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Difendersi
Una filosofia della violenza
Elsa Dorlin la zoccola
mm/dd/yyyy
KEY TERMS NOTES / DRAWINGS

Prologo

Cosa può un corpo

2 novembre 1802, condannato dal tribunale di Guadalupa in una gabbia di


ferro fino a quando muore. Deve stare con le gambe tese altrimenti è ferito da
una lama. Ora c’è un confronto con questo episodio e Sorvegliare e punire di
Foucault. In quel caso, la sofferenza inflitta serve per restaurare l’onnipotenza
del Sovrano e per indicare l’impotenza totale di Damiens. L’assenza di potenza
amplifica il potere del sovrano.

La gabbia induce il condannato a reagire per difendersi, ma fa sì che questa


stessa reazione indichi la debolezza del soggetto. La sua non è impotenza
assoluta: tanto più è manifesta la potenza soggettiva, più questa è governata.
Più si difende, più soffre.

Ci sono tecniche contemporanee di tortura che adottano una strategia simile e


che inducono il perseguitato a pensare: “Più mi difendo, più soffro ed è sicuro
che morirò”. “E’ l’esperienza vissuta, non quella della propria potenza, ma del
dubbio che generano le mancanze proprie e i propri limiti, perché questa
esperienza non deriva da un pericolo, ma è il riflesso della propria azione, di
sé.” Il condannato diventa il suo stesso torturatore.

Il soggetto moderno quindi ha dei tratti negativi perché la sua capacità di


autodifesa serve per distinguere i soggetti reali da quelli non reali, i soggetti
veri dai non veri. I soggetti veri vanno annientati, la loro capacità di autodifesa
deve essere annientata. Il potere quindi prendere la potenza dell’agire e la
chiama a sé. Il potere è un governo difensivo che sfinisce. Difende alcuni e
lascia indifesi altri. Peggiore, porta alcuni soggetti ad annientarsi come
osggetti.

Rodney King tassista aggredito nel 1991, i quattro poliziotti maggiormente


implicati sono rilasciati sebbene accusati di uso eccessivo della forza. Il video
registrato che riprende il pestaggio viene usato dagli avvocati dei poliziotti per
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dimostrare che loro si stavano difendendo dal gigante King. Com’è possibile
girare la frittata in modo così eclatante?

Judith Butler scrive un testo dove parla di questo scarto d’interpretazione,


suggerendo che il visibile è influenzato da una schematizzazione razziale e
razzista. Si tratta, dice ora Elsa Dorin, degli effetti della paranoia bianca. King è
visto come aggressore per colpa di una proiezione. Più si difendeva, più è
stato visto come aggressore. Avviene una discriminazione per cui il corpo di
King è soltanto capace di violenza, non ci sono altri ambiti di azione per lui. In
questo modo, la potenza d’azione poliziesca non è mai vista come
aggressione. Di conseguenza, King è incapace di difendersi poiché soltanto
capace di aggressione. Non ha il diritto di difendersi.

Parliamo del dispositivo difensivo, un dispositivo di potere determinato. Punta


a una forza votato alla difesa, per alcuni traccia la traiettoria di questa forza e
ne favorisce il dispiegamento, mentre per altri impedisce la sua effettuazione.
Questo dispositivo di difesa divide i soggetti tra quelli degni di difendersi e
quelli che non sono lo sono. Questi corpi no degni di difendersi pure si
devono difendere e così adottano tattiche difensive SUBALTERNE.
L’AUTODIFESA. Questo è il concetto di autodifesa, l’insieme di pratiche
subalterne di quelli che non sono degni di difendersi. La legittima difesa,
invece, è un concetto giuridico. L’0autodifesa non ha un soggetto nel senso
che il soggetto che l’autodifesa difende non è preesistente al movimento che
resiste la violenza.

Gli Stati rivendicano l’uso legittimo della forza. Se usiamo questo dispositivo e
lo identifichiamo e rintracciamo, possiamo capire i processi di questi Stati.
Forse c’è un’economia che difende individui già riconosciuti legittimi a
difendersi da soli; gli conferisce il potere di auto-giustizia, di uccidere.

………………..

La fabbrica dei corpi disarmati

Breve storia del porto d’armi

Chi si può difendere se ha un’arma? La legge ha sempre cercato di codificare il


porto d’armi per controllarlo. Le armi sono state gerarchizzate e così si sono
create delle differenze e delle condizioni alle “risorse indispensabili per la
difesa di sé”. È sempre però difficile fare queste distinzioni perché per esempio
ci sono oggetti che possono essere usati come arma ma non sono riconosciuti
come tali (mattarelli, cinture e così via).

Detto ciò, a parte la polizia il diritto a portare con sé un’arma era stato dato
tradizionalmente alla nobiltà (perché poteva andare a caccia). I bracconieri
sono così puniti non tanto perché rubano selvaggina, ma perché rubano il
diritto di portare un’arma (1601, Francia).

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Nel Medioevo c’erano alcune popolazioni (come quelle vicino a zone
strategiche) che vivevano armate. I gruppi sociali seguivano perciò
regolamentazioni circa l’essere armati o no. Tuttavia, a partire dal XIV secolo si
applicò il divieto di indossare un’arma fuori casa perché all’epoca lo spazio
pubblico era lo spazio percorso dal re, che doveva essere libero di spostarsi in
sicurezza. Per controbilanciare questo divieto, si creò il “permesso del porto
d’armi” che viene documentato per la prima volta nel 1265.

Nel XV secolo si creò un esercito di mestieri che era l’unico a poter fare uso di
armi da guerra, e ciò cambiò la legislazione del porto d’armi. Ci fu la
distinzione tra addetti alla guerra e civili, il che cambia il tipo di armi permesse
da uno e dall’altro: s’inizia a distinguere tra armi offensive e difensive “lo
scudo è visto come offensivo perché provano l’intenzione di combattere,
mentre le armi portate alla cintura sono ritenute difensive”.

Viene anche distinto il porto d’armi dalla presa d’armi. La presa d’armi è
vietata, e in questo modo criminalizzano la ribellione armata.

Dal XVI secolo in poi vengono promulgate delle leggi per punire il duello,
pratica aristocratica. Tuttavia, si crea il diritto al porto d’armi di “difesa”, ad uso
esclusivamente aristocratico, che permette all’aristocrazia di difendersi dalle
altre classi sociali. In questo modo l’aristocrazia diventa l’unica classe sociale
ad avere una conoscenza marziale.

Durante la Modernità, l’aumento delle armi da fuoco cambiano anche l’idea di


“difendersi”

Disarmare gli schiavi e gli indigeni: diritto di uccidere contro soggetti “a


mani nude”

Sia il Codice Nero spagnolo che francese vietavano nel XVIII secolo agli schiavi
di portare con sé armi. Il machete è l’unica arma autorizzata per il lavoro
agricolo, purché sia corta. Poi è sostituito “da strumenti più pratici” e solo per i
meticci. C’è inquietudine dei coloni. Neanche le penne erano concesse, pena la
condanna per tentato omicidio. L’obiettivo è lasciarli senza difesa e metterli in
riga al minimo accenno di marzialità. Questo processo parte dal presupposto
per cui gli schiavi non hanno diritti e doveri di conservazione di sé. No sono
responsabili di sé stessi, mentre i padroni sì.

Per conservazione di sé ci riferiamo a due accezioni: la conservazione come


preservazione della propria vita; conservazione come capitalizzazione del
proprio valore. Queste due accezioni collidono quando degli individui
diventano cose e la loro conservazione dipende da chi li possiede.
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A Martinica si uccidevano i marroni che si erano ribellati davanti alle madri per
far divertire i coloni e per far capire agli schiavi che avevano privato il padrone
solo “del loro prezzo”. Era un modo per spiegare che loro non avevano “diritto
di conservazione”, ma il padrone sì. Gli schiavi non hanno più vita, ma un
valore.

Assieme al diritto di conservazione, gli schiavi perdono il diritto di


giurisdizione. I neri sono giudicati senza avvocato e senza possibilità di fare
appello a un testimone. Non possono difendersi. Nel 1821 un uomo Ravenne-
Desforges è giudicato colpevole di avere ucciso una donna di colore che
attraversava la sua piantagione di caffè: per difendersi, Ravenne-Desforges si
fa difendere da uno schiavo, che sarà condannato a 10 anni di lavori forzati.

ASCESA MARZIALE: CULTURE DELL’AUTODIFESA SCHIAVA

Ci sono delle pratiche difensive del sé. Non si tratta però di legittima difesa. La
storia delle culture marziali schiave “a mani nude” ci spiegano come lo scontro
sia differito.

