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MECCANICA

STATICA
1.1 Forze e sistemi di forze
Le forze sono azioni che tendono a produrre una variazione di moto (effetto dinamico),
o una deformazione del corpo cui sono applicate (effetto statico).
- Effetto dinamico: se il corpo è libero di muoversi, l’azione di una forza lo fa muovere
o fa variare il suo moto.
- Effetto statico: se il corpo non è libero di muoversi (corpo vincolato), l’azione della
forza applicata si traduce in uno sforzo che ne produce una deformazione.

Le forze sono grandezze vettoriali i cui elementi caratteristici sono: la retta d’azione, il
verso, il modulo o intensità e il punto d’applicazione.

Nel Sistema Internazionale di unità (SI) l’unità di misura della forza è il newton [N]; si
ricorda che un kilogrammo-peso (ST) è uguale a 9,806 N.
Le forze si possono classificare come:
- forze applicate istantaneamente e per tempi brevi (urti);
- forze applicate gradualmente fino a un valore massimo (carichi statici);
- forze variabili, le cui caratteristiche (intensità, direzione e verso), in parte o tutte,
possono variare nel tempo (carichi dinamici);
- forze concentrate che vengono applicate su punti isolati della superficie di un corpo
(in realtà non esistono forze concentrate, tuttavia possono considerarsi tali le forze
che agiscono su
un’area ristretta di un corpo);
- forze distribuite, che agiscono su enti geometrici estesi (linee, superfici o volumi),
denomi-
nate forze di linea, di superficie e di volume.
Le forze di linea, dette anche carico lineare o pressione lineare, sono espresse
analiticamente dal rapporto fra l’intensità della forza F e la lunghezza l della linea:
(H.1) q=
Le forze di superficie, dette pressione o tensione superficiale, si esprimono mediante
il rap-
porto fra l’intensità della forza F e l’area S:
(H.2) p=

Le forze di volume sono espresse dal rapporto fra l’intensità della forza F e il volume
V:
(H.3) =
Lo studio dell’effetto che un sistema di forze genera sul corpo cui è applicato si
semplifica se a tale sistema si sostituisce una sola forza a esso equivalente, dal punto
di vista degli effetti prodotti, detta risultante del sistema. La determinazione della
risultante di un sistema di forze si effettua con un’operazione detta composizione delle
forze; l’operazione inversa, che permette di passare da una forza a un sistema di forze,
è detta scomposizione di una forza nelle sue componenti.

1.2 Sistemi di forze complanari

Composizione di due forze applicate a uno stesso punto


La risultante di due forze F1 e F2 che hanno direzione diversa e sono applicate a uno
stesso punto può essere determinata graficamente con il metodo del parallelogramma
(fig. H.1)

L’intensità della risultante si ricava per via analitica ricorrendo al teorema di Carnot
(fig.H.1):

𝑅= (𝐹 + 𝐹 − 𝐹 𝐹 𝐶𝑂𝑆𝛽)

𝑅= (𝐹 + 𝐹 − 𝐹 𝐹 𝐶𝑂𝑆𝛼)

Scomposizione di una forza in due componenti convergenti nello stesso punto e aventi
direzioni assegnate
Scomporre una forza in due componenti è un problema che ammette infinite soluzioni;
diventa un problema determinato se si pongono delle condizioni, ad esempio
assegnando le direzioni delle componenti.

Il problema può essere risolto sia con i metodi grafici del parallelogramma e del
triangolo delle forze sia con il metodo analitico che si avvale del teorema dei seni.

- Metodo analitico
Questo metodo prevede l’utilizzo del teorema dei seni, pertanto occorre conoscere gli
angoli formati dalle rette d’azione delle due componenti con la retta d’azione della
forza da scomporre.

