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come Rossini
scrisse in Ricciardo e Zoraide per Rosmunda Pisaroni , fno a unaltezza variabile,
secondo lo sviluppo vocale e tecnico del periodo: sol
4
in genere (ma anche fno a si
4
o
do). Dopo gli anni Trenta, nellOttocento il vero contralto profondo scompare, tran-
ne che per interpretare, con paradossale logica di negazione, il ruolo asettico della
vecchia. Lesorcizzazione del contralto ci pare in un rapporto non casuale con il ten-
tativo, che percorre tutta la cultura dellOttocento, prima e soprattutto dopo lUnit
italiana, di costruire un discorso nazionale basato sullistituzione di un canone ideale
di donna italica feconda e pura, madre martire di martiri, fondamento della virt
e purezza della Patria. Esemplare a questo proposito la posizione dellinsegnante e
teorico di canto Enrico Panofka, che in Voci e cantanti del 1871 scrive:
un errore comune che il vero contralto sia una voce mascolina. No: questa
voce, notevole pel suo timbro dolce, tenero, qualche volta anche melanconico,
si presta alle parti che rappresentano la donna matura, buona e sensibile; ma che
nello stesso tempo dotata di tal forza di carattere e di tale energia, che le fanno
sopportare con rassegnazione i pi vivi dolori morali, e la rendono suscettibile
anche di esaltazione politica fno a farsi martire del proprio eroismo. Ma tale
eroismo non quello guerriero, bens quello della matrona romana e di molte
donne italiane che, in questi tempi moderni, hanno saputo sfdare il carcere. Che
videro morire i loro fgli per la santa causa della patria senza mormorare contro
la Provvidenza. Esse erano eroine, s ma altrettanto nobili spose e madri adorate;
infne donne nel senso pi sublime della parola
48
.
Sembra scomparire cos la possibilit di sfuggire a una codifcazione che non
ammette deroghe e che circoscrive, pena lanatema sociale, la donna e la sua voce
nella funzione di rassicurante vestale della famiglia. Nel Novecento, ma non in Ita-
lia, il timbro brunito del contralto ritorner ad arricchire, come nel mahaleriano
canto della terra
49
la tavolozza musicale e a esprimere, le forze telluriche di un
femminile non domato.
48 Panofka, E. Voci e cantanti (Firenze 1871), Bologna, Forni 1984, p. 121
49 Das Lied von der Erde una composizione di Gustav Mahler per voci soliste (tenore e contralto,
o baritono) e orchestra composta fra il 1908 e il 1909. Oltre a Mahler nel Novecento utilizzarono la
voce del contralto anche Richard Strauss, Britten, Stravinskij e gli autori di scuola russa come Glinka,
Rimskij- Korsakov, Musorgskij.
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3.Per la generazione che verr.
Limpegno politico femminile nel 1848
negli Stati italiani e tedeschi.
Giulia Frontoni
Fin dalla teoria ottocentesca sulle generazioni di Wilhelm Dilthey, divenne sem-
pre pi frequente per i contemporanei mettere la propria biografa in relazione
con i grandi sconvolgimenti e cambiamenti socio-politici vissuti e i giovani ri-
voluzionari del 1848 sono spesso i primi a essere presi ad esempio
50
. Tuttavia,
sia la formulazione di Dilthey che quelle dei teorici successivi, come Mannheim,
riservano il termine generazione al mondo maschile, mettendo in primo piano sia
determinate modalit di espressione e partecipazione che la conseguente risonanza
dellintervento maschile
51
. innegabile che il concetto di giovent dallOttocen-
to a oggi abbia subito delle modifcazioni, cos come va tenuta presente anche la
diversa accezione del termine per il mondo maschile e quello femminile e le sue
implicazioni. Larticolazione della propria biografa in chiave generazionale, per,
non un fenomeno puramente maschile
52
. Come pi di recente stato notato da
50 Dilthey, W. Introduzione alle scienze dello spirito: ricerca di una fondazione per lo studio della societ
e della storia, tr.it. di De Toni, G.A., Firenze, La nuova Italia, 1974. Per il caso italiano cfr. Balzani, R.
I giovani del Quarantotto. Proflo di una generazione, in Contemporanea, n. 3, 2000, pp. 403-416.
51 Mannheim, K. Le generazioni, Bologna, Il Mulino, 2008. Per unanalisi del concetto di mascoli-
nit in Mannheim cfr. Benninghaus, C. Das Geschlecht der Generationen. Zum Zusammenhang
von Generationalitt und Mnnlichkeit um 1830, in Jureit, U.; Widt, M. (a cura di) Generationen.
Zur Relevanz eines wissenschaftlichen Grundbegrifs, Amburgo, Hamburger Ed., 2005, pp. 127-158.
52 Per unanalisi generazionale delle dinamiche di mutamento sociale del mondo femminile Cfr.
Porciani, I. Women and the writing of national history. Italy, 1860-1914, in Isaacs, A.K. (a cura di)
Political Systems and Defnitions of Gender Roles, Pisa, Edizioni Plus, 2001, pp.107-116; Mori, M.T.
Le poetesse del Risorgimento tra formazione letterararia e controllo morale, in Passato e Presente,
n. 75, 2008, S. 33- 56.
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224
Capitolo 4. Che genere di nazione?
Beate Fitze, gli attori generazionali lottano attraverso i mezzi di comunicazione
nella sfera pubblica per il riconoscimento e lafermazione dei nuovi orientamenti
culturali, che non sono mai del tutto costruiti ex novo, ma vengono elaborati
combinando elementi culturali tradizionali e interpretazioni attuali
53
. Il 1848 con
la maggiore apertura degli spazi pubblici permise lemergere di un discorso fem-
minile di stampo generazionale. Le donne, che parteciparono ai dibattiti in corso,
erano spesso gi sposate da diversi anni, non pi in giovane et (vale a dire al di
sopra dei trenta anni), con gi almeno un fglio, di solito maschio. Dai loro scritti
emerge una particolare lettura degli eventi e una volont di farsi promotrici di
proprie iniziative, come si legge nel Proemio del giornale veneziano Il circolo delle
Donne italiane:
Noi vogliamo prendere parte agli interessi della patria. Noi obbligammo gli sposi
e i fgli a fuggire i teatri; ad operare da eroi pella nostra redenzione; raccogliemmo
le oferte pella patria, vestimmo i militi fratelli, assistemmo gli spedali ora vo-
gliamo fare di pi: vogliamo educare noi e i nostri fglioli. Nessuno potr negare
che il pregiudizio di non istruire le femmine non sia ricaduto sopra agli uomini.
Lamore di patria, lideale di fratellanza che dora in avanti ogni fanciullo berr
col latte e confonder con il bacio materno preparer allItalia una generazione di
eroi, che sar la sua salvezza e il terrore dello straniero
54
.
Il giornale pubblicato a Venezia dalla fne di settembre alla met di ottobre
del 1848 ed redatto da Adele Cortesi e dal Circolo delle Donne Italiane, un
gruppo di donne che si riuniva in modo informale nelle case delle socie durante
le conversazioni serali
55
. Per legittimare il loro operato in un ambito cos cruciale
come il giornalismo la caporedattrice Adele Cortesi non esita a mettere laccento
sulla complementariet femminile al mondo maschile e sul ruolo della donna
nellambito famigliare. La Cortesi riprende cos la funzione tradizionalmente
attribuita alle donne, quella di provvedere alla famiglia, mettendola in relazio-
ne con il proprio vissuto quotidiano di madre, anche se molto probabilmente
un vissuto immaginario. Nel testo si fa, infatti, riferimento a una determinata
fgura di madre: colei che allatta i suoi fgli al seno, che li educa alla solidariet,
allamore di patria e al sacrifcio per essa, inserendosi in un discorso che aveva
53 Fitze, B. Historische Generationen. ber einen sozialen Mechanismus kulturellen Wandels und
kollektiver Kreativitt, Bielefeld, transcript, 2009, pp. 104 sgg.
54 Cortesi, A. Proemio, in Il circolo delle Donne italiane, Venezia, 26 Settembre 1848..
55 Sulla partecipazione femminile al 1848 veneziano cfr. Filippini, N.M. Donne sulla scena po-
litica: dalle Municipalit del 1797 al Risorgimento, in Ead. (a cura di) Donne sulla scena pubblica,
Milano, FrancoAngeli, 2006, pp. 81-137.
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3.Per la generazione che verr. Limpegno politico femminile nel 1848 negli Stati italiani e tedeschi
preso piede gi nei decenni precedenti
56
ed esplicitando cos le responsabilit
politiche af date alle donne
57
. Esaltando lesperienza quotidiana femminile del
legame parentale, il giornale Il Circolo delle Donne italiane sostiene la necessit
di coinvolgere le donne, si incarica di metterle al corrente degli avvenimenti
politici e richiede spazi in cui confrontarsi per dare il proprio contributo al
cambiamento in atto
58
.
Vi era, per, chi non mancava di ironizzare su questa percezione dello spazio
dazione femminile. Gi alla fne del Settembre del 1848 Cassandrino, giornale
umoristico di stampo clericale
59
, cos commentava luscita a Roma di un nuovo
giornale: Solo il Giornalismo non aveva avuto donna femmina; or tu, o DONNA
BIZZARRA, hai tolta questunica eccezione, Dio ce la mandi buona. Le Donne
hanno un punto pi del Diavolo; fgurati le donne giornaliste ne avranno un cen-
tinaio, pi di tutto lInferno
60
.
.
Parte integrante di quel giornalismo minore di breve vita
61
, La Donna Biz-
zarra era un settimanale che venne pubblicato dalla fne di settembre alla prima
met di ottobre del 1848 a Roma. Ai suoi esordi il giornale viene presentato come
lennesimo capriccio di una donna, la quale sa di suscitare risate perch ha deciso
di scrivere un giornale
62
. Nonostante il titolo del giornale, la compilatrice Virgina
Gazzini non ha intenzione di interessarsi alla politica, perch di politica non ne
mangio e non voglio fare come i tanti giornaletti foccati come la neve
63
. Al con-
trario di quanto annunciato, per, la Gazzini si occupa di politica: taccia Gioberti
di volubilit, commenta le iniziative femminili nelle altre citt italiane in favore di
Venezia e sprona le donne romane a fare altrettanto.
56 Sulla funzione materna nelleducazione e formazione morale dei fgli cfr. DAmelia, M. Figli,
in Melograni, P. (a cura di) La famiglia italiana dallOttocento ad oggi, Roma-Bari, Laterza, 1988,
pp. 465-523.
57 De Donato, G. Donna e societ nella cultura moderata del primo Ottocento, in De Donato,
G. (a cura di) La parabola della donna nella letteratura italiana dellOttocento, Bari, Adriatica Editrice,
1983, pp.11-86; Soldani, S. Il Risorgimento delle donne, in Banti, A.M.; Ginsborg, P. Il Risorgi-
mento, Storia dItalia, vol. 22, Torino, Einaudi, 2007, pp. 183-224.
58 Cfr. Filippini, Donne sulla scena politica cit., p. 121.
59 Cfr. Della Peruta, F. Il giornalismo dal 1847 allUnit, in Galante Garrone, A.; Della Peruta, F.
La stampa italiana del Risorgimento, in Castronovo, V.; Tranfaglia, N. (a cura di) Storia della stampa
in Italia, vol. 2, Roma-Bari, Laterza, 1979, pp. 249- 465.
60 VEH Che prurito!!!, in Cassandrino, n. 35, Roma, 21 settembre 1848.
61 Dappio, C. I periodici femminili dellOttocento in due biblioteche romane, in Memoria, n. 5,
novembre 1982, pp. 118-122, Cfr. Della Peruta, F. Il giornalismo cit.,
62 Due parole alle signore donne, in La Donna Bizzarra. Giornale politico-critico, n. 1, Roma, 18
settembre 1848.
63 Ibidem.
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Capitolo 4. Che genere di nazione?
Il giornale pensato direttamente per le donne perch fra donne ci intendiamo
temo, mentre sarebbe invece troppo pretendere che gli uomini occupati in cose di
pi importanza prestassero orecchio alle nostre frivolezze
64
. Il Cassandrino, invece,
si era accorto di questa nuova presenza nel giornalismo romano e La Donna Bizzarra
tesse con lui fn dal suo secondo numero un vivace battibecco settimanale, rispon-
dendo a tono alle sue critiche: Se, come voi dite, non v male che una donna non
centri, potrei provarvi che anche nel bene molte donne vi hanno fatto parte, forse al
presente ve lhanno. Chi sa forse che le donne, colla loro fnezza non arrivino a sco-
prire cose agli uomini stessi nascoste, e cos esser loro di non poco giovamento?
