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Meccanica dei Solidi

MECCANICA DEI SOLIDI


(Problema elastico lineare, Saint Venant, stato di sforzo nelle travi)

Premessa
Il corpo continuo è un modello matematico adatto a descrivere sistemi fisici a scala macroscopica
nei casi in cui la dimensione dei fenomeni osservati sia tale che questi non siano meccanicamente
affetti dalla struttura molecolare della materia. Si assume che la materia sia distribuita nel corpo in
modo uniforme nello spazio che occupa. In modo più formale, il corpo continuo è una porzione di
materia i cui punti, detti punti materiali, possono essere identificati con i punti geometrici di una
regione regolare dello spazio euclideo tridimensionale. La loro posizione può essere descritta usando,
ad esempio, un sistema di coordinate cartesiane ortogonali.
Il modello di corpo continuo più comunemente utilizzato è il cosiddetto continuo di Cauchy che risale
alla prima metà del '800 ed è il modello di continuo più importante sia da un punto di vista storico
che applicativo.

Lo studio della meccanica del continuo si basa sulla caratterizzazione cinematica e statica del corpo
continuo individuando quantità ritenute rilevanti a descrivere la deformabilità e l’equilibrio di un
solido soggetto ad azioni di carichi e vincoli. Il modello è completamente formulato con
l’introduzione delle equazioni di legame costitutivo che caratterizzano il comportamento di specifici
materiali ideali: il solido perfettamente elastico e il fluido viscoso sono esempi di classi di materiali.

La meccanica del continuo introduce quantità, relative a corpi solidi e fluidi, che non dipendono dal
sistema di coordinate in cui vengono osservate. Queste quantità sono pertanto rappresentate attraverso
tensori (tipicamente del secondo ordine), ossia oggetti matematici indipendenti dal sistema di
coordinate utilizzato ma che, a sistema di coordinate fissato, sono espressi in forma di matrici.

Dal punto di vista matematico, le equazioni fondamentali della meccanica del continuo possono
essere ricavate in due formulazioni diverse:
- forma integrale o globale, applicando dei principi di base ad una porzione finita di volume del
corpo;
- forma differenziale o di campo, ricavando le equazioni fondamentali su elementi di volume
infinitesimi.

La Meccanica dei Solidi è un settore della meccanica dei continui, che ha lo scopo di definire un
modello meccanico in grado di descrivere la deformazione e l’equilibrio di un corpo solido soggetto
a un assegnato sistema di forze e vincoli. In particolare, nella presente trattazione, lo studio si
articolerà nei seguenti argomenti:

1. Statica o analisi della tensione


2. Cinematica o analisi della deformazione
3. Legame costitutivo elastico
4. Formulazione del problema elastico

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1. Statica del corpo deformabile


In Figura 1.1 è rappresentato un corpo continuo (inteso come insieme di punti materiali) che, ad ogni
istante, occupa una regione B dello spazio euclideo tridimensionale. L’interazione meccanica di un
corpo con il mondo esterno si descrive introducendo la nozione di sistema di forze. Le forze che
agiscono su un solido sono esprimibili con funzioni vettoriali. La posizione di un generico punto
materiale P del corpo è descritta introducendo un sistema di riferimento cartesiano ortogonale (0; x1,
x2, x3) come in Figura 1.1. Denotiamo con x il vettore che partendo dall’origine 0 degli assi arriva al
punto P, ossia x=P-0.

Figura 1.1 Corpo continuo soggetto a forze di volume b e di superficie s.

1.1 Azioni su un corpo continuo


Le forze che l’ambiente esterno esercita su un corpo sono di due tipi: forze di volume e forze di
superficie.

1.1.1. Forze di volume


Le forze di volume sono azioni esercitate a distanza dall’ambiente su ciascun elemento di volume di
cui si può pensare di suddividere il corpo continuo e insorgono quando il corpo è immerso in un
campo di forze, quali quelle gravitazionali.
Consideriamo un elemento di volume nell’intorno del punto P interno al corpo, la cui posizione è
individuata dal vettore x=P-0, e indichiamo con ∆F la forza esercitata dall’ambiente su tale volume;
si definisce densità di forza di volume agente nel punto x il seguente limite:

∆𝑭
𝒃(𝒙) = lim
∆𝑉→0 ∆𝑉

Si assuma che tale limite esista e il volume tenda a zero contraendosi intorno al punto P (spesso la
parola densità viene sottintesa).
La forza di volume 𝒃(𝒙) ha quindi le dimensioni di una forza su unità di volume [FL-3]; la forza
esercitata su un elemento di volume infinitesimo ha quindi la seguente forma:

𝑑𝑭 = 𝒃 𝑑𝑉.

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1.1.2 Forze di superficie


Le forze di superficie sono azioni esercitate per contatto sul solido attraverso elementi di area.
Consideriamo un piccolo elemento ∆𝐴 della superficie 𝜕𝐵 del corpo centrato attorno al punto x e
indichiamo con ∆𝑭 la forza complessiva esercitata dall’esterno su tale area.
Si definisce forza di contatto esterna s(x), il limite:

∆𝑭
𝒔(𝒙) = lim
∆𝐴→0 ∆𝐴

e si suppone che tale limite esista e la superficie ∆𝐴 tenda a zero contraendosi intorno al punto x.
Anche in questo caso la parola densità viene sottintesa e la “forza di contatto” ha le dimensioni di una
forza su unità di superficie (FL-2).
La forza di superficie su un’area infinitesima risulta:

𝑑𝑭 = 𝒔 𝑑𝐴

Se ∆𝐴 denota un piccolo elemento di area appartenente alla superficie esterna S nell’intorno del punto
x, indichiamo con ∆𝑴 rispettivamente il momento risultante scambiato attraverso tale area con
l’ambiente esterno. Si definisce momento risultante esterno m(x) nel punto x, il seguente limite

∆𝑴
𝒎(𝒙) = lim
∆𝐴→0 ∆𝐴

Questa analisi può essere estesa per studiare le forze di contatto interne che indicheremo con t. Si
tratta di forze esercitate punto per punto tra le varie parti di un corpo attraverso una superficie ideale
S in comune, che divide il corpo in due porzioni denominate porzione B1 e porzione B2.

Consideriamo quindi un piccolo elemento di area ∆𝐴 nell’intorno del punto x, appartenente alla
superficie interna ideale S e indichiamo con ∆𝑭 la forza risultante scambiata attraverso tale area tra
le due parti del corpo. Si definisce forza di contatto interna 𝒕(𝒙, 𝑆) nel punto x appartenente alla
superficie di separazione S, il seguente limite

∆𝑭
𝒕(𝒙, 𝑆) = lim
∆𝐴→0 ∆𝐴

A livello infinitesimo si ha:


𝑑𝑭 = 𝒕 𝑑𝐴

Analoga trattazione può essere svolta per i momenti interni. Tuttavia, l’introduzione del concetto di
momento interno è introdotto solo nel caso di modello di continuo più complesso di quello studiato
nella presente trattazione che non viene ora introdotto al fine di rendere più snella la presente
esposizione (modello di continuo di Cosserat).

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L’idea che le azioni esterne inducano in un corpo uno stato di azioni interne ha un ruolo centrale
nella meccanica dei continui e la modellazione di tali azioni interne rappresenta un punto delicato,
oggetto dei paragrafi che seguono.

La modellazione delle azioni interne si avvale del contributo di Cauchy che fornisce una
caratterizzazione qualitativa di tali azioni attraverso l’introduzione di due principi: il principio
della tensione di Cauchy e il principio di separazione di Eulero.
La caratterizzazione quantitativa di tali azioni avviene con il Teorema di Cauchy, attraverso
l’introduzione del concetto di tensione in un punto interno del solid, la definizione del tensore
delle tensioni (simmetrico) e la determinazione delle equazioni di equilibrio locali.

1.2 Principio della tensione di Cauchy e principio di separazione di Eulero


Il modello di caratterizzazione delle forze di contatto interne di Cauchy (detto Principio della tensione
di Cauchy) è particolarmente semplice perchè assume che la dipendenza da S dell’azione interna
𝒕(𝒙, 𝑆) in x si riduca alla dipendenza dalla posizione x e dal versore della normale n(x) alla superficie
S passante per x. Si osservi che tale vettore rappresentativo dell’azione interna in x è lo stesso per
tutte le superfici S passanti per il punto x che, in tal punto, hanno la stessa normale (teoria di prima
approssimazione). In forma più compatta possiamo indicare

𝒕(𝒙, 𝒏(𝒙)) = 𝒕(𝒏)

Al vettore 𝒕(𝒏) si dà il nome di vettore tensione relativo alla giacitura di normale n nel punto x. Il
vettore tensione ha le dimensioni di una forza per unità di superficie (pressione) e dipende dalla
posizione e dalla normale passante per x alla superficie scelta per sezionare il solido.
La nozione di stato di tensione in un punto interno nasce da considerazioni di equilibrio tra azioni e
reazioni che interessano due parti dello stesso corpo pensato idelmente separato da una superficie.
Si consideri un corpo B in equilibrio sotto assegnate azioni esterne e si divida il volume da esso
occupato in due parti B1 e B2 mediante una superficie ideale S; indichiamo con n il versore normale
ad S passante per x (Fig.1.2). Il versore n viene orientato per convenzione verso l’esterno della
porzione di solido rispetto al quale si esamina l’equilibrio. In seguito alla suddivisione, ciascuna delle
due parti non risulterà più in equilibrio perché, prima della suddivione, attraverso la superficie interna
S venivano trasmesse delle azioni che la separazione ideale delle due parti ha interrotto.

Figura 1.2 Suddivisione di B in due porzioni separate dalla superficie ideale S.

Il principio di separazione di Eulero assume l’esistenza di un campo di azioni interne superficiali di


contatto che le due parti si scambiano attraverso S: 𝒕(𝒙, 𝒏(𝒙)) sulla superficie pensata appartenente

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alla parte B1 e 𝒕(𝒙, −𝒏(𝒙)) sulla superficie S pensata appartenente alla parte B2. Tali azioni sono in
grado di ripristinare l’equilibrio delle singole parti del corpo inizialmente in equilibrio.
Per il principio di azione e reazione applicato alle due parti, possiamo dimostrare che vale:

𝒕(𝒙, −𝒏(𝒙)) = −𝒕(𝒙, 𝒏(𝒙))

Figura 1.3 Parti del solido separate dalla superficie ideale S

Per dimostrare tale proprietà scriviamo gli assiomi di Eulero, ossia il bilancio delle forze e il bilancio
dei momenti rispetto al polo 0, per l’intero corpo 𝐵 di frontiera 𝜕𝐵 in stato di quiete e soggetto solo
ad azioni di forze sul contorno e forze di volume:
∫ 𝒃 𝑑𝑉 + ∫ 𝒔 𝑑𝐴 = 0
𝐵 𝜕𝐵

∫ 𝒙 ∧ 𝒃 𝑑𝑉 + ∫ 𝒙 ∧ 𝒔 𝑑𝐴 = 0
𝐵 𝜕𝐵
Scriviamo gli stessi assiomi per ogni porzione del corpo pensato suddiviso dalla superficie S, detta
anche sezione di Eulero, esplicitando la dipendenza funzionale delle quantità coinvolte e tenendo
presente le azioni sulla superficie S. Si ha:
∫ 𝒃(𝒙) 𝑑𝑉 + ∫ 𝒔(𝒙) 𝑑𝐴 + ∫ 𝒕(𝒙, 𝒏(𝒙)) 𝑑𝐴 = 0
𝐵1 𝜕𝐵1 𝑆

∫ 𝒙 ∧ 𝒃(𝒙) 𝑑𝑉 + ∫ 𝒙 ∧ 𝒔(𝒙) 𝑑𝐴 + ∫ 𝒙 ∧ 𝒕(𝒙, 𝒏(𝒙)) 𝑑𝐴 = 0


𝐵1 𝜕𝐵1 𝑆
e, in modo analogo, sulla porzione B2.
Sommando le equazioni valide per ogni porzione e tenendo presente la validità delle equazioni per
l’intero solido, si ha:
∫ (𝒕(𝒙, 𝒏(𝒙)) + 𝒕(𝒙, −𝒏(𝒙))) 𝑑𝐴 = 0
𝑆
Poiché tali equazioni devono essere valide per ogni porzione di volume delimitata dalla superficie S,
dovrà annullarsi l’integrando e quindi

𝒕(𝒙, 𝒏(𝒙)) = −𝒕(𝒙, −𝒏(𝒙))

per cui si dimostra la validità di quanto sopra affermato.

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1.2.1 Le componenti del vettore tensione


Per descrivere il vettore tensione in componenti possiamo procedere considerando un cubo
elementare nell’intorno del punto P, con le facce ortogonali agli assi x1, x2, e x3 di un sistema di
riferimento cartesiano in cui e1, e2, e3, sono i versori degli assi le cui direzioni coincidono con le
normali alle facce del cubo (Figura 1.4).
I vettori tensione che agiscono sulle facce del cubo elementare, rispettivamente di normali parallele
agli assi x1, x2 e x3, possono essere scritti sui versori base ej (j=1,2,3) come

(𝒆1 ) (𝒆1 ) (𝒆1 )


𝒕(𝒆1 ) = 𝑡1 𝒆1 + 𝑡2 𝒆2 + 𝑡3 𝒆3
(𝒆2 ) (𝒆 ) (𝒆 ) (𝒆2 )
𝒕 = 𝑡1 2 𝒆1 + 𝑡2 2 𝒆2 + 𝑡3 𝒆3
(𝒆3 ) (𝒆 ) (𝒆 ) (𝒆 )
𝒕 = 𝑡1 3 𝒆1 + 𝑡2 3 𝒆2 + 𝑡3 3 𝒆3

Oppure, più sinteticamente


3
(𝒆𝑗 ) (𝒆𝑗 ) (𝒆𝑗 )
𝒕 = ∑ 𝑡𝑖 𝒆𝑖 = 𝑡𝑖 𝒆𝑖
𝑖=1

in cui abbiamo usato la cosiddetta notazione della sommatoria (che useremo anche nel seguito), ossia:
due indici ripetuti (in questo caso i) si intendono sommati, mentre j=1,2,3.
I vettori tensione sulle tre giaciture possono anche essere scritti nella forma

(𝒆1 ) (𝒆2 ) (𝒆3 )


𝑡1 𝑡1 𝑡1
𝒕(𝒆1 ) = [𝑡2(𝒆1 ) ] 𝒕(𝒆2 ) = [𝑡2(𝒆2 ) ] 𝒕(𝒆3 ) = [𝑡2(𝒆3 ) ]
(𝒆1 ) (𝒆2 ) (𝒆3 )
𝑡3 𝑡3 𝑡3

(𝒆𝑗 )
Introduciamo ora la seguente notazione: poniamo 𝑡𝑖 ≡ σ𝑗𝑖 . Il termine σ𝑗𝑖 indica la componente del
(𝒆𝑗 )
vettore tensione 𝒕 relativo alla giacitura di normale parallela all’asse xj valutata lungo la
direzione dell’asse xi; in altri termini, il primo indice si riferisce alla normale alla giacitura su cui si
esplica la tensione, mentre il secondo indice si riferisce alla direzione coordinata cui la componente
di tensione è parallela. In termini espliciti si ha

(𝒆1 ) (𝒆2 ) (𝒆3 )


𝑡1 σ11 𝑡1 σ21 𝑡1 σ31
(𝒆1 ) (𝒆2 )
𝒕 (𝒆1 )
= [𝑡2 ] = [σ12 ] 𝒕 (𝒆2 )
= [𝑡2 ] = [σ22 ] 𝒕 (𝒆3 )
= [𝑡2(𝒆3 ) ] = [σ32 ]
(𝒆 ) σ13 (𝒆 ) σ23 (𝒆 ) σ33
𝑡3 1 𝑡3 2 𝑡3 3

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Figura 1.4 Cubo elementare nell’intorno del punto P

Le nove componenti di questi vettori sono riportate in Figura 1.4 in cui sono indicate tutte le quantità
positive che sono concordi con la direzione positiva degli assi coordinati.
Le componenti a indici uguali rappresentano le componenti del vettore tensione in direzione normale
alle facce e per questo motivo sono dette componenti in direzione normale o più semplicemente
tensioni normali.
Le componenti a indici misti rappresentano delle azioni radenti, ossia appartenenti al piano della
giacitura, e per questo motivo sono dette componenti della tensione in direzione tangenziale lungo le
due direzioni appartenenti alla giacitura e sono semplicemente chiamate tensioni tangenziali.
Una componente di tensione è positiva quando la direzione del vettore è nella direzione positiva degli
assi coordinati; tensioni normali positive sono usualmente dette tensioni di trazione e componenti
normali negative sono dette tensioni di compressione.

1.3 Il tensore delle tensioni e le equazioni indefinite di equilibrio


In questa sezione introduciamo un teorema fondamentale della meccanica dei solidi deformabili che
fornisce una caratterizzazione quantitativa della tensione in ogni punto di un solido (forma locale
dello stato di tensione) attraverso il Teorema di Cauchy-Poisson.

Teorema di Cauchy-Poisson
Il teorema si sviluppa in tre parti:
1) Esistenza del tensore delle tensioni o tensore di Cauchy
2) Condizione di reciprocità delle tensioni tangenziali
3) Equazioni indefinite di equilibrio

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Enunciato:
Condizione necessaria e sufficiente affinché un solido B sia in equilibrio sotto l’azione delle forze di
volume b e le forze di superficie s, ossia che siano verificati gli assiomi di Eulero per qualsiasi parte
del corpo, è che esista un tensore (x), detto tensore delle tensioni o tensore di Cauchy, in modo
tale che la matrice σ𝑗𝑖 rappresentativa delle sue componenti, verifichi le seguenti condizioni.

1) 𝑡𝑖 (𝒏) = σ𝑗𝑖 𝑛𝑗 (formula della tensione di Cauchy)


L’assunzione che il vettore tensione dipenda dalla normale alla giacitura su cui agisce consente
di esprimere la tensione in un punto di un solido rispetto a una giacitura generica di normale n
attraverso la conoscenza di tre vettori tensione relativi a tre sezioni tra loro ortogonali che sono le
componenti del tensore della tensione. In altri termini la dipendenza del vettore tensione dalla
normale è di tipo lineare (lemma di Cauchy).

2) σ𝑖𝑗 = σ𝑗𝑖 (condizione di reciprocità delle tensioni tangenziali)


Le tre equazioni di equilibrio alla rotazione consentono di dimostrare che la matrice delle tensioni
è simmetrica; questa proprietà di simmetria è detta anche condizione di reciprocità delle tensioni
tangenziali;

3) σ𝑖𝑗,𝑗 + 𝑏𝑖 = 0 valide in B (equazioni di equilibrio locali in un punto del solido)


σ𝑖𝑗 𝑛𝑗 = 𝑠𝑖 valide in 𝜕𝐵
Le tre equazioni di equilibrio alla traslazione lungo gli assi coordinati consentono di stabilire lo
stato di equilibrio locale nell’intorno del punto attraverso le equazioni indefinite di equilibrio,
valide in punti interni del continuo. L’equilibrio in punti sulla frontiera in cui sono assegnate le
forze è garantito attraverso l’applicazione della formula della tensione di Cauchy.

Per dimostrare le tre parti del teorema usiamo due figure solide elementari: un tetraedro (per questo
motivo a volte questa parte del teorema è detto teorema del tetraedro) e un cubo (Figura 1.5).

Figura 1.5 Figure solide elementari nell’intorno del punto P

Dimostrazione.
1) Formula della tensione di Cauchy e tensore delle tensioni: 𝑡𝑖 (𝒏) = σ𝑗𝑖 𝑛𝑗
Si consideri un tetraedro infinitesimo elementare all’interno del corpo B con un vertice nel generico
punto P e gli spigoli paralleli agli assi cartesiani. Isoliamo idealmente tale solido con tre piani paralleli
ai piani coordinati e con un quarto piano avente per normale n. Se indichiamo con dAj l’area della
faccia del tetraedro avente come normale il versore –ej (j=1,2,3) e con dA l’area della faccia inclinata
distante dh da P, si ha che l’area dAj è la proiezione dell’area dA sul piano ortogonale all’asse xj.

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Figura 1.6 Tetraedro di Cauchy nell’intorno del punto P

Tale condizione si scrive nella forma:


𝑑𝐴𝑗 = 𝑛𝑗 𝑑𝐴
E in forma esplicita:
𝑑𝐴1 = 𝑛1 𝑑𝐴
𝑑𝐴2 = 𝑛2 𝑑𝐴
𝑑𝐴3 = 𝑛3 𝑑𝐴

Per la dimostrazione di tali relazioni si rimanda all’Appendice 1.

Per valutare l’equilibrio del tetraedro così individuato, si dovranno considerare le forze di contatto
interne (in media) scambiate attraverso le superfici del tetraedro e la forza di volume agente sul
tetraedro. Per la i-ma direzione si ha:

1
𝑡𝑖 (𝒏) 𝑑𝐴 − 𝑡𝑖 (𝒆1 ) 𝑑𝐴1 − 𝑡𝑖 (𝒆2) 𝑑𝐴2 − 𝑡𝑖 (𝒆3) 𝑑𝐴3 + 𝑏𝑖 𝑑𝐴 𝑑ℎ = 0
3

poiché 𝑡𝑖 (−𝒆1 ) = −𝑡𝑖 (𝒆1 ) .


Le tre equazioni di equilibrio assumono la seguente forma:
1
𝑡𝑖 (𝒏) 𝑑𝐴 − 𝑡𝑖 (𝒆𝑗) 𝑑𝐴𝑗 + 𝑏𝑖 𝑑𝐴 𝑑ℎ = 0
3
ed ancora
1
𝑡𝑖 (𝒏) 𝑑𝐴 − 𝑡𝑖 (𝒆𝑗) 𝑛𝑗 𝑑𝐴 + 𝑏𝑖 𝑑𝐴 𝑑ℎ = 0
3
Dividendo per dA e facendo il limite per dh che tende a zero, si ottiene:

𝑡𝑖 (𝒏) = 𝑡𝑖 (𝒆𝑗) 𝑛𝑗

In componenti

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(𝒏)
𝑡1 = 𝑡1 (𝒆1 ) 𝑛1 + 𝑡1 (𝒆2 ) 𝑛2 + 𝑡1 (𝒆3 ) 𝑛3
(𝒏)
𝑡2 = 𝑡2 (𝒆1 ) 𝑛1 + 𝑡2 (𝒆2) 𝑛2 + 𝑡2 (𝒆3 ) 𝑛3
(𝒏)
𝑡3 = 𝑡3 (𝒆1 ) 𝑛1 + 𝑡3 (𝒆2) 𝑛2 + 𝑡3 (𝒆3 ) 𝑛3
(𝒆𝑗 )
e, ricordando la posizione 𝑡𝑖 ≡ σ𝑗𝑖 , si ottiene

𝑡𝑖 (𝒏) = 𝜎𝑗𝑖 𝑛𝑗

detta formula della tensione di Cauchy. Tale formula, scritta in componenti assume la forma
(𝒏)
𝑡1 = σ11 𝑛1 + σ21 𝑛2 + σ31 𝑛3
(𝒏)
𝑡2 = σ12 𝑛1 + σ22 𝑛2 + σ32 𝑛3
(𝒏)
𝑡3 = σ13 𝑛1 + σ23 𝑛2 + σ33 𝑛3

e in forma matriciale
(𝒏)
𝑡1 σ11 σ21 σ31 𝑛1
(𝒏)
[ 𝑡2 ] = [σ12 σ22 σ32 ] [𝑛2 ]
(𝒏) σ13 σ23 σ33 𝑛3
𝑡3

Dimostriamo ora che


σ11 σ12 σ13
[σ𝑖𝑗 ] = [σ21 σ22 σ23 ]
σ31 σ32 σ33

è la rappresentazione matriciale, sulla base e1, e2, e e3 utilizzata, del cosiddetto tensore della tensione
di Cauchy, o tensore* di Cauchy.

*Si definisce tensore del secondo ordine (a due indici) un operatore lineare che agisce su vettori per dare vettori; una
volta fissata la base del sistema di riferimento prescelto il tensore è descritto, nelle sue componenti, da una matrice. Per
esemplificare potremmo dire che è la differenza che c’è tra un vettore (un segmento orientato nello spazio,
indipendentemente dal suo sistema di riferimento) e la n-pla di numeri che si usano per descriverlo in un dato sistema di
riferimento.

Tensore delle tensioni e legge di trasformazione delle sue componenti


Per dimostrare che le quantità σ𝑗𝑖 sono le componenti di un tensore del secondo ordine 𝛔, noto come
tensore delle tensioni, occorre prendere in considerazione la legge di trasformazione delle componenti
del vettore tensione relativo ad una giacitura n, da un sistema di coordinate (𝑃; 𝑥1 , 𝑥2 , 𝑥3 ) di
base 𝒆1 , 𝒆2 , 𝒆3 ad un altro sistema di coordinate (𝑃; 𝑥′1 , 𝑥′2 , 𝑥′3 ) di base 𝒆′1 , 𝒆′2 , 𝒆′3 , ottenuto dal
primo tramite una rotazione degli assi.

Il vettore tensione nel punto P del solido può essere scritto sui due sistemi di coordinate come segue

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(𝒏)
𝒕(𝒏) = 𝑡𝑖 𝒆𝑖 = 𝑡𝑖′(𝒏) 𝒆′𝑖

o anche, ricordando la formula della tensione


di Cauchy

𝒕(𝒏) = σ𝑗𝑖 𝑛𝑗 𝒆𝑖 = σ𝑗𝑖 ′𝑛𝑗 ′𝒆′𝑖

Osserviamo che il vettore n che determina la giacitura nel secondo termine dell’equazione è stato
scritto attraverso le sue componenti 𝑛𝑖 sulla base 𝒆𝑖 e attraverso le sue componente 𝑛𝑖 ′sulla base 𝒆′𝑖 .
Consideriamo il cambio di base 𝒆𝑗 → 𝒆′𝑗 descritto attraverso l’uso di una matrice 𝑄𝑖𝑗 di rotazione:
𝒆′𝑖 = 𝑄𝑖𝑗 𝒆𝑗

La matrice Q, essendo di rotazione, soddisfa l’equazione

𝑸𝑸𝑇 = 𝑰
ossia

−1
𝑄𝑖𝑗 = 𝑄𝑗𝑖 .

La legge di trasformazione per le componenti di un vettore generico v sulle due basi è

𝒗 = 𝑣𝑗 𝒆𝑗 = 𝑣𝑖′ 𝒆′𝑖 = 𝑣𝑖′ 𝑄𝑖𝑗 𝒆𝑗

Da cui, prendendo la sua componente j-ma otteniamo la legge di trasformazione delle componenti di
un vettore al cambio di base

𝑣𝑗 = 𝑣𝑖′ 𝑄𝑖𝑗 oppure la relazione inversa 𝑣𝑖′ = 𝑄𝑖𝑗 𝑣𝑗 .

Infatti, moltiplicando ambo i membri della


𝑣𝑗 = 𝑣𝑖′ 𝑄𝑖𝑗
per 𝑄𝑗𝑠 −1 = 𝑄𝑠𝑗 ottengo
𝑣𝑗 𝑄𝑗𝑠 −1 = 𝑣𝑖′ 𝑄𝑖𝑗 𝑄𝑗𝑠 −1
E quindi

𝑣𝑗 𝑄𝑠𝑗 = 𝑣𝑖′ 𝛿𝑖𝑠


Da cui
𝑣𝑠′ = 𝑣𝑗 𝑄𝑠𝑗 =𝑄𝑠𝑗 𝑣𝑗 (che ponendo s=i è proprio la relazione scritta sopra).

Ricordando l’equazione

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𝒆′𝑖 = 𝑄𝑖𝑗 𝒆𝑗

la componente j-ma di 𝒆′𝑖 , si ottiene attraverso il prodotto scalare

𝒆′𝑖 ∙ 𝒆𝑗 = 𝑄𝑖𝑗 = cos ( 𝑥 ′ 𝑖 , 𝑥𝑗 )

Questa relazione mostra perché i termini della matrice 𝑄𝑖𝑗 sono i coseni degli angoli formati tra gli
assi 𝑥′𝑖 e gli assi 𝑥𝑗 (detti anche coseni direttori).
𝑄11 𝑄12 𝑄13
𝑄𝑖𝑗 = cos (𝑥′𝑖 , 𝑥𝑗 ) = [𝑄21 𝑄22 𝑄23 ]
𝑄31 𝑄32 𝑄33

𝑄𝑖𝑗 = cos (𝑥′𝑖 , 𝑥𝑗 ) 𝑥1 𝑥2 𝑥3


𝑥′1 𝑄11 𝑄12 𝑄13
𝑥′2 𝑄21 𝑄22 𝑄23
𝑥′3 𝑄31 𝑄32 𝑄33

per convenienza rappresentati anche nella tabella di conversione sopra riportata.