Composizione di più forze applicate a uno stesso punto


La composizione di più di due forze complanari applicate nello stesso punto si può
eseguire adottando il metodo grafico del poligono delle forze.
La composizione delle quattro forze si può anche effettuare applicando più volte il
metodo del parallelogramma o metodo delle risultanti successive (fig. H.6a): si ricava
una prima risultante di due forze R1 di due forze qualsiasi fra quelle del sistema, ad
esempio F1 e F2; successivamente la risultante trovata si compone con la terza forza
F3 ottenendo una seconda risultante R2 di F1 F2 e F3; in seguito si compone R2 con
la F4 ricavando la risultante finale R

Composizione di più forze comunque disposte nel piano


La composizione delle forze si può effettuare applicando il metodo delle risultanti
successive o, più semplicemente, mediante la costruzione grafica del poligono delle
forze.
Se le forze non hanno lo stesso punto di applicazione né sono tutte concorrenti, il
metodo del poligono delle forze non consente di individuare la retta d’azione della
risultante del sistema, che sarà definita in intensità e verso.

Momento di una forza rispetto a un punto

Si definisce momento M di una forza F rispetto a un punto P, o momento polare, il


vettore dato dal prodotto della forza per la distanza d fra il punto e la retta d’azione
della forza (fig.H.8):

M=F∧d (H.9)
Il punto P è detto polo, o centro di rotazione, e la sua distanza dalla retta d’azione
della forza (rappresentata dalla normale condotta da P su tale retta) è detta braccio.
Essendo il momento una grandezza vettoriale, gli elementi caratteristici sono:

- il punto d’applicazione P;
- l’intensità, o modulo, che rappresenta la misura del momento;
- la direzione, perpendicolare al piano contenente la forza e il punto P;
- il verso, che indica il senso della rotazione ed è fissato, per convenzione, dalla regola
della mano destra (il momento si considera positivo se la rotazione è in senso
antiorario e il vettore momento è rivolto verso l’alto, cioè uscente dal piano).
Nel SI l’unità di misura del momento è il [N m].
Dato un sistema di forze complanari e scelto un punto nel piano, i singoli momenti
delle forze e il momento risultante del sistema devono soddisfare il teorema di
Varignon, per il quale il momento della risultante del sistema di forze è uguale alla
somma algebrica dei momenti delle singole forze.

1.3 Corpi vincolati


Un corpo rigido si dice vincolato quando le sue possibilità di movimento, denominate
gradi di libertà, sono impedite, in parte o completamente, dal contatto con altri corpi
detti vincoli.
I vincoli possono essere sostituiti dalle loro azioni, dette reazioni vincolari, considerate
come forze aggiuntive al sistema di forze esterne applicate al corpo, definite forze
attive.
Nel caso di forze attive che agiscono su un piano, anche le reazioni vincolari giacciono
sullo stesso piano; il corpo possiede tre gradi di libertà e si hanno i seguenti tipi di
vincoli:
Un corpo rigido libero di muoversi nello spazio (le forze attive e le reazioni vincolari
sono non complanari) ha sei gradi di libertà, corrispondenti a tre traslazioni lungo gli
assi cartesiani x, y e z e a tre rotazioni attorno a essi.

Equilibrio dei corpi vincolati


Lo studio dell’equilibrio dei corpi vincolati si esegue considerandoli come se fossero
liberi e soggetti a un sistema di forze costituito dalle forze attive e dalle reazioni
vincolari.
L’equilibrio si consegue quando il sistema di forze così definito soddisfa le equazioni
cardinali della statica; indicando con FR la risultante di tutte le forze attive e delle
reazioni vincolari e con MR il momento risultante si ha:

FR = 0 (H.11)

MR = 0 (H.12)

Calcolo analitico delle reazioni vincolari


Il calcolo delle reazioni vincolari sarà effettuato, nei due esempi che seguono, per le
strutture isostatiche, considerando prima un sistema piano di forze e poi un sistema
spaziale.

Esempio
Equilibrio di strutture composte
In una struttura composta da più travi si possono individuare vincoli interni e vincoli
esterni. I vincoli esterni collegano esternamente alcune travi della struttura e sono
costituiti da carrelli, cerniere e incastri; i vincoli interni collegano tra loro le varie travi
mediante cerniere (fig. H.13a).

Figura H.13 Esempi di strutture composte: a) a portale con due cerniere esterne e
una interna; b) particolare di due travi collegate da una cerniera.

Si considerino due travi a e b collegate mediante una cerniera C (fig. H.13b).


