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S.d.C.

Risposte alle domande frequenti


N.B. Integrare le risposte con più disegni ed esempi possibile.
1. Definizione di circonferenza di Mohr per un generico stato di tensione piano e individuazione
delle tensioni principali

La circonferenza di Mohr è un metodo geometrico utilizzato per il calcolo delle tensioni normali
principali di un elemento e del loro orientamento nello spazio a partire dalle componenti di tensione σx,
σy, τx dell’elemento. Per ottenere le equazioni della circonferenza di Mohr si parte da un elemento il cui
stato di tensione piana sia definito dalle tensioni σx, σy, τxy e che queste siano nulle. Si vogliono
determinare queste tensioni dopo che l’elemento sia stato ruotato di un angolo θ intorno all’asse z.
Dalle equazioni di equilibrio alla traslazione si ottiene che la somma delle tensioni normali esistenti
prima della rotazione è pari a quella delle tensioni dopo la rotazione: σx + σy = σx’ + σy’
Si può concludere quindi che la somma delle tensioni normali in un elemento è indipendente dal suo
orientamento nello spazio.
Le equazioni di equilibrio utilizzate precedentemente corrispondo alle equazioni parametriche di una
circonferenza.
Per la costruzione geometrica della circonferenza: si individuano il punto X di coordinate σx e -τxy ed il
punto Y di coordinate σy e +τxy, si uniscono i due punti e si fissa il centro della circonferenza nel punto in
cui il segmento XY interseca l’asse orizzontale.
Tramite questa costruzione si ottengono le tensioni principali dell’elemento:
le ascisse dei punti di intersezione tra la circonferenza e l’asse orizzontale rappresentano i punti di
minima e massima tensione normale e tensione tangenziale nulla. Questi valori possono essere
2𝜏𝑥𝑦
utilizzati per determinare l’orientamento dell’elemento nello spazio: 𝑡𝑎𝑛2𝜃𝑝 =
𝜎𝑥 −𝜎𝑦

I punti posti sul diametro verticale della circonferenza corrispondono al valore massimo assoluto della
𝜎𝑥 −𝜎𝑦
tensione tangenziale τxy. Si ottiene che 𝑡𝑎𝑛2𝜃𝑠 = −
2𝜏𝑥𝑦
Confrontando le due equazioni si nota che l’orientamento della tensione normale differisce di 45° da
quello della tensione tangenziale, quindi i piani di massima tensione tangenziale sono inclinati di 45°
rispetto ai piani principali.

2. Criteri di resistenza per i materiali fragili (max. tensione normale e


criterio di Mohr)

Per la determinazione della sicurezza di un elemento strutturale realizzato


con un materiale fragile è possibile utilizzare due criteri di resistenza: il
criterio della massima tensione normale e il criterio di Mohr. Secondo il
primo, il componente collassa quando la massima tensione
normale raggiunge la tensione normale ultima ottenuta
mediante una prova di trazione; l’elemento sarà sicuro fino a
che i valori assoluti delle tensioni normali principali σa e σb
rimangono al di sotto di σU.
Il criterio di Mohr può essere utilizzato quando si conoscono i
risultati sia della prova di trazione che di quella di
compressione per quel materiale. Vengono costruite due circonferenze che da un lato intersecano
l’asse orizzontale nell’origine e nell’altro, rispettivamente, il valore σUT (trazione) e il valore σUC
(compressione). Se la circonferenza di Mohr corrispondente allo stato di tensione è compresa
interamente all’interno di una delle due circonferenze, l’elemento può essere considerato sicuro.

3. Criterio di resistenza per i materiali duttili (max. tensione tangenziale e


max. energia di distorsione)

Il criterio della massima tensione tangenziale è basato sul fatto che nei
materiali duttili lo snervamento è causato dallo scorrimento del materiale su
superfici oblique e quindi da tensioni tangenziali.
Secondo questo criterio, l’elemento è sicuro fino a che il massimo valore
della tensione tangenziale τ rimane al di sotto del corrispondente valore tangenziale che causa lo
snervamento del provino in trazione.