Per dimostrare la legge di trasformazione di σ𝑗𝑖 al cambio di base teniamo presente tale matrice Q e
riscriviamo il vettore tensione in un punto x su una giacitura generica di normale n, in termini delle
componenti valutate nei due sistemi di coordinate, utilizzando quindi la formula di Cauchy:

σ𝑗𝑖 𝑛𝑗 𝒆𝑖 = σ𝑗𝑖 ′𝑛𝑗 ′𝒆′𝑖

Ricordando (e cambiando per comodità nome agli indici sommati) le relative leggi di trasformazione

𝒆′𝑖 = 𝑄𝑖𝑟 𝒆𝑟 𝑛𝑗′ = 𝑛𝑠 𝑄𝑗𝑠 = 𝑄𝑗𝑠 𝑛𝑠

si ha:
σ𝑗𝑖 𝑛𝑗 𝒆𝑖 = σ𝑗𝑖 ′𝑛𝑠 𝑄𝑗𝑠 𝑄𝑖𝑟 𝒆𝑟

Da cui, ridenominando gli indici sommati a primo membro, possiamo scrivere

σ𝑠𝑟 𝑛𝑠 𝒆𝑟 = (𝑄𝑗𝑠 𝑄𝑖𝑟 σ𝑗𝑖 ′)𝑛𝑠 𝒆𝑟

Portando a primo membro e raccogliendo in modo opportuno, otteniamo

(σ𝑠𝑟 − 𝑄𝑗𝑠 𝑄𝑖𝑟 σ𝑗𝑖 ′)𝑛𝑠 𝒆𝑟 = 0

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Siccome tale relazione vale per qualsiasi componente r-ma e qualsiasi 𝑛𝑠 , otteniamo la legge di
trasformazione delle componenti della matrice rappresentativa dello stato di tensione al cambio di
base come
σ𝑠𝑟 = 𝑄𝑗𝑠 𝑄𝑖𝑟 σ𝑗𝑖′

Tale espressione si può anche scrivere nella forma

𝑇 ′
σ𝑠𝑟 = 𝑄𝑠𝑗 σ𝑗𝑖 𝑄𝑖𝑟
La relazione inversa risulta

𝑇
σ′𝑠𝑟 = 𝑄𝑠𝑗 σ𝑗𝑖 𝑄𝑟𝑖 = 𝑄𝑠𝑗 σ𝑗𝑖 𝑄𝑖𝑟 .

Questa equazione rappresenta la corretta legge di trasformazione delle componenti di un tensore al


cambio di base e abbiamo così dimostrato che le quantità σ𝑗𝑖 sono le componenti di un tensore del
secondo ordine 𝛔 , detto appunto tensore delle tensioni.
Questa legge di trasformazione, in notazione matriciale, può essere scritta come segue

σ′11 σ′12 σ′13 𝑄11 𝑄12 𝑄13 σ11 σ12 σ13 𝑄11 𝑄21 𝑄31
[σ′21 σ′22 σ′23 ] = [𝑄21 𝑄22 𝑄23 ] [σ21 σ22 σ23 ] [𝑄12 𝑄22 𝑄32 ]
σ′31 σ′32 σ′33 𝑄31 𝑄32 𝑄33 σ31 σ32 σ33 𝑄13 𝑄23 𝑄33

una forma più conveniente da utilizzare nelle applicazioni.

Nel caso di rotazione antioraria nel piano (x1, x2), indicando con 𝛼 l’angolo di rotazione intorno
all’asse x3, la matrice di rotazione nel piano diventa:

cos 𝛼 sin 𝛼
𝑸=[ ]
−sin 𝛼 cos 𝛼
La precedente legge di trasformazione nel piano può essere scritta in modo esplicito nella usuale
forma:


σ11 + σ22 σ11 − σ22
σ11 = + cos 2𝛼 + σ12 sin 2𝛼
2 2
σ11 + σ22 σ11 − σ22
σ′22 = − cos 2𝛼 − σ12 sin 2𝛼
2 2


σ22 − σ11
σ12 = sin 2𝛼 + σ12 cos 2𝛼
2
In un linguaggio comune si usa la parola tensore per indicare direttamente la matrice σ𝑗𝑖 . Occorre
precisare che ciò è lecito se la base è stata chiaramente e univocamente determinata. Con il
termine tensore si vuole sottolineare che lo stato di tensione in un punto di un solido sottoposto a
forze è sempre lo stesso e non dipende dalle coordinate usate per descriverne le componenti,
cambia infatti solo la sua descrizione in termini di componenti a base fissata (rappresentata da
una matrice a 9 componenti).

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Meccanica dei Solidi

Nelle due sezioni che seguono introduciamo le equazioni di bilancio per un elemento di volume
infinitesimo nell’intorno del punto P, pensando di isolarlo dalla restante parte del corpo.

2) Reciprocità delle tensioni tangenziali: σ𝑖𝑗 = σ𝑗𝑖


Consideriamo una terna di coordinate locali (𝑃; 𝑥1 , 𝑥2 , 𝑥3 ). Sulle facce dell’elemento infinitesimo
indichiamo le componenti delle tensioni corrispondenti ad ogni giacitura osservando che le singole
componenti subiranno un incremento passando da una faccia a quella parallela, distante dalla prima
della quantità dxi.

Figura 1.7 Tensioni tangenziali nell’intorno del punto P

Osservando la figura e ricordando che le tensioni (pressioni) agenti sulle facce del cubo elementare
devono essere moltiplicate per l’elemento di area su cui agiscono, scriviamo l’equilibrio alla rotazione
ad esempio attorno all’asse baricentrico parallelo all’asse x3

σ12 𝑑𝑥1 𝑑𝑥2 𝑑𝑥3 − σ21 𝑑𝑥1 𝑑𝑥2 𝑑𝑥3 = 0

in cui sono stati trascurati gli infinitesimi di ordine superiore al terzo. Dividendo per 𝑑𝑥1 𝑑𝑥2 𝑑𝑥3 , si
ha
12 =  21
In modo simile si dimostra che anche le altre tensioni a indici misti
13 =  31  23 =  32
sono uguali tra loro scambiando gli indici. Questa proprietà è detta condizione di reciprocità delle
tensioni tangenziali. Il tensore degli sforzi è quindi simmetrico e tale proprietà riduce da 9 a 6 le sue
componenti distinte. Nelle figure è illustrato il significato della simmetria con riferimento a due
qualsiasi giaciture ortogonali.

Figura 1.8 Tensioni tangenziali nell’intorno del punto P

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Meccanica dei Solidi

3) Equazioni indefinite di equilibrio: σ𝑖𝑗,𝑗 + 𝑏𝑖 = 0


Con riferimento al cubo elementare rappresentato in Figura 1.9 in cui si è tenuto conto della proprietà
di reciprocità delle tensioni a indici misti dimostrate precedentemente, scriviamo le equazioni di
equilibrio alla traslazione nelle tre direzioni degli assi coordinati.

Figura 1.9 Cubo elementare nell’intorno del punto P

L’equilibrio alla traslazione, ad esempio lungo la direzione 𝑥1 , fornisce l’equazione:

(σ11 + σ11,1 𝑑𝑥1 )𝑑𝑥2 𝑑𝑥3 − σ11 𝑑𝑥2 𝑑𝑥3 + (σ12 + σ12,2 𝑑𝑥2 )𝑑𝑥1 𝑑𝑥3 − σ12 𝑑𝑥1 𝑑𝑥3 +
+(σ13 + σ13,3 𝑑𝑥3 )𝑑𝑥1 𝑑𝑥2 − σ13 𝑑𝑥1 𝑑𝑥3 + 𝑏1 𝑑𝑥1 𝑑𝑥2 𝑑𝑥3 = 0

e, dividendo per l’elemento di volume infinitesimo, abbiamo

σ11,1 + σ12,2 + σ13,3 + 𝑏1 = 0

In modo simile, considerando l’equilibrio alla traslazione lungo le altre due direzioni otteniamo:

σ21,1 + σ22,2 + σ23,3 + 𝑏2 = 0


σ31,1 + σ32,2 + σ33,3 + 𝑏3 = 0

Queste equazioni sono dette equazioni indefinite di equilibrio e sono valide per tutti i punti interni
del corpo. In notazione con gli indici e tenendo conto di quanto dimostrato nel punto 2), tali equazioni
assumono la forma

σ𝑖𝑗,𝑗 + 𝑏𝑖 = 0 per ogni 𝑖 = 1,2,3.

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Meccanica dei Solidi

Esempio 1.1
Le componenti del tensore di tensione in un punto P sono date nella seguente forma matriciale

21 −63 42
[σ𝑖𝑗 ] = [−63 0 84 ] [MPa]
42 84 −21

Determinare il vettore tensione su un piano passante per P che ha normale unitaria

1
𝒏 = (2𝒆1 − 3𝒆2 + 6𝒆3 )
7

Soluzione
Si tratta di applicare la formula di Cauchy che consente di esprimere le componenti di tensione
su una giacitura di normale n in funzione delle componenti di tensione che agiscono sulle
giaciture normali agli assi coordinati

(𝒏)
𝑡1 σ11 σ21 σ31 𝑛1
(𝒏)
[ 𝑡2 ] = [σ12 σ22 σ32 ] 𝑛
[ 2]
(𝒏) σ13 σ23 σ33 𝑛3
𝑡3

Per cui le componenti del vettore tensione sulla giacitura di normale n assegnata sono

2
(𝒏)
𝑡1 7
21 −63 42 3 69
(𝒏)
[ 𝑡2 ] = [−63 0 84 ] − = [ 54 ] [MPa]
(𝒏) 42 84 −21 7 −42
𝑡3 6
[ 7 ]
o in componenti

𝒕(𝒏) = 69𝒆1 + 54𝒆2 − 42𝒆3

Esempio 1.2
Sia assegnato il seguente stato di tensione nell’intorno di un punto P rispetto al sistema
(𝑃; 𝑥1 , 𝑥2 , 𝑥3 )

1 3 2
[σ𝑖𝑗 ] = [3 1 0 ] [MPa]
2 0 −2

Determinare le componenti della tensione corrispondenti ad una rotazione degli assi antioraria di
45° intorno all’asse 𝑥3 .

Soluzione
Indicando con il pedice gli assi dopo la rotazione, per una rotazione antioraria la matrice di
trasformazione

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Meccanica dei Solidi

𝑄11 𝑄12 𝑄13


𝑄𝑖𝑗 = cos (𝑥′𝑖 , 𝑥𝑗 ) = [𝑄21 𝑄22 𝑄23 ]
𝑄31 𝑄32 𝑄33

assume la forma
𝜋 𝜋 𝜋 1 1
cos cos cos 0
4 4 2
𝜋 𝜋 𝜋 √2 √2
𝑄𝑖𝑗 = − cos cos cos = 1 1
4 4 2 − 0
𝜋 𝜋 √2 √2
[ cos cos cos 0 ] [ 0 0 1]
2 2

Per cui, applicando la legge di trasformazione delle componenti della tensione in forma matriciale

1 1 1 1
0 − 0
σ′11 σ′12 σ′13 √2 √2 1 3 2 √2 √2
[σ′21 σ′22 σ′23 ] = 1 1 [3 1 0] 1 1 [MPa]
σ′31 σ′32 σ′33 − 0 2 0 −2 √2 0
√2 √2 √2
[ 0 0 1] [0 0 1]

si ha la forma della matrice nel sistema di riferimento ruotato:

4 0 √2
[σ𝑖𝑗 ′] = [ 0 −2 −√2] [MPa]
√2 −√2 −2

Esempio 1.3
Sia assegnato il seguente stato di tensione nell’intorno di un punto P rispetto al sistema
(𝑃; 𝑥1 , 𝑥2 , 𝑥3 )

1 0 3
[σ𝑖𝑗 ] = [0 2 2] [MPa]
3 2 4

Determinare le componenti della tensione corrispondenti ad una rotazione degli assi antioraria di
60° intorno all’asse 𝑥3 .

Soluzione
La matrice di trasformazione assume la forma

𝜋 𝜋 𝜋
cos cos cos 1 √3
3 6 2 0
𝜋 𝜋 𝜋 2 2
𝑄𝑖𝑗 = −cos cos cos = √ 3 1
6 3 2 − 0
𝜋 𝜋
[ cos 2 cos cos 0 ] [ 2 2
2 0 0 1]

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Meccanica dei Solidi

Per cui

1 √3 1 √3
σ′11 σ′12 σ′13 0 1 0 3 2 − 0
2 2 2
[σ′21 σ′22 σ′23 ] = √3 1 [0 2 2] √3 1 [MPa]
σ′31 σ′32 σ′33 − 0 3 2 4 0
2 2 2 2
[ 0 0 1] [0 0 1]
si ha

7 √3 3
+ √3
4 4 2
[σ𝑖𝑗 ′ ] = √3 5 √3 [MPa]
1−3
4 4 2
3 √3
[2 + √3 1−3
2
4 ]

Esempio 1.4
In un piano (𝑥1 , 𝑥2 ) sia assegnato il seguente stato di tensione

3
σ11 = 𝑥 𝑥 , σ22 = 0 , σ12 = 𝑎 (1 − 𝑥2 2 ) .
2 1 2

Assumendo forze di volume nulle, determinare il valore della costante a in modo tale che sia
verificato l’equilibrio e rappresentare in forma matriciale e graficamente le tensioni su un
elemento quadrato infinitesimo, di lati paralleli agli assi 𝑥1 e 𝑥2 nei punti A e B di coordinate:
(1,-1) e (-2,-2).

Soluzione
3
Applicando le equazioni indefinite di equilibrio si ottiene 𝑎 = e le matrici rappresentative
4
dello stato di tensione nei punti richiesti sono

9

3
0 [MPa] 6 −
4
𝐴 → [σ𝑖𝑗 ] = [ 2 ] B → [σ𝑖𝑗 ] = [ 9 ] [MPa]
0 0 − 0
4

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Meccanica dei Solidi

1.3.1 Equazioni di equilibrio sulla frontiera del solido


Sul contorno del corpo, il vettore tensione t coincide con il vettore delle forze di contatto esterne s.

Figura 1.10 Porzione generica del corpo isolata dalla restante parte

La formula della tensione di Cauchy deve quindi essere applicata sulla frontiera del dominio laddove
sono assegnate le forze superficiali e dove n indica la normale esterna al corpo,:

σ𝑖𝑗 𝑛𝑗 = 𝑠𝑖

Le equazioni indefinite di equilibrio sono tre, mentre le componenti della tensione da determinare
in ogni punto del corpo sono sei. Le condizioni di equilibrio non sono quindi sufficienti a
determinare lo stato di tensione interno al corpo avendo a disposizione un sistema di 3 equazioni
nelle 6 funzioni incognite.

1.4 Direzioni e tensioni principali di tensione


Tra tutte le giaciture passanti per il punto P è possibile individuarne alcune che godono di particolari
proprietà. Fra queste le più interessanti sono le giaciture rispetto alle quali il vettore tensione ha solo
componente normale diversa da zero. Queste giaciture sono dette giaciture principali e le direzioni
normali corrispondenti a tali giaciture sono dette direzioni principali della tensione. Il tensore risulta
in tal modo diagonale. La procedura per la determinazione di direzioni e tensioni principali è analoga
al problema della diagonalizzazione di una matrice e quindi riconducibile alla ricerca degli autovalori
e dei corrispondenti autovettori di una matrice.
Indichiamo ad esempio con n una direzione principale, vogliamo trovare i valori di 𝜆 tali per cui

σ𝑖𝑗 𝑛𝑗 = 𝜆𝑛𝑖

Lo scalare 𝜆 è anche detto autovalore della matrice σ𝑖𝑗 e la direzione principale n è detta autovettore.
La relazione precedente, tenendo conto della simmetria di σ𝑖𝑗 , può essere scritta nella forma
(σ𝑖𝑗 − 𝜆𝛿𝑖𝑗 )𝑛𝑗 = 0
o
(σ11 − 𝜆 )𝑛1 + σ12 𝑛2 + σ13 𝑛3 = 0
σ12 𝑛1 + (σ22 − 𝜆)𝑛2 + σ23 𝑛3 = 0
σ13 𝑛1 + σ23 𝑛2 + (σ33 − 𝜆 )𝑛3 = 0

Si tratta di un sistema omogeneo di tre equazioni algebriche lineari.

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Meccanica dei Solidi

La soluzione del problema agli autovalori si ottiene ricercando i valori di 𝜆 che annullano il
determinante della matrice dei coefficienti associata al sistema. Le direzioni principali sono allora
individuate dalla condizione

𝑑𝑒𝑡(σ𝑖𝑗 − 𝜆𝛿𝑖𝑗 ) = 0

Tale condizione è detta equazione caratteristica del tensore delle tensioni. Svolgendo il calcolo del
determinante otteniamo un polinomio di terzo grado in 𝜆:

𝜆3 − 𝐼σ 𝜆2 + 𝐼𝐼σ 𝜆 − 𝐼𝐼𝐼σ = 0

dove indichiamo con 𝐼σ , 𝐼𝐼σ , 𝐼𝐼𝐼σ rispettivamente il primo, il secondo e il terzo invariante della
tensioni, ossia quantità il cui valore non dipende dalla scelta del sistema di riferimento. La loro forma
è la seguente

𝐼σ = σ𝑖𝑖 = tr 𝛔
1 1
𝐼𝐼σ = (σ𝑖𝑖 σ𝑗𝑗 − σ𝑖𝑗 σ𝑗𝑖 ) = ((tr 𝛔)2 − tr( 𝛔2 ))
2 2
𝐼𝐼𝐼σ = det 𝛔

Siccome il tensore σ𝑖𝑗 è simmetrico è possibile dimostrare che le radici di questa equazioni sono
sempre reali; esse sono chiamate valori principali della tensione o anche tensioni principali.

Figura 1.11 Rappresentazione delle tensioni principali

Trovate le tensioni principali, che indichiamo con 𝜆1 , 𝜆2 , 𝜆3 , otteniamo le tre direzioni principali
corrispondenti, chiamate 𝒏(1) , 𝒏(2) , 𝒏(3) risolvendo tre distinte equazione algebriche corrispondenti
ad ogni autovalore:
(1)
(σ𝑖𝑗 − 𝜆1 𝛿𝑖𝑗 )𝑛𝑗 =0
(2)
(σ𝑖𝑗 − 𝜆2 𝛿𝑖𝑗 )𝑛𝑗 =0
(3)
(σ𝑖𝑗 − 𝜆3 𝛿𝑖𝑗 )𝑛𝑗 =0

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Meccanica dei Solidi

Queste equazioni determinano i tre vettori 𝒏(1) , 𝒏(2) , 𝒏(3) . Si può dimostrare che questi tre vettori
sono sempre ortogonali tra loro. Essi sono indeterminati a meno di un fattore di scala: possiamo quindi
utilizzare questa arbitrarietà di scelta prendendo i tre vettori di lunghezza unitaria. Il sistema di
riferimento corrispondente alle direzioni principali di tensione viene detto sistema di riferimento
principale; rispetto alla nuova base 𝒏(1) , 𝒏(2) , 𝒏(3) , ponendo

𝜆1 = σI , 𝜆2 = σII , 𝜆3 = σIII

il tensore delle tensione assume la seguente forma

σI 0 0
[σ𝑖𝑗 ′] = [ 0 σII 0 ]
0 0 σIII

Solitamente le tensioni principali vengono ordinate nel modo seguente:

σI ≥ σII ≥ σIII .

Da quanto esposto possiamo dire che in un continuo si possono individuare tre famiglie di curve,
dette linee isostatiche, definite come curve inviluppo delle direzioni principali della tensione. In
ogni punto le tangenti alle tre linee isostatiche sono mutamente ortogonali e individuano le tre
direzioni principali. Lungo tali linee la materia di cui è costituito il corpo è soggetta solo a
tensioni normali di trazione o di compressione. In natura esistono esempi di materiali rinforzati
lungo alcune linee che sono proprio le linee isostatiche di quel solido pensato sottoposto
all’azione delle forze cui è usualmente sottoposto.

Trabecole ossee

Le linee isostatiche costituiscono le direttrici lungo le quali concentrare il materiale per una
migliore efficienza strutturale. Se il materiale è fragile le fessure si formano perpendicolarmente
alle direzioni della massima tensione di trazione e di conseguenza le traiettorie di compressione
(tratteggiate) individuano le direzioni delle fessure mentre, le traiettorie di trazione (linea
continua) individuano la direzione ottimale delle fibre di rinforzo (ad esempio nel c.a. la
disposizione delle armature).

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Meccanica dei Solidi

1.4.1 Classificazione degli stati di tensione


Gli stati di tensione possono essere classificati in base al numero di tensioni principali diverse da
zero. Uno stato di tensione si definisce monoassiale, biassiale o triassiale a seconda che vi siano una,
due o tre tensioni principali diverse da zero.
Dal punto di vista applicativo riveste notevole interesse lo stato di tensione per il quale è nota una
delle direzioni principali (ad esempio quella individuata sull’asse x3). Rispetto a tale sistema la
matrice rappresentativa del tensore delle tensioni ha la forma

σ11 σ12 0
[σ𝑖𝑗 ] = [σ12 σ22 0 ]
0 0 σ33

che caratterizza lo stato piano di tensione generalizzato e si riduce ad uno stato piano di tensione se
σ33 = 0. In questo caso l’equazione caratteristica diventa

σ11 − 𝜆 σ12 0
2 ]
0 ]=(σ33 − 𝜆)[𝜆2 − (σ11 + σ22 )𝜆 + σ11 σ22 − σ12
det [ σ12 σ22 − 𝜆 =0
0 0 σ33 − 𝜆

Le cui radici sono


σI 𝜎11 + 𝜎22 𝜎 − 𝜎22 2
} = ± √( 11 2
) + σ12
σII 2 2
σIII = σ33

Esempio 1.5
Assegnato il seguente stato di tensione

3 1 1
[σ𝑖𝑗 ] = [1 0 2] [MPa]
1 2 0

Determinare:
a) le tensioni principali e le direzioni principali utilizzando il metodo dell’equazione
caratteristica;
b) trovare le componenti del vettore tensione su una giacitura che ha la normale 𝒏 = (0,1,1)⁄√2.

Soluzione
a) La scrittura dell’equazione caratteristica richiede il calcolo dei tre invarianti che, nel caso
specifico assumono in [MPa] i seguenti valori

𝐼σ = 3 𝐼𝐼σ = −6 𝐼𝐼𝐼σ = −8
Per cui l’equazione caratteristica assume la forma

𝜆3 − 3𝜆2 − 6𝜆 + 8 = 0
Le radici di questa equazione sono

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Meccanica dei Solidi

𝜆1 = 4, 𝜆2 = 1, 𝜆3 = −2

e la matrice della tensione assume la seguente forma diagonalizzata

4 0 0
[σ𝑖𝑗 ] = [0 1 0 ] [MPa]
0 0 −2

i cui termini diagonali rappresentano le tensioni principali.


Per trovare le direzioni principali, le radici possono essere sostituite nei sistemi

(1)
(σ𝑖𝑗 − 𝜆1 𝛿𝑖𝑗 )𝑛𝑗 =0
(2)
(σ𝑖𝑗 − 𝜆2 𝛿𝑖𝑗 )𝑛𝑗 =0
(3)
(σ𝑖𝑗 − 𝜆3 𝛿𝑖𝑗 )𝑛𝑗 =0
Il primo sistema diventa
(3 − 4)𝑛1(1) + 𝑛2(1) + 𝑛3(1) = 0
(1) (1) (1)
𝑛1 − 4𝑛2 + 2𝑛3 = 0
(1) (1) (1)
𝑛1 + 2𝑛2 − 4𝑛3 = 0

la soluzione del sistema fornisce le componenti del versore normale lungo la prima direzione

(1)
𝒏 = (2,1,1)⁄√6
In modo analogo la risoluzione degli altri due sistemi fornisce le altre due direzioni principali
di normali
(2) (3)
𝒏 = (−1,1,1)⁄√3 𝒏 = (0, −1,1)⁄√2

b) Il vettore tensione sulla giacitura di normale 𝒏 = (0,1,1)⁄√2 è dato dalla formula di


Cauchy:
𝑡1 (𝒏) 3 1 1 0 2⁄√2
[ 𝑡2 ] = [1 0 2] [1⁄√2] = [ 2⁄√2] [MPa]
(𝒏)

𝑡3 (𝒏) 1 2 0 1⁄√2 2⁄√2


Esempio 1.6
Assegnato il seguente stato di tensione
2 0 0
[σ𝑖𝑗 ] = [0 3 4 ] [MPa]
0 4 −3

scrivere l’equazione caratteristica e verificare che le sue radici sono le seguenti:


𝜆1 = 5, 𝜆2 = 2, 𝜆3 = −5
e verificare che le direzioni principali sono

𝒏(1) = (0,2,1)⁄√5 𝒏(2) = (1,0,0) 𝒏(3) = (0,1, −2)⁄√5 .

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Meccanica dei Solidi

1.5 Circonferenza di Mohr


Per uno stato di tensione piano o generalizzato, l’analisi dello stato di tensione al variare delle
giaciture può essere efficacemente condotto attraverso la costruzione grafica della circonferenza di
Mohr.

Figura 1.12 Componenti di tensione normale e tangenziale sulla giacitura di normale n


e circonferenza di Mohr

Per introdurre questo metodo consideriamo la Figura 1.12 in cui indichiamo le direzioni principali
di tensione in P con xI e xII e con 𝒕(𝒏) lo stato di tensione su una generica giacitura, individuata dal
versore normale n inclinato di un angolo α rispetto alla direzione principale xI e dal versore tangente
m come indicato in figura.
La legge di trasformazione delle componenti della tensione nel piano (indicando adesso con α
l’angolo di rotazione intorno all’asse x3≡xIII ) consente di esprimere le componenti del vettore
tensione rispetto al sistema di assi ruotato di un angolo α, in funzione delle componenti di tensione
σI e σII del sistema di riferimento principale di assi xI e xII.
′ ′
Ponendo σ11 = σ𝑛𝑛 e σ12 = −τ𝑛𝑚 e ancora σ11 = σI , σ22 = σII e σ12 = 0, otteniamo

σI + σII σI − σII
σ𝑛𝑛 = + cos 2α
2 2

σI − σII
τ𝑛𝑚 = sin 2α
2

Tali espressioni rappresentano le equazioni parametriche di una circonferenza in un piano


(σ𝑛𝑛 , τ𝑛𝑚 ), al variare del parametro α. Il centro C e il raggio R della circonferenza sono

σI + σII σI − σII
𝐶=( , 0) 𝑅=
2 2

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Meccanica dei Solidi

Per passare dalla forma parametrica alla forma implicita della circonferenza con centro C e raggio R,
possiamo riscrivere le relazioni in tal modo:

σI + σII σI − σII
σ𝑛𝑛 − = cos 2α
2 2
σI − σII
τ𝑛𝑚 = sin 2α
2

Quindi, elevando al quadrato entrambi i membri e sommando le due espressioni, si ottiene

σI + σII 2 σI − σII 2
( σ𝑛𝑛 − ) + τ𝑛𝑚 2 = ( )
2 2

Questa circonferenza è nota come circonferenza di Mohr e il piano (𝜎𝑛𝑛 , 𝜏𝑛𝑚 ) è detto piano della
rappresentazione di Mohr, indicato più sinteticamente nel linguaggio tecnico con (𝜎, 𝜏).
Le coordinate dei punti appartenenti alla circonferenza di Mohr rappresentano gli stati di tensione nel
punto P su tutte le giaciture che hanno la normale n ortogonale alla direzione x3.

Lo stato di tensione su una generica giacitura inclinata di un angolo α, rispetto alla giacitura su cui si
ha la tensione principale σI , è dato dalle componenti (σ𝑛𝑛 , τ𝑛𝑚 ) ed è determinato dalle coordinate del
punto P individuato da un angolo al centro pari a 2α.
Al variare dell’angolo tra 0 e π, il corrispondente punto P descrive tutta la circonferenza di Mohr.
In particolare, lo stato tensionale sulla giacitura individuata dall’angolo α = 0 corrisponde a tensione
principale massima σI e tensione tangenziale nulla. All’aumentare dell’angolo α la corrispondente
tensione normale diminuisce rispetto a σI e contemporaneamente si ha tensione tangenziale τ𝑛𝑚 ≠ 0
che aumenta. Lo stato tensionale sulla giacitura individuata da un angolo α =π/2 corrisponde alla
tensione principale minima σI e al valore nullo della tensione tangenziale.
Le giaciture sulle quali si riscontra la tensione tangenziale massima, pari al raggio R della
circonferenza di Mohr, risultano inclinate di π/4 rispetto alle giaciture principali di tensione, essendo
sfalsate dell’angolo π/2 rispetto ai punti corrispondenti alle giaciture principali nel piano di Mohr.

Osservazione: Nella legge di trasformazione delle componenti del tensore al variare dell’angolo di
rotazione antiorario 𝛼, ottenuta nelle sezioni precedenti, la matrice di rotazione Q aveva la seguente
forma:
cos 𝛼 sin 𝛼
𝑸=[ ]
− sin 𝛼 cos 𝛼

come conseguenza della scelta degli assi (x1, x2) e (x1’, x2’). L’applicazione della legge di
trasformazione ha portato alle seguenti espressioni esplicite per la componente normale e la
componente tangenziale della tensione sulla giacitura di normale n:


σ11 + σ22 σ11 − σ22
σ11 = + cos 2𝛼 + σ12 sin 2𝛼
2 2


σ22 − σ11
σ12 = sin 2𝛼 + σ12 cos 2𝛼
2
Lezioni di Scienza delle Costruzioni- a.a. 2022-‘23 25
Meccanica dei Solidi

Con riferimento alla Figura 1.12, la scelta del sistema di assi ruotato di un angolo 𝛼 rispetto agli assi
principali è sempre antioraria ma gli assi indicati precedentemente con gli apici adesso sono assi
ruotati come indicati dalla normale e dalla tangente di figura per cui, la matrice di rotazione assume
la forma:

cos 𝛼 sin 𝛼
𝑸=[ ]
sin 𝛼 − cos 𝛼

Tale forma di 𝑸 porta a un cambiamento di segno nella scrittura della componente tangenziale rispetto
alla forma precedente, da cui:
σ11 + σ22 σ11 − σ22
σ𝑛𝑛 = + cos 2𝛼 + σ12 sin 2𝛼
2 2
σ22 − σ11
τ𝑛𝑚 = − sin 2𝛼 − σ12 cos 2𝛼
2
Se poi (x1, x2) sono anche assi principali (xI, xII), allora le espressioni precedenti diventano:

σI + σII σI − σII
σ𝑛𝑛 = + cos 2α
2 2

σI − σII
τ𝑛𝑚 = sin 2α
2

Dal punto di vista applicativo risulta importante risolvere il seguente problema: noto lo stato di
tensione su due giaciture ortogonali, supponendo che xIII corrisponda ad una direzione principale,
trovare le altre due direzioni principali e le corrispondenti tensioni principali.
Note le componenti di tensione σ11 , σ22 e 𝜎12 (positive come rappresentate in figura) sulle giaciture
ortogonali agli assi x1 e x2 , sono note le rappresentazioni nel piano di Mohr dei seguenti due punti
diametralmente opposti
𝑃1 = (σ11 , −σ12 ) 𝑃2 = (σ22 , σ12 )

Figura 1.13 Stato di tensione e sua rappresentazione nel piano di Mohr

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Meccanica dei Solidi

Si deve far attenzione che, per convenzione sul cerchio di Mohr, la rappresentazione dello stato
tensionale tangenziale sulla giacitura di normale x1 (anche se positiva come nell’usuale convenzione
di sinistra), si riporta con segno negativo nel piano di Mohr (punto P1). Questa differenza è necessaria
per utilizzare con profitto la rappresentazione di Mohr.