Ogni trave isolata possiede tre gradi di libertà e la cerniera ne toglie due a ognuna;
nel caso generale in cui si abbiano r travi concorrenti in una cerniera interna, questa
annulla complessivamente 2r gradi di libertà.
Poiché la cerniera conserva due possibilità di traslazione nel piano, in definitiva
vengono soppressi (2r – 2) gradi di libertà. Pertanto, l’esame delle condizioni di vincolo
di una struttura composta si condurrà come segue.

Se si indica con n il numero delle travi componenti la struttura, si devono annullare


complessivamente 3n gradi di libertà affinché la struttura risulti isostatica, per vincoli
interni ed esterni.
Questi gradi di libertà sono soppressi dalle cerniere interne e dai vincoli esterni, perciò
deve essere soddisfatta la seguente relazione:

3n = 3i + 2ce + 1a + (2r – 2) · ci (H.22)

in cui:
- n rappresenta il numero di travi costituenti la struttura;
- r è il numero di travi concorrenti nelle cerniere interne;
- i equivale al numero di incastri;
- ce rappresenta il numero di cerniere esterne;
- a è il numero di appoggi;
- ci è il numero di cerniere interne.

Considerando, ad esempio, il portale della figura H.13 si ha: n = 2, r = 2, i = 0, ce = 2,


a = 0, ci = 1.
Per la relazione H.22 si ricava:

3 × 2 = 3 × 0 + 2 × 2 + 0 + (2 × 2 – 2) quindi: 6=6

Pertanto la struttura è isostatica.

1.4 Sistemi di forze non complanari


Composizione di un sistema di forze concorrenti e ortogonali

R= 𝐹 + 𝐹 +𝐹 cos 𝛼 = cos𝛽 = cosγ =


Scomposizione di una forza in tre direzioni ortogonali tra loro

Teorema delle proiezioni


Nel caso più generale di un sistema di forze nello spazio disposte in modo qualsiasi,
la loro risultante si può ottenere ricorrendo al teorema delle proiezioni.
R= 𝐹 + 𝐹 +𝐹

Momento assiale

Il momento assiale è caratterizzato dai seguenti elementi:


- la direzione della retta s, detta asse di rotazione;
- l’intensità data da M = F' · d, essendo F' = F · cos α la proiezione di F sul piano
ortogonale alla retta s;
- il verso rivolto in alto (uscente dal piano) se la rotazione impressa da F' è in senso
antiorario, al contrario (entrante nel piano) se la rotazione è in senso orario.
Momento di un sistema di forze

M = M1 + M2 = F1 · d1 + F2 · d2
(H.25)

1.5 Macchine semplici e macchine composte


Sono dispositivi, formati da un solo organo meccanico (macchine semplici) o da un
insieme di organi meccanici (macchine composte), in grado di equilibrare o vincere
forze resistenti mediante forze motrici.
Ogni macchina è caratterizzata da un coefficiente K detto vantaggio, il cui valore è
dato dal rapporto fra le intensità della forza resistente (o resistenza) Q e della forza
motrice (o potenza) P:

K=Q/P (H.26)

Se K = 1 la macchina si dice indifferente; nel caso in cui è K < 1 la macchina è detta


svantaggiosa, mentre se K > 1, la macchina si definisce vantaggiosa.

Le macchine semplici possono dividersi in due gruppi:


- le leve, alle quali appartengono la carrucola, fissa e mobile, il paranco e il verricello;
- il piano inclinato, di cui fanno parte il cuneo e la vite.
La leva è una trave che ruota attorno a un punto fisso O detto fulcro, le cui distanze
dalle rette d’azione della potenza e della resistenza si dicono, rispettivamente, braccio
della potenza e braccio della resistenza.
La Carrucola
Paranco

