 prende il nome di reattanza sincrona.
L’equazione appena scritta coincide con la relazione tensione corrente del bipolo riportato nella figura 4 a
sinistra nel quale sono stati utilizzati riferimenti associati tensione-corrente.

Fig. 4 Circuito equivalente, a) riferimenti da motore; b) riferimenti da generatore.


Fitzgerald, “Electric machinery”, 6th edition

Nella figura a destra i riferimenti sono invece quelli non associati corrispondenti alla relazione tensione
corrente:
𝑉𝑎̇ = −𝑗𝑋𝑠 𝐼𝑎̇ − 𝑅𝐼𝑎̇ + 𝐸̇𝑎𝑓
Naturalmente le due rappresentazioni sono equivalenti. Nella figura a sinistra con riferimenti assocati il
prodotto tensione corrente 𝑉𝑎̇ 𝐼𝑎∗̇ fornisce la potenza complessa entrante (motore), mentre in quello di destra
dove i riferimenti non sono quelli associati lo stesso prodotto fornisce la potenza complessa uscente
(generatore).
Se ricordiamo l’espressione della reattanza sincrona la relazione tensione corrente (con le convenzioni da
generatore) puo essere scritta come:
3
𝑉𝑎̇ = −𝑗𝜔𝑒 𝐿𝑎0 𝐼𝑎̇ − 𝑗𝜔𝑒 𝐿𝑎1 𝐼𝑎̇ − 𝑅𝐼𝑎̇ + 𝐸𝑎̇ = 𝐸𝑎̇ − 𝑗𝑋𝜑 𝐼𝑎̇ − 𝑗𝑋𝑎1 𝐼𝑎̇ − 𝑅𝐼𝑎̇ = 𝐸𝑅̇ − 𝑗𝑋𝑎1 𝐼𝑎̇ − 𝑅𝐼𝑎̇
2
dove 𝐸̇𝑅 = 𝐸̇𝑎𝑓 − 𝑗𝑋𝜑 𝐼𝑎̇ . Questo termine, in base alle considerazioni precedentemente svolte, può essere
intepretato come la tensione indotta nell’avvolgimento a-a’ dovuta alla fondamentale del campo rotante al
traferro risultante dalla composizione del campo rotorico (prodotto da correnti costanti su un avvolgimento
monofase in rotazione “meccanica”) e del campo statorico (dovuto a una terna trifase equilibrata di correnti
sinusoidali che scorrono su tre avvolgimenti fermi).
La figura 5 mostra il circuito equivalente in cui è evidenziata la:
𝐸̇𝑅 = 𝐸̇𝑎𝑓 − 𝑗𝑋𝜑 𝐼𝑎̇

Osserviamo che la 𝐸̇𝑅 non è una grandezza misurabile. Viene chiamata la tensione al traferro o la tensione
dietro l’induttanza di dispersione.
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Fig. 5 Circuito equivalente che mostra le componenti al traferro e disperse della reattanza
sincrona e la tensione al traferro. Fitzgerald et al., “Electric machinery”, 6th edition

CIRCUITO EQUIVALENTE ROTORICO


Il circuiti relativi alle altre due fasi statoriche sono simili a quello per la fase a-a’. I parametri circuitali sono
gli stessi, tensioni e correnti in b-b’ e c-c’ sono sfasate rispetto a quelli della fase a-a’ di 120° e 240° elettrici
rispettivamente.
Rimane da determinare la relazione tensione corrente e il circuito equivalente per il rotore. Nella condizione
stazionaria che stiamo analizzando il flusso che si concatena con l’avvolgimento rotorico è costante e può
essere visto come la risultante del flusso prodotto dalla corrente sull’avvolgimento stesso e del flusso prodotto
dagli avvolgimenti statorici. Quest’ultimo è dovuto a una distribuzione rotante di induzione al traferro la cui
fondamentale è sincrona con il rotore e quindi il flusso concatenato è costante. Introducendo la resistenza degli
avvolgimenti rotorici si può scrivere:
𝑑𝜆𝑓
𝑣𝑅 = 𝑅𝑅 𝐼𝑓 + = 𝑅𝑅 𝐼𝑓
𝑑𝑡
La tensione negli avvolgimenti rotorici in una macchina sincrona è costante e il circuito equivalente è formato
da una semplice resistenza. La corrente di eccitazione costante può essere ottenuta alimentando il circuito
rotorico con un generatore di tensione (anch’essa costante).