La circonferenza di Mohr, che descrive lo stato di tensione al variare della giacitura, avrà centro nel
punto C, intersezione tra il diametro P1 P2 e l’asse delle tensioni normali σ, e raggio R,
rispettivamente dati dalle relazioni
σ11 + σ22 σ11 − σ22 2 2
𝐶=( ,0 ) 𝑅 = √( ) + σ12
2 2

Si osservi che in questo caso non sono note le tensioni principali (come nel caso riportato nella pagina
precedete) ma lo stato tensionale generico per cui, il raggio R dovrà essere espresso in termini delle
tensioni note σ11 , σ22 e σ12 . Con considerazioni geometriche (Pitagora) si ha:

σ11 + σ22 2 σ11 − σ22 2


𝑅 = √(σ11 − 2
) + σ12 = √( 2
) + σ12
2 2

L’angolo α rappresentato in figura è

2σ12 1 2σ12
tg 2α = α = arctg
σ11 − σ22 2 σ11 − σ22

L’angolo α preso in senso antiorario se positivo, individua la giacitura su cui agisce la tensione
principale massima σI se σ11 > σ22 , la giacitura su cui agisce la tensione principale minima σII se
σ11 < σ22 .

Le espressioni delle tensioni principali sono:

σI 𝜎11 + 𝜎22 𝜎 − 𝜎22 2


} = ± √( 11 2
) + σ12
σII 2 2

Per trovare graficamente le direzioni principali di tensione, a partire da P1 si traccia una retta parallela
alla giacitura normale all’asse x1, su cui agisce lo stato tensionale corrispondente al punto P1 e,
dall’intersezione di tale retta con la circonferenza di Mohr, si individua un punto P# detto polo della
rappresentazione.

Unendo il polo P# con i punti (σI , 0) e (σII , 0), si individuano graficamente le giaciture su cui agiscono
rispettivamente le tensioni principali σI e σII .

Lezioni di Scienza delle Costruzioni- a.a. 2022-‘23 27


Meccanica dei Solidi

Figura 1.14 Individuazione del polo e delle direzioni e tensioni principali

Unendo il polo P# con il generico punto P della circonferenza di coordinate (σ𝑛𝑛 , τ𝑛𝑚 ) si trova la
direzione della giacitura su cui agiscono proprio le componenti di tensione σ𝑛𝑛 , τ𝑛𝑚 .

Figura 1.15 Individuazione delle giaciture su cui agisce la tensione tangenziale massima
e il generico stato di tensione (σ𝑛𝑛 , τ𝑛𝑚 ).

In modo analogo, unendo il polo P# con il punto della circonferenza di coordinata tangenziale
massima, il cui valore è uguale al raggio della circonferenza di Mohr, si trova la direzione della
giacitura su cui agisce la massima tensione tangenziale.

Lezioni di Scienza delle Costruzioni- a.a. 2022-‘23 28


Meccanica dei Solidi

Esempio 1.7
Sono assegnate le seguenti componenti di tensione in un punto di un solido:

σ11 = 20 𝑘𝑁⁄𝑐𝑚2 σ22 = −6 𝑘𝑁⁄𝑐𝑚2 σ12 = 8 𝑘𝑁/𝑐𝑚2

Trovare le tensioni e le giaciture principali utilizzando la costruzione grafica della circonferenza di


Mohr.

Soluzione
Nel piano di Mohr rappresentiamo i due punti:

𝑃1 = (σ11 , −σ12 ) 𝑃2 = (σ22 , σ12 )

che in tal caso hanno i valori

𝑃1 = (20, −8) 𝑃2 = (−6,8)

La circonferenza ha il centro e il raggio dato dalle seguenti espressioni

σ11 + σ22 𝜎11 − 𝜎22 2 2


𝐶≡( , 0) = (7,0) 𝑅 = √( ) + σ12 = 15.26
2 2
in kN/cm2. Le tensioni principali sono

σI 𝜎11 + 𝜎22 𝜎 − 𝜎22 2


} = ± √( 11 2
) + σ12
σII 2 2
che forniscono

σI = 22.26 𝑘𝑁/𝑐𝑚2 σII = −8.26 𝑘𝑁/𝑐𝑚2

L’angolo α
1 16
α = arctg ( ) = 0.2758 𝑟𝑎𝑑 = 15.8°
2 26

è positivo e corrisponde all’angolo compreso tra la giacitura normale all’asse x1 e la giacitura su


cui agisce la tensione principale massima σI ; in tal caso la rotazione è in senso antiorario.

Figura 1.16 Stato di tensione sulle due giaciture ortogonali e costruzione della circonferenza di Mohr

Lezioni di Scienza delle Costruzioni- a.a. 2022-‘23 29


Meccanica dei Solidi

Esempio 1.8
Sono assegnate le seguenti componenti di tensione in un punto di un solido:

σ11 = 1 𝑘𝑁⁄𝑐𝑚2 σ22 = 4 𝑘𝑁⁄𝑐𝑚2 σ12 = −5 𝑘𝑁/𝑐𝑚2

Trovare le tensioni e le giaciture principali utilizzando la costruzione grafica della circonferenza di


Mohr.

Soluzione
Nel piano di Mohr rappresentiamo i due punti:

𝑃1 = (σ11 , −σ12 ) 𝑃2 = (σ22 , σ12 )

che, in tal caso hanno i valori

𝑃1 = (1,5) 𝑃2 = (4, −5)

Unendo 𝑃1 e 𝑃2 si individua il diametro e il centro della circonferenza; il centro e il raggio sono


dati dalle seguenti espressioni
σ11 + σ22 𝜎11 − 𝜎22 2 2
𝐶≡( , 0) = (2.5,0) 𝑅 = √( ) + σ12 = 22
2 2
in kN/cm2. Le tensioni principali sono

σI 𝜎11 + 𝜎22 𝜎 − 𝜎22 2


} = ± √( 11 2
) + σ12
σII 2 2
che hanno i valori

σI = 7.72 𝑘𝑁/𝑐𝑚2 σII = −2.72 𝑘𝑁/𝑐𝑚2

L’angolo α
1 10
α = arctg ( ) = 0.639 𝑟𝑎𝑑 = 36.65°
2 3
poiché σ12 < 0 e σ11 < σ22 , il valore di α è positivo e corrisponde all’angolo compreso tra la
giacitura normale all’asse x1 e la giacitura su cui agisce la tensione principale massima σII ; la
rotazione è in senso antiorario.

Figura 1.17 Stato di tensione sulle due giaciture e costruzione della circonferenza di Mohr

Lezioni di Scienza delle Costruzioni- a.a. 2022-‘23 30


Meccanica dei Solidi

Stato di tensione monoassiale: 𝑃1 = (σ11 , 0) 𝑃2 = (0,0)

Stato di tensione tangenziale pura: 𝑃1 = (0, −σ12 ) 𝑃2 = (0, σ12 )

Stato di tensione idrostatico: 𝑃1 = 𝑃2 = (σ, 0)

Lezioni di Scienza delle Costruzioni- a.a. 2022-‘23 31


Meccanica dei Solidi

Esempio 1.9
Sono assegnate le seguenti componenti di tensione in un punto P di un solido:

σ11 = 3 MPa σ22 = −2 MPa σ12 = 1 MPa

3 1
[σ𝑖𝑗 ] = [ ] [MPa]
1 −2

Determinare:
1) lo stato di tensione in un sistema di riferimento inclinato di un angolo di 30° in direzione
antioraria, rispetto a quello iniziale (utilizzando la legge di trasformazione delle componenti
del tensore degli sforzi);
2) lo stato di tensione principale e le direzioni principali corrispondenti (con la tecnica generale
di diagonalizzazione di una matrice utilizzando l’equazione caratteristica);
3) i precedenti risultati anche per via grafica attraverso l’uso della circonferenza di Mohr.

Soluzione
1) La legge di trasformazione delle componenti del tensore degli sforzi ha la seguente forma:


σ11 + σ22 σ11 − σ22
σ11 = + cos 2𝛼 + σ12 sin 2𝛼
2 2
σ11 + σ22 σ11 − σ22
σ′22 = − cos 2𝛼 − σ12 sin 2𝛼
2 2

σ22 − σ11
σ12 = sin 2𝛼 + σ12 cos 2𝛼
2
Sostituendo i valori dati, ottengo:

σ11 = 2.61 MPa
σ′22 = −1.61 MPa

σ12 = −1.66 MPa

La matrice rappresentativa dello stato di tensione nel punto P, nel sistema di riferimento
ruotato di 30° rispetto al sistema iniziale, assume la seguente forma:

2.61 −1.66
[σ𝑖𝑗 ′] = [ ] [MPa]
−1.66 −1.61

2) Per ottenere lo stato di tensione principale e le direzioni principali corrispondenti utilizzo la


tecnica della diagonalizzazione, ossia calcolo il determinante della matrice:

3−𝜆 1
𝑑𝑒𝑡 [ ]=0 → 𝜆2 − 𝜆 − 7 = 0 → 𝜆1 = 3.19, 𝜆2 = −2.19
1 −2 − 𝜆

le tensioni principali sono: σI = 3.19 MPa, σII = −2.19 MPa.


Lezioni di Scienza delle Costruzioni- a.a. 2022-‘23 32
Meccanica dei Solidi

La matrice rappresentativa dello stato di tensione nel punto P, rispetto al sistema di riferimento
principale, assume quindi la seguente forma:

σI 0 3.19 0
[ ]=[ ] [MPa]
0 σII 0 −2.19

Per ottenere le direzioni principali devo considerare i singoli autovalori e trovare i corrispondenti
autovettori normalizzati (versori).
Cominciamo a determinare il primo autovettore associato all’autovalore σI . Se indichiamo tale
(I) (I)
versore come 𝒏(I) = (𝑛1 , 𝑛2 ) l’equazione agli autovettori risulta:

(I) (I)
3 1 𝑛1 𝑛
[ ] [ (I) ] = 3.1926 [ 1(I) ]
1 −2 𝑛 𝑛2
2

in cui, il valore della prima tensione principale è riportato con quattro cifre decimali per evitare
errori sensibili di approssimazione. Quindi

(3 − 3.1926)𝑛1(I) + 𝑛2(I) = 0
(I) (I)
𝑛1 + (−2 − 3.19)𝑛2 = 0
da cui

(I) (I)
𝑛2 = 0.1926 𝑛1
Scegliendo le componenti in modo tale che 𝒏(I) abbia lunghezza unitaria, otteniamo il versore

1 0.1926
𝒏(I) = ( , ) = (0.9819, 0.1891)
1.0183 1.0183

Analogamente per il secondo versore otteniamo:

−0.1926 1
𝒏(II) = ( , ) = (−0.1891, 0.9819 )
1.0183 1.0183

Le direzioni principali sono individuate dai versori 𝒏(I) e 𝒏(II) ; la matrice di rotazione ottenuta
è:

cos 𝛼 sin 𝛼 0.9819 0.1891


𝑸(α) = [ ]=[ ]
−sin 𝛼 cos 𝛼 −0.1891 0.9819

Per conoscere l’angolo α di rotazione delle direzioni principali è sufficiente osservare che:

(I) (I)
cos 𝛼 = 𝑛1 = 0.9819 , sin 𝛼 = 𝑛2 = 0.1891
da cui

Lezioni di Scienza delle Costruzioni- a.a. 2022-‘23 33


Meccanica dei Solidi

(I)
𝑛2
𝛼 = arctan ( (I) ) = arctan(0.1926) = 10.90°
𝑛1
(I)
osservando che 𝑛2 > 0

3) Per costruire la circonferenza di Mohr si procede come segue.

a) Consideriamo i due punti 𝑃1 = (σ11 , −σ12 ) e 𝑃2 = (σ22 , σ12 ) che assumono i valori:

𝑃1 = (3, −1) e 𝑃2 = (−2,1)

e li rappresentiamo nel piano di Mohr.

b) Il punto medio del segmento 𝑃1 𝑃2 sta sull’asse delle ascisse ed è il centro C della circonferenza
di Mohr. Le sue coordinate sono:

σ11 + σ22
𝐶=( , 0) = (0.5,0)
2
Il raggio è
𝜎11 − 𝜎22 2 2
𝑅 = √( ) + σ12 = 2.69
2

c) Individuiamo ora il polo 𝑃# della rappresentazione tracciando da 𝑃1 una retta parallela all’asse
τ. Essa interseca la circonferenza nel punto:

𝑃# = (3,1)

Passiamo a trovare i risultati del punto 1) e 2) sulla circonferenza.

3.1) Se vogliamo trovare lo stato di tensione che agisce su una giacitura inclinata di un angolo
𝛼 = 𝛼𝑠 = 30° come in figura, devo tracciare una retta passante per 𝑃# parallela alla giacitura
inclinata. Tale retta interseca la circonferenza di Mohr in un punto S, le cui ordinate forniscono i
valori delle componenti normale σ𝑛𝑛 e tangenziale τ𝑛𝑚 sulla giacitura inclinata di 30°.
Analogamente, tracciando da 𝑃# la retta perpendicolare alla precedente, troviamo il punto S’, che
individua lo stato di tensione sulla giacitura perpendicolare alla prima.

Per trovare analiticamente il valore delle tensioni utilizzo le seguenti relazioni:

σ11 + σ22 σ11 − σ22


σ𝑛𝑛 = + cos 2𝛼 + σ12 sin 2𝛼
2 2
σ22 − σ11
τ𝑛𝑚 = − sin 2𝛼 − σ12 cos 2𝛼
2
e ancora

σ11 + σ22 σ11 − σ22


σ𝑚𝑚 = − cos 2𝛼 − σ12 sin 2𝛼
2 2

che forniscono le coordinate del punto S, corrispondenti alla giacitura inclinata di 30°. Da cui

Lezioni di Scienza delle Costruzioni- a.a. 2022-‘23 34


Meccanica dei Solidi

σ𝑛𝑛 = 2.61 MPa


σ𝑚𝑚 = −1.61 MPa
τ𝑛𝑚 = 1.66 MPa

In base alla convenzione usuale relativa agli assi coordinati dell’elemento rappresentativo dello
stato di tensione in P, la tensione tangenziale è negativa e i risultati trovati coincidono con quelli
del punto 1). Ricordiamo infatti la convenzione di Mohr per cui, ad una tensione tangenziale
positiva sulla circonferenza corrisponde un valore negativo della tensione tangenziale nella
convenzione usuale (vedi paragrafo 1.5).

3.2) Per trovare tensioni e direzioni principali è sufficiente unire il punto 𝑃# con i punti di
intersezione della circonferenza con l’asse delle ascisse. I punti sulle ascisse individuano le due
tensioni principali che possono analiticamente essere ottenute dalle espressioni:
σI 𝜎11 + 𝜎22 𝜎11 − 𝜎22 2 3−2 3+2 2 1 1
} = ± √( ) + σ2
= ± √ ( ) + 1 = ± √29
σII 2 2 12
2 2 2 2

da cui: σI = 3.19 MPa, σII = −2.19 MPa . I valori sono gli stessi di quelli trovati al punto 2).

La retta che passa per il punto 𝑃# e per il punto sull’asse delle ascisse di coordinate (σI , 0)
individua la prima giacitura principale di normale n o seconda direzione principale, mentre la
retta che passa per il punto 𝑃# e il punto (σII , 0) individua la seconda giacitura principale o
prima direzione principale.
L’angolo corrispondente alle direzioni principali si ottiene dalla relazione:

1 2σ12
α = αp = arctg ( ) = 10.90°
2 σ11 − σ22

che nel nostro caso fornisce un valore positivo e quindi, l’angolo di rotazione che porta ad uno
stato tensionale principale è antiorario come indicato in figura.

Lezioni di Scienza delle Costruzioni- a.a. 2022-‘23 35


Meccanica dei Solidi

1.5.1 Circonferenze principali di Mohr


Un vettore tensione ha una componente normale e una componente tangenziale; quindi, anche nel
caso tridimensionale può essere rappresentato con un punto nel piano di Mohr. Quanto detto per le
giaciture la cui normale risulta ortogonale alla direzione principale individuata dalla tensione σIII può
ripetersi per le giaciture ortogonali alle altre due direzioni principali delle tensioni σI e σII . Si giunge
così al tracciamento di tre circonferenze principali di Mohr, che sono mutuamente tangenti.
In questo caso è possibile dimostrare che i punti rappresentativi dello stato di tensione al variare delle
giaciture appartengono alla regione tratteggiata compresa tra le tre circonferenze principali.

Figura 1.18 Circonferenze di Mohr

1.6 Tensore sferico e tensore deviatorico di tensione


La matrice rappresentativa dello stato di tensione in un punto può essere decomposta additivamente
come segue:
σ11 σ21 σ31 σm 0 0 σ11 − σm σ21 σ31
[σ12 σ22 σ32 ] = [ 0 σm 0 ] + [ σ12 σ22 −σm σ32 ]
σ13 σ23 σ33 0 0 σm σ13 σ23 σ33 −σm

dove σm = (σ11 + σ22 + σ33 )/3 è la tensione normale media.

Il primo termine rappresenta la parte sferica o idrostatica e il secondo termine la parte deviatorica
del tensore della tensione 𝛔. In uno stato sferico non ci sono tensioni tangenziali e si ha, ad esempio,
in un liquido in quiete.

Lezioni di Scienza delle Costruzioni- a.a. 2022-‘23 36


Meccanica dei Solidi

2. Cinematica del corpo deformabile


In questa sezione introduciamo la cinematica del corpo deformabile. L’obiettivo è quello di costruire
un modello teorico più ricco, rispetto al modello di corpo rigido, in grado di tener conto della
deformabilità del solido dovuta all’azione delle forze esterne. La scelta del modello di corpo rigido
o del modello di corpo deformabile da utilizzare, dipende dal problema specifico da risolvere.
L’aspetto fondamentale del nuovo modello consiste nel rilevare l’ipotesi alla base del modello di
corpo rigido; in altri termini, dati due punti di un corpo soggetto all’azione di forze esterne, la loro
distanza relativa non si mantiene inalterata durante la deformazione.

Nella presente trattazione manterremo l’ipotesi di piccoli spostamenti e piccole rotazioni del modello
di corpo rigido ma aggiungeremo l’ipotesi di piccole deformazioni per la quale si richiede che le
derivate degli spostamenti siano piccole se confrontate con le dimensioni del corpo in esame. Tale
ipotesi consente di presentare il modello di corpo deformabile nella sua formulazione più semplice
(teoria lineare).

2.1 Configurazioni, coordinate e spostamenti


Nella sezione 1 abbiamo introdotto il concetto di corpo continuo (solido, liquido o gassoso) inteso
come un insieme di punti materiali che occupano una regione B dello spazio euclideo. La specifica
posizione di tutti i punti materiali rispetto a un sistema di riferimento fisso, ad esempio di coordinate
cartesiane (0; x1,x2,x3), consente di definire la configurazione B che assume il corpo in un dato istante
di tempo. Indichiamo con configurazione iniziale o di riferimento B, la posizione che il corpo assume
in assenza di carichi e, configurazione corrente B’ la posizione che il corpo assume per effetto
dell’azione dei carichi.

Figura 2.1 Configurazioni e funzione spostamento

Nella presente trattazione non prendiamo in considerazione l’evoluzione temporale per il passaggio
da una configurazione a un’altra, confrontando il comportamento deformativo del corpo tra due
situazioni stazionarie; in tal modo non compare la variabile temporale nelle nostre relazioni (elasto-
statica).

Un generico punto materiale P di coordinate (X1,X2,X3) assunte nella sua configurazione iniziale, in
seguito all’applicazione di un sistema di forze andrà ad occupare la posizione P’ di coordinate

Lezioni di Scienza delle Costruzioni- a.a. 2022-‘23 37


Meccanica dei Solidi

(x1,x2,x3). L’evoluzione cinematica dell’intero corpo può quindi essere descritta specificando la
posizione nello spazio di ogni suo punto materiale attraverso l’introduzione di una funzione vettoriale
f, sufficientemente regolare in modo da escludere fratture o compenetrazioni nel passaggio del corpo
da una configurazione a un'altra.
Tale regolarità si esprime nei seguenti assiomi di continuità della deformazione:
• f è biunivoca, ovvero a X corrisponde uno e un solo x e viceversa;
• f è continua e differenziabile quanto occorre.

Tale funzione, detta funzione di deformazione, può essere scritta nelle due forme

𝒙 = 𝒇(𝑿) o anche 𝑿 = 𝒇−1 (𝒙)

La descrizione del passaggio del corpo da una configurazione a un'altra può essere svolta in due
modi.
Nel primo modo si cerca una descrizione dei fenomeni “seguendo i singoli punti” del continuo.
Il continuo è quindi pensato come una sorta di sistema formato da infinite particelle etichettabili e
dotate di propria individualità, che possono essere sempre individuate e seguite durante il moto.
Questo modo di descrivere l’evoluzione cinematica del corpo prende il nome di descrizione
lagrangiana o materiale. In tal caso il passaggio da una configurazione all’altra avviene in termini
delle coordinate materiali X. Questa descrizione ben si adatta allo studio del comportamento
deformativo di corpi solidi in cui è nota la posizione del punto nella configurazione iniziale
(indeformata) e non quella nella configurazione corrente (deformata). In forma esplicita, la
descrizione della posizione del punto dopo la deformazione è

𝑥1 = 𝑓1 (𝑋1 , 𝑋2 , 𝑋3 )
𝑥2 = 𝑓2 (𝑋1 , 𝑋2 , 𝑋3 )
𝑥3 = 𝑓3 (𝑋1 , 𝑋2 , 𝑋3 )

Nel secondo modo il problema di individuare le particelle del continuo viene messo in secondo piano
e ci si concentra invece su ciò che succede in un punto fissato dello spazio, indipendentemente da
quale particella del continuo lo stia attraversando. Questa descrizione, che si adatta bene ai fluidi
(liquidi e gas), specialmente quando occupano sempre la stessa porzione di spazio è detta euleriana
e il passaggio da una configurazione a un’altra avviene in termini delle coordinate x, dette coordinate
spaziali, nella forma:

𝑋1 = 𝑓1−1 (𝑥1 , 𝑥2 , 𝑥3 )
𝑋2 = 𝑓2−1 (𝑥1 , 𝑥2 , 𝑥3 )
𝑋3 = 𝑓3−1 (𝑥1 , 𝑥2 , 𝑥3 )

Il nostro interesse è limitato alla presentazione del modello che descrive configurazioni deformate
molto vicine alle configurazioni indeformate per cui, non solo lo spostamento ma anche le derivate
delle componenti di spostamento sono piccole (teoria lineare, teoria infinitesima). In questo caso non
è più il caso di distinguere tra coordinate Xi e xi. Per questo motivo d’ora in avanti, per rappresentare
la posizione di un punto materiale, useremo le coordinale xi.
Lezioni di Scienza delle Costruzioni- a.a. 2022-‘23 38
Meccanica dei Solidi

Il punto P nel passaggio dalla configurazione di riferimento a quella corrente viene a occupare la
posizione P’, compiendo uno spostamento individuato dal vettore 𝒖(𝑃):

𝑃 → (𝑃′ − 0) = (𝑃 − 0) + 𝒖(𝑃)

In componenti, possiamo scrivere

𝑢1 (𝑥1 , 𝑥2 , 𝑥3 ) = (𝑃′ − 0)1 − (𝑃 − 0)1

𝑢2 (𝑥1 , 𝑥2 , 𝑥3 ) = (𝑃′ − 0)2 − (𝑃 − 0)2

𝑢3 (𝑥1 , 𝑥2 , 𝑥3 ) = (𝑃′ − 0)3 − (𝑃 − 0)3

2.2 Analisi locale della deformazione


Limitiamo adesso la nostra attenzione allo studio della deformazione nell’intorno di un generico
punto P (analogamente a quanto è stato svolto per l’analisi locale della tensione).

Se consideriamo una terna di elementi lineari infinitesimi dx1,dx2,dx3, uscenti da P e paralleli agli assi
coordinati, dopo la deformazione tali elementi avranno cambiato la propria lunghezza e non saranno
più ortogonali fra loro. L’analisi locale della deformazione si basa sulla descrizione della
trasformazione di tali elementi nell’intorno del punto P per effetto dell’azione dei carichi.

Consideriamo quindi un punto Q prossimo al punto P; dopo l’azione delle forze sul corpo i due punti
si trovano nelle posizioni P’ e Q’. Siccome il punto Q è prossimo a P possiamo esprimere lo
spostamento del punto Q come sviluppo in serie di Taylor di una funzione di più variabili, calcolato
a partire dallo spostamento del punto P:

𝑢1 (𝑄) = 𝑢1 (𝑃) + 𝑢1,1 (𝑃)(𝑄 − 𝑃)1 + 𝑢1,2 (𝑃)(𝑄 − 𝑃)2 + 𝑢1,3 (𝑃)(𝑄 − 𝑃)3 + ⋯

𝑢2 (𝑄) = 𝑢2 (𝑃) + 𝑢2,1 (𝑃)(𝑄 − 𝑃)1 + 𝑢2,2 (𝑃)(𝑄 − 𝑃)2 + 𝑢2,3 (𝑃)(𝑄 − 𝑃)3 + ⋯

𝑢3 (𝑄) = 𝑢3 (𝑃) + 𝑢3,1 (𝑃)(𝑄 − 𝑃)1 + 𝑢3,2 (𝑃)(𝑄 − 𝑃)2 + 𝑢3,3 (𝑃)(𝑄 − 𝑃)3 + ⋯

o, in forma matriciale

𝒖(𝑄) = 𝒖(𝑃) + 𝛁𝒖(𝑃)(𝑄 − 𝑃) + ⋯

dove 𝛁𝒖(𝑃) (nabla di 𝒖) denota la matrice delle derivate parziali

𝑢1,1 𝑢1,2 𝑢1,3


𝑢
𝛁𝒖 = [ 2,1 𝑢2,2 𝑢2,3 ]
𝑢3,1 𝑢3,2 𝑢3,3

detta “gradiente di spostamento”.


Introduciamo ora l’ipotesi di “piccole deformazioni” che consiste nel considerare solo deformazioni
in cui il gradiente di spostamento sia piccolo (𝛁𝒖 ≪ 1) rispetto alle dimensioni del solido in studio;

Lezioni di Scienza delle Costruzioni- a.a. 2022-‘23 39


Meccanica dei Solidi

tale ipotesi, lecita per descrivere un’ampia classe di problemi reali, permette di trascurare nello
sviluppo in serie i termini superiori al primo ordine (prima approssimazione). In tal modo, possiamo
scrivere

𝒖(𝑄) = 𝒖(𝑃) + 𝛁𝒖(𝑃)(𝑄 − 𝑃)

Questa scrittura dimostra come si sta estendendo gradualmente (al primo ordine) la teoria del corpo
rigido, aggiungendo solo il primo termine dello sviluppo in serie della funzione 𝒖(𝑄) − 𝒖(𝑃). Teorie
più sofisticate richiedono l’aggiunta di ulteriori termini, peraltro non più lineari, più difficili da
trattare da un punto di vista matematico.

Dimostriamo ora come il gradiente di spostamento permetta di dare una misura locale della
deformazione. A tale scopo, data la linearità di tale operatore, decomponiamo il gradiente di
spostamento nella sua parte simmetrica e emisimmetrica; la prima matrice (simmetrica) è detta
matrice di deformazione, mentre la seconda matrice rappresenta una rotazione rigida locale
nell’intorno del punto P:

1 1
𝑢1,1 (𝑢 + 𝑢2,1 ) (𝑢 + 𝑢3,1 )
2 1,2 2 1,3
1 1
[𝜀𝑖𝑗 ] = (𝑢 + 𝑢1,2 ) 𝑢2,2 (𝑢 + 𝑢3,2 )
2 2,1 2 2,3
1 1
(𝑢 3,1 + 𝑢1,3 ) (𝑢 + 𝑢2,3 ) 𝑢3,3
[2 2 3,2 ]

1 1
0 (𝑢 − 𝑢2,1 ) (𝑢 − 𝑢3,1 )
2 1,2 2 1,3
1 1
[𝜔𝑖𝑗 ] = (𝑢 − 𝑢1,2 ) 0 (𝑢 − 𝑢3,2 )
2 2,1 2 2,3
1 1
[2 (𝑢3,1 − 𝑢1,3 ) (𝑢 − 𝑢2,3 )
2 3,2
0 ]

Si può dimostrare che le componenti della matrice di deformazione seguono la legge di


trasformazione delle componenti di un tensore al cambio di base in perfetta analogia al tensore delle
tensioni. Per tale motivo possiamo parlare di tensore di deformazione infinitesima le cui componenti,
a base fissata, hanno la seguente espressione
1
𝜀𝑖𝑗 = (𝑢𝑖,𝑗 + 𝑢𝑗,𝑖 )
2

Tali equazioni sono dette equazioni di congruenza. La matrice di deformazione può essere riscritta
nella seguente forma
ε11 ε12 ε13
[𝜀𝑖𝑗 ] = [ε12 ε22 ε23 ]
ε13 ε23 ε33

Lezioni di Scienza delle Costruzioni- a.a. 2022-‘23 40


Meccanica dei Solidi

Per comprendere perché si assume come misura locale della deformazione la parte simmetrica del
gradiente di spostamento, può essere conveniente decomporre la matrice 𝜀𝑖𝑗 nella somma di sei
matrici simmetriche:

ε11 0 0 0 0 0 0 0 0
[𝜀𝑖𝑗 ] = [ 0 0 0] + [0 ε22 0] + [0 0 0 ]+
0 0 0 0 0 0 0 0 ε33

0 ε12 0 0 0 0 0 0 ε13
+ [ε12 0 0 ] + [0 0 ε23 ] + [ 0 0 0]
0 0 0 0 ε23 0 ε13 0 0

Appare ora spontaneo dare un significato fisico alle sei componenti del tensore della deformazione,
rappresentato in forma matriciale dalla somma delle sei matrici; a ogni matrice corrisponde infatti
una misura elementare di deformazione.