Verricello
Argano

Il Piano inclinato

P = Q1 = Q · sin α K = 1/sin α
P = Q1 = Q · tg α K = 1/tg α
Il cuneo

P=2Qsinα/2 K=1/(2sinα/2)
2 CINEMATICA DEL PUNTO
2.1 Definizioni
La cinematica del punto studia il moto del punto materiale, ossia di un corpo dotato di
materia ma privo di dimensioni.
Le leggi e le conclusioni ricavate per il punto sono valide anche per i corpi di
dimensioni non trascurabili se di essi si considera il moto del proprio baricentro.
Gli elementi caratteristici del moto sono:
- la traiettoria, che rappresenta la linea continua descritta dal punto in movimento;
- la legge del moto, che esprime il legame che intercorre tra lo spazio percorso dal
punto mobile e il tempo impiegato a percorrerlo.
Per distinguere i vari tipi di moto occorre definire le relative grandezze cinematiche:
spazio, velocità e accelerazione.
Si definisce velocità media vm, il rapporto fra lo spazio Δs = (s2− s1) percorso dal
punto e l’intervallo di tempo Δt = (t2− t1) impiegato a percorrerlo:
Vm=Δs/Δt=

V=ds/dt

am=Δv/Δt=

a=dv/dt

2.2 Moto rettilineo uniforme

v = costante a = 0 s = v t

s = s0 + v t

2.3 Moto rettilineo uniformemente accelerato


2.4 Moto rettilineo uniformemente ritardato
2.5 Moto circolare uniforme
È il moto di un punto che percorre una traiettoria circolare di raggio r con velocità
costante nel tempo (fig. H.28),

s=v⋅t ω= ϑ/t
-------
Acp=v2/r = ω2 r

2.6 Moto circolare uniformemente accelerato

ω=(ω-ω0)/t
---------------- ω=ω0+ εt ϑ= ϑ0+ω0t+1/2 ε t2

Le variazioni dell’intensità della velocità periferica v danno origine all’accelerazione


tangenziale
at=(v-v0)/t con at=at = ε r

2.7 Moto armonico

Un punto si muove di moto armonico quando percorre, ripetutamente e


alternativamente nei due versi, un tratto rettilineo in modo che i suoi spostamenti,
rispetto a una posizione di riferimento, varino con legge sinusoidale.
3 CINEMATICA DEI CORPI
3.1 Moti relativi
Il moto di un punto materiale o di un corpo in funzione di un sistema di riferimento a
sua volta in movimento rispetto a un altro sistema considerato fisso è caratterizzato
da tre tipi di velocità, legate tra loro; esse sono:
- la velocità assoluta va, ossia la velocità del punto mobile rispetto al sistema di
riferimento fisso;
- la velocità relativa vr , corrispondente alla velocità del punto mobile rispetto al sistema
di riferimento mobile;
- la velocità di trascinamento vt, che è la velocità del sistema di riferimento mobile
rispetto al sistema di riferimento fisso

La velocità assoluta va di un corpo, nota la sua velocità relativa vr rispetto a un altro


corpo che si muove con una velocità di trascinamento vt, si ottiene come somma
vettoriale della velocità relativa con la velocità di trascinamento:

3.2 Moti composti

Moto parabolico

.
Moto di un corpo rigido parallelamente a un piano fisso

v = ωi*d

Pertanto, nota la velocità periferica vB di un punto B, quella di un altro punto A del


corpo è data dal prodotto della velocità del primo punto per il rapporto delle loro
distanze dA e dB dal centro di istantanea rotazione:

vA =vB*dA/dB

Durante il moto piano di un corpo rigido, le curve polari fissa e mobile rotolano senza
strisciare l’una sull’altra, toccandosi nel centro di istantanea rotazione comune a
entrambe.
Le traiettorie descritte dai punti della polare mobile che rotola senza strisciare sulla
polare fissa sono dette curve cicliche o rollette
DINAMICA DEL PUNTO
4.1 Le leggi fondamentali della dinamica
leggi di Newton:
- la legge d’inerzia o prima legge della dinamica;
- la legge di proporzionalità o legge di azione delle forze o seconda legge della
dinamica;
- la legge dell’uguaglianza fra azione e reazione o terza legge della dinamica.
Legge d’inerzia
Ogni corpo conserva il proprio stato di quiete o di moto rettilineo uniforme finché non
interviene una causa esterna a modificare tale stato.
Legge di proporzionalità
La variazione di moto di un corpo per effetto di una forza esterna, a esso applicata, è
proporzionale all’intensità della forza stessa e ha la direzione e il verso di tale forza.