DETERMINAZIONE DEI PARAMETRI


Il parametri del circuito equivalente possono essere determinati da una analisi della macchina che viene
usualmente condotta mediante modellazione numerica (tipicamente FEM). Più frequentemente questi
parametri vengono essere estratti da alcune prove sperimentali. I particolare si ricorre a due prove: la prova a
vuoto e quella in corto circuito.
Prova a vuoto
Durante la prova a vuoto apriamo i terminali dello statore e vi inseriamo un voltmetro ideale per misurare la
tensione, che con riferimento alla fig. 5 corrisponde alla 𝐸𝑎𝑓 , (valore efficace della tensione indotta) mentre la
corrente statorica è ovviamente nulla.
La macchina è messa in rotazione alla velocità di sincronismo corrispondente alla frequenza nominale: in Italia
f=50 Hz e la velocità corrispondente è 3000/p rpm (rotazioni per minuto); in America f = 60 Hz e la velocità
corrispondente è 3600/p rpm. p è sempre il numero di coppie polari.
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Nel grafico è mostrata la relazione tra corrente rotorica e


valore efficace 𝐸𝑎𝑓 . Per bassi valori della corrente di
eccitazione si osserva un andamento lineare della curva, ma
al raggiungimento della saturazione dei materiali
ferromagnetici la curva diminuisce la sua pendenza. La
saturazione del materiale magnetico infatti aumenta la
riluttanza dei circuiti e la dipendenza del flusso magnetico
dalle correnti rotoriche ricalca la caratteristica B-H del
materiale. Va anche osservato che la forma d’onda della
f.e.m. indotta non ha andamento sinusoidale nel tempo come
conseguenza della distribuzione NON sinusoidale
dell’induzione al traferro. Infatti per effetto della saturazione
la prevista distribuzione sinusoidale di induzione al traferro
è “spianata” in corrispondenza dei massimi.
Fig. 6 Curva caratteristica della prova a vuoto.
Fitzgerald et al., “Electric machinery”, 6th La parte lineare della curva e il suo prolungamento per alti
edition valori di corrente è detta linea al traferro. Rappresenta
l’andamento ideale della tensione nel caso in cui la macchina
non saturasse. La deviazione della curva reale dalla linea al
traferro è una misura del grado di saturazione della macchina.
Il tratto cerchiato in rosso è la zona in cui si cerca di lavorare per ottenere il giusto compromesso fra
comportamento lineare e ricerca delle massime prestazioni. Lavorare a sinistra del ginocchio significa non
sfruttare al meglio il circuito magnetico della macchina. Lavorando a destra, oltre alla presenza di armoniche
nella f.e.m. si corre il rischio di sovraccaricare termicamente i circuiti rotorici. La tensione di lavoro coincide
con la tensione nominale del sistema elettrico nel quale verrà inserita la macchina. Dalla conoscenza della
caratteristica a vuoto della macchina si può risalire al coefficiente di mutua induzione fra gli avvolgimenti
statorici e quello rotorico.
Misurando la potenza meccanica necessaria a mantenere in rotazione la macchina a velocità costante si
valutano le potenze perse a vuoto nella macchina. Possiamo infatti scrivere:
𝑃𝑚𝑒𝑐𝑐ℎ = 𝑃𝑎𝑡𝑡𝑟𝑖𝑡𝑜 + 𝑃𝑣𝑒𝑛𝑡𝑖𝑙 + 𝑃𝑛𝑢𝑐𝑙𝑒𝑜
Dove:
• 𝑃𝑎𝑡𝑡𝑟𝑖𝑡𝑜 sono le perdite di potenze per attrito meccanico nei cuscinetti.
• 𝑃𝑣𝑒𝑛𝑡𝑖𝑙 sono perdite dovute all’attrito viscoso con l’aria, in particolare nelle ventole spesso presenti
per il raffreddamento della macchina
• 𝑃𝑛𝑢𝑐𝑙𝑒𝑜 sono le perdite per correnti vorticose nel nucleo. Queste perdite si localizzano in massima
parte nello statore, poiché il rotore ruota alla stessa velocità del campo magnetico quindi non ci sono
variazioni di flusso e di conseguenza correnti indotte nel rotore. In realtà per effetto della presenza
delle cave di statore sono presenti perdite nel ferro di rotore in corrispondenza delle parti affacciate al
traferro.
𝑃𝑎𝑡𝑡𝑟𝑖𝑡𝑜 e 𝑃𝑣𝑒𝑛𝑡𝑖𝑙 dipendono dalla velocità di rotazione e possono ritenersi costanti indipendentemente dal
valore della corrente rotorica. Possiamo quindi determinarle effettuando una prova (ovviamente a velocità
sincrona) in cui la corrente rotorica è posta uguale a zero.
𝑃𝑚𝑒𝑐𝑐ℎ (0) = 𝑃𝑎𝑡𝑡𝑟𝑖𝑡𝑜 + 𝑃𝑣𝑒𝑛𝑡𝑖𝑙
Le perdite nel nucleo possono essere valutate per differenza fra la 𝑃𝑚𝑒𝑐𝑐ℎ (𝐼𝑟𝑜𝑡,𝑛𝑜𝑛 ) con rotore alimentato e la
𝑃𝑚𝑒𝑐𝑐ℎ (0).
𝑃𝑛𝑢𝑐𝑙𝑒𝑜 = 𝑃𝑚𝑒𝑐𝑐ℎ (𝐼𝑟𝑜𝑡,𝑛𝑜𝑛 ) − 𝑃𝑚𝑒𝑐𝑐ℎ (0)
Appunti di Apparati Elettrici; capitolo 5. A. a. 2020-2021. Versione preliminare. 10

