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1) Descrivere

il tensore degli sforzi di Cauchy



Il tensore degli sforzi di cauchy è una matrice 3x3 contenente i valori delle tensioni interne
ad un solido definito come tetraedro di cauchy, raffigurante gli stati di sforzo normali e
tangenziali alle facce del solido analizzato. Il tensore degli sforzi si ricava imponendo
l’equilibrio alla traslazione, deducendo che il tensore degli sforzi è simmetrico e alla
rotazione del tetraedro, deducendo così che lo sforzo è caratterizzato da sole 6 componenti
indipendenti.

2) Spiegare la natura matematica del legame tra spostamenti e deformazioni quando gli
spostamenti sono piccoli

Considerare che i cambiamenti di configurazione siano piccoli permette di confondere la
posizione corrente del punto materiale con quella che esso occupava nella posizione iniziale.
)*
Posto 𝑢" = 𝑢 + 𝛻𝑢 ∙ 𝑑𝑥 dove 𝑢 rappresenta la traslazione rigida, 𝛻𝑢 = il tensore
)+
gradiente di spostamento che è possibile scomporre nelle parti simmetrica e asimmetrica:
1
𝜀 = (𝛻𝑢 + 𝛻 0 𝑢 )
2

1
𝜔 = (𝛻𝑢 − 𝛻 0 𝑢 )
2

3) Discutere le equazioni di equilibrio indefinite per il continuo, accennando a come vengono
ottenute.

Le equazioni indefinite di equilibrio per un continuo vengono introdotte per il calcolo del
tensore degli sforzi di Cauchy. La prima impone l’equilibrio alle traslazioni:
𝑅 = 0 → 𝜎9 𝑑𝐴; − 𝜎; 𝑑𝐴; − 𝜎< 𝑑𝐴< − 𝜎= 𝑑𝐴= + 𝑏𝑑𝑉 = 0
dove i segni meno indicano che gli assi principali sono entranti nel solido considerato e le
forze di volume sono trascurabili perché di ordine di infinitesimo maggiore.
La seconda equazione impone l’equilibrio alle rotazioni:
𝑑𝑥= 𝑑𝑥=
𝑥; : −𝜎=< 𝑑𝐴= − −𝜎<= 𝑑𝐴< 𝑑𝐴< = 0
3 3
Considero soltanto questi due sforzi dato che sono gli unici che forniscono momento non
nullo sul solido considerato. Ma, escludendo le sigma, le restanti parti indicano il volume dV
sul quale agiscono le sigma.

4) Discutere i valori limite del coefficiente di Poisson

Il coefficiente di Poisson rappresenta il rapporto tra la deformazione trasversale e la
deformazione assiale, a meno del segno.
𝜀C
𝜈=−
𝜀+
;
Il coefficiente di Poisson varia tra −1 ≤ 𝜈 ≤ che sta ad indicare che i materiali restano
<
stabili anche quando, allungando la barretta, questa subisce anche una dilatazione.


5) Indicare come si ricava la relazione tra le costanti elastiche E e G e il coefficiente di Poisson.
Spiegare sotto quale ipotesi queste costanti sono legate tra loro da tale relazione.

Esplicitando la relazione tra una generica componente di sforzo T e lo scorrimento angolare
omologo, partendo dall’equazione di legame diretto 𝜏+C = 𝐺 ∙ 𝜑+C e inverso 𝜑+C =
HIJ K
2 1+𝜈 . Confrontando le due si ottiene 𝐺 =
K <(;MN)

6) Descrivere l’analogia idrodinamica utilizzata per la soluzione di problemi complessi di
torsione. Indicare per quali sezioni è possibile ottenere informazioni dalla distribuzione di
tensioni tangenziali a partire da tale analogia.