2.2.1 Deformazioni elementari


Dilatazioni lineari
Per semplicità mettiamoci nel piano (x1, x2) e consideriamo un segmento infinitesimo di lunghezza
iniziale AB parallelo all’asse delle ascisse. Dopo la deformazione, il segmento lineare avrà una diversa
lunghezza che indichiamo con A’B’ (abbiamo rimosso l’ipotesi di corpo rigido e quindi la distanza
relativa tra i due punti cambia).

Figura 2.2 Deformazioni nel piano

Con considerazioni geometriche riferite alla Figura 2.2, abbiamo:

2 2 2
𝐴′ 𝐵′ = √(𝑑𝑥1 + 𝑢1 + 𝑢1,1 𝑑𝑥1 − 𝑢1 ) + (𝑢2,1 𝑑𝑥1 ) = 𝑑𝑥1 √(1 + 𝑢1,1 ) + 𝑢2,1 2 =
1
= 𝑑𝑥1 √1 + 2𝑢1,1 + 𝑢1,1 2 + 𝑢2,1 2 = 𝑑𝑥1 (1 + 𝑢1,1 + 𝑢2,1 2 +. . . ) ≅ 𝑑𝑥1 (1 + 𝑢1,1 )
2

Lezioni di Scienza delle Costruzioni- a.a. 2022-‘23 41


Meccanica dei Solidi

in cui è stata sviluppata in serie di Taylor la radice quadrata e sono stati trascurati i termini di ordine
superiore al primo nelle derivate delle componenti di spostamento. Da un punto di vista geometrico,
al primo ordine, solo gli spostamenti lungo la direzione x1 forniscono un contributo significativo alla
deformazione lineare lungo tale direzione; in altri termini, nella teoria lineare si trascura il fatto che
il segmento dx1 ruota di una quantità infinitesima dando luogo a un contributo che compare al secondo
ordine (𝑢2,1 2 ).

La quantità

𝐴′ 𝐵′ − 𝐴𝐵
𝑢1,1 =
𝐴𝐵
rappresenta, al primo ordine, la variazione di lunghezza dell’elemento lineare ed è detta dilatazione
lineare. Tale termine è anche il primo termine della matrice di deformazione

𝜀11 = 𝑢1,1

Con ragionamento analogo possiamo dimostrare che i tre termini sulla diagonale del tensore di
deformazione misurano le variazioni relative di lunghezza di segmenti lineari inizialmente disposti
lungo gli assi del sistema di riferimento. Tali variazioni sono dette coefficienti di dilatazione lineare
(grandezza adimensionale). Valori positivi di tali coefficienti indicano un aumento di lunghezza dei
segmenti, rispetto allo stato indeformato e, viceversa, per valori negativi indicano una riduzione di
lunghezza; valori nulli indicano lunghezza inalterata.

Scorrimenti angolari
In modo analogo alla trattazione precedente, con riferimento alla Figura 2.2, studiamo il significato
fisico dei termini a indici misti della matrice di deformazione considerando sempre per semplicità il
piano (x1, x2). Prendiamo due segmenti infinitesimi di lunghezza iniziale AB e AC inizialmente
perpendicolari tra loro. Dopo la deformazione, si ha una variazione di angolo tra i due segmenti.

Indicando con α e β gli angoli che i segmenti deformati di lunghezza A’B’ e A’C’ formano con gli
assi coordinati, possiamo scrivere le seguenti relazioni

𝑢2 + 𝑢2,1 𝑑𝑥1 − 𝑢2 𝑢2,1 𝑑𝑥1


sin 𝛼 = = ≅ 𝑢2,1
𝐴′𝐵′ (1 + 𝜀11 )𝑑𝑥1
𝑢1 + 𝑢1,2 𝑑𝑥2 − 𝑢1 𝑢1,2 𝑑𝑥2
sin 𝛽 = = ≅ 𝑢1,2
𝐴′𝐶′ (1 + 𝜀22 )𝑑𝑥2

Poiché consideriamo piccoli spostamenti (rotazioni) possiamo considerare solo il primo termine dello
sviluppo in serie della funzione seno e quindi porre:

sin 𝛼 ≅ 𝛼 e sin 𝛽 ≅ 𝛽

Calcoliamo ora la variazione di angolo che si realizza tra i due segmenti lineari AB e AC, durante la
deformazione imposta:

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Meccanica dei Solidi

𝜋 𝜋
− 𝜗 = 𝛼 + 𝛽 → − 𝜗 = 𝑢2,1 + 𝑢1,2
2 2

questa misura è detta scorrimento angolare, e si indica con γ12 (gamma); è legata al termine misto
della matrice di deformazione dalla seguente relazione

γ12 = u2,1 + u1,2 = 2ε12

Tale quantità è adimensionale ed è positiva per “angoli che si chiudono” e negativa per “angoli che
si aprono”. Possiamo estendere il presente risultato affermando che i termini fuori diagonale del
tensore di deformazione misurano le variazioni di angolo tra elementi inizialmente perpendicolari tra
loro.
In sintesi possiamo dire che la matrice simmetrica (3x3) descrive la deformazione nell’intorno del
punto considerato; le sue componenti sono quantità adimensionali e singolarmente forniscono
variazioni di lunghezza di elementi lineari (termini in diagonale) o variazioni di angoli tra elementi
lineari (termini fuori diagonale).

Coefficienti di variazioni di area e di volume


Estendendo i risultati ottenuti per la dilatazione lineare, è possibile definire il coefficiente di
variazione di area. Ad esempio, se consideriamo nel piano (x1, x2) un elemento di lati infinitesimi
𝑑𝑥1 e 𝑑𝑥2 si ha:
𝑑𝐴′ − 𝑑𝐴 𝑑𝑥1 (1 + 𝜀11 )𝑑𝑥2 (1 + 𝜀22 ) − 𝑑𝑥1 𝑑𝑥2
= = 𝜀11 + 𝜀22
𝑑𝐴 𝑑𝑥1 𝑑𝑥2

indicando con 𝑑𝐴 e 𝑑𝐴′ l’elemento di area rispettivamente prima e dopo la deformazione.

In modo analogo definiamo il coefficiente di variazione di volume:

𝑑𝑉 ′ − 𝑑𝑉
= 𝜀11 + 𝜀22 + 𝜀33
𝑑𝑉

La somma dei termini in diagonale o traccia della matrice delle deformazioni ha quindi il significato
fisico di variazione volumetrica nell’intorno del punto cui le componenti della matrice si riferiscono.
Se il suo valore è positivo allora la deformazione ha prodotto un aumento di volume, e viceversa. Se
il materiale è incomprimibile si ha sempre traccia nulla.

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Meccanica dei Solidi

2.3 Deformazioni principali e direzioni principali della deformazione


In analogia a quanto visto per il tensore di tensione, possiamo affermare che è possibile trovare
direzioni e tensioni principali anche per il tensore di deformazione. In altri termini è possibile
individuare tre direzioni ortogonali tra le quali non si verificano scorrimenti angolari (ossia, si
annullano le componenti ad indici misti della deformazione). Tali direzioni sono dette direzioni
principali di deformazione e le dilatazioni lineari corrispondenti sono dette componenti principali di
deformazione, indicate con 𝜀I , 𝜀II e 𝜀III .
Le tecniche utilizzate per determinare tali quantità sono del tutto analoghe a quelle svolte per ottenere
le tensioni e le direzioni principali di tensione.

Occorre sottolineare che le direzioni principali della tensione e della deformazioni sono uguali tra
loro solo nel caso di materiale isotropo (si veda più avanti).

2.4 Condizioni di congruenza interna o di compatibilità


Le deformazioni che si ottengono dagli spostamenti attraverso le seguenti sei equazioni di congruenza

1
𝜀𝑖𝑗 = (𝑢𝑖,𝑗 + 𝑢𝑗,𝑖 )
2

forniscono uno stato di deformazione congruente; in altri termini, è sempre possibile risalire al campo
di deformazioni (6 componenti della matrice a partire da uno spostamento assegnato (3 componenti).
Invece, se assegno uno stato di deformazione, non è detto che il corrispondente spostamento sia
congruente. In questo secondo caso le equazioni di congruenza definiscono un sistema di 6 equazioni
differenziali nelle 3 incognite (le tre componenti di spostamento). Perché questo sistema ammetta
soluzioni occorre che siano verificate ulteriori relazioni, dette condizioni di integrabilità (o di
congruenza interna o di Saint Venant).

(a) (b) (c) (d)


Per dare una spiegazione fisica al significato delle condizioni di integrabilità si supponga infatti di
suddividere il mezzo continuo in elementi infinitesimi (discretizzazione (a)) nella configurazione
indeformata; si isolino 4 elementi. Dopo la deformazione (b) la continuità tra singoli elementi
deformati può essere garantita solo se le deformazioni soddisfano particolari condizioni di
integrabilità, dette equazioni di congruenza interne (c). In caso contrario, si possono avere lacerazioni
o penetrazioni di materia (d); il campo di spostamento non è più continuo. Tali condizioni sono
necessarie e sufficienti in domini monoconnessi e possono essere espresse dalle sei relazioni delle
quali solo tre sono linearmente indipendenti:

𝜀𝑖𝑗,𝑘𝑙 + 𝜀𝑘𝑙,𝑖𝑗 = 𝜀𝑖𝑘,𝑗𝑙 + 𝜀𝑗𝑙,𝑖𝑘

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In forma esplicita

𝜀11,22 + 𝜀22,11 = 2𝜀12,12 = 𝛾12,12

𝜀11,33 + 𝜀33,11 = 2𝜀13,13 = 𝛾13,13

𝜀22,33 + 𝜀33,22 = 2𝜀23,23 = 𝛾23,23

𝜀11,23 = −𝜀23,11 + 𝜀31,12 + 𝜀12,13

𝜀22,31 = −𝜀31,22 + 𝜀12,23 + 𝜀23,12

𝜀33,12 = −𝜀12,33 + 𝜀23,13 + 𝜀31,23

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Meccanica dei Solidi

Esempio 2.1
Determinare la matrice della deformazione corrispondente al seguente stato di spostamento

𝑢1 = 𝐴𝑥1 2 𝑥2 𝑢2 = 𝐵𝑥2 𝑥3 𝑢3 = 𝐶𝑥1 𝑥3 3

con A,B,C costanti arbitrarie.


Soluzione
Calcoliamo le derivate parziali delle componenti di spostamento e valutiamo le seguenti quantità

1
𝜀𝑖𝑗 = (𝑢𝑖,𝑗 + 𝑢𝑗,𝑖 )
2
per cui

2𝐴𝑥1 𝑥2 𝐴 𝑥1 2 ⁄2 𝐶𝑥3 3 ⁄2
[𝜀𝑖𝑗 ] = [𝐴 𝑥1 2 ⁄2 𝐵𝑥3 𝐵𝑥2 ⁄2 ]
𝐶𝑥3 2 𝐵𝑥2 ⁄2 3𝐶𝑥1 𝑥3 2
3⁄

Esempio 2.2
Assegnati i seguenti campi di spostamento:
a) u1 = Ax1 x2 u2 = Bx1 x32 (
u3 = C x12 + x22 )
b) u1 = Ax12 u2 = Bx1 x2 u3 = Cx1 x2 x3
c) u1 = Ax2 x32 u2 = Bx1 x22 (
u3 = C x12 + x32 )
d ) u1 = Ax12 x2 u2 = Bx2 x3 u3 = Cx1 x32

con A, B e C costanti arbitrarie, calcolare i corrispondenti tensori di deformazione.

Esempio 2.3
La piastra di figura è incastrata su due lati e soggetta a una deformazione come indicato. Calcolare
lo scorrimento angolare medio, l’eventuale dilatazione lineare del lato AB e la matrice di
deformazione infinitesima.

Soluzione:
Lo scorrimento angolare in A è
3
tan 𝛾𝑥𝑦 ≅ 𝛾𝑥𝑦 = = 0.02 rad = 1.1458°
150

Per calcolare la deformazione di AB (se tengo conto del termine del secondo ordine nel
gradiente di spostamento) ho:

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Meccanica dei Solidi

𝐴′ 𝐵 = √1502 + 32 = 150.0300 mm
𝐴′𝐵 − 𝐴𝐵
𝜀𝐴𝐵 = = 0.000200
𝐴𝐵

La matrice di deformazione infinitesima ha la seguente forma:

0 0.01
[𝜀𝑖𝑗 ] = [ ]
0.01 0

Esempio 2.4
La piastra di figura è deformata come indicata con il tratteggio. Si determini:
a) lo scorrimento angolare nel punto D della piastra relativamente agli assi coordinati (x, y)
b) la dilatazione lineare degli elementi DA e DC
c) la dilatazione lineare delle diagonali AC e DB
d) scrivere la matrice di deformazione relativa al punto D

Soluzione:
a)
𝛾𝑥𝑦 (𝐷) = 𝛼 + 𝛽 = 𝑢𝑦,𝑥 + 𝑢𝑥,𝑦

2
𝛼= = 0.00496278 rad
403
2
𝛽= = 0.00662252 rad
302

𝛾𝑥𝑦 (𝐷) = 11.6 10−3 rad

Verificare che nel punto C lo scorrimento angolare ha stesso valore ma segno negativo.

b) Indicando con A’, B’ e C’ la posizione dei punti A, B e C dopo la deformazione, otteniamo

𝐷𝐴′ = √(400 + 3)2 + 22 = 403.005 mm ≅ 403 mm

𝐷𝐴′ − 𝐷𝐴 403 − 400


𝜀𝐷𝐴 = = = 7.5 10−3
𝐷𝐴 400
Analogamente:
𝐷𝐶′ − 𝐷𝐶 302 − 300
𝜀𝐷𝐶 = = = 6.7 10−3
𝐷𝐶 300

c) Per calcolare l’allungamento delle diagonali:


𝐴𝐶 = 𝐷𝐵 = √4002 + 3002 = 500 mm

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𝐷𝐵′ = √4052 + 3042 = 506.4 mm


𝐴′𝐶′ = √4012 + 3002 = 500.8 mm
Le dilatazioni lineari dei segmenti lungo le diagonali sono:

𝐴′ 𝐶 ′ − 𝐴𝐶 500.8 − 500
𝜀𝐴𝐶 = = = 1.60 10−3
𝐴𝐶 500

𝐷𝐵′ − 𝐷𝐵 506.4 − 500


𝜀𝐷𝐵 = = = 12.8 10−3
𝐷𝐵 500
entrambe positive (allungamenti).

d) La matrice di deformazione infinitesima nel punto D assume la forma:

11.6
7.5
2
[𝜀𝑖𝑗 ] = [11.6 ] 10−3
6.7
2

Esempio 2.5
Il tirante AB del telaio rappresentato in figura nella configurazione iniziale subisce un
allungamento in seguito all’azione di una forza orizzontale (ad esempio il vento o un sisma) che
porta a un’inclinazione alla base delle colonne di 2°. Si determini il valore approssimato
dell’allungamento del cavo in tale configurazione.

Soluzione
Trascurando gli spostamenti verticali, lo spostamento orizzontale del punto A è:


𝐴𝐴′ = 1 ( ) 𝜋 = 0.03491 m
180°

Lo spostamento orizzontale del punto B è:


𝐵𝐵′ = 4 ( ) 𝜋 = 0.13963 m
180°
Da cui

𝐴′ 𝐵′ = √32 + (4 + 0.13963 − 0.03491)2 = 5.08416 m


𝐴𝐵 = √32 + 42 = 5.00 m

𝐴′𝐵′ − 𝐴𝐵
𝜀𝐴𝐵 = = 16.8 10−3
𝐴𝐵

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3. Legame elastico tensioni-deformazioni


La costruzione del modello matematico di corpo deformabile ha portato all’individuazione di alcune
quantità (statiche e cinematiche) ritenute rilevanti per descrivere in modo efficace la risposta alle
azioni dei carichi su di un corpo. Più precisamente, sono stati introdotti i concetti di tensione e di
deformazione come misure locali della risposta alle azioni esterne (riferite ai punti del solido). Tali
concetti sono stati poi elaborati in modo tale da formulare:

- le tre equazioni indefinite di equilibrio: 𝜎𝑖𝑗,𝑗 + 𝑏𝑖 = 0


1
- le sei equazioni di congruenza: 𝜀𝑖𝑗 = (𝑢𝑖,𝑗 + 𝑢𝑗,𝑖 )
2

Il problema di determinare tali misure locali (incognite del problema) richiede di risolvere il sistema
di equazioni nelle seguenti incognite: le tre componenti di spostamento, le sei componenti di
deformazione, e le sei componenti di tensione. In altri termini, per avere una descrizione completa del
comportamento statico e deformativo di un corpo deformabile occorre determinare il cosiddetto stato
elastico rappresentato dalla seguente tripletta: [𝑢𝑖 , 𝜀𝑖𝑗 , 𝜎𝑖𝑗 ].

Da un lato, il numero complessivo delle incognite del problema è 15, mentre il numero delle equazioni
a disposizione è 9; d’altro lato, le precedenti equazioni non tengono conto del tipo di materiale con
il quale il corpo è realizzato.

L’unico modo per completare il modello è quello di introdurre nuovi elementi descrittori in grado di
descrivere la risposta meccanica del solido alle azioni esterne. In altri termini, occorre stabilire delle
relazioni per “legare” le quantità coinvolte nelle equazioni di equilibrio (tensioni) e le quantità
coinvolte nelle equazioni di congruenza (deformazioni), attraverso l’introduzione di modelli
costitutivi che traducano in termini matematici gli aspetti fenomenologici dei materiali.

Le equazioni che esprimono il legame tensioni-deformazioni sono dette equazioni costitutive o


equazioni di legame.

3.1 Classi di materiali e rilevanze sperimentali


Nella meccanica classica si introducono modelli in grado di descrivere classi di materiali ideali, in
modo analogo allo studio della geometria euclidea, che studia classi di figure definite isolandone certe
proprietà ritenute rilevanti (classe dei poligoni, sottoclasse dei triangoli…).

La classe di materiali che studieremo ora è quella dei materiali elastici; una scelta motivata da un lato
dai rilevanti aspetti applicativi che li caratterizza, dall’altro dall’analisi delle rilevanze sperimentali.

Infatti, una semplice prova monoassiale 𝜎-ε mette in evidenza la presenza, per quasi tutti gli usuali
materiali, di un tratto iniziale, rappresentativo della fase elastica, in cui le tensioni dipendono dal
valore istantaneo della deformazione e non risentono dell’eventuale storia di carico passata (memoria
zero). In altri termini, molti materiali presentano un comportamento nella fase iniziale di carico in cui
le deformazioni sono reversibili (al rilascio dell’azione le deformazioni vengono completamente
recuperate) e in tale primo tratto, la risposta tensioni-deformazioni ha un andamento di tipo lineare
(limite di proporzionalità).

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Meccanica dei Solidi

Figura 3.1 Curva di prova monoassiale su una barra e


risultati per tre metalli strutturali (acciaio, alluminio (duttili), ghisa (fragile)).

In figura si osservano le curve uniassiali che descrivono il differente comportamento di un materiale


duttile (metalli), in cui la rottura è preceduta da apprezzabili deformazioni plastiche irreversibili (fase
plastica), rispetto a un materiale fragile (materiali ceramici, vetro, rocce) in cui la rottura segue quasi
immediatamente l’esaurimento delle risorse elastiche.

Nel paragrafo che segue introduciamo il più semplice modello in grado di descrivere il
comportamento di un materiale in fase elastica, sia esso fragile o duttile.

3.2 Modello elastico di Cauchy-Green


La caratterizzazione di un materiale nella sua fase elastica (materiale elastico) richiede di introdurre
alcune ipotesi semplificative per poter scrivere in modo ragionevolmente contenuto le relazioni di
legame costitutive.

Per prima cosa richiediamo che l’equazione costitutiva sia indipendente da traslazioni e rotazioni
rigide assunte dal corpo durante la deformazione; in altri termini la risposta meccanica deve essere
indipendente dall’osservatore. Questo requisito di plausibilità si esprime nel principio d’indifferenza
materiale. Inoltre, per semplicità consideriamo materiali macroscopicamente omogenei, in modo tale
che la risposta alle azioni del carico non dipenda dalla posizione all’interno del corpo.

Per la classe di materiali caratterizzata dalle osservazioni precedenti, possiamo introdurre le seguenti
due nozioni di elasticità.

a) Nozione di elasticità di Cauchy (1828).


L’ipotesi alla base di tale nozione consiste nel generalizzare la legge di Hooke: 𝜎 = 𝐸𝜀, valida
per il caso monoassiale, al caso tridimensionale. Si introduce quindi un tensore del quarto ordine,
detto tensore di elaticità, nella forma

σ𝑖𝑗 = C𝑖𝑗ℎ𝑘 𝜀ℎ𝑘

In particolare, la simmetria dei tensori di tensione e deformazione consente di esprimere le


componenti della tensione in termini delle componenti di deformazione al primo ordine (lineare)
contraendo le coppie di indici e introducendo una scrittura in componenti del tipo

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Meccanica dei Solidi

σ11 = c11 𝜀11 + c12 𝜀22 + c13 𝜀33 + c14 2𝜀23 + c15 2𝜀13 + c16 2𝜀12

σ22 = c21 𝜀11 + c22 𝜀22 + c23 𝜀33 + c24 2𝜀23 + c25 2𝜀13 + c26 2𝜀12

…………

σ12 = c61 𝜀11 + c62 𝜀22 + c63 𝜀33 + c64 2𝜀23 + c65 2𝜀13 + c66 2𝜀12

…………

I coefficienti c𝑟𝑠 (𝑟, 𝑠 = 1, … .6) sono detti moduli elastici di Cauchy.


La scrittura precedente consente di scrivere la matrice 𝐂 (che non ha nessuna valenza di tipo
tensoriale) detta matrice di elasticità:

c11 c12 c13 c14 c15 c16


c21 c22 c23 c24 c25 c26
c c32 c33 c34 c35 c36
𝐂 = c 31 c42 c43 c44 c45 c46
41
c51 c52 c53 c54 c55 c56
[ c61 c62 c63 c64 c65 c66 ]

In generale, l’estensione della legge di Hooke al caso tridimensionale introduce 36 coefficienti


elastici per poter descrivere la risposta tensioni-deformazioni in un materiale elastico lineare.

b) Nozione di elasticità di Green (iperelasticità)


Nel 1839 Green introduce il concetto di materiale iperelastico, (o conservativo), ossia considera
classi di materiali per cui è possibile introdurre l’esistenza di una funzione potenziale Φ(ε𝑖𝑗 ) tale
per cui

𝜕Φ
σ𝑖𝑗 =
𝜕ε𝑖𝑗

In componenti:

𝜕Φ 𝜕Φ 𝜕Φ
σ11 = σ22 = σ33 =
𝜕ε11 𝜕ε22 𝜕ε33

𝜕Φ 𝜕Φ 𝜕Φ
σ13 = σ23 = σ12 =
𝜕ε12 𝜕ε23 𝜕ε12

La funzione Φ è detta potenziale elastico e rappresenta fisicamente l’energia di deformazione


elastica immagazzinata nell’intorno di un punto durante il processo deformativo. E’ una
quantità sempre definita positiva.

Un’ampia classe di materiali può essere descritta con un modello costitutivo che tiene
simultaneamente conto delle due nozioni di elasticità.

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Meccanica dei Solidi

L’ipotesi di legame di tipo lineare associata all’ipotesi di esistenza di un potenziale elastico, consente
di ottenere una fondamentale proprietà di simmetria della matrice di elasticità. Prendiamo in
considerazione, ad esempio, le seguenti due espressioni:

σ11 = c11 𝜀11 + c12 𝜀22 + c13 𝜀33 + c14 2𝜀23 + c15 2𝜀13 + c16 2𝜀12

σ22 = c21 𝜀11 + c22 𝜀22 + c23 𝜀33 + c24 2𝜀23 + c25 2𝜀13 + c26 2𝜀12

E, inoltre
𝜕σ11 𝜕2Φ
= = c12
𝜕ε22 𝜕ε22 𝜕ε11
𝜕σ22 𝜕2Φ
= = c21
𝜕ε11 𝜕ε11 𝜕ε22

Per il teorema di Schwarz applicato alla funzione potenziale, otteniamo

𝜕2Φ 𝜕2Φ
= → c12 = c21
𝜕ε22 ε11 𝜕ε11 ε22

Possiamo quindi concludere che i moduli elastici a indici misti sono uguali tra loro e la matrice di
elasticità è quindi simmetrica nello scambio della coppia di indici (simmetria maggiore).

Il numero dei moduli elastici richiesti per descrivere la risposta in un materiale elastico si riduce in
tal modo a 21.

3.3 Simmetrie materiali


All’interno dei materiali che appartengono simultaneamente alle due classi di materiali di Cauchy e
di Green, possiamo individuare ulteriori sottoclassi di materiali la cui descrizione può essere
ricondotta ad un numero di moduli elastici inferiore a 21; questa riduzione avviene utilizzando
proprietà di simmetria dette proprietà di simmetria fisica (ossia di comportamento deformativo del
materiale secondo direzioni privilegiate che vengono in genere assunte come sistema di riferimento
rispetto alle quali scrivere le equazioni costitutive).
Un materiale che richiede 21 moduli elastici per descrivere la sua deformazione viene detto
anisotropo.

Per rendere ragionevolmente contenuta la trattazione e per la vasta portata applicativa, considereremo
solo il caso di materiale che presenta la più completa forma di simmetria: il materiale isotropo.

3.3.1 Materiale isotropo


La più completa forma di simmetria si ha quando il materiale presenta stesso comportamento
deformativo in tutte le direzioni; un materiale di questo tipo è detto isotropo.
La caratterizzazione dei moduli elastici per un materiale isotropo può essere analiticamente condotta
attraverso l’introduzione di due semplici considerazioni:

Lezioni di Scienza delle Costruzioni- a.a. 2022-‘23 52


Meccanica dei Solidi

1. se la proprietà di isotropia richiede che il materiale abbia stessa risposta alle azioni del carico in
ogni direzione, allora il potenziale elastico non deve dipendere dall’orientamento, quindi dovrà
essere funzione di quantità invarianti della deformazione rispetto al sistema di coordinate
prescelto:
1
𝐼ε = ε𝑖𝑖 𝐼𝐼ε = (ε𝑖𝑖 ε𝑗𝑗 − ε𝑖𝑗 ε𝑗𝑖 ) 𝐼𝐼𝐼ε = det ε𝑖𝑗
2

Possiamo quindi scrivere la dipendenza funzionale del potenziale elastico da tali quantità:

Φ(ε𝑖𝑗 ) = Φ(𝐼ε , 𝐼𝐼ε , 𝐼𝐼𝐼ε )

2. se il materiale appartiene alla classe dei materiali di Cauchy, (legame tensioni-deformazioni di tipo
lineare), allora il potenziale elastico deve avere una forma quadratica nelle deformazioni (perché
la sua derivata prima rispetto alla deformazione deve fornire un legame lineare nelle
deformazioni), e quindi deve dipendere solo dai primi due invarianti (il terzo invariante ha forma
cubica):

Φ(ε𝑖𝑗 ) = 𝐴𝐼ε 2 + 𝐵𝐼𝐼ε =


=A(ε11 + ε22 + ε33 )2 + 𝐵(ε11 ε22 + ε11 ε33 + ε22 ε33 − ε12 ε21 − ε13 ε31 − ε23 ε32 )

1.

con A e B due costanti.

Queste due considerazioni ci consentono di scrivere in forma esplicita le equazioni di legame

𝜕
σ11 = [𝐴(ε11 + ε22 + ε33 )2 + 𝐵(ε11 ε22 + ε11 ε33 + ε22 ε33 − ε12 ε21 − ε13 ε31 − ε23 ε32 )]
𝜕ε11
= 2𝐴(ε11 + ε22 + ε33 ) + 𝐵(ε22 + ε33 ) = (2𝐴 + 𝐵)(ε11 + ε22 + ε33 ) − 𝐵ε11

……

𝜕
σ12 = [𝐴(ε11 + ε22 + ε33 )2 + 𝐵(ε11 ε22 + ε11 ε33 + ε22 ε33 − ε12 ε21 − ε13 ε31 − ε23 ε32 )]
𝜕ε12
= −𝐵ε21

……

Introducendo le seguenti posizioni

2𝐴 + 𝐵 = 𝜆 − 𝐵 = 2𝜇

Ricordando la simmetria della matrice di deformazione otteniamo:

σ11 = 2𝜇ε11 + 𝜆(ε11 + ε22 + ε33 ) σ12 = 2𝜇ε12

σ22 = 2𝜇ε22 + 𝜆(ε11 + ε22 + ε33 ) σ13 = 2𝜇ε13

σ33 = 2𝜇ε33 + 𝜆(ε11 + ε22 + ε33 ) σ23 = 2𝜇ε23

Lezioni di Scienza delle Costruzioni- a.a. 2022-‘23 53


Meccanica dei Solidi

Le nuove costanti 𝜆 e 𝜇 sono dette costanti di Lamé e le equazioni trovate ci permettono di affermare
che in un materiale elastico lineare isotropo le costanti elastiche indipendenti necessarie per
descriverne la risposta sono solo due.