Le potenze nel nucleo dipendono dal flusso al traferro, che è proporzionale alla tensione a vuoto. Se, come
detto, la tensione a vuoto coincide con quella nominale del sistema, allora le perdite nel nucleo stimate con la
prova a vuoto coincideranno con ottima approssimazione con quelle nel funzionamento a carico.
Prova in corto circuito
La caratteristica di cortocircuito si ottiene chiudendo i terminali della macchina su un amperometro ideale che
si comporta come un cortocircuito.
La tensione 𝑉𝑎̇ sarà nulla; con riferimento alla fig. 5,
utilizzando i riferimenti del funzionamento da generatore:
𝐸̇𝑎𝑓 = 𝑅𝑎 𝐼𝑎̇ + 𝑗𝑋𝑠 𝐼𝑎̇
La figura 7 riporta l’andamento del valore efficace della
corrente di cortocircuito sovrapposta alla tensione a vuoto.
Si osserva che, mentre la tensione a vuoto è caratterizzata
dalla saturazione con la presenza di un ginocchio in
corrispondenza della corrente di eccitazione 𝐼𝑓
(corrispondente alla tensione nominale che si trova in
prossimità dal ginocchio), la corrente di cortocircuito
continua a crescere linearmente anche dopo il punto
corrispondente a 𝐼𝑓 .
Per spiegare questo comportamento costruiamo il
Fig. 7 Caratteristiche di circuito aperto e corto diagramma fasoriale relativo al funzionamento in corto.
circuito. Fitzgerald et al., “Electric machinery”, Utilizziamo il metodo del vettore presunto costruendo il
6th edition. diagramma a partire dalla corrente di armatura 𝐼𝑎̇ .
Osserviamo che, essendo 𝑅𝑎 ≪ 𝑋𝑠 la corrente di statore
sarà in ritardo rispetto alla tensione di eccitazione di un angolo prossimo a 90°.
Riscriviamo l’equazione della maglia:
𝑅𝑎 𝐼𝑎̇ + 𝑗𝑋𝑎1 𝐼𝑎̇ = 𝐸̇𝑅 = 𝐸̇𝑎𝑓 − 𝑗𝑋𝜑 𝐼𝑎̇
Iniziamo la quindi la costruzione:
𝐸̇𝑅 = (𝑅𝑎 + 𝑗𝑋1𝑎 )𝐼𝑎̇
𝐸̇𝑎𝑓 = 𝐸̇𝑅 + 𝑗𝑋𝜑 𝐼𝑎̇
Le tensioni sono legate ai flussi da una
derivazione nel tempo, quindi sono in
quadratura nel dominio fasoriale. In
precedenza abbiamo definito:
𝑑
𝑒𝑎𝑓 = (𝐿 cos(𝑝𝜔𝑚 𝑡) 𝐼𝑓 )
𝑑𝑡 𝑎𝑓
che in termini fasoriali diventa:
𝐸̇𝑎𝑓 = 𝑗𝜔Φ
̂ 𝑎𝑓