𝐹 = 𝑚𝑎
4.2 Principio di d’Alembert
𝐹 = 𝑚𝑎 = 𝟎

4.3 Forza centripeta e forza centrifuga

forza centripeta Fcp: Fcp =m acp = m ⋅ ω2 ⋅ r

Per la terza legge della dinamica (a ogni azione corrisponde una reazione uguale e
contraria), all’azione della forza centripeta, che tende a spostare il punto verso il centro
della traiettoria, corrisponde una forza di reazione uguale e contraria che tende ad
allontanare il punto dal centro. Questa forza di reazione prende il nome di forza
centrifuga ed è caratterizzata
dall’avere la stessa intensità e la stessa direzione radiale della forza centripeta ma
verso opposto, cioè è diretta verso l’esterno della traiettoria (fig. H.33).
Fcf = -m acp = - m ⋅ ω2 ⋅ r cf

4.4 Teorema della quantità di moto

Impulso=𝐹 ∗ 𝛬𝑡

Quantità di moto=𝑚 ∗ 𝑣

Anche la quantità di moto è una grandezza vettoriale che ha la direzione e il verso del
vettore velocità, intensità uguale al prodotto (m · v) e si misura in [N s].
La relazione fra l’impulso e la quantità di moto si esprime mediante il teorema della
quantità di moto, che afferma:
l’impulso di una forza agente su un punto materiale per un intervallo di tempo t è
uguale alla variazione della quantità di moto del punto materiale nello stesso intervallo
di tempo.
Analiticamente si esprime nella forma:

F*t = m*(vf − vi)


4.5 Lavoro ed energia
Lavoro sviluppato da una forza
L = F* s * cos α

- si ha lavoro motore nel caso in cui il verso della forza è coincidente con quello dello
spostamento (α < 90°);
- si ha lavoro resistente se il verso della forza è opposto a quello dello spostamento
(α > 90°);
- il lavoro è nullo nel caso in cui la direzione della forza è perpendicolare alla direzione
dello spostamento (α = 90°);
- per α = 0° si ha il massimo lavoro motore, che risulta L = F s, mentre per α = 180° si
ha il massimo lavoro resistente.
Il lavoro è una grandezza scalare, la cui unità di misura nel sistema SI è il joule [J].

Energia
L’energia posseduta da un corpo è intesa come la capacità di un corpo di sviluppare
lavoro.

Si definisce energia meccanica l’energia posseduta dai corpi in movimento oppure in


quiete che, con il loro spostamento, sono in grado di sviluppare lavoro meccanico.
Pertanto l’energia meccanica assume le forme denominate energia cinetica Ec
quando si riferisce al corpo in movimento ed energia potenziale Ep se riferita a corpi
in quiete ma in grado di muoversi se liberi da vincoli.

energia potenziale di posizione L = Q*h Q=peso h=altezza

energia potenziale elastica L=1/2 F*s F è la forza che provoca la


contrazione della molla del tratto s

energia potenziale di pressione L = p*A*s


p è la pressione esercitata dal fluido sullo stantuffo, libero di muoversi, A è l’area della
sezione retta dello stantuffo ed s è lo spostamento dello stantuffo.
Energia Cinetica L=1/2* m vf2-1/2* m vi2

teorema delle forze vive o teorema dell’energia cinetica, il cui enunciato è:


il lavoro sviluppato da una forza di intensità costante agente su un punto materiale è
uguale alla variazione di energia cinetica del punto stesso.

4.6 Principio di conservazione dell’energia cinetica

Il principio di conservazione dell’energia che regola i fenomeni di trasformazione


dell’energia ed è valido per tutte le forme di energia, afferma:

se un corpo non cede o riceve energia da altri corpi, trascurando i fenomeni dissipativi,
sempre presenti nelle trasformazioni energetiche, l’energia totale da esso posseduta
rimane costante, indipendentemente dalle trasformazioni subite.
Et = Ep + Ec = costante (H.80)

che rappresenta il principio di conservazione dell’energia meccanica

4.7 Potenza sviluppata da una forza

La potenza è definita come il lavoro sviluppato da una forza nell’unità di tempo.