Le equazioni di legame per il materiale isotropo (dette equazioni di Lamè) sono esprimibili nella
forma:

σ𝑖𝑗 = 2𝜇ε𝑖𝑗 + 𝜆𝛿𝑖𝑗 (ε𝑘𝑘 )

Le equazioni di legame inverse sono:

1 𝜆
ε𝑖𝑗 = (σ𝑖𝑗 − 𝛿 (σ ))
2𝜇 2𝜇 + 3𝜆 𝑖𝑗 𝑘𝑘

e richiedono di introdurre le seguenti posizioni:

2𝜇 + 3𝜆 ≠ 0 e 𝜇≠0

3.3.2 Ridefinizione delle costanti


Le costanti di Lamè non si prestano a un’interpretazione fisica immediata. Nella pratica si preferisce
ridefinire le costanti elastiche introducendo: il modulo di Young E e il coefficiente di Poisson ν, legati
alle due costanti di Lamè dalle seguenti relazioni:

 ( 2 + 3 ) 
E= =  =G =
E
 + 2( +  ) 2(1 + )

In forma matriciale, riorganizzando in vettori colonna le componenti della matrice di deformazione


che quelle della matrice della tensione, possiamo scrivere:

 
11   
1
− − 0 0 0   11 
   E E E
  
    1  
 22   − − 0 0 0   22 
   E E E
  
  
 33   −  −
 1
0 0

0   33 
   E E E   
 = 
   0 1
0 0 0 0   23 
 23   G   
   
   0 1
0   13 
 13  
0 0 0
  
G   
   0 1  
 12  
G   12 
0 0 0 0

Usando la notazione usuale di indicare le componenti a indici misti con τ23, τ13, τ12 e ricordando che
2ε12 =γ12, … Con considerazioni di tipo energetico è possibile dimostrare che i moduli elastici devono

Lezioni di Scienza delle Costruzioni- a.a. 2022-‘23 54


Meccanica dei Solidi

avere le seguenti limitazioni teoriche:   0 , − 1    1 2 ; nei casi comuni il coefficiente di Poisson


è positivo e quindi le valgono le seguenti limitazioni pratiche:

 0 e 0   1
2

Controesempi sono lo zinco e il sughero che hanno coefficente di Poisson negativo. I due casi estremi
corrispondono alla descrizione dei seguenti due tipi di materiali:

 =0  = 12
materiale inestensibile materiale incomprimibile (ad esempio le
gomme)

Nella tabella che segue sono riportate le relazioni che legano le costanti elastiche di Lamé con le
costanti ingegneristiche.

3.3.3 Significato fisico dei moduli elastici


Per il caso isotropo, i moduli elastici introdotti hanno un significato fisico ben preciso e possono
essere studiati considerando stati di tensione particolari, comunemente utilizzati in laboratorio per
testare i materiali.

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Semplice tensione
Consideriamo un semplice test di trazione su un provino come rappresentato in Figura; assumendo x1
come direzione della trazione imposta, lo stato di tensione ha la forma

σ 0 0
[σ𝑖𝑗 ] = [0 0 0]
0 0 0

Usando le equazioni costitutive per materiale isotropo, le deformazioni corrispondenti sono


σ
0 0
𝐸
𝜈
[𝜀𝑖𝑗 ] = 0 − σ
𝐸
0
𝜈
[0 0 − σ]
𝐸
Il modulo di Young 𝐸 = σ /ε è quindi il rapporto tra la trazione (o compressione) che si applica
all’elemento e l’allungamento (o accorciamento) percentuale che esso subisce nella direzione della
azione applicata; E ha quindi la stessa unità di misura della tensione.
Poiché ε22 = ε33 = −𝜈ε11 , il fattore di Poisson è il rapporto tra la contrazione (o distensione)
trasversale e l’allungamento (o accorciamento) longitudinale; 𝜈 è una quantità adimensionale.

Puro taglio
Consideriamo un semplice test che induce sul provino puro taglio come rappresentato in Figura; la
presenza di un’azione torcente sulle basi porta a uno stato di tensione nella seguente forma:

0 τ 0
[σ𝑖𝑗 ] = [ τ 0 0]
0 0 0
e la deformazione associata è
𝜏
0 0
2𝜇
[𝜀𝑖𝑗 ] = 𝜏
0 0
2𝜇
[0 0 0]
Il modulo di taglio 𝜇 (o G) è quindi il rapporto tra lo sforzo di taglio che si applica a un elemento
unitario e lo scorrimento angolare che esso subisce; è una quantità che ha la stessa dimensione della
tensione. Nella figura che segue sono rappresentate le deformazioni corrispondenti alle due quantità:
componente del tensore di deformazione a indici misti e scorrimento angolare.

𝜎12
ε12 =
deformazione a scorrimento
2𝜇
𝜎12 𝜎12
𝜇= =
2ε12 γ12
𝛾12
ε12 =
2
deformazione tensoriale

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Meccanica dei Solidi

Compressione idrostatica
Come ultimo esempio consideriamo il caso di un provino sottoposto a compressione uniforme nelle
tre direzioni come in figura, detto stato di compressione (o trazione) idrostatica.
Lo stato di tensione è descritto dalla seguente matrice:

−𝑝 0 0
[σ𝑖𝑗 ] = [ 0 −𝑝 0 ] = −𝑝𝛿𝑖𝑗
0 0 −𝑝

e la deformazione

1 − 2𝜈
− 𝑝 0 0
𝐸
1 − 2𝜈
[ 𝜀𝑖𝑗 ] = 0 − 𝑝 0 = −𝑝𝛿𝑖𝑗
𝐸
1 − 2𝜈
[ 0 0 − 𝑝]
𝐸

Ricordiamo che la traccia della matrice di deformazione fornisce la variazione volumetrica del
cubetto di figura per cui:

3(1 − 2𝜈)
ε𝑘𝑘 = − 𝑝
𝐸

La quantità
𝐸
𝑘=
3(1 − 2𝜈)

è il modulo di elasticità volumetrico (compressibilità o dilatazione) e rappresenta il rapporto tra la


pressione applicata e la sua variazione volumetrica ( rigidezza volumetrica del materiale).

Intuitivamente possiamo ritrovare una delle limitazioni sul coefficiente di Poisson osservando che, se
vogliamo che a uno sforzo uniforme di compressione corrisponda una riduzione di volume, allora
dovrà risultare

1
(1 − 2𝜈) > 0 → 𝜈<
2

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Meccanica dei Solidi

Esempio 3.1
Una piastra di acciaio di forma rettangolare (con spessore di 4 mm) è soggetta ad uno stato di
tensione biassiale uniforme; scegliendo un sistema di coordinate (x,y,z) come rappresentato in
figura, determinare la deformazione della piastra e il coefficiente di variazione volumetrica.

Soluzione
L’utilizzo delle equazioni di legame per materiale isotropo consente di determinare numericamente
le componenti di deformazione:

 xx = 0.0546 10−3 ,  yy = 0.117 10−3 ,  zz = −0.070110−3 ,

Conoscendo le dimensioni iniziali dell’elemento, possiamo determinare l’incremento di lunghezza


dei lati dell’elemento per effetto dello stato tensionale applicato lungo le tre direzioni:

 x =  xx 300mm = 0.016mm,  y = yy 200mm = 0.023mm,  z = zz 4mm = −0.00028mm

Il coefficiente di variazione volumetrica traccia della matrice di deformazione è dato dalla traccia
della matrice di deformazione:
 xx + yy + zz =0.00010 ( 0.01% )

Esempio 3.2
Ricavare l’equazione costitutiva di Lamè

σ𝑖𝑗 = 2𝜇ε𝑖𝑗 + 𝜆𝛿𝑖𝑗 ε𝑘𝑘


nella sua forma inversa.

Soluzione
Calcoliamo la traccia ponendo i=j:
tr σ = σ𝑖𝑖 = 2𝜇ε𝑖𝑖 + 3𝜆ε𝑖𝑖

σ𝑖𝑖 = (2𝜇 + 3𝜆)ε𝑖𝑖

1
ε𝑖𝑖 = σ
2𝜇 + 3𝜆 𝑖𝑖
e sostituisco nella espressione iniziale:

𝜆
σ𝑖𝑗 = 2𝜇ε𝑖𝑗 + ( 𝛿 σ )
2𝜇 + 3𝜆 𝑖𝑗 𝑘𝑘
Da cui
1 𝜆
ε𝑖𝑗 = [σ𝑖𝑗 − ( 𝛿 σ )]
2𝜇 2𝜇 + 3𝜆 𝑖𝑗 𝑘𝑘

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Esempio 3.3
In una piastra di alluminio inizialmente scarica di lato l=375 mm e spessore t=19 mm è inciso un
cerchio di diametro d=225 mm. In seguito, si applicano forze agenti nel piano della piastra tali da
causare il seguente stato di tensione:

 xx = 84 MPa  yy = 140 MPa


si assuma: E=70 GPa e  =1/3

a) determinare l’allungamento dei diametri AB (lungo x) e CD (lungo y);


b) la riduzione dello spessore e il coefficiente di variazione volumetrica della piastra.

Soluzione
a) la variazioni di lunghezza del diametro AB (lungo x) e quella del diametro CD (lungo y) si
ottengono calcolando le deformazioni tramite le equazioni costitutive:

 xx ==
1
E
( )
 xx −  yy +  zz  , ,... →  xx = 0.533 10−3 ,

 yy = 1.600 10−3 ,  zz = −1.0673 10 −3


 AB = xx d = 0.12mm,  CD = yy d = 0.4mm

b) la variazione dello spessore e la variazione di volume della piastra si ottengono rispettivamente


calcolando rispettivamente l’accorciamento (in tal caso) in direzione z e la traccia della
matrice della deformazione:
 t =  zz t = −0.02 mm
 xx +  yy +  zz = 0.00106 (0.1%)

Esempio 3.4
Considerando singolarmente i casi di semplice tensione e puro taglio, scrivere le corrispondenti
forme del tensore delle deformazioni e valutare numericamente lo stato deformativo assumendo i
dati sotto riportati:

a) alluminio con i seguenti stati tensionali:  =150 MPa  =75 MPa


b) acciaio con i seguenti stati tensionali:  =300 MPa  =150 MPa
c) gomma con i seguenti stati tensionali:  =15 MPa  =7 MPa

Soluzione
Utilizzando la notazione matriciale svolgiamo l’esercizio solo per i dati del caso a), lasciando allo
studente lo sviluppo dei conti e il confronto tra i risultati ottenuti.
 1 
 68.9 150 0 0 
150 0 0   
−0.34
σij  =  0 0 0  MPa ij  =  0 150 0  10−3
   68.9 
 0 0 0   
 0 −0.34
0 150 
 68.9 

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 75 
 0 0
2 25.7
 0 75 0   
 
σij  = 75 0 0  MPa
75
 
 ij  =  0 0  10 −3...
 0 0 0  2 25.7 
 0 0 0
 
 

Esempio 3.5
Rappresentare il campo di tensione e di deformazione di un blocco di acciaio di lati 80x40x60 mm
soggetto a una pressione idrostatica p=180MPa; inoltre, determinarne il coefficiente di variazione
volumetrica.

E=200GPa  =0.29

Soluzione:
 −180 0 0 

σ ij  = − pI = 0 −180 0  MPa
 
 0 0 −180

 xx +  yy +  zz = −0.00113

Esempio 3.6
In un punto di una struttura di acciaio si hanno le seguenti deformazioni:

 xx = 0.30%  yy = 0.068%  zz = 0.038%


 xy = −0.050%  xz =  zy = 0

Calcolare gli sforzi corrispondenti attraverso il legame isotropo.

Soluzione
Utilizzando le equazioni di legame otteniamo i seguenti valori delle tensioni corrispondenti:

𝜎𝑥𝑥 = 845MPa, 𝜎𝑦𝑦 = 455MPa, 𝜎𝑧𝑧 = 405MPa, 𝜎𝑥𝑦 = −42MPa, 𝜎𝑥𝑧 = 𝜎𝑦𝑧 = 0.

Verifica che

𝑡𝑟𝜀 = (1 − 2𝜈)𝑡𝑟𝜎/𝐸.

𝑛. 𝑏. : tutte le tensioni sono di trazione anche se le dilatazioni sono tutte positive!

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Formulazione del problema elastico


Quanto esposto nelle sezioni precedenti permette ora di formulare completamente il cosiddetto
problema elastico lineare (p.e.) attraverso un numero di equazioni pari al numero delle incognite del
problema. Alcune equazioni si presentano in forma finita (legame) e altre sono invece in forma
differenziale (congruenza ed equilibrio); per ottenere la completa formulazione del problema occorre
introdurre a questo punto le informazioni valide sui punti della frontiera, dette condizioni al contorno,
in modo tale da determinare, da un lato le costanti d’integrazione che derivano dalla risoluzione del
problema differenziale e d’altro lato, di introdurre l’azione dei carichi e dei vincoli sul solido in esame
che fino ad ora non compaiono nelle equazioni formulate.

4.1 Condizioni al contorno


Le condizioni sul bordo del corpo continuo possono essere assegnate in due modi: globale o puntuale.

L’assegnazione di informazioni di tipo globale sulla frontiera consiste nel fornire dei valori integrali
sulle forze o sugli spostamenti applicati sulla frontiera o su porzioni della frontiera stessa.

Sono modi di assegnazione che meglio riflettono le situazioni che si possono incontrare nella pratica
tuttavia portano alla perdita di unicità della soluzione del p.e. Infatti, allo stesso problema di
equilibrio corrisponde un intera classe di soluzioni dette equipollenti, che corrispondono allo stesso
dato risultante sul bordo.
L’assegnazione di dati sul bordo di tipo puntuale consiste nell’assegnazione del valore puntuale della
funzione (tensione o spostamento) nei punti della frontiera stessa; tale condizione porta all’unicità
della soluzione del p.e. (teorema di unicità).

forze spostamenti miste contatto (senza attrito)

Nel caso di assegnazione puntuali sulla frontiera, il problema di equilibrio da analizzare può
presentare differenti tipi di condizioni al contorno:
- sulle forze (possono essere nulle o diverse da zero): si assegna il valore delle forze distribuite sulla
frontiera;
- sugli spostamenti: si assegna il valore degli spostamenti sull’intera frontiera;
- mista: si assegna il valore degli spostamenti e delle forze distribuite in regioni complementari
della frontiera;
Lezioni di Scienza delle Costruzioni- a.a. 2022-‘23 61
Meccanica dei Solidi

- di contatto: in una porzione della frontiera sono presenti contemporaneamente informazioni sulle
forze, in direzione tangente al contorno e, sugli spostamenti in direzione normale alla stessa
porzione di frontiera. La restante parte di frontiera può presentare condizioni al contorno dei tre
tipi precedentemente descritti.

Una più completa trattazione del problema elastico richiederebbe considerazioni approfondite sugli
aspetti energetici del problema, sulla sua formulazione in termini di spostamenti o tensioni e le
dimostrazioni dei teoremi di esistenza e unicità della soluzione.
Per rendere ragionevolmente contenuta la presente esposizione rimandiamo a testi classici di Scienza
delle Costruzioni tale completamento.
Riportiamo ora in modo sintetico l’insieme dei dati, delle incognite e delle equazioni che portano alla
completa formulazione del problema elastico.

Dati: geometria
condizioni al contorno di tipo puntuale,
materiale elastico omogeneo isotropo (moduli elastici)

Incognite: spostamento, deformazione e tensione in ogni punto interno del corpo


[ 𝑢𝑖 , ε𝑖𝑗 , σ𝑖𝑗 ]

Equazioni: Equilibrio Congruenza Legame (isotropo)


1
σ𝑖𝑗,𝑗 + 𝑏𝑖 = 0 𝜀𝑖𝑗 = (𝑢𝑖,𝑗 + 𝑢𝑗,𝑖 ) σ𝑖𝑗 = 2𝜇ε𝑖𝑗 + 𝜆𝛿𝑖𝑗 (ε𝑘𝑘 )
2

σ𝑖𝑗 𝑛𝑗 = 𝑠𝑖 𝑢𝑖 = 𝑢̅𝑖 𝜇𝑒𝜆

Osserviamo che la linearità (geometrica e fisica) del problema elastico formulato consente di
introdurre la proprietà di additività delle soluzioni elastiche o principio di sovrapposizione degli
effetti. Tale proprietà consente di studiare problemi più complessi come somma di problemi più
semplici. Come rappresentato ad esempio in figura, lo stato di tensione di una piastra con condizioni
di carico biassiale (1)+(2) può essere studiato come somma di due problemi (1) e (2) ognuno dei quali
presenta condizione di carico uniassiale.

La completa formulazione del problema elastico avviene nella prima metà del 1800; dal 1836 (Green
completa le formulazione del problema in termini energetici) in poi l’interesse dei matematici è
rivolto alla caratterizzazione della buona posizione del problema elastico (esistenza, unicità, stabilità
della soluzione). Dal punto di vista applicativo, l’interesse di alcuni studiosi è rivolto all’utilizzo del
modello formulato per determinare soluzioni esplicite di “problemi reali” di rilevante interesse

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Meccanica dei Solidi

applicativo. L’obiettivo era fornire strumenti operativi di facile applicazione nelle fasi di
progettazione dei manufatti (ponti, edifici, navi, aerei,…).
In quegli anni nascono classi di soluzioni elastiche che spesso, si basano su strategie di soluzione
suggerite dall’osservazione del fenomeno fisico; alcune di esse suggeriscono inoltre, lo sviluppo di
soluzioni approssimate (più semplici da utilizzare nelle applicazioni) e permettono la definizione di
modelli elastici semplificati, quali i modelli strutturali.

Esercizio 4.1
Scrivere le condizioni al contorno per i problemi illustrati nelle figure indicando con p le forze
distribuite in modo uniforme (A e B) o il valore massimo della forza distribuita (C).

(A) (B)

(C) (D)

Esercizio 4.2
Scrivere le condizioni di interfaccia nel materiale composito rappresentato in figura (A) e le
condizioni sull’asse di simmetria del solido di figura (B).

(A) (B)

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4.2 Soluzione del problema elastico


In questa sezione illustriamo una soluzione elastica di notevole interesse applicativo che ha
rappresentato la base per la nascita e lo sviluppo della meccanica delle strutture: la soluzione del
problema di Saint Venant. Tale soluzione riveste un’importanza fondamentale nella teoria delle travi
perché consente di ottenere una soluzione approssimata ingegneristicamente accettabile in numerose
applicazioni.

Nella teoria delle strutture abbiamo introdotto il concetto di caratteristica di sollecitazione in una
generica sezione trasversale di una trave, isolata o appartenente a una travatura (analisi globale).

Per ottenere relazioni che consentano di determinare le tensioni, le deformazioni e gli spostamenti in
ogni punto della sezione trasversale (analisi locale) partendo dalla conoscenza di grandezze di tipo
integrale (caratteristica di sollecitazione), si utilizzano, con semplificazioni e approssimazioni
opportune, i risultati rigorosi forniti dalla risoluzione del problema elastico di Saint Venant.
L’estensione dei risultati ottenuti da Saint Venant consente inoltre di introdurre il modello di trave
deformabile.

4.2.1 Cenni al problema di Saint Venant


Il problema elastico di Saint Venant consiste nel determinare lo spostamento, la tensione e la
deformazione in tutti i punti di un solido elastico di forma cilindrica privo di carichi sulla superficie
laterale (mantello) e sollecitato sulle basi da condizioni di carico globali. Si assumono inoltre, forze
di volume nulle, materiale omogeneo e isotropo e sezione trasversale compatta.

Consideriamo un sistema di riferimento in modo tale che l’asse z coincida con la linea d’asse del
solido; gli assi x e y si assumono baricentrici e assi principali d’inerzia (ossia, sono nulli i momenti
statici e il momento d’inerzia centrifugo dell’intera sezione trasversale rispetto a tali assi).

Per affrontare lo studio dell’equilibrio elastico di tale solido Saint Venant introduce un metodo di
soluzione, detto semi-inverso, che si avvale come vedremo dell'assegnazione a priori di alcune
proprietà della soluzione.

In questa sezione illustreremo le ipotesi alla base della strategia di soluzione adottata da Saint Venant
e discuteremo in dettaglio la forma della soluzione. Non svolgeremo invece i passaggi matematici
che portano alla determinazione della soluzione analitica per i quali rimandiamo a testi classici di
Scienza delle Costruzioni.

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Meccanica dei Solidi

Ipotesi e congetture alla base della trattazione di Saint Venant


a) la forma del solido considerato (allungato con sezione compatta) e l'annullarsi delle componenti
di carico sul mantello laterale suscitano l'intuizione che il solido possa essere trattato come un
insieme di fibre longitudinali che esercitino azioni mutue solo nella direzione z delle fibre stesse
mentre, nelle altre direzioni, le azioni tra le fibre possono essere trascurate. Utilizzando il metodo
di soluzione semi-inverso sono quindi assunte nulle (a priori) alcune componenti della tensione in
ogni punto interno del cilindro: le tensioni normali lungo x ed y e le relative tensioni tangenziali.

 0 0  xz 
 
 ij  =  0 0  yz 
 zx  zy  zz 
 

b) la geometria del solido consente inoltre di supporre che la deformazione del cilindro dipenda
prevalentemente dalle forze e dai momenti risultanti sulle basi e non dalla ripartizione puntuale
del carico sulle basi stesse; in altri termini, si suppone che l'importanza dell’informazione puntuale
nella distribuzione del carico sulle basi tenda ad annullarsi allontanandosi dalle basi stesse. Saint
Venant espone nel modo seguente la sua congettura:

Il modo di applicazione delle forze sulle facce estreme dei prismi è indifferente agli effetti
sensibili prodotti sul resto della loro lunghezza, di sorta che si può sempre, entro sufficiente
approssimazione, sostituire le forze che sono applicate, con forze staticamente equivalenti,
ossia dotate degli stessi momenti totali e delle medesime risultanti, e distribuite secondo la
legge che è imposta dalle formule della trazione, della flessione e della torsione, affinché esse
siano perfettamente esatte.

La congettura di Saint Venant, suggerita dai risultati sperimentali, è nota come Principio di Saint
Venant o principio di equivalenza elastica.
In figura sono riportate tre diverse condizioni di carico con stessa risultante. Si definisce zona di
estinzione la zona in corrispondenza della quale lo stato tensionale non risente più in modo
sensibile della modalità con cui il carico è applicato ma dipende solo dalla risultante del carico
stesso; la zona in cui si risente della modalità di applicazione del carico è circa pari alla dimensione
della sezione trasversale. Nella figura di destra è evidenziato il reale andamento delle tensioni in
vicinanza dell’applicazione di un carico concentrato.

zona in cui lo stato tensionale


dipende dalla modalità di
applicazione locale del carico

zona in cui lo stato tensionale


dipende in buona sostanza
dalla risultante del carico

c) l’ipotesi di linearità alla base della formulazione del problema elastico permette di utilizzare la
proprietà di additività delle soluzioni (o sovrapposizione degli effetti), e quindi di procedere nella
Lezioni di Scienza delle Costruzioni- a.a. 2022-‘23 65
Meccanica dei Solidi

ricerca della soluzione del problema formulato da S.V. considerando quattro casi semplici di
modalità di applicazione dei carichi sulle basi: sforzo assiale, flessione pura o retta, flessione e
taglio, torsione.

Questa scomposizione consente, per la semplicità dei singoli casi, un’analisi approfondita della
distribuzione delle tensioni cui è sottoposto il solido cilindrico e il calcolo delle caratteristiche
meccaniche che interessano il costruttore.

Caso per caso Saint Venant associa alle ipotesi di base (a), che hanno un potente effetto di
semplificazione del problema della determinazione delle incognite, delle ipotesi aggiuntive suggerite
dalla particolare condizione di carico, allo scopo di pervenire alle soluzioni in forma esplicita. La
soluzione generale si ottiene come combinazione dei quattro casi semplici. Per i casi di estensione e
flessione pura la soluzione esplicita si presenta particolarmente semplice mentre, per i casi di flessione
e taglio e torsione la determinazione della soluzione non è molto agevole ad eccezione di forme
particolari delle sezioni trasversali.

La sezione trasversale del solido di S.V. corrisponde a una sezione ideale, perpendicolare all’asse z,
nel senso di Cauchy, quindi il vettore tensione agente su un punto generico di tale sezione ha le
seguenti componenti non nulle  xz ,  yz ,  zz . Le risultanti delle azioni interne  xz ,  yz ,  zz sulla sezione
trasversale sono invece le caratteristiche della sollecitazione, applicate al baricentro della sezione
trasversale stessa. Tali quantità sono espresse in termini delle azioni locali (tensioni) dalle seguenti
relazioni:

N =   zz dA Tx =   xz dA Ty =   yz dA
A A A

M x =   zz y dA M y = −   zz x dA
A A

M z =  ( yz x −  xz y ) dA
A

Lezioni di Scienza delle Costruzioni- a.a. 2022-‘23 66


Meccanica dei Solidi

La soluzione di Saint Venant è in grado di invertire tali relazioni, cioè conoscere le tensioni in punti
interni del solido in funzione delle caratteristiche di sollecitazioni valutate nella sezione trasversale.

La particolare forma del solido studiato (tipo trave), consente di utilizzare i risultati descritti dalle
soluzioni analitiche elementari del problema di S.V. per lo studio della trave deformabile. Le
soluzioni valgono rigorosamente sotto le ipotesi del problema di S.V. tuttavia tali risultati possono
essere estesi per costruire la teoria tecnica della trave deformabile, assumendoli
ingegneristicamente accettabili ai fini applicativi.

4.2.2 Soluzioni elementari


In questa sezione riporteremo solo gli elementi caratteristici delle quattro soluzioni esplicite ottenute
da S.V., rimandando a testi classici di Scienza delle Costruzioni la determinazione analitica delle
singole soluzioni.

Forza N 0
normale

Flessione Mx  0 (o M y  0)
retta

Flessione Tx  0 e M y  0 (o Ty  0 e Mx  0 )
e taglio

Torsione Mz  0

Consideriamo i primi due casi (i più semplici) di forza normale N e momenti flettenti Mx e My.
L’applicazione delle equazioni del problema elastico permette di ottenere la tensione normale 𝜎𝑧𝑧
variabile nella sezione trasversale con legge lineare:

 zz = a0 + a1 x + a2 y ( a0 , a1 , a2 costanti )

N My M
 zz = − x+ x y
A Jy Jx

detta formula di Navier. (per la dimostrazione si veda l’Allegato).


Lezioni di Scienza delle Costruzioni- a.a. 2022-‘23 67
Meccanica dei Solidi

I valori delle costanti sono ottenuti attraverso l’applicazione delle condizioni sulle basi e ricordando
che x e y sono assi principali d’inerzia per la sezione si lascia allo studente come esercizio la
deduzione della formula di Navier.

5. Soluzioni di Saint Venant. Stato di sforzo nelle travi.

5.1 Forza normale


Il solido è sollecitato sulle basi con forze uguali parallele all’asse del cilindro e applicate nei baricentri
delle due sezioni terminali:

N =   zz dA
A

La soluzione completa del problema elastico di S.V. fornisce lo stato di tensione, deformazione e
spostamento in funzione della caratteristica della sollecitazione N.

Tensioni
L’unica componente di tensione che insorge in ogni punto del solido per effetto della forza normale
N è la tensione normale 𝜎𝑧𝑧 che si ripartisce in modo uniforme sull’intera sezione trasversale A;
siccome i carichi sono localizzati solo sulle basi, N è costante lungo tutto l’asse del solido e la tensione
normale non dipende da z.

N
 zz =
A

La rappresentazione di Mohr, riportata in figura per questo stato di tensione, mostra che l’asse z è
direzione principale e tutte le direzioni nel piano (x, y) sono direzioni principali. Inoltre, sui piani
inclinati di 𝜋/4 rispetto all’asse del cilindro, la tensione tangenziale è massima e vale: τ = σ𝑧𝑧 /2, sui
medesimi piani agisce una tensione normale di uguale valore σ = σ𝑧𝑧 /2.

Ricordiamo che i materiali duttili si rompono di solito per taglio mentre i materiali fragili sono più
deboli a trazione. Possiamo quindi osservare che se il materiale con il quale è realizzato il solido
sottoposto a trazione è fragile, tenderà a rompersi secondo giaciture perpendicolari alla direzione
lungo la quale si ha massima tensione principale e quindi su piani perpendicolari all’asse della trave
Lezioni di Scienza delle Costruzioni- a.a. 2022-‘23 68
Meccanica dei Solidi

stessa (a); viceversa, se il materiale con il quale è realizzato il solido sottoposto a trazione è duttile
tenderà a cedere secondo giaciture rispetto alle quali il taglio è massimo (piani inclinati di 45°) (b).

Deformazioni
La scrittura delle equazioni di legame elastico e isotropo consente di ottenere le componenti del
tensore di deformazione corrispondenti al campo di tensione determinato:

N N
 zz =  yy =  xx = −
EA EA
Dalle relazioni si osserva che l’azione normale induce una dilatazione lineare nella direzione della
forza applicata e una contrazione trasversale detta effetto Poisson. Ogni fibra longitudinale si
comporta come un elemento in regime uniassiale e le sezioni traversali (i punti di ascissa z=cost)
subiscono una contrazione laterale (se N è di trazione) e una dilatazione (se N di compressione).

Spostamenti
L’integrazione delle precedenti equazioni consente di ottenere, a meno di uno spostamento rigido, le
componenti di spostamento in ogni punto interno del solido:

N N N
uz = z u y = − y u x = − x
EA EA EA
La componente longitudinale dello spostamento è solo funzione di z quindi, tutti i punti di una sezione
di ascissa z, subiscono lo stesso spostamento (assiale) lungo z, proporzionale all’ascissa z. La sezione
trasversale rimane piana durante la deformazione pur deformandosi nel piano a causa dell’effetto
Poisson.