65
Dopo questarticolo di risposta il Cassandrino ritorna sui suoi passi e inscena
il suo innamoramento ne La Donna Bizzara, che dalle sue pagine si schernisce e
difende il suo onore. Cassandrino inizia a sostenere il giornale femminile, difen-
dendone lonore, afermando che la causa nazionale possa giovarsi proprio della
forza muliebre
66
e arrivando a paragonare La Donna Bizzarra a una novella Geor-
ge Sand
67
, fnch La Donna Bizzarra non cessa improvvisamente le pubblicazioni
nellottobre 1848. Nel mese di novembre Cassandrino confessa che: al quarto d
di sua vita la Donna Bizzarra morta; allora si preser le indagini per la fraterna
necrologia, e che tu sia scorticato! Era un uomo che si avea preso il nome di
Donna. [] Il povero Giornalismo non sa pi oggi chi sia uomo e chi sia donna.
Cassandrino racconta, quindi, un capovolgimento dei ruoli: non una donna
con abiti maschili per partecipare alla rivoluzione, ma un uomo si mascherato
da donna per dar voce alle critiche sulle opinioni e pratiche politiche maschili,
non mancando di ironizzare sulla crescente partecipazione emotiva delle donne
alla rivoluzione.
Parlare dei fgli si rivela nel 1848-49 come un argomento capace di suscitare un
ampio interesse nellopinione pubblica anche femminile. Il riferimento a essa permet-
te alle donne di avanzare una propria interpretazione delle tensioni attuali e unidea di
cambiamento futuro, potendo contare sulla comprensione anche maschile.
Cosi nel 1849 la marchesa Costanza Arconati Visconti scrive da Bruxelles a
Giuseppe Massari: sono persuasa che conviene educare Gian Martino in Italia.
[] Se fossi certa che fra ventanni lItalia sar nelle condizioni presenti non vorrei
che mio fglio fosse italiano e lo educherei in Francia, ma giova pensare a un altro
avvenire e prepararlo per quello
68
.
64 Ibidem.
65 A Cassandrino, in La Donna Bizzarra, n. 2, Roma, 23 settembre 1848.
66 Le donne e le parrucche, in Cassandrino, n. 42, Roma, 7 ottobre 1848.
67 Ibidem.
68 Costanza Arconati Visconti a Giuseppe Massari, Bruxelles 4 Agosto (1849), Archivio del Risor-
gimento di Roma, Fondo Arconati, 383/5.
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3.Per la generazione che verr. Limpegno politico femminile nel 1848 negli Stati italiani e tedeschi
importante tenere in considerazione che qui la marchesa Arconati Visconti
sta parlando del suo unico fglio, maschio. Essere madre di un maschio porta con
s un rispetto e anche una responsabilit sociale che va tenuta in considerazione.
Non a caso la tedesca Malwida von Meysenbug scrive, con una certa profusione,
in una delle sue prime lettere a Johanna Kinkel sulle responsabilit di una madre
proprio facendo riferimento alleducazione del fglio maggiore della Kinkel.
Cara signora, insegnate ai vostri fgli ad odiare, che un sinonimo di amare: unu-
nica cosa odiare per sempre e mortalmente il principio dellassolutismo ed amare
ardentemente la libert. Gli si potrebbe raccontare anche dei principi che hanno di-
ritto al ricordo e allimmortalit data dalla storia, nel caso abbiano servito alla causa
civile, riconoscendo le necessit del loro tempo[]: lui imparer a essere giusto.
Ma voi sapete, cosa da insegnargli, [] perch Voi siete sposa e madre giusta
69
.
Nellottobre del 1849 Malwida von Meysenbug inizi a scrivere lettere di
sostegno a Johanna Kinkel, in seguito allincarcerazione del marito di questul-
tima Gottfried Kinkel, rivoluzionario democratico. Il legame di Malwida von
Meysenbug
70
con Johanna Kinkel divenne rapidamente molto stretto. Allepoca
della lettera citata Malwida von Meysenbug era una non pi giovane donna di
33 anni, non sposata non bella, il cui aspetto giovanile stato segnato dagli
ultimi dolori morali e fsici
71
. Proprio a causa delle sue convinzioni politiche
von Meysenbug era in rotta con la sua famiglia aristocratica, che in seguito lasci
per spostarsi ad Amburgo, ove comp la sua formazione come educatrice, e poi a
Londra per seguire i Kinkel. In Inghilterra entr in contatto con gli esuli tedeschi,
russi, ma anche italiani, tanto da diventare amica di Giuseppe Mazzini.
La vita di Johanna Kinkel rappresentava per Malwida von Meysenbug un
esempio: sposata al democratico Gottfried, ne condivideva gli ideali e si era im-
pegnata a sostenerne le iniziative portandole avanti in sua assenza, a vivere in ri-
strettezze economiche e a provvedere anche economicamente ai quattro fgli. Agli
occhi della nubile scrittrice lunione dei Kinkel appariva come la realizzazione del
suo incompiuto desiderio di matrimonio con il giovane democratico Teodor Al-
thaus. Soltanto nella coppia, infatti, avrebbe potuto compiersi il destino politico e
sociale del singolo, come von Meysenbug scrive nel 1849:
69 Malwida von Meysenbug a Johanna Kinkel, Detmold, 19 Dicembre 1849, in Rossi, S. (a cura di)
Briefe an Johanna und Gottfried Kinkel 1849-1885, Bonn, Rhrscheid, 1982, p. 24.
70 Sulla vita di Malwida von Meysenbug cfr. von Meysenbug, M. Ricordi di una idealista, Roma,
Edizione della nuova parola, 1905.
71 Malwida von Meysenbug a Johanna Kinkel, Detmold, 19 Dicembre 1849, in Stefania Rossi,
op.cit., p. 29.
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Capitolo 4. Che genere di nazione?
Quando io penso a lei, penso che ora fnalmente conosco una coppia, che unita
nel senso del nuovo tempo, che si ama totalmente e tuttavia conosce un terzo al
di sopra del proprio amore; lumanit, la patria a cui si sacrifcano(..) per questo
voi dovreste essere i suoi martiri e per quanto possa essere triste altrettanto bello.
Sebbene io conosca uomini che anelino a tale destino, non hanno per la donna
giusta e le giuste donne non sono unite agli uomini eroi
72
.
Cos come viene formulato da von Meysenbug, alla donna spetta il compito
di sostegno del marito e ha il dovere di tramandare ai fgli i nuovi ideali politi-
ci democratici per cui afermazione il consorte ha combattuto contro il vecchio
mondo. Le donne diventano le educatrici della prossima generazione, quella dei
futuri cittadini
73
. Questo compito viene percepito e visto come proprio della gene-
razione di Malwida von Meysenbug e di Johanna Kinkel, ma si pu dire che trova
una sua articolazione anche nelle enunciazioni delle donne italiane che partecipa-
no alle mobilitazioni in nome della generazione che verr.
72 Ibidem, p. 25
73 Soldani, S. Prima della Repubblica. Le italiane e lavventura della cittadinanza, in Filippini,
N.M.; Scattigno, A. (a cura di) Una democrazia incompiuta. Donna e politica in Italia dallOttocento
ai nostri giorni, Milano, Franco Angeli, 2007, pp. 41-90.
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4. Donne in armi e Risorgimento
74
Benedetta Gennaro
Nella Toscana del diciannovesimo secolo circolava una stampa popolare intitolata
Il mondo alla rovescia, nella quale dodici diverse immagini ritraevano con ironia
altrettanti improbabili scenari: un asino cavalca il proprio padrone, una coppia
di ovini sotto un albero osserva due uomini che pascolano nelle vicinanze, due
scolari infiggono una punizione corporale al proprio istitutore e una donna che
impugna un fucile mentre suo marito le siede accanto
75
.
In questultima immagine, lo scorcio di vita domestica alla rovescia, nel suo
disordine
76
, mette in discussione la posizione normativa che i due sessi avevano
nella confgurazione gerarchica della societ ottocentesca.
Luomo, seduto sulluscio di casa, tiene in mano un fuso e porta in grembo un
neonato; indossa una gonna rosa e una camicia azzurra. La donna gli accanto,
in piedi, vestita da soldato, sfoggia un cappello piumato e impugna una baionetta
con la mano sinistra. La didascalia che accompagna il disegno recita:O quanti in
rimirar quel ch qui fatto/A se stessi diran: il mio ritratto.
La forzatura implicata nellinversione rivela, attraverso lironia, il carattere pro-
fondamente innaturale della scena: cos come un asino non pu cavalcare il proprio
padrone, cos anche una moglie non pu combattere mentre il marito si prende
74 Vorrei ringraziare Rafaella Bianchi, Mauro Resmini e Sara Tarissi de Jacobis per i loro consigli.
75 Cocchiara, G. Il mondo alla rovescia, Torino, Bollati Boringhieri, 1981.
76 Uso il termine disordine nel senso suggerito da Carole Pateman, a indicare, cio lelemento desta-
bilizzante insito in quei comportamenti femminili non-conformi che, portati allestremo, possono
contribuire alla distruzione dello Stato. Cfr. Pateman, C. Te Disorder of Women: Democracy, Femi-
nism, and Political Teory, Stanford, Stanford University Press, 1989.
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Capitolo 4. Che genere di nazione?
cura della casa e della prole. Sebbene Il mondo alla rovescia ridicolizzi scenari distorti
e innaturali, la stampa popolare suggeriva tuttavia la possibilit di uninversione di
ruoli e ammoniva sulle conseguenze di tale scelta sugli equilibri sociali.
La reazione suscitata alla vista della donna in armi sottolinea la separazione esi-
stente tra una nozione astratta di identit di genere basata sulla dicotomia uomo/
donna, soldato/madre, pubblico/privato e la complessa realt fatta di scelte con-
traddittorie che potevano portare alla delegittimazione di tali opposizioni binarie.
Limmagine della donna in armi trovava particolare opposizione perch con-
traddiceva la struttura sociale basata sulla dicotomia soldato-madre, secondo la
quale luomo-soldato combatteva per proteggere donne e bambini, mentre il ruo-
lo della donna-madre era quello di proteggere la propria famiglia e la propria casa
per assicurare la discendenza e larmonia domestica.
La presenza delle donne in battaglia veniva letta come innaturale, inaccetta-
bile e inopportuna.
In momenti di crisi come quelli rappresentati dagli anni centrali dellOt-
tocento, invece, la necessit di mobilitare tutta la popolazione attiva nella lotta
per lindipendenza e lunifcazione ha permesso linclusione delle donne in armi
nellimmaginario e nella pratica guerresca inclusione dettata appunto dallemer-
genza. Una delle conseguenze di questo atteggiamento inclusivo stata lindulgen-
za con la quale alcune azioni e alcune scelte vennero lette e tramandate, sebbene
contraddicessero la morale comune. Una lettura anche superfciale dei cosiddetti
Plutarchi femminili (cataloghi biografci, spesso redatti da donne, per onorare le
gesta delle eroine del passato) mostra lo sforzo compiuto nella costruzione di una
genealogia di gesta femminili che contribuisse alla formazione di una comunit
culturale nazionale.
Non tutte le donne che combatterono per lindipendenza nazionale trovarono
lo stesso spazio allinterno di queste storie: in altre parole possibile osservare un
cambiamento nel giudizio riservato alle donne in armi a seconda della posizione
da loro presa in battaglia. La donna che combatte per proteggere la casa e la fami-
glia ma che poi, a emergenza conclusa, sceglie di tornare tra le mura domestiche,
viene accolta dalla pubblicistica storica in maniera molto diversa rispetto alla don-
na che sceglie una posizione di attacco, confondendosi nella mischia del campo
di battaglia, senza mai rinunciare a un ruolo attivo e anzi facendone un tratto
essenziale della propria identit
77
.
