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Maurizio Blondet

Demolizione del Katechon. Un esempio concreto


01 Marzo 2013

Massimo Cacciari torna ad occuparsi del Katechon, «ciò che trattiene» il trionfo
finale dell’Iniquo nella dizione di San Paolo (Seconda Tessalonicesi, 6). Nell’operetta
tipicamente adelphiana «Il potere che frena», inanella i suoi noti e ripetuti sofismi
gnostici. Anzitutto: il Katechon sarebbe «enigmatico», «un mistero», non si sa se
l’Impero Romano o la Chiesa. Il punto cacciariano è che «per trattenere il male, sia
l’Impero sia la Chiesa non possono fare a meno di usare quel potere che ad esso (il
male) è connaturato. Perciò il katechon, qualunque cosa sia, opera sempre con le
armi del Nemico dello Spirito (..) essi devono prima di tutto durare, conservarsi, con
ogni mezzo possibile, compresi l’inganno e la violenza». Il corollario che viene
insinuato è: «trattenendo» il Male, la Chiesa (o lo Stato, se è per questo) lo «fa
durare» dentro di sé, in pratica è gravida di Lucifero; ritardando la manifestazione
finale dell’Anticristo ne ritarda colpevolmente anche la disfatta, e il trionfo finale del
Bene, l’avvento del Regno dei Cieli. Dunque la Chiesa deve spogliarsi di tutto il
potere, anzi di tutto l’Essere (che è Male) e diventare puro spirito, disincarnata attesa
del compimento ineffabile... E della sua auto-eliminazione(1).

E bla bla bla. Ora, la visione cattolica ci consente di interpretare il mondo e il male in
modo pratico e concreto. Lungi dal ritenere il Katechon «misterioso», siamo
perfettamente in grado di sapere cos’è (2), e – ancor più importante – di identificare
le forze che lo stanno attivamente demolendo, aprendo la via a un mondo dove il
«delitto diviene l’atto per eccellenza» e lo sterminio di poveri, donne e bambini, la
nuova normalità. E ormai lo smantellamento del Katechon è così avanzato, che i suoi
demolitori non si nascondono più, anzi si vantano.

Per esempio, prego di assaporare questa frase, pronunciata nel 2009 da Daniel
Reisner, capo del dipartimento di diritto internazionale dell’esercito israeliano:

«Il diritto internazionale progredisce attraverso violazioni. Noi abbiamo


inventato gli assassinii mirati, ed abbiamo dovuto “spingerli”. All’inizio avevano delle
sporgenze (protrusions) che rendevano duro inserirli con facilità nello stampo legale.
Otto anni più tardi, sono nel centro dei confini della legittimità».

Non si può dare un esempio più chiaro di sovversione ebraica del diritto romano nel
suo aspetto universale (jus gentium) di illustrazione di come il «diritto» talmudico
(inimicus generis humani) si sia incistato sulle sue rovine come il cuculo sul nido
altrui, pretendendosi la nuova legittimità: legittimità del potere talmudico e omicida
sul mondo. La frase di Reisner ci annuncia che la giustizia è stata definitivamente
sequestrata, e sostituita, da astuzia e violenza. Contro cui non c’è difesa, perché le
leggi non proteggono più il debole, nessun avvocato difensore troverà più l’innocente.
Ovviamente trova orecchie favorevoli tra i «giuristi» statunitensi, che hanno
dichiarato «legale» la tortura compiuta da impiegati dello Stato negli interrogatori, e
nulla hanno da obiettare all’uso di droni per assassinare persone ritenute degne di
morire dal presidente USA, in base ad una lista fornita dai suoi servizi, senza
ovviamente alcun processo, ovunque nel mondo.
Si verifica qui con precisione il rapporto evocato dall’Apocalisse (13) tra «la Bestia
salita dal mare» (Il dragone le diede la sua potenza, il suo trono e una grande
autorità . (...) L’adoreranno tutti gli abitanti della terra i cui nomi non sono scritti
fin dalla creazione del mondo nel libro della vita dell’Agnello) e la bestia salita dalla
terra, il potere ipocrita finta-vittima, che «aveva due corna simili a quelle di un
agnello, ma parlava come un dragone. Essa esercitava tutto il potere della prima
bestia in sua presenza».