Il criterio della massima energia di distorsione è basato sulla determinazione


dell’energia associata alle deformazioni del materiale, detta energia di
distorsione. Il componente è sicuro fino a quando il massimo valore di energia
di distorsione per unità di volume rimane al di sotto di quello che causa lo
snervamento di un provino dello stesso materiale sottoposto a trazione.
Dalle equazioni di questo criterio si ricava un’ellisse che risulta essere più
conservativa rispetto all’esagono del criterio della massima tensione tangenziale in quanto, a parità di
materiale, l’esagono risulta essere inscritto all’interno dell’ellisse.

4. Descrivere il centro di taglio

Per centro di taglio si intende il punto, situato ad una certa distanza e dall’asse
verticale dell’anima di un elemento non simmetrico, nel quale è possibile
applicare una forza tagliante verticale producendo una flessione dell’elemento
senza torsioni. Il punto passa per l’asse di simmetria orizzontale
dell’elemento.
Una forza di taglio applicata in modo da non torcere la trave deve soddisfare
𝑉𝑄
la stessa equazione utilizzata per i carichi simmetrici: 𝜏 =
𝐼∗𝑡
Si ottiene che nella trave, in seguito all’applicazione della forza tagliante
verticale, si forma una forza orizzontale F. Questa forza forma un momento
di coppia F*h. Questo momento può essere annullato spostando il punto di applicazione della forza
tagliante lungo l’asse di simmetria orizzontale di una distanza e dall’anima in momento: F*h = V*e
Il punto O è detto centro di taglio dell’elemento.

5. Definire il calcolo baricentrico di una figura

Il baricentro di un elemento può essere ottenuto scomponendolo in figure elementari, ad esempio dei
rettangoli, che abbiano un baricentro noto e si procede al calcolo del momento statico dell’intera
sezione sommando opportunamente i momenti statici di ogni figura elementare. La posizione verticale
del baricentro dell’elemento viene ottenuto dal rapporto tra il momento statico della sezione
trasversale e la sua area. Fare esempio trave a T.

6. Descrivere le azioni interne ed esterne della trave piana (caratteristiche della sollecitazione)

Se si considera una trave in uno spazio tridimensionale (x,y,z) si hanno sei componenti della
sollecitazione interna: Tx e Ty; N lungo z; Mx , My e Mz. Considerando una trave piana, posizionata
convenzionalmente nel piano yz, le componenti della sollecitazione si riducono a N, Ty e Mx.
Per determinare le caratteristiche della sollecitazione si seziona la trave trasversalmente e si analizza
l’equilibrio tra i due tronchi di trave ottenuti, dato che la trave era precedentemente in equilibrio.
Si scrivono le tre equazioni cardinali della statica sul tronco di trave considerato, sull’altro si avranno
forze uguali e opposte: si possono quindi calcolare le forze in ciascuno dei due tronchi ottenendo una
unica soluzione. Si utilizza una convenzione per determinare i segni delle forze sulla sezione. Disegno.

7. Cosa sono le equazioni di equilibrio. Esporre i calcoli per arrivare alle equazioni

Le equazioni indefinite di equilibrio sono un metodo di calcolo per la determinazione delle


caratteristiche della sollecitazione che si basa su equazioni differenziali che legano N, T e M ai carichi
distribuiti agenti sulla struttura. Dallo studio dell’equilibrio di un concio infinitesimo di trave dx si
ottiene che (si trascura l’infinitesimo del secondo ordine):
-N + qdx + (N +dN) = 0 dN = Tdx dN/dx = -q
T – pdx – (T+dt) = dT = -pdx dT/dx = -p
-M – Tdx +pdx*(dx/2) + (M+dM) = 0 dM = -qdx dM/dx= T

Si evince che la derivata dello sforzo normale è l’opposto del carico distribuito assiale, che la derivata
del taglio è l’opposto del carico distribuito trasversale e che la derivata del momento flettente
corrisponde al taglio. Quindi:

𝑁 = − ∫ 𝑞(𝑥)𝑑𝑥 + 𝑁𝑖 𝑇 = − ∫ 𝑝(𝑥)𝑑𝑥 + 𝑇𝑖 M= ∫ 𝑇(𝑥)𝑑𝑥 + 𝑀𝑖

Ni Ti e Mi le sollecitazioni presenti nell’stremo iniziale del tratto considerato.


Queste equazioni consentono di avere informazioni sulla forma del diagramma. È importante
considerare che queste equazioni valgono per carichi distribuiti senza discontinuità e travi rettilinee: in
caso di carichi concentrati e/o cambi di direzione è necessario applicare queste equazioni per tratti.