P=L/t

e la sua unità di misura nel sistema SI è il joule al secondo [J/s], denominato watt [W].
Ancora usato è il il cavallo vapore [CV] = 735,5 [W].
L’espressione della potenza può assumere un’altra forma in cui compare la velocità:

P = F*v (H.82)
5 DINAMICA DEL CORPO ROTANTE
5.1 Equazione fondamentale
Quando un corpo è in rotazione attorno a un asse fisso, detto asse di rotazione, la
coppia di momento M cui è soggetto è uguale al prodotto del momento d’inerzia
assiale di massa J del corpo rispetto all’asse di rotazione, per la sua accelerazione
angolare:
M=Ј*ε(H.84)

ε=Coppia d’inerzia
Ј= Il momento d’inerzia di massa J rappresenta l’inerzia dei corpi in rotazione, ossia
la resistenza che essi oppongono alle variazioni del moto rotatorio. L’unità di misura
del momento d’inerzia di massa nel SI è il [kg m2].
5.2 Teorema del momento della quantità di moto

- J · ω è il momento della quantità di moto, dato dal prodotto del momento d’inerzia di
massa
per la velocità angolare.

5.3 Lavoro di una coppia

L=M*ϑ

5.4 Teorema dell’energia cinetica

L’energia cinetica Ec di un corpo rigido in rotazione con velocità angolare ω costante,


è data dal semiprodotto del suo momento d’inerzia di massa J per il quadrato della
sua velocità angolare ω

Ec=1/2 J*ω2

Secondo il teorema dell’energia cinetica, o delle forze vive, dei corpi rigidi in rotazione,
il lavoro sviluppato dal momento M applicato a un corpo in moto rotatorio è uguale alla
variazione di energia cinetica del corpo stesso:

L=1/2 J ωf2 + 1/2 J ωi2

ω velocità angolari iniziali e finali del corpo rotante

5.5 Potenza di una coppia

P=M·ω P=M*2πn/60=M*n/9,549
--------------
In tale relazione la potenza è espressa in [kW] e il momento in [N m].

5.6 Dinamica dei sistemi isolati e urto fra due corpi


Per i sistemi isolati valgono:
- il principio di conservazione della risultante e del momento risultante delle forze: le
forze interne, per il principio di azione e reazione, costituiscono un sistema equilibrato;
- il principio di conservazione della velocità del baricentro: non essendo presenti forze
esterne, il baricentro è in quiete o in moto uniforme e le forze interne, avendo risultante
nulla, non influiscono sul suo moto;
- il principio di conservazione della quantità di moto del sistema: le quantità di moto
dei singoli punti possono cambiare, ma la loro somma rimane costante se non sono
presenti forze esterne.
Per urto s’intende la collisione fra due corpi che possono essere entrambi in moto
oppure uno in moto e l’altro fermo.
Gli urti sono solitamente classificati a seconda che in essi rimanga invariata o meno
l’energia cinetica: l’urto è detto elastico, se l’energia cinetica rimane costante,
altrimenti è detto anelastico (non elastico).
6 RESISTENZE PASSIVE
6.1 Attrito radente o di strisciamento
Un corpo, non soggetto ad alcuna forza esterna ma solo all’azione del proprio peso,
che si muove con velocità costante su un piano orizzontale, incontra una resistenza
(forza che si oppone al moto), dovuta allo strisciamento fra corpo e piano, che prende
il nome di resistenza d’attrito radente o di strisciamento Fa.
Nel contatto di strisciamento fra corpi con superfici asciutte, cioè senza sostanze
lubrificanti interposte, il fenomeno dell’attrito radente è detto attrito secco e può
manifestarsi in due forme diverse:
- attrito radente statico, o di primo distacco, che si genera all’inizio dello scorrimento
relativo dei corpi in contatto;
- attrito radente cinetico, che si manifesta quando i corpi a contatto sono già in moto
relativo.

La forza d’attrito radente Fa può assumere un valore qualsiasi, inferiore o uguale a un


limite massimo corrispondente all’inizio dello strisciamento relativo; tale valore
massimo, cui corrisponde l’angolo d’attrito , è dato dalla relazione:

Fa = tg ϕs Fn = fs · Fn (H.97)

in cui Fn è la forza normale di contatto e il termine tg è il coefficiente d’attrito statico


fs.