Ne I dannati della terra, Frantz Fanon parla di come la colonizzazione


sedimenta il tempo compartimentalizzando lo spazio lo spazio dei colonizzati.
I corpi colonizzati non possono difendersi. Il corpo è violentato, brutalizzato.
“Lo si può rianimare solo all’interno di una temporalità onirica”. Il colonizzato
può muoversi solo fuori dal tempo, nel sogno. Nella vita diurna resta invece
interte, rimanendo però sempre in attesa. Il soggetto è alienato e testimone
della sua smaterializzazione del proprio corpo. Si può liberare solo con la
derealizzazione. L’auodifesa è “estatica”, dentro la violenza e attraverso la
violenza il colonizzato diventa fuori di sé e diventa soggetto. L’essere riparte
ogni notte, creando dannazione. “Il colonizzato aspetta che il colono allenti la
vigilanza per saltargli addoso”. La violenza coloniale genera corpi terrorizzati
pronti ad attaccare.

Dal XVII secolo il codice nero vieta assembramenti e danze poiché anche un
passo di danza è sospettato di essere un impegno al combattimento. Spesso
le danze sono fatte da movimenti pugilistici che associano acrobazie a
tecniche di lotta vere e proprie, possono perciò essere interpretate come
propedeutiche allo scontro. Queste pratiche si sono iscritte alla cultura creola,
che ne diluisce la violenza e farne parte di memoria.

La cosa che queste culture hanno in comune è la colonialità, perché sono state
deviate e disciplinate. Sono state anche creolizzate nel senso che sono un
modo per venire a patti col potere. Scott James avanza la possibilità che
queste pratiche siano anche un modo catartico di immaginare la realizzazione

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della lotta repressa. Le pratiche diventano quindi anche mortifere.

LA FORZA NERA DELL’IMPERO: “VIVA IL PATRIARCATO, VIVA LA FRANCIA”

Anche se schiavi e indigeni erano disarmati, c’era anche il loro arruolamento


per la difesa nazionale, in questo modo risparmiano la vita dei soldati francesi
e che si sporchino la coscienza evitando di essere gli esecutori di massacri.

La Force Noire di Charles Mangin nel 1910, parliamone. In questo libro spiega
che gli uomini africani sono predisposti a seguire un leader e sono
naturalmente disciplinati, anche perché il lavoro della terra in Africa
occidentale è assegnato alle donne, per cui il fisico e la psicologia del soldato
africano non è stato corrotto da questo tipo di lavoro. L’uomo nero viene
dipinto come un uomo sotto ipnosi, un braccio armato che non riflette.
Collegato all’arruolamento c’è la questione del diritto civile dei soldati neri.
Tali soldati non beneficiano delle conquiste della solidarietà repubblicana. Si
creano quindi milizie imperiali piuttosto che eserciti di cittadini. Per garantire
la loro fedeltà, li si mandava a sterminare altri indigeni, instillando in loro una
seconda forma di razzismo perché Come diceva Mangin: “siamo barbari di
qualcuno sempre”. Il miliziano imperiale diventa quindi una figura intermedia
tra il cittadino francese e il barbaro.

Difesa di sé, difesa della nazione

MORIRE PER LA PATRIA

LA QUESTIONE LEGATA ALLE FORZE ARMATE è LEGATA AL DIRITTO DELLE


PERSONE DI ESERCITARE VIOLENZA PER Sé. LA LEGITTIMA DIFESA FA PARTE
DEL DIRITTO PRIVATO, PUBBLICO E INTERNAZIONALE. Grozio nel suo Diritto
della guerra e della pace parla di guerra come dello stato di quelli che cercano
di dirimere le controversie con la forza. Distingue poi diverse tipi di guerre,
guerra privata e guerra pubblica. La guerra privata è definita coem quella tra
particolare e particolare. Entra quindi in gioco la questione del principio della
“giusta difesa di sé stessi” e di definirne questa giustezza e liceità. La giusta
difesa sarà concettualizzato a partire dall’individuo per poi arrivare allo stato.
“Il diritto nella guerra rientra nel diritto di chi la fa, definito come un diritto
naturale che appartiene agli individui”. In pratica, gli individui possono tutti
fare la guerra.

Grozio anziché parlare delle cause della guerra e di cosa sia lecito o no
per fare la guerra, parla del diritto della persona e pone quindi la
questione del definire chi può fare la guerra o no e chi può difendersi o
no.

Tra il VII e il XVIII secolo la difesa dei “particolari” viene meno poiché si vuole
ridurre l’uso privato della violenza e il diritto degli individui alla violenza. Il
diritto di armarsi è leguato all’arruolamento dei cittadini per la difensa della
nazione.

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L’armamento del popolo è un tema che ha due interpretazioni: il primo
modello anglosassone dice che la difesa della nazione è estensione del iritto
della difesa della propria persona (autodifesa); la seconda interpretazione che
vuole distribuire selettivamente le risorse difensive dei cittadini e che crede
che la difesa comune viene dall’appartenenza alla comunità, c’è solo difesa
della nazione.

Nella Rivoluzione francese portare armi significa partecipare al progetto di


costruzione di un corpo armato; è un dovere e un diritto di ogni cittadino. Si è
armati non per difendere sé stessi, ma per difendere la patria. Si diventa
cittadini in quanto difensori della patria.

C’è un progetto di legge della coscrizione militare dove si vede la concezione


della difes anazionale secondo la teoria repubblicana. Qeusta concezione
repubblicana si contrapponeva alla pratica delle’strazione a sorte, che fino ad
allora era in rigore. Questa pratica era facilmente aggirabile perché i
sorteggiati pagavano dei mercenari per farsi sostituire. Si impose invece quindi
il principio di un “arruolamento volontario dei civili”.

Col direttorio (1795, ultima parte della Rivoluzione Francese), ritorna la


coscrizione obbligatoria dicendo che la cittadinanza è legata alla concezione
militare, dicendo: “Ogni francese è soldato e ha il dovere di difendere la
patria”. Non è più un diritto, come diceva la Rivoluzione all’inizio.

Tuttavia, i privilegiati potranno sempre tirarsi indietro dalla “coscrizione


volontaria” e sarà sempre vietato alle donne, persone dichiarate non idonee. Si
creano così “cittadinanze di seconda categoria”. Si capisce ora perché il diritto
di partecipare alla difesa nazionale fa parte delle rivendicazioni politiche degli
abolizionisti e delle femministe. Rifiutando la coscrizione perché la patria
calpestava i diritti loro mentre altri cittadini godono uno statuto diverso e
sono risparmiati. Questi gruppi politici, però, potevano anche rivendicare il
lroo inserimento nel corpo armato per denunciare la conservazione di alcuni
privilegi della minoranza che aveva una cittadinanza reale.

DONNE ARMIAMOCI, I BATTAGLIONI DI AMAZZONI

Nella repubblica francese il diritto di portare un’arma era legato al


riconoscimento della cittadinanza. Gli ideali della Rivoluzione vengono
degenderizzati e derazzializzati per denunciare i divieti imposti sulle donne e
gli schiavi. Ci sono diversi impedimenti alla cittadinanza attiva, non solo
l’accesso alle armi. Legato all’accesso alle armi, c’è la possibilità di avere una
fformazione marziale. Non avendo il dovere di difendere la patria, le donne
non hanno questo dovere perché incapace di difendersi.

Si parla di gestione sociale della marzialità. La società è gestita sulla base di


classe, razza e sesso: il lavoro marziale viene diviso sulla base di queste
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discriminanti.

Un esempio della storia della Rivoluzione francese si ha con le donne che


lavoravano a maglia mentre gli oratori parlavano durante le assemblee
rivoluzionarie. Trasferita dalla casa alla scena pubblica, l’attività del lavoro a
maglia diventa negativo: i ferri diventano pericolosi. Durante la petizione delle
donne nel 1792, l’armamento diventa una questione importante per
cancellare la divisione tra cittadini passivi e cittadini attivi. Fanno una
petizione (che si chiamò Adresse) dove riaffermano il loro diritto naturale
all’autodifesa della sua vita e della sua libertà: “vogliamo solo essere in grado
di difenderci”, dicono. Queste donne durante il XVII e XVIII secolo sono viste
come virago, donne virili che vanno contro l’ordine dei sessi e l’ordine sociale.:
chiedere dei diritti significa virilizzazione, travestimento, inversione sessuale.
Perciò qui ritorna l’idea proveniente dall’antropologia antica per cui le donne
possono essere solo possedute, manipolate da correnti esterne ad esse. E
queste correnti sono antipatriottiche contro-rivoluzionarie che vogliono
rovesciare la Convenzione.

Le cittadine cosa fanno allora, giocano un’espediente. Propongo la divisione


sessuale degli eserciti dicendo che le donne potranno sorvegliare l’interno
della patria, mentre i fratelli difenderanno le frontiere esterne. Siccome per
una signora l’onore corrisponde all’integrità della nazione, la difesa della
nazione deve essere attribuita alle donne. Siccome loro hanno il diritto di
difendersi da sole, le cittadine rivendicano la difesa della patria.

Theroigne de Mericourt chiede la creazione di un battaglione di Amazzoni


francesi e invita le donne di insorgere per divenire cittadine. L’armamento
diventa conseguenza delle leggi della natura, per cui chi ostacola l’armamento
delle donne diventa un contro-rivoluzionario, perché le donne voglio solo
distinguersi per coraggio e forza. L’armamento diventa diritto e dovere civile
perché morire per la patria vuol dire morire per restare liberi, morire per sé.