8. Descrivere come si calcola il momento di inerzia di una sezione rettangolare rispetto ai suoi assi
di simmetria e rispetto ad un asse passante per l’intradosso della sezione.

Il momento d'inerzia è una grandezza che rappresenta la resistenza di una figura piana a ruotare
rispetto a un suo asse di riferimento, quindi maggiore è il momento d'inerzia, minore sarà l'attitudine
dell’elemento a ruotare. In una sezione rettangolare di
base b e altezza h, considerando x e y come assi
baricentrici della sezione, in base a quello considerato, esso vale:

dove dA = dxdy -b/2 ≤ x ≤ b/2 -h/2 ≤ y ≤ h/2

Si ottiene che Ix = 1/12 * b*h3 Iz = 1/12 * h*b3

Se x e y coincidono con la base della trave e con la parete verticale si ottiene che:
0 ≤ x ≤ b 0≤ y ≤ h Si ottiene che Ix = 1/3 * b*h3 Iz = 1/3 * h*b3

9. Descrivere le strutture isostatiche, iperstatiche e labili

Si considera una struttura costituita da un sistema di asse connesse tra di loro e al sistema riferimento
tramite dei vincoli. La condizione per il bloccaggio della struttura nei confronti di ogni possibile moto è
l’uguaglianza tra il numero di gradi di libertà n della struttura e le molteplicità m dei vincoli. Si avranno:
- strutture labili per n>m
- strutture isostatiche per n=m
- strutture iperstatiche per n<m
Le strutture labili sono caratterizzate da una prevalenza dei gradi di libertà sui gradi di vincolo, i gradi di
libertà in eccesso vengono detti gradi di labilità.
La condizione che il numero di gradi di vincolo sia pari a quelli di libertà è necessaria per avere una
struttura isostatica, ma non è sufficiente: per avere ogni elemento della struttura completamente
bloccato è indispensabile che i vincoli siano ben posizionati.
Le strutture iperstatiche sono caratterizzate dalla prevalenza dei gradi di vincolo su quelli di libertà e il
numero di gradi di vincolo sovrabbondanti viene detto grado di iperstaticità.

10. Scorrimento angolare e tensioni in un cilindro pieno sottoposto a torsione in campo elastico

Si considera un albero circolare soggetto nelle estremità a due coppie torcenti uguali e opposte: se lo si
seziona trasversalmente le condizioni di equilibrio richiedono che l’insieme dei momenti generati dalle
forze tangenziali elementari sia pari alla coppia torcente applicata. Questa relazione non indica però
come queste forze siano distribuite e l’effettiva tensione tangenziale nella sezione trasversale
dell’albero è staticamente indeterminata. Le condizioni di equilibrio, oltre all’esistenza di tensioni
tangenziali trasversali, impongono anche l’esistenza di tensioni sulle facce parallele all’asse dell’albero.
L’esistenza di queste forze può essere dimostrata considerando un albero composta da asticelle
imperniate alle estremità su due dischi: se si applicano delle coppie
torcenti uguali e opposte alle estremità le asticelle scorrono una rispetto
all’altra: questo dimostra che in un albero sottoposto a torsione le varie
sezioni trasversali ruotano una rispetto all’altra senza deformarsi.
Si considera un albero circolare di lunghezza L e raggio c vincolato in una
delle estremità, nell’altra estremità di applica una coppia torcente T e
l’alberò si torcerà di un angolo φ. Se il momento torcente T rimane al di
sotto della tensione di snervamento, l’angolo sarà proporzionale alla coppia e alla lunghezza
dell’albero. Combinando la legge di Hooke per le tensioni tangenziali con il legame tra l’angolo di
torsione e la tensione si ottiene che τ = (ρ/c)*τmax cioè che la tensione tangenziale nell’albero varia
linearmente con la distanza ρ dall’asse ed è quindi massima sulla superficie dell’albero. Dato che la
somma dei momenti delle forze elementari deve essere pari a T, si ottiene che
T = (τmax/c)*J τmax = (T *c)/J
Dove J è il momento di inerzia polare della sezione trasversale, che vale J = 1/2(πc4)
La relazione tra l’angolo di torsione e la coppia è: φ = (T*L)/(J*G)
Sotto le stesse condizioni di carico, sulla superficie dell’albero, è possibile avere tensioni normali,
tangenziali o una loro combinazione in base all’orientamento dell’elemento che si sceglie: se scegliamo
un elemento quadrato con lati perpendicolari e paralleli all’asse dell’albero si avranno solo tensioni
tangenziali; se si sceglie un elemento inclinato di 45° rispetto all’asse si ottiene che questo è soggetto a
trazione su due facce e a compressione sulle altre due. Si può concludere quindi che in un albero
sottoposto a torsione si ha la massima tensione di trazione in un piano che forma un angolo di 45°
rispetto all’asse dell’albero. Per questo motivo si può osservare che un materiale fragile sottoposto a
torsione che si rompe presenta una frattura a 45° rispetto all’asse longitudinale.

