LE MACCHINE ELETTRICHE
PARTE PRIMA
Pe TRASFORMATORE Pe
Pp
Il trasformatore opera sullo stesso flusso energetico, ossia assorbe potenza elettrica e
la trasforma in potenza elettrica, variando semplicemente il legame fra tensione e
corrente. Infatti, il trasformatore è distinto in elevatore di tensione, ossia tensione
elevata e basso valore di corrente, oppure abbassatore di tensione ossia basso valore
di tensione ed elevato valore di corrente. In questo caso, quindi, si può ammettere che
1
il trasformatore assorbe potenza elettrica e restituisce potenza elettrica, a spese di
potenza dissipata in calore.
Pe Pm
MOTORE
Pp
Pm Pe
GENERATORE
Pp
Il generatore elettrico assorbe potenza meccanica per restituire potenza elettrica.
Pe Pm
FRENO
Pp
Il freno è una macchina che assorbe sia potenza elettrica che meccanica per dissipare
tutto in calore.
2
Cenno sul RENDIMENTO
Un qualsiasi dispositivo non restituisce in toto tutto ciò che assorbe, poiché una parte
viene persa, comunque, sotto forma di calore. Non è possibile eliminare
completamente questa parte perduta. Pertanto, il rapporto fra la potenza resa o
restituita dalla macchina e la potenza assorbita da essa, costituisce ciò che si indica
col termine di rendimento η.
E’ possibile dimostrare che il rendimento sia minore di 1?
Sì è possibile attraverso queste semplici considerazioni.
η = Pr / Pa = ( Pa – Pp ) / Pa = ( Pa / Pa ) – ( Pp / Pa ) = 1 – Pp / Pa.
Da quanto visto fino ad ora una caratteristica peculiare delle macchine elettriche è la
loro reversibilità, ossia la possibilità di invertire il verso o il senso del flusso
energetico.
STATICHE DINAMICHE o
ROTANTI
TRASFORMATORI in
in
CORRENTE
CORRENTE
CONTINUA
ALTERNATA
ASINCRONI
3 GENERATORI
SINCRONI
/2
/2
Nelle macchine rotanti sono presenti, invece, due parti. Una parte fissa detta statore
e la parte mobile detta rotore o indotto. Il rotore è meccanicamente collegato con
l’albero di rotazione della macchina elettrica. Lo statore ed il rotore sono separati tra
loro da un sottile strato d’aria detto traferro. In questo caso le linee di flusso si
sviluppano sia nel materiale ferromagnetico che nell’aria, ( esso perché si può parlare
di circuito magnetico statorico e di circuito magnetico rotorico ).
4
Lo spessore del traferro dipende da due ragioni fondamentali, ossia per ragioni
meccaniche che per il corretto dimensionamento elettromeccanico della macchina.
A secondo del tipo di rotore impiegato, le macchine elettriche, si distinguono in:
macchine a poli lisci, in cui non vi sono espansioni polari nei due nuclei e
perciò, il traferro ha uno spessore costante lungo tutta la circonferenza.
Queste macchine si dicono, pertanto, isotrope, poiché la riluttanza è costante secondo
tutte le direzioni uscenti radialmente dal centro della circonferenza medesima.
traferro rotore
Sud Sud
5
PERDITE nelle MACCHINE ELETTRICHE
Macchine elettriche
Perdite negli Perdite meccaniche:
avvolgimenti o per per attriti vari o per
effetto Joule avviamento, per
ventilazione, per
contatto con le
spazzole, ecc.
6
pm = Pj / M = ρ G² / d, dove pm rappresenta la perdita specifica per unità di massa
del rame, la quale si misura in Watt / Kg.
Nel caso dei conduttori in rame, funzionanti con una densità di corrente G tra 2 e 4
A / mm2, la pm varia tra i 10 ed i 40 W / Kg.
ESERCIZIO
Bisogna tenere presente che all’aumentare della temperatura, anche la resistività del
rame si modifica. La formula che ci consente di tenere conto di questo fatto è:
ρ75 = ρ20 ( 1 + T ).
Pertanto si ottiene che:
ρ75 = 0,0178( 1 + 3,81 . 10-3 ( 75 – 20 )) = 0,0178 ( 1 + 3,81 . 10-3 ( 55 )) =
0,02153 mm2 / m = 0,02153 . 10-6 m.
A questo punto la perdita specifica per unità di volume si ottiene come:
pV = ρ G² = 0,02153 . 10-6 . ( 3,5 . 106 )2 = 0,264 . 106 W / m3.
Mentre la perdita specifica per unità di massa del rame si ottiene applicando la
relazione: pm = ρ G² / d = 0,264 . 106 / 8900 = circa = 29,7 W / Kg.
PERDITE ADDIZIONALI
ESERCIZIO
Sull’avvolgimento di una M E sono state effettuate le seguenti prove:
misura in corrente alternata Pcu = 350 W e I = 50 A;
misura della resistenza elettrica in regime continuo RDC = 0,112 .
Si calcolino le perdite principali, quelle addizionali e le resistenze RAC , RADD .
Tenendo conto che: Pcu = Pj + PADD = RAC I2 = RDC I2 + RADD I2 .
Si possono calcolare i valori richiesti dall’esercizio.
RAC = Pcu / I2 = 350 / ( 50 )2 = 0,14 ;
RADD = RAC – RDC = 0,14 – 0,112 = 0,028 ;
PADD = RADD I2 = 0,028 ( 50 )2 = 70 W;
Pj = RDC I2 = 0,112 ( 50 )2 = 280 W.
Verifica: Pj = Pcu – PADD = 350 – 70 = 280 W, c.v.d.
Le perdite nel ferro o nei circuiti magnetici, come già anticipato, dipendono da due
particolari fenomeni:
le perdite per ciclo di isteresi e le perdite per correnti parassite o di Foucault.
Le perdite per correnti parassite dipendono dal fatto che i circuiti magnetici sono
realizzati con lamierini di ferro o leghe di ferro. Questi lamierini quindi sono, a tutti
gli effetti, dei conduttori di corrente elettrica, ( anche se pessimi ). Proprio le
variazioni di flusso magnetico determinano in essi delle tensioni indotte e
conseguentemente, delle correnti indotte. Le correnti tendono a scaldare, ( per la
legge di Joule ), i lamierini, ( poiché incontrano una resistenza al loro passaggio ).
Pertanto, il riscaldamento dei lamierini comporta una perdita sottoforma di calore. In
poche parole, per ovviare a questo inconveniente, il nucleo magnetico si ottiene dalla
sovrapposizione di un certo numero di lamierini, isolati l’uno rispetto all’altro, con
uno spessore ridotto. Spesso, nella lega, si inserisce del silicio, in opportuna
percentuale, ( il silicio, nella lega non può mai essere superiore al 4% o al massimo il
4,5 % , infatti esso ha la tendenza ad infragilire la lamiera. Il silicio però occorre per
aumentare la resistività del lamierino stesso ).
In definitiva, se un circuito magnetico è costituito da n lamierini, di spessore s e
resistività ρ le perdite per correnti parassite assumono il seguente valore:
Pcp = n Kl s2 f2 ( Bm )2 = Ke f2 ( Bm )2.
Ovviamente risulterà:
relazione A) PFE = Pci + Pcp = Ki f ( Bm )n + Ke f2 ( Bm )2
CIFRA di PERDITA
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cPS / cP0 = (( Bm )2 f ( Ki + Ke f ) ) / (( B0 )2 f ( Ki + Ke f )) = ( Bm / B0 )2.
Si ricordi che la cifra di perdita cPS è riferita, in genere, a lamiere vergini o appena
uscite dalla fabbrica, perciò risulta necessario prevedere un aumento compreso fra il
5% e 10%, della perdita complessiva, per tenere conto dell’invecchiamento del
materiale o per il trattamento meccanico da esse ricevuto durante le lavorazioni.
Esistono perdite anche negli isolanti delle M E, che per il momento trascureremo. Si
possono tenere conto nel computo delle perdite addizionali.
PERDITE MECCANICHE
Nelle macchine rotanti è necessario tenere conto delle perdite di tipo meccanico, che
si manifestano per i seguenti motivi:
perdite per attrito, nei cuscinetti di supporto dell’albero motore, che
dipendono dal tipo di cuscinetto stesso, dal peso della parte rotante e dalla
velocità di rotazione;
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perdite per ventilazione, ossia per attrito fra rotore e l’aria circostante, essa è
proporzionale al cubo della velocità di rotazione;
perdite per attrito fra spazzola e collettore, per le macchine in corrente
continua, per effetto dello strisciamento delle spazzole. Queste perdite sono
proporzionali alla superficie di contatto, alla pressione della spazzola sul
collettore ed alla velocità di rotazione.
RENDIMENTO EFFETTIVO E CONVENZIONALE DI UNA M E
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A
t = tempo
Una macchina elettrica, per tutto il periodo di funzionamento, non lavora mai a
potenza costante. Facendo riferimento ad un periodo di tempo prefissato ed alla
potenza utile Pu, il diagramma cartesiano che descrive l’andamento della potenza in
funzione del tempo, si dice diagramma di carico. L’andamento del diagramma di
carico dipende dalla modalità con la quale la macchina viene impiegata nel periodo di
tempo considerato. Un esempio potrebbe essere il seguente:
Pu
P2
P1
P3
t1 t2 t3 t
Pu (kW) Pp ( kW)
8
24
20
4
16
2,22
13
4 6 8 t (ore) 4 6 8 t ( ore)
TRASFORMATORE IDEALE
Il trasformatore è una macchina elettrica di tipo statico, ossia tale macchina non
presenta alcun organo in movimento o nessuna parte rotorica. Il trasformatore fonda
il suo funzionamento, esclusivamente, sull’effetto dell’induzione magnetica. Dal
punto di vista tecnico il trasformatore monofase è costituito da due avvolgimenti
avvolti attorno alle colonne del nucleo magnetico, si veda lo schema di riferimento:
i1 i2
v1 v2
Il lato che viene alimentato con una tensione sinusoidale, normalmente, si indica col
nome di primario, mentre l’altro lato si dice semplicemente secondario, ( ma essa è
una macchina reversibile, poiché posso alimentare indifferentemente sia l’uno che
l’altro ).
Il flusso magnetico prodotto dal lato alimentato, investe gli avvolgimenti costituenti il
secondario, producendo una tensione e conseguentemente un corrente indotta.
Il valore sia della tensione indotta primaria che secondaria dipende dal flusso e dal
numero di spire che costituiscono i due stessi avvolgimenti.
Ne risulta allora che:
E1 = E1m / √ 2 = N1 m / √ 2 = 2 f N1 m / √ 2 = = 4,44 f N1 m;
E2 = E2m / √ 2 = N2 m / √ 2 = 2 f N2 m / √ 2 = = 4,44 f N2 m.
V1 E1 E2 V2
15
In definitiva la quantità V1 / V2 = N1 / N2 = Kt si dice rapporto di
trasformazione del trasformatore.
V1 E1 E2 V2
V1 = - E1
V2 = E2
E1
16
V1 E1 E2 V2
Zc
φ1
I1 = ( - N2 / N1 ) I2 = - I2 / Kt
I2
φ2 V2 = E2
E1
R1 j X1d R2 jX2d
V1 jB0 V2
G0
E1 E2
18
Si conclude questo argomento, ricordando che, complessivamente sarà:
Z1 = R1 + jX1d = impedenza del circuito primario;
Z2 = R2 + jX2d = impedenza circuito secondario .
I II
i1 i2
v1 v2
Tutte le grandezze che compaiono nella relazione superiore , eccetto la E1, sono
costanti durante il funzionamento del trasformatore, in quanto esse dipendono solo da
fattori costruttivi e dalla frequenza.
La legge di Hopkinson ci dice, inoltre, che per magnetizzare il nucleo di ferro, con
riluttanza diversa da zero, è necessaria una forza magnetomotrice. In altri termini
deve risultare: Fmm = = Ni.
Ipotizzando che il secondario sia aperto, ossia ad esso non sia applicato alcun carico,
quindi risulterà I2 = 0,
possiamo ammettere che:
N1 I = , dove la I è la cosiddetta, corrente di magnetizzazione o
corrente magnetizzante. ( Si noti che la I dipende dalla corrente I1 ).
20
= I = ( / √ 2 N1 ) E1 / 4,44 f N1 = ( sapendo che 4,44 = √ 2 ) =
= I = ( / √ 2 N1 ) E1 / ( √ 2 f N1 ) = ( E1 ) / 2 f N12 = ( E1 ) / ( N12 )
Ia G0 j B0 I E1
j X2d’
21
V1 jB0 E1
G0
V1 jB0
G0
22
trasformatore è alimentato con una tensione V1 = 230 V, si calcoli
la corrente primaria, l’impedenza del carico e le potenze erogate
al carico. Si calcoli I1, come rapporto fra tensione primaria e
impedenza secondaria riportata a primario.
Quantità note
V2 = 25 V I2 = 4 cosφ2 = 0,8
V1 = 230 V
Valori da ricavare
Kt = N1 / N2 = V1 / V2 = senφ2 = 0,6
= 230 / 25 = 9,2
S2 = V2 I2 = 25 . 4 = 100 VA P2 = S2 cosφ2 = Q2 = S2 senφ2 =
= 100 ( 0,8 ) = = 100 ( 0,6 ) = 60 VAR
= 80 W
R2 = P2 / I2² = 80 / 16 = 5 Z2 = V2 / I2 = 25 / 4 = 6,25
X2d = √ ( Z2² - R2² ) =
√ ( 6,25²- 5² ) = 3,75
R1 I I2 = 0
Ia
jB0 V2
V1 G0
E1 E2
23
Nel funzionamento a vuoto il primario risulta alimentato alla tensione V1, mentre il
secondario risulta aperto, ossia ai suoi morsetti non è collegato alcun carico,
conseguentemente la corrente secondaria I2 è nulla. Il fatto che la corrente secondaria
sia uguale a zero, ci consente di ammettere che, le cadute di tensione su R2 e su X2d
siano nulle e perciò, in queste condizioni, ai morsetti del secondario la tensione, che
si presenta, risulta identica alla tensione indotta nell’avvolgimento secondario, cioè:
E2 = V20 = V2.
Nel circuito primario, invece, alla tensione V1 fa riscontro una corrente I10, ossia la
corrente primaria a vuoto, ( poiché il secondario è aperto ), il cui valore sarà dato da:
I10 = Y0 E1= I0.
Visto che il modulo della corrente I10 è modesto, è possibile ammettere, senza
commettere errore grave, che le cadute la resistenza e la reattanza di dispersione
primaria, siano trascurabili. Di conseguenza è possibile considerare V1 = E1 e
possiamo così scrivere, I10 = Y0 E1= I0 = Y0 V1, ( a meno del segno ).
Inoltre, la corrente I10 = I0 si può decomporre nelle sue componenti Ia e I,
cosicché risulta: I10 = I0 = Ia + I, dove la Ia si dice componente attiva e la I si
dice componente reattiva o di magnetizzazione.
Ora tenendo conto che la tensione è positiva se il vettore ha senso o verso:
allora ne risulta, Ia = - G0 E1 e I = - jB0 ( - E1 ) = j B0 E1.
Se si considera il secondo principio di Kirchoff, applicato al circuito primario, si può
desumere il diagramma vettoriale di un trasformatore reale durante il funzionamento
a vuoto:
j X1d I10
R1 I10
V1
- E1
I10
Ia
I
E1 V2 = V20 = E2
24
FATTORE DI TRASFORMAZIONE A VUOTO
Per quanto riguarda il secondario, visto che la corrente I2 è nulla ne scende che:
S2 = 0, P2 = 0, Q2 = 0, in
conclusione non ci sono potenze erogate al carico, per fatto che i morsetti secondari
sono aperti.
Il primario durante il funzionamento a vuoto, assorbe dalla rete le cosiddette potenze
a vuoto, ossia: S10 = V1 I10 = √ ( P02 + Q02 )
P0 = V1 I10 cosφ0,
Q0 = V1 I10 senφ0.
PROVA A VUOTO
25
Il costruttore di un trasformatore effettua la prova a vuoto, con lo scopo di ottenere le
seguenti informazioni:
le perdite nel ferro; il fattore di potenza a vuoto cosφ0 = P0 / ( V1 I10 ); il valore
percentuale della corrente a vuoto, I0% = 100 I10 / I1n dove I1n è la corrente
nominale primaria; i valori dei parametri trasversali G0 e B0.
Si tenga presente che: PFE = circa = P0 e Q0 = P0 tgφ0 = PFE tgφ0.
ESERCIZIO Un trasformatore assorbe nel funzionamento a vuoto, con tensione
V1n = 3000 V, la potenza P0 = 105 W e la corrente I0 = 0,113 A.
Si calcoli la corrente a vuoto percentuale, riferita alla corrente
Nominale I1n = 2,8 A, il fattore di potenza a vuoto ed i parametri
Trasversali G0 e B0.
Quantità note
V1n = 3000 V I0 = 0,113 P0 = 105 W
Valori da ricavare
I0% = 100 ( 0,113 ) / 2,8 = cosφ0 = P0 / ( V1 I10 ) =
= 4,04 % = 105 / ( 3000 . 0,113 ) =
= 0,31
senφ0 = 0,95
G0 = P0/ V1n² = tgφ0 = 3,07
= 105 / ( 3000 )² =11,7 S
B0 = Q0 / V1n² =
= P0 tgφ0 / V1n² =
= 105 . 3,07 / ( 3000 )² = 35,8 S
R1 I I2
Ia Zc
jB0 V2
V1 G0
E1 E2
26
Ipotizzando che: Zc = Rc + j Xc, possiamo dire che la tensione indotta E2 determina
la circolazione della corrente secondaria I2, da cui si ricava: ( per il secondo principio
di Kirchoff applicato al circuito secondario )
E2 – ( R2 + jX2d ) I2 – ( Rc + j Xc ) I2 = 0, oppure
E2 = (( R2 + Rc ) + j ( X2d + Xc )) I2, da cui deduco
I2 = E2 / (( R2 + Rc )) + j( X2d + Xc )).
L’angolo di sfasamento 2, fra E2 ed I2 si ottiene come:
2 = tg-1 (( X2d + Xc ) / ( R2 + Rc )).
Il modulo del vettore I2 si esprime nel modo seguente:
I2 = E2 / ( √ (( R2 + Rc )² + ( X2d + Xc )²).
Per quanto riguarda il secondario, il secondo principio di Kirchoff, può anche essere
scritto nel modo seguente:
E2 – ( R2 + j X2d ) I2 – V2 = 0, di conseguenza,
V2 = E2 – ( R2 + j X2d ) I2.
La supposta costanza della forza magnetomotrice totale comporta quindi che risulti:
N1 I1 + N2 I2 = N1 I10, da cui ricavando I1,
27
Ciò è dovuto al fatto che la forza magnetomotrice totale deve risultare costante, come
precedentemente indicato. Ricordando che: ( applicando Kirchoff al primario )
V1 = R1 I1 + j X1d I1 – E1,
possiamo tracciare il diagramma vettoriale del trasformatore, durante il suo
funzionamento a carico.
j X1d I1
V1
R1 I1
- E1 I1
I2’
I10
Ia
I
E2
I2
R2 I2 E1 V2
J X2d I2
Le potenze erogate dal trasformatore al carico, ( sia la potenza apparente, che attiva
e reattiva ), si possono ricavare, ad esempio nota la corrente I2 del secondario, ( e
assorbita dal carico ), nota la tensione V2 ai morsetti del secondario e noto il fattore
di potenza o cosφ2, dalle seguenti relazioni:
28
S2 = V2 I2 = √ ( P2² + Q2² );
P2 = S2 cosφ2 = V2 I2 cosφ2;
Q2 = S2 senφ2 = V2 I2 senφ2 = P2 tgφ2.
29
cosφ1 = P1 / S1 = 440 / 589,14 = 0,747, con φ1 = 41,7°
Nelle ipotesi indicate, il primario risulta soggetto alla tensione V1 ottenuta come:
V1 = S1 / I1 = 589,14 / 2,3 = circa = 256,15 V ed il rapporto di trasformazione
risulta circa uguale a, Kt = V1 / V2 = 256,15 / 25 = 10,246.
Se ne deduce pure che: I10 = I1 – I2/ Kt = 2,3 – ( 20 / 10,246 ) = 0,348 A
Conclusione, ricordando la definizione di rendimento, questo trasformatore risulta
avere η = P2 / P1 = 400 / 440 = 0,9.
OPPURE
I1 R1cc j X1cc
I10
Zc’
Y0
V1
30
Si osservi infine che: R1cc = R1 + R2’ = R1 + Kt² R2 ; Y0 = G0 + j B0 ;
X1cc = X1d + X2d’ = X1d + Kt² X2d;
Zc’ = Kt² Rc + Kt² Xc = Rc’ + j Xc’ .
OPPURE
I1 R2cc j X2cc
I10 I2
Zc
Y0
V1 V20 V2
In conclusione risulterà:
In conclusione risulterà:
32
= ( 8,5 + 8,75 ) m = 17,25 m √ ( 10,63² + 17,25² ) = 20,26 m
Sapendo che R2cc = Z2cc cosφ2cc
si ottiene cosφ2cc = R2cc / Z2cc =
= 10,63 / 20,26 = 0,525
R1 I2cc
V2cc = 0
V1cc
E1cc E2cc
I1 I1
I2’ I2’
33
I10
j X1d I1cc
V1cc
R1 I1cc
- E1cc
I1cc
I2cc E2cc
E1cc
34
Anche il caso del corto circuito può essere trattato o riducendo tutti i parametri a
primario o a secondario, come è visibile negli schemi di pagina 35.
V1
V20
Si noti che: I2cc = V20 / Z2cc da cui I2cc = V20 / √ ( R2cc² + X2cc² ).
35
ESERCIZIO L’esercizio precedente ci ha concesso di ricavare i parametri di
corto circuito di un trasformatore. I dati sono così riassumibili:
R1cc = 4,25 ; X1cc = 6,9 ; Z1cc = 8,1 ;
R2cc = 10,6 m; X2cc = 17,25 m; Z2cc = 20,25 m;
Si calcolino i valori delle correnti di corto circuito, nell’ipotesi
che V1 = 5 kV. ( NB. Per esso è Kt = 20 )
Le formule poco superiori ci consentono di ricavare i seguenti valori,
( si veda pagina 36 ):
I1cc = V1 / Z1cc = 5000 / 8,1 = 617,3 A
V20 = V1 / Kt = 5000 / 20 I2cc = V20 / Z2cc = 250 / ( 20,25 . 10-3 ) = 12,4 kA
= 250 V
36
Z1cc = V1cc / I1n = R1cc = Pcc / I1n² = X1cc = √ ( Z1cc² - R1cc²) =
= 9,2 / 6,5 = 1,415 = 35 / ( 6,5 )² = 0,828 = √ 1,415² - 0,828² = 1,147
Z2cc = V2cc / I2n = R2cc = Pcc / I2n² = X2cc = √ ( Z2cc² - R2cc²) =
= 2 / 30 = 0,067 = 35 / 30² = 0,039 = √ 0,067² - 0,039² = 0,0545
cosφcc = cosφcc =
Pcc / V1cc I1n = Pcc / V2cc I2n =
= 35 / ( 9,2 . 6,5 ) = = 35 / ( 2 . 30 ) =
= 0,585 = 0,584 circa
DATI DI TARGA
37
G0 = P0 / V1n² = B0 = P0 tgφ0 / V1n² =
112,5 / ( 3000 )² = 12,5 S = 112,5 ( 3,873 ) / ( 3000 )² =
= 48,4 S
Pcc = Pcc % . Sn / 100 = cosφcc = Pcc % / Vcc %
= 2,7 . 7500 / 100 = =
= 202,5 W = 2,7 / 4,5 = 0,6
V1cc = Vcc% . V1n / 100 = V2cc = Vcc% . V20n / 100 =
= 4,5 . 3000 / 100 = 135 V = 4,5 . 230 / 100 = 10,35 V
VARIAZIONE DI TENSIONE DA VUOTO A CARICO
V20 Z2cc I2 C
A
O φ2 V2 j X2cc I2
2 R2ccI2
B
D
38
2 = tg-1 ( ( V2 senφ2 + X2cc I2 ) / ( V2 cosφ + R2cc I2 ) ).
Si definisce, infine, variazione di tensione da vuoto a carico, la differenza tra i
valori efficaci della tensione a vuoto V20 e della tensione a carico V2:
V = V20 – V2 e di conseguenza, ne risulta che
V20 = V2 + V.
La V rappresenta la caduta di tensione interna del trasformatore, nel passaggio
da vuoto a carico, e solitamente viene espressa in valore percentuale:
V % = 100 V / V20 = 100 ( V20 – V2 ) / V20 = 100 ( 1 – V2 / V20 ).
Un metodo veloce per determinare il valore della caduta di tensione, consiste nel
calcolarla ritenendo trascurabile l’angolo = 2 – φ2. Nella maggioranza dei casi
trascurando questo valore, i valori ottenuti nel calcolo della V, in quasi tutti i casi
pratici, ( per carichi ohmici – induttivi ), e per fattori di potenza compresi fra 0,5 –
0,9 è ottenibile dalla seguente relazione approssimata:
V = circa = I2 ( R2cc cosφ2 + X2cc senφ 2 ).
40
V2
I2
I2 I2n
Un caso particolarmente significativo è il caso in cui φ2 = φ2cc, ossia nel caso in cui
il carico ha un fattore di potenza, pari a quello intrinseco o proprio del,trasformatore,
( è il caso del corto circuito ).
Ebbene in questa situazione risulterà:
V2 = – Z2cc I2 + V20,
la quale rappresenta nel piano cartesiano, l’equazione di una retta con coefficiente
angolare – Z2cc. Tale retta è contraddistinta da due valori notevoli o di particolare
importanza:
a vuoto con I2 = 0 e V2 = V20;
in corto circuito con I2 = I2cc e V20 = 0.
V2
φ2 < 0
V20
φ2 = 0
φ2 > 0
φ2 = φ2cc
I2cc I2
Caso particolarmente interessante è il caso in cui φ2 < 0, ossia per un carico ohmico
– capacitivo, in cui la tensione secondaria V2 risulta superiore alla tensione a vuoto,
V20, del trasformatore stesso.
PERDITE E RENDIMENTO
Le perdite nel ferro, applicando la tensione nominale V1n, si possono ritenere uguali
alle perdite misurate durante il funzionamento a vuoto del trasformatore, ossia:
PFE = circa = P0 = G0 V1n².
41
Se al trasformatore fosse applicata una tensione diversa da quella nominale, ( a cui si
riferisse la P0, allora occorre dedurre le perdite nel ferro, attraverso la seguente
relazione: PFE = circa = P0 ( V1 / V1n )².
Pfe, Pcu, Pp
0 0,5 1
Tenendo conto delle relazioni superiori, è possibile dedurre un grafico del rendimento
η in funzione della frazione di carico .
( In sede di progetto di dimensiona il trasformatore, in modo tale da avere il massimo
rendimento intorno al 70% - 80 % del carico nominale,
ossia per = 0,7 – 0,8 = 1 ).
η
η max
42
0 0,5 1 1
cosφ2 < 1
ESERCIZIO
Per un trasformatore monofase siano i seguenti dati di targa:
Sn = 500 VA Kt = 230 / 50
P0 = 15 W Pccn = 20 W
Si calcoli il suo rendimento η, quando lavora a pieno carico, con un fattore di
potenza di valore 0,8 ed ipotizzando una caduta di tensione del 4% della tensione V2.
Determinare anche il suo massimo rendimento ritenendo V2 costante.
43
Con i dati ricavati è possibile dedurre anche il rendimento a pieno carico e soddisfare
alle ulteriori richieste dell’esercizio:
η = P2 / ( P2 + P0 + Pccn ) = 1 = √ ( P0 / Pccn ) =
= 384 / ( 384 + 15 + 20 ) = η % = 91,6 % = √ ( 15 / 20 ) = 0,866
= 384 / 419 = 0,916 cosφ2 = 1
I2 = 1 I2n = 0,866 ( 10 ) = P2 = V2 I2 cosφ2 = ηMAX = P2 / ( P2 + P0 + 1 Pccn² ) =
= 8,66 A = 48 . ( 8,66 ) . 1 = = 415,7 / ( 415,7 + 15 +( 0,866²) 20 ) =
= 415,7 W = 415 / 445,7 = 0,933
ηMAX % = 93,3 %
Concludiamo questa parte di teoria, sul trasformatore monofase, con un esercizio dato
agli allievi nella prova del 2010.
ESERCIZIO
Un trasformatore abbia i seguenti dati di targa:
Sn = 220 kVA f = 50 Hz Kt = 4800 / 400 = 12
R1 = 1,95 X1d = 4,5 P0% = 1,2 %
R2 = 8 m X2d = 12 m I0% = 8 %
Pcc = 3,2 % Vcc% = 4 % cosφ2 = 0,8 ; senφ2 = 0,6
Si calcolino:
1) i parametri dell’impedenza equivalente primaria e secondaria;
2) la corrente di corto circuito primaria e secondaria, ( I1cc ed I2cc );
3) le perdite nel ferro ed il corrispondente fattore di potenza cosφ0, le perdite nel
rame, la tensione di corto circuito primaria e secondaria, ( I1cc ed I2cc ), la
corrente nominale primaria e secondaria, ( I1n ed I2n ), ed infine i parametri
trasversali G0 e B0;
4) la caduta di tensione V e la corrispondente caduta di tensione percentuale
V% ;
5) il rendimento η.
R1cc = R1 + R2’ = I1n = Sn / V1n = R2cc = R2 + R1” =
-3
= 1,95 + ( 12² ) . 8 . 10 = = 220000 / 4800 = 45,83 A = 8 . 10-3 + ( 1,95 / 12²) =
= 1,95 + 1,152 = 3,102 = 21,5 m
X1cc = X1 + X2d’ = I2n = Sn / V20n = ( I2 ) = X2cc = X2 + X1d” =
-3
= 4,5 + ( 12² ) . 12 . 10 = = 220000 / 400 = 550 A = 12 . 10-3 + ( 4,5 / 12²) =
= 4,5 + 1,728 = 6,228 = 43,2 m
Z1cc = √ 3,102² + 6,228² = cosφcc = R1cc / Z1cc = Z2cc = √ 21² + 43,2² =
= 6,96 = 3,102 / 6,96 = 0,446 = 48,2 m
φcc = 63,5°
cosφ0 = P0% / I0% = φ0 = 81,4° P0 = P0% Sn / 100 =
= 1,2 / 8 = 0,15 sen φ0 = 0,989 = 1,2 . 220000 / 100 =
tg φ0 = 6,59 = 2640 W
Q0 = P0 tg φ0 = G0 = P0 / V1n² = B0 = Q0 / V1n² =
= 2640 . 6,59 = 17397,6 = 2640 / ( 4800 )² = = 17397,6 / ( 4800 )² =
VAR = 114,6 S = 755,1 S
V1cc = Vcc% V1n / 100 = V2cc = Vcc% V20n / 100 = V = V20n – V2 = circa =
44
= 4 . 4800 / 100 = = 4 . 400 / 100 = 16 V = I2 ( R2cc cosφ2 + X2cc senφ2 ) =
= 192 V Pcc = Pcc% Sn / 100 = = 550 ( 0,0215 . 0,8 + 0,0432 . 0,6 ) =
= 220000 . 3,2 / 100 = = 550 ( 0,0172 + 0,02592 ) =
= 7040 W = circa = 23,72 V
I1cc = V1n / Z1cc = I2cc = V20n / Z2cc = V % = 100 V / V20n =
= 4800 / 6,96 = 689,65 A 400 / 48,2 . 10-3 = 8298,75 A = 100 . 23,72 / 400 = 5,93 %
V2 = V20n – V = P2 = V2 I2 cosφ2 = η= P2 / ( P2 + P0 + Pcc ) = in kW =
= 165,56 / ( 165,56 + 2,64 + 7,04 ) =
= 400 – 23,72 = 376,28 V = ( 376,28 ) 550 ( 0,8 ) =
= 165,56 / 175,24 = 94,5 = η
165563,2 W = 165,56 kW
IL PARALLELO DEI TRASFORMATORI MONOFASE
Visto che i trasformatori hanno avvolgimenti di alta e di bassa tensione che possono
essere avvolti nello stesso senso oppure in senso tra loro opposto, di conseguenza le
forze elettromotrici indotte possono risultare tra loro in fase oppure in opposizione di
45
fase. La connessione in parallelo, allora, tra due trasformatori monofase, può avvenire
a patto che si colleghino fra loro gli avvolgimenti corrispondenti delle due macchine,
ossia devono avere la stessa polarità, per garantire che le tensioni secondarie siano in
concordanza di fase. Le tensioni secondarie devono risultare in concordanza di fase
per impedire che, nel funzionamento a vuoto, scaturiscano pericolose circolazioni di
correnti. La normativa impone che gli avvolgimenti dei trasformatori monofasi, ( ma
anche quelli trifasi ), siano identificati con un numero progressivo, con obbligo di
marcare con 1 gli avvolgimenti di alta tensione. Se le polarità, indicate dal
costruttore, vengono rispettate, una volta effettuato il parallelo, si evitano di avere
elevate circolazioni di corrente tra i due trasformatori, ( si veda la figura superiore ).
Per analizzare il funzionamento a vuoto di due trasformatori monofasi, collegati in
parallelo si consideri la seguente figura:
I1A I1B
XA” XB”
I2A I2B
V2
RA” RB”
I2 ZC
E2A E2B
Se applica la legge di Ohm alle maglie del circuito superiore si desume che:
E2A = V2 + ZA” I2A,
E2B = V2 + ZB” I2B.
Sottraendo membro a membro le due relazioni precedenti so ottiene:
E2A – E2B = ZA” I2A – ZB” I2B, ma noi sappiamo che,
I2 = I2A + I2B.
Se combiniamo le relazioni precedenti fra loro possiamo esprimere le correnti I2A e
I2B nel modo che vedremo:
E2A – E2B = ZA” I2A – ZB” I2B = ZA” ( I2 – I2B ) – ZB” I2B = ZA”I2 – ( ZA” + ZB” ) I2B
E2A – E2B = ZA”I2 – ( ZA” + ZB” ) I2B
OPPURE
E2A – E2B = ZA” I2A – ZB” I2B = ZA” I2A – ZB” ( I2 – I2A ) = ( ZA” + ZB” ) I2A – ZB” I2
E2A – E2B = ( ZA” + ZB” ) I2A – ZB” I2
47
E DI CONSEGUENZA
Ora ricordando che: IC0 = ( E2A – E2B ) / ( ZA” + ZB” ), le relazioni superiori possono
venire scritte come: I2A = IC0 + ( ZB”I2 / ( ZA” + ZB” ));
I2B = – IC0 + ( ZA”I2 / ( ZA” + ZB” )).
INDICANDO CON
IA = ZB”I2 / ( ZA” + ZB” ),
SE NE CONCLUDE CHE
le frazioni di corrente erogate dai due trasformatori al carico valgono,
I2A = IC0 + IA ,
I2B = – IC0 + IB .
Le relazioni finali mettono in evidenza che la corrente erogata, da ogni trasformatore
al carico è la risultante della corrente di circolazione a vuoto IC0 con quella di carico,
( IA ed IB ), ripartita in ragione diretta alle impedenze secondarie equivalenti dei
trasformatori. Si può osservare che la corrente erogata da ogni trasformatore dipende
dall’impedenza equivalente dell’altro, come per la corrente che si divide su due rami
in parallelo.
Conclusione Nel parallelo di due trasformatori la corrente erogata al carico, da
ogni trasformatore, dipende dall’impedenza secondaria dell’altro,
quindi in relazione diretta con questa. Il trasformatore con
maggiore impedenza interna, ( ed esso avrà una maggiore
variazione di tensione nel passaggio da vuoto a carico ), erogherà
la corrente minore e ciò può comportare un sovraccarico dell’altro,
ossia di quello con minore impedenza interna.
SOLUZIONE
Inizialmente, procederemo alla determinazione dei parametri del circuito equivalente
secondario, di entrambe le macchine. Il primo calcolo riguarda la determinazione
delle correnti secondarie nominali:
I2nA = SA / V20A = 100000 / 500 = I2nB = SB / V20B = 50000 / 490 =
= 200 A = 102,04 A
Conseguentemente otterremo:
I2A = (14,355 – j 26,627) + ((0,168163,26) / (0,330661,67 )) . (284,25- 39,29) =
= ( 14,355 – j 26,627 ) + 144,532 - 37,7 ° =
= 14,355 – j 26,627 + 114,357 – j 88,385 = 128,71 – j 115 =
= 172,6 - 41,78 A;
49
= - 14,355 + j 26,627 + 105,512 – j 91,6 = 91,16 – j 65 =
= 111,96 - 35,5 A.
Dai risultati ottenuti, si può osservare che il trasformatore A eroga una corrente
minore della sua corrente nominale, ( 200 – 172,6 = 27,4 A in meno. Circa il 13,7 %
in meno della sua corrente nominale reale ).
Mentre, il trasformatore B eroga una corrente maggiore di quella nominale, ossia
111,96 – 102,04 = 9,92 A in più della sua corrente nominale reale. La corrente
erogata dal trasformatore B, è dunque circa del 9% maggiore di quella nominale,
pertanto esso risulta leggermente sovraccaricato.
ESERCIZIO Si supponga che i dati di targa siano i seguenti:
TRASFORMATORE A TRASFORMATORE B
SA = 100 kVA SB = 50 kVA
V1n = 20 kV V2n = 20 kV
V20A = 500 V V20B = 490 V
vccA% = 6,5 % vccB% = 6,5 %
cosφccA = 0,5 cosφccB = 0,5
SOLUZIONE
In questo caso ne risulterà:
I2nA = SA / V20A = 100000 / 500 = I2nB = SB / V20B = 50000 / 490 =
= 200 A = 102,04 A
vccA = ( vccA% V20A ) / 100 = vccB = ( vccB% V20B ) / 100 =
= 6,5 . 500 / 100 = 32,5 V = 6,5 . 490 / 100 = 31,85 V
ZA” = vccA / I2nA = ZB” = vccB / I2nB =
= 32,5 / 200 = 0,1625 = 31,85 / 102,04 = 0,312
RA” = ZA” cosφccA = RB” = ZB” cosφccB =
= 0,1625 . 0,5 = 0,08125 = 0,312 . 0,5 = 0,156
XA” = √ ( ZA”)² - ( RA”)² = XB” = √ ( ZB”)² - ( RB”)² =
= 0,141 = 0,270
φccA” = cos-1 ( 0,5) = 60° φccB” = cos-1 ( 0,5) = 60°
Inoltre risulterà:
IC0 = ( E2A – E2B ) / ( ZA” + ZB” ) =
( 10 0 ) / ( 0,08125 + j 0,141 + 0,156 + j 0,27 =
= ( 10 0 ) / ( 0,237 + j 0,411 ) =
= ( 10 0 ) / 0,474 60,03 =
= 21,1 - 60,03 A = 10,54 – j 18,28 A;
In questo caso il trasformatore B eroga una corrente compatibile con la sua corrente
nominale, mentre il trasformatore A è lievemente sovraccaricato.
Comunque, la ripartizione della corrente di carico, avviene in ragione diretta alla
potenza nominale delle macchine, infatti risulta:
COME
SA / SB = 100 / 50 = 2.
51
In queste condizioni i trasformatori, posti in parallelo, non danno luogo a correnti di
circolazione a vuoto significative ed, essi si ripartiscono equamente il carico, o
meglio in ragione diretta alla loro potenza nominale. Vista la non possibilità di creare,
dal punto di vista costruttivo, trasformatori con caratteristiche identiche, solitamente
non si pongono in parallelo trasformatori con un rapporto fra potenze nominali
superiore a 3.
AUTOTRASFORMATORE MONOFASE
N1 – N2
V1 N1 V2
N2
N2 – N1
V1 N2 V2
N1
52
essendo N2 > N1 di conseguenza risulterà V2 > V1.
FUNZIONAMENTO A VUOTO
FUNZIONAMENTO A CARICO
I1 I2
N1 – N2
Zc
V1 N1 V2
I N2
53
I1 N2 – N1 I2
Zc
V1 N2 V2
I
N1
Per ricavare le espressioni delle correnti si deve partire dall’ipotesi che sia nulla la
forza magnetomotrice totale, ossia N1 I1 + N2 I2 = 0. ( Tale ipotesi deve anche
ammettere che sia trascurabile la f.m.m a vuoto N1 I10 ).
Considerando solo il caso dell’autotrasformatore elevatore di tensione, la forza
magnetomotrice totale è la somma vettoriale tra quella sviluppata dalle N1 spire
percorse dalla corrente I e quella prodotta dalle N2 – N1 spire percorse dalla corrente
I2, da cui si otterrà: N1 I – ( N2 – N1 ) I2 = 0,
N1 I = ( N2 – N1 ) I2, da ciò, I = ( N2 – N1 ) I2 / N1 = ( 1 / Kt – 1 ) I2.
In conclusione si desume che:
I = ( 1 / Kt – 1 ) I2, dove il fattore ( 1 / Kt – 1 ) è positivo essendo Kt < 1.
Inoltre, l’espressione superiore mostra che la corrente I, circolante nelle N1 spire è in
fase con la corrente I2. Infine, la corrente I1 assorbita dalla macchina, tenendo conto
dei versi indicati nella figura della pagina precedente, è data da:
I1 = I + I2 = I2 / Kt – I2 + I2 = I2 / Kt,
la corrente primaria risulta allora in fase con la corrente secondaria I2 e tra l’altro il
rapporto I2 / I1 = Kt come nel caso dei trasformatori.
POTENZE APPARENTI
Kt = V1 / V2 = P2 = V2 I2 cosφ2, da cui Sd = S2 ( 1 – 1 / Kt ) =
= 400 / 230 = 1,739 V2 I2 = S2 = P2 / cosφ2 = = 1000 ( 1 – 1 / 1,739 ) =
= 800 / 0,8 = 1000 VA = 1000 ( 1 – 0,575 ) =
= 425 VA
I2 = S2 / V2 = 1000 / 230 = I1 = I2 / Kt = 4,35 / 1,739 = I = ( Kt – 1 )I1 =
= circa = 4,35 A = 2,5 A = ( 1,739 – 1 ) ( 2,5 ) =
= circa = 1,85 A
TRASFORMATORE TRIFASE
I trasformatori trifasi vengono utilizzati per collegare due sistemi elettrici a tensioni
distinte. Al secondario di questo trasformatore può essere semplicemente collegato un
carico trifase, o con collegamento triangolo o con collegamento a stella. Questi stessi
trasformatori sono molto impiegati per la trasmissione e la distribuzione
dell’energia elettrica. Il principio di funzionamento di queste macchine è
perfettamente analogo a quello dei trasformatori monofasi, ma queste macchine
hanno anche caratteristiche proprie od esclusive.
TIPI DI COLLEGAMENTO
55
Il modo più semplice, dal punto di vista teorico, per ottenere un trasformatore trifase,
è quello di collegare opportunamente tre unità monofasi. Il modo opportuno di
collegamento, detto poco sopra, equivale a dire che le tre unità devono alla fine
costituire un sistema trifase. Gli schemi di principio che mostrerò, mettono in luce
due condizioni importanti, ossia il collegamento non prevede il neutro oppure
prevede il neutro. Ovviamente, dal punto di vista pratico, il trasformatore trifase è
una macchina unica, con un unico nucleo magnetico e sei avvolgimenti,: tre per sul
lato di Bassa Tensione e tre per il lato di Alta Tensione. Nei due lati gli avvolgimenti
possono poi essere collegati a stella o a triangolo. Adesso mostriamo gli schemi di
principio sopra indicati: ( vedi nella pagina successiva )
TR1
TR2
TR3
56
Il collegamento è privo di neutro ed è il collegamento triangolo – triangolo
TR1
TR2
Centro stella
TR3
In
57
Collegamento triangolo – stella con neutro
Come si osserva dalle figure precedenti, nel collegamento a stella le tre bobine del
lato secondario sono collegati ad un estremo comune, ( morsetto nero di figura
precedente ), ossia al cosiddetto centro stella. In questo caso è possibile avere due
valori di tensione , cioè la tensione di fase e la tensione concatenata. Nella
connessione a triangolo le tre bobine del lato sia primario che secondario sono chiuse
assieme, in modo tale da costituire un circuito chiuso. Normalmente il collegamento a
stella si indica con i seguenti simboli:
Y se il collegamento a stella è a primario,
y se il collegamento a stella è a secondario.
Mentre per il collegamento a triangolo si utilizzano i seguenti simboli:
se il collegamento a triangolo è a primario,
se il collegamento a triangolo è a secondario.
Per il trasformatore trifase esiste un altro tipo di collegamento detto a zig – zag , con
simbolo Z se tale avvolgimento è a primario e z se l’avvolgimento in questione è a
secondario.
Comunque, i trasformatori trifasi impiegati nella tecnica e nell’industria possono
avere i seguenti collegamenti:
Y – y ; - oppure D – d ; - y oppure D – y ; Y - oppure Y – d ; Y – z .
Visto che gli avvolgimenti devono costituire un sistema trifase, senza ombra di
dubbio, possiamo ammettere che le tensioni primarie e secondarie devono definire
una terna simmetrica, in cui le tensioni di ogni fase hanno valori uguali e devono
risultare ordinatamente sfasate di 120°.
Si ricorda che dallo studi dei sistemi trifasi si è visto che:
per il collegamento a stella, le tensioni tra ogni coppia di morsetti, si
dicono tensioni concatenate, il cui valore in modulo E = (√ 3) V, con V
tensione di fase;
per il collegamento a triangolo le tensioni fra i morsetti sono coincidenti
con le tensioni di ogni singola fase, ossia in modulo E = V.
Si osserva, infine, che anche le tensioni concatenate costituiscono una terna
simmetrica.
58
RAPPORTO DI TRASFORMAZIONE
CIRCUITI EQUIVALENTI
Y0 Y0 Y0
59
Questo è il circuito equivalente di un trasformatore trifase ridotto a primario
A j X2cc
R2cc a
I1 I2’ I2
C
E1 I10 E2
A
j X2cc R
R2cc b
I
B
C
O
j X2cc
R2cc c
C
Y0 Y0 Y0
60
Consideriamo i seguenti esercizi:
Sia dato un trasformatore trifase con collegamento stella – stella e con K0 = 20.
Si calcoli il valore che dovrebbe avere Kt per avere, nelle diverse configurazioni,
lo stesso rapporto di trasformazione a vuoto.
In questo caso bisogna tenere conto che nelle diverse configurazioni si ha che:
Y – y : K0 = Kt che nel caso in oggetto vale 20; D – d : K0 = Kt = 20;
Y – d : K0 = (√ 3) Kt che implica Kt = K0 / (√ 3) = 20 / √ 3 = 11,55;
D – y : K0 = Kt / √ 3 da cui Kt = (√ 3) K0 = 20 (√ 3) = 34,64;
Y – z : K0 = ( 2 / √ 3 ) Kt da cui ne segue, Kt = (√ 3) K0 / 2 = 20 (√ 3) / 2 = 17,32.
Calcolare le caratteristiche del trasformatore monofase equivalente ad un
trasformatore trifase avente i seguenti dati di targa:
Sn = 63 kVA K0 = 6000 / 400 = 15
Pccn = 1200 W P0 = 225 W
Vcc% = 4 % I0% = 1,8 %
Le perdite nel rame con correnti pari a quelle nominali si possono ritenere uguali alla
potenza di corto circuito nominale:
Pcu = circa = Pccn = (√ 3) V1cc I1n cosφcc, nell’ipotesi di chiudere il secondario in
corto circuito, ( come nel caso del trasformatore monofase ).
Tenendo conto che in questo caso stiamo facendo riferimento ad un trasformatore
trifase, si può ammettere che la potenza di corto circuito nominale corrisponda al
triplo della perdita di una singola fase, in altri termini sarà:
Pccn = 3 R1cc I1n² oppure,
Pccn = 3 R2cc I2n².
62
Pcu = ² Pccn = S2 = √ ( P2² + Q2² ) =
= (0,85)² . 1100 = 794,75 W = 42400,64 VA
In definitiva η vale:
η = 33920,5 / ( 33920,5 +
200 + 794,75 ) = 0,9715
Visto che η = P2 / P1 si Ma è anche vero che:
ottiene anche P1 = P2 / η = P1 = P2 + P0 + ² Pccn =
P1 = 33920,5 / 0,9715 = = 33920,5 + 200 + 794,75 =
= circa = 34915 W = circa = 34915 W
VARIAZIONE DI TENSIONE DA VUOTO A CARICO
Nel caso dei trasformatori trifasi, la caduta di tensione industriale riferita ai valori
concatenati, si esprime calcola utilizzando la seguente relazione:
E = √ 3 V = √ 3 I2 ( R2cc cosφ2 + X2cc senφ2 ).
da cui si ricava che, V% = 100 . V / V20n = 100 . 11,78 / 400 = 2,945 %.
Nel caso del trasformatore trifase i dati di targa visti per il trasformatore monofase
valgono anche in questo caso, con le seguenti variazioni:
potenza apparente nominale Sn = √ 3 V20n I2n;
63
correnti nominali I1n = Sn / √ 3 V1n ; I2n = Sn / √ 3 V20n
Si ricorda che per la potenza e la tensione di corto circuito valgono le relazioni già
introdotte, Pccn = 3 R1cc I1n² oppure, Pccn = 3 R2cc I2n², mentre per le tensioni di
corto circuito le relazioni introdotte sono,
V1cc = (√ 3) Z1cc I1n e V2cc = (√ 3) Z2cc I2n.
Per quanto riguarda la potenza a vuoto0 vale la formula seguente:
P0 = circa = Pfe = (√ 3) V1 I10 cosφ0.
Un dato di targa tipico del trasformatore trifase è l’indicazione del tipo e del gruppo
di collegamento.
Il collegamento con cui si realizzano i due avvolgimenti vengono indicati con una
coppia di lettere: la lettera maiuscola riguarda la tipologia dell’avvolgimento
primario, mentre la lettera minuscola riguarda la tipologia dell’avvolgimento
secondario. A questa coppia di lettere viene aggiunto un numero, che indica il
gruppo di appartenenza o il gruppo di collegamento del trasformatore.
Il gruppo di collegamento di un trasformatore trifase viene così definito:
il numero che moltiplicato per 30°, fornisce l’angolo di sfasamento in ritardo
della tensione di fase del lato BT, rispetto alla corrispondente tensione di fase del
lato AT.
Secondo le norme CEI i gruppi di collegamento dei trasformatori sono 4,
il gruppo 0 a cui corrisponde lo sfasamento nullo;
il gruppo 5 a cui corrisponde lo sfasamento di 150°;
il gruppo 6 a cui corrisponde lo sfasamento di 180°;
il gruppo 11 a cui corrisponde lo sfasamento di 330°.
Dallo schema sotto riportato si può notare che il gruppo corrisponde alla lettura
dell’ora di un orologio analogico, ossia:
64
Il gruppo di collegamento dei trasformatori trifasi è importante per il loro
funzionamento in parallelo, ossia il parallelo fra due trasformatori trifasi si può
eseguire a patto che i due trasformatori appartengano allo stesso gruppo, per evitare
di collegare fra loro punti a tensione distinta.
AUTOTRASFORMATORE TRIFASE
V1
A B C
V1f
V2f
O
65
V2
a b c n
LE MACCHINE ASINCRONE
In questo caso si parla di macchine rotanti; infatti la parte rotorica ruota attorno al suo
asse centrale. In poche parole, le macchine rotanti sono costituite da una parte fissa
detta statore e da una parte rotante detta rotore o indotto.
Proprio per questa ragione, iniziamo con introdurre alcune nozioni fondamentali del
moto rotatorio. Per comodità ipotizziamo che il corpo, che esegue un moto rotatorio,
attorno al suo asse, sia un cilindro.
In questo caso tutti i punti del corpo rigido, durante la rotazione, compiono una
circonferenza di raggio r, con raggio massimo per i punti appartenenti alla superficie
esterna ed il raggio decresce con l’avvicinarsi dei punti all’asse di rotazione. I punti
appartenenti all’asse di rotazione, non eseguono alcun movimento.
F F
b B con b = braccio di leva
Asse di rotazione
66
= / t, dove nel S. I si misura in rad / s.
In altri termini la velocità angolare ha le dimensioni di una frequenza.
Inoltre, se la velocità angolare varia nel tempo, ossia la quantità
= / t = ² () / t² si dice accelerazione angolare.
L’accelerazione angolare si misura in rad /s².
La velocità angolare è legata alla velocità lineare periferica dalla relazione
seguente: v = r, dove da quest’ultima relazione si deduce che i punti appartenenti
alla periferia dell’asse di rotazione viaggiano con una velocità lineare più elevata,
poiché devono percorrere circonferenze più lunghe.
Si ricordi che dal moto circolare uniforme, si può dedurre che:
v = velocità = spazio / tempo = ( se il raggio della circonferenza vale r ) =
= perimetro della circonferenza / periodo del moto circolare =
= 2 r / T, ma 1 / T = f = frequenza, da cui si deduce,
v = 2 r / T = 2 r f.
Dalla relazione precedentemente ricavata, si capisce che risulta, v = 2 r f = r,
ossia risulta = 2 f.
Spesso nelle macchine rotanti elettriche, la velocità angolare, viene espressa in
numero di giri al minuto, ed indicata con il simbolo n. Tenendo presente che 1 giro
corrisponde ad un angolo giro = 360°, ossia in radianti corrisponde all’angolo 2, e
ricordando che ad ogni minuto corrispondono 60 s si ha:
= 2 n / 60, ciò implica che,
n = 60 / 2 = circa = 9,55 .
Il moto rotatorio di un corpo si ottiene applicando una coppia. La coppia è l’insieme
di due forze, uguali ed opposte, ( la cui risultante è nulla ), poste ad una distanza b dal
corpo. In questo caso il prodotto F b produce, il cosiddetto momento di rotazione,
ossia il momento prodotto dalla coppia di forze è in grado di porre in rotazione il
corpo attorno ad un asse di rotazione. Ovviamente, la coppia motrice deve essere
maggiore della coppia resistente, ossia della coppia di forze che si oppone al moto di
rotazione del corpo, ( è sufficiente l’attrito dell’aria circostante il corpo ).
In conclusione, un corpo in rotazione con velocità angolare , è sempre soggetto ad
una coppia motrice Cm ed a una coppia resistente Cr:
Cm
Cr
Per il moto rotatorio, esiste un’ equazione, di equilibrio dinamico, detta equazione
di D’Alambert, che mette in relazione la coppia motrice con la coppia resistente
attraverso la relazione qui riportata:
Cm = Cr + J , ossia,
67
Coppia motrice = Coppia resistente + momento di Inerzia . (acceler . angolare).
La grandezza J, cioè, il momento di Inerzia rispetto all’asse di rotazione, dipende
dalla caratteristiche geometriche e fisiche del corpo posto in rotazione.
La quantità J , costituisce la cosiddetta coppia d’inerzia del corpo, ed essa può
essere così interpretata: la coppia motrice da applicare ad un corpo per poterlo
fare ruotare con accelerazione angolare , deve essere uguale alla somma tra la
coppia resistente, che si oppone al moto, e la coppia d’inerzia.
Si osserva infine che: = ( Cm – Cr ) / J, che si traduce ammettendo che
l’accelerazione angolare risulta inversamente proporzionale al momento di inerzia J
del corpo; ( è una funzione analoga a quella della massa m sull’accelerazione dei
moti rettilinei ).
Molto importante è il segno della , perché si ha:
> 0, in altri termini il corpo accelera, la velocità angolare aumenta, pertanto
Cm > Cr e la differenza Cm – Cr rappresenta la coppia accelerante;
< 0, in altri termini il corpo decelera, la velocità angolare diminuisce e
quindi, Cm < Cr e la differenza Cr – Cm rappresenta la coppia decelerante;
se = 0, il corpo ruota con velocità angolare costante, quindi il corpo non
subisce accelerazioni. In questo caso si ha equilibrio, cioè Cm = Cr.
Si aggiunge infine che il momento di inerzia J, dipende dalla massa e dalle
dimensioni del corpo in rotazione, ad esempio per un cilindro retto di raggio r e di
massa M, uniformemente distribuita, risulta che:
J = ( 1 / 2 ) M r².
Da quest’ultima relazione si capisce che, a parità di massa, il momento di inerzia
risulta particolarmente elevato per corpi aventi raggio molto elevato o per punti
aventi massa molto lontana dall’asse di rotazione. Per le parti rotanti o per i rotori
delle macchine elettriche, viene utilizzata una grandezza equivalente al momento di
inerzia. Questa grandezza viene indicata col termine di GD², dove D indica il
diametro di inerzia che corrisponde al doppio del raggio di inerzia R . Il raggio di
inerzia R viene definito come la distanza teorica che dovrebbe avere la massa M,
supposta concentrata in un punto, rispetto all’asse di rotazione, per avere lo stesso
momento di inerzia J:
R
M
68
In definitiva, la grandezza GD² prende il nome di momento dinamico, la quale si
misura in Nm², la quale risulta calcolata in funzione del peso della parte rotante G e
del già citato diametro di inerzia D.
Dimostriamo ora il legame fra il momento dinamico ed il momento di inerzia J:
GD² = G ( 2R )² = 4 GR², ma R = √ ( J / M ) e G = M g =
= GD² = 4 G J / M = 4 Mg J / M = 4 g J.
In definitiva risulta che: GD² = 4 g J.
Le caratteristiche meccaniche dei carichi, dipendenti dal carico stesso, possono essere
ricondotte a tre forme particolari:
a) coppia resistente costante con la velocità:
Cr è una caratteristica tipica degli apparecchi
di sollevamento, ( gru, montacarichi ),
in cui il peso da sollevare è costante.
69
b) coppia resistente proporzionale alla velocità:
Cr si ha quando il carico è costituito da un
generatore elettrico chiuso su di una
resistenza costante, ( dinamo freno ). Anche
la coppia resistente sviluppata, dall’attrito
viscoso ha un andamento di questo tipo.
P 1
70
RELAZIONE TRA COPPIA E POTENZA
L’applicazione di una coppia C ad un corpo rotante con velocità angolare costante ,
produce un lavoro meccanico che, nel tempo t, durante il quale si ha uno
spostamento angolare , è pari a L = C . Pertanto si sviluppa una potenza data
da: P = L / t = C / t = C , essendo il rapporto / t la velocità angolare. In
definitiva la relazione che lega la potenza alla velocità angolare è:
P = C .
Esprimendo ora in funzione dei numeri di giri della macchina o della parte rotante,
si ha che: P = 2 n C / 60, da cui si ricava,
C = ( 60 / 2 ) ( P / n ) = 9,55 ( P / n ).
Le relazioni precedenti mettono in luce che, a parità di coppia la potenza aumenta con
la velocità angolare, mentre a parità di potenza la coppia diminuisce all’aumentare
della velocità angolare.
ASPETTI COSTRUTTIVI DELLA MACCHINA ASINCRONA
La struttura di una macchina asincrona dipende da numerosi fattori. I principali
fattori che possono influenzare le caratteristiche della macchina asincrona sono:
la potenza, ( e questa influenza anche le dimensioni della macchina stessa ), la
tensione di funzionamento, il sistema di raffreddamento, il collegamento meccanico
con il carico, ( ad esempio con asse orizzontale, verticale, con un giunto, con un
riduttore, ecc. ), il grado di protezione nei riguardi degli agenti esterni sia solidi che
liquidi. Le parti costituenti di una macchina asincrona possono essere così
schematizzate:
cassa statorica, avente la funzione di contenere le parti interne della macchina,
proteggerla dagli agenti esterni, permetterne il fissaggio, ecc.;
morsettiera, per il collegamento al circuito esterno e a cui fanno capo le tre fasi
dell’avvolgimento statorico;
targhetta d’identificazione, sulla quale vengono riportati i dati forniti dal
costruttore;
circuito magnetico statorico, in cui si sviluppa il campo magnetico dello statore,
ossia della parte fissa della macchina;
circuito magnetico rotorico, che costituisce la parte mobile della macchina. La parte
rotorica è accoppiata con l’albero della macchina. Inoltre, tale parte è separata dallo
statore mediante uno strato d’aria, detto traferro. In tale parte si sviluppa il campo
magnetico di indotto;
avvolgimento rotorico, è l’avvolgimento realizzato all’interno della parte rotante,
detto anche avvolgimento di indotto, in cui si sviluppa la coppia motrice della
macchina;
albero meccanico, per il collegamento col carico;
ventola di raffreddamento, avente la funzione di autoventilare la macchina.
I3
O + 2/3
I1
N N I2 Re
- 2/3
I3 I2
3 2
r3 r2
72
Ogni bobina crea una forza magnetomotrice, espressa come F.m.m = Ni e perciò si
avranno tre forze magnetomotrice sinusoidali, con lo stesso valore massimo
FmM = NIM, in fase con le rispettive correnti e sfasate fra loro di 120° nel tempo:
Fm1 = Ni1 = N IM sen ( t ) = FmM sen ( t );
Fm2 = Ni2 = N IM sen ( t – 2/3 ) = FmM sen ( t – 2/3 );
Fm3 = Ni3 = N IM sen ( t + 2/3 ) = FmM sen ( t + 2/3 ).
Ogni forza magnetomotrice agirà nello spazio, secondo la direzione della bobina,
( vedi assi r1, r2 ed r3 ), che la produce e con il verso dipendente dal segno della
f.m.m nell’istante considerato. Il campo magnetico che si sviluppa dipende dalla
f.m.m TOTALE, che si ha istante dopo istante. Facciamo alcuni esempi, in istanti
opportuni e verifichiamo il valore della f.m.m totale. Assumiamo per esempio
l’istante t1 = 0, di conseguenza t1 = 0 e le tre f.m.m sono uguali rispettivamente a:
Fm1 = 0; Fm2 = FmM sen ( - 2/3 ) = - ( √3 / 2) FmM;
Fm3 = FmM sen ( 2/3 ) = ( √3 / 2) FmM .
In questo modo la risultante vettoriale FmT si può dedurre dalla seguente
composizione:
r1
Fm2 = - ( √3 / 2) FmM
FmT
Fm3 = ( √3 / 2) FmM
r3 r2
In definitiva, FmT è la somma vettoriale dei due vettori Fm2 ed Fm3, il cui modulo
vale: FmT = 2 (( √3 / 2) FmM ) cos30° = 2 (( √3 / 2) FmM ) (√3 / 2) = 3/2 FmM.
FmT r1
S
Fm2
H Fm1
73
O
Fm3
r3 r2
Si può verificare che la somma dei due vettori Fm1 ed Fm3, dà luogo ad un vettore
risultante con modulo FmS = Fm1 = Fm3 = FmM / 2, ( basta osservare che il triangolo
HOS è equilatero ) e perciò la somma dei tre vettori costituisce una forza
magnetomotrice totale FmT il cui modulo vale
FmT = Fm2 + FmS = FmM + FmM / 2 = 3/2 FmM.
Se il tempo assume il valore, t3 = / 3, in altri termini è il caso in cui, t3 = / 3,
si desume che: Fm1 = FmM sen ( /3 ) = ( √3 / 2 ) FmM;
Fm2 = FmM sen ( /3 – 2/3 ) = FmM sen ( - / 3 ) = - ( √3 / 2) FmM ;
Fm3 = FmM sen (/3 + 2/3 ) = FmM sen ( ) = 0 .
FmT r1
Fm1 = ( √3 / 2 ) FmM
Fm2 = - ( √3 / 2) FmM angolo di 120°
r3 r2
In questo caso, si osserva che la somma dei due vettori Fm1 ed Fm2 è un vettore a
120° rispetto all’asse della x o a 150° rispetto all’asse della bobina 2 o asse r2. Il
valore del modulo della FmT è dato come: 2 ( √3 / 2 ) FmM cos (/3) = 3/2 FmM.
Infine, se si considera l’intervallo di tempo in cui t4 = / 2, ossia è t4 = / 2, si
desume che: Fm1 = FmM sen ( /2 ) = FmM;
Fm2 = FmM sen ( /2 – 2/3 ) = FmM sen ( - / 6 ) = - FmM / 2 ;
Fm3 = FmM sen (/2 + 2/3 ) = FmM sen ( 7 / 6 ) = FmM sen ( - / 6 ) = - FmM / 2 .
r1
FmT
Fm1 = FmM
Fm2 = -FmM / 2
Fm3 = - FmM / 2
r3 r2
74
In questo caso il vettore risultante è tutto appartenente all’asse della prima bobina o
asse r1. Il valore del suo modulo vale:
Fm2 + Fm3 = FmM / 2 con direzione asse r1, da cui il vettore risultante sarà con
modulo Fm1+ Fm2 + Fm3 = FmM + FmM / 2 = ( 3 / 2 ) FmM .
Si deve tenere presente che, abbiamo effettuato il ragionamento, solo per alcuni
istanti, ma esso si dovrebbe ripetere ad ogni istante. Si giunge comunque alla
seguente conclusione:
la f.m.m risultante delle tre bobine ha, ad ogni istante, sempre lo stesso valore,
ossia uguale a 1,5 volte quello massimo della f.m.m di fase, e ruota nello spazio
con velocità angolare costante, pari alla pulsazione delle correnti magnetizzanti.
Osservando che all’istante in cui corrisponde un angolo di 90° della sinusoide si ha
uno spostamento angolare di 90°, allora si comprende che la pulsazione è uguale alla
velocità angolare. Infine, si deve ricordare che la f.m.m produce un flusso magnetico
legato alla legge di Hopkinson, f.m.m = e il flusso è legato a sua volta
all’induzione dalla relazione, B = / S. In conclusione la f.m.m produce un campo
magnetico rotante, le cui polarità N – S si muovono continuamente nello spazio,
come si trattasse di un magnete posto in movimento da un qualche sistema
meccanico. In base a quanto detto ne segue il seguente teorema di Galileo Ferraris:
dalla composizione di n campi magnetici alternati prodotti da un sistema
polifase equilibrato di n correnti sinusoidali circolanti in n bobine disposte a
( 360° / n ), nasce un campo magnetico di ampiezza costante pari a n / 2
l’ampiezza di ogni campo componente, rotante nello spazio con velocità pari alla
pulsazione della corrente magnetizzante.
75
Da quanto visto in precedenza, in una macchina a due poli, ossia ad una coppia
polare, vi è corrispondenza fra l’angolo t della sinusoide e lo spostamento angolare
del campo magnetico, in altri termini ad ogni periodo T il campo magnetico
percorrerà un giro, pari a 2 radianti, con una velocità angolare, 0 = 2 / T = 2f,
che corrisponde anche alla pulsazione della sinusoide.
La velocità angolare del campo magnetico rotante, dipende dal numero delle coppie
polari, pertanto essa è espressa in radianti al secondo la seguente relazione:
0 = 2 / p T = 2f / p.
La tensione totale di una fase è minore di quella che si otterrebbe con la semplice
somma algebrica delle tensioni, a causa degli sfasamenti. Pertanto, per tenere conto di
ciò, si deve esprimere la E1, cioè tensione di fase totale dello statore, come:
E1 = KB N1 Ec,
76
dove KB è il fattore di Blondel ed N1 il numero di spire totali dell’avvolgimento
statorico. Conseguentemente ne risulterà:
E1 = KB N1 Ec = KB N1 2 Kf f . = K1 N1 f ,
avendo posto K1 = 2 KB Kf . Spesse volte si assume Kf = 1,11.
Per il calcolo del coefficiente di Blondel si utilizza in genere la seguente relazione:
KB = sen ( q ec / 2 ) / q sen ( ec / 2 ), con q numero di ( cave / polo . fase ).
SCORRIMENTO
77
n0 = n ed è il caso ideale in cui la macchina ha campo rotante avente la stessa
velocità del rotore, ossia è il caso del sincronismo.
Mentre se s = 1 è il caso in cui è il rotore fermo o bloccato, ossia risulta n = 0.
In definitiva, è la situazione nella fase di avviamento della macchina in cui la parte
rotante è ancora ferma. E’ il cosiddetto caso a rotore bloccato.
Sapendo che: s = n0 – n / n0 di conseguenza sarà, n0 s = n0 – n da cui posso anche
scrivere,
n = n0 – n0 s = n0 ( 1 – s ) oppure, n = ( 100 n0 ( 1 – s ) ) / 100 =
= n = n0 ( 100 – 100s ) / 100 = n0 ( 100 – s% ) 100.
FREQUENZA ROTORICA
La frequenza delle grandezze elettriche, ( tensione, corrente ), della parte
rotorica di una macchina asincrona, dipende essenzialmente dalla velocità di
scorrimento,
ns = n0 – n, che è la velocità con la quale il rotore vede muoversi il campo magnetico
rotante. Ne consegue che, fr = frequenza rotorica = ns p / 60 = ( n0 – n ) p / 60, ma
risulta anche che, n = n0 ( 1 – s ) = n0 – n0 s , e sostituendo quest’ultimo valore nella
relazione, fr = ns p / 60 = ( n0 – n ) p / 60, si ottiene:
fr = ns p / 60 = (( n0 – n0 + n0 s )p) / 60 = ( n0 s ) p / 60, ma n0 = 60 f / p,
che inserito nella relazione precedente fornisce la relazione finale,
fr = ( n0 s ) p / 60 = ( 60 f / p ) s ( p / 60 ) = f s.
La relazione finale ci dice che la frequenza rotorica si ottiene moltiplicando la
frequenza f per lo scorrimento s: fr = f s.
La frequenza rotorica è massima nell’ipotesi che lo scorrimento valga 1, ossia per
s = 1, che è la situazione a rotore bloccato. Nelle condizioni di sincronismo, ossia per
s = 0, è ovvio che la frequenza rotorica valga zero. Nel funzionamento normale la
frequenza rotorica vale qualche Hertz.
78
La tensione indotta in ogni fase rotorica dipende dalla frequenza rotorica fr e
perciò potremo scrivere: E2 = K2 N2 fr = K2 N2 s f , ma spesso
si indica E20 = K2 N2 f e perciò la relazione superiore diventa,
E2 = s ( E20 ).
Il circuito equivalente di una macchina asincrona trifase allora potrà essere così visto:
j X2d
j X1d
I1
R1 R2
Z1
Z2
Y0
E1 E2
81
Trasferendo sul piano di Gauss le relazioni indicate si ottiene il diagramma vettoriale,
di una singola fase, della macchina asincrona:
jX1d I1
V1f
R1I1
I2’
- E1 I1
I0
R2 I2 /s E20
jX2d I2
I2 E1
Pt Pm Pr
Pa
82
Pav
PJ2
PJ1 + Padd
PFE
Le perdite nel ferro PFE sono rappresentate sul circuito equivalente dalla potenza
attiva assorbita dal componente G0 dell’ammettenza Y0 e, risultano pari a:
PFE = 3 G0 E1² = circa = 3 G0 (V1f )² = 3 G0 ( V1 / √3 )² = G0 V1²,
avendo considerato, E1 = circa = V1f = V1 / √3, a causa del valore ridotto della
caduta di tensione sull’impedenza Z1. ( In realtà questa approssimazione è meno
giustificata, rispetto alla stessa approssimazione fatta sul trasformatore, a causa di un
valore maggiore di reattanza di dispersione ). Nel diagramma di flusso superiore si
considerano solo le perdite nel ferro dello statore, poiché le medesime perdite nel
rotore sono trascurabili. Le perdite nel rame dello statore, PJ1, sono date da :
PJ1 = 3 R1 I1².
Alle perdite nel rame statorico vanno aggiunte le perdite addizionali, che si
considerano pari al 0,5 % della potenza assorbita: Padd = 0,005 Pa.
Osservazione Le perdite addizionali sono state imputate nella parte statorica, ma
in realtà si verificano in tutta la macchina.
Si osserva dal diagramma di flusso che: Pt = Pa – ( PFE + PJ1 + Padd ), che
rappresenta la potenza trasmessa da statore e rotore, mediante il campo magnetico
rotante. Si osserva pure che: Pt = 3 Ptf = 3 R2 I2² / s.
Le perdite nel rame del rotore sono date dalla seguente relazione:
PJ2 = 3 R2 I2², dove R2 rappresenta la resistenza elettrica del rotore, relativa ad una
singola fase. Confrontando queste due ultime relazioni si ricava un’importante
relazione: Pt = 3 R2 I2² / s = PJ2 / s, da cu deduco, PJ2 = s Pt .
La differenza Pt – PJ2 = Pm rappresenta, come si è già detto in precedenza, la
potenza meccanica totale fornita all’albero. Questa potenza Pm depurata dalle
perdite dovute ai vari attriti e per la ventilazione, della parte rotante, definisce infine,
la potenza resa Pr, all’albero dalla macchina asincrona.
In conclusione, si possono utilizzare nel bilancio delle potenze di una macchina
asincrona, le seguenti relazioni, ( che risultano tutte equivalenti fra loro ):
Pr = Pa – Pp = Pa – ( PFE + PJ1 + Padd + PJ2 + Pav ) oppure,
Pa = Pr + Pp = Pr + PFE + PJ1 + Padd + PJ2 + Pav .
RENDIMENTO
Il rendimento η di una macchina asincrona si ottiene come rapporto fra la
potenza resa e la potenza assorbita: η = Pr / Pa = ( Pa – Pp ) / Pa.
In particolare si evidenzia che il rendimento di una macchina asincrona aumenta con
la potenza e diminuisce col numero di poli, con valori a pieno carico che vanno dal
60% al 92%.
83
ESERCIZIO Una macchina asincrona alimentata da una tensione di V1 = 400 V
assorbe una corrente I1 = 15 A con cosφ1 = 0,78. Sapendo che,
s% = 3,5 %, la PFE = 110 W, PJ1 = 150 W, Pav = 120 W. Calcolare
la potenza trasmessa, la potenza resa ed il rendimento.
Noi sappiamo che la potenza assorbita si ottiene dalla relazione seguente:
Pa = ( √3 ) V1 I1 cosφ1 = ( √3 ) 400 . 15 . 0,78 = 8106 W.
La potenza addizionale si può così calcolare, ammettendo che essa valga lo 0,5 %
della Pa stessa: Padd = 0,005 . 8106 = circa = 41 W. Ricordando che la potenza
trasmessa si ottiene come:
Pt = Pa – ( PFE + PJ1 + Padd ) = 8106 – ( 110 + 150 + 41 ) = 8106 – 301 = 7805 W.
Noto il valore della potenza trasmessa siamo in grado di dedurre il valore delle
perdite rotoriche, attraverso la relazione seguente:
PJ2 = s Pt = ( s% / 100 ) Pt =( 3,5 / 100 ) 7805 = 0,035 . 7805 = circa = 273 W, di
conseguenza la potenza resa Pr risulta data da,
Pr = Pa – Pp = Pa – ( PFE + PJ1 + Padd + PJ2 + Pav ) = Pt – PJ2 – Pav =
= 7805 – 273 – 120 = 7412 W.
Il rendimento η sarà allora uguale a : η = Pr / Pa = 7412 / 8106 = 0,914 = 91,4%.
FUNZIONAMENTO A VUOTO
Il motore asincrono trifase funziona a vuoto quando non vi è alcun carico
meccanico collegato all’albero. L’avvolgimento statorico è alimentato alla tensione
V1 ed assorbe la corrente a vuoto I0, molto ridotta rispetto al valore nominale a
carico e molto sfasata, poiché in questo funzionamento risulta prevalente la potenza
reattiva rispetto a quella attiva. Si ricorda che le fasi rotoriche sono chiuse in corto
circuito, a differenza del secondario del trasformatore i cui morsetti sono aperti.
Inoltre, questo tipo di funzionamento si può pensare come un funzionamento in cui il
motore deve vincere solo gli attriti meccanici, di ventilazione e risulta mancante il
carico applicato all’albero. In questa situazione l’albero del motore raggiunge valori
prossimi a quelli del sincronismo. In questo caso ne risulta che:
P0 = ( √3 ) V1 I0 cosφ0 ; Q0 = ( √3 ) V1 I0 senφ0; S0 = V1 I0.
La potenza Q0 è associata al campo magnetico, che si determina anche in questo
funzionamento, mentre la potenza attiva P0, essendo nulla la potenza resa Pr, è la
somma delle perdite che permangono nel funzionamento a vuoto, che sono:
la perdita meccanica per attriti e ventilazione Pav;
la perdita nel ferro, localizzata quasi per intero, nello statore e proporzionale a
V², ( se la tensione del funzionamento a vuoto corrisponde a quella di
funzionamento a carico, le perdite nel ferro rimangono costanti );
la perdita nel rame statorico a vuoto, ossia PJ10 = 3 R1 I0².
84
ESERCIZIO Dalla prova a vuoto di una m.a.t si è ottenuto: V1 = 380 V,
P0 = 350 W, I0 = 3,7 A; Pav = 60 W. Sapendo che R1 vale 1,2 ,
si calcoli il valore del cosφ0.
Per la relazione poco sopra ricavata se ne ricava che:
cosφ0 = P0 / (( √3 ) V1 I0 ) = 350 / ( √3 ) . 380 . 3,7 = 0,144.
Possiamo anche calcolare la perdita nel rame statorico a vuoto, mediante la relazione:
PJ10 = 3 R1 I0² = 3 . 1,2 . ( 3,7 )² = 49,3 W.
Le perdite nel ferro Pfe si possono determinare nel modo seguente:
Pfe = P0 – PJ10 – Pav = 350 – 49,3 – 60 = 240,7 W.
V1f
Y0 E1 E02 I2cc
V1f
dove, R2’ = K0² R2 e X2d’ = K0² X2d, oppure posso ammettere anche questo
circuito :
con
R1cc R1cc = R1 + R2’
e
j X1cc
V1f X1cc = X1d + X2d’
Z1cc
86
La potenza assorbita, Pacc, dal motore nelle condizioni di funzionamento a rotore
bloccato, sono date da: Pacc = Pjt + Pfe + Padd.
In questo caso il rendimento è nullo essendo la potenza resa Pr nulla.
Il funzionamento a rotore bloccato viene eseguito in laboratorio, nella cosiddetta
prova a rotore bloccato o prova in corto circuito, alimentando il motore asincrono
ad una tensione ridotta, in modo tale che negli avvolgimenti di statore circoli la
corrente nominale I1n. Normalmente, si indica con V1cc la tensione di corto circuito,
che è in grado di far circolare nelle fasi statoriche la corrente nominale I1n e,
normalmente, assume un valore pari al 20 % – 30 % della tensione nominale V1n.
Come si vede è una tensione di corto circuito nettamente superiore a quella del
trasformatore, ciò perché nelle macchine asincrone si ha una reattanza X1cc di valore
nettamente superiore. In questa prova, essendo la tensione di alimentazione di valore
ridotto, è possibile trascurare le perdite nel ferro, le perdite addizionali e ritenere che
la potenza assorbita, nel funzionamento a rotore bloccato, corrisponda alle sole
perdite nel rame totali. Infine da questa prova si deducono le seguenti grandezze:
Z1cc = V1cc / ((√3) I1n) ; R1cc = Pccn / 3 I1n², avendo indicato con Pccn la potenza
di corto circuito con corrente nominale I1n ; X1cc = √( Z1cc² - R1cc²) ; ed infine si
ha cosφcc = Pccn / ((√3) V1cc I1n), oppure, cos φcc = R1cc / Z1cc.
ESERCIZIO Nella prova a rotore bloccato di una m.a.t sono stati misurati i
seguenti valori: V1cc = 38 v; Pccn = 350 W; I1n = 24 A.
Sapendo che: R1 = 0,12 e K0 = 2,8, calcolare il fattore di
potenza di corto circuito, i parametri equivalenti longitudinali
statorici, la resistenza R2 di ogni fase rotorica. Calcolare la
corrente I1cc con tensione V1 = 380 V.
87
Come si osserva il suo valore è pari a 10 I1n; infatti risulta circa uguale a 10 il
rapporto fra V1n / V1cc. Nel nostro caso è: V1n = 380 V e V1cc = 38, di
conseguenza è proprio, 380 / 38 = 10.
sn %
I0
% %
0 25 50 75 100 0 25 50 75 100
p R2’ V1²
=C=
( 2 f s ) . (( R1 + R2’/s )² + ( X1d + X2d’ )² )
Quest’ ultima relazione fornisce un’ottima approssimazione del legame esistente fra
la coppia e lo scorrimento. In altri termini fornisce la caratteristica meccanica del
motore nell’ipotesi di un funzionamento a tensione costante.
Analizzando il legame fra la coppia e lo scorrimento si possono dedurre le seguenti
conclusioni:
per s = 0, ( sincronismo ), la coppia C risulta nulla;
per s = 1, ( avviamento ), si ottiene la coppia di avviamento o di spunto, il cui
valore è: Ca = ( p R2’ V1² ) / (( 2 f ) . (( R1 + R2’ )² + ( X1d + X2d’ )² )),
che come si osserva dipende dal quadrato della tensione di alimentazione;
esiste un valore di scorrimento, detto scorrimento critico ed indicato con scr,
per il quale la coppia assume il valore massimo CM, i cui valori sono dati dalle
seguenti relazioni: scr = R2’ / ( √ (R1² + ( X1d + X2d’ )² ) e ne segue che per
CM è, CM = ( p V1² ) / ( 4 f ) ( R1 + √ ( R1² + ( X1d + X2d’ )² ). Nell’ipotesi,
91
come spesso accade che la resistenza R1 sia trascurabile, allora le relazioni
precedenti assumono la seguente forma semplificata, scr = R2’/ ( X1d + X2d’ )
e CM = ( p V1² ) / ( 4 f ( X1d + X2d’ )).
L’andamento della caratteristica meccanica è riportata nella figura qui di seguito
tracciata: C
CM
Cn
Ca =
coppia di avviamento
s
0 sn scr 0,5 1
n = n0 n=0
Spesso lungo l’asse delle ascisse viene posta la velocità n. Si osservi dallo stesso
grafico che nei punti limiti s = 0 ed s = 1 corrispondono rispettivamente n = n0 e
n = 0.
Ca
0 ncr nn n0 n
La retta di colore blu rappresenta la coppia resistente che viene determinata dal
carico. Inoltre il punto P, visibile nel grafico superiore, rappresenta il punto di
lavoro della macchina.
3 Ca3
2 Ca2
1 Ca1
Infine, per avere la coppia massima all’avviamento, deve risultare scr = 1, ossia
R2’ = X1d + X2d’ = 1,25 e da ciò scriveremo:
R2 = R2’ / K0² = 1,25 / 2,5² = 0,2 .
Il nuovo valore di R2 è 10 volte più grande di quello iniziale, essendo proprio uguale
a 10 il rapporto fra i due scorrimenti critici; infatti
10 . 20 m = 200 m = 0,2,
mentre 20 m corrispondono a 0,02 , e concludendo se scr = 0,1 per ottenere
scr = 1, devo moltiplicare il valore precedente per 10.
motore G
primo 3
motore G Carico
primo 3
94
C
Nel tratto in cui è s > 1, ed è una condizione in cui risulta n < 0, ossia è il caso in cui
la macchina viene fatta ruotare forzatamente in senso opposto al campo magnetico
rotante il suo comportamento è equivalente a quello di un freno.
Questo è proprio il suo regime di funzionamento da freno.
95
s
1
96