77 Basti pensare alla reazione negativa e allostracismo esercitato nei confronti di donne quali la prin-
cipessa Belgiojoso o la contessa Della Torre. Per quanto riguarda Maria Martini Della Torre molto
deve ancora essere scritto: la partecipazione della piemontese alle vicende garibaldine dallimpresa dei
Mille a Mentana, il suo cosmopolitismo e acume politico non sono ancora state oggetto di studio
della storiografa contemporanea.
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4. Donne in armi e Risorgimento
La partecipazione femminile al Risorgimento stata essenziale per il successo
del movimento di indipendenza e unifcazione italiana e la storiografa recente,
grazie anche al positivo infusso degli studi di genere e dei cultural study, ha co-
minciato a ofrire numerose ricostruzioni e importanti considerazioni sul ruolo, le
motivazioni e le diverse esperienze avute dalle donne della penisola.
Non pi possibile narrare oggi la storia del Risorgimento senza considerare
il contributo dato dalle donne ne possibile parlare della storia delle donne italia-
ne senza far riferimento al processo di unifcazione.
Nonostante questa ritrovata visibilit, ancora pochi sono gli studi specifci che
indagano la partecipazione delle donne in armi al Risorgimento, ovvero di quelle
donne che decisero di imbracciare un fucile e prendere parte attiva ai combatti-
menti per lindipendenza.
La rappresentazione delle donne in armi e il modo in cui le loro gesta vengo-
no ricevute, talvolta come modelli se non da imitare quanto meno da celebrare,
talaltra come aberrazioni dellordine delle cose, rispecchia il complicato rapporto
delle donne con la sfera pubblica.
Citando Paola di Cori, il rapporto che le donne intrattengono con la sfera
pubblica [] sembra quasi suggerire che la loro visibilit e laccesso alla vita po-
litica in alcuni momenti particolari siano associati alluso di spade, di mitra e di
pistole
78
.
precisamente su questi momenti particolari che si sofermer la mia
indagine.
Durante tutto lOttocento, le donne piemontesi, lombarde, venete, toscane,
romane, napoletane e siciliane si impegnarono attivamente per il raggiungimento
dellunifcazione sia a livello materiale che intellettuale. Di loro rimangono spesso
tracce, nelle memorie autobiografche di patrioti, nelle corrispondenze private, in
qualche ritaglio di giornale, in poesie scritte alla memoria (come nel caso della ga-
ribaldina Tonina Marinelli, immortalata dai versi di Francesco DallOngaro) o in
immagini depoca, come quella che ritrae la celebre combattente milanese Luigia
Battistotti Sassi, fucile in spalla e fascia tricolore.
Le donne in guerra ci sono sempre state e narrazioni delle loro gesta hanno
percorso le letterature europee, popolari e non, per secoli. Ci che mi interes-
sa analizzare in questa sede il modo in cui a seconda del momento particola-
re, limmagine della donna in armi sia cambiata. Pi precisamente come si sia
modifcata linterpretazione delle sue gesta militari a seconda delle contingenze
politico-militari e delle necessit per cos dire culturali di sostenere lideale
78 Di Cori, P. Partigiane, repubblichine, terroriste. Le donne armate come problema storiografco,
in Ranzato, G. (a cura di) Guerre fratricide. Le guerre civili in et contemporanea, Torino, Bollati Bo-
ringhieri, 1994, pp. 304-329. Corsivo mio.
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Capitolo 4. Che genere di nazione?
nazional-patriottico, includendo ogni soggetto abile per il raggiungimento dello-
biettivo fnale.
Paola di Cori si riferiva allesperienza della guerra mondiale, ma anche il Ri-
sorgimento uno di quei momenti particolare, una congiuntura durante la quale
equilibri sociali e dinamiche consolidate vengono di continuo adattate alle neces-
sit pi immediate.
La variet dei modi di rappresentazione delle donne in armi nel corso dellOt-
tocento (nellopera bufa come nel melodramma, nelle canzoni popolari, nei libri
per il popolo, nelle gazzette e nelle biografe delle donne illustri) mostra come tali
rappresentazioni si siano trasformate a seconda del momento della loro produzio-
ne e circolazione. Guardando alle forme di rappresentazione visibile
79
che hanno
contribuito alla costruzione dellimmaginario della donna in armi si avverte un
cambiamento di rotta in particolare nella produzione culturale degli anni centra-
li del secolo (1846-1861), perch tali rappresentazioni suggeriscono modalit di
partecipazione attiva in battaglia che non mettono in discussione equilibri sociali
e di genere.
Il repertorio di immagini circolanti nella prima met dellOttocento e negli
anni successivi al raggiungimento dellUnit nazionale, al contrario, esemplifca
unattitudine pi conservatrice nei confronti della donna in armi. Nella versione
italiana de La Fille du Rgiment di Gaetano Donizetti, per esempio, la protagoni-
sta, Maria, accetta di normalizzare il suo desiderio di far parte del reggimento che
lha cresciuta sposando un giovane soldato: abbandona il sogno di combattere in
favore di un destino prestabilito nelle vesti di moglie e madre. Maria canta: Son
persuassisima challa battaglia/io pur con gli altri saprei marciar []/Schioppi
e sciabole,/bombe e mitraglia/con voi pugnando,/saprei sfdar []/Vuol s che
ognun somiglia al padre,/somigli al mio./[] Saprei marciar saprei pugnar!
80
.
Lepilogo sarebbe stato diverso nei testi pubblicati negli anni delle guerre dIn-
dipendenza.
Tra il 1840 e il 1870 la produzione poetica, melodrammatica e pittorica ofre
esempi di donne che non si limitano a incoraggiare uomini intimoriti o codardi,
ma li af ancano, o addirittura li superano in ardimento, dimostrando altrettanto
coraggio ed eroismo. La donna dimostra cio di poter partecipare alla nazione in
armi dalla quale fno a quel momento era stata esclusa.
Il concetto di nazione in armi, prevedeva infatti da una parte la militarizza-
zione della mascolinit e dallaltra la rigida divisione dei sessi, basata anche sulla
capacit naturale di ciascuno: il destino delluomo quello di combattere ed, even-
79 Aguhlon, M. Marianne au combat: limagerie et la symbolique rpublicaines de 1789 1880, Paris,
Flammarion, 1979.
80 Donizetti, G. La fglia del Reggimento, 1847 (edizione italiana). Atto primo, scena quinta.
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4. Donne in armi e Risorgimento
tualmente, togliere la vita al nemico, mentre alla donne riservato il ruolo oppo-
sto, ovvero quello di protettrice dello spazio domestico e riproduttrice della stirpe.
Ma dopo il 1846, lelezione di Pio IX d nuovo impulso alla lotta per lindi-
pendenza, la necessit di mobilitazione generale ha fatto s che limmagine fem-
minile uscisse dalle mura domestiche talvolta con un moschetto in spalla. Questo
modello di donna in armi viene non solo accettato ma anche celebrato: Odabella,
principessa amazzone nellAttila di Giuseppe Verdi, non solo incita alla ribellione
contro gli invasori ma infigge al re degli Unni il colpo mortale quando se ne
presenta loccasione.
La retorica risorgimentale ha fatto uso di fgure e personaggi di epoche lon-
tane nel tentativo di creare una narrazione patriottica che fosse radicata in una
gloriosa storia comune, che risaliva al Medioevo e Rinascimento. Questa epica
nazionale veniva pubblicata in collane di letteratura popolare, come i Libri per il
Popolo della casa editrice torinese Baricco & Arnaldi. Stamura dAncona raggiunse
la quarta ristampa in pochi mesi
81
: nel 1173, quando Ancona assediata dalle
truppe inviate da Federico Barbarossa, una donna combatte eroicamente e contri-
buisce alla cacciata del nemico.
Sebbene nelle intenzioni delleroina non ci fosse il desiderio di unifcare lI-
talia, le sue gesta vennero usate nella narrativa nazional-patriottica risorgimentale
come esempio di straordinaria determinazione e coraggio femminile.
Stamura non sceglie la guerra, piuttosto ne viene soprafatta, trovando in se
stessa le risorse per reagire e far reagire i suoi concittadini. Una volta cessate le osti-
lit, Stamura abbandona le vesti guerresche e torna a essere una donna di casa.
la consapevolezza della propria posizione nello spazio pubblico e di conseguenza
la capacit di saper ritrovare il proprio posto nella struttura sociale che consente
a Stamura di essere ammirata precisamente per la sua capacit di aderire allo status
quo, anche quando circostanze eccezionali richiedono gesta eccezionali.
Anche la storia di una tra le pi famose eroine del 1848, Luigia Battistotti
Sassi, ofre spunti di rifessione per le modalit con le quali stata rappresentata.
interessante notare come Luigia agisca durante uno dei momenti topici della lotta
risorgimentale, le Cinque Giornate di Milano, che riconosciuto anche come una
delle prime mobilitazioni del femminismo, come lotta politica e sociale. fonda-
mentale tenere presente ci, se si vogliono comprendere le cronache che esaltano
il patriottismo della giovane popolana milanese e non ne condannando la trasgres-
sione. Lo stato di emergenza rappresentato dalle Cinque Giornate permetteva
la sospensione di molte norme e regole, anche di genere: il coraggio di tutti i
81 Govean, F. Stamura DAncona, Torino, Baricco & Arnaldi, 1848. Devo ringraziare Simonetta
Chiappini per avermi segnalato il volume di Felice Govean su Stamura dAncona; un mio saggio
dedicato alla donna anconetana in corso di pubblicazione.
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Capitolo 4. Che genere di nazione?
cittadini era necessario a spingere laustriaco fuori dalle porte della citt e anche
leroismo delle donne contribuiva alla propaganda risorgimentale che mirava al
coinvolgimento del popolo, senza distinzioni di sesso.
Luigia tra le prime a capire limportanza strategica di costruire barricate e
di formare mini-battaglioni di quartiere che perlustrassero e difendessero zone
geografche limitate; la giovane si mette alla testa di un battaglione vestendo abiti
maschili, e commette numerosi atti di violenza contro il nemico austro-croato,
[per] esprimere e far emergere doti che traboccavano dal modello normativo di
femminilit
82
.
Cos facendo, Luigia esce dal ruolo tradizionale di moglie e madre a lei asse-
gnato
83
e si posiziona in una zona di confne allinterno della quale linversione
di ruoli (madre/moglie > combattente) viene pi facilmente accettata perch
eccezionale.
Le storie, esperienze e immagini delle donne in armi complicano [the] as-
sumption that the history of women can be subsumed and symbolized by a single,
all-ecompassing image of femininity
84
e con ci contribuiscono anche a compli-
care e sfumare la rappresentazione spesso mono-dimensionale della donna risorgi-
mentale, cristallizzata nella triade madre/moglie/sorella.
82 Guidi, L. Patriottismo femminile e travestimenti sulla scena risorgimentale, in Guidi, L.; Lamarra, A.
(a cura di) Travestimenti e metamorfosi: percorsi dellidentit di genere tra epoche e culture, Napoli, Fi-
lema, 2000, pp. 54-92. In altra sede sar interessante analizzare come veniva descritta, e si descriveva,
Luigia; laccento sulla mascolinit della giovane donna contribuisce a inserire Luigia nella categoria
di donne la cui femminilit (e quindi normativit) viene messa in discussione.
83 Per una brillante analisi delle conseguenze dellatto di uscire dai confni normativi di genere, si
veda Perrot, M. Uscire, in Fraisse, G.; Perrot, M. (a cura di) Storia delle donne in Occidente. LOtto-
cento, vol. IV, Roma-Bari, Laterza, 1991, pp. 446-482.
84 Felski, R. Te Gender of Modernity, Cambridge, Harvard University Press, 1985.
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CAPITOLO 5
Modelli di genere e iniziativa femminile
nella costruzione dellItalia unita
a cura di Laura Guidi
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Introduzione
Laura Guidi
Nel trattare in chiave di genere specifci del aspetti processo di costruzione e con-
solidamento dellunit italiana, i testi compresi in questa sezione analizzano spazi
diversi, ma tutti di confne tra il pubblico e il privato, tutti ugualmente segnati dalli-
niziativa e dalla partecipazione delle donne. Altro flo rosso che lega tra loro queste
ricerche costituito dal Mezzogiorno: presente, di volta in volta, come parte irri-
nunciabile del processo di unifcazione, patria antiunitaria nella visione rovesciata
della resistenza borbonica, o, gi in fase preunitaria, questione, elemento di rischio
e debolezza rispetto a un processo di reale unifcazione nazionale, a causa della sua
irriducibile alterit rispetto al modello (e al mito) di un Nord moderno e civile.