e che permette di localizzare il fasore del flusso


rotorico a 90° in anticipo rispetto alla tensione
𝐸̇𝑎𝑓 .
Fig. 8 Diagramma fasoriale. Fitzgerald et al., “Electric
machinery”, 6th edition ̂ 𝑎𝑓 possiamo determinare la fmm
Dal flusso Φ
rotorica 𝐹̂ (proporzionale a Φ̇𝑎𝑓 ).
Consideriamo ora il termine −𝑗𝑋𝜑 𝐼𝑎̇ = −𝑗𝜔𝐿𝜑 𝐼𝑎̇ = 𝑗𝜔Φ
̂ 𝑎 : per quanto discusso in precedenza il flusso Φ̂𝑎
Appunti di Apparati Elettrici; capitolo 5. A. a. 2020-2021. Versione preliminare. 11

̂ 𝑎𝑓 , quindi come un flusso associato


(prodotto dalle correnti statoriche) può essere considerato alla stregua di Φ
a un campo rotante dovuto alla fmm di reazione statorica 𝐴̂. 𝐴̂ è proporzionale a Φ ̂ 𝑎 e quindi a −𝐿𝜑 𝐼𝑎̇ , quindi
in opposizione di fase rispetto alla corrente di armatura 𝐼𝑎̇ .
La tensione 𝐸̇𝑅 è dovuta alla variazione del campo rotante risultante caratterizzato dal flusso Φ
̂𝑅 = Φ̂ 𝑎𝑓 + Φ
̂ 𝑎,
a sua volta proporzionale alla fmm risultante al traferro 𝑅̂ = 𝐹̂ + 𝐴̂ che sarà in quadratura in ritardo rispetto
alla 𝐸̇𝑅 .
La fmm risultante è quella responsabile dell’induzione al traferro. Si osserva dal diagramma che come
conseguenza della “quasi” quadratura fra 𝐸̇𝑎𝑓 e 𝐼𝑎̇ la reazione di armatura è tale da produrre una fmm “quasi”
in opposizione di fase rispetto alla fmm rotorica che ha quindi un effetto smagnetizzante che “preserva” la
macchina dalla condizione di saturazione.
Dalla caratteristica a vuoto si determina, in corrispondenza di una assegnata condizione di eccitazione, la
tensione 𝐸̇𝑎𝑓 . In corrispondenza della stessa eccitazione dalla caratteristica in corto si determina la corrente
̇
𝐼𝑎,𝑠𝑐 ̅̅̅̅̅ (rif. figura 7). Se si trascura la saturazione si andrà a leggere la tensione 𝑉𝑎,𝑎𝑔 = ̅̅̅̅
= 𝑂′𝑏 𝑂𝑎 sulla
caratteristica lineare (air-gap line). Trascurando in prima approssimazione la resistenza 𝑅𝑎 , si può scrivere per
la reattanza sincrona in condizioni non sature:
𝑉𝑎,𝑎𝑔
𝑋𝑠,𝑢 =
𝐼𝑎,𝑠𝑐
(u sta per unsaturated, ag sta per air-gap, sc sta per short circuit). Spesso le misure effettuate forniscono la
tensione concatenata, mentre il circuito monofase equivalente è riferito alle tensioni stellate; in questo caso
occorre dividere per √3.
Consideriamo ora la fig. 9. Supponiamo che nel corso
della prova a vuoto, la tensione nominale 𝑉𝑎,𝑟𝑎𝑡𝑒𝑑 sia sul
ginocchio della curva che tiene conto della saturazione.
In questi casi si può assumere che la macchina sia
equivalente ad una macchina in funzionamento non
saturato (lineare) caratterizzato da una caratteristica
lineare passante per il punto di funzionamento (semiretta
op). Andiamo poi a effettuare la prova in corto circuito.
Se per esempio alimentiamo il rotore con la corrente 𝐼𝑓 ′
(quella che a vuoto porta la macchina al ginocchio),
osserviamo che la corrente di corto circuito 𝐼′𝑎 si trova
su un tratto della caratteristica omonima dove non c’è
traccia di saturazione. Si può aumentare ulteriormente
l’eccitazione fino al valore 𝐼𝑓 ′′ corrispondente alla
corrente nominale di statore 𝐼𝑎,𝑟𝑎𝑡𝑒𝑑 senza saturazione.
Si definisce il valore saturato della reattanza sincrona:
Fig. 9 caratteristiche di tensione a vuoto e
corto circuito. Fitzgerald et al., “Electric 𝑉𝑎,𝑟𝑎𝑡𝑒𝑑
𝑋𝑠 =
machinery”, 6th edition 𝐼′𝑎
Questo modo di tenere conto della saturazione fornisce
risultati accettabili se non è richiesta una grande accuratezza. Un altro parametro che riveste una certa
importanza nelle macchine sincrone è lo short-circuit ratio; è definito come il rapporto fra le correnti di
eccitazione corrispodenti alla tensione nominale nella prova a vuoto e alla corrente nominale nella prova in
corto:
𝐼𝑓 ′
SCR =
𝐼𝑓 ′′
Appunti di Apparati Elettrici; capitolo 5. A. a. 2020-2021. Versione preliminare. 12