Per il solido di lunghezza l, la variazione di lunghezza totale 𝛥𝑙 è la seguente:

𝑁𝑙
𝑢𝑧 (𝑙) = 𝛥𝑙 = .
𝐸𝐴

Estensione della soluzione di S.V. per forza normale


I risultati relativi alla soluzione di S.V. valgono rigorosamente sotto le ipotesi restrittive sulla
geometria e sui carichi del problema formulato. Tali risultati non valgono a rigore, ad esempio, nei
seguenti casi di interesse pratico:
- carichi (di volume o applicati sul mantello) longitudinali distribuiti lungo l’asse della trave;
- travi ad asse curvilineo;
- travi non omogenee o con sezione anche solo debolmente variabile.

Lezioni di Scienza delle Costruzioni- a.a. 2022-‘23 69


Meccanica dei Solidi

Tuttavia, si estende comunque la soluzione di S.V. a partire dai suoi elementi caratterizzanti
osservando che, allontanandoci di poco dalla soluzione esatta si ottengono comunque risultati
ingegneristicamente accettabili, confermati da altre soluzioni elastiche (problemi piani) e dalle prove
sperimentali.

La prima estensione consiste nel continuare a ritenere valide le relazioni trovate anche se N e A non
sono più costanti lungo l’asse z:

N ( z)
 zz ( z ) =
A( z)

in modo tale da poter determinare lo stato di tensione locale in ogni punto z della trave partendo dalla
conoscenza della caratteristica della sollecitazione corrispondente a quell’ascissa z.

La seconda estensione è quella di utilizzare i risultati del solido di S.V. riferendosi ai punti della sua
linea d’asse della trave per poter descrivere in modo efficace la deformabilità della trave piana. In
altri termini si introduce una misura di deformazione per la trave elastica.
Per fare questo si definiscono delle grandezze di tipo medio sulle sezioni capaci, dal punto di vista
deformativo, di rappresentare la risposta elastica di tutta la trave con riferimento ai punti della sua
linea d’asse.
Possiamo procedere in analogia a quanto introdotto dal punto di vista statico in cui l’azione delle
forze rappresentative delle azioni interne su una sezione trasversale è ricondotta ai punti della linea
d’asse del solido attraverso l’introduzione di grandezze di tipo integrale, le caratteristiche della
sollecitazione (CdS).
Dal punto di vista cinematico, indicando con u(z) e con  ( z ) rispettivamente la componente di
spostamento assiale e la deformazione longitudinale (media) sulla sezione trasversale, si ha:

N ( z) du ( z ) N ( z)
u( z) = z  ( z) =  ( z) =
EA dz EA
La quantità Ke=EA è detta rigidezza estensionale; essa dipende dalla natura del materiale e dall’area
della sezione trasversale. Per tener conto anche della lunghezza del solido tipo-trave, nella risposta
alle azioni del carico, è usuale definire la seguente quantità

𝐸𝐴
𝐾𝑒𝑡 =
𝑙
rigidezza estensionale della trave che rappresenta la forza necessaria per avere un allungamento
unitario in una trave di lunghezza l.

La prima equazione fornisce lo spostamento assiale della trave in termini di N(z); la seconda
equazione, detta equazione di congruenza per la trave elastica, lega la deformazione assiale media
sulla sezione trasversale (dilatazione) allo spostamento longitudinale o assiale dei punti della linea
d’asse. Le prime due scritture consentono infine di esprimere l’equazione di legame elastico per la
trave, in cui compare la rigidezza assiale EA.
Ricordando inoltre l’equazione di equilibrio a sforzo normale, ottenuta nella statica della trave, si
riportano nella tabella le equazioni della trave elastica sottoposta a sforzo assiale.
Lezioni di Scienza delle Costruzioni- a.a. 2022-‘23 70
Meccanica dei Solidi

Teoria della trave piana per azioni assiali (N)


equazione di equilibrio equazione di congruenza equazione di legame elastico

dN ( z ) du ( z ) N ( z ) = EA ( z )
+ n( z ) = 0  ( z) =
dz dz

Può essere conveniente ricavare subito (nel caso di rigidezza costante) l’equazione differenziale della
linea elastica assiale:

EAu ''( z ) + n( z ) = 0

La risoluzione di questa equazione consente di ottenere lo spostamento assiale di tutti i punti della
linea d’asse della trave e di determinare le reazioni vincolari e le caratteristiche della sollecitazione
EAu '( z ) = N ( z ) nel caso di trave iperstatica.

Lezioni di Scienza delle Costruzioni- a.a. 2022-‘23 71


Meccanica dei Solidi

Esempio 5.1.1 (spostamenti in sistemi isostatici)


Determinare lo spostamento assiale nel punto C della trave di figura.

La trave di figura è isostatica e le equazioni di equilibrio consentono di determinare la reazione


vincolare in A e il diagramma della forza normale N su tutta la barra.

N AB = P1 + P2
N BC = P2

Per calcolare lo spostamento nel punto C occorre tener conto dei diversi tratti che possono
presentare differenti rigidezze o differenti valori della forza normale. In tal caso occorre dividere
in due tratti.
Lo spostamento nel punto C è:

C = 
2
N i li N l N l
= AB AB + BC BC C =
( P1 + P2 ) l1 + P2l2
i =1 Ei Ai E AB AAB EBC ABC EA EA

in cui si è ipotizzata la rigidezza assiale EA costante nei due tratti.

Esempio 5.1.2 (spostamenti in sistemi isostatici-linea elastica)


Determinare lo spostamento assiale della trave precedente di lunghezza l, considerando l’azione di
una sola forza distribuita assiale uniforme q lungo tutta la trave.

La trave di figura è isostatica e le equazioni di equilibrio consentono di determinare la reazione


vincolare in A e il diagramma della forza normale N di tipo lineare.

N ( z ) = q (l − z )

Per determinare la funzione dello spostamento assiale utilizzo l’equazione della linea elastica
(conviene considerarla nella forma del primo ordine perché conosco già la N) e la integro
applicando la condizione al contorno in z=0 per determinare la costante d’integrazione:

EAu ' = N ( z ) = q ( l − z )
1 1  1 2 
EAu = − qz 2 + qlz + c1 u( z) = q  − z + lz 
2 EA  2 
u (0) = 0 → c1 = 0

La funzione spostamento è di tipo parabolico.

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Esempio 5.1.3 (sistemi iperstatici-linea elastica)


Trovare le reazioni vincolari nella barra di figura in cui si assegna un cedimento assiale nel punto
B.

Utilizziamo l’equazione della linea elastica nella forma:

EAu '' = 0

EAu ' = c1 u= z
l
EAu = c1 z + c2
EA EA
EA N=  (trazione) Ha = Hb = 
c.c.: u (0) = 0 u (l ) =  → c1 =  c2 = 0 l l
l

Esempio 5.1.4 (barre in parallelo)


Consideriamo una barra di sezione circolare piena realizzata in ottone posta all’interno di un tubo
in acciaio, entrambi collegati a due flange terminali. Si tratta di due barre che lavorano in parallelo
per la presenza delle flange che rendono solidale il sistema (stessi spostamenti agli estremi).

Dati:

Aa=471 mm2 Ea = 200 GPa a = 11.7 10-6 (°C)-1


Ao=452 mm2 Eo = 105 GPa o = 20.9 10-6 (°C)-1
P= 80 kN
T = 120 C

Note le dimensioni geometriche e le proprietà elastiche dei due materiali si vuole studiare la
risposta elastica di questo sistema (tensioni e deformazioni che si sviluppano nelle due barre) nel
caso in cui siano presenti:
1) variazioni termiche uniformi
2) forze assiali agenti sulle flange

Soluzione

1) Una variazione termica induce uno stato di tensione che si distribuisce in modo differente nei
due elementi che lo compongono. Il sistema è iperstatico, le sole equazioni di equilibrio non
consentono di determinare come si distribuisce lo stato di sollecitazione nelle due barre.

Supponiamo ora di operare una sconnessione in corrispondenza di una flangia in modo tale da
separare i due elementi che compongono la barra. L’aumento di temperatura provoca nelle due
parti che costituiscono il sistema, se considerate isolate, deformazioni proporzionali al
rispettivo coefficiente di dilatazione termica:

 o =  o T = 2.5 10-3
 a =  a T = 1.4 10-3

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Meccanica dei Solidi

Notiamo che la barra interna in ottone si allungherebbe di più rispetto al tubo in acciaio se fosse
libera di deformarsi.

Nel sistema effettivo (barre solidali) nascono delle azioni interne (CdS) tra i due elementi
trasmesse attraverso le flange. Le risultanti di tali azioni sono di trazione Na nel tubo di acciaio
e di compressione No nel nucleo interno in ottone. Tali azioni sono in grado di ripristinare la
congruenza (spostamenti uguali all’estremità della barra).

L’equilibrio impone che le azioni interne risultanti trasmesse tra i due elementi (attraverso le
flange) siano d’intensità uguale tra loro (non sono presenti altri quantità statiche sul sistema):

No = N a = N equilibrio

La congruenza richiede che lo spostamento relativo tra la barra in ottone e il tubo in acciaio sia
nullo a causa della presenza delle flange all’estremità della barra stessa:

o = a congruenza

Calcoliamo ora tali spostamenti considerando l’azione termica e l’azione interna assiale che i
due elementi esercitano uno sull’altro.

Lo spostamento della barra in ottone ha due contributi: lo spostamento dovuto alla dilatazione
termica se la barra fosse libera) e lo spostamento dovuto all’azione di compressione del tubo in
acciaio che impedisce la libera deformazione (quindi di segno opposto al primo contributo);
nell’acciaio i due contributi dello spostamento si valutano in modo analogo ma hanno lo stesso
segno.
NL
 o =  o T L −
Eo A o
NL
 a =  a T L +
Ea A a

da cui
o = a → N=
( 0 −  a ) T N = 35 MPa
1 1
+
Eo A0 Ea Aa

Le tensioni, di compressione nella barra in ottone e di trazione nel tubo in acciaio, e la


deformazione sono:

N
o = = −77 MPa
Ao  o =  a = 1.77 10−3
N
a = = 74 MPa
Aa

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Meccanica dei Solidi

2) Consideriamo ora l’azione di due forze agenti sulle flange.

Se opero una sconnessione ideale in corrispondenza di una flangia, per l’equilibrio si ha:

No + Na = P equilibrio

La congruenza nel sistema effettivo richiede che gli allungamenti dei due elementi siano
uguali (equivalente a dire spostamento relativo nullo), per cui

o = a congruenza

e quindi

No L N L Eo Ao
= a No = Na
Eo A o Ea A a Ea Aa

Risolvendo il sistema:

No + Na = P
Eo Ao
No = Na
Ea Aa

otteniamo le azioni normali, le tensioni (tutte e due di trazione) e le deformazioni:

N o = 26.8 kN  o = 59.3 kN
 o =  a = 0.56 10−3
N a = 53.2 kN  a = 112.9 kN

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5.2 Flessione retta (o flessione semplice)


Il solido è sollecitato sulle basi dall’azione di due coppie flettenti agenti in un piano contenente una
direzione principale d’inerzia della sezione; esse hanno uguale modulo ma segno opposto e il vettore
momento, ad esempio secondo la direzione dell’asse x, ha la seguente espressione

M x =   zz y dA
A

Il suo valore si mantiene inalterato in ogni sezione trasversale del solido perché sollecitato solo a
momento sulle basi. In figura è riportato anche il momento flettente M y che, come coppia, agisce
invece in un piano (x, z).

Tensioni
La soluzione mostra che l’unica componente di tensione diversa da zero è la componente normale
𝜎𝑧𝑧 che varia proporzionalmente alla distanza dall’asse momento:

Mx
 zz = y
Jx

Nella soluzione compare il momento d’inerzia della sezione trasversale rispetto all’asse baricentrico
x (per momento flettente in direzione x). In modo analogo, per vettore momento in direzione y,
compare il momento d’inerzia della sezione trasversale rispetto all’asse baricentrico y.
Queste quantità mettono in evidenza la dipendenza dello stato tensionale non solo dalle dimensioni
della sezione trasversale (come l’area nello sforzo assiale), ma anche dalla forma della sezione
trasversale.

Il luogo dei punti in corrispondenza dei quali si annulla la tensione normale, è detto asse neutro n.
L’asse baricentrico, ortogonale all’asse momento è detto asse di sollecitazione s. Nella flessione retta,
asse neutro e asse di sollecitazione sono mutuamente ortogonali.

L’andamento lineare delle tensioni comporta che i valori massimi e minimi si ritrovino nelle zone più
distanti dall’asse neutro. Dal punto di vista applicativo la valutazione dei valori massimi e minimi
riveste una notevole importanza per le verifiche strutturali, per cui è opportuno introdurre il concetto
di modulo di resistenza Wx i cui valori, nel caso di sollecitazione nel piano (y, z), sono dati dalle
seguenti relazioni:
Jx Jx
Wx1 = Wx 2 =
h1 h2
Mx M Mx M
Quindi  zz max = h1 = x  zz min = − h2 = − x
Jx Wx1 Jx Wx 2

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Meccanica dei Solidi

Se la sezione è simmetrica rispetto all’asse x, tali valori risultano uguali a meno del segno, in caso
contrario le tensioni in modulo più elevate si hanno nei punti più distanti dall’asse neutro.

Osserviamo che all’aumentare del modulo di resistenza le tensioni diminuiscono quindi, le sezioni di
miglior resistenza a flessione sono quelle che hanno moduli di resistenza grandi e, per avere moduli
di resistenza grandi le sezioni devono avere “l’area il più lontano possibile dall’asse neutro”. Sono
quindi ottime a flessione le sezioni a doppio T, mentre sono pessime le sezioni a croce. D’altra parte,
essendo lineare l’andamento delle tensioni, il contributo più significativo nell’opporsi al momento
flettente, è fornito dalle fibre più distanti dall’asse neutro, mentre quelle più vicine danno un
contributo marginale; “il materiale deve quindi essere concentrato laddove le tensioni sono massime”.
Utilizzando la stessa quantità di materiale in maniera accorta si riesce così a incrementare la resistenza
a flessione della sezione trasversale.

Deformazioni
La scrittura delle equazioni di legame elastico e isotropo fornisce le componenti del tensore di
deformazione:

Mx
 zz = y  xx =  yy = − zz
EJ x

Le fibre longitudinali subiscono quindi un allungamento e accorciamento come se ogni fibra fosse
sottoposta a un regime uniassiale (teso o compresso in funzione della coordinata y). La contrazione
trasversale di ogni fibra non è contrastata dalle fibre adiacenti; tuttavia, per effetto della contrazione
trasversale la sezione si deforma anche nel suo piano (vedi figura).

Spostamenti
L’integrazione delle precedenti equazioni consente di ottenere il campo di spostamento a meno di
uno spostamento rigido:

 z − ( x 2 − y 2 ) 
Mx 1 Mx 2 Mx
uz = yz uy = − u x = − xy
EJ x 2 EJ x   EJ x

Osserviamo che lo spostamento in direzione z è lineare in y; questo significa che durante la


deformazione tutte le sezioni trasversali rimangono piane; in altri termini, ruotano intorno all’asse x
e si spostano lungo l’asse y mantenendosi nel piano (y, z).
Il caso di flessione retta nel piano (y,z) può essere esteso al caso di momento solo in direzione y
portando alla flessione retta nel piano (x,z) e alle seguenti relazioni

My My
M y = −   zz x dA  zz = − x  zz = − x  xx =  yy = − zz
A Jy EJ y

 z + ( x 2 − y 2 ) .
My My 1 My 2
uz = − xz uy = xy ux =
EJ y EJ y 2 EJ y  

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Meccanica dei Solidi

Estensione della soluzione di S.V. per flessione retta


Il caso di travi soggette a momento costante, come quello ora analizzato, è molto particolare poiché
in generale l’effetto flettente varia lungo la trave. In tal caso il problema della flessione dovrebbe
essere affrontato congiuntamente a quello del taglio che, essendo la derivata del momento, è
inevitabilmente presente (vedi equazioni indefinite di equilibrio per la trave). Alcune considerazioni
e ipotesi semplificative consentono tuttavia di affrontare separatamente i due problemi (flessione e
taglio).
La prima considerazione riguarda l’azione della sollecitazione di taglio su una sezione trasversale;
vedremo nel paragrafo successivo che tale sollecitazione dà luogo ad azioni interne di tipo solo
tangenziale (radente sulla sezione trasversale) mentre gli sforzi normali sono dovuti alla sola azione
del momento flettente. Per questo motivo i risultati della soluzione per flessione ottenuti possono
essere estesi, come per il caso di forza normale, ritenendo valide le relazioni trovate anche se il
momento flettente non è più costante lungo l’asse z:

Mx ( z)
 zz ( y, z ) = y
Jx

Più delicato è invece l’aspetto deformativo, in quanto gli spostamenti dipendono sia dalle
deformazioni flessionali sia da quelle taglianti. L’esperienza, tuttavia, suggerisce che queste ultime
abbiano un ruolo marginale nel caso di travi anche moderatamente snelle per cui, nella maggior parte
delle applicazioni le deformazioni dovute al taglio vengono trascurate. Nella meccanica delle
strutture si parla in tal modo di teoria della trave di Eulero Bernoulli.

Estendiamo quindi i risultati della soluzione di S.V. per tener conto dell’effetto deformativo dovuto
all’azione del momento flettente e individuiamo una misura di deformazione corrispondente, in grado
di cogliere la risposta dell’intero solido con riferimento ai punti della sua linea d’asse. In particolare,
la soluzione per flessione, ottenuta per momento costante, nei punti della linea d’asse del solido ha
la forma:

1 Mx 2
uz ( 0, 0, z ) = u x ( 0, 0, z ) = 0 u y ( 0, 0, z ) = v( z ) = − z
2 EJ x

dove indichiamo ora con v(z) lo spostamento trasversale dei punti della linea d’asse.

Tale linea d’asse si deforma nella parabola di equazione:

1 Mx 2
v( z) = − z
2 EJ x

rimanendo nel piano (G; y, z) detto piano di flessione (piano a cui appartiene la linea d’asse
deformata). L’intersezione del piano di flessione con la sezione trasversale, individua l’asse di
flessione (y).

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Meccanica dei Solidi

Il piano della sezione trasversale compie in media una traslazione lungo l’asse y (pari allo
spostamento del proprio punto sull’asse) e una rotazione, il cui valore si ottiene derivando la funzione
che descrive lo spostamento della linea d’asse della trave e, poiché siamo in ipotesi di piccoli
spostamenti, si ha:

d  1 Mx 2  Mx
tan  ( z )   ( z ) = −v ' ( z ) =  z = z
dz  2 EJ x  EJ x

Tale rotazione  ( z ) intorno all’asse x è positiva se antioraria. Se deriviamo nuovamente otteniamo:

d ( z ) Mx
= −v '' ( z ) =
dz EJ x

Il primo termine nell’ipotesi di piccoli spostamenti, è una curvatura:

d ( z ) 1 Mx
= = x x =
dz R EJ x

detta curvatura flessionale  x o curvatura principale, costante in ogni punto della trave. Dalla forma
della soluzione osserviamo che due sezioni (z, z+dz), che delimitano un concio di trave infinitesimo
dz, rimanendo piane durante la deformazione si incontrano idealmente in un punto C, detto centro di
curvatura; il concio si incurva e l’asse della porzione di solido, inizialmente rettilineo dz, diventa un
arco di circonferenza ds di raggio R e ampiezza d (vedi figura).

L’ipotesi di piccoli spostamenti consente di esprimere la curvatura della linea d’asse deformata
1 Mx 2
approssimando, in ogni punto della linea d’asse deformata, la parabola di equazione v ( z ) = − z
2 EJ x
con il corrispondente cerchio osculatore di raggio R tangente alla parabola nel punto di ascissa z.

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Meccanica dei Solidi

1
In questo modo la quantità =  x diventa una misura di deformazione locale (riferita al concio
R
infinitesimo) e associata al valore del momento flettente in quel punto. I termini

EJ x
K f ( x ) = EJ x K Tf ( x ) =
l

sono detti rigidezza flessionale e rigidezza flessionale della trave di lunghezza l.

La sezione trasversale subisce anche una deformazione nel piano (G; x, y); infatti, se consideriamo le
componenti di spostamento dei punti di coordinate (x,0,0) osserviamo che l’asse neutro si deforma
secondo una curva parabolica. Possiamo quindi definire una curvatura trasversale  yT (come
conseguenza del solo momento Mx) in tal modo (vedi figura):

 Mx  2 Mx
v = v x  y T = −v = −v x
 2 EJ x  EJ x

Tale curvatura è minore e di segno opposto, rispetto alla curvatura principale. Nella teoria tecnica
della trave inflessa tale curvatura trasversale viene trascurata.

Dal punto di vista cinematico, avendo indicato con v(z) e con  ( z ) rispettivamente, la componente
di spostamento trasversale dei punti della linea d’asse della trave e la rotazione della sezione
trasversale rispetto alla configurazione indeformata, possiamo generalizzare le equazioni ottenute
(anche per momento flettente variabile in z) nella forma:

1 M ( z) 2 d ( z ) M ( z)
v( z ) = − z = =
2 EJ dz EJ

omettendo per brevità i pedici poiché estendiamo i risultati al caso di trave piana.
La prima equazione lega lo spostamento trasversale dei punti della linea d’asse della trave alla
sollecitazione di flessione; la seconda equazione, detta equazione di congruenza per la trave elastica,
lega la curvatura (misura di deformazione associata alla flessione retta) alla rotazione  ( z ) della
sezione trasversale rispetto alla configurazione indeformata. La terza equazione mette in relazione la
curvatura alla sollecitazione di momento flettente ed è quindi detta equazione di legame elastico per
la trave inflessa.

Ricordando inoltre le equazioni di equilibrio a flessione e taglio ottenute nella statica della trave, si
riportano nella tabella le equazioni della trave elastica sottoposta ad azioni flessionali, generalizzando
con la presenza del taglio ai soli fini statici ma non deformativi (come si vedrà più avanti).

Lezioni di Scienza delle Costruzioni- a.a. 2022-‘23 80


Meccanica dei Solidi

Teoria della trave piana a flessione (Eulero-Bernoulli)


equazioni di equilibrio equazione di congruenza equazione di legame elastico

dT ( z )
+ p( z ) = 0
dz d ( z ) d 2v ( z )
dM ( z )
 ( z) = =− M ( z ) = EJ  ( z )
+ m( z ) = T ( z ) dz dz 2
dz

Può essere conveniente ricavare (nel caso di rigidezza costante) l’equazione differenziale della linea
elastica flessionale, considerando le equazioni di legame e di congruenza:

EJv ''( z ) = − M ( z )

La risoluzione di questa equazione consente di ottenere lo spostamento trasversale di tutti i punti


della linea d’asse della trave e la rotazione della sezione trasversale:  ( z ) = −v '( z ) .
Inoltre, se scriviamo le equazioni di equilibrio in termini di spostamento:

EJv '''( z ) = −T ( z )
EJv ''''( z ) = p ( z )

In cui abbiamo assunto per semplicità m(z)=0 per ottenere l’equazione differenziale del quarto ordine,
utile nelle applicazioni per la risoluzione di sistemi iperstatici.

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Meccanica dei Solidi

Esempio 5.2.1 (spostamenti in sistemi isostatici-linea elastica)


Determinare l’equazione della linea elastica della trave di figura di rigidezza flessionale costante.
Calcolare lo spostamento massimo (freccia), la rotazione nei punti A e B e tracciare la deformata
qualitativa.

Soluzione
La trave è isostatica per cui calcolo l’espressione del momento M(z) e utilizzo l’equazione della
linea elastica del secondo ordine.

q 2 ql
EJv ''( z ) = − M ( z ) = z − z
2 2 c.c.: v(0) = 0 v(l ) = 0
3 2
q z ql z
EJv '( z ) = − + c1 1 3
2 3 2 2 c2 = 0 c1 = ql
24
q z 4 ql z 3
EJv( z ) = − + c1 z + c2
2 12 2 6

da cui
q  z 4 lz 3 l 3 z 
v( z ) =  − + 
EJ  24 12 24 
 l  5 ql
4
1 ql 3 1 ql 3
v  =  ( 0 ) = − v '( z ) z =0 = −  ( l ) = − v '( z ) z =l =
 2  384 EJ 24 EJ 24 EJ

La rotazione in z=0 è oraria (negativa) mentre in z=l è antioraria (positiva).

Diagramma del momento M


q ql
M ( z ) = − EJv ''( z ) = − z 2 + z
2 2

Equazione della linea elastica


q  z 4 lz 3 l 3 z 
v( z ) =  − + 
EJ  24 12 24 
Deformata qualitativa

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Meccanica dei Solidi

Esempio 5.2.2 (sistemi iperstatici-linea elastica)


Data la trave di figura trovare le reazioni vincolari, i diagrammi delle caratteristiche di
sollecitazione e la deformata qualitativa.

Soluzione
La trave è iperstatica e per risolverla posso utilizzare l’equazione della linea elastica del quarto
ordine:

EJv ''''( z ) = q
EJv '''( z ) = qz + c1
qz 2
EJv ''( z ) = + c1 z + c2
2
qz 3 z2
EJv '( z ) = + c1 + c2 z + c3
6 2
4
qz z3 z2
EJv( z ) = + c1 + c2 + c3 z + c4
24 6 2
𝑐. 𝑐. : 𝑣(0) = 0 𝑣(𝑙) = 0
𝜑(0) = −𝑣 ′ (0) = 0 𝜑(𝑙) = −𝑣 ′ (𝑙) = 0
𝑞𝑙 𝑞𝑙 2
𝑐3 = 0 𝑐4 = 0 𝑐1 = − 𝑐2 =
2 12
da cui
q  z 4 lz 3 l 2 z 2 
v( z ) =  − + 
EJ  24 12 24 
ql q ql ql 2
T ( z ) = − EJv '''( z ) = −qz + M ( z ) = − EJv ''( z ) = − z 2 + z −
2 2 2 12
ql ql 2
VA = T (0) = M A = M (0) = −
2 12
ql ql 2
VB = T (l ) = − M B = M (l ) = −
2 12

Diagramma del momento M

Equazione della linea elastica


q  z 4 lz 3 l 2 z 2 
v( z ) =  − + 
EJ  24 12 24 
Deformata qualitativa

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Esempio 5.2.3 (efficienza flessionale della forma della sezione trasversale)


Sia data la trave di figura. Determinare il valore delle tensioni normali nella sezione maggiormente
sollecitata assumendo la sezione trasversale di figura. Si confronti la risposta flessionale con quella
di una sezione rettangolare di uguale area.

Dati :
Q = 200 kN E = 200 GPa
l = 1.2 m h = 200 mm b = 20 mm

Soluzione
La trave di figura è isostatica e ha momento massimo costante nel tratto tra i due appoggi: M=Ql/2.
Calcolo il momento d’inerzia della sezione a I

Jx =
1
12
( h(h + 2b)3 − (h − b)h3 ) = 110.4 106 mm4
Per y=h/2+b ho la tensione di trazione sul lembo superiore e per y=-(h/2+b) di compressione
sul lembo inferiore:

 zz max = 130.4 MPa  zz min = −130.4 MPa

Nel caso di sezione rettangolare avente stessa area e altezza H=h+2b (e quindi base B=3hb/(h+2b)
) si ha:

 zz max I = 130.4 MPa  zz max = 250.0 MPa

La miglior efficienza flessionale è fornita dalla sezione a I perché, a parità di altezza, presenta
momento d’inerzia maggiore rispetto a quello della sezione rettangolare ( J x = 57.6 106 mm 4 ).

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Meccanica dei Solidi

Combinazione di casi elementari: la soluzione di Navier


I precedenti casi elementari possono essere combinati in modo tale da fornire la seguente espressione:
N M M
 zz = + x y − y x
A Jx Jy
nota come equazione di Navier.
Il caso in cui sulla sezione trasversale sono presenti sia azione normale che flessione retta è detto
presso o tensoflessione; nel caso in cui è presente un vettore momento inclinato rispetto alla direzione
degli assi principali d’inerzia si ha il caso di flessione deviata o composta.

In base alle precedenti relazioni è possibile mettere in evidenza le peculiarità di alcuni stati di
sollecitazione combinati.

Presso-tenso flessione (retta)


In questo caso la presenza di un momento nel piano (G; y,z) e di una forza normale N, fornisce

N Mx
 zz = + y
A Jx

L’equazione dell’asse neutro è una retta parallela all’asse x che può tagliare o meno la sezione
trasversale; quindi la sezione trasversale può essere in parte in compressione e in parte in trazione (a)
o tutta in trazione (b) o compressione.

(a) (b)

Sforzo normale eccentrico


Questo caso può anche essere riguardato come il caso di una forza N parallela all’asse della trave, ma
applicata a una distanza e dal baricentro della sezione stessa, tale distanza è detta eccentricità. Se il
punto di applicazione appartiene a uno dei due assi principali d’inerzia, la sezione è presso o tenso
inflessa (c). Nel caso più generale la sezione presenta il caso di flessione nei due piani e forza normale,
come in figura (d).

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(c) (d)

Flessione composta o deviata


In questo caso l’equazione di Navier assume la forma:

Mx M
 zz = y− y x
Jx Jy

Nelle figure è possibile visualizzare le posizioni dell’asse di sollecitazione, di flessione e dell’asse


neutro, nel caso di flessione deviata. Asse neutro e asse di flessione sono sempre perpendicolari tra
loro.

Mx Mx M M y Jx
tg = y− y x=0→ tg  =
My Jx Jy Mx Jy

x M y Jx Mx Jy
 =  x2 +  y2 = tg = −
y Mx Jy M y Jx

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Esempio 5.2.5 (pressoflessione-eccentricità)


La barra di figura incastrata alla base è soggetta al solo peso proprio; si determini l’angolo di
inclinazione ϑ in modo tale che la tensione nell’incastro in A sia tutta di compressione. Si consideri
una sezione circolare di 30 mm di diametro e una massa della barra di 5kg/m.