Debbo la scoperta di questa atroce, luciferina vanteria, a un professore di diritto della


University of California, Hasting Law College, che si chiama George Bisharat. Il quale,
sia detto a suo onore, si oppone fieramente a tale «diritto» talmudico sottolineandone
il sopruso omicida. È la «legge», dice, che gli israeliani praticano quando definiscono
«conflitto armato» gli scontri che i dimostranti palestinesi ingaggiano nei territori
illegalmente occupati dagli ebrei: giustificando l’uso di armi di guerra anziché le
limitate misure di polizia che il diritto internazionale consente contro manifestazioni
di protesta. Di progresso in progresso giuridico, gli israeliani hanno finito per
dichiarare «scudi umani volontari» i civili che non abbandonano le zone di Gaza dopo
che l’esercito ebraico li ha avvertiti, con lancio di volantini e persino SMS, che quelle
zone erano imminenti suoi obbiettivi militari E chiamare «infrastrutture
terroristiche» gli impiegati civili e loro uffici dell’amministrazione di Hamas a Gaza,
quindi legittimi bersagli di bombardamenti e stragi. «Questi atti, fino ad ieri
considerati crimini di guerra, sono rimasti senza condanna internazionale», nota
William Pfaff. (The Subversion of International Law)

Vecchio e saggio commentatore dell’Herald Tribune, cattolico, Pfaff è il solo nel


mondo dell’informazione ad aver reso nota l’aberrazione del «giurista» talmudico,
con alte parole di condanna. Evidentemente il senso del diritto si va spegnendo in
Occidente, se tale «evoluzione» non suscita proteste, o debolissime nei legislatori e
nei giuristi.

«Gli Stati Uniti hanno emulato questa strategia di “progredire” smantellando il diritto
internazionale», scrive Pfaff, ed elenca i rapimenti illegali di persone in Paesi esteri,
come quello di cui recentemente in Italia è stata accusata la CIA, la morte e il terrore
sparsi deliberatamente a Falluja tra i civili, «l’autorità costituzionale data al
presidente di uccidere anonimamente cittadini americani senza processo», o di
«uccidere gente dovunque nel mondo, in nazioni sovrane». Tutto ciò viene
giustificato con un pericolo vago e tremendo («il terrorismo») che minaccerebbe
l’America. Ma le uccisioni con droni non mirano nemmeno al controllo di un
territorio e ad imporre il volere della superpotenza, bensì creare paura e terrore dato
il carattere arbitrario degli assassinii e l’invulnerabilità di chi li commette.

E sì, nota il saggio giornalista, che dal 19° secolo in poi gli USA sono stati la nazione
che più ha fatto per promuovere il diritto internazionale. Oggi, è la nazione del
mondo che più fa per distruggerlo a forza di atti unilaterali di intervento contro altri
Stati, l’uso di armi vietate e la svalutazione dell’ONU come sede di mediazione nei
conflitti. Com’è stata possibile questa involuzione? Molto significativamente, Pfaff
addita la undercurrent ‘religiosa’ (o pseudo-religiosa) che ha sta dietro questa deriva:

«Essa si fonda sul sentimento americano di eccezione nazionale. Il Paese si considera


unico nella storia per virtù delle sue origini costituzionali (...). Gli Stati Uniti sono
ritenuti, da molti protestanti americani, una nazione di origine divina, o che è
investita da un mandato divino, che la esenta dall’adeguarsi agli standard richiesti
dalle altre nazioni. Per molti americani, se non la maggior parte, una nazione con
origini come le nostre non può essere tenuta ad obbedire alle norme del resto del
mondo».

Osservazione acuta. E sappiamo che da poco esiste nel mondo un’altra nazione che si
ritiene di origine divina, popolo eletto, e dunque non soggetta alle norme e ai limiti
della comune umanità. Quella che dà giuristi come Reisner e che si vanta di aver reso
«legale» gli assassinii mirati.

Pfaff ammonisce: non è passato molto tempo dacché regimi ideologici in Germania e
Russia proclamavano che una élite di capi, in possesso di conoscenze speciali sulla
direzione dell’evoluzione della storia o sul destino di una razza, aveva il diritto di
spregiare le norme della civiltà occidentale per adempiere alla loro missione
d’eccezione. «Fu un’epoca terribile per la civiltà, e non è finita bene». Qui,
l’osservazione è ancora più acuta, e solo chi è profondamente imbevuto di sapienza
cattolica: si mette in luce il carattere di gnosi (e di gnosi inversa) del comunismo e del
nazismo, e per estensione dell’americanismo e del talmudismo, del resto intrecciati
l’uno nell’altro. È infatti ricorrente in tutte le gnosi, antiche e moderne e post-
moderne, il disprezzo profondo per il diritto, le norme istituzionali in genere, e la
morale in particolare. Da qui «il dualismo sociologico tipico di ogni gnosi: da una
parte coloro, gli illuminati (pneumatici o spirituali), che possono compiere indenni
ogni esperienza, anche quelle aberranti; dall’altra gli altri uomini, i carnali, che sono
tenuti ad una regola di vita precisa» (E. Samek Lodovici, «Metamorfosi della Gnosi»,
1991, p. 10). Ognuno può divertirsi a constatare se e quanto questo carattere si
applichi, per esempio, a progressisti, libertari, cattolici «adulti», attivisti della
depenalizzazione di aborto, droghe, eutanasia...

Naturalmente, i pensiero corre agli insegnamenti segreti o riservati di Leo Strauss, il


guru rabbinico dei neocon, da Paul Wolfowitz a (scendendo in provincia dell’impero)
Giuliano Ferrara. Strauss insegnava verbalmente a pochi discepoli fidati che il potere
deve basarsi sull’inganno perpetuo del popolo ignaro, mentre coloro che sono degni
di comandare (Illuminati) sanno che non c’è moralità, né Dio né religione, né altro
diritto naturale che quello del superiore di comandare sull’inferiore. Da qui, per
esempio, il fatto che i neocon siano personalmente atei ma favorevoli alla religione
come strumento per tenere a freno il popolo: atei devoti.

Allo scrittore Ron Suskind fu dato di gettare uno sguardo nella «dottrina interna» di
quel gruppo di potere raccolto attorno alla presidenza di Bush figlio, e se ne atterrì.
Nel 2002, racconta lui stesso, avendo scritto su Esquireun articolo critico della
presidenza e delle sue appena iniziate avventure belliche contro il «terrorismo
globale», fu convocato alla Casa Bianca da un «senior adviser» di Bush di cui non fa il
nome, che gli disse: «Tu sei uno di quelli che noi chiamiamo “gente che si basa sulla
realtà”», ossia, spiegò, «che crede che le soluzioni emergano dal vostro studio
ragionevole della realtà constatabile».

Ma invece, continuò l’anonimo alto consigliere, «questa non è più la maniera in cui il
mondo funziona: adesso siamo un impero e, quando agiamo, noi creiamo la
nostra realtà. E mentre voi studiate questa nuova realtà, ragionevolmente come
fate, noi agiamo ancora, creando altre nuove realtà, e voi studierete anche queste. Noi
siamo gli attori della storia, e voi, tutti voi, sarete ridotti solo a studiare quel che noi
facciamo». (Suskind, Ron (2004-10-17). Faith, Certainty and the Presidency of
George W. Bush. The New York Times Magazine).