Questultima chiave di lettura prevalente nelle considerazioni preoccupate
e lucidamente critiche della lombarda e cosmopolita Cristina di Belgiojoso, la cui
conoscenza del Sud era dovuta pi a letture, corrispondenze e conversazioni che ai
due brevi soggiorni nel napoletano il pi memorabile dei quali fu senza dubbio
quello del 1848, in cui radun un drappello di volontari per condurli a Milano,
reduce dalle Cinque giornate, al cospetto del governo provvisorio. Lo sguardo del-
la Belgiojoso sul Sud, oggetto del contributo di Karoline Rrig, appare infuenzato
da uno stereotipo difuso nel Risorgimento, alla cui costruzione contribuirono gli
stessi esuli meridionali, che addebitavano principalmente al malgoverno borboni-
co lo stato di povert e arretratezza in cui versavano quelle terre. Il Mezzogiorno
era [..] considerato come un paese fondamentalmente sano e forte, oppresso da
una tirannia, osserva Marta Petrusewicz
1
. Dovremo aspettare la met degli anni
1 Petrusewicz, M. Come il Meridione divenne una questione. Rappresentazioni del Sud prima e dopo
il Quarantotto, Catanzaro, Rubbettino, 1998, p. 143.
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Capitolo 5. Modelli di genere e iniziativa femminile nella costruzione dellItalia unita
Settanta perch studiosi come Pasquale Villari, Leopoldo Franchetti e G. Sidney
Sonnino aprano la prima stagione di approfonditi studi economico-sociali sulle
cause ben pi complesse che allontanavano il Sud dal processo di modernizzazione
avviato nelle pi avanzate regioni del centro-nord. Pur basandosi su informazioni
parziali e di parte, sotto un aspetto almeno la Belgiojoso accostabile ai primi
meridionalisti: nel considerare il Sud una cruciale questione nazionale, la cui
mancata soluzione minaccia la compattezza e la stessa identit della nuova Italia.
Ma, nonostante la simpatia espressa per i lazzari (in contrasto con la severa
stigmatizzazione delle lite meridionali) e il riconoscimento della capacit della
societ napoletana di evolversi (vedi le Osservazioni del 1868) la patriota lombar-
da individua lunica, ardua, possibilit di riscatto del Sud in una cooperazione
fraterna con il Nord in cui solo a questultimo e pi specifcamente alla sua
componente liberista e laboriosa, puritana e anglofla viene assegnato il ruolo di
guida ai fni di un processo che, per la patriota lombarda, non pu che essere di
assimilazione.
Il Mezzogiorno che ricorre negli altri interventi della sezione ci viene presen-
tato, al contrario, visto da angolature che ne mettono pi o meno esplicitamente
in discussione gli stereotipi, sottolineandone aspetti di modernit. il caso di
quelle sue lite dal respiro cosmopolita grazie alle relazioni politiche, culturali e di
amicizia, ai viaggi, alle letture, agli esli. il caso, analizzato da Franca Bellucci,
di Angelica e Laura Caracciolo di Torella, legate da stretta amicizia e da relazioni
epistolari con il patriota toscano Vincenzo Salvagnoli, che a fne anni Trenta di-
scutono con lui della vita ideale: un tema pervaso da elementi romantici, che
accomuna, diversamente declinato, tante colte corrispondenze e conversazioni,
poesie e scritture delle intellettuali meridionali prima del 1848
2
, allepoca in cui
esprimono le proprie istanze di rinnovamento della societ ancora in una chiave
pi culturale che esplicitamente politica, come osserva Bellucci.
Modernit, liberalismo, legami con la cultura europea connotano anche le fa-
miglie napoletane di Francesco Capecelatro, Giuseppe Ferrigni, Antonio Ranieri,
analizzate da Marcella Varriale: famiglie nelle quali fn dallinfanzia si apprende a
onorare la memoria dei martiri del 1799 e si coltivano dottrine liberali. Nei loro
salotti, prima del Quarantotto, donne e uomini si riuniscono soprattutto per fare
musica e parlare di letteratura, ma il comune sentire liberale a unirli in modo
pi profondo, fn quando, nel 1848, dal piano culturale si passer a quello espli-
2 Sulle intellettuali napoletane prima del 1848 vedi Russo, A. Alla nobile donzella Irene Ricciardi.
Lettere di Giuseppina Guacci Nobile, in Guidi, L. (a cura di) Scritture femminili e Storia, Napoli,
ClioPress, 2004 (disponibile in formato digitale: http://www.storia.unina.it/cliopress/guidi.html), pp.
271-294; Rascaglia, M. Da madre a fglia: percorsi ottocenteschi del sapere di genere, ivi, pp. 173-190;
Angarano, M. Sorelle, (non) madri, nipoti, tra pietas cristiana e passione risorgimentale, ivi, pp. 191-238.
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Introduzione
citamente politico e si aprir una stagione di confitti e repressioni in cui le donne
svolgeranno un ruolo insostituibile
3
.
Moderno e modernizzatore appare, nel contributo di Francesco Muollo, Fran-
cesco De Sanctis. Anche per lui lesilio in particolare quello svizzero ha rappre-
sentato una fase importantissima di apprendimento e rifessione sui temi intercon-
nessi della modernit e della nazione. Divenuto ministro della pubblica istruzione,
con una legge nel 1878 dar un contributo decisivo alla difusione della ginnastica
come strumento di educazione dei cittadini e delle cittadine italiani, sfdando i dif-
fusi pregiudizi che circondavano, in particolare, la ginnastica e lo sport femminili.
Moderna e innovatrice, per altri versi, appare anche lantirisorgimentale Ma-
ria Sofa di Borbone alla cui biografa Ugo Della Monica d un contributo tratto
da fonti inedite nel riformulare i linguaggi della regalit, creando forme ef caci e
dirette di comunicazione con il popolo. A tal fne la regina utilizza tecniche nuove,
come la fotografa, e, soprattutto, mette in gioco la sua stessa persona, scegliendo
con felice intuito abiti, atteggiamenti, parole che la renderanno una vera icona del
legittimismo, conquistando nobili e uomini di chiesa
4
, soldati e rozzi contadini,
nei cui casolari durante le spedizioni contro il brigantaggio i soldati troveranno
piccoli ritratti, spesso fotografe, che la vedono risplendere nella sua fera bellezza
accanto alla fgura pi scialba e schiva del marito
5
.
Dagli interventi di questa sezione, dunque, le lite meridionali vengono collo-
cate in una dimensione che non si restringe entro i confni del Mezzogiorno n in
quelli della nuova nazione, ma piuttosto si apre a una cultura cosmopolita, in cui si
elaborano e si confrontano idee e modelli di societ, forme istituzionali e pubbliche
e stili di vita individuale e privata: temi e discussioni che circolano nelle relazioni epi-
stolari, nei salotti, nei romanzi, nella poesia, nel teatro, nella produzione musicale e
lirica. Entro questo spazio di cultura meridionale parzialmente sradicata, ma senza
dubbio arricchita e rinnovata, le donne svolgono ruoli attivi e creativi.
La militanza femminile nel Risorgimento uno dei temi ricorrenti della se-
zione. In alcune fgure, assume caratteri di protagonismo: il caso della regina
Maria Sofa o, sul fronte opposto, di Cristina di Belgiojoso, due donne in grado
3 Sulla militanza delle patriote del Sud dopo il 48 vedi Guidi, L.; Russo, A.; Varriale, M. Il Risorgi-
mento invisibile. Patriote del Mezzogiorno dItalia, Napoli, Edizioni del Comune di Napoli, in corso
di stampa.
4 Cfr. Meriggi, M. Il seduttore e il cappellano. Elaborazioni della guerra e del genere lungo la
strada dei Mille, in Guidi, L. (a cura di) Vivere la guerra. Percorsi biografci e ruoli di genere tra Risor-
gimento e primo confitto mondiale, Napoli, ClioPress, 2007 (disponibile in formato digitale: http://
www.storia.unina.it/cliopress/guidi_gurra.html), p. 39.
5 Cfr. Guidi, L. La regina-soldato: Maria Sofa di Baviera, in Mafrici, M. (a cura di) Allombra
della corte. Donne e potere nella Napoli borbonica (1734-1860), Napoli, Fridericiana Editrice Univer-
sitaria, 2010, pp. 177-190.
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Capitolo 5. Modelli di genere e iniziativa femminile nella costruzione dellItalia unita
di sottrarsi al canone borghese ottocentesco della riservatezza/domesticit femmi-
nile in virt dei propri privilegi di rango, oltre che di eccezionali doti personali.
In altri casi troviamo fgure che oscillano tra afermazioni a favore di una sfera
femminile separata e il rivendicare, quanto meno per se stesse, ruoli che di fatto
la travalicano.
Il Quarantotto, come osserva Franca Bellucci, segna lingresso di molte in-
tellettuali dallo spazio letterario e artistico al terreno del confitto politico vero
e proprio sia pure in forme ausiliarie (ma non per questo poco rilevanti). La
dimensione ideale entro cui si muovono queste patriote unisce in un nodo indis-
solubile la famiglia alla patria: la seconda appare estensione della prima, e non solo
in senso metaforico, ma anche nelle concrete forme di iniziativa militante.
Daltra parte, famiglia e patria appaiono indissolubilmente legate anche nel
sentimento legittimista che ispira le cospirazioni antiunitarie di Maria Sofa. In tal
caso, la famiglia non quella borghese, nucleare-intima, ma la famiglia/dinastia,
fondamento del legittimismo politico; tuttavia, sia pure in modo contraddittorio,
la stessa Maria Sofa (per altro, prima della caduta del Regno, aperta a un mode-
rato liberalismo costituzionale) fa propri molti elementi romantici nel rielaborare
e modernizzare limmagine e il linguaggio della sovranit. Dal punto di vista della
giovane regina, daltra parte, lo scontro non tra modello tradizionale e liberali-
smo, ma tra due famiglie dinastiche: luna legittima e premurosa del suo popolo,
laltra, i Savoia, straniera, predatoria, arrogante.
Patria e famiglia appaiono profondamente legate anche nelle vicende familiari
analizzate da Marcella Varriale, che sottolinea il ruolo femminile nellelaborare e
custodire per le generazioni future memorie in cui privato e pubblico appaiono
inscindibili: maternit educatrice e patriottismo non potrebbero fondersi in un
nodo pi stretto di quello che emerge dai ricordi familiari e risorgimentali di
Enrichetta Capecelatro Carafa DAndria, ultimo anello di una genealogia di pa-
triote. Grande storia e storia privata vengono a rispecchiarsi luna nellaltra nella
narrazione di Enrichetta, fno a delineare una pedagogia nazionale.
Linsieme di questi testi, dunque, aggiunge qualche tassello a una recente sto-
riografa di genere sul Risorgimento che, restituendo alla memoria lampia mo-
bilitazione patriottica (nonch la mobilitazione antiunitaria) femminile dellet
risorgimentale ha contribuito a una rilettura complessiva della storia italiana ot-
tocentesca in chiave sociale e culturale
6
. Alla luce di questa nuova generazione di
6 La produzione storiografca sulla partecipazione femminile al Risorgimento ormai cos numerosa
che richiederebbe ben pi di una breve nota bibliografca. Si pensi, tra gli altri, agli scritti di Simo-
netta Soldani, Ilaria Porciani, Nadia Maria Filippini, Maria Luisa Betri, Daniela Maldini Chiarito,
Maria Teresa Mori, Rosanna De Longis. Il volume a cura di A.M. Banti e P. Ginsborg, Il Risorgi-
mento. Storia dItalia. Annali 22, Torino, Einaudi, 2007, rappresenta un tentativo molto interessante
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Introduzione
studi non possiamo oggi pi considerare il Risorgimento come un processo agito
esclusivamente da ristrette lite politiche e intellettuali, tanto meno come mero
susseguirsi di annessioni e avvicendamenti dinastici pianifcato nelle corti e nei
gabinetti diplomatici e concluso sui campi di battaglia. Degli stessi protagonisti
del canone risorgimentale si indaga il loro ruolo di icone entro processi di mo-
bilitazione e nazionalizzazione di massa che includono classi subalterne, giovani,
donne
7
. I testi poetici, teatrali e narrativi di quello stesso canone vengono riletti
alla ricerca delle fgure profonde che allepoca conferirono al linguaggio patriot-
tico la capacit di coinvolgere emotivamente e mobilitare
8
. La storiografa riscopre
in tal modo i decenni centrali dellOttocento come fase di costruzione di una
societ nazionale nei suoi aspetti molteplici dai modelli educativi alle relazioni
familiari, dai ruoli di genere ai riti e alle liturgie patriottici, dalla socialit ai luoghi
di formazione dellopinione pubblica.