ESERCITO CITTADINO O DIFESA DEL CAPITALE?

L’ARME NOUVELLE, OPERA DEL 1911 DI Jean Jaures. Parla dell’armamento


cittadino. L’obiettivo è impedire all’esercito di fermare i movimenti sociali. Il
libro è un compromesso tra il patriottismo (che critica gli eserciti permanenti)
e gli antimilitaristi.

Nello stato maggiore francese ci sono due strategie militari opposte per
l’organizzazione delle truppe francesi control la Germania. Queste due
strategie militari sono anche due concezioni etico-politiche sul civismo “virile”
e “bianco. La prima strategia vuole un’avanguardia esperta, mentre l’altra una
mobilitazione di massa. Fautori della seconda strategia erano gli ufficiali
dell’esercito coloniale che sapevano potevano avere grande mobilitazione
dalle colonie.

Queste strategie hanno conseguenze diverse circa l’educazione della nazione


(educazione dei cittadini francesi), ma anche le politiche per il mantenimento
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dell’ordine (in particolare nei casi di rivolte). Secondo Jaures, il popolo può
“trascendere i suoi interessi di classe per difendere la nazione”. Secondo altri,
invece, no, perciò occorre l’armamento selettivo di un’élite che possa poi
essere usata per fini repressivi sul territorio nazionale (perché fedele al
Capitale).

Siccome i tedeschi son abituati alla guerra, Jaures propone un modello


difensivo per la difesa del paese. Però questa strategia difensiva è impossibile
da realizzare perché c’è una contraddizione. Lo Stato vuole una nazione
armata, ma non sa organizzarla, perché una nazione armata rischia di rivoltarsi
contro lo Stato; perciò, lo Stato preferisce un’élite militare assieme a un
esercito di riserva non qualificato, che non si ribellerebbe.

Tuttavia, Jaures crea così una nazione armata che non sarebbe utilizzabile per
una politica esteriore di aggressione. Armando il popolo, ci sono dei problemi:
c’è il paradosso per cui è necessario reprimere attraverso la violenza per
difendere la non violenza; e poi un esercito del popolo richiede la gestione
poliziesca dei movimenti sociali.

Rosa Luxemburg parla delle contraddizioni di Jaures. Jaures, secondo


Luxemburg, è affetto da un fanatismo giuridico incompatibile col socialismo
che concede tropo al capitalismo – perché questo perché così giustifica
“L’arruolamento dei proletari francesi contro i compagni tedeschi”. Per
Luxemburg a distinzione tra guerra offensiva e difensiva è un’astrazione
giuridica perché chi decide cosa è difensivo?

Jaures porta a una rottura con i sindacalisti antimilitaristi, portando a una


nuova critica quella del Nouvel manuel du soldat di Georges Yvetot nel 1902.
La questione dell’esercito porta alla limitazione dell’internazionalizzazione
delle lotte e dell’occultamento della violenza capitalista, a favore di
un’attenzione maggiore sulle questioni militari. Per Yvetot, il militarismo è il
braccio armato del capitalismo e non ne vuole sapere della “religione della
violenza”. Democratizzando gli eserciti non si ferma la repressione militare
delle élite. La democratizzazione degli eserciti alimenta le lotte fratricide per
distrugge re il movimento operaio, perché indossando l’uniforme l’uomo del
popolo tradisce i suoi fratelli. Yvetot incita perciò alla diserzione. Il peggior
nemico dell’internazionalizzazione delle lotte è il patriottismo e l’idea di un
esercito del popolo è un mito al servizio del Capitale.

IL JU-JITSU DELLE SUFFRAGISTE: COMBATTIMENTO RAVVICINATO E


ANTINAZIONALISMO

La storia dell’autodifesa moderna ha un punto di riferimento nelle suffragiste


inglesi del XX secolo. Parte del movimento sta nel suo antinazionalismo e il
suo “ricorso alla legge”. Per loro il passaggio alla violenza è conseguenza
dell’analisi dell’oppressione delle donne, per cui lo Stato è causa. Rivendicare
l’uguaglianza civile passa per forza attraverso la violenza perché lo Stato è il
primo portatore di ineguaglianze. Non gli si può chiedere giustizia perché l
Stato è il primo a istituzionalizzare l’ingiustizia sociale.
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Nel XIX secolo e dal XIX secolo in poi le tecniche di difesa personale hanno
una rinascita. Nel 1890 Edward William Barton-Wright sta 3 anni in Giappone e
pratica judo e ju-jitsu presso Jigoro Kano. Elabora poi una tecnica chiamata
bartitsu. Crea poi un suo club per creare un’arte di autodifesa “reale”. Crea il
Bartitsu Club. È aperto alle donne. Queste tecniche saranno usate dalle
suffraggette per difendersi dalla polizia. Emmeline Goulden-Pankhurts fonda
la Women’s Social and Political Union e invita Edith Garrud, un’allieva dei
maestri giapponesi che Edward Wright invita nel suo Club. Edith Garrud
diventa una leader del WSPU e crea corsi di autodifesa il corpo diventa
processo di coscientizzazione politica perché politicizza i corpi senza
mediazione né delegazione, loro lottano collettivamente da sole e per se
stesse grazie all’autodifesa.

Edith Garrud produsse un manifesto dell’autodifesa: The World WE Live in:


Self-Defense! (1910). Propone non un mezzo per conquistare l’uguaglianza,
maun processo di incorporazione, uguaglianza, deve diventare una tecnica che
sia simile a una “seconda natura”.

In questo periodo c’erano già dei trattati di ju-jitsu dedicati alle donne, ma
non rimettevano in discussione le norme di genere dominanti perché
rendevano il ju-jitsu una ginnastica piuttosto che una tecnica di
combattimento. L’idea è che le donne rimangano donne, cioè dei corpi sani,
ma indifesi.

Durante la seconda guerra mondiale c’è un nuovo slancio dell’autodifesa


femminile. Le donne sono chiamate forti perché gli si richiede di partecipare
allo sforzo bellico lavorando in fabbrica. Il contesto nazionalista impone che la
difesa di sé e del proprio orgoglio siano leciti e che siano valori dell’unità della
nazione. Nelle iconografie abbiamo Mary Doyle, una donna in tuta da loro con
una femminilità ambigua. Ci son di base gli interessi nazionalistici e capitalisti
di una valorizzazione del femminilità laboriosa ad hobc. Preso poi questa
femminilità sarà rimpiazzata dall’idea borghese della padrona di casa.

TESTAMENTI DELL’AUTODIFESA

MORIRE COMBATTENDO: L’INSURREZIONE DEL GHETTO DI VARSAVIA

Nel ghetto di Varsavia la struttura era fatta per far sì che non si capisse che
succedeva dentro. Siccome i nazisti hanno apparecchiature per registrare il
suono delle voci, bisogna starsi zitti. Il silenzio è anche esperienza di una
morte fuori dal mondo, acosmica.

L’autodifesa del ghetto consisteva nell’accumulo di armi e nell’armare i


sopravvissuti, costruendo barricate e nascondigli. Il ghetto diventa un campo
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di battaglia. A unc erto punto le SS e i gendarmi polacchi capiscono che entrar
enel ghetto significa rischiare di morire perché lì sta gente che dice di “aere il
diritto di morire combattendo”, gli ebrei si chiarano “morto-viventi”, in un
certo senso, come dice l’autrice. Per scongiurare l’accettazione passiva della
loro morte, questa gente combatteva. Si preferisce il combattimento al
suicidio.

Si parla quindi di tanatoetica, le pratiche che innalzanano la morte a istanza


restauratrice die valori della vita. La morte è il modo col quale il coropo
riscopre la sua umanità.

L’AUTODIFESA COME DOTTRINA NAZIONALE

La storia dei movimenti ebraici e della loro autodifesa è legata alla lotta contro
i pogrom (a pogrom is a violent riot incited with the aim of massacring or
expelling an ethnic or religious group, particularly Jews) in Russia alla fine del
XX secolo. Il primo gruppo di autodifesa è creato a Odessa nel 1881. Il gruppo
si chiama guardia ebrea.

Bund: nome con cui è comunemente nota l'Unione generale dei lavoratori della
Lituania, Polonia e Russia, partito socialista ebraico attivo nell'Impero russo a
cavallo tra il XIX e il XX secolo.

L’Unione generale dei lavoratori della Russia inizia una politica per costituire
dei gruppi di autodifesa. Viene poi pubblicato il manifesto di autodifesa
dell’organizzazione: si deve rispondere alla violenza con la violenza. Bisogna
poi diffondere il socialismo dimodoché i nemici diventino amici. Si creano dei
gruppi organizzati dal Bund che intervengano in caso di pogrom.