Iniziato il moto relativo di strisciamento, l’angolo d’attrito diminuisce bruscamente e il


corrispondente coefficiente d’attrito prende il nome di coefficiente d’attrito cinetico fc;
pertanto si ha:

Fa = fc · Fn (H.98)

Il coefficiente d’attrito statico fs può essere 1,5 ÷ 2,5 volte maggiore di quello cinetico
fc.
L’esperienza dimostra che i coefficienti d’attrito fs e fc possono ritenersi indipendenti.

6.2 Attrito nei perni

Ma= fc Fn d/2

Per i perni di spinta, soggetti a carichi assiali, Il momento d’attrito risulta:


Ma= fc Fn R

6.3 Attrito volvente o di rotolamento


Se un corpo a sezione retta circolare (sfera o cilindro) rotola senza strisciare su un
piano per effetto di una coppia motrice di momento Mm, il piano esercita su di esso
una coppia di reazione di momento Mr, detto momento d’attrito volvente, che ne
ostacola il rotolamento.

Mm = Fn · u

6.4 Resistenza del mezzo


Un corpo che si muove in un mezzo viscoso, ossia in un fluido reale, incontra una
forza F dovuta al fluido che, in generale, presenta una componente Ft in direzione
opposta a quella del moto, detta resistenza, e una componente Fn normale al moto,
detta portanza.

La somma della resistenza d’attrito e della resistenza di scia, nota come resistenza di
profilo Fp, costituisce la resistenza del mezzo, la cui espressione analitica è:
Fp=0.5 Cr ρ A v2 (H.103)

A, detta area frontale o sezione maestra, è l’area ottenuta mediante proiezione


ortogonale del corpo in direzione del fluido (massima sezione ortogonale alla direzione
del moto);
- ρ è la massa volumica del fluido (per l’acqua: ρ = 1000 kg/m3; per l’aria: ρ = 1 kg/m3);
- v è la velocità relativa fra corpo e fluido;
- Cr (o Cx) è un coefficiente adimensionale detto coefficiente di resistenza di profilo
7 MECCANICA DELLE MACCHINE
7.1 Rendimento di macchine e meccanismi

- lavoro motore Lm il lavoro prodotto dalle forze motrici responsabili del moto del
meccanismo;
- lavoro utile Lu il lavoro sviluppato dalle forze resistenti utili (costituisce l’effetto utile
che la macchina deve produrre);
- lavoro perduto Lp il lavoro speso per vincere gli effetti delle forze resistenti passive
(è rappresentato dal lavoro delle forze d’attrito che si trasforma in calore non
utilizzabile).
Nel caso di funzionamento reale, il lavoro motore deve essere uguale alla somma del
lavoro utile e del lavoro perduto per vincere gli attriti:

Lm = Lu + Lp

η, è definito rendimento meccanico:

η=

Essendo la potenza definita come il lavoro sviluppato nell’unità di tempo, si ottengono


due altre espressioni del rendimento:

η=

dove: Pu è la potenza utile e Pp è la potenza perduta;

η=

in cui: Pmo è la potenza motrice ideale, uguale alla potenza utile Pu e Pm = Pu + Pp


è la potenza motrice reale.

1 – η=(Lm –Lu)/Lm=Lp/Lm

Le stesse considerazioni valgono anche per il rendimento totale di più macchine


collegate fra loro.

ηt = η1· η2 · η3 · ...· ηn
7.2 Misura della potenza

La potenza effettiva di una macchina motrice è la potenza disponibile sull’albero


motore o quella assorbita per l’azionamento di una macchina operatrice. Esprimendo
la potenza P in [kW], il momento M della coppia trasmessa in [N m] e la frequenza di
rotazione n in [giri/min], si ha:

P= M* ω=M*n/9549

Pertanto, la potenza effettiva si può valutare, con metodi di misura frequenza di


rotazione n con un tachimetro e determinando il valore del momento torcente M della
coppia trasmessa per mezzo di torsiometri o di freni dinamometrici.
8 RESISTENZA DEI MATERIALI

8.1 Geometria delle masse

Centro delle forze parallele e baricentro

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