Le equazioni che consentono di determinare il campo di velocità di 𝜈 𝑥, 𝑦 del fluido sono:

𝑑𝑖𝑣 𝜈 𝑥, 𝑦 = 0,
𝑟𝑜𝑡 𝜈 𝑥, 𝑦 = 𝑐𝑜𝑛𝑠𝑡. 𝑖𝑛 𝐴
𝜈 ∙ 𝑛 = 0 𝑠𝑢 𝑑𝐴

in funzione delle componenti cartesiane 𝜈+ , 𝜈C si scrive esplicitamente:

𝜕𝜈+ 𝜕𝜈C
+ =0
𝜕𝑥 𝜕𝑦
𝑖𝑛 𝐴, 𝜈+ 𝑛+ + 𝜈C 𝑛C = 0 𝑠𝑢 𝜕
𝜕𝜈C 𝜕𝜈+
− =𝐾
𝜕𝑥 𝜕𝑦

è immediato constatare che le precedenti equazioni siano formalmente analoghe a quelle
che governano il calcolo delle tensioni tangenziali nella sezione di un prisma di Saint. Venant
soggetto a torsione.

7) Prendendo spunto dalla costruzione del cerchio di Mohr definire gli sforzi principali negli
stati piani di sforzo

Gli sforzi principali sono quelli identificati da vettori sforzo diretti come n, ovvero la normale
alla superficie sulla quale agiscono gli sforzi stessi. Nel cerchio di Mohr identificato dalla
[\\ ][^^ < < [\\ M[^^
circonferenza di raggio 𝑅 = + 𝜎;< e centro in 𝐶 = , 0 è possibile
< <
visualizzare gli sforzi principali.

8) Spiegare come sia possibile ottenere la relazione “Diretta” che esprime gli sforzi in
funzione delle deformazioni, a partire da quella “Inversa” che esprime le deformazioni in
funzione degli sforzi

Analizzando i materiali isotropi, ovvero quelli che rispondono in egual modo agli sforzi
indipendentemente dalla direzione di applicazione, è possibile ricavare un legame tra gli
sforzi applicati e le deformazioni subite dai materiali stessi. Per definire la forma diretta e
inversa, 𝜔 deve essere una forma quadratica omogenea. Il comportamento elastico lineare
di un materiale isotropo è definito da 2 costanti elastiche indipendenti, le costati di Lamè
;
𝜆 𝑒 𝐺 per cui: 𝑤 𝜀 = (𝜆 + 2𝐺)< ∙ 𝐼;< − 2𝐺 ∙ 𝐼< . Esplicitando le equazioni di legame e
<
calcolando le derivate si ottiene il legame diretto per i materiali isotropi:
𝜎 = 𝜆 𝑡𝑟 𝜀 ∙ 𝐼 + 2𝐺𝜀
Dove G rappresenta il rapporto tra un generico sforzo tangenziale e uno scorrimento
angolare, e viene definito modulo di taglio o elasticità tangenziale.
Per definire la forma inversa faccio uso delle costanti ingegneristiche 𝐸, 𝜈 rispettivamente
;
Modulo di Young e coefficiente di Poisson, da cui si ottiene 𝜀 = −𝜈 𝑡𝑟𝜎 ∙ 𝐼 + 1 + 𝜈 𝜎
K

9) Come si individuano gli assi principali di inerzia di una sezione

Date 𝑥, 𝑦 𝑒 (𝑛, 𝑡) due coppie di assi ortogonali nel piano, con origine in comune e ruotate
di un angolo 𝛼(𝑔𝑖𝑎𝑐𝑖𝑡𝑢𝑟𝑎) positivo se antiorario che trasporta x su n, (n,t) si dicono assi
principali di inerzia per la sezione considerata se il momento centrifugo 𝐽9i = 0, cioè quando
]<mIJ
tan 2𝛼 =
mI ]mJ

10) Spiegare la differenza tra uno sforzo normale e uno tangenziale

Gli sforzi normali sono sforzi agenti perpendicolarmente alle superfici ortogonali alle
direzioni principali. Le componenti che agiscono parallelamente alle stesse superfici sono
dette sforzi tangenziali.