Si può dimostrare che il reciproco del SCR è pari al rapporto tra la reattanza sincrona saturata e un’impedenza
base, definita come il rapporto fra la tensione nominale e la corrente nominale.
Osservazione: la pendenza della semiretta Op in fig. 9 è inferiore rispetto a quella dell’air-gap line (per la
stessa macchine). Come conseguenza 𝑋𝑠 < 𝑋𝑠,𝑢 . Questo è anche desumibile dalla riduzione della permeabilità
quando i materiali magnetici saturano.
Se andiamo a misurare la potenza meccanica assorbita dalla macchina durante la prova in corto circuito,
possiamo da questa determinare le perdite dovute alla corrente statorica. Siccome il flusso risultante (dovuto
alla sovrapposizione del flusso rotorico e del flusso di reazione di armatura) è debole durante questa prova, le
perdite nel nucleo sono molto piccole. La potenza meccanica richiesta sarà uguale alla somma delle perdite
meccaniche (per attrito e per ventilazione già determinate nella prova a circuito aperto con corrente d’armatura
nulla) e delle perdite causate dalla corrente di statore. Queste ultime, dette perdite in corto circuito, che si
determinano sottraendo le prime dalla potenza totale richiesta consistono in perdite per effetto Joule negli
avvolgimenti statorici, perdite locali nel nucleo causate dal flusso disperso nello statore, e una piccola parte
dovuta al flusso risultante.
La resistenza di armatura 𝑅𝑎 si può approssimare a una resistenza in continua 𝑅𝐷𝐶 che calcoliamo come
rapporto 𝑉⁄𝐼 fra grandezze costanti (altrimenti si misurerebbe anche il coefficiente di auto-induzione).
In realtà la 𝑅𝑎 è maggiore della 𝑅𝐷𝐶 a causa degli effetti pelle e di prossimità che hanno luogo quando le
correnti variano nel tempo. Se si attribuiscono tutte le perdite di corto circuito a perdite di tipo resistivo si
definisce una resistenza effettiva di armatura:
𝑃𝑚𝑒𝑐𝑐ℎ − (𝑃𝑎𝑡𝑡𝑟𝑖𝑡𝑜 + 𝑃𝑣𝑒𝑛𝑡𝑖𝑙𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 )
𝑅𝑎,𝑒𝑓𝑓 =
𝐼𝑎2
In alternativa se si utilizza la 𝑅𝐷𝐶 , allora si definiscono le perdite addizionali come:
𝑃𝑎𝑑𝑑 = 𝑃𝑚𝑒𝑐𝑐ℎ − (𝑃𝑎𝑡𝑡𝑟𝑖𝑡𝑜 + 𝑃𝑣𝑒𝑛𝑡𝑖𝑙𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 ) − 𝑅𝐷𝐶 𝐼𝑎2
Il valore della resistenza 𝑅𝐷𝐶 viene normalmente corretto per tenere conto della sua variazione con la
temperature dell’avvolgimento. Se t è la temperatura a cui vene effettuata la prova e T è quella di esercizio,
vale la relazione (per avvolgimenti in rame):
𝑅𝐷𝐶,𝑇 234.5 + 𝑇
=
𝑅𝐷𝐶,𝑡 234.5 + 𝑡