Soluzione
La barra è soggetta all’azione di un carico risultante P. Le
reazioni vincolari in A sono ottenute attraverso le equazioni
di equilibrio e le caratteristiche di sollecitazione sono:

N A = −5(2)(9.81) cos  = −98.1cos  (compressione)


TA = 5(2)(9.81) sin 
M A = −5(2)(9.81) sin  (1) = −98.1sin  (negativo)

L’area e il momento d’inerzia della sezione trasversale sono:


A=
4
( 0.03 ) m
2 2
= 0.225 (10−3 ) m 2


Jx =
4
( 0.015 ) m
4 4
= 12.65 (10−9 ) m 4

La tensione normale nell’incastro ha il seguente andamento:

N Mx 98.1cos  98.1sin 
 zz = + y=− − y
A Jx 0.225 (10 ) 12.656 (10−9 )
−3

Il valore dell’angolo in corrispondenza del quale la tensione nel punto A(0,-015) risulta nulla (e
quindi la sezione è tutta compressa) si ottiene ponendo:

98.1cos  98.1sin 
A = − − ( −0.015) = 0 →  = 0.21
0.225 (10 ) 12.656 (10−9 )
−3

Esempio 5.2.6 (flessione composta)


La sezione trasversale di figura è soggetta all’azione di un momento flettente M = 3500 Nm
come rappresentato in figura. Determinare la massima tensione e la posizione dell’asse neutro.

Calcoliamo le componenti del vettore momento e i


momenti d’inerzia della sezione.

M x = ( −3500 N m ) cos(30) = −3031.09 N m


M y = ( −3500 N m ) sin(30) = −1750 N m

( 0.15) (0.33 ) = 0.3375 (10−3 ) m 4


1
Jx =
12
J y = ( 0.3) (0.153 ) = 84.375 (10 −6 ) m 4
1
12

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La tensione normale nella sezione ha la forma:

Mx My −3031.09 N m 1750 N m
 zz = y− x= y+ x
Jx Jy 0.3375 (10 ) m
−3 4
84.375 (10−6 ) m 4

Siccome l’andamento della tensione è lineare in x e y, calcoliamo i valori della tensione nei punti
più lontani dal baricentro della sezione trasversale:

Mx My −3031.09 N m 1750 N m
A ( 0.075, −0.15 ) A = y− x= ( −0.15 m ) + ( 0.075 m ) = 2.90 MPa
Jx Jy 0.3375 (10−3 ) m 4 84.375 (10−6 ) m 4
Mx My −3031.09 N m 1750 N m
B ( −0.075, 0.15 ) B = y− x= ( 0.15 m ) + ( −0.075 m ) = −2.90 MPa
Jx Jy 0.3375 (10−3 ) m 4 84.375 (10 −6 ) m 4
Mx M −3031.09 N m 1750 N m
C ( −0.075, −0.15 ) C = y− y x= ( −0.15 m ) + ( −0.075 m ) = −0.2084 MPa
Jx Jy 0.3375 (10−3 ) m 4 84.375 (10−6 ) m 4
Mx My −3031.09 N m 1750 N m
D ( 0.075, 0.15 ) D = y− x= ( 0.15 m ) + ( 0.075 m ) = 0.2084 MPa
Jx Jy 0.3375 (10 ) m
−3 4
84.375 (10 −6 ) m 4

Il valore in modulo più elevato della tensione si ha nei punti A (compressione) e B (trazione).
La posizione dell’asse neutro è individuata ponendo:

−3031.09 N m 1750 N m
 zz = y+ x=0 → y = 2.31x equazione dell ' asse neutro
0.3375 (10 ) m
−3 4
84.375 (10−6 ) m 4
y 180
tan  = = 2.31 → = arctan ( 2.31) = 66.59
x 

L’asse di flessione è perpendicolare all’asse neutro.

Lezioni di Scienza delle Costruzioni- a.a. 2022-‘23 89


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5.3 Flessione e taglio


La trattazione rigorosa della soluzione di flessione e taglio fornita dal problema di Saint Venant è
molto complessa e di solito non trattata nei testi classici di Scienza delle Costruzioni.
Il motivo è dovuto al fatto che il taglio è sempre accompagnato dall’azione di un momento flettente
per l’equilibrio nella trave; in altri termini, nelle travi si può avere taglio senza momento solo in
alcune sezioni trasversali (a) invece, è possibile avere travi o tratti di travatura con presenza di solo
momento flettente senza taglio (b).

(a) (b)

Questo è la ragione per cui si studia il problema di flessione e taglio e non semplicemente il problema
del taglio: i due stati di sollecitazione non possono essere disaccoppiati.

La soluzione esplicita di Saint Venant per flessione e taglio si conosce per alcune sezioni di forma
particolare e i suoi elementi caratteristici hanno permesso di formulare soluzioni approssimate,
ottenute attraverso trattazioni che usualmente verificano rigorosamente solo l’equilibrio. Tuttavia,
tali soluzioni forniscono approssimazioni del tutto adeguate ai fini applicativi.

Nella pratica l’azione dovuta al taglio si studia ricorrendo a una soluzione approssimata dovuta a
Jourawski (1856), denominata teoria approssimata del taglio.

La soluzione di S.V. per flessione e taglio dimostra che in alcune sezioni di forma assegnata, come
ad esempio la sezione rettangolare soggetta all’azione di un taglio Ty, la sollecitazione provoca
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l’insorgere di un regime tensionale nel piano della sezione trasversale, come rappresentato ad
esempio in figura, che assume valore più basso rispetto al valore della tensione di tipo normale
dovuto alla presenza concomitante del momento flettente.

Inoltre, la componente della tensione tangenziale più significativa è quella lungo la direzione del
taglio stesso lungo le corde parallele all’asse x e ha un andamento di tipo parabolico che presenta il
valore massimo sulle fibre esterne. Tale andamento parabolico è massimo in corrispondenza dell’asse
baricentrico e nullo in corrispondenza delle fibre superiori e inferiori della trave.

Queste considerazioni sulla forma della soluzione hanno portato alla plausibile ipotesi di calcolare
con ragionevole accuratezza il valor medio della tensione tangenziale lungo la corda generica
parallela all’asse x, dovuto all’azione di un taglio Ty (diretto quindi secondo una direzione principale
d’inerzia).

Tali ipotesi consente di formulare una teoria che, assumendo valore costante della tensione
tangenziale lungo la corda, fornisce l’andamento qualitativo e quantitativo delle tensioni tangenziali
in funzione delle sollecitazioni di taglio applicate sulla sezione definite dalle

Ty =   zy dA o Tx =   zx dA
A A

Prima di esporre la teoria, ricordiamo che l’espressione che consente di “invertire” tali relazioni, è
ottenuta ricorrendo a semplici considerazioni di equilibrio (assunzione frequente nella formulazione
di teorie approssimate).

Teoria approssimata del taglio di Jourawsky (1845)


Consideriamo una sezione generica di una trave prismatica soggetta taglio Ty e per l’equilibrio
soggetta anche a momento flettente Mx. Per semplicità supponiamo che la sezione sia simmetrica
rispetto all’asse y anche se il risultato che troveremo può essere generalizzato per sezioni non
simmetriche.
Prendiamo in esame una corda parallela all’asse x di lunghezza b e isoliamo un tratto infinitesimo
di trave dz compreso tra due sezioni trasversali e sotteso dalla corda come in figura.

Lezioni di Scienza delle Costruzioni- a.a. 2022-‘23 91


Meccanica dei Solidi

Sulle due sezioni trasversali, a distanza z e z+dz, è presente uno stato di tensione normale, come
conseguenza del momento flettente applicato (vedi Navier), che varia in modo lineare nello spessore
della sezione trasversale. Più precisamente

Mx ( z) M x ( z + dz )
 zz ( z ) = y  zz ( z + dz ) =  zz +  zz , z dz = y
Jx Jx

Introduciamo adesso il valor medio della tensione tangenziale lungo la corda b:


b

1 2
 yz =   yz dx
b b

2

Imponiamo ora l’equilibrio alla traslazione, lungo l’asse z, del tratto infinitesimo dz sotteso dalla
corda b:

Mx ( z) M x ( z + dz )
−   zz ( z ) dA +   zz ( z + dz ) dA −  yz bdz = −  ydA +  ydA −  yz bdz = 0
A' A'
Jx A'
Jx A'

da cui

M x ( z + dz ) − M x ( z ) 1
dz Jx  ydA − 
A'
yz b=0

In assenza di coppie distribuite, ricordiamo la seconda equazione di equilibrio per la trave piana:

dM x
= Ty
dz
e otteniamo
Ty
Jx A'
 ydA −  yz b=0

Infine, la relazione

Ty S x '
 yz = con S x ' =  ydA
J xb A'

esprime il valor medio delle tensioni tangenziali lungo una generica corda b(y) in cui la quantità
S x ' ( y ) rappresenta il momento statico, rispetto all’asse x, della porzione di area sottostante la corda.
L’approssimazione introdotta fornisce il valor medio della tensione tangenziale lungo la corda al
variare dello spessore della sezione stessa. Si può ritenere ragionevole ai fini applicativi identificare
le tensioni effettive con il loro valore medio, assunzione che equivale ad assumere costante
l’andamento delle tensioni tangenziali lungo la corda stessa. Tale approssimazione risulta
ingegneristicamente accettabile per piccoli b/h (ad esempio, se confrontiamo la soluzione

Lezioni di Scienza delle Costruzioni- a.a. 2022-‘23 92


Meccanica dei Solidi

approssimata con quella ottenuta da S.V. per sezioni rettangolari, si ha un errore del 12% per sezioni
quadrate e inferiore all’1% per b/h<0.25). In altri termini, per sezioni poco compatte la soluzione
ottenuta con la formula approssimata è inferiore rispetto alla tensione ottenuta da S.V. nel suo valore
di picco, ossia nelle fibre adiacenti al bordo in corrispondenza della corda baricentrica.

Si osservi che, per sezione rettangolare, la corda b è costante e quindi la tensione tangenziale varia in
y in funzione del momento statico Sx’ con un andamento di tipo parabolico. Se la sezione presenta
variazione della corda nello spessore (come nelle sezioni a I o T), in corrispondenza di tale variazione
la formula fornisce un “salto” nelle tensioni tangenziali (vedi figure).

Sezione a I

Sezione a T

La valutazione approssimata delle tensioni tangenziali nella direzione x, per effetto di un taglio Ty ,
può essere ricavata in modo analogo alla trattazione precedente, portando alla seguente espressione:
Lezioni di Scienza delle Costruzioni- a.a. 2022-‘23 93
Meccanica dei Solidi

in cui: a(x) è una corda parallela all’asse y e S x* (x) è il momento statico rispetto all’asse x, della
porzione di area limitata dalla corda a. In genere la loro entità è modesta rispetto alle tensioni
tangenziali nella direzione del taglio (vedi esempio).

Se consideriamo la sezione rettangolare, il valor medio delle tensioni tangenziali in direzione x,


dovute a taglio in direzione y, è nullo perché il momento statico rispetto all’asse x di una porzione di
area delimitata dalla corda parallela all’asse y di altezza H è nullo.

Nella sezione a I di figura la tensione tangenziale lungo x sulle ali ha un andamento di tipo lineare;
scegliendo infatti una coordinata  = ( B / 2 − x) con origine nel punto di coordinate (-B/2,-(H-h)/2)
abbiamo:

Ty H − h Ty H − h
 xz = h = 
J xh 2 Jx 2

La linearità è legata al fatto che la linea media dell’ala è parallela all’asse x e quindi, spostando la
corda h, aumenta solo l’area e non la distanza tra il baricentro della porzione di area e l’asse x. Il
valore massimo si ottiene quindi in corrispondenza dell’attacco tra anima e ala. Anche nel caso di
sezione a T e sezione a C si ottiene lo stesso andamento qualitativo di tipo lineare sulle ali.

Esempio 5.3.1
Data la sezione di figura soggetta a un taglio di 15 kN, determinare
il valore medio della tensione tangenziale nei punti A e B. Si calcoli
anche il valore massimo della tensione tangenziale in corrispondenza
della connessione ala-anima.

Soluzione
Per trovare la posizione del baricentro yG dell’intera sezione,
considero un asse parallelo x’ alla base della sezione con origine
sull’asse di simmetria.
Calcolo la quota del baricentro dividendo la sezione, ad esempio, in
tre rettangoli (2 ali di aree A1-inferiore e A3-superiore) e l’anima di
area A2), da cui:
3 3

S ix ' Ay i iG
A1 y1G + A2 y2G + A3 y3G
yG = i =1
= i =1
= =
3 3
A1 + A2 + A3
Ai =1
i A i =1
i

=
( 0.125)( 0.03)( 0.015) + ( 0.025)( 0.25)( 0.155) + ( 0.2 )( 0.03)( 0.295) = 0.1747 m
( 0.125)( 0.03) + ( 0.025)( 0.25) + ( 0.2 )( 0.03)

Per trovare il valore della tensione tangenziale utilizzo la seguente relazione:

Ty S x '
 yz = con S x ' =  ydA
J xb A'

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Meccanica dei Solidi

Calcolo il momento d’inerzia dell’intera sezione rispetto all’asse baricentrico x, usando il teorema
del trasporto (si ricordi il momento d’inerzia di un rettangolo rispetto al suo asse baricentrico):
( 0.125) ( 0.033 ) + 0.125 ( 0.03)( 0.1747 − 0.015 ) + ( 0.025 ) ( 0.253 ) + 0.25 ( 0.025)( 0.1747 − 0.155) +
1 1
Jx =
2 2

12 12
+ ( 0.2 ) ( 0.033 ) + 0.2 ( 0.03)( 0.295 − 0.1747 ) = 0.21818 (10−3 ) m 4
1 2

12

Per valutare la tensione tangenziale in A, calcolo il momento statico della porzione di area
sovrastante la corda passante per A (per comodità, perché considero solo un rettangolo):
S x '' = A '' yG '' = − ( 0.2 )( 0.03)( 0.310 − 0.015 − 0.1747 ) = −0.7219 (10 −3 ) m 3 → S x ' = − S x '' = 0.7219 (10−3 ) m3

(A) 15 (103 ) ( 0.7219 ) (10−3 )


 yz = = 1.99 MPa
0.21818 (10−3 ) ( 0.025 )

Per valutare la tensione tangenziale in B, calcolo il momento statico della porzione di area sottostante
la corda passante per B:

S x ' = A ' yG '' = ( 0.125 )( 0.03)( 0.1747 − 0.015 ) = 0.5988 (10−3 ) m3

( B) 15 (103 ) ( 0.5988 ) (10−3 )


 yz = = 1.65 MPa
0.21818 (10−3 ) ( 0.025 )

Per valutare la tensione tangenziale  xz nella zona di attacco superiore a destra tra ala e anima,
utilizzo la relazione:
Ty S x*
 xz =
J xa
Calcolo il momento statico della porzione di area superiore, a destra della corda, ricordando che:

S x* = − S x** = ( 0.2 − 0.025 ) / 2 ( 0.310 − 0.015 − 0.1747 ) = 0.31578 (10 −3 ) m

Ty S x* 15 (103 ) 0.31578 (10−3 )


 xz = = = 0.72 MPa
J xa 0.21818 (10−3 ) ( 0.03)

Il calcolo della risultante delle tensioni tangenziali lungo le corrispondenti corde, per unità di
lunghezza della trave, è detto flusso delle tensioni tangenziali per unità di lunghezza; tale quantità
può essere calcolata come segue:

2 xz a = 2(0.72)106 ( 0.03) = 43.4 kPa


 yz b = (1.99 )106 ( 0.025 ) = 49.6 kPa

Si osservi la differenza tra il flusso di azioni tangenziali  xz trasmesso dalle ali e quello
dell’elemento verticale. Tale differenza è dovuta al contributo fornito dalla zona centrale di
connessione anima-ala. Se la sezione è a doppia simmetria tale contributo è assente. Tale calcolo ci
consente di affermare che il flusso delle azioni tangenziali  xz sulle ali confluisce nell’elemento
verticale (anima) trasformandosi in flusso delle azioni tangenziali  yz .

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Meccanica dei Solidi

Osservazioni. Dall’esame della soluzione per una sezione a I si può concludere che, l’azione di taglio
è sopportata prevalentemente dall’anima mentre il momento flettente è quasi interamente sopportato
dalle flange. Tuttavia, è fondamentale il ruolo giocato dall’anima nell’incrementare l’inerzia
dell’intera sezione aumentando il braccio della coppia delle risultanti delle azioni normali sulle
flange. In travi molto alte può essere conveniente sostituire l’anima piena con un traliccio di travi che
svolgano la stessa funzione impiegando meno materiale. Una soluzione efficace è fornita dai ponti
stradali o ferroviari di figura. Lo stato di tensione nell’anima, in cui è prevalente l’azione di taglio,
può essere valutato in un riferimento ruotato di 45°, mediante azioni di sola compressione e trazione;
in tal modo l’anima può essere sostituita con un traliccio reticolare con elementi tesi e compressi
(ponti a traliccio). Tale soluzione è efficacemente adottata anche nella progettazione di edifici di
notevole altezza (mensola) al fine di migliorare il comportamento della struttura alle azioni orizzontali
(sisma, tifoni).

Deformazione e spostamento
La soluzione esatta di Saint Venant per taglio e flessione, ottenuta in modo esplicito per sezioni di
forma particolare e non riportate nella presente trattazione, è in grado di mettere in evidenza un
aspetto che anche la soluzione approssimata è in grado di cogliere: le sezioni trasversali non si
mantengono piane durante la deformazione. Dal punto di vista deformativo, se consideriamo le
equazioni costitutive per materiale isotropo e omogeneo, la soluzione di Jourawky comporta una
corrispondente variazione dello scorrimento angolare di tipo parabolico nello spessore della sezione
trasversale e tale scorrimento provoca un ingobbamento della sezione stessa. Infatti, si ha
 zy
 zy =
G
Più precisamente, nelle zone superiori e inferiori della sezione trasversale le fibre longitudinali e
trasversali continuano a mantenersi ortogonali (scorrimento angolare nullo) ruotando rigidamente

Lezioni di Scienza delle Costruzioni- a.a. 2022-‘23 96


Meccanica dei Solidi

mentre, avvicinandoci alle fibre baricentriche, si generano scorrimenti angolari sempre più grandi
sino ad arrivare a un valore massimo in corrispondenza dell’asse baricentrico stesso. Nel concio
deformato la sezione trasversale si presenta a forma di S, in altri termini si ingobba.
Estensione dei risultati per la teoria della trave
Per cogliere l’aspetto deformativo legato al taglio e quindi estendere i risultati della teoria del taglio
alla teoria delle travi, è conveniente introdurre, in analogia alle trattazioni precedenti, una misura di
deformazione media riferita all’intera sezione trasversale. Tale misura di deformazione generalizzata
associata al taglio è lo scorrimento angolare medio  m della sezione trasversale.
Se consideriamo un elemento di trave dz, la deformazione a taglio nell’elemento comporta uno
spostamento trasversale dvT dei punti della sezione trasversale nella direzione y; lo spostamento
trasversale dei punti della trave, associato al taglio, è indicato con vT (z). La misura di deformazione
è legata alla variazione di spostamento trasversale tra le due sezioni del concio considerato, dalla
seguente equazione:
dvT
m =
dz

L’ipotesi di assumere il valore medio dello scorrimento angolare costante nello spessore della
sezione trasversale, consente di esprimere un’equazione costitutiva per il taglio riferita alla sezione
trasversale stessa, nella seguente forma:
Ty
m =
GAr

in cui Ar , detta area di taglio o area di taglio ridotta, rappresenta l’area della sezione trasversale
necessaria a produrre lo stesso spostamento relativo di quella effettiva A, nell’ipotesi di scorrimento
angolare costante nello spessore. La dimostrazione di tale relazione si può ottenere attraverso
considerazioni di tipo energetico. Tale area è espressa in termini del fattore di taglio  dalla seguente
relazione:
A
Ar =

Il fattore di taglio è sempre un numero maggiore di 1 e dipende dalla forma della sezione trsversale;
nel caso di sezione rettangolare vale 6/5 e nel caso di sezioni compatte si discosta di poco da tale
valore. La quantità GAr è detta rigidezza a taglio della sezione trasversale. Trascurare la deformazione
a taglio significa supporre GAr → .
Lo spostamento trasversale dovuto al taglio può essere valutato insieme allo spostamento trasversale
dovuto al momento flettente e, poiché lavoriamo in ambito lineare, valgono le seguenti relazioni:

dv ( z ) dvM ( z ) dvT ( z )
v ( z ) = vM ( z ) + vT ( z ) = +
dz dz dz

Per cui, in termini dello spostamento trasversale complessivo, si ha

Lezioni di Scienza delle Costruzioni- a.a. 2022-‘23 97


Meccanica dei Solidi

dv ( z ) dvM ( z ) dvT ( z ) dv ( z )
= + = − ( z ) +  ( z ) →  (z) = + (z)
dz dz dz dz
Tale equazione è detta equazione di congruenza per la trave deformabile a taglio. Il modello di trave
che tiene conto della deformazione a taglio è detto modello di trave di Timoshenko.
Ricordando le equazioni di equilibrio a flessione e taglio ottenute nella statica della trave, si riportano
nella tabella che segue le equazioni della trave elastica sottoposta ad azioni flessionali e di taglio,
tenendo conto anche dell’aspetto deformativo legato a tale sollecitazione.

Teoria della trave piana (Timoshenko)


equazioni di equilibrio equazioni di congruenza equazioni di legame

dT ( z ) dv ( z ) T ( z ) = GAr  ( z )
+ p( z ) = 0  ( z) =  ( z) +
dz dz
dM ( z )
+ m( z ) = T ( z ) d ( z )
dz  ( z) = M ( z ) = EJ  ( z )
dz

Esempio 5.3.2
Sia data una mensola caricata con un carico concentrato P=120 kN in corrispondenza dell’estremo
libero. Considerando una sezione trasversale rettangolare (h=400 mm, b=200 mm) e i seguenti
valori numerici: E=206 GPa, =0.3, l=4 m, si valuti il contributo della deformazione a taglio nel
calcolo dello spostamento trasversale all’estremo libero della mensola.

Soluzione
Risolta la trave isostatica, calcoliamo separatamente
i due contributi utilizzando l’equazione della linea
elastica a flessione e l’equazione che lega lo
scorrimento angolare al taglio (congruenza e
legame). Sostituiamo l’espressione del momento
flettente e del taglio nelle relative equazioni e,
integrando, otteniamo:

v ( z ) = vM ( z ) + vT ( z )
d 2 vM ( z ) M P (l − z ) 1  Pz 3 Plz 2 
=− = → vM ( z ) = − + 
dz EJ EJ EJ  6 2 
dvT ( z ) T P Pz
= = → vT ( z ) =
dz GAr GAr GAr

In cui sono state imposte le condizioni al contorno per la determinazione delle costanti di
integrazione. In z=l abbiamo:
Pl 3 Pz Pl 3  3EJ 
v ( l ) = vM ( l ) + vT ( l ) = + = 1 + 2 
3EJ GAr 3EJ  l GAr 

Sostituendo i valori numerici e ricordando che E=2G(1 +), otteniamo:

vM ( l ) = 11.65 mm vT ( l ) = 0.09 mm v ( l ) = 11.74 mm


Il contributo dovuto alla deformabilità a taglio è inferiore all’1%. Questo risultato ha validità
generale e nella maggior parte dei casi d’interesse nelle costruzioni la deformabiltà a taglio è
trascurata. Solo nel caso di travi particolarmente tozze tale contributo diventa significativo.
Lezioni di Scienza delle Costruzioni- a.a. 2022-‘23 98
Meccanica dei Solidi

5.4 Torsione
Lo studio della risposta del solido elastico di Saint Venant sollecitato sulle basi da due coppie
equilibrate, con asse momento lungo l’asse z, richiede di determinare innanzi tutto le tensioni
tangenziali che tale stato di sollecitazione induce nel solido.

M z =  ( yz x −  xz y ) dA
A

La soluzione generale del problema per sezione trasversale di forma qualunque non è di facile
deduzione. Studiamo nel seguito la forma generale della soluzione nel caso di sezione circolare di
più facile soluzione e di grande importanza applicativa soprattutto nell’ingegneria meccanica (alberi
circolari). Nel seguito illustreremo come si modifica la soluzione nel caso di sezioni di forma
differente rispetto a quella circolare.

5.4.1 Sezione circolare


Tensioni
La soluzione analitica di Saint Venant per sezione circolare di raggio R ha la seguente forma:

Mz Mz
 zx = − y  zy = x
J0 J0

Mz Mz
 =  zx 2 +  zy 2 = x2 + y 2 = r
J0 J0

Mz  4
= r J0 = R
J0 2

in cui J0 è il momento d’inerzia polare dell’intera sezione A rispetto al suo baricentro. Data la forma
della soluzione, osserviamo che un punto P appartenente alla sezione ha vettore tensione tangenziale
τ ortogonale al vettore posizione (P-G) in ogni punto interno e anche sul contorno, verificando le
condizioni di equilibrio sul bordo (mantello scarico) del solido di S.V. Può essere quindi più
conveniente esprimere direttamente il vettore tensione tangenziale τ di modulo  e di componenti
lungo x e y {  zx ,  zy }, in funzione della coordinata radiale r (distanza dal centro della sezione di un
punto generico P).
Lezioni di Scienza delle Costruzioni- a.a. 2022-‘23 99
Meccanica dei Solidi

La tensione tangenziale è ortogonale al raggio e cresce linearmente allontanandoci dal baricentro


della sezione. Il valore estremo si ottiene nei punti più distanti dal centro, sulla circonferenza di
raggio R.

Se la sezione circolare è cava, con raggio esterno Re e raggio interno Ri, l’andamento delle tensioni è
sempre lineare in r ma, a parità ad esempio di raggio esterno, diminuendo il momento d’inerzia
polare della sezione, la tensione tangenziale massima aumenta rispetto alla sezione piena.

 4  4 4
J0 =
2
R J0 =
2
( Re − Ri )
In analogia a quanto osservato nel caso dell’azione di taglio, ricordiamo che la presenza di sola azione
tangenziale secondo i piani principali di riferimento di un elemento del solido in esame, può
trasformarsi in azioni normali di trazione e di compressione, se l’elemento è ruotato di 45° rispetto
all’asse z (Mohr).
Possiamo quindi concludere che nel caso di torsione, un materiale duttile (che cede solitamente per
taglio), si rompe lungo un piano ortogonale al suo asse longitudinale z e, viceversa, un materiale
fragile (che cede solitamente per trazione) tenderà a rompersi secondo superfici che formano un
angolo di 45° con l’asse longitudinale del cilindro (si veda il caso di sola forza normale).

Rottura per torsione di un provino Rottura per torsione di un provino


materiale duttile materiale fragile

Esempio 5.4.1 L’albero meccanico di figura è realizzato in acciaio con sezione circolare piena ed è
impiegato per trasmettere le coppie torcenti indicate in figura. Determinare il diagramma della
caratteristica di sollecitazione di momento torcente nei vari tratti dell’albero e la tensione
tangenziale massima, sapendo che la sezione trasversale dell’albero ha un diametro di 30 mm.

Soluzione
Calcoliamo il diagramma delle azioni torcenti nei singoli tratti:

Lezioni di Scienza delle Costruzioni- a.a. 2022-‘23 100


Meccanica dei Solidi

M AC = −300 Nm M CD = 200 Nm M DB = 400 Nm

400 Nm
 max = 0.015mm = 75.5MPa

( 0.015) mm4
4

Esempio 5.4.2
Due alberi circolari di lunghezza l=2m sono soggetti all’azione di un momento torcente pari a
7MNmm.
Un albero ha sezione trasversale piena con R=40 mm e l’altro ha sezione trasversale cava con Re=60
mm e Ri=55 mm. Si determini il valore della tensione tangenziale massima nei due alberi.

Soluzione
Calcoliamo la tensione nell’albero a sezione piena:
 4  Mz 2 7 106 Nmm
J0 = R = ( 40 ) mm 4 = 4.021 106 mm 4  max = R =  70 MPa
4

2 2 J0  ( 40 )3 mm3
Calcoliamo la tensione nell’albero a sezione cava:
  7 106 Nmm
J0 =
2
(R
4
e − Ri4 ) =
2
( 60 4
− 554 ) mm 4 = 5.984 106 mm 4  max =
Mz
J0
Re =
5.98 106 mm 4
60 mm  70.2 MPa

Le tensioni tangenziali massime sono circa uguali nei due alberi ma, nella sezione cava,
incrementando il momento d’inerzia con l’aumento del diametro, si ha un notevole risparmio di
materiale. Infatti, le aree sono:

A = 5027 mm 2 A = 1806 mm 2 A = 2.8 A

L’unico inconveniente che il cilindro cavo presenta è l’ingombro.