11. Descrivere il calcolo dello stato tensionale indotto in una trave rettilinea iperstatica soggetta a
variazione termica

Si considera un’asta posta tra due vincoli fissi in uno stato iniziale di assenza di tensioni. Se la
temperatura aumenta, l’asta non può allungarsi a causa dei vincoli, ma esse tende comunque ad
allungarsi e i vincoli esercitano su di essa due forze uguali e opposte che le impediscono di allungarsi.
Si crea quindi uno stato di tensione senza deformazione.
Per il calcolo, si tratta uno dei vincoli come iperstatico e si applica poi il principio di sovrapposizione.
Si calcola inizialmente l’allungamento dell’asta dovuto alla temperatura:
δT = α *ΔT*L
La somma della deformazione termica e di quella dovuta al vincolo iperstatico deve essere nulla:
δ = δT + δP = 0
Utilizzando la formula per l’allungamento dovuto a sforzo normale, calcolo la reazione vincolare:
δP = PL/AE P = δP (AE/L)
Calcolo quindi la tensione normale indotta sulla trave
σ = P/A

12. Descrivere l’andamento delle tensioni tangenziali in travi ad ali larghe a doppio T
e in travi scatolari soggette a una forza tagliante applicata all’asse di simmetria.

Se si applica una forza tagliante sull’asse di simmetria di una trave rettangolare la


distribuzione delle tensioni tangenziali non è uniforme, ma calcolando la tensione
𝑉𝑄
tramite 𝜏𝑚𝑒𝑑 = 𝐼∗𝑡
si osserva che questa ha una distribuzione parabolica. La tensione
3𝑉
raggiunge il massimo nell’asse di simmetria orizzontale e si ha che: 𝜏𝑚𝑎𝑥 = 2𝐴
, quindi
un valore molto più grande del valore medio.
Nel caso di una trave a doppio T si ha un andamento parabolico della tensione
nell’anima perché questa dipende dalla variazione della distanza verticale dal
baricentro, mentre nelle ali questa distanza è fissa e si ha un andamento lineare della tensione. Nella
pratica si assume che tutto il carico di taglio sia sostenuto dall’anima e il valore della tensione viene
ottenuto considerando solo l’area dell’anima.
Nel caso di una trave scatolare si ha un andamento parabolico della tensione lungo le pareti verticali e
un andamento lineare lungo le pareti orizzontali. Come la per trave a doppio T si ha che la tensione è
massima all’altezza del baricentro e si azzera nella massima distanza dal baricentro.

13. Analisi della tensione e della deformazione di una trave soggetta a flessione semplice

Una trave viene considerata soggetta a flessione semplice quando due coppie uguali e opposte
vengono applicate ai suoi estremi e agiscono nel piano di simmetria della trave. Se si effettua una
sezione trasversale, le condizioni di equilibrio richiedono che le forze interne alla sezione siano
equivalenti alla coppia applicata. Il momento di tale coppia è noto come momento flettente della
sezione. La distribuzione della tensione nella sezione è staticamente indeterminata.
Si può notare come sotto l’azione delle due coppie, anche se si inflette, l’elemento rimane simmetrico
al suo asse di simmetria. Quest’ultimo, originariamente rettilineo, si trasforma in un arco di cerchio e si
nota che la superficie superiore si accorcia e quella inferiore si allunga. Nella trave soggetta a flessione,
l’unica componente di tensione presente è quella normale: la deformazione longitudinale e la tensione
normale sono negative nella parte superiore che è sottoposta a compressione e positive nella parte
inferiore che è sottoposta a trazione. Ne segue che deve esistere una superficie compresa tra queste
due sulla quale deformazioni e tensioni sono nulle e questa viene detta superficie neutra: questa
interseca la sezione trasversale secondo una linea retta detta asse neutro e passa per il baricentro della
sezione. La deformazione ϵx raggiunge il suo valore massimo quando è massima la distanza dalla
superficie neutra. Se le tensioni normali rimangono sotto a quella di snervamento si può applicare la
legge di Hooke: σx = E* ϵx
Si ottiene che σx = (M*y)/I Dove y è la distanza dall’asse neutro e I il momento di inerzia della sezione
1 𝑀
Per ottenere il raggio di curvatura ρ: 𝜌
= 𝐸𝐼