POTENZA IN CONDIZIONI STAZIONARIE


La macchina sincrona viene collegata alla rete elettrica esterna con la quale scambia potenza elettrica. Nei
paragrafi iniziali abbiamo determinato la massima coppia che può essere applicata alla la macchina senza che
avvenga la perdita di sincronismo con la rete esterna. Lo scopo di questo paragrafo è quello di determinare i
limiti dei valori della potenza che può
essere scambiata in condizioni stazionarie
con una rete nell’ipotesi che questa possa
essere rappresentata da un’impedenza in
serie con un generatore di tensione.
Possiamo considerare gli equivalenti di
Thevenin della rete e della macchina. Le
due impedenze di Thevenin sono in serie e
possono essere ridotte ad un’unica
impedenza 𝑍̅ = 𝑅 + 𝑗𝑋, che collega i due
Fig. 10 Circuito equivalente Thevenin del sistema rete-macchina. generatori di tensione 𝐸1̇ ed 𝐸2̇ . Sia 𝐼 ̇ la
Fitzgerald et al., “Electric machinery”, 6th edition corrente in 𝑍̅.
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La potenza attiva trasferita al generatore 𝐸2̇ può essere espressa:


𝑃2 = 𝐸2 𝐼 cos 𝜙
Dove 𝜙 è l’angolo di sfasamento fra la tensione 𝐸2̇ e la corrente 𝐼 .̇ Il fasore della corrente è:
𝐸2̇ − 𝐸1̇
𝐼̇ =
𝑍̅
Prendendo l’asse di riferimento coincidente con la direzione di 𝐸2̇ si può scrivere:
𝐸1̇ = 𝐸1 𝑒 𝑗𝛿 ; 𝐸2̇ = 𝐸2 ; 𝑍̅ = 𝑍𝑒 𝑗𝜙𝑍 ; 𝐼 ̇ = 𝐼𝑒 𝑗𝜙
Quindi:
(𝐸1 𝑒 𝑗𝛿 − 𝐸2 ) 𝐸1 𝑗(𝛿−𝜙 ) 𝐸2 −𝑗𝜙
𝐼 ̇ = 𝐼𝑒 𝑗𝜙 = = 𝑒 𝑧 − 𝑒 𝑧
𝑍 𝑒 𝑗𝜙𝑧 𝑍 𝑍
La cui parte reale:
𝐸1 𝐸2
𝐼 cos 𝜙 = cos(𝛿 − 𝜙𝑧 ) − cos(−𝜙𝑧 )
𝑍 𝑍
Ora moltiplicando e dividendo l’ultimo termine per 𝑍:
𝐸1 𝐸2
𝐼 cos 𝜙 = cos(𝛿 − 𝜙𝑧 ) − 2 𝑍 cos(−𝜙𝑧 )
𝑍 𝑍
𝜋 𝜋 𝑅
Ma 𝑅 = 𝑍 cos(𝜙𝑧 ) e cos(𝛿 − 𝜙𝑧 ) = sin (𝛿 − 𝜙𝑧 + 2 ) ; poniamo poi: 𝛼𝑧 = 2 − 𝜙𝑧 = tan−1 𝑍
𝐸1 𝐸2
𝐼 cos 𝜙 = sin(𝛼𝑧 + 𝛿) − 2 𝑅
𝑍 𝑍
Moltiplicando per 𝐸2 otterremo la potenza 𝑃2 .
𝐸1 𝐸2 𝐸22
𝑃2 = 𝐸2 𝐼 cos 𝜙 = sin(𝛿 + 𝛼𝑧 ) − 2 𝑅
𝑍 𝑍
Analogamente 𝑃1 sarà:
𝐸1 𝐸2 𝐸12
𝑃1 = sin(𝛿 − 𝛼𝑧 ) − 2 𝑅
𝑍 𝑍
𝑃1 è la potenza erogata da 𝐸1 , mentre 𝑃2 è la potenza assorbita da 𝐸2 .
Nella maggior parte dei casi 𝑅 ≪ 𝑋 (nel caso della macchina sincrona 𝑅𝑎 ~0), di conseguenza 𝛼𝑧 ~0. Possiamo
quindi scrivere:
𝐸1 𝐸2
𝑃1 = 𝑃2 = sin 𝛿
𝑋
L’angolo di sfasamento fra le due tensioni 𝛿 è
detto “angolo della potenza”; quando 𝛿 =
±90° avremo la potenza massima. Se l’angolo
di sfasamento fra le due tensioni 𝛿 è positivo
(𝐸1̇ in anticipo su 𝐸2̇ ), la potenza fluisce da 𝐸1
verso 𝐸2 ; al contrario, se 𝛿 è negativo, il flusso
di potenza va da 𝐸2 (che eroga potenza) verso
𝐸1 (che la assorbe).
Fig. 11 Circuito equivalente che mostra la macchina collegata
alla rete. Fitzgerald et al., “Electric machinery”, 6th edition. L’equazione ottenuta è di validità generale.
Consideriamo una macchina sincrona con
tensione generata pari a 𝐸𝑎𝑓 e con reattanza
Appunti di Apparati Elettrici; capitolo 5. A. a. 2020-2021. Versione preliminare. 14