Lunifcazione apr nella societ italiana un processo di normalizzazione del-
le relazioni di genere: alle intrepide eroine del 1848 o del 1860 si chiese di trasfor-
marsi in mogli e madri rispettabili e di ritirarsi dalla sfera pubblica uf ciale (anche
se non tutte lo fecero); i gruppi radicali (di ispirazione mazziniana o garibaldina),
dopo aver avuto un ruolo protagonista nel processo unitario, vennero respinti ai
margini, insieme con le utopie di giustizia sociale che avevano mobilitato mol-
ta parte del patriottismo femminile. Bisogner attendere una nuova generazione
perch emerga una classe lavoratrice capace di dar vigore a nuove utopie sociali e
perch il femminismo esprima con rigore intellettuale e capacit organizzativa la
propria prospettiva di una nazione di cui le italiane siano parte non subalterna.
Tuttavia tra patriottismo femminile e prime espressioni del femminismo non
vi un salto generazionale, ma al contrario una stretta linea di continuit, anche
biografca tanto pi evidente se guardiamo alle repubblicane, alle mazziniane, alle
garibaldine. La garibaldina napoletana Giulia Caracciolo Cigala, ad esempio, nel
1867 presiede il primo Comitato nazionale per i diritti delle donne, a sostegno delle
iniziative del parlamentare Salvatore Morelli: del Comitato fanno parte, oltre alla
sorella di Giulia, Enrichetta, anche una fglia di Garibaldi, Teresita, oltre a quella che
diventer la pi celebre femminista del secondo Ottocento, Anna Maria Mozzoni.
Signifcativo appare anche il ruolo delle militanti che si impegnano nella rico-
struzione storica e memorialistica: il caso di Cristina di Belgioioso e di militanti
risorgimentali venute da altri paesi, che riconoscono nel Risorgimento un luogo
cruciale per lafermazione di valori universali di libert, come Jessie White Mario
di rilettura complessiva del Risorgimento anche attraverso la categoria di genere.
7 Cfr. Riall, L. Garibaldi. Linvenzione di un eroe, Roma-Bari, Laterza, 2007.
8 Banti, A.M. La nazione del Risorgimento. Parentela, santit e onore alle origini dellItalia unita,
Torino, Einaudi, 2000.
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Capitolo 5. Modelli di genere e iniziativa femminile nella costruzione dellItalia unita
e Louise Colet. Nel 1926 Enrichetta Capecelatro Carafa DAndria si inserir sul
solco di questa tradizione storica e memorialistica femminile
9
.
Rispetto alla cristallizzazione operata da un canone storiografco che aveva ri-
dotto la partecipazione femminile al Risorgimento in termini di sacrifcio/dolore/
virt materni, le fgure di donne che emergono dai saggi qui presentati parlano
daltro. Ricostruiscono un peculiare intreccio tra romanticismo, individualismo
liberale e patriottismo che liber, allepoca, aspirazioni ed energie femminili,
comportando decise rotture rispetto allordine patriarcale. Basti pensare a quante
patriote ruppero unioni coniugali in cerca di una pi autentica realizzazione della
propria vita (da Cristina di Belgiojoso, a Enrichetta di Lorenzo, a Giulia Carac-
ciolo Cigala, a Laura Solera Mantegazza); a quante altre si ribellarono alle ge-
rarchie familiari rifutando destini imposti. Attraverso la costruzione di un nuovo
modo di concepire la coppia, la famiglia, il rapporto con i fgli, le donne lasciano
unimpronta forte sulla societ risorgimentale e post-risorgimentale, resistendo,
nella sfera privata prima che in quella pubblica, ai tentativi di restaurazione del
patriarcato, e ponendosi come elementi chiave della modernit.
9 Sulle storiche italiane vedi Casalena, M.P. Scritti storici di donne italiane, Firenze, Olschki, 2003;
Palazzi, M.; Porciani, I. (a cura di) Storiche di ieri e di oggi, Roma, Viella, 2004.
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1. Risorgimento italiano.
Naturali protagonismi di donne
Franca Bellucci
1. La fonte utilizzata. Le sue potenzialit
Il termine risorgimento, con il suo richiamo catartico, non si stabilizzato pres-
so gli storici che di recente: concorrendo con rinascimento, infne sono stati en-
trambi adottati, acquisendo le diverse determinazioni attuali. Nel 1859 si parlava
invece di grande riforma, espressione laica che suggeriva la radicalit delle tra-
sformazioni e la loro difusione capillare, quella naturalezza che fu un segno di-
stintivo. Il termine, che segnalava un coinvolgimento sociale pi ampio dei gruppi
che fecero politica in senso stretto, interessante: spinge a includervi fermenti di
romanticismo, un modello nuovo e unitario per le donne. LUnit prima di tutto
da intendersi come nuovo atteggiarsi sociale, in rappresentanza maschile ma con
unadesione femminile larga e in gran parte convinta.
Le considerazioni presentate da questa relazione scaturiscono da uno scanda-
glio limitato ma signifcativo: linsieme (circa 2800) delle lettere scritte da donne
conservato, con altri documenti, in un Archivio privato custodito dal comune
di Empoli. dei Salvagnoli-Marchetti (dora in avanti ASM)
10
, una famiglia co-
10 Cfr. Arrighi, V.; Guerrini, L.; Insabato, E.; Terreni, S. (a cura di) Inventario dellArchivio Salva-
gnoli Marchetti, Pisa, Pacini editore-Comune di Empoli, 2002. Per i convegni sullargomento, si veda
in particolare: Il Risorgimento nazionale di Vincenzo Salvagnoli. Politica, cultura giuridica ed economica
nella Toscana dellOttocento. 1802-2002 Secondo centenario della nascita di Vincenzo Salvagnoli (a cura
del Comune di Empoli, Soprintendenza archivistica della Toscana et alii. Cura editoriale di Insabato,
E.; Terreni, S.), Ospedaletto (Pisa), Pacini Editore, 2004. Nel citare le lettere, i due numeri indicano
busta e fascicolo.
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Capitolo 5. Modelli di genere e iniziativa femminile nella costruzione dellItalia unita
spicua da cui provennero due esponenti del Risorgimento, Vincenzo Salvagnoli
(1802-1861, dora in avanti VS) e il fratello Antonio (1810-1878, dora in avanti
AS)
11
. Il pi noto Vincenzo, uno dei Moderati toscani, ministro del culto nel
governo provvisorio Ricasoli. I due esercitarono professioni liberali: grande avvo-
cato il primo e medico igienista il pi giovane. La corrispondenza privata
12
che
essi ricevettero da molte donne ebbe ragioni professionali, politiche, familiari
13
.
Larco temporale compreso fra il 1819 e il 1876. Lo stile delle scriventi indica
un proflo sociale sfaccettato. Talora i testi sono minimi, ma altri hanno qualche
pretesa letteraria, poich letterato e mecenate fu VS
14
.
La variet dei contatti dei Salvagnoli, specialmente di Vincenzo, tale da dare
limpressione di una geografa peninsulare delle frequentazioni. Del resto molti
privati contribuirono al ruolo di centralit culturale che la Toscana svolse, nel
tempo risorgimentale, quasi vestale delle glorie patrie
15
, assecondandone il pre-
stigio di lingua e istituzioni culturali, la vocazione alla divulgazione peninsulare.
Da ricordare i Congressi degli Scienziati ospitati in varie citt italiane a partire da
Pisa, tra il 1839 e il 1847
16
, i contatti dellAccademia dei Georgofli, fra scienza
botanica e proposte per la conduzione proprietaria ideale.
Nella fonte, gentildonne delle casate Corsini e Rinuccini, Azzolino e Di Ba-
gno, Bassi e Pasolini si riferiscono di frequente a relazioni fra Toscana, Stato pon-
tifcio (Roma, Bologna, Macerata, Iesi, Rimini, Forl), Piemonte, Lombardia. Ma
i Salvagnoli consolidarono particolarmente un proprio asse Roma-Napoli espe-
rito per tempo da un fratello, poi morto prematuramente, il canonico Giuseppe
(1799-1829): implicato nei fatti del 1821, aveva trovato protezione presso i Po-
11 La situazione dei Salvagnoli vista come tipica (per propriet e professione) in: Sereni, E. At-
tualit del Giusti. La cultura toscana nel 1848 e il signifcato storico della mezzadria, in Conferenze
forentine, Firenze, Sansoni, 1950, p. 44.
12 Chemello, A. Premessa, pp. VII-XI, in Chemello, A. (a cura di) Alla lettera. Teoria e pratiche epi-
stolari dai Greci al Novecento, Milano, Guerini Studio, 1998, qui p. IX. Il confronto di espressioni e
referenti ha seguito Pomata, G. La storia delle donne: una questione di confne, in Il mondo contempo-
raneo. Gli strumenti di ricerca,10-2, Questioni di metodo, pp. 1434-1469, Firenze, La Nuova Italia, 1983.
13 Mi si consenta indicare su tali lettere il libro (da una tesi, Pisa, 2003-04, relatore A.M. Banti): Bel-
lucci, F. Donne e ceti fra romanticismo toscano e italiano, Ospedaletto (Pisa), Pacini editore-Comune
di Empoli, 2008.
14 VS era fra gli avvocati letterati formatisi nellAteneo pisano con Giovanni Carmignani,: cfr.
Pazzagli, C. Vincenzo Salvagnoli e leconomia politica, in Il Risorgimento nazionale di VS cit., pp.
151-189, qui p. 154.
15 Gnoli, D. Nazionalit ed arte, in Nuova Antologia, v. 151 (16. II 1897), pp. 594-613, qui p. 599. Sulla
Toscana: Coppini, R.P. Il Granducato di Toscana. Dagli anni francesi allUnit, Torino, UTET, 1993.
16 Patriarca, S. Patriottismo, nazione e italianit nella statistica del Risorgimento, in Banti, A.M.;
Bizzocchi, R. (a cura di) Immagini della nazione nellItalia del Risorgimento, Roma, Carocci, 2002,
pp. 113-132.
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1. Risorgimento italiano. Naturali protagonismi di donne
tenziani, colti marchesi e agronomi infeudati a Rieti. lasse che si rintraccia die-
tro gli scritti della matura Angelica, consorte del marchese Ludovico Potenziani,
fglia di Cristophe Saliceti
17
, zia dei napoletani Caracciolo di Torella. Da giovane
si era formata
18
nella Firenze napoleonica; da qui aveva avuto accesso alle buone
amicizie
19
conservate nel tempo.
A fne anni Trenta (1838-39) alcune grande dame napoletane della famiglia
Caracciolo di Torella, Angelica coniugata Rende e Laura
20
, dissertavano con Vin-
cenzo Salvagnoli della vita ideale, dando limpressione di un laborioso dibattito
comune in Italia. Angelica
21
replicava allavvocato sul tema comella dice che deb-
bono essere le donne, in merito al portamento e alla relazione damore. Lideale
era una vita ritirata e solitaria, priva di divertimenti e balli, fondata sul controllo
di s o, come si legge, sulla moderazione: insomma quella delle tediose periferie
lontane. Trovandosi Angelica a Giovinazzo con il marito durante lagosto 1839, ed
essendo impedita da unafezione agli occhi, con buona dose dironia ammetteva
di essere nella perfezione del modello desiderabile, poich si spendeva tutta fra le
pareti domestiche: Leggo, scrivo, lavoro e dipingo. Lautodisciplina era noiosa,
ma corrispondente allideale dover essere.