11) Descrivere la formula di Jourawski per la distribuzione degli sforzi dovuti al taglio in una
sezione compatta simmetrica e simmetricamente caricata

0p qq
La formula di jurawsky 𝜏no = fornisce il valore esatto delle tensioni tangenziali medie
rm
agenti normalmente alla generica corda che taglia la sezione. Il valore medio viene calcolato
sfruttando le considerazioni di equilibrio mentre la determinazione del valore puntuale della
𝜏no richiederebbe l’utilizzo di tutte le equazioni governanti del problema in esame
(Equilibrio – Congruenza – Legame). S’’ rappresenta il momento statico rispetto all’asse della
sezione, T è il valore del taglio sull’elemento di cui analizzo la sezione, b è lo spessore della
parete e J è il momento d’inerzia torsionale.

12) Descrivere la differenza fra piccole deformazioni e deformazioni logaritmiche

La differenza tra piccole deformazioni e deformazioni logaritmiche dipende dalla scelta della
misura della deformazione della barretta presa in esame.
Nel caso di piccole deformazioni si considera l’allungamento unitario:
∆𝐿
𝜀=
𝐿u
Nel caso di deformazioni logaritmiche, dove le misure sono caratterizzate dall’essere nulle
solo nel caso in cui non ci sia variazione di lunghezza, si avrà:
v
𝑑𝐿w 𝐿
𝜀v = = ln
vy 𝐿′ 𝐿u

13) Descrivere il criterio di resistenza di Galileo e darne la rappresentazione nel caso di stati di
sforzo tridimensionale e piano

Il criterio di resistenza di Galileo assume come grandezza indice del pericolo lo sforzo
normale agente su una generica superficie passante per il punto del solido in esame.
La formula che esprime il criterio è:

−𝜎{ ≤ 𝜎 𝑛 ≤ 𝜎i
ed essendo n un tensore questa relazione vale per ciascuna delle 3 componenti 𝜎| , 𝜎|| , 𝜎|||
Nello spazio degli sforzi principali tali disuguaglianze definiscono un cubo non centrato
nell’origine se 𝜎{ ≠ 𝜎i . Il dominio degli sforzi ammissibili nel caso di stato piano di sforzo
𝜎||| = 0 si semplifica in un quadrato.


14) Spiegare, se esiste, qual è il legame tra gli sforzi tangenziali e la deformazione volumetrica

Considerando il tensore delle piccole deformazioni 𝜀 gli autovalori individuano le direzioni
principali di deformazione. Sfruttando la proprietà delle direzioni principali di deformazione
è semplice calcolare la variazione di volume specifica di un generico elemento del corpo.
Siano 𝑑𝑥| , 𝑑𝑥|| , 𝑑𝑥||| le lunghezze degli spigoli del parallelepipedo. Il volume iniziale
dell’elemento è 𝑑𝑉u = 𝑑𝑥| ∙ 𝑑𝑥|| ∙ 𝑑𝑥||| . A deformazione avvenuta la variazione di volume
~•]~•y
specifica è espressa dalla formula: = 𝜀;; + 𝜀<< + 𝜀== = 𝑑𝑖𝑣 𝑢
~•


15) Scrivere l'equazione indefinita che lega il carico q(x) a T(x) e M(x)

Le equazioni che legano il carico al taglio e al momento sono utilizzate per il calcolo delle
reazioni interne alle strutture che analizziamo. Nel caso di carichi distribuiti è possibile
identificare le due equazioni generali:
𝑇 𝑥 = 𝑞u ∙ 𝑥, lineare
+
𝑀 𝑥 = 𝑞u ∙ 𝑥 ∙ , quadratico
<

16) ln che condizioni vale la formula di Von Mises per gli sforzi dovuti ad un momento torcente
e indicare il significato dei termini della formula

Il criterio di Von Mises assume come grandezza indice del pericolo dello sforzo l’energia di
distorsione per unità di volume. Il criterio viene applicato a materiali con comportamento
;
elastico lineare. Dato 𝜔 = 𝜎ƒ„ ∙ 𝜀ƒ„ , potenziale elastico il criterio si traduce nella
<
diseguaglianza 𝜔~ ≤ 𝜔~u con 𝜔~u valore limite dell’energia di distorsione ammissibile per il
materiale. Nel caso di tipo trave la disuguaglianza si traduce in 𝜎ƒ~ = 𝜎 < + 3𝜏 <


