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Elsa Dorlin
Elsa Dorlin
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Difendersi
Una filosofia della violenza
Elsa Dorlin la zoccola
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Prologo
Gli Stati rivendicano l’uso legittimo della forza. Se usiamo questo dispositivo e
lo identifichiamo e rintracciamo, possiamo capire i processi di questi Stati.
Forse c’è un’economia che difende individui già riconosciuti legittimi a
difendersi da soli; gli conferisce il potere di auto-giustizia, di uccidere.
………………..
Detto ciò, a parte la polizia il diritto a portare con sé un’arma era stato dato
tradizionalmente alla nobiltà (perché poteva andare a caccia). I bracconieri
sono così puniti non tanto perché rubano selvaggina, ma perché rubano il
diritto di portare un’arma (1601, Francia).
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Nel Medioevo c’erano alcune popolazioni (come quelle vicino a zone
strategiche) che vivevano armate. I gruppi sociali seguivano perciò
regolamentazioni circa l’essere armati o no. Tuttavia, a partire dal XIV secolo si
applicò il divieto di indossare un’arma fuori casa perché all’epoca lo spazio
pubblico era lo spazio percorso dal re, che doveva essere libero di spostarsi in
sicurezza. Per controbilanciare questo divieto, si creò il “permesso del porto
d’armi” che viene documentato per la prima volta nel 1265.
Nel XV secolo si creò un esercito di mestieri che era l’unico a poter fare uso di
armi da guerra, e ciò cambiò la legislazione del porto d’armi. Ci fu la
distinzione tra addetti alla guerra e civili, il che cambia il tipo di armi permesse
da uno e dall’altro: s’inizia a distinguere tra armi offensive e difensive “lo
scudo è visto come offensivo perché provano l’intenzione di combattere,
mentre le armi portate alla cintura sono ritenute difensive”.
Viene anche distinto il porto d’armi dalla presa d’armi. La presa d’armi è
vietata, e in questo modo criminalizzano la ribellione armata.
Dal XVI secolo in poi vengono promulgate delle leggi per punire il duello,
pratica aristocratica. Tuttavia, si crea il diritto al porto d’armi di “difesa”, ad uso
esclusivamente aristocratico, che permette all’aristocrazia di difendersi dalle
altre classi sociali. In questo modo l’aristocrazia diventa l’unica classe sociale
ad avere una conoscenza marziale.
Sia il Codice Nero spagnolo che francese vietavano nel XVIII secolo agli schiavi
di portare con sé armi. Il machete è l’unica arma autorizzata per il lavoro
agricolo, purché sia corta. Poi è sostituito “da strumenti più pratici” e solo per i
meticci. C’è inquietudine dei coloni. Neanche le penne erano concesse, pena la
condanna per tentato omicidio. L’obiettivo è lasciarli senza difesa e metterli in
riga al minimo accenno di marzialità. Questo processo parte dal presupposto
per cui gli schiavi non hanno diritti e doveri di conservazione di sé. No sono
responsabili di sé stessi, mentre i padroni sì.
Ci sono delle pratiche difensive del sé. Non si tratta però di legittima difesa. La
storia delle culture marziali schiave “a mani nude” ci spiegano come lo scontro
sia differito.
Dal XVII secolo il codice nero vieta assembramenti e danze poiché anche un
passo di danza è sospettato di essere un impegno al combattimento. Spesso
le danze sono fatte da movimenti pugilistici che associano acrobazie a
tecniche di lotta vere e proprie, possono perciò essere interpretate come
propedeutiche allo scontro. Queste pratiche si sono iscritte alla cultura creola,
che ne diluisce la violenza e farne parte di memoria.
La cosa che queste culture hanno in comune è la colonialità, perché sono state
deviate e disciplinate. Sono state anche creolizzate nel senso che sono un
modo per venire a patti col potere. Scott James avanza la possibilità che
queste pratiche siano anche un modo catartico di immaginare la realizzazione
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della lotta repressa. Le pratiche diventano quindi anche mortifere.
La Force Noire di Charles Mangin nel 1910, parliamone. In questo libro spiega
che gli uomini africani sono predisposti a seguire un leader e sono
naturalmente disciplinati, anche perché il lavoro della terra in Africa
occidentale è assegnato alle donne, per cui il fisico e la psicologia del soldato
africano non è stato corrotto da questo tipo di lavoro. L’uomo nero viene
dipinto come un uomo sotto ipnosi, un braccio armato che non riflette.
Collegato all’arruolamento c’è la questione del diritto civile dei soldati neri.
Tali soldati non beneficiano delle conquiste della solidarietà repubblicana. Si
creano quindi milizie imperiali piuttosto che eserciti di cittadini. Per garantire
la loro fedeltà, li si mandava a sterminare altri indigeni, instillando in loro una
seconda forma di razzismo perché Come diceva Mangin: “siamo barbari di
qualcuno sempre”. Il miliziano imperiale diventa quindi una figura intermedia
tra il cittadino francese e il barbaro.
Grozio anziché parlare delle cause della guerra e di cosa sia lecito o no
per fare la guerra, parla del diritto della persona e pone quindi la
questione del definire chi può fare la guerra o no e chi può difendersi o
no.
Tra il VII e il XVIII secolo la difesa dei “particolari” viene meno poiché si vuole
ridurre l’uso privato della violenza e il diritto degli individui alla violenza. Il
diritto di armarsi è leguato all’arruolamento dei cittadini per la difensa della
nazione.
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L’armamento del popolo è un tema che ha due interpretazioni: il primo
modello anglosassone dice che la difesa della nazione è estensione del iritto
della difesa della propria persona (autodifesa); la seconda interpretazione che
vuole distribuire selettivamente le risorse difensive dei cittadini e che crede
che la difesa comune viene dall’appartenenza alla comunità, c’è solo difesa
della nazione.
Nello stato maggiore francese ci sono due strategie militari opposte per
l’organizzazione delle truppe francesi control la Germania. Queste due
strategie militari sono anche due concezioni etico-politiche sul civismo “virile”
e “bianco. La prima strategia vuole un’avanguardia esperta, mentre l’altra una
mobilitazione di massa. Fautori della seconda strategia erano gli ufficiali
dell’esercito coloniale che sapevano potevano avere grande mobilitazione
dalle colonie.
Tuttavia, Jaures crea così una nazione armata che non sarebbe utilizzabile per
una politica esteriore di aggressione. Armando il popolo, ci sono dei problemi:
c’è il paradosso per cui è necessario reprimere attraverso la violenza per
difendere la non violenza; e poi un esercito del popolo richiede la gestione
poliziesca dei movimenti sociali.
In questo periodo c’erano già dei trattati di ju-jitsu dedicati alle donne, ma
non rimettevano in discussione le norme di genere dominanti perché
rendevano il ju-jitsu una ginnastica piuttosto che una tecnica di
combattimento. L’idea è che le donne rimangano donne, cioè dei corpi sani,
ma indifesi.
TESTAMENTI DELL’AUTODIFESA
Nel ghetto di Varsavia la struttura era fatta per far sì che non si capisse che
succedeva dentro. Siccome i nazisti hanno apparecchiature per registrare il
suono delle voci, bisogna starsi zitti. Il silenzio è anche esperienza di una
morte fuori dal mondo, acosmica.
La storia dei movimenti ebraici e della loro autodifesa è legata alla lotta contro
i pogrom (a pogrom is a violent riot incited with the aim of massacring or
expelling an ethnic or religious group, particularly Jews) in Russia alla fine del
XX secolo. Il primo gruppo di autodifesa è creato a Odessa nel 1881. Il gruppo
si chiama guardia ebrea.
Bund: nome con cui è comunemente nota l'Unione generale dei lavoratori della
Lituania, Polonia e Russia, partito socialista ebraico attivo nell'Impero russo a
cavallo tra il XIX e il XX secolo.
L’Unione generale dei lavoratori della Russia inizia una politica per costituire
dei gruppi di autodifesa. Viene poi pubblicato il manifesto di autodifesa
dell’organizzazione: si deve rispondere alla violenza con la violenza. Bisogna
poi diffondere il socialismo dimodoché i nemici diventino amici. Si creano dei
gruppi organizzati dal Bund che intervengano in caso di pogrom.
I pogrom di Kishinev segnano una svolta nel 1903. Durante la Pasqua ebraica,
bande armate entrano nella zona di 50mila ebrei. La polizia impedisce
l’intervento del gruppo di autodifesa. Sono massacrati e ferite diverse persone
e saccheggiate tante case. I partiti ebraici in Russia reagiscono, ma nessun
assassino sarà oggetto di inchiesta. Gli appelli all’autodifesa si rinnovarono.
Si crea una collaborazione col Bund e il Poaley-Tsiyon nel 1903 e 1905 (tra il
1903 e il 1905). Creano tanti gruppi di autodifesa chiamati BO (Boevie Otriady)
in diverse città. Le persecuzioni della polizia rendono difficile l’organizzazione
dei gruppi di autodifesa. Seguono delle immigrazioni verso gli Stati Uniti e la
Palestina.
Si crea una frattura tra due concezioni di autodifesa: il Bund (che vuole
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mantenere la sua azione in Russia) e partiti sionisti. Nel sionismo nell’ambiente
sionista ci sono conflitti tra i socialisti e i conservatori nazionalisti. Gli ultra-
consertvatori vincono e il sionismo diventerà militarizzato e terrorista.
Dopo una scissione del’Haganah nel 1931 c’è l’Haganh nazionale. La scissione
si ebbe sul principio etico del “contegno” e un successivo conflitto a proposito
di tale contegno: la risposta alle popolazioni arabe doveva restare difensiva.
Nel 1937 l’organizzazione diventa Irgun e si radicalizza e commette attentati
contro gli arabi.
Imi LIchtenfeld è inventore del kravmaga. È nato nel 1910 a Budapest, Impero
austro-ungarico. Cresce in Svloacchia. Il fratello va in un circo ambulante e
impara tecniche di combattimento. Tornando a casa crea il primo club di lotta,
hercules. Addestra le forze di polizia con tecniche di autodifesa. Imi Lichtenfeld
partecipa alla difesa dei quartieri ebraici perché ci sta l’emergenze delle fazioni
antisemite degli anni Trenta. Prende aparte al gruppo di autodifesa a
Bratislava. Sperimenta le tecniche di combattimento con i fascisti.
Il modello de krav maga collega le resistenze dei giovani ebrei europei alla
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nascita della nazione israeliana, che si impone pur essendo attaccata da ogni
parte. Questo nuovo popolo completamente arruolato nell’esercito glorifica il
passaggio dalla difensiva all’offensiva. Per difendersi BISOGNA AVANZARE.
L’ipotesi è che la tattica del combattimento ravvicinato con attacchi veloci e
invalidanti ha influenzato anche la politica militare e il campo lessicale della
propaganda di quest strategia militare e della sua politica. Il krav maga diventa
simbolo dell’ideologia nazionale della difesa offensiva per cui l’esercito si è
autodefinito nazione autodifendensoi contro tuti per sopravvivere.
Il krav maga permette di nascondere l’utilizzo di armi letali, che salvano gli
aggressori dalla mediatizzazione. L’uso di armi non mortali o “subletali” creano
“Un mercato dell’omicidio legale dietro il paravento di estensione del diritto di
legittima difesa delle forze dell’ordine”. Inoltre il processo storico di presa di
distanza tra forze dell’ordine e situazioni di dorsrdine cambia, perché non si
usano più tecniche di dispersione o cannoni ad acqua, o blocchi di polizia, ma
tecniche che favoriscono il corpo a corpo e privilegiano lo choc, l’intrusione e
la provocazione: il corpo di polizia dioventa corpo offensivo.
La libertà del Leviatano consiste nel diritto di natura per cui si può preservare
sé stessi attraverso ogni mezzo. È un obbligo a cui non ci si può sottrarre gli
uomini spono tutti uguali in qeusto senso. Si è tutti uguali di fronte al pericolo
di morte. La difesa di sé stessi diventa capacità di nuocere agli altri.
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Questa tendenza a preservarsi si attua attraverso pratiche che diventano
legittime solo se necessarie. Hobbes elimina la questione della legittimità o
illegittimità del ricorso alla violenza difensiva. Dalla difesa di ciascuno contro
tutti si giunge a uno stato d’insicurezza permanente e perciò invivibile. È uno
stato di guerra che crea una disposizione al combattimento: si è sicuri nella
misura in cui si è forti.
C’è una onnipresente preoccupazione difensiva che Hobbes usa per criticare la
società inglese. L’autorità politica ha dei disfunzionamenti. L’essere sul chi v là
è un sintomo di una soggettivaione non soggiogata da uno Stato che suscita
paura con una piotenza coercitiva per mantenere la società civile tale. Una
pootenza legittima e assoluta che pacifichi la violenza intrinseca nei rapporti
interpresonali – Hobbes parla di questo, si concentra sull’elaborazione di
questa potenza. Ma la violenza non è mai sradticata dalla vita civile. La
violenza non è mai al di fuori del politico, anche se l ostato di sicurezza civile
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presuppone il consenso della volontà di tutti.
John Locke ha un’altra proposta. Nello Stato di natura di Locke, come per
Hobbes, gli uomini sono uguali. Tuttavia, questsa uguaglianza consiste nel
potere di disporre della propria persona, di ciò che si possiede. Questo è un
diritto che è esercitato a meno che il Padrone di tali creature non abbia
conferito ad alcuni il diritto di dominare e ad altri il diritto di obbedire – ci
sono quelli che possiedono i lloro corpo e quelli che ne sono privati. Oguno
ha un uguale diritto alla libertà, ma ci sono delle clausole.
In Locke, la difesa è posta nel quadro della legittimità del diritto primo – che è
il diritto che viene dalla proprietà di me stesso. ogni atto di difesa di sé è
investigato alla luce del diritto: l’autodifesa diventa un “diritto alla legittima
difesa”. Bisogna capire quindi quale sia il sogegtto legittimato a difendersi e
quale no. Non si tratta di giudicare l’azione, quanto lo statuto di chi si difende.
Solo i soggetti liberi (proprietari, altrimenti detti), possono pretendere un
potere di giurisdizione e possono difendersi in quanto in diritto di difendersi.
Il diritto di punire rientra sempre nel rispetto del principio di proporzione della
pena. Offendere le proprietà altrui significa escludersi dall’umanità, perché
significa offendere le leggi di natura e quindi Dio. Il criminale ha quindi uno
spirito sanguinoso. Il furto diventa una dichiarazione di guerra sociale.
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Chi ruba deve quindi essere punito come una bestia “colle quali essere non vi
può né società”. Chi è colpevole di furto, diventa punibile da qualsiasi altro
uomo. Questa violenza non è difensiva, ma anche esemplare, a scopo
preventivo. Il diritto di proprietà ha con sé due privilegi: il diritto di
conservazione e il dirtto di giurisdizione. Conservarsi, quindi, diventa punire.
Conservarsi è punire.
Secondo Locke, “mi difendo” significa “difendo il mio corpo”. Il proprio corpo
è l’oggetto di un’azione di giustizia di un soggetto di diritto. Chi si difende è
detentore di diritti, il cui primo è la proprietà del suo corpo. Il soggetto nasce
assieme a “questa relazione di proprietà”: è precedente, preesiste all’azione di
conservarsi. In quanto proprietario, il soggetto è legittimato a difendersi.
Nella Costituzione degli Stati Uniti d’America c’è il diritto a portare armi. Ci
sono però le legislazioni locali che si oppongono alla Dichiarazione die diritti.
United States v. Cruikshank nel 1875: massacre di Colfax nel 1873. La White
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League uccide l’esercito dell’Unione che difendeva il palazzo di giustizia dei
Colfax e massacra altre persone. Nel 1876 la Corte suprema dice che il porto
d’armi è un diritto per tutti, ma dice che non può perseguire i membri del Ku
Klux Klan perché solo il Governo federale lo può fare. La Corte Suprema nel
2008 condanna il Distretto della Columbia per non aver permesso a un
cittadino di posseder armi da fuoco nel suo domicilio.. si conferma insomma
che il “secondo emendamento garantisce ai cittadini il diritto di possedere di
portare armi per la propria difesa”.
Negli Stati Uniti, il termine vigilante significa “giustiziere”. Uno dei primi testi a
proposito dei vigilants è scritto in Louisiana in onore dei comitati di vigilanza.
In esso si teorizza la legittimazione della violenza difensiva. Alexandre Barde è
un colono che scrive un testo in Louisiana dove dfa il giornalista. Il viglantismo
diventa razzializzato e il testo rende questo fenomeno evidente. Il testo
diventa un archivio della violenza coloniale razzista. I giustizieri, tutti bianchi,
sono tutti eroicizzati.
Nel 1859 stiamo a pochi momenti dalla Secessione. Alexandre Barde si iscrive
ai comitati di vigilanza e diventa lo storico di questi comitati. I comitati non
erano nati in Louisiana, ma sulla costa Est. Principalmente i gruppi son fatti da
ricchi, proprietari, avvocati, agricoltori e così via. Durante la colonizzazione
delle Americhe queste milizie difensive si attribuivano il diritto di giurisdizione.
I critici del vigilantismo dcono che è sintomo di un’istituzione politica
disfunzionale, mentre la prospettiva opposta parla di “razionalizzazione dela
governamentalità”.
Per Barde la giustizia civile non esiste più ed è dalle sue ceneri che nascono i
comitati. I “giustizieri” stabilisco una modalità sbrigativa di “giurisdizione del
conflitto”. Non ci sono principi di equità, contraddizione e presunzione
di’innocenza. I processi servono solo a condannare, ci sono solo colpevoli. Iln
caso di reato l’imputoato è colpevole in anticipo. Ci sono solo tre tipi di pena:
l’obbligo di riparare, la messa al bando dal territorio e l’impiccacgione in caso
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di recidiva. Nel contesto della guerra di secessione, le organizzazioni di
vigilants si avvicinano al braccio dell’ideologia della supremazia bianca per
PURGARE la società.
GIUSTIZIA BIANCA
Alla fine del XIX secolo si distingue tra linciaggi portati avanti dalle folle e i
linciaggi organizzati (tipo del Ku Klux Klan). Ora però ci sono dei lavori che
studiando i linciagi tra il 1880 fino a dopo la seconda guerra mondiale parlano
non di linciaggi ma di scene di vita che la gente considerava normale. Una
città si riuniva attorno a un uomo bruciato vivo o impiccato, tanto che le
scuole erano chiuse per farlo vedere ai bambini. La folla è ufficiosamente
investita della pena e dell’esecuzione fino all’inizio del XX secolo.
Ida Wells spiega che il Sud non sarà mai terra di giustizia perché il sistema
giudiziario è corrotto e discolpa gli aggressori.
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“BISOGNA DIFENDERE LE DONNE”
Ida B. Wells, figura leader del movimento antilinciaggio, tiene assieme nelo
stesso quadro teorico il massacro di uomini neri e la violenza sessuale delle
donne nere. Il caso dell’omicio di Jesse Washington a Waco nel 1916.
Lucy Fryer è trovata morta in casa. Gira la voce della violenza sessuale, si
sospetta Jesse. tutti sono convinti della colpevolezza, jesse è conannato in una
parvenza di processo. Qualche settimana dopo di W.E.B. Dubois parla di Waco
horror in un articolo e dice che bisogna finire questa “industria del linciaggio”.
Jessi Daniel Ames combatte contro il”codice cavalleresco” presente dal XIX
secolo che impone alle donne di comportarsi da ladies, incarnando valori
come pietà, grazie, fragilità. Mettendosi sotto la protezione degli uomini, le
donne diventano “vere” donne, ma anche degli esseri da “proteggere”. Le
bianche possono diventnare “donne” e avere uno statuto “di donne” e avere
quindi i benefici sociali solo in quanto ladies. Tutavia, sarà sempre possibile
violentare “quelle che non sono ladies” a causa dei rapporti di dominazinoe:
tutte le donne contro lo schiavismo o la segregazione o che difendono gli
uomini afroamericani non sono più ladies.
Le donne ibanche sudiste non hanno mai voluto disfare la razza, ma produrre
una nuova norma di femminilità bianca. Hanno creato una nuova
soggettivazione politica femminile: creano nloro un soggetto femminista
razzializzato.
La difesa delle donne è un motivo ricorrente (light motif) dei sistemi razzisti.
Questo fatto è stato studiato dalle femmiiniste. Gayatri C. Spivak parla di
“allegoria della produzione dimperialista della soggetività”: “Uomini bianchi
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stanno salvando donne scure da uomini scuri”. Il contesto cooloniale è diverso
dal contesto post-schiavista perché si distingue tra le nostre donne e le loro
donne. Si attribuiscono così le violenze fatte a tutte le donne agli uomini
indigeni. Leila Ahmed studia l’Egitto coloniale e parla della difesa delle donne
come un dispositivo che permette di “salvare” le donne indigene dai loro
uomini in nome della superiorità della razza bianca. Ovviamente la difefesa è
limitata alle donne “rispettabili”.
All’inizio del XXI secolo l’ingiunzione a difendere le donne è ancora attiva. Una
parte del femminismo è condiscendente e connivente con un soggetto
politico razzista, ciò rende i motti “Non in nostro nome” difficili da farsi sentire.
L’adagio “bisogna difendere le donne” è pure cambiato, perché non tutte le
donne vanno protette ma alcune. Si è creato un altro gruppo sociale: alcune
donne garanti della loro protezione, soggetti della difesa di una civilizzazione.
Le donne negli eserciti contribuiscono a questa nuova minoranza sperimentale
e la loro genealogia. Nel 2003 e il 2004 nella prigione di Abu Grahib ci sono
foto di donne soldatesse che torturano uomini umilando il “nemico
musulmano” e producendo “la società americana”. Le donne sono “soggetti
impuri”, incarnano una norma della femminilità capitalista bianca
contemporanea, liberate (“apparentenenti a una nazione per la quale
l’uguaglianza dei sessi è divenuta un principio civilizzatore). Però c’è un
problema perché la femminilizzazione dele professioni maschili è un nuovo
dispositivo che da un lato ha un rapporto con la “difesa delle done/difesa della
razza”, ma da una prospettiva nuova: non si difendono più le nostre donne,
ma di mandare le nostre donne a difenderci da questi uomiini. Le donne
non sono inviate come gli altri soldati, ma per produrre una femminilità contro
un nemico che lo stato maggiore considera essere una mascolinità barbara e
inumana. “Nelle scene di violenza sessuale si arriva al corpo in modo non
letale per ledere la dignità dei prigionieri”. Queste violense appartengono a
una strategia militare che produce una nuova vigilant, la giustiziera. Le
soldatesse sono ogettivate come dispositivo di dominazione al servizio della
virilità cristiana, bianca, capitalista.
Ida Wells nel 1892 lanciò un motto: che ogni casa nera abia un fucile
Winchester. Il nazionalismo nero ha al suo centro la problematica
dell’autodifesa armata legittima contro il razzismo e la sua violenza illegittima.
Il caso segna una svolta nella storia della lotta contro il sistema
segregazionista. I movimenti di decolonizzazione denunciano la politica
razzista americana, collegando il segregazionismo all’imperialismo e di
conseguenze le violenze contro la minoranza nera come un colonialismo
interno. Inoltre, il caso mette in crisi la strategia della resistenza pacifista del
movimento per i diritti civili. La resistenza armata oramai si organizza. Robert.
F. Williams pensa che l’autodifesa armata è la sola strategia per sopravvivere
contro la supremazia bianca. Fu visto come oppositore di Martin Luther King e
fu perseguitato dall’FBI ed espulso dalla NACCP. La NACCP aveva eliminato i
militanti antimperialisti perché accusata di avere infiltrazioni anticomuniste.
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Grazie a Robert F. Williams e il Comitato di lotta contro l’ingiustizia
razziale i bambini saranno poi liberati. Williams (Robert F.) scrive
Negroes With Gun, dove parla dell’autodifesa armata. Si oppone alla
strategia dell’azione diretta non-violenta. Alcuni militanti durante una
rappresentazione sono colpiti da uoini bianchi armati. Williams allora
sporgue denuncia 8nel 1961 tutto questo), ma il comandante della polizia
dice di non aver visto nulla. Il racconto che fa Robert F. Williams è un
modo per mostrare il sistematico diniego delle autorità bianceh. Il silenzio
della polizia è un un’azione diretta non violenta da parte della polizia.
Siccome non c’è giustizia per i neri, Williams eseorta a ricorrere all’autodifesa.
Williams dscinde l’autodifesa dalla tradizione dell’individualismo possessivo,
dividendo concetto di autodifesa e nozione di difesa di sé come proprietà
della orpria persona. La difesa di sé non si fonda su un soggetto di diritto
preesistente e non è garantita da un individuo che possiede un diritto di
conservazione e giurisdizione. Il soggetto esiste esiste “si produce in questo
movimento polarizzato per avere la vita salva”
Nel 1966 nasce il Black Panther Party for Self-Defense. Il diritto all’autdifesa
armata è ripoliticizzato e si oppone alla tradizione segregazionista e
l’imperialismo statunitensi.
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