2. Contaminazioni unitarie di pratiche sociali aristocratiche e borghesi
Fu quanto bast per dare base alla grande riforma. certo appropriato, come
dice Simonetta Soldani
22
, riconoscere che le donne spesso aderivano a un con-
17 Il Saliceti era stato vicino al Bonaparte e a Gioacchino Murat, in Toscana, fra Firenze e Lucca,
negli anni 1801-1805 e a Murat nel suo regno a Napoli. Mor nel 1809, quando la fglia Angelica era
ancora agli studi a Firenze: cfr. Sacchetti Sassetti, A. Angelica Potenziani Saliceti (1792-1865), Rieti,
Tipografa Nobili, 1962.
18 Sulla storia delle istituzioni culturali a Firenze, cfr. Soldani, S. (a cura di) Leducazione delle donne.
Scuole e modelli di vita femminile nellItalia dellOttocento, Milano, Franco Angeli, 1989.
19 ASM, 85,1, Potenziani, Angelica, lettera Roma 11 giugno 1833, pubblicata in Bottacin, A.
Una comune amicizia di Stendhal e Vincenzo Salvagnoli: i marchesi Potenziani. Con documenti
inediti, in Il Risorgimento nazionale di VS cit., pp. 405-424.
20 ASM, 70,5, Caracciolo, Angelica (1814-1887) contiene 6 lettere; in ASM, 85,6, Rende, A.: 14
lettere. In ASM, 70,5, Caracciolo, Laura (1817-1891) ha 2 lettere. Entrambe fglie di Giuseppe
Caracciolo principe di Torella, duca di Lavello, coniugato a Firenze 1806 con Caterina Saliceti. Su
Angelica Caracciolo si veda Bottacin, A. Lamicizia di Stendhal con i marchesi Potenziani e i prin-
cipi di Torella, in Rivista storica del Lazio, n. 18, a. XI, 2003, Roma, Gangemi edit. A p.164 lipotesi
che Angelica sia la donna desiderata da Stendhal con il nome di Little.
21 ASM, 70,5, Caracciolo, Angelica, lettera Napoli 27 aprile 1839.
22 Soldani, S. (a cura di) Italiane! Appartenenza nazionale e cittadinanza negli scritti delle donne
dell800, in Genesis. Rivista della Societ italiana delle Storiche, 1, 2002, pp. 85-124; cfr. p. 85.
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Capitolo 5. Modelli di genere e iniziativa femminile nella costruzione dellItalia unita
cetto di patria, concepita come convivenza analoga rispetto a quella familiare,
almeno fno ai primi anni Novanta. Fu questo il tracciato del percorso risorgi-
mentale per le donne, un vero sfondo di massa con molte contiguit, fra i vari
stati della penisola, nelle istanze istituzionali, sociali, culturali. Dopo il Con-
gresso di Vienna
23
si liquid la legislazione civile del periodo napoleonico ma
conservando una relativa disponibilit alle contaminazioni fra i ceti sociali
24
. Il
richiamo alla tradizione e allimmagine della famiglia fu premessa per innestare
dottrine attuali ma moderate. Era nuovo, rispetto al Settecento, che le donne
spostassero lattenzione dai padri ai partner, essendo nodi dellorganizzazione i
buoni padri di famiglia: il nuovo clima consent che in base ai bisogni maritali
si impiegassero le ricchezze dotali. Dagli anni 1827-1830, constatiamo anche
nelle scritture dellArchivio Salvagnoli, era difuso che le donne si identifcassero
con lintimit della famiglia in atteggiamento oblativo di s, ponendo al centro
lessere e il sentirsi madre.
Nellarco temporale lungo delle lettere si osserva che le performance delle don-
ne notabili raggiunsero nuova capacit di coinvolgimento: le feste, campestri o
cittadine, le attivit pi o meno benefche, poterono aprirsi alla condivisione della
causa politica. Altre pratiche preesistenti al risorgimento, ma che nei momenti di
accelerazione politica diventarono ef caci strumenti, furono i viaggi. Non con-
siderando i soggiorni allestero imposti dallesilio, il modello di viaggio da cui
scatur ef cacia politica fu quello del tour culturale, praticato in particolare da
signore di rango, ma presto ripreso anche dalle borghesi. Le formalit di presen-
tazione reciproca, di informazione e di intrattenimento, previste nelle tappe del
tour, furono volte a selezionare i contatti e i contenuti. Il tour divent patriottico
per alcune signore: i luoghi dincontri erano relativamente mobili, lo scopo pi
attinente alla politica, lo stile adottato relativamente austero. Fu simile a questo
il giro dei congressi degli scienziati, che non accolsero solo gli addetti ai lavori: le
signore, che mettevano a disposizione le proprie dimore per i lavori congressuali e
che accompagnavano i partecipanti, erano parte attiva e consapevole. Ne parla per
esempio Virginia Bassi
25
, con una lettera del 1845 di ritorno dal Congresso scien-
23 Si vedano i rafronti fra istituti di vari stati preunitari in Calvi, G.; Chabot, I. (a cura di) Le ric-
chezze delle donne. Diritti patrimoniali e poteri familiari in Italia (XIII-XIX sec.), Torino, Rosenberg
& Sellier, 1998.
24 Per un approccio segnalo Romanelli, R. Nobilt europee dellOttocento. In margine a un con-
vegno di studi, in Passato e Presente, n. 11, a. V, 1986, pp. 136-146.
25 Virgilia e Cecilia Bassi, madre e fglia, sono autrici di un gruppo di lettere piccolo, ma protrattosi
fra il 1845 e il 1860. ASM, 67,2, Bassi Virginia, lettera Milano 26 novembre 1845: descrive il
viaggio di ritorno dal Congresso di Napoli (settembre-ottobre 1845). Il nipote Pasolini ivi citato
Giuseppe Pasolini, marito di Antonietta Bassi.
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1. Risorgimento italiano. Naturali protagonismi di donne
tifco di Napoli. Anche in questo caso era la religione della famiglia che accendeva
linteresse politico
26
.
Nel folto gruppo di iniziative in cui le donne diedero il loro possibile e na-
turale contributo alla geografa unitaria sceglier alcuni esempi signifcativi, an-
che se disparati, disponendoli in ordine cronologico. Gi sono noti i documenti
riguardanti i marchesi Giuseppe e Costanza Arconati e la loro infuenza sul gior-
nale La Patria (1847-1849) fondato da VS, con Rafaello Lambruschini e Bettino
Ricasoli. Ma nelle scritture di donne oscure che emerge una pratica coerente di
supporto al capo famiglia. In qualche modo c uneco delle forme di risveglio re-
ligioso presenti nellEuropa continentale e convergenti con il romanticismo. Nella
stessa cerchia familiare dei Salvagnoli si attivarono donne, come Amalia Fortini
Rossini, di grande prudenza e af dabilit. Esse condivisero i progetti di vita, anche
svolgendo funzioni di supplenza durante i viaggi e gli esili dei patrioti.
Nella primavera-estate del 1848 si osserva fra le scriventi un pi preciso fan-
cheggiamento del momento politico
27
, forse da intendersi come retroscena di
azioni gi identifcate nella ricerca storica del risorgimento toscano. Uniniziativa
nota delle donne fu quellIndirizzo delle donne forentine per lalbo in onore di Vin-
cenzo Gioberti, difuso a fne giugno 1848, che la Soldani
28
ha presentato, opera
di Caterina Franceschi Ferrucci. Sembra un evento simile, ma mirato a stabilire
contatti fra regioni dItalia, quello di cui parla Isabella Rossi
29
, letterata di qualche
fama, combattiva ed energica, buona amica di Vincenzo Salvagnoli. Il giugno in
cui scriveva
30
, anche se non detto, era certo quello del 1848. Per loccasione essa
reclamava una personale visibilit, che contendeva a molti nomi di signore tosca-
ne, fra cui la Ferrucci:
26 Gioli Bartolommei, M. Il rivolgimento toscano e lazione popolare(1847-1860). Dai ricordi famigliari
del marchese Ferdinando Bartolommei, Firenze, Barbera, 1905; alle pp. 301-303 valuta il contributo
allUnit di aristocrazia e patriziato ovunque scarso; in Toscana laristocrazia e lalta borghesia furono
avverse; determinante la media borghesia [] secondata dalla piccola borghesia e dal popolo.
27 Ivi, p. 51 un episodio: nel 1850 venne fatta una lotteria in aiuto dei bresciani, che avevano subito
inondazioni; il Comitato, presieduto dalla marchesa Bartolommei, era composto da Enrichetta Pe-
ruzzi, Giulia Ridolf, Elisa de Pazzi, Isabella Gabardi Brocchi; poi le signore forentine si schierarono
in due campi e quello della Bartolommei ebbe poche aristocratiche (oltre a lei, la Laiatico e la Digny).
Le ideologie si misuravano dunque con le prove.
28 Soldani, S. (a cura di) Italiane! Appartenenza nazionale e cittadinanza cit. pp. 99-100
29 1808-1893 le date per la Rossi nella biografa di Giovannini Magonio, G. Italiane benemerite
del Risorgimento Nazionale, Milano, Cogliati, 1907; per il compendio di storia italiana nel 1841 fu
ammessa al 2 Congresso degli scienziati a Firenze; promosse la colletta per le siciliane nel gennaio
1848; subentr a G.B. Niccolini allAccademia di Firenze. Cfr. Martini, F. Il Quarantotto in Toscana.
Diario inedito del conte Luigi Passerini De Rilli, Firenze, Marzocco, 1948, p. 517 (nota di p. 337): la
donna vinse il duello la Moltke-Corbelli, respingendo laccusa di malversazione.
30 ASM, 87,1, Rossi, Isabella nei Gabardi Brocchi, lettera s.a. 8 giugno. Mi giunge voce.
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Capitolo 5. Modelli di genere e iniziativa femminile nella costruzione dellItalia unita
Egregio Salvagnoli
Mi giunge voce che Corridi a nome della Palagi e proprio desidera fare la risposta
alle Milanesi, e che per ha cercato anche me. Ma stata non so se per frmante
o per componente lindirizzo nominata la Ferrucci. Salvagnoli! Io non sopporto
soperchierie. Io prima, sola, spontanea ho fatto lindirizzo quando nessuno ci
pensava. Io feci quello alle Siciliane quando nessuno ne parlava. [] Ci in con-
fdenza vi dico [] Regolatevi per il meglio! Uomo sommo qual siete, non potete
fare che lottimo. Sono in fretta vostra amica afe.
8 giugno Isabella Rossi Gabardi.
Questa stessa letterata, borghese che si era coniugata con un conte patriota,
Olivo Gabardi Brocchi, di Carpi di Modena, provava disagio nel modellare sulla
dimensione locale lideale patriottico unitario. Ecco un brano dalla lettera
31
che
invi a VS per bene augurare il 1852:
Come vivo, lo volete sapere? Vegeto magnifcamente, in mezzo agli agi ed anzi
posso dire, al lusso. Godo unaria balsamica sopra un giardino, che tocca le mura
della citt, che sono pure possedimento di mio Marito, le quali continuano
sullimmensa pianura, non avente altro limite che le cime delle lontane Montagne
di S. Pellegrino e del Cimone: mangio, dormo, penso, guardo e parlo a modo dei
sonnambuli, cio, senza coscienza di quel che dico, tanto poco mi necessita unire
il pensiero alla parola. Questi buoni carpigiani, che nel 31 dettero la mossa alla
rivoluzione, ora dormono.
Essi mi portano in palma di mano come una cosa rara. Poveretti!
Nel decennio successivo al 1848 i contesti divennero pragmatici, ma si propa-
garono i salotti organizzati dalle signore. Nel carnevale 1858, la forentina Emilia
Rondoni chiedeva a VS di sottoscrivere quote per ofrire un adeguato dono alla
signorina Milli: era Giannina Milli, di origine abruzzese e formazione napoleta-
na, poetessa estemporanea sui temi dei dolori e delle speranze dItalia, nonch su
Dio patria e famiglia, fra il 1856 e il 1866
32
.
Molto materiale dellarchivio riferito al cruciale periodo 1859-1861. Lav-
vocato Salvagnoli era riemerso dallombra fn dal febbraio 1859, con un opuscolo
patriottico che, difuso, diede luogo a missive, utili a riattivare le reti dintesa; nel
governo provvisorio poi fu ministro, fno alla fusione con il Piemonte. Non
poche di quelle missive sono attestati di donne convinte della istanza riformatrice.
31 Ivi, lettera Carpi di Modena 26 dicembre 1851.
32 Mori, M.T. Salotti. La sociabilit delle lite nellItalia dellOttocento, Roma, Carocci, 2003, pp.
133-135.