14. Definizione di flessione composta (deviata)

Nel caso della flessione composta si considera il caso in cui lo sforzo normale non è applicato in un
piano di simmetria. La forza eccentrica che viene applicata è staticamente equivalente ad una forza
centrata e dalle due coppie My e Mz. Grazie al principio di Saint-Venant si può sostituire il carico
originale con uno staticamente equivalente. La tensione dovuta a questo carico viene ottenuta
sovrapponendo le tensioni dovute al carico centrato e alle due coppie.
𝑃 𝑀𝑧 𝑦 𝑀𝑦 𝑧
𝜎𝑥 = 𝐴 − 𝐼𝑧
+ 𝐼𝑦
My e Mz sono le coppie di momento My = P*y e Mz = P*z
Dove y e z sono le distanze del punto di applicazione della forza dal baricentro della sezione.
Iz e Iy sono i momenti statici di inerzia rispetto agli assi baricentrici della sezione.

15. Illustrare la legge di Hooke sia nel caso semplice che nel caso pluriassiale, considerando la
presenza di tensioni tangenziali.

La legge di Hooke è una relazione che lega tensione e deformazione in un elemento.


σ = E*ϵ
Il coefficiente E viene detto modulo di elasticità ed è caratteristico del materiale.
Questa relazione è valida per materiali isotropici e per forze al di sotto del limite di snervamento e che
interessano quindi la parte lineare del diagramma tensione-deformazione.
Se si considera una barra caricata assialmente, tensione e deformazione soddisfano la legge di Hooke e
le tensioni normali sulle facce perpendicolari all’asse longitudinale sono nulle.
Si potrebbe pensare quindi che le tensioni su queste facce siano nulle, ma in realtà l’allungamento
assiale provoca una contrazione trasversale. Il coefficiente di Poisson ν rappresenta il rapporto tra
deformazione laterale e deformazione assiale; questo coefficiente è caratteristico del materiale.
Se si considera un elemento cubico e si applicano delle forze tangenziali, queste tendono a deformarlo
in un parallelepipedo obliquo. Per valori della tensione tangenziale che non superano il limite di
proporzionalità si può affermare che τxy = G* γxy. Questa relazione è conosciuta come legge di Hooke
per tensioni tangenziali e la costante G è il modulo di elasticità tangenziale del materiale.

Si può applicare infine il principio di sovrapposizione e combinare queste tre relazioni per ottenere la
legge di Hooke generalizzata sotto le più generali condizioni di tensione:
𝜎𝑥 𝜈𝜎𝑦 𝜈𝜎𝑧 𝜈𝜎𝑥 𝜎𝑦 𝜈𝜎𝑧 𝜈𝜎𝑥 𝜈𝜎𝑦 𝜎𝑧
𝜖𝑥 = + − − 𝜖𝑦 = − + − 𝜖𝑧 = − − +
𝐸 𝐸 𝐸 𝐸 𝐸 𝐸 𝐸 𝐸 𝐸

𝜏𝑥𝑦 𝜏𝑦𝑧 𝜏𝑧𝑥


𝛾𝑥𝑦 = 𝐺
𝛾𝑦𝑧 = 𝐺
𝛾𝑧𝑥 = 𝐺
𝐸
Le tre grandezze E, ν, G sono legate dalla relazione 𝐺 = 2(1+𝜈)
è necessario quindi ricavare
sperimentalmente solo due delle tre caratteristiche del materiale per ricavare la terza.

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