Fosse quest’anonimo Karl Rove, come si ritiene, o un neocon di più alto rango
(Wolfowitz?), si riconosce in questi suoi propositi una sorta di virulento hegelismo:
quella gnosi tedesca che asserisce che la realtà non è da scoprire (contemplare) ma
essendo tutta interna al soggetto, va’ «costruita». E più precisamente, e
singolarmente in un gruppo che si etichettava «di destra» come quelli attorno a Bush,
qualcosa di identico all’hegelismo di sinistra. Quello di Marx che proclamò «niente
più metafisica», e ingiungeva alla filosofia: «Basta interpretare il mondo, è ora di
cambiarlo» (col che, rigettava la verità per l’azione); e che ha l’espressione più
estrema in Trotsky (Bronstein) con la sua teoria della Rivoluzione Permanente: il
rifiuto di riconoscere alla rivoluzione comunista un obbiettivo determinato per
andare sempre oltre, in un movimento continuo di «liberazione» armata senza limiti.

«La rivoluzione non termina dopo questa o quell’altra conquista politica, dopo aver
ottenuto questa o quell’altra riforma sociale, ma che continua a svilupparsi fino alla
realizzazione completa del socialismo», scriveva Trozky. Le «sempre nuove realtà»
create «dall’azione» di «noi che ora siamo un impero», a forza di distruzioni e
violazioni del diritto, menzogne e bombe, non sono certo distanti dall’utopia
sanguinosa del Trotzkismo, il movimento senza fine dell’incendio che tutto brucia e
sconvolge; senza mai quiete, perché Colui che manca di essere, il Filius Perditionis,
l’Anomos, cessa di essere se cessa di agire, se cessa di uccidere.

Questa crisi, crisi della Chiesa, è crisi di santi. «...Troverà la fede sulla terra?». In
questo tempo forse finale, dove sembra che l’umanità sia diventata indifferente a
Cristo, mi ripeto – e ripeto con voi – l’intrepido atto di fede di Paolo, l’antico studente
rabbinico divenuto apostolo, quando sentì ormai vicina al suo collo la spada del boia
neroniano:

«Chi ci separerà dall’amore di Cristo? La tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la


nudità, i pericoli, la spada? Ma in tutte queste cose noi stravinciamo in
grazia di Colui che ci amò. Sono persuaso che né morte né vita, né Angeli né
Potestà, né presente né futuro, né altezze né profondità, né alcuna altra cosa creata
potrà separarci dall’amore che Dio ha per noi in Cristo Gesù nostro Signore».

1) Cacciari però da ultimo sembra nutrire un ambivalente spiacere che la Chiesa


abbia (finalmente, come auspicava lui da decenni) abbandonato la funzione di
katechon. In un’intervista ad Avvenire, dice: «Che la nostra sia un’epoca apocalittica
mi pare indubbio. Viviamo in una dimensione globale che neppure l’Impero romano
aveva conosciuto e questo comporta una continua omologazione dei princìpi, dei
comportamenti, dell’etica. Ci siamo lasciati alle spalle i totalitarismi, che si
presentavano esplicitamente come forze prometeiche, anticristiche e, in quanto tali,
chiamavano in causa il katechon, la cui funzione era esercitata da altri poteri, sia
politici sia religiosi. Ora (...) l’Anticristo si mostra con il suo volto conciliante e il
rischio è che la Chiesa non riesca a presentarsi come segno di contraddizione in un
mondo ormai assuefatto all’indifferenza. Nietzsche aveva visto giusto: “oggi davvero
chi va per strada alla ricerca di Dio viene prima deriso e poi guardato con
indifferenza”. Finito il katechon, per lui «non trapela più il raggio di una possibile
redenzione. Ma non si avverte neanche il frastuono dell’apocalisse. Piuttosto il
deserto del nulla – la gestione tecnica come forma anomica dell’età globale. Esaurito
lo spazio del sacro, viene meno anche quello del politico che ad esso corrisponde».
2) Se interessa, possono rievocare in un prossimo articolo (l’ho già fatto) cosa
intendeva San Paolo per il Katechon.

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