17) Introdurre la nozione di stabilità dell'equilibrio e calcolare il Pcr

Per un’asta compressa la configurazione rettilinea è sempre di equilibrio ma rischia di essere
instabile se il carico è eccessivo. Per questo motivo è necessario verificare la stabilità della
configurazione in presenza di forze di compressione. L’equilibrio può essere di tre tipi:
• Stabile: Se dopo la perturbazione torno nelle condizioni iniziali (Componente
Stabilizzante)
• Instabile: Se dopo la perturbazione non torno nelle condizioni iniziali (Componente
Instabilizzante)
• Indifferente: non sono presenti né componenti stabilizzanti né instabilizzanti.

Per calcolare il carico critico si utilizza un approccio perturbativo: 𝑃{† = dove 𝑘 ∙ 𝜕𝜑 è il
ˆ
momento di richiamo, e 𝑙 è la lunghezza dell’asta con cui calcolo il momento destabilizzante
𝑙 ∙ sin 𝜕𝜑 ∙ 𝑃

18) ln un legame costitutivo lineare, isotropo e omogeneo una variazione di una componente
normale di sforzo provoca una variazione della pressione isotropa? E del deviatore di
sforzo?

Lo sforzo 𝜎 agente in un generico punto è sempre scomponibile nella somma di un sforzo di


tipo isotropo 𝑝𝐼 e di un secondo contributo S detto sforzo deviatorico.
1
𝑝 = (𝜎| + 𝜎|| + 𝜎||| )
3
è detta pressione isotropa, quindi dalla relazione appena scritta possiamo vedere che una
variazione di una qualsiasi delle componenti normali implica una variazione della pressione
isotropa.
<[\\ ][^^ ][••
𝜎;< 𝜎;=
=
<[^^ ][\\ ][••
Il deviatore di sforzo è definito come 𝑆 = 𝜎<; 𝜎<=
=
•• <[ ][ ][
^^ \\
𝜎=; 𝜎=<
=
quindi anche da qui è possibile rilevare la variazione del deviatore di sforzo al variare si una
qualsiasi delle componenti normali.

19) Descrivere il comportamento dei materiali oltre il tratto elastico

Per caratterizzare il legame costitutivo di materiali metallici quali l’acciaio, in regime
monoassiale si ricorre tipicamente a prove di trazione semplice su barre. Superata la prima
fase detta “elastica lineare” limitata da un valore di sforzo 𝜎u 𝑑𝑒𝑡𝑡𝑜 𝑑𝑖 𝑠𝑛𝑒𝑟𝑣𝑎𝑚𝑒𝑛𝑡𝑜, la
lunghezza della barretta aumenta bruscamente pur non variando il carico applicato. Al
termine di questa fase, per produrre ulteriori incrementi di deformazione, è necessario
aumentare lo sforzo oltre 𝜎u . Questa fase detta “incrudente” è caratterizzata da una totale
mancanza di linearità tra sforzi e deformazioni e il comportamento del materiale risulta
irreversibile. La fase incrudente è l’ultima prima della rottura del provino.



20) Descrivere la flessione retta

Dato un prisma i cui carichi applicati sulle basi abbiano risultante nulla ma con momento
attorno ad uno degli assi principali di inerzia diverso da 0, l’unica caratteristica di
sollecitazione agente sul prisma è il momento flettente. Nell’ipotesi di sforzo caratterizzato
da una unica componente non nulla 𝜎n , e in assenza di forze di volume l’equazione di
)HI‘ )HJ‘ )[‘
equilibrio indefinito + + = 0 è soddisfatta per le ipotesi, essendo 𝜎n
)+ )C )n
indipendente da z.
Anche le deformazioni prodotte da 𝜎n sono funzioni lineari della posizione e soddisfano le
condizioni di congruenza interna.
Lo stato di sforzo del prisma risulta dunque caratterizzato da:
𝑀+ ∙ 𝑦
𝜎n =
𝐽+

𝜎+ = 𝜎C = 𝜏+C = 𝜏n+ = 𝜏nC = 0

21) Centro di taglio

Il centro di taglio è il punto per il quale passa la retta di applicazione del taglio affinché la
torsione geometrica del prisma sia nulla. Per determinarlo si impone che le caratteristiche di
sollecitazione di taglio e di torsione siano “Energeticamente ortogonali” nel senso che gli
sforzi prodotti dall’una compiano globalmente un lavoro nullo per le deformazioni prodotte
dall’altra.

22) Formula di Bredt

La formula di Bredt serve a determinare, con buona approssimazione, le tensioni tangenziali
in un profilo sottile chiuso soggetto a torsione alla st.Venant.
𝑀i
𝜏n’ 𝑠 =
2𝐴o 𝑏(𝑠)
dove M è il momento torcente, 𝐴o rappresenta l’area racchiusa nel profilo medio della
sezione, e b rappresenta lo spessore della parete considerata.

23) Come si estende la costruzione del cerchio di Mohr nel caso tridimensionale

La costruzione grafica del cerchio di Mohr ottenuta


da una sola coppia di sforzi principali può essere
proposta negli altri due piani principali, ottenendo in
tal modo 3 cerchi che intersecano l’asse 𝜎 in
𝜎| , 𝜎|| , 𝜎||| . Le coordinate dei punti di ciascun cerchio
forniscono le componenti dello sforzo agente su una
superficie passante per il punto in esame e parallela
a una delle 3 direzioni principali. Si può dimostrare
che le componenti normale e tangenziale del vettore
sforzo agente su una superficie di giacitura generica
definiscono i punti appartenenti alla regione del
piano di mohr compresa fra i 3 cerchi detta “Arbelo di Mohr”.

24) Spiegare il significato di deformazione tangenziale

Considerato il tensore delle piccole deformazioni 𝜀 le componenti a indici diversi sono pari a
metà degli scorrimenti angolari fra le fibre inizialmente dirette come una coppia di assi
coordinati, quindi le azioni tangenziali comportano una rotazione delle fibre del mio
campione.

25) Scrivere la relazione tra deformazione volumetrica e pressione isotropa

~•]~•y
Essendo la deformazione volumetrica espressa dalla formula = 𝜀;; + 𝜀<< + 𝜀== e
~•
;
avendo definito la pressione isotropa come 𝑝 = (𝜎| + 𝜎|| + 𝜎||| ) posso osservare che la
=
variazione di volume subita da un volumetto è proporzionale alla pressione isotropa agente
;
sul volume stesso esseno 𝜀ƒ = 𝜎ƒ .
K

26) Differenza tra i criteri di tresca e Von Mises nel caso piano

Il criterio di Tresca assume come G.I.P. l’intensità dello sforzo tangenziale che si traduce in
𝜏o“+ ≤ 𝜏u . Per esprimere tale disuguaglianza in termini di sforzi principali si può ricordare
che nel piano di Mohr le componenti normali e tangenziali agenti su una superficie
corrispondono ai punti del cosiddetto arbelo di Mohr identificando un esagono. In definitiva
l’insieme di disuguaglianze che definisce il criterio di tresca in termini di sforzi principali si
scrive:
−𝜎u ≤ 𝜎| − 𝜎|| ≤ 𝜎u
−𝜎u ≤ 𝜎|| − 𝜎||| ≤ 𝜎u
−𝜎u ≤ 𝜎||| − 𝜎| ≤ 𝜎u

Nel particolare caso di analisi di una trave il criterio di Tresca si traduce in 𝜎ƒ~ = 𝜎 < + 4𝜏 <
Il criterio di Von Mises utilizza l’energia di distorsione per unità di volume, la relazione si
traduce in 𝜔~ ≤ 𝜔~u ed è possibile fare le medesime osservazioni relative al cerchio di Mohr
identificando tuttavia un’ellisse. In termini di sforzi principali:
1
𝜎 − 𝜎|| < + 𝜎|| − 𝜎||| < + 𝜎||| − 𝜎| < ≤ 𝜎u<
2 |
Nel particolare caso di analisi di una trave il criterio di Von Mises si traduce in 𝜎ƒ~ =
𝜎 < + 3𝜏 <

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