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1. Risorgimento italiano. Naturali protagonismi di donne
Fra queste vi furono anche inglesi amiche di Vincenzo, come la scrittrice Teodo-
sia Garrow Trollope e lady Fanny Russell.
Ha data 14 febbraio 1859 una lettera di Carlotta Poerio Imbriani
33
. Essa, in
condivisione con la scelta patriottica dei familiari, da Torino rispondeva a VS con
notizie frammentarie sul fratello Carlo. Egli, rinchiuso in carceri napoletane dopo
la partecipazione attiva nel 1848 con laccusa di agire per lunit italiana, era stato
liberato il 15 gennaio 1859 con altri detenuti politici, ma con il patto di sbarcare
in America
34
. Riporto alcune frasi:
una sola lettera di Carlo mi giunta del 17 gennaio scritta da bordo al vapore
Stromboli nelle acque di S. Stefano, con la quale egli mi facea noto come il gover-
no aveva commutato le pene de ferri e dellergastolo a circa 80 condannati poli-
tici nel bando perpetuo dal regno, facendoli trasportare a Nuova Jorca (sic). Ella
da ci ben vede come il governo napoletano sa cangiare ogni maniera di grazia in
nuovi tormenti. Carlo mi prometteva di spedirmi altra lettera da Cadice; ed era
questa che io mi aspettava per iscriverle.
Come si vede, gi la convergenza familiare era una forma daiuto non proprio
passivo. Una tale forma di partecipazione ben si concili con il tempo della nor-
malit seguita al compimento dellUnit. Allora cultura e codice civile disegnaro-
no una societ decisamente patriarcale.
3. Leredit di contraddizione della naturalit.
Fra le scritture di donna dellarchivio una signora lucchese, Gaetana Del Rosso
Cotenna, che, come vedova, era vertice del suo nucleo, mostra una dedizione alla
causa patriottica di tipo radicale. Essa, che negli anni del ministero di VS si pro-
clamava pi che settuagenaria, denunciava la sordit del governo proponendosi
con una forza eccezionale e uno stile imbevuto di trecentismo toscano: Il sacco
colmo dogni maniera di rifuti. E sia. Mi viene da ridire. Che se il Danno ne
verr altrui, non gi lonta. denominato codesto Governo-Malva; ma alquanto
di Cicuta dicono vi sia mista
35
.
33 ASM, 77,7, Imbriani, Carlotta, lettera Torino 4 febbraio 1859.
34 Grazie a un avventuroso dirottamento della nave ad opera di Rafaele Settembrini (fglio di
Luigi), i detenuti politici diretti in America furono invece fatti sbarcare a Cork, in Irlanda, dove
riacquistarono la piena libert.
35 ASM, 72,6, Del Rosso, Gaetana, vedova Cotenna, lettera Monte S. Quirico presso Lucca, 19
dicembre 1860.
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Capitolo 5. Modelli di genere e iniziativa femminile nella costruzione dellItalia unita
In uno studio successivo ho poi potuto verifcare che questa signora e il nu-
cleo dellunica fglia profusero tutto nella causa patriottica, schierate con il partito
democratico e in dimestichezza con Mazzini, Garibaldi, Dolf. Nel fondo Dolf,
appunto, presso la Domus Mazziniana di Pisa (da ora DM), ho anzi trovato un
Indirizzo poetico della signora, intitolato al 27 aprile 1859, fne del granducato.
Qui, volgendosi a un misterioso Giovin Cantore, la signora inneggiava allunio-
ne dellItalia gi vista come continuit compatta, dalle Alpi alla Sicilia
36
:
sulle incrollabili rocce sue Natura ghiacci eterni pos, meno che a baluardi, quan-
to ad imprimer fortezza ne fgli suoi Ed eruttar Etna fece e Vesuvio nelle estre-
me parti, acciocch rimontando come natura del fuoco , i cuori degli Italiani
tutti saccendessero di santo zelo damor Patrio, di bella gara dOnore e di Gloria.
Morto VS nel marzo 1861, appena dopo la proclamazione del regno dIta-
lia, losservatorio dellASM fornisce ancora informazioni, tramite i documenti del
fratello Antonio. Limpressione che il sostegno alla patria continu nella societ
unifcata, ma spegnendosi la partecipazione emotiva, mentre subentrava un disin-
canto aperto alla critica.
La posizione deflata delle donne nel nuovo stato fu lapprodo delle forze che
avevano voluto la grande riforma. Nel dibattito provocato da John Stuart Mill,
sulla formazione intellettuale delle donne, le lite culturali italiane si distinsero
per lintransigenza contro gli studi universitari delle donne
37
. Anche Isabella Ros-
si Gabardi Brocchi, gi incontrata come protagonista del Risorgimento, nonch
cattedratica presso lAccademia darte a Firenze, attu un duro sbarramento. In
un suo opuscolo del 1878, Emancipazione!
38
la donna era la fragile compagna
dellUomo:
il Creatore, che ha voluto la supremazia del maschio, e che ha posta la femmina
per aiutarlo, non per soverchiarlo. La donna graziosa, gentile, per conquistare
lamore delluomo [] Il connubio una dualit fusa in unit, la quale cos
amalgamata, compone una perfezione completa.
36 DM, Fondo Dolf, DVC 31/1. Non da escludere che il destinatario ideale sia il lucchese Giosue
Carducci.
37 Urbinati, N. Lucifero e lacqua santa. Una discussione forentina su Te subjection of women,
in Giornale critico della flosofa italiana, VI, a. LXVII, 1988, pp. 250-273.
38 Gabardi-Brocchi, I. Emancipazione!Considerazioni sui Diritti della Donna, Firenze, Arte della
stampa, 1878, qui p. 66.
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1. Risorgimento italiano. Naturali protagonismi di donne
Pure, proprio lei aveva detto, in una lettera a VS
39
: Vorrei essere trattata da
uomo [] senza complimenti da fratello, via! [] non mi si cambia il cuore,
che batte di tuttaltro, che di ambizioncelle femminili. Ma, evidentemente, altro
la deroga per s, altro la generalizzazione. Non di rado del resto le donne hanno
interpretato la loro naturale vita come attitudine al travestimento
40
: un gioco
che la societ ha disposto da tempo nella creanza femminile, in realt tollerando
gli abiti maschili solo nei momenti delle accelerazioni e porgendo nella norma
un guardaroba caratterizzato da grazia e leggerezza.
39 ASM, 87,1, Rossi, Isabella nei Gabardi Brocchi, lettera 9 maggio 1859.
40 Guidi, L. Patriottismo femminile e travestimenti sulla scena risorgimentale, in Studi Storici, n.
2, 2000, pp. 571-587.
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2. Militanza, identit e memoria
in una famiglia napoletana di patrioti
Marcella Varriale
La casa nella quale io entrai sposa era ricca di memorie patriottiche
Sono ormai trentatr anni che io ho lonore di trovarmi fra gli accademici di
questa nostra antica e gloriosa Pontaniana dove fui ammessa ventinovenne ap-
pena, e [], pur mi sento qui come in una famiglia, divenuta cara per lunga con-
suetudine. E sento che anche voi, per vostra benevolenza, mi considerate come
sorella, sicch non mi sembra disdicevole venire a discorrere fra voi di cose per
me sacre e intime, di cose che facilmente cadrebbero nelloblio eterno se io adesso
non ne raccogliessi le vestigia che ancor me ne rimangono nella memoria come
piccoli punti luminosi fra il gran buio della dimenticanza
41
.
Il 21 marzo 1926 Enrichetta Capecelatro Carafa DAndria legge presso lAc-
cademia Pontaniana la storia della propria famiglia, una famiglia napoletana in
tempi di lotte per la libert
42
.
Dimostrare che i propri parenti hanno soferto lesilio, il carcere, la morte
utile per testimoniare lonore della propria famiglia
43
. Enrichetta in numerosi
punti dei suoi Ricordi sottolinea leroismo dei suoi: i Capecelatro, i Ranieri, i Fer-
rigni, i Carafa emergono come costruttori della patria.
41 Carafa DAndria, E. Una famiglia napoletana dellOttocento, Rieti, Biblioteca, 1928, p. 7.
42 Ivi, p. 6.
43 Porciani, I. (a cura di) Famiglia e nazione nel lungo Ottocento. Modelli, strategie, reti di relazioni,
Bologna, Viella, 2006, pp. 23-25.
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Capitolo 5. Modelli di genere e iniziativa femminile nella costruzione dellItalia unita
La prima fgura che si incontra nella narrazione il nonno paterno di En-
richetta, Francesco Capecelatro, che impara ad amare la patria sin da bambino.
Difensore della repubblica partenopea in qualit di alfere di vascello, fautore dei
principi della rivoluzione francese, Francesco frequenta le vendite dei carbonari
e ad abbraccia le idee liberali. Durante i moti del 1821, accusato di tradimento
nei confronti del Re, costretto allesilio. Nel 1830, salito al trono Ferdinando II,
tolto il sequestro dei suoi beni, ritorna a Napoli insieme a sua moglie, Maddalena
Santorelli
44
, e ai suoi fgli, che educa in nome delle dottrine liberali. La casa di
Napoli e la villetta di San Paolo Belsito diventano ritrovo di letterati e di musicisti
ma soprattutto di liberali. Protagonista dei moti del 15 maggio 1848, Antonio,
padre di Enrichetta, cospira segretamente e lavora per la libert del proprio Paese:
nel 1859 sar arrestato
45
.
Il processo di nazionalizzazione importante per le famiglie borghesi, le quali
possono dimostrare attraverso la partecipazione al nation building, la loro presenza
alla vita della nazione. Loperazione di Enrichetta pu essere ascritta dunque a
questa volont di attribuire un ruolo preciso alla sua famiglia. Lo stesso matrimo-
nio con Riccardo Carafa sembra ideologicamente inserirsi in questo processo di
unione tra due nuclei familiari attivi nelle lotte risorgimentali. La famiglia Carafa
annovera infatti illustri martiri politici
46
.
Da una generazione allaltra valori liberali e nazionali si susseguono attraver-
so matrimoni tra famiglie attive nel processo risorgimentale. Lunione tra i due
discendenti di famiglie patriote emerge come il presupposto per la conservazione
della nazione. Lamore romantico sintreccia allamore patriottico. Amore-onore-
virt costituiscono una delle fgure profonde del discorso nazionalista. Lessenza
di una nazione consiste nella presenza di una linea genealogica che va conservata
e protetta
47
.
Grazie allamour passion, il matrimonio tra Enrichetta e Riccardo pu testi-
moniare lonore patriottico e la virt eroica di due famiglie partecipi delle lotte
nazionali. A Enrichetta spetta il compito di consegnare alle future generazioni i
ricordi e, attraverso questi, di riscattare lonore familiare. Enrichetta sposa luomo
che lei ha scelto, che fglio di eroi del Risorgimento italiano. In questo modo ri-
44 Donna energica e attiva, madre forte e pronta ad allattare i suoi fgli, moglie prodiga a seguire il
marito nel suo esilio e ad appoggiare le sue speranze politiche, anche lei annovera nella sua famiglia
martiri politici: suo zio Antonio Santorelli, ricercato come giacobino sar scannato al ponte della
Maddalena. Ivi, pp. 9-10.
45 Carafa DAndria, E. Una famiglia cit., pp. 6-22.
46 Carafa DAndria, E. Ricordi forentini, romani, napoletani, BNN, ms XX-2, pp. 186-187.
47 Banti, A.M.; Ginsborg, P. (a cura di) Storia dItalia. Annali 22. Il Risorgimento, Torino, Einaudi,
2007, pp. XXX-XXXII.
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2. Militanza, identit e memoria in una famiglia napoletana di patrioti
spetta la tradizione familiare che ha legato in matrimonio sempre personaggi attivi
nel processo di costruzione di unItalia libera e unita
48
.
Io sono stata, sono e sar sempre sinistra
Nella stessa notte in cui viene arrestato Antonio Capecelatro, gli agenti di polizia si
recano in casa di Giuseppe Ferrigni, nonno materno di Enrichetta. La narrazione
dei Ricordi di Enrichetta Carafa segue ora le vicende di casa Ferrigni, anchessa fo-
colare di idee rivoluzionarie. Al fanco di Giuseppe emerge la fgura di sua moglie
Enrichetta Ranieri sorella di Antonio Ranieri donna energica e astuta: grazie a
lei Giuseppe riesce a sottrarsi dalla cattura della polizia
49
.
Animatrice del salotto del marito, ella fa gli onori di casa e prende parte alle
discussioni politiche
50
. Il salotto Ferrigni raccoglie infatti le fgure pi interessanti
dellintellighenzia del tempo e spicca per il suo carattere liberale
51
. Dunque si pu
avanzare lipotesi che in questo laboratorio politico e letterario Enrichetta forgi la
propria ideologia liberale.
Durante la spedizione dei Mille Enrichetta vive giornate di trepidante attesa:
cuce di notte bandiere tricolori che sventoleranno poi in tutto il quartiere allar-
rivo di Garibaldi, leroe delle sue speranze e della sua aspettazione
52
. Raccoglie,
inoltre, sottoscrizioni per donare, insieme ad altre donne napoletane, una ricca
tenda da campo al primo e un fnimento di corallo al secondo. Al fanco di suo
marito, di Antonio e di Paolina Ranieri si reca a Grottammare per rendere omag-
gio al nuovo re dItalia
53
. La posizione politica di Enrichetta Ranieri Ferrigni si
delinea in diverse lettere che indirizza al fratello Antonio:
48 Cfr. Sodini, E. Il buon nome della famiglia e lamore per la patria: Felicita Bevilacqua e la lotteria
patriottica, in Famiglia e nazione, pp. 107-129.
49 Carafa DAndria, E. Una famiglia napoletana cit., pp. 24-25.
50 Villari, L.A. Cenni e ricordi di Giuseppe Ferrigni, Napoli, Di Gennaro, 1895, pp. 37-38.
51 Sul salotto di Giuseppe Ferrigni cfr. Balzerano, A. Giuseppina Guacci Nobile nella vita, nellarte,
nella storia del Risorgimento, Napoli, Di Mauro, 1975, pp. 51-52; Cione, E. Napoli Romantica 1830-
1848, Napoli, Morano, 1957, p. 23; Doria, G. Salotti napoletani dellOttocento, in Aa. Vv., Tiempe
belle e na vota, Napoli, Associazione napoletana per i monumenti e il paesaggio, 1982, p. 17.
52 Carafa DAndria, E. Una famiglia napoletana cit., p. 32.
53 Anche la fgura di Paolina passata alla storia come la suora di carit di Giacomo Leopardi
risulta interessante per il suo sostegno alla causa patriottica. Durante le battaglie del 1860 e del
1866 raccoglie ad esempio denaro, flacce, tele e pannilini da inviare negli ospedali militari. Odo-
ardo Valio, La suora di carit di Giacomo Leopardi, Acerra, Fiore, 1896. BNN, Carte Ranieri, B
22/299, Lettera di Francesco Casotti a Paolina Ranieri, Lecce 9 Ottobre 1860; BNN, Carte Ranieri,
B 64/321, Lettera di Bernardo Nolli a Paolina Ranieri, Napoli 25 Giugno 1866.
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Capitolo 5. Modelli di genere e iniziativa femminile nella costruzione dellItalia unita
Mi ha fatto immenso dolore, dopo aver sospirato unintera vita di non essere
stata a Roma il giorno dellapertura del primo Parlamento Italiano, e ci per con-
seguenza delle gravissime disgrazie soferte Io sono stata, sono e sar sempre
sinistra, perch nella sinistra spero la salute dellItalia
54
.
Fautrice della Sinistra, cio di quella parte politica che risponde al malcon-
tento delle genti del Sud per nulla ascoltate dalla Destra storica
55
, in pi occasioni
invita Antonio a scriverle di politica: lui, deputato al Parlamento, pu aggiornarla
con maggiore precisione.
Il desiderio di politicare con il fratello compare in varie lettere: Enrichetta
vuole confrontarsi con lui e conoscere le sue opinioni. Lentusiasta patriota guarda
con occhi pi obiettivi alla situazione dellItalia unita: lo slancio nazionalistico
cede il passo alla descrizione del disagio popolare e alla delusione politica
56
.
Cittadina senza cittadinanza
57
, Enrichetta si mostra molto delusa dellope-
rato dei politici italiani, divisi tra loro e protesi a accontentare i propri interessi.
La critica volta a uno Stato incapace di fronteggiare i problemi del Mezzogiorno.
Limmagine di Enrichetta Ranieri come patriota attiva nelle lotte per la costru-
zione dellItalia conferma che nel processo di nation building coinvolta lintera
famiglia: donne e uomini. La sfera pubblica risulta intrecciata con quella domestica
e privata. Attraverso le vicende di queste famiglie di patrioti si pu constatare
come le relazioni di genere connotino la storia del nostro Risorgimento e i Ricordi
di Enrichetta Carafa DAndria si presentano come una storia di genere del lungo
Ottocento italiano.
Io purtroppo! non mi sentivo lanima eroica
I Ricordi frmati da Enrichetta Carafa si dilatano dallesperienza personale a quella
familiare intrecciandosi con eventi e fatti del Risorgimento italiano: dalla rivolu-
zione partenopea alla Grande Guerra. Enrichetta cuce i racconti a lei narrati con
i suoi ricordi. Gran parte del suo scritto infatti raccoglie aneddoti e vicende tratte
da fonti orali: la nonna Enrichetta, la madre Calliope e il padre Antonio. Le sue
memorie assolvono a un duplice ruolo:
54 BNN, Carte Ranieri, B 51/342, Lettera di Enrichetta Ranieri Ferrigni ad Antonio Ranieri, Na-
poli 3 Dicembre [s. a.].
55 Romanelli, R. LItalia liberale. 1861-1900, Bologna, Il Mulino, 1979, pp. 186-187.
56 BNN, Carte Ranieri, B 46/112, Lettera di Enrichetta Ranieri Ferrigni ad Antonio Ranieri, Napoli
[1869].
57 Fruci, G.L. Cittadine senza cittadinanza. La mobilitazione femminile nei plebisciti del Risorgi-
mento (1848-1870), in Genesis, V/2, 2006, pp. 21-55.
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2. Militanza, identit e memoria in una famiglia napoletana di patrioti
celebrare lonore patriottico della sua famiglia
trasmettere ai nipoti e alle future generazioni modelli comportamentali.
I Ricordi di Enrichetta non hanno il fne manzoniano del narrar se stessi
58
, ma
delineano un racconto familiare nel periodo storico del Risorgimento. Enrichet-
ta colloca la storia familiare nellambito della storia nazionale. La sua rilettura del
Risorgimento avviene alla luce del vissuto della propria famiglia e di una fazione
importante della nazione: la corrente liberale. Lopera si chiude con limmagine di
Enrichetta anziana: una nonna che aspira a diventare bisnonna
59
. Appare cos
chiara la seconda funzione che Enrichetta vuole assolvere: conservare e tramandare
la memoria familiare ai propri discendenti. Lautrice si presenta come anello di con-
giunzione tra le generazioni passate e quelle future. In primo luogo come depositaria
delle memorie familiari, cerca di salvare queste ultime dalloblio. In secondo luogo
come educatrice delle generazioni successive, propone paradigmi comportamentali
di fgure, in particolare femminili, che hanno lottato per la libert.
Durante il periodo del nation building la presenza di donne risulta molto atti-
va nella sfera pubblica: il modello di madre incarna valori quali abnegazione di s,
sostegno ai mariti e ai fgli, patriottismo. La Grande Guerra chieder una missione
ancora pi grande: il sacrifcio diventer maggiore poich si inviteranno le donne
a non ostacolare la partenza di fgli e/o di mariti
60
.
Enrichetta riconosce il suo ruolo di custode delle memorie familiari: alle madri
patriottiche af dato il compito di educare i fgli e i nipoti alla patria. Per assolvere
questa missione, Enrichetta propone uomini e donne della propria famiglia come
modelli di sacrifcio e di lotta
61
. Fornisce inoltre unimmagine di moglie e di madre
che rispecchia le esigenze coeve. Il sacrifcio al quale chiamata allo scoppio delle
guerre le impone di non mostrare alcuna soferenza sul proprio volto
62
.
Se Riccardo riassapora lebbrezza della guerra che ha vissuto negli anni passati,
Enrichetta sofoca le sue inquietudini sotto una fttizia tranquillit. Allallegria del
marito che prepara i bagagli si contrappone il dolore della moglie. Il cuore [le]
58 Betri, M.L.; Maldini Chiarito, D. (a cura di) Scritture di desiderio e di ricordo. Autobiografe, diari,
memorie tra Settecento e Novecento, Milano, FrancoAngeli, 2002.
59 Carafa DAndria, E. Ricordi forentini, romani, napoletani, in Fiorentino, G. (a cura di) Ricordi
napoletani. Uomini, scene, tradizioni antiche 1850-1920, Napoli, Electa, 1991, p. 64.
60 Cfr. Guidi, L. Un nazionalismo declinato al femminile. 1914-1918, in Guidi, L. (a cura di)
Vivere la guerra. Percorsi biografci e ruoli di genere tra Risorgimento e primo confitto mondiale, Napoli,
ClioPress, 2007, pp. 93-118.
61 Porciani, I. Storiche italiane e storia nazionale, in Palazzi, M.; Porciani, I. (a cura di) Storiche
di ieri e di oggi. Dalle autrici dellOttocento alle riviste di storia delle donne, Roma, Viella, 2004, pp.
51-66.
62 Carafa DAndria, E. Ricordi forentini, romani, napoletani, in Ricordi napoletani cit., p. 61.
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Capitolo 5. Modelli di genere e iniziativa femminile nella costruzione dellItalia unita
si stringeva, ma non contrasta le decisioni prese
63
. Alla donna non si chiede che
di tacere. Limpossibilit di dar voce al proprio stato danimo dettata da un
senso di pudore nellesprimere il proprio dolore personale, che appare poca cosa
di fronte a quello di migliaia di mogli e di madri
64
.
Il patriottismo della madre risorgimentale acquista dunque una nuova ve-
ste. La donna partecipa alla vita pubblica non pi soltanto ricamando bandiere
ma addirittura sacrifcando il proprio fglio alla patria
65
. Enrichetta Ranieri cuce
bandiere, presenzia alle riunioni liberali nel salotto di casa, rende salva la vita del
marito fervente patriota , coinvolge altre donne in attivit di propaganda. Sua
nipote, come chiede la retorica del tempo, sacrifca il marito e il fglio
66
.
Una trasmissione dunque di valori patriottici: da madre a fglia
67
di una cate-
na genealogica che coinvolge donne e uomini. Il valore della patria, lonore della
nazione
68
viaggiano attraverso il flo di una memoria non solo maschile, ma so-
prattutto femminile.
Com caro ricordare, e amar sempre, e mantener viva la memoria
di chi merita di essere onorato dai posteri!
Allindomani dellUnit si avvia un discorso di sacralizzazione politica col quale si
vuole dimostrare e ricordare il sacrifcio adempiuto dagli eroi del Risorgimento:
molte scrittrici raccolgono le memorie degli eroi del processo risorgimentale. Nel
fondo Antonio Ranieri
69
ci simbatte in uninteressante fgura femminile: Cesira
Pozzolini Siciliani, salonnire e scrittrice forentina
70
.
63 Ivi, p. 62.
64 Gibelli, A. Lof cina della guerra, Torino, Bollati Boringhieri, 2007.
65 Porciani, I. La festa della nazione. Rappresentazione dello Stato e spazi sociali nellItalia unita,
Bologna, Il Mulino, 1997, p. 93.
66 Il fglio di Enrichetta parte nella primavera del 1915 in qualit di sotto-tenente di cavalleria.
Carafa DAndria, E. Ricordi forentini cit., pp. 61-62.
67 Rascaglia, M. Da madre a fglia: percorsi ottocenteschi del sapere di genere, in Guidi, L. (a cura
di) Scritture femminili e Storia, Napoli, ClioPress, 2004, pp. 173-190.
68 Cfr. Banti, A.M. Lonore della nazione. Identit sessuali e violenza nel nazionalismo europeo dal
XVIII secolo alla Grande Guerra, Torino, Einaudi, 2005.
69 Il fondo conservato presso la Sezione Manoscritti e Rari della Biblioteca Nazionale di Napoli,
formato da circa centocinquantamila pezzi e diviