Introduzione
Il motore a corrente continua è stato largamente usato negli azionamenti elettrici
industriali. L’affermazione di tali azionamenti è dovuta principalmente alla semplicità del
controllo. Infatti si stabilisce una relazione di proporzionalità tra la velocità angolare e
tensione di armatura e tra coppia motrice e corrente di armatura. Per via di questa
caratteristica, il motore a corrente continua aveva ricoperto la quasi totalità delle applicazioni
in cui era necessario poter variare la velocità in un range di valori più o meno ampio. Prima
dell’avvento dei convertitori statici, il controllo dei motori in continua era realizzato
mediante amplificatori rotanti. Naturalmente la presenza di più macchine rotanti rendeva
poco versatile un azionamento realizzato in questo modo. La diffusione di convertitori
AC/DC a semiconduttore ha permesso la realizzazione di controlli in velocità posizione e
coppia versatili ed efficienti.
A fronte di una estrema semplicità di controllo, il motore a corrente continua presenta
una serie di problematiche legate principalmente alla sua struttura meccanica. La presenza di
un commutatore meccanico e di contatti striscianti (collettore) comporta una usura alquanto
rapida, riducendo quindi la vita meccanica del motore e richiedendo una periodica
manutenzione. La presenza di tale commutatore comporta un fenomeno di scintillazione che
logora il motore e ne rende pericoloso l’uso in ambienti con particolari caratteristiche di
pericolosità (ad esempio ambienti con presenza di gas o materiali infiammabili).
Queste problematiche, unite alla diffusione di convertitori statici capaci di controllare
efficientemente motori in alternata, hanno decretato l’inizio della decadenza del motore in
continua. Riveste però ancora interesse, sia per le numerosissime applicazioni in essere, sia
dal punto di vista didattico in quanto il suo comportamento molto si avvicina a quello di una
macchina ideale.
Cenni costruttivi
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A quanto detto vanno aggiunti, per una macchina compensata, poli ausiliari e gli
avvolgimenti di compensazione, realizzati sulle scarpe polari, che hanno lo scopo di ridurre
le deformazioni del campo induttore dovute al campo rotorico.
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Φs Φr
α
q = k ⋅ Φ ⋅ i ⋅ sen α
m s r
Si osserva che essa è massima quando α=90° ed è nulla quando α=0°. La spira rotorica, per
portare il sistema complessivo in uno stato stabile, ruota fino a quando le forze di Lorenz
hanno direzione passante per il centro della spira stessa, cioè per α=0° annullando la coppia
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meccanica. Allo scopo di generare una coppia meccanica costante, è fondamentale fare in
modo che la forza sia sempre ortogonale al piano della spira anche quando questa ruota. Per
far ciò si deve ottenere un flusso di direzione radiale, il che è possibile realizzando un
interspazio tra rotore e statore, detto traferro, molto piccolo (frazioni di millimetro). Si
ricorda infatti che passando attraverso l’interfaccia tra due mezzi, la componente del campo
magnetico che si mantiene è quella normale. Nel passaggio dal metallo all’aria, la
componente tangenziale all’interfaccia è fortemente attenuata, per cui si può considerare il
campo radiale. Questo fenomeno si può anche spiegare semplicemente dicendo che il campo,
passando dallo statore al rotore segue il percorso a riluttanza minore. Tale percorso è quello
caratterizzato dal minore salto in aria, quindi quello ortogonale all’interfaccia tra i due
mezzi.
Per ottenere una elevata coppia è necessario avere un elevato numero di conduttori
disposti su tutta la periferia del rotore, con un sistema di correnti che al ruotare del rotore
rimanga fisso nello spazio come nell’esempio riportato in figura:
Per mantenere fisso il sistema di correnti rotoriche rispetto allo statore, è necessario un
dispositivo che consenta di commutare l’alimentazione delle spire quando queste ruotano.
Tale dispositivo è il collettore. Si è già detto che è costituito da una serie di lamelle calettate
sull’asse, parallele alla direttrice di questo e separate le une dalle altre da uno strato isolante,
come si può vedere nella seguente figura:
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Ad ogni spira è collegata una coppia di lamelle contrapposte. Una coppia di spazzole porta la
tensione alle lamelle del collettore interessate. In realtà non viene mai alimentata una sola
spira, ma tutte quante in modo da avere il contributo di tutte le spire alla generazione della
coppia. Ciò è ottenuto realizzando un unico avvolgimento sul rotore. In questo modo il
collettore alimenta tutte le spire ed il flusso che si genera è la somma vettoriale di quelli
generati dalle singole spire. I conduttori sono collegati in modo tale da realizzare un unico
avvolgimento in cui le f.e.m. indotte nei conduttori attivi siano concordi. Nella figura che
segue sono riportate una sezione ortogonale all’asse e una visione dispiegata degli
avvolgimenti. In essa si può osservare che sono concordi le f.e.m. indotte nei conduttori
1-8-3-10-5-12 e nei conduttori 6-11-4-9-2-7.