sincrona 𝑋𝑠 , collegata ad un sistema il cui equivalente di Thevenin è un generatore di tensione 𝑉𝑒𝑞 con una
reattanza 𝑋𝑒𝑞 . La fig. 11 riporta lo schema circuitale. Considerando le equazioni appena ricavate si scrive:
𝐸𝑎𝑓 𝑉𝑒𝑞
𝑃= sin 𝛿
𝑋𝑠 + 𝑋𝑒𝑞
Dove P è la potenza trasferita dalla macchina al sistema.
L’equazione si riferisce ad una ipotetica macchina monofase. Per un sistema trifase simmetrico eed equilibrato,
se 𝐸1 ed 𝐸2 sono le tensioni rispetto al centro stella, l’espressione sopra ottenuta va moltiplicata per 3 per
ottenere la potenza trifase totale. Se 𝐸1 ed 𝐸2 sono invece le tensioni di linea (uguali a √3 volte le tensioni
stellate), l’equazione dà direttamente la potenza totale.
Comparando l’espressione della potenza con quella della coppia vista ad inizio capitolo si nota che sono
abbastanza simili. Infatti, esse sono proporzionali quando la velocità è costante (nel nostro caso questo accade
perché siamo in condizioni stazionarie).
La potenza massima trasferita è proporzionale alla tensione equivalente del sistema e della macchina, 𝑉𝑒𝑞 e
𝐸𝑎𝑓 . Per sistemi in cui la tensione 𝑉𝑒𝑞 è assegnata, la potenza può essere aumentata, incrementando la corrente
rotorica e di conseguenza la tensione generata internamente alla macchina 𝐸𝑎𝑓 . Ovviamente questo va fatto
tenendo conto dei limiti per surriscaldamento.
Considerato che il valore massimo della potenza trasferibile si ottiene in corrispondenza di 𝛿 = ±90°, e che il
superamento di tale limite porta alla perdita del sincronismo, si scelgono condizioni di funzionamento
stazionarie caratterizzate da angoli della potenza sensibilmente minori di 90°. Per una data configurazione sarà
necessario assicurarsi che la macchina possa raggiungere le sue condizioni operative nominali (per esempio,
se si tratta di un generatore deve potere erogare al carico costituito dalla rete esterna la sua potenza nominale)
e che queste siamo sufficientemente distanti dai limiti della macchina e del sistema.

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