Anche le organizzazioni sioniste operaie fanno gruppi di autodifesa. Reclutano


dove il Bund è meno presente. Il movimento sionista socialista si associa al
aprtito Poaley-Tsiyon a partire dal 1901 e sviluppa una concezione
del’autodifesa diversa, rivolta verso la difesa della comunità che non crede alla
lotta contro la propaganda antisemita del rpoletariato.

I pogrom di Kishinev segnano una svolta nel 1903. Durante la Pasqua ebraica,
bande armate entrano nella zona di 50mila ebrei. La polizia impedisce
l’intervento del gruppo di autodifesa. Sono massacrati e ferite diverse persone
e saccheggiate tante case. I partiti ebraici in Russia reagiscono, ma nessun
assassino sarà oggetto di inchiesta. Gli appelli all’autodifesa si rinnovarono.

Si crea una collaborazione col Bund e il Poaley-Tsiyon nel 1903 e 1905 (tra il
1903 e il 1905). Creano tanti gruppi di autodifesa chiamati BO (Boevie Otriady)
in diverse città. Le persecuzioni della polizia rendono difficile l’organizzazione
dei gruppi di autodifesa. Seguono delle immigrazioni verso gli Stati Uniti e la
Palestina.

Si crea una frattura tra due concezioni di autodifesa: il Bund (che vuole
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mantenere la sua azione in Russia) e partiti sionisti. Nel sionismo nell’ambiente
sionista ci sono conflitti tra i socialisti e i conservatori nazionalisti. Gli ultra-
consertvatori vincono e il sionismo diventerà militarizzato e terrorista.

Viene scritto un poema da Bialik, che è tradotta dall’ebraico al russo da


Jabotinsky. Era un sionista convinto, rea il partito sionista revisionista che
incarna l’estrema destra del movimento sionista con tendenze fasciste. Vuole
una concezione nazionalista dell’autodifesa (dominante in Israele) e che
teorizza in un testo, The Iron Wall. Promuove una forza armata ebraica
offensiva per sottomettere gli Arabi allo Stato ebraico. Fondando
l’Organizzazione della difesa nel 1920. Col tempo non vuole più difendere le
popolazioni ebraiche ma sviluppare l’Yishuv: diventa una milizia offensiva.
Molti ebrei dell’Yishuv erano stati addestrati dai britannici col ju-jitsu.

Dopo una scissione del’Haganah nel 1931 c’è l’Haganh nazionale. La scissione
si ebbe sul principio etico del “contegno” e un successivo conflitto a proposito
di tale contegno: la risposta alle popolazioni arabe doveva restare difensiva.
Nel 1937 l’organizzazione diventa Irgun e si radicalizza e commette attentati
contro gli arabi.

Si gettano le basi per la filosofia del combattimento ravvicinato israeliano: la


sfera civile è uno spazio di violenza. Jabotinsky paragona la situazione delle
minace alle popolazioni ebraiche in Russia (provocate dai pogrom) a quella
situazione dei militari ebraici in Israele preoccupati dai terrooristi arabi.
L’autodifesa è un modo di essere in un mondo violento. Nella guerra contro il
terrorismo, bisogna essere sempre in contatto col pericolo (close combat) si
favorisce un’idea di guerra totale e terrore che sospende ogni analisi
complessa delle situazioni storie, dei significati e dei contesti e impoverisce il
mondo, rinchiudendo l’individuo in in un mondo dove l’autodifesa è politica,
governo della violenza.

GENEALOGIA DEL KRAV MAGA

Imi LIchtenfeld è inventore del kravmaga. È nato nel 1910 a Budapest, Impero
austro-ungarico. Cresce in Svloacchia. Il fratello va in un circo ambulante e
impara tecniche di combattimento. Tornando a casa crea il primo club di lotta,
hercules. Addestra le forze di polizia con tecniche di autodifesa. Imi Lichtenfeld
partecipa alla difesa dei quartieri ebraici perché ci sta l’emergenze delle fazioni
antisemite degli anni Trenta. Prende aparte al gruppo di autodifesa a
Bratislava. Sperimenta le tecniche di combattimento con i fascisti.

Nel 1940 va sul Pentcho, battello che va in Palestina, va in Palestina in pratica.


Ci metterà però due anni, il battello si fermerà anche in Grecia. Poi andrà in
Alessandria d’Egitto per essere curato perché soccorso da una nave inglese. Va
nella Legione ceca, sotto il comando britannico e combatte su diversi fronti
medioerientali (Libia, Egitto, Siria, Libano). Finalmente ottiene il permesso
d’ingresso in Palestina nel 1942.s

Il modello de krav maga collega le resistenze dei giovani ebrei europei alla
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nascita della nazione israeliana, che si impone pur essendo attaccata da ogni
parte. Questo nuovo popolo completamente arruolato nell’esercito glorifica il
passaggio dalla difensiva all’offensiva. Per difendersi BISOGNA AVANZARE.
L’ipotesi è che la tattica del combattimento ravvicinato con attacchi veloci e
invalidanti ha influenzato anche la politica militare e il campo lessicale della
propaganda di quest strategia militare e della sua politica. Il krav maga diventa
simbolo dell’ideologia nazionale della difesa offensiva per cui l’esercito si è
autodefinito nazione autodifendensoi contro tuti per sopravvivere.

Nel 1941 nell’Haganah è costituita un’elité, il Palmach, che crea azioni


terroriste mirate per l’autodifesa offensiva. Poiché privo di mezzi l’esercito usa
tecniche di corpo a corpo. Sono create anche formazioni di Kapap,
combattimento faccia a faccia. Imi stesso è reclutato nel Palmach e diventa
istruttore. Si è creata una concezione strategica dell’autodifesa offensiva nel
Tsahal, Forze di difesa isrraeliane, creato nel 1948 dalla fusione delle
organizzazioni paramilitari esistenti.

Israele diventa un modello operativo di società di sicurezza, a partire da


un’esperienza paramilitare di tecniche di autodifesa come principio di una
civiltà securitaria.

Il krav maga permette di nascondere l’utilizzo di armi letali, che salvano gli
aggressori dalla mediatizzazione. L’uso di armi non mortali o “subletali” creano
“Un mercato dell’omicidio legale dietro il paravento di estensione del diritto di
legittima difesa delle forze dell’ordine”. Inoltre il processo storico di presa di
distanza tra forze dell’ordine e situazioni di dorsrdine cambia, perché non si
usano più tecniche di dispersione o cannoni ad acqua, o blocchi di polizia, ma
tecniche che favoriscono il corpo a corpo e privilegiano lo choc, l’intrusione e
la provocazione: il corpo di polizia dioventa corpo offensivo.

In questo modo si trasforma la paura, un valore della mascolinità effemminata,


diventa risorsa che costruisce il corpo pronto a difendersi in ogni momento.
L’individuo diventa responsabile della sua stessa difesa e incamera certi usi ella
violenza, governato dalla paura in nome della propria sicurezza.

LO STATO O IL NON MONOPOLIO DELLA LEGITTIMA DIFESA

HOBBES O LOCKE, DUE FILOSOFIA DELLA DIFESA DI SE’

Le prime elaborazioni dell’autodifesa moderna le abbiamo nelel filosofie del


contratto sociale. Il difendersi da soli diventa libertà in quanto diritto di
preservarsi. Hobbes voleva sradicare la violenza con la forza del diritto
sovrano, ma vede sempre la violenza come una forma posiiva.

La libertà del Leviatano consiste nel diritto di natura per cui si può preservare
sé stessi attraverso ogni mezzo. È un obbligo a cui non ci si può sottrarre gli
uomini spono tutti uguali in qeusto senso. Si è tutti uguali di fronte al pericolo
di morte. La difesa di sé stessi diventa capacità di nuocere agli altri.
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Questa tendenza a preservarsi si attua attraverso pratiche che diventano
legittime solo se necessarie. Hobbes elimina la questione della legittimità o
illegittimità del ricorso alla violenza difensiva. Dalla difesa di ciascuno contro
tutti si giunge a uno stato d’insicurezza permanente e perciò invivibile. È uno
stato di guerra che crea una disposizione al combattimento: si è sicuri nella
misura in cui si è forti.

Il sé è manifestazione del movimento difensivo. Il movimento orienta verso la


difesa da altri. Lo slancio al combattimento definisce, crea il soggetto, un
soggetto slanciato.

Lo stato di natura degli uomini è legato all’esercizio ragionato della difesa di


sé. Il diritto di natura tasforma lo sforzo di conservare sé stessi è impossibile,
nel senso che non posso esercitarlo senza impedimentippure di privarmene
senza trasformarmi in preda, negando la mia umanità.

C’è quindi una contraddizione. Hobbes elabora così un contratto: la vita di


ciascuno è garantita a condizione che tutti rinuncino al proprio diritto di
natura (e alla loro libertà di usare i mezzi per difendersi) a vantaggio di
un’autorità unica. Il potere è delegato al Leviatano.