Nella figura sono stati riportati gli avvolgimenti relativi ad una macchina a corrente continua
impiegata come generatore connesso ad un carico resistivo. Per un motore si ha la stessa
struttura. Al fine di ottenere una coppia maggiore le spire stesse sono sostituite con
matassine di materiale conduttore alloggiate nelle cave realizzate sul rotore. Nella seguente
figura si vede come è concretamente realizzato il rotore di una macchina a corrente continua.
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opera delle correnti rotoriche chiamato reazione d’armatura. Tali correnti sono tutte entranti
per una metà del rotore e tutte uscenti sull’altra metà. Le linee di flusso del campo generato
da tali correnti interagiscono con il campo statorico creando una non uniformità del campo.
Si può avere un chiara idea del fenomeno osservando la seguente figura:
Laddove i flussi statorico e rotorico sono concordi si verifica un aumento del campo, mentre
dove sono discordi se ne ha una diminuzione. In seguito alla deformazione delle linee del
campo statorico si ha uno spostamento dell’asse neutro. La spira in corto circuito prima
considerata non è più ortogonale al flusso, per cui diviene di nuovo sede di una forza
elettromotrice. Ciò genera il fenomeno di scintillazione prima descritto. Se la corrente che si
interrompe è abbastanza intensa, si ha la ionizzazione dell’aria intorno al collettore. Questa
viene poi trascinata dal collettore fino a circondarlo. Se ciò accade, il collettore viene
cortocircuitato. Questo fenomeno è chiamato flash del collettore e può distruggerlo. Per
minimizzare gli effetti della reazione di armatura si dispongono le spazzole sull’asse a
derivata del campo nulla:
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Rf
Ra
Vf Lf Va
La
+
- Eg
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l’assenza di accoppiamento mutuo tra i circuiti. Per cui le equazioni alle maglie, statorica e
rotorica, si possono scrivere in modo indipendente. Le equazioni sono quindi:
di f
v f = R f ⋅ i f + Lf ⋅
dt
di
va = Ra ⋅ ia + La ⋅ a + eg
dt
Il termine eg rappresenta la f.c.e.m. indotta nel circuito rotorico ad opera del campo di
eccitazione. Una forza elettromotrice si genera ogni volta che un conduttore si muove in un
campo magnetico trasversalmente rispetto alle linee di flusso di questo. La eg nasce dal moto
degli avvolgimenti rotorici nel campo statorico. Il suo valore è proporzionale al prodotto
della velocità angolare per il flusso statorico:
eg = k m ⋅ Φ s ⋅ ω
Nf ⋅ if =R⋅ Φs
e g = k m′ ⋅ i f ⋅ ω
La f.c.e.m. eg nasce in quanto il sistema motore si oppone alla perturbazione del suo
stato di quiete, per cui essa si contrappone alla tensione di armatura limitando il valore di
corrente che scorre negli avvolgimenti rotorici.
Tenendo conto della relazione tra flusso e corrente statorica, l’espressione della
coppia meccanica diventa:
qm = k m ⋅ Φ s ⋅ ia = k m′ ⋅ i f ⋅ ia
Nelle espressioni finora descritte si sono usati gli stessi coefficienti k m′ . Ciò è lecito per un
motore perfettamente compensato in quanto tali coefficienti risultano uguali.
Si consideri ora il motore da un punto di vista sistemistico. Il motore può vedersi
come un sistema la cui uscita è la velocità angolare dell’asse. In quest’ottica, la presenza del
momento d’inerzia J, e quindi di una coppia d’inerzia, impone un limite sulla banda passante
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del sistema. Questa è intimamente legata al tempo di salita della risposta indiciale.
Nell’equazione dell’equilibrio meccanico, la coppia che ha maggior peso nelle fasi
transitorie è quella d’inerzia essendo proporzionale all’accelerazione. In tali fasi la velocità
ω parte da un valore nullo, quindi la coppia B⋅ω ha entità trascurabile rispetto alla coppia
d’inerzia. Se i considera nulla la coppia di carico, nei transitori l’equazione dell’equilibrio
meccanico diventa:
dω
qm = J ⋅
dt
Per un sistema inerziale descritto con questa equazione la crescita della velocità è lineare con
pendenza:
dω q m ωmax
=
dt J
qm/J
tr t
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