Deformazioni e spostamenti
Dalle equazioni di legame costitutivo per materiale isotropo otteniamo le deformazioni:

Mz Mz
 zx = − y  zy = x
GJ 0 GJ 0

Come per il caso del taglio, le deformazioni associate al momento torcente sono solo gli scorrimenti
angolari.
Le componenti di spostamento corrispondenti sono:

Lezioni di Scienza delle Costruzioni- a.a. 2022-‘23 101


Meccanica dei Solidi

Mz Mz
ux = − yz uy = xz uz = 0
GJ 0 GJ 0

Da queste espressioni si possono trarre le seguenti considerazioni:


- la sezione trasversale si mantiene piana durante la deformazione ( u z = 0 );
- le componenti di spostamento lungo gli assi x e y, a sezione fissata, rappresentano una rotazione
rigida della sezione nel suo piano (ossia rotazione intorno all’asse z), con angolo di rotazione:
Mz
 ( z) = z
GJ 0
in altri termini, al variare di z le diverse sezioni trasversali ruotano di un angolo proporzionale a
z;
- lo spostamento del generico punto P appartenente al piano della sezione è tangente alla
circonferenza di centro G e raggio r e, in componenti lungo gli assi coordinati, è riscritto come

ux ( P ) = − ( z ) y uy ( P) =  ( z ) x uz = 0

Poiché il momento torcente è costante (assunzione del solido di Saint Venant), possiamo anche
scrivere la rotazione torsionale:
Mz Mz
 ( z) = z = 'z → '= = cost
GJ 0 GJ 0
e ancora la
 ( z) =  ' z
La costante  ' è detta angolo unitario di torsione e rappresenta la rotazione relativa tra due sezioni
poste a distanza unitaria (z=1).
Se consideriamo per semplicità una delle due sezioni terminali (z=0) con rotazione nulla, in z=l la
rotazione complessiva è

 (l ) =  ' l

Anche gli scorrimenti angolari, costanti in z fissato, possono essere riscritti


nella forma:
 zx = − ' y  zy =  ' x
 =  'r

Le tensioni, in termini dell’angolo di torsione diventano:

 zx = −G ' y  zy = G ' x


 = G ' r

La differenza tra le due rotazioni rigide delle sezioni terminali provoca uno scorrimento angolare tra
le fibre inizialmente ortogonali tra loro che è solo funzione di r. Per effetto del momento torcente le
fibre in direzione radiale rimangono rettilinee mentre quelle longitudinali ruotano rispetto alla loro

Lezioni di Scienza delle Costruzioni- a.a. 2022-‘23 102


Meccanica dei Solidi

posizione originaria. Lo scorrimento angolare nella trave è quindi funzione lineare della distanza
radiale dall’asse e raggiunge il valore massimo sulla superficie esterna del solido (r=R). Le fibre
longitudinali, inizialmente rettilinee, assumono la forma di spirali (anche se rappresentate come rette)
che intersecano le varie sezioni trasversali (cerchi) con lo stesso angolo γ.

Esempio 5.4.3
Trovare la rotazione all’estremità dei due alberi circolari dell’esempio 5.4.2 sapendo che il modulo
di taglio è G=80 GPa.

7 106 Nmm
 (l ) =
 3 N  6 4
( 2 103 mm ) = 43.52 10−3 rad
 80 10  4.021 10 mm
 mm 2 
7 106 Nmm
 (l ) =
 3 N  6 4
( 2 103 mm ) = 29.84 10−3 rad
 80 10  5.98 10 mm
 mm 2 

L’albero cavo ha torsione minore rispetto all’albero pieno; la sezione cava è più rigida rispetto alla
sezione piena.

Esempio 5.4.4
Due alberi pieni in acciaio sono saldati a due flange a loro
volta collegate con bulloni. I bulloni sono leggermente più
piccoli e permettono una rotazione relativa di 1.5° di una
flangia rispetto all’altra, prima che entrambe ruotino come
una trave unica (perfetta connessione tra i due tratti).
Determinare la massima tensione tangenziale in ciascun
albero quando una coppia torcente Mt è applicata alla
flangia in B (si trascurino le dimensioni delle flange).

Dati:
l1 = 0.6 m l2 = 0.9 m r1 = 0.015 m r2 = 0.018 m
 = 1.5 M t = 500 N m G = 77 GPa

Soluzione
Il sistema è isostatico se il momento induce una rotazione relativa tra le flange minore di 1.5°; in
tal caso il carico è assorbito solo dal tratto AB. Se il carico è tale da indurre una rotazione maggiore
nelle flange, allora i due tratti collaborano nell’assorbire il carico e il sistema è staticamente
indeterminato.

Lezioni di Scienza delle Costruzioni- a.a. 2022-‘23 103


Meccanica dei Solidi

Sistema effettivo Sistema globale staticamente indeterminato solo a


connessione delle flange avvenuta.

M Z 1 + M Z 2 + M = 0 (equilibrio)

con M t = M = M ( ) + M ( r )
M ( ) momento che produce una rotazione di 1.5°
M ( r ) momento che agisce sui due tratti a connessione avvenuta.

Sistema A) (isostatico) Sistema con il valore del momento torcente che crea la
rotazione in B di 1.5° (0.026 rad). Il tratto AB è
staticamente determinato:
( J1 = 0.165 10-6 m 4 J 2 = 7.952 10-6 m 4 ).
Calcolo il momento che attiva la rotazione:
( )  GJ1 ( )
M = = 265 Nm (r )
M = M −M = 235 Nm
l1
Poiché tale valore è minore del momento applicato,
devo valutare il contributo del tratto CD.

Sistema B) (iperstatico)
Sistema con i due tratti perfettamente connessi soggetti
(r )
all’azione del momento M . Il sistema è iperstatico.

M Z( r1 ) + M Z( r2) + M ( r ) = 0 equilibrio

Per trovare le reazioni vincolari del sistema iperstatico


uso la congruenza (metodo delle forze).
Sistema principale con i carichi esterni (sistema 0):
Scelgo un sistema principale staticamente determinato
“declassando ad esempio il vincolo” in D (X
rappresenta l’azione del vincolo soppresso con il segno
ipotizzato). La rotazione torsionale nel sistema effettivo
(nell’incastro) deve essere nulla quindi l’equazione di
congruenza in D fornisce:
+
Sistema principale con l’iperstatica incognita X (sistema 1):
 D(0) +  D(1) = 0 congruenza

M ( r )l1  l l 
−X 1 + 2 =0
GJ1  GJ1 GJ 2 
M ( r )l1 J 2
X= ( X = 136 Nm)
= l1 J 2 + l2 J1
Sistema equivalente al sistema (B) risolto:
(positivo e quindi il verso ipotizzato per l’iperstatica è corretto!).

La soluzione del sistema B è:

Diagramma del momento torcente del sistema B): M Z( r1 ) = M Z(0)1 − X = 99 Nm


M Z( r2) = X = −136 Nm

n.b.: Il carico nel sistema B viene assorbito in modo proporzionale alle


rigidezze!!

Lezioni di Scienza delle Costruzioni- a.a. 2022-‘23 104


Meccanica dei Solidi

Sistema effettivo risolto: Reazioni vincolari e diagramma finale del momento


torcente (somma delle due soluzioni A e B):

M Z 1 = M Z(1 ) + M Z( r1 ) = ( 265 + 99 ) Nm = 364 Nm


M Z 2 = M Z( r2) = 136 Nm

M Z 1 r1
 max = = 68.62 MPa
1z
J1
M Z 2 r2
 max = = 14.86 MPa
2z
J2

Lezioni di Scienza delle Costruzioni- a.a. 2022-‘23 105


Meccanica dei Solidi

5.4.2 Sezioni di forma generica


Lo stato tensionale del solido di Saint Venant corrispondente all’azione di un momento torcente per
sezione di forma generica è espresso in termini di un’opportuna funzione  ( x, y ) e un fattore q, detto
fattore di torsione. Le tensioni hanno la seguente forma:

Mz     
 zx = q   ( x, y ) − y  = G '   ( x, y ) − y 
J 0  x   x 

Mz      
 zy = q   ( x, y ) + x  = G '   ( x, y ) + x 
J 0  y   y 

La funzione  ( x, y ) dipende dalla forma della sezione trasversale e si ottiene attraverso la risoluzione
di un problema differenziale, noto come problema matematico di Neumann. L’angolo unitario di
torsione è legato al momento torcente dalla relazione:

Mz M
'= =q z
GJ t GJ 0

Dove la quantità GJt è chiamata rigidezza torsionale. Prima di discutere il significato fisico delle
quantità introdotte scriviamo le deformazioni e il campo di spostamenti.

Deformazioni e spostamenti
Dalle equazioni di legame costitutivo per materiale isotropo si ha:

 zx    zy  
 zx = =  '   ( x, y ) − y   zy = =  '   ( x, y ) + x 
G  x  G  y 

Il campo di spostamento corrispondente è

ux = − ' yz u y =  ' xz u z =  '  ( x, y )

Da queste espressioni si può mettere in evidenza il significato fisico della funzione  ( x, y ) ; infatti, la
componente di spostamento uz , descrive lo spostamento fuori dal piano della trasversale. In generale
non è una funzione lineare e quindi la sezione trasversale non si mantiene piana durante la
deformazione ma si ingobba. Per tale motivo la funzione  ( x, y ) è detta funzione ingobbamento e
dipende dalla forma della sezione trasversale.
L’aspetto deformativo per sezioni di forma generica è quindi caratterizzato dalla rotazione della
sezione trasversale intorno all’asse z e dall’ingobbamento della sezione trasversale. Il fattore di
torsione q=J0/Jt è un numero sempre maggiore di 1 (come il fattore di taglio) e indica di quanto il
comportamento della sezione trasversale si discosti da quello della sezione circolare per cui vale q=1.
Il modulo di torsione ha la seguente forma:
Lezioni di Scienza delle Costruzioni- a.a. 2022-‘23 106
Meccanica dei Solidi

    
2
 
2

J t = J 0 −     ( x, y )  +   ( x, y )   dA
 x
A   y  

rotazione e ingobbamento della sezione trasversale


in una trave con sezione quadrata

J0
q= 0  Jt  J0
Jt

Le soluzioni trovate da Saint Venant per sezione ellittica, triangolare e rettangolare suggeriscono la
formulazione di teorie semplificate in grado di fornire le tensioni al variare dei parametri geometrici
della sezione trasversale.

Ellisse
Per la sezione ellittica la soluzione analitica esatta ottiene un andamento delle tensioni tangenziali
lineare e parallele alla tangente al bordo esterno. La tensione tangenziale massima ( ) è nel punto del
contorno più vicino al baricentro.

a 2 − b2
 ( x, y ) = xy
a 2 + b2
a 3b3
Jt =  2 2
a +b
2M t
 max =
 ab 2

In figura sono indicate le linee di livello di una sezione ellittica in cui i segni – e + indicano
rispettivamente le zone i cui punti si spostano lungo z, in modo discorde e concorde con il segno
positivo dell’asse z; i punti sugli assi coordinati non si spostano.

Rettangolo
In tal caso la soluzione è ottenuta con uno sviluppo in serie di Fourier. L’andamento delle tensioni
può essere considerato, con buona approssimazione, di tipo lineare e la tensione è massima (in valore
assoluto) nei punti del bordo più vicini al baricentro (vedi anche soluzione ellittica). Dal punto di
vista deformativo, i punti delle sezioni appartenenti alle mediane e alle diagonali delle sezioni non si
spostano in direzione z. Per una sezione rettangolare di dimensioni a x b (con a≥b) la tensione
tangenziale massima e la torsione (o angolo di torsione unitario) sono espressi dalle seguenti formule:

Mt Mt
 max =  '=
ab 2 Gab3

in cui i coefficienti numerici α e β dipendono dal rapporto a/b; alcuni valori sono riportati in tabella.

Lezioni di Scienza delle Costruzioni- a.a. 2022-‘23 107


Meccanica dei Solidi

Per rettangoli molto allungati (a/b>10) le tensioni tangenziali sono sostanzialmente lineari nello
spessore e il loro valore sul contorno tende a essere costante:

Mt M
 max = b = 3 t2
Jt ab

Le tensioni tangenziali maggiori sono le componenti di tensione lungo l’asse x e sono parallele al lato
maggiore; le componenti lungo l’asse y sono trascurabili escluse le zone di estremità (in grigio).

Sezioni composte da rettangoli


Per sezioni che sono composte da più rettangoli si estende la soluzione di torsione valida per il singolo
rettangolo. L’idea alla base della soluzione è di pensare che ciascuno degli N rettangoli che compone
la figura, si comporti come un rettangolo i-mo isolato e sopporti una quota parte del momento torcente
che agisce sulla sezione.

Per semplicità consideriamo una sezione a T soggetta a un momento torcente Mt. Possiamo pensare
che la sezione sia formata da due rettangoli 1 e 2, ognuno dei quali assorbirà una parte di momento
torcente. Per l’equilibrio si ha:
M t = M t1 + M t 2
Per ogni rettangolo vale la relazione di legame:

M t1 =  '1 GJ t1 M t 2 =  '2 GJ t 2

Poiché i rettangoli sono collegati tra loro, devono tutti ruotare della stessa quantità (congruenza):
Mt
 '1 =  '2 =  ' '= J t = J t1 + J t 2
GJ t
e quindi ogni rettangolo assorbe una quota parte del momento torcente in modo proporzionale al suo
modulo di torsione:

Lezioni di Scienza delle Costruzioni- a.a. 2022-‘23 108


Meccanica dei Solidi

Mt Mt
M t1 = J t1 Mt2 = Jt 2
Jt Jt

La tensione su ciascun rettangolo è massima nel rettangolo più spesso e vale:

M ti
 max (i ) =  i bi
ai bi3

E, se la figura è composta da rettangoli allungati ai/bi>3 (rettangoli allungati) si ha:

1 N M ti
a b i = 3 → Jt = 
3 i =1
ai bi3  max (i ) = 3
ai bi3
bi

Tale soluzione può essere utilizzata per studiare profili aperti in parete sottile a sezione aperta in
torsione (vedi figura).

5.4.3 Soluzione approssimata per profili in parete sottile a sezione chiusa (Bredt)
La soluzione di torsione per il solido di Saint Venant, ci consente di affermare che, tanto più il modulo
di inerzia polare è grande e più è piccola la tensione tangenziale a parità di momento torcente e di
distanza dal baricentro. Come per la flessione possiamo quindi concludere che le sezioni migliori
sono quelle che hanno elevato momento di inerzia, in cui le aree sono poste a distanza dal baricentro.
Le sezioni trasversali cave (tubi) sono quindi le sezioni migliori a torsione e meritano un’attenzione
particolare.

Il problema dei tubi di sezione generica ma piccolo spessore può essere trattato con una teoria
approssimata dovuta a Bredt, molto simile a quella del taglio di Jourawski.

Teoria approssimata per profili sottili chiusi


L’andamento lineare della soluzione di torsione suggerisce che, in sezioni con parete di piccolo
spessore, le tensioni tangenziali possano essere approssimate con il loro valore medio, diretto
ovunque secondo la linea media del profilo.

Con questa ipotesi semplificativa Bredt determina, con sole considerazioni di equilibrio, una
relazione tra la tensione tangenziale media e il momento torcente che agisce su un profilo di forma
generica.

Consideriamo il profilo sottile di figura soggetto all’azione di un momento torcente; indichiamo con
s l’ascissa curvilinea della sua linea media di lunghezza lγ e con b(s) lo spessore della parete.

Lezioni di Scienza delle Costruzioni- a.a. 2022-‘23 109


Meccanica dei Solidi

Premessa.
Introduciamo, in analogia con la trattazione del taglio, il concetto di flusso q delle tensioni tangenziali
nello spessore della parete della sezione:
b/2
q= 
−b / 2
sz dn q =  (s)b(s)

Su ogni tratto ds della linea media agisce un’azione risultante qds diretta lungo la tangente alla linea
media stessa.
Dimostriamo che il flusso delle tensioni tangenziali q non
dipende dall’ascissa s. Consideriamo un elemento ds x dz
compreso tra due punti 1 e 2 della linea media di ascisse s1 e s2.
Il teorema di reciprocità consente di scrivere:

 sz ( s1 ) =  zs ( s1 )  sz ( s2 ) =  zs ( s2 )

Se imponiamo l’equilibrio alla traslazione lungo l’asse z delle


risultanti delle tensioni tangenziali sulle due sezioni di figura,
otteniamo:

 sz ( s1 ) b( s1 )dz =  sz ( s2 ) b(s2 )dz q1 = q2

Possiamo concludere che flusso delle tensioni tangenziali si mantiene costante all’interno del profilo
(analogia con la portata di un liquido in un tubo cilindrico avente la forma del contorno della
generica sezione; tensioni tangenziali, velocità del liquido).

Dimostrazione della formula di Bredt per profili chiusi in parete sottile


Imponiamo l’equilibrio alla rotazione intorno all’asse z dell’intera sezione scegliendo un polo
arbitrario o il baricentro della sezione:

𝑙𝛾 𝑙𝛾
𝑀 = ∮ ℎ(𝑠)𝑞𝑑𝑠 = 𝑞 ∮ ℎ(𝑠)𝑑𝑠 = 2𝑞𝐴
0 0
Poiché abbiamo dimostrato che il flusso è costante, possiamo raccogliere q fuori dall’integrale e
l’integrale rappresenta il doppio dell’area A racchiusa entro la linea media del profilo (area
settoriale).
Lezioni di Scienza delle Costruzioni- a.a. 2022-‘23 110
Meccanica dei Solidi

Otteniamo quindi:

M = 2 Aq = 2 A  sz ( s ) b ( s )

e il valore medio delle tensioni  sz ( s ) =  zs ( s ) assume la forma:

q M
 zs = =
b( s ) 2 Ab( s )

Se lo spessore è piccolo, si può supporre con ragionevole accuratezza che la tensione tangenziale
nello spessore sial il valor medio. La formula ottenuta prende il nome di prima formula di Bredt:

Si osservi che la tensione è inversamente proporzionale allo spessore così come il campo di velocità
di un fluido ideale dentro un tubo di diametro b. Il valore massimo della tensione è nelle sezioni in
cui lo spessore è minimo e le linee di flusso si addensano (dal punto di vista idrodinamico, la velocità
aumenta e le linee di corrente si addensano).

Per sezione circolare cava si può dimostrare che per rapporti R/b=10 l’errore che si compie calcolando
la tensione tangenziale media con la formula di Bredt, rispetto alla soluzione esatta di Saint Venant,
è inferiore al 5% . Con considerazioni di tipo energetico si può ottenere una relazione che fornisce
l’angolo di torsione approssimato che, nel caso di spessore costante, diventa:

M l
'=
4GA2 b

detta, seconda formula di Bredt. In tal caso l’angolo di torsione unitario fornisce una valutazione
lievemente in eccesso rispetto a quella ottenuta con la soluzione esplicita di Saint Venant.

Osservazione. E’importante sottolineare la differenza tra l’andamento delle tensioni in profili di


parete sottile a sezione chiusa (profili sottili chiusi) (Bredt) e in profili di parete sottile a sezione
aperta (profili sottili aperti) (estensione soluzione dei rettangoli). In sintesi:
- nei profili sottili chiusi l’andamento delle tensioni tangenziali può essere approssimato con
l’andamento del loro valore medio e quindi possono essere considerate uniformi nello spessore e
ortogonali alla corda; la tensione è inversamente proporzionale allo spessore b(s);
- nei profili sottili aperti l’andamento delle tensioni tangenziali varia di segno nello spessore in
modo lineare (a farfalla) e la tensione è direttamente proporzionale allo spessore b (costante).

Mt M ti
 max =  max (i ) = 3 bi
2 Abmin ai bi3
M t l 1 Mt
'= '=
4GA2 b 3 Gab3

Lezioni di Scienza delle Costruzioni- a.a. 2022-‘23 111


Meccanica dei Solidi

Esempio 5.4.5
Considerare i due profili di figura realizzati con
lo stesso materiale e soggetti all’azione di un
momento torcente (ra indica il raggio medio).
Determinare il massimo momento torcente in
ciascun profilo in modo tale che la tensione
massima non superi gli 80 MPa.
Trovare l’angolo di torsione nei due casi.
sezione chiusa sezione aperta
Soluzione
Nel caso del profilo chiuso la tensione tangenziale è costante nello spessore della parete e può
essere calcolata con la formula di Bredt:

Mt '
 = → M t ' = 2 Ab  = 2 ra 2 sa = 2513 Nm
2 Ab

Nel caso del profilo aperto la tensione tangenziale ha andamento a farfalla nello spessore della
parete e il suo valore massimo è calcolato tramite la formula:

M ti M t '' 1 1  360 − 15 


 max (i ) = 3 bi  max = 3 → M t '' =  max sc 2 a =  max sc 2  2 ra  = 200.7 Nm
ai bi3 asc 2 3 3  360 

Il confronto tra i risultati numerici ottenuti evidenzia le migliori prestazioni delle sezioni chiuse.

Esempio 5.4.5
Il tubo in alluminio (G=28 GPa) ha sezione trasversale rettangolare cava con spessore della parete
di 5 mm. Assumendo i carichi e le dimensioni del profilo di figura, determinare la massima
tensione tangenziale nel tubo e la rotazione relativa tra le due sezioni estreme A e C, supponendo
il tubo incastrato in C.

Soluzione
Le dimensioni del profilo permettono di utilizzare le formule di Bredt per profili chiusi.
Assumendo l’origine degli assi in C si ha:

M AB = −280 Nm M BC = −145 Nm
Mt 280
= A = ( 0.145 )( 0.095 ) m 2 = 0.013775m 2 = = 2.03 MPa
2 Abmin 2 ( 0.013775)( 0.005)

Il momento negativo lungo tutta la trave porta a una rotazione in senso orario.

Lezioni di Scienza delle Costruzioni- a.a. 2022-‘23 112


Meccanica dei Solidi

Esempio 5.4.6
Una coppia torcente di 2.7 kNm è applicata a
un albero cavo in alluminio con sezione
trasversale mostrata in figura. Le dimensioni
dei due tratti (riferiti alla linea media) sono: 96
mm e 58.5 mm. Calcolare la tensione
tangenziale nel caso in cui lo spessore della
parete sia costante è pari a 4 mm.

Calcolare la tensione tangenziale nel caso in cui un tratto abbia spessore superiore agli altri pari a
6 mm (si mantengano le stesse dimensioni riferite alla linea media). Disegnare in tal caso
l’andamento delle tensioni tangenziali nella sezione.

Soluzione
Utilizziamo la formula di Bredt e calcoliamo l’area A.

Mt 2.7 kNm
1 = A = ( 96 )( 58.8 ) m m 2 = 5.6 10−3 m 2 1 = = 60 MPa
2 Ab 2 ( 0.004 m ) ( 5.6 10−3 m 2 )

Nel caso in cui lo spessore della parete sia differente in un tratto, rimanendo uguale l’area, la
tensione in quel tratto diminuisce:

2.7 kNm
2 = = 40 MPa
2 ( 0.006 m ) ( 5.6 10−3 m 2 )

Un esempio di collasso strutturale dovuto alla scarsa rigidezza torsionale della struttura.
Il collasso del Tacoma Bridge, un ponte sospeso costruito nel 1940, è uno dei più noti esempi di crollo di una struttura
dovuto ad azioni torsionali causate dal vento che, anche se di modesta entità e continuo, ha provocato oscillazioni
torsionali di ampiezza crescente. L’impalcato da ponte era realizzato con una piastra irrigidita di spessore pari a 1/350
della luce del ponte e con rapporto tra larghezza e lunghezza pari a 1/72; le dimensioni geometriche della sezione
trasversale avevano quindi una bassissima rigidezza torsionale che ha portato al collasso del ponte.

Il ponte fu ricostruito nel 1950 aumentando notevolmente la rigidezza dell’impalcato senza aumentare in modo
apprezzabile la superficie esposta al vento; tale soluzione è stata realizzata utilizzando graticci di travi di acciaio
collaboranti con la soletta dell’impalcato.

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Meccanica dei Solidi

Confronto tra sezioni scatolari chiuse e aperte in torsione (stesso spessore costante e lati uguali)

Sezione chiusa (Bredt) Sezione aperta

Mt Mt 3M
 zs ( chiusa ) =
Mt  zs( aperta
max =
)
bmax = bmax = n t bmax
n
1 3
 
Jt
2 Ab ai bi ai bi 3
i =1 3 i =1
M t l
 '( chiusa ) = M M 3M
4GA2 b  '( aperta ) = t = n t = n t
1
G  ai bi 3 G  ai bi 3
GJ t
i =1 3 i =1
A = l2 l = 4l
n n

( chiusa ) M
b costante e  a = 4l →  a b
i i i
3
= 4lb 3
 zs = 2t i =1 i =1

2l b
M t 4l M
 '( chiusa ) = 4
= 3t
4Gl b Gl b 3M t 3M t 3M t
 zs( aperta )= n
b = 3
b =
4lb 2
a b 3 4lb
i i
i =1

3M t 3M t
 '( aperta ) = n
=
G 4lb3
G  ai bi 3
i =1

Confronto

3M t 3M t
 zs( aperta ) 2 3l  '( aperta ) G 4lb3 3l 2
= 4lb = = = 2
 zs ( chiusa ) Mt 2b  '( chiusa ) Mt 4b
2l 2b Gl 3b

Per usuali rapporti di profili sottili (l=10b ) tale confronto mostra che, a parità di momento
torcente e materiale, la tensioni tangenziale nella sezione aperta aumentano in modo significativo
rispetto alla tensione nella sezione chiusa. Dal punto di vista deformativo la differenza di
comportamento è più elevata perché l’angolo di torsione aumenta di quasi cento volte.

 zs( aperta ) 3  '( aperta ) 3


= 10 = (10 )
2

 zs ( chiusa ) 2 ' ( chiusa )


4

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Meccanica dei Solidi

Esercizio sulle tensioni tangenziali in un profilo sottile (taglio e torsione)

La sezione aperta di parete sottile (a=0.08 m, b=0.007 m) è sollecitata da uno sforzo di taglio T=50
kN applicato come in figura. Determinare l’andamento delle tensioni tangenziali nella sezione.

Soluzione
Prima di tutto occorre individuare la posizione del baricentro e introdurre un sistema di assi principali
d’inerzia della sezione. A tale scopo osserviamo che la sezione è simmetrica rispetto a un asse
verticale e possiamo pensare la sezione formata da tre rettangoli (2 verticali e 1 orizzontale). Le
distanze sono riferite alla linea media del profilo.

Determinazione posizione del baricentro.


Introduciamo un sistema cartesiano (x’,y’) come in figura; le aree dei tre rettangoli e le coordinate dei
rispettivi baricentri sono:

A1 = A3 = 3ab A2 = 4ab A = 10ab


G1 = ( 2a, −1.5a ) G2= ( 0, −2a ) G3 = ( −2a, −1.5a )

Le coordinate del baricentro della figura complessiva sono:

2 ( 3ab )( −1.5a ) + ( 4ab )( −2a )


x 'G = 0 (simmetria) y 'G = = −1.7a
10ab

Calcolo del momento d’inerzia rispetto all’asse principale x.


L’asse y è asse di simmetria della sezione per cui si annulla il momento d’inerzia misto o centrifugo
Jxy rispetto al nuovo sistema di assi baricentrico. Quindi, gli assi x e y sono assi principali per la
matrice d’inerzia.

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Meccanica dei Solidi

Per trovare le tensioni tangenziali dovute al taglio (Jourawski) occorre calcolare il momento d’inerzia
principale rispetto all’asse x che vale:

 b(3a)3 2 1
Jx = 2  + ( 3ab )( 0.2a )  + ( 4a ) b3 + ( 4ab )( 0.3a ) = 5.1a 3b + 0.33ab3
2

 12  12

Il taglio agisce sulla sezione trasversale lungo una linea d’azione che non coincide con l’asse di
simmetria per cui, oltre all’azione del taglio, sulla sezione abbiamo un’azione torcente. E’ necessario
suddividere l’analisi tensionale in due parti.
1) Tensioni tangenziali dovute al taglio passante per il baricentro della sezione.
2) Tensioni tangenziali prodotte dal momento torcente (dovuto all’eccentricità del taglio rispetto
all’asse di simmetria della sezione).

1) Analisi stato tensionale dovuta all’azione del taglio


Utilizziamo la teoria di Jourawski per valutare le tensioni dovute al taglio applicato nel baricentro
della sezione trasversale. Per comodità introduciamo un’ascissa curvilinea s che consente di calcolare
i momenti statici delle differenti porzioni di area limitate dalle rispettive corde, in modo più agevole.

La formula di Bredt per le tensioni tangenziali dovute all’azione del taglio ha la forma:

Ty S x '
 zs = .
J xb

Calcoliamo per i singoli tratti i momenti statici rispetto all’asse x.

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Meccanica dei Solidi

  s 
S x ' ( s1 ) = bs1  1.3a − 1   0  s1  a
  2 

  s 
S x ' ( s2 ) = bs2  1.7a − 2   0  s2  2a
  2 

S x ' ( s3 ) = 3ab ( 0.2a ) − bs3 ( 0.3a ) = 0.6a 2b − 0.3abs3 0  s3  2a

n.b.: nella valutazione del terzo momento statico (lineare in s3), i segni dei due
contributi sono diversi perché le ordinate yG dei baricentri dei due rettangoli
considerati sono: (+0.2a) e (-0.3a).

Ricordando che per i tre tratti la corda è b, le tensioni tangenziali lungo i diversi tratti sono le seguenti:

Ty  1 2  0 ( s1 = 0 )
 zy = 1.3as1 − s1  = 
( 5.1ba + 0.33ab ) 
3 3
2  14 MPa ( s1 = a )

0 ( s2 = 0 )
Ty  1 2 
 zy = 1.7 as − s = 24.5 MPa ( s2 = 2 a )
( 5.1ba3 + 0.33ab3 )  2 2 2  25.3MPa ( s2 = 1.7a )

 0.92 MPa ( s3 = 0 )
( 0.6ab − 0.3bs3 ) = 
Ty
 zx =
( 5.1ba 3
+ 0.33ab3 )  0 ( s3 = 2a )

La tensione tangenziale nel tratto orizzontale è più piccola rispetto alle tensioni tangenziali nei tratti
verticali.

2) Analisi stato tensionale (azione del momento torcente)


Utilizziamo la teoria dei profili sottili aperti. Il modulo di rigidezza torsionale può essere calcolato
ricorrendo alla soluzione di torsione per rettangoli molto allungati (a>>b).

1 3 10 Mt Ty
M t = Ty 2b Jt = 
3 i =1
ai bi 3 = ab3
3
 max =
Jt
b = 0.6 = 53.6 MPa
ab

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Meccanica dei Solidi

Lo stato di tensione complessivo è dato dalla somma delle tensioni tangenziali trovate nelle due
analisi. I valori massimi si hanno sulle corde baricentriche dove si sommano i valori massimi (stessi
segni) delle tensioni tangenziali forniti dalle due analisi (del taglio in giallo e del momento torcente
in blu).

 zy max = ( 25.3 + 53.6 ) MPa = 78.9 MPa

Questo è il valore della tensione tangenziale da


utilizzare per svolgere alcune verifiche di
resistenza della sezione trasversale (von Mises).

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