Hobbes chiama “il diritto di resistere” qualcosa, ma non può essere un


privilegio. È un diritto collegato a una disposizione, a uno slancio che non si
può impedire. Hobbes parla dello schiavismo, anche. I prigionieri di guerra per
restare in vita possono decidere di servire i loro vincitori. I servi tenuti in
carcere non si sottomettono però con un contratto, ma con la forza –
uccidendo il loro padrone, non violano le leggi naturali. Lo schiavismo è
affrontato sulla base dell’”istituzione” dello schiavismo transatlantico. Piuttosto
che legittimare un diritto di resistenza, Hobbes prende atto dell’inciviltà di una
disposizione all’autodifesa. Non si parla della legittimazione o no del sistema
schiavista, ma dell’ineluttabilità della violenza nella liberazione e nella
resistenza degli schiavi.

Il diritto naturale alla conservazioene di sé non si riduce al “diritto su se stessi”.


È una disposizione che si esercita in tutti i modi allo stesso modo. Le istituzioni
politiche generano disordini e nasce violenza perché le istitizioni non hanno
rotto con lo stato di natura: mantengono nell’uomo “un residuo di natura”. È
per questo che pur essendoci leggi per la difesa del proprio diritto, si va in
viaggio accompagnati e la notte si sbarrano le porte.

C’è una onnipresente preoccupazione difensiva che Hobbes usa per criticare la
società inglese. L’autorità politica ha dei disfunzionamenti. L’essere sul chi v là
è un sintomo di una soggettivaione non soggiogata da uno Stato che suscita
paura con una piotenza coercitiva per mantenere la società civile tale. Una
pootenza legittima e assoluta che pacifichi la violenza intrinseca nei rapporti
interpresonali – Hobbes parla di questo, si concentra sull’elaborazione di
questa potenza. Ma la violenza non è mai sradticata dalla vita civile. La
violenza non è mai al di fuori del politico, anche se l ostato di sicurezza civile
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presuppone il consenso della volontà di tutti.

L’autodifesa esprime un rapporto a sé intrinseco agli slanci vitali. La


soggettività è intessuta di tattiche di difesa. Per questo è difficile eliminare un
Soggetto di diritto che sia tenuto a aabda dallo Stato.

John Locke ha un’altra proposta. Nello Stato di natura di Locke, come per
Hobbes, gli uomini sono uguali. Tuttavia, questsa uguaglianza consiste nel
potere di disporre della propria persona, di ciò che si possiede. Questo è un
diritto che è esercitato a meno che il Padrone di tali creature non abbia
conferito ad alcuni il diritto di dominare e ad altri il diritto di obbedire – ci
sono quelli che possiedono i lloro corpo e quelli che ne sono privati. Oguno
ha un uguale diritto alla libertà, ma ci sono delle clausole.

Ci si può disporre di sé stessi solo se ci si preserva. Questo è un diritto in


quanto gli uomini appartengono all’Artefice Onnipotente. Si puuò quindi
usare il proprio corpo e beni per conservare sé stessi. Il corpo è fondatore
delle altre proprietà, perché mi permette di trasformare la natura e mi
legittima ad appropriarmi degli altri beni. Attraverso il corpo, il soggetto di
diritto può accrescere il suo diritto sulle cose. “Ogni uomo ha un particolar
diritto sulla propria vita, sulla quale nessun altro può vanta diritto alcuno”. “Il
travaglio del suo corpo forma il proprio bene dell’uomo”.

Oltre a questa possibilità di disposizione di sé, Locke aggiunge un “potere di


giursdizione” che rinforza la soggettività. La conservazione della propria
persona consiste nella legalità o illegalità di farsi giustizia (mentre in Hobbes la
conservazione della propria persona era una disposizione immanente del
corpo; in Hobbes la difesa di sé oltrepassa la questione della legalità). “E’
l’espressione di un’effettività materiale che mette in scacco l’artificio del
diritto”.

In Locke, la difesa è posta nel quadro della legittimità del diritto primo – che è
il diritto che viene dalla proprietà di me stesso. ogni atto di difesa di sé è
investigato alla luce del diritto: l’autodifesa diventa un “diritto alla legittima
difesa”. Bisogna capire quindi quale sia il sogegtto legittimato a difendersi e
quale no. Non si tratta di giudicare l’azione, quanto lo statuto di chi si difende.
Solo i soggetti liberi (proprietari, altrimenti detti), possono pretendere un
potere di giurisdizione e possono difendersi in quanto in diritto di difendersi.

Nello stato di natura di Locke, se la mia proprietà è violata, il potere di


giurisdizione mi autorizza a farmi giustizia da solo. Siccome Dio mi proclama
proprietario del mio corpo, allegato a questo diritto di utilizzo del corpo c’è
l’autorizzazione a punire e giudicare chi vuole lederlo. In pratica gli uomini
possono punire chi vuole offendere la loro proprietà.

Il diritto di punire rientra sempre nel rispetto del principio di proporzione della
pena. Offendere le proprietà altrui significa escludersi dall’umanità, perché
significa offendere le leggi di natura e quindi Dio. Il criminale ha quindi uno
spirito sanguinoso. Il furto diventa una dichiarazione di guerra sociale.
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Chi ruba deve quindi essere punito come una bestia “colle quali essere non vi
può né società”. Chi è colpevole di furto, diventa punibile da qualsiasi altro
uomo. Questa violenza non è difensiva, ma anche esemplare, a scopo
preventivo. Il diritto di proprietà ha con sé due privilegi: il diritto di
conservazione e il dirtto di giurisdizione. Conservarsi, quindi, diventa punire.
Conservarsi è punire.

Secondo Locke, “mi difendo” significa “difendo il mio corpo”. Il proprio corpo
è l’oggetto di un’azione di giustizia di un soggetto di diritto. Chi si difende è
detentore di diritti, il cui primo è la proprietà del suo corpo. Il soggetto nasce
assieme a “questa relazione di proprietà”: è precedente, preesiste all’azione di
conservarsi. In quanto proprietario, il soggetto è legittimato a difendersi.

La domanda ora è: chi viene riconosciuto come soggetto di diritto? Chi ha


diritto alla difesa? I ladri non sono difesi perché a loro non è più riconosciuto
un corpo loro, un corpo proprio: non sono neppure più persone, non viene
riconosciuto manco un sé. Neanche schiavi, indigeni, donne e bambini hanno
questo privilegio: non c’è nessuno dentro di loro, sono corpi spossessati.

Lo stato di natura di Locke può ribaltarsi in stato di guerra, perché i conflitti


possono essere violenti. I conflitti sono violenti perché ci sono soggetti
proprietari di sé stessi e giudici per sé stessi e gli “altri”. La società politica
deve preservare la proprietà che ognuno ha di garantire che tutti possano
godere dei loro corpi e dei loro beni: c’è quindi un’autorità giudiziaraia che
giudica i conflitti e decide le pene. I proprietari quindi rinunciano al loro
diritto di giurisdizione, ma mai completamente, perché deleano questo diritto.
Se però si pensa che la società politica non protegge la proprietà, ogni
Soggetto può riprendersi il suo diritto di giursdizione.

La questione non è che si delega il diritto all’autodifesa, ma il trasferimento del


diritto dallo Stato ai cittadiin (contro-transfert). Parliamo della delega del
potere di sicurezza: l’autorità pubblica usa una milizia di cittadini armati. Cìè
poi una seconda logica che riguarda la delega del potere di giustizia: l’autorità
non è più punitiva ma delga ai soggetti (legislazioni sul porto d’armi ad
esempio). Lo stato non ha più il monopolio della violenza legittima. Lo Stato si
alleggerisce di una parte dei suoi compiti riducendo i costi del mantenimento
dell’ordine.

FARSI GIUSTIZIA DA SOLI: MILIZIE E “COOPERATIVE GIUDIZIARIE”

Il diritto alla conservazione di sé secondo Locke nasce attraverso delle leggi


che hanno come assunto il diritto all’autodifesa armata. Il diritto all’autodifesa
armata fa parte della cultura giuridica anglosassone, mahha diverse
espressioni.

Il diritto all’autodifesa armata del 1689 è preso dalla Costituzione americana.


Gli uomini andavano armati per l’arruolamento della polizia. Così, anche in
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Inghilterra il porto d’armi diventa un diritto per ogni protestante ed è legato al
diritto di autodifesa e di self-preservation. Nella storia filosofica della
monarchia, il diritto all’autodifesa armata è anche uno strumento contro
l’assolutismo. Col tempo, il diritto di portare armi per i civili è disciplinato per
evitare l’utilizzo anarchico delle armi da fuoco. Non saranno mai contestate,
perciò l’autodifesa armata resta un diritto disciplinato con efficacia. Il
Parlamento rappresenta i soggetti limitandone l'autonomizzazione dei loro
privilegi.

Se limitiamo il diritto individuale a possedere armi, anche il diritto di


giurisdizione è contestato. Fino alla fine del XIX le spese processuali sono alte
e solo i ricchi possono permettersele. Ci sono proteste. Nascono le
Prosecution Societies, dove i membri mettono in comune risorse per
l’assistenza legale. Si avvicinano alle cooperative giudiziarie, non si parla di
sostituirsi alla legge, ma di supplire alla legge.

Nel XIXI secolo si creano gruppi spontanei di autogiustizieri in queste società


(al loro interno per quanto regolamentate, si creano gruppi interni). Queste
societies si sono basate sul dovere di essere armati per la difesa del regno e
anche sulla base di una tradizione del dovere di essere armati nel diritto di
autoconservazione e autogiurisdizione. Le società giudiziarie sono stati dei
dispositivi di mantenimento dell’ordine complementari all’autorità sovrana.
Tale dispositivo è al servizio di una classe commerciale, creando un modello
imprenditoriale all’autodifesa, senza opporsi al potere legislativo.

In America c’è un dibattito nato dalla crisi interpretativo del diritto


all’autodifesa. Due sono i campi contrapposti. C’è chi vuole limitare il porto
d’armi perché crede che il diritto all’autodifesa armata deve essere compreso
in una milizia organizzata; e poi chi pensa che questo diritto fa parte della
cittadinanza americana e che non si può limitare questo diritto.

Le milizie in America derivavano la loro legittimità dal fatto che erano


un’aggregazione d’individui ciascuno con un diritto all’armamento. Tra la fine
del XVII e la fine del XIX secolo il diritto all’autodifesa cambia poiché viene
trasposto nel territorio coloniale, passando dall’Inghilterra agli Stati Uniti Il
diritto di autodifesa cambia: ora diventa il diritto di prendere le armi
unicamente per la difesa dei suoi beni. Mettersi in gruppo non cambia nulla
perché ciascuno ha un diritto individuale.

L’autodifesa in America fa parte della comunità politica. I cittadini americani si


definiscono eterni pionieri e frontiersmen perché si sono difesi contro i pericoli
delle frontiere, che facevano mano mano indietreggiare. L’autodifesa è uno
degli eelementi della storia degli Stati Uniti d’America e sta in questo la sua
legittimazione.

Nella Costituzione degli Stati Uniti d’America c’è il diritto a portare armi. Ci
sono però le legislazioni locali che si oppongono alla Dichiarazione die diritti.

United States v. Cruikshank nel 1875: massacre di Colfax nel 1873. La White
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League uccide l’esercito dell’Unione che difendeva il palazzo di giustizia dei
Colfax e massacra altre persone. Nel 1876 la Corte suprema dice che il porto
d’armi è un diritto per tutti, ma dice che non può perseguire i membri del Ku
Klux Klan perché solo il Governo federale lo può fare. La Corte Suprema nel
2008 condanna il Distretto della Columbia per non aver permesso a un
cittadino di posseder armi da fuoco nel suo domicilio.. si conferma insomma
che il “secondo emendamento garantisce ai cittadini il diritto di possedere di
portare armi per la propria difesa”.

Il diritto individuale all’uaotidfesa armata statunitense rende possibile le


mobilitazioni collettive che invocano la difesa nazionale. la storia delle milizie
mostra che queste son estensione del principio dell’autodifesa, non i luoghi
dove il principio di autodifesa è nato.

IL VIGILANTISMO O LA NASCITA DELLO STATO RAZZIALE

Negli Stati Uniti, il termine vigilante significa “giustiziere”. Uno dei primi testi a
proposito dei vigilants è scritto in Louisiana in onore dei comitati di vigilanza.
In esso si teorizza la legittimazione della violenza difensiva. Alexandre Barde è
un colono che scrive un testo in Louisiana dove dfa il giornalista. Il viglantismo
diventa razzializzato e il testo rende questo fenomeno evidente. Il testo
diventa un archivio della violenza coloniale razzista. I giustizieri, tutti bianchi,
sono tutti eroicizzati.

Nel 1859 stiamo a pochi momenti dalla Secessione. Alexandre Barde si iscrive
ai comitati di vigilanza e diventa lo storico di questi comitati. I comitati non
erano nati in Louisiana, ma sulla costa Est. Principalmente i gruppi son fatti da
ricchi, proprietari, avvocati, agricoltori e così via. Durante la colonizzazione
delle Americhe queste milizie difensive si attribuivano il diritto di giurisdizione.
I critici del vigilantismo dcono che è sintomo di un’istituzione politica
disfunzionale, mentre la prospettiva opposta parla di “razionalizzazione dela
governamentalità”.

Barde nel suo Histoire des comités de vigilance parla di un periodo i


colonizzazione, l’epoca d’oro della colonizzazione. Spiega che la prima
generaiozne di coloni bianchi era una famiglia dove nessuno poteva essere
condannato. Ciò, però, “ha vanificato il principio di giustizia e ha permesso che
siviluppase un esercito del crimine”: il familismo di una giustizia coloniale.
Barde cerca di capirne le cause: il diritto di ricusazione, che permette
all’avvocato di revocare i giurati e far partecipare degli iggnari o corrotti; il
diritto all’unanimità del verdetto, che implicava l’assoluzione perché era
difficilissimo mettere tutti d’accordo i giurati.

Per Barde la giustizia civile non esiste più ed è dalle sue ceneri che nascono i
comitati. I “giustizieri” stabilisco una modalità sbrigativa di “giurisdizione del
conflitto”. Non ci sono principi di equità, contraddizione e presunzione
di’innocenza. I processi servono solo a condannare, ci sono solo colpevoli. Iln
caso di reato l’imputoato è colpevole in anticipo. Ci sono solo tre tipi di pena:
l’obbligo di riparare, la messa al bando dal territorio e l’impiccacgione in caso
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di recidiva. Nel contesto della guerra di secessione, le organizzazioni di
vigilants si avvicinano al braccio dell’ideologia della supremazia bianca per
PURGARE la società.

I comitati di vigilanza traducono l’autodifesa in legittima difensa, perché


difendersi contro il crimine è “a priori legittimo”. Il vigilantismo segna una
rottura con la concezione classica di giustizia e anche con lo Stato, in quanto
regime di diritto che legittima un apparato giudiziario centralizzato.
Classicamente, il diritto alla forza prevale nei periodi prima che s’imponesse lo
Stato. Il diritto degli eroi caratterizza la violenza prestatale. Tuttavia, col
vigilantismo sembra che il diritto degli eroi si sia imposto sul sistema statale.
C’è un ritorno alla natura. C’è il rischio di una fondazione di uno Stato razziale,
una razionalizzazione della razza come fondatrice del diritto. I giustizieri
sono figura del Grande Uomo dello Stato razziale. Col tempo, alle nuove
generazioni di vigilants si è creata una cosacrazione del vigilantismo, che è
diventato un modello di cittadinanza. La cultura del vigilantismo alimenta
quella della razza bianca.

Il giustiziere anche nell’immaginario compare come un uomo mascherato. La


giustizia ha la benda davanti agli occhi e si pone al di sopra di ciò che è
giustificabile: vuole giudicare in modo equo. Il giustiziere mascherato
rappresenta una volontà punitiva, una volonza razziale che punisce i nemici
della proprietà privata, della famiglia, della società bianca. Gli occhi sono
l’unica parte del corpo che è mostrabile in quanto è riconoscibile della
razionalità in nome della quale agisce.

GIUSTIZIA BIANCA

DAL LINCIAGGIO ALLA LEGITTIMA DIFESA: “UNA MENZOGNA CUCITA DI FILO


BIANCO”

I vigilants della frontiera ovest si legano subito a pratiche di linciaggio. Charles


LYnch fu fondatore del gruppo di vigilants durante la Rivoluzione americana.
In Virginia Charles Lynch aveva ricevuto carta bianca dai legislatori per
estrpare ladri di cavalli e banditi. La legge permetteva a Lynch di non rispettare
la legge, così la legge Lynch perseguitò schiavi, vagabondi, stranieri e ribelli
neri.

Alla fine del XIX secolo si distingue tra linciaggi portati avanti dalle folle e i
linciaggi organizzati (tipo del Ku Klux Klan). Ora però ci sono dei lavori che
studiando i linciagi tra il 1880 fino a dopo la seconda guerra mondiale parlano
non di linciaggi ma di scene di vita che la gente considerava normale. Una
città si riuniva attorno a un uomo bruciato vivo o impiccato, tanto che le
scuole erano chiuse per farlo vedere ai bambini. La folla è ufficiosamente
investita della pena e dell’esecuzione fino all’inizio del XX secolo.

In genere prima c’è un’accusa, una denuncia, un arresto e un processo.


Tuttavia, i vigilants offrono alla folla il diritto di punire uomini indifesi. La folla
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diventa l’arma dei giustizieri, mentre la società civile riceve la riconoscenza di
aver attuato la giustizia americana. Gli omicidi facevano parte di una vita
sociale distinta dal vigilantismo, che era una vera e propria cultura. Gli omici
facevano parte dell’”affermazione ritualizzata dell’unità bianca”. Inoltre, questi
omicidi sono illuogo dove si gioca il passaggio tra autodifesa e difesa della
razza. I linciagi se la prendono non più con gli individui, ma acon i neri. I neri
diventano ammazzabili.

Il vigilantismo si porta dietro questa cultura politica. È anche l’orizzonte, lo


sfondo degli atti criminali, che va compreso per comprendere gli atti criminali.
Gli atti criminali sono leciti perché instillati dentro la storia del razzismo e le
logiche di autodifesa – la violenza sull donne bianche diventa il capo di accusa
per uccidere un sacco di gente. Ida B. Wells in Southern Horrors dice che le
donne bianche durante la guera di Secessione non erano state protette dai
possibili attacchi di uomini neri. Alal fine della guerra però ci sono stati un
sacco di linciaggi, tutti col pretesto di difendere le donne bianche e il loro
onore. Molto spesso le donne discolpavano gli accusati, altre volte le donne si
univano a questi uomini volontariamente.

Ida Wells spiega che il Sud non sarà mai terra di giustizia perché il sistema
giudiziario è corrotto e discolpa gli aggressori.

Durante la guerra di Secessione la questione delle dola protezione delle donne


faceva parte dei programmi politici di molte associazioni femminili. Le
associazioni si opponevano alle legislazioni che non concedevano l’accesso ai
diritti civili ep olitici alle donne. Rivendicavano dei dispositivi di “Protezione
domestica” perché le donne riducessero l’onnipotenza che glii uomini avevano
su di loro.

Allo stesso tempo ci sono le militanti afroamericane abolizioniste. Il


programma delle femmine sudiste bianche si riconfigura. Le femministe
sudiste non stigmatizzano ancora gli uomini neri. I fu una campagna per la
protezione delle ragazze lanciata dalla Woman’s Christian Temperance Union
che volevano alzare l’età legale per il consenso delle ragazze a una relazione
sessuale da 10 ai 18 anni. La campagna sel a prende con gli uomini bianchi,
perché in questo modo umiliano le donne bianche e ledono alla supremazia
della razza bianca in generale. Questa campagna non ebbe successo perché
puntava agli uomini bianchi e i notabili bianchi, corrotti.

Le femministe bianche però iniziano a costruire un “mito del violentatore


nero”, un’ideologia razzista. Si creano stereotipi come quello del “nero-
bestiale-violentatore”. Le militanti femministe rivendicano protezione contro
gli uomini neri. Si crea così una polizia razziale della sessualità di tutte le
donne, ma ha anche mantenuto lo status quo sul controllo razziale del
lavoro nel Sud post-schiavista, non ci fu quindi mai un’élite nera. Gli
afroamericani istruiti saranno accusati di violenza sessuale dal 1900 in poi
perché, dicono i suprematisti, accedono al sistema educativo per accedere alle
donne bianche.

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“BISOGNA DIFENDERE LE DONNE”

Ida B. Wells, figura leader del movimento antilinciaggio, tiene assieme nelo
stesso quadro teorico il massacro di uomini neri e la violenza sessuale delle
donne nere. Il caso dell’omicio di Jesse Washington a Waco nel 1916.

Lucy Fryer è trovata morta in casa. Gira la voce della violenza sessuale, si
sospetta Jesse. tutti sono convinti della colpevolezza, jesse è conannato in una
parvenza di processo. Qualche settimana dopo di W.E.B. Dubois parla di Waco
horror in un articolo e dice che bisogna finire questa “industria del linciaggio”.

Aumentano le manifestazioni delle associazioni femministe nere per generare


un senso d’indignazione nell’opinione pubblica. Le mobilitazioni contro il
linciaggio sono accolte da giornali, organizzazioni religiose, associazioni
sudiste: il passaggio del linciaggio non come risposta alle violenze sessuali, ma
come crimine razzista, è compiuta. Viene creata l’Association of Southern
Women for the Prevention of Lynching, che però è soltanto per le donne
bianche. Tuttavia almeno si ammette che gli uomini neri non sono responsabili
dei linciaggi, che non sono violentatori-nati. L’associazione è fondata da
Jessie Daniel Ames.

Jessi Daniel Ames combatte contro il”codice cavalleresco” presente dal XIX
secolo che impone alle donne di comportarsi da ladies, incarnando valori
come pietà, grazie, fragilità. Mettendosi sotto la protezione degli uomini, le
donne diventano “vere” donne, ma anche degli esseri da “proteggere”. Le
bianche possono diventnare “donne” e avere uno statuto “di donne” e avere
quindi i benefici sociali solo in quanto ladies. Tutavia, sarà sempre possibile
violentare “quelle che non sono ladies” a causa dei rapporti di dominazinoe:
tutte le donne contro lo schiavismo o la segregazione o che difendono gli
uomini afroamericani non sono più ladies.

La razza bianca si è materializzata per difendere l’onore “delle loro donne”,,


perché gli uomini così hanno prodotto “un gruppo sociale naturalizzato,
razzialmente esclusivo”. Rivoltandosi contro lo spirito cavalleresco, hanno
estratto dalla genealogia del patriarcato bianco la difesa delle donne, facendo
sì che le donne si difendessero da sole. In questo modo i giustizieri appaiono
soltanto come assassini razzisti. Siccome le bianche non hanno più bisogno
di essere difese, le violenze diventano barbarie ebasta.

Le donne ibanche sudiste non hanno mai voluto disfare la razza, ma produrre
una nuova norma di femminilità bianca. Hanno creato una nuova
soggettivazione politica femminile: creano nloro un soggetto femminista
razzializzato.

La difesa delle donne è un motivo ricorrente (light motif) dei sistemi razzisti.
Questo fatto è stato studiato dalle femmiiniste. Gayatri C. Spivak parla di
“allegoria della produzione dimperialista della soggetività”: “Uomini bianchi
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stanno salvando donne scure da uomini scuri”. Il contesto cooloniale è diverso
dal contesto post-schiavista perché si distingue tra le nostre donne e le loro
donne. Si attribuiscono così le violenze fatte a tutte le donne agli uomini
indigeni. Leila Ahmed studia l’Egitto coloniale e parla della difesa delle donne
come un dispositivo che permette di “salvare” le donne indigene dai loro
uomini in nome della superiorità della razza bianca. Ovviamente la difefesa è
limitata alle donne “rispettabili”.

All’inizio del XXI secolo l’ingiunzione a difendere le donne è ancora attiva. Una
parte del femminismo è condiscendente e connivente con un soggetto
politico razzista, ciò rende i motti “Non in nostro nome” difficili da farsi sentire.
L’adagio “bisogna difendere le donne” è pure cambiato, perché non tutte le
donne vanno protette ma alcune. Si è creato un altro gruppo sociale: alcune
donne garanti della loro protezione, soggetti della difesa di una civilizzazione.
Le donne negli eserciti contribuiscono a questa nuova minoranza sperimentale
e la loro genealogia. Nel 2003 e il 2004 nella prigione di Abu Grahib ci sono
foto di donne soldatesse che torturano uomini umilando il “nemico
musulmano” e producendo “la società americana”. Le donne sono “soggetti
impuri”, incarnano una norma della femminilità capitalista bianca
contemporanea, liberate (“apparentenenti a una nazione per la quale
l’uguaglianza dei sessi è divenuta un principio civilizzatore). Però c’è un
problema perché la femminilizzazione dele professioni maschili è un nuovo
dispositivo che da un lato ha un rapporto con la “difesa delle done/difesa della
razza”, ma da una prospettiva nuova: non si difendono più le nostre donne,
ma di mandare le nostre donne a difenderci da questi uomiini. Le donne
non sono inviate come gli altri soldati, ma per produrre una femminilità contro
un nemico che lo stato maggiore considera essere una mascolinità barbara e
inumana. “Nelle scene di violenza sessuale si arriva al corpo in modo non
letale per ledere la dignità dei prigionieri”. Queste violense appartengono a
una strategia militare che produce una nuova vigilant, la giustiziera. Le
soldatesse sono ogettivate come dispositivo di dominazione al servizio della
virilità cristiana, bianca, capitalista.

Dietro la formula “:Bisogna difendere le donne” c’è un nuovo adagio: “Le


nostre donne ci difendono e sodomizzeranno i vostri uomini in nome della
diofesa della nostra civilizzazione”.

SELF-DEFENSE: POWER TO THE PEOPLE!

FARLA FINITA CON LA NON-VIOLENZA


“ARM YOURSELF OR HARM YOURSELF”

Ida Wells nel 1892 lanciò un motto: che ogni casa nera abia un fucile
Winchester. Il nazionalismo nero ha al suo centro la problematica
dell’autodifesa armata legittima contro il razzismo e la sua violenza illegittima.

Durante gli anni Dieci e Ventigiornalisti del movimento Harles Renaissance


dichiarano zio Tom morto. Impazza uan geurra razzista nel paese, gli
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afroamericani devono essere uniti. Con la seconda guerra mondiale, gli Stati
Uniti si presentano come una democrazia che schiaccia il fascismo, per cui i
sorprusi razzisti interni non possono più essere giustificabili. Mentre vengono
organizzati ammutinamenti dalle associazioni del movimento nero, i leader del
National Association for the Advancement of Colored People (NAACP) avvia
una lotta contro il linciaccio che crea molti imbarazzi sicché la questione dei
diritti politici americani diventa un problema di politica mondiale.

Nonostante le vittorie giudiriche del movimento per i diritti civili per la


desegrazione, l’ideologia della supremazia bianca è ancora intatto. La poiltica
di autodifesa rinasce con il Kissing Case. A Monroe, nella Carolina del Nord,
una bambina Sissy Sutton dice di avere dato un bacio sulla guancia a un
bambino nero. La famiglia raduna una folla armata per uccidere i bambini. I
bambini sono arrestati con l’accusa di violenza sessuale. Le madri sono
perseguitate e tormentate. Il giudice considera la situazione un effetto della
desegregazione, conseguenza della mescolanza razziale e del pericolo che
minaccia le bambine bianche. Il giudice dichiara i bambini colpevoli di
aggressione sessuale e li lascia in riformatorio fino ai loro ventun anni.

La sezione locale della città di Monroe (National Association for the


Advancement of Colored People) conta solo sei membri. Robert F. Williams, il
presidente, afa della sezione locale di Monroe della NAACP una unità di
combattimento.

Robert F. Williams fonda il comitato di combattimento contro l’ingiustizia


razziale e fa del Kissing Case uno scandalo internazionale. Fa leva sui comitati
europei contro il linciacggio per far sì che i bambini siano liberati, mentre la
NACCP ignora il caso. La foto di Joyce Egginton rende il caso un simbolo
facendo una foto nella prigione dove stavano i bambini, mostrando lo stato in
cui si trovano i bambini. Viene creato un comitato per la difesa dei due
bambini.

Il caso segna una svolta nella storia della lotta contro il sistema
segregazionista. I movimenti di decolonizzazione denunciano la politica
razzista americana, collegando il segregazionismo all’imperialismo e di
conseguenze le violenze contro la minoranza nera come un colonialismo
interno. Inoltre, il caso mette in crisi la strategia della resistenza pacifista del
movimento per i diritti civili. La resistenza armata oramai si organizza. Robert.
F. Williams pensa che l’autodifesa armata è la sola strategia per sopravvivere
contro la supremazia bianca. Fu visto come oppositore di Martin Luther King e
fu perseguitato dall’FBI ed espulso dalla NACCP. La NACCP aveva eliminato i
militanti antimperialisti perché accusata di avere infiltrazioni anticomuniste.

Il kissing case è sintomo della politica anticomunista che ha diviso il


movimento afroamericano per i diritti civili. Il dibattito sul ricorso alla violenza
è diventato motivo di conflitto tra le varie diassociazioni nere, perché in
pratica gli intellettuali che sostenevano l’autodifesa armata erano
accusati di comunismo.

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Grazie a Robert F. Williams e il Comitato di lotta contro l’ingiustizia
razziale i bambini saranno poi liberati. Williams (Robert F.) scrive
Negroes With Gun, dove parla dell’autodifesa armata. Si oppone alla
strategia dell’azione diretta non-violenta. Alcuni militanti durante una
rappresentazione sono colpiti da uoini bianchi armati. Williams allora
sporgue denuncia 8nel 1961 tutto questo), ma il comandante della polizia
dice di non aver visto nulla. Il racconto che fa Robert F. Williams è un
modo per mostrare il sistematico diniego delle autorità bianceh. Il silenzio
della polizia è un un’azione diretta non violenta da parte della polizia.

Seocondo Williams lo Stato federale fallisce scientemente nel far


rispettare il quattordicesimo emendamento della Costituzione degli Stati
Uniti. I tribunali di questi Stati non puniscono il KKK e quindi SONO
ILLEGITTIMI A ESERCITARE LA GIUSTIZIA. LA VIOLENZA ESERCITATA DAI
BINACHI è LEGALE, MA ILLEGITTIMA, MENTRE QUELLA CHE I NERI
ESERCITANO è ILLEGALE MA LEGITTIMA.

Siccome non c’è giustizia per i neri, Williams eseorta a ricorrere all’autodifesa.
Williams dscinde l’autodifesa dalla tradizione dell’individualismo possessivo,
dividendo concetto di autodifesa e nozione di difesa di sé come proprietà
della orpria persona. La difesa di sé non si fonda su un soggetto di diritto
preesistente e non è garantita da un individuo che possiede un diritto di
conservazione e giurisdizione. Il soggetto esiste esiste “si produce in questo
movimento polarizzato per avere la vita salva”

L’AUTODIFESA, PER Williams, non è “amore della violenza”, ma “amore della


giustizia”. L’autodifesa interviene quando la nonviolenza porterebbe al
suicidio. La non-violenza impedisce di difendersi ai militanti.

Parliamo del dibattito sulla violenza e la non-violenza. L’uso della violenza è


rifiutato sulla base di due argomenti: il’uso della violenza è rifiutato in nome di
un “effetto di mimetismo che trasformerebbe i dominati in dominanti” e “in
nome di un rischio di amplificazione che moltiplicherebbe la violenza dei
dominanti invece di terminarla”.

Secondo Williams, il dibattito è ideologico e serve solo a disarmare gli


oppressi. Williams parla della violenza come principio di storicità e
cambiamento sociale. La non-violenza e l’autodifesa sono utili contro la
“brutalità razzista bianca”, ma in generale la violenza è la sola a modificare
l’oppressione razziale. La strategia della violenza difensiva è la sola a cambiare
i rapporti di potere. La non-violenza non batte il sistema razzista, né la
violenza sociale. Inoltre, la violenza se usata ndal movimento per i diritti civili
permette di dichiarare guerra a chi difende i propri privilegi, i privilegiati. Per
lui non si tratta, per Williams non si tratta di difendere gli stati uniti d’America,
ma la giustizia universale.

LE BLACK PANTHER: L’AUTODIFESA COME RIVOLUZIONE POLITICA

Robert Williams ha fatto sì che il movimento per i diritti civili abbandonasse la


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filosofia della non-violenza. Gli anni Sessanta hanno visto azione diretta
violenta. Con James Meredith, un giovane che fu ferito durante la sua “marcia
contro la paura” nel 1966, segna la fine della strada non violenta. Molti leader
del movimento per i diritti civili devono scegliere come proseguire la marcia.
La marcia lancia l’appello al Black Power. La marcia diventò “l’evento storico in
cui si oppongoo due logiche politiche relative alla violenza – la strategia della
non-violenza e quella della violenza difensiva.

Per Malcoolm X la non-violenza di King significa “non difendetevi dai bianchi”.


L’unica forma di non-violenza valida è quella verso gli altri neri, dimodoché si
crei solidarietà nera. Dice Malcolm X che non è un caso che King sia l’unico
interlocutore che i bianchi rispettano perché "King è la migliore arma che i
bianchi abbiano mai avuto nel nostro paese”.

La non violenza deve essere circoscritta ai gruppi mobilitati. È una modalità di


soggettivazione politica per prendersi cura di un noi.

La morte di Malcolm X segna l’inizio di una nuova generazione decisa alla


violenza difensiva.

I soggetti che adottano la non-violenza non sono passivi, “investono il loro


corpo per la difesa di sé stessi”, il che non è facile. È un tipo di resistenza che
richiede abbengazione assoluta, l’oblio di sé addirittura (non reagire mai). Il
corpo dviventa pellicola dove appare la violenza dell’aggressione. Questa
strategia però fu vista da alcuni del movimento come obsoleta. Le difese
violente o non violente si distinguono “nella temporalità della difesa e dei
suoi effetti”. Si parla di due differenti concezioni della storia. La prima
vede le lottoe i un tempo llungo, vuole “Lavorare la storia”. L’azione della
non violenza è laboriosa. La seconda posizione, quella dell’autodifesa,
pensano che la storia si faccia solo “nell’irruzione e nello choc”, ci vuole
una rivoluzione.

Il Black Powert consiste nel dispiegamento dell’autodifesa in modo esplosivo,


che risponde “colpo per colpo”. Di fronte a un’arma puntata, si risponde perciò
con unop sparo. L’autodifesa è controffensiva. Il corpo militante
del’autodifesa non è quello di un martire (quello è quelllo della non-violenza),
ma un corpo inerosabilmente vendicativo.

La politica dell’autodifesa, quindi, si intreccia in una politica dell’ affermazione


di sé. Si tratta di affermare un diritto negato e quindi del soggetto che detiene
tale diritto, di un soggetto che si prende il diritto che gli era stato rifiutato, che
non gli era stato concesso. Si restituisce dignità agli oppressi, ora belligeranti,
e si autorizza l’uso indefinito della violenza fino alla fine della lotta
rivoluzionaria.

Nel 1966 nasce il Black Panther Party for Self-Defense. Il diritto all’autdifesa
armata è ripoliticizzato e si oppone alla tradizione segregazionista e
l’imperialismo statunitensi.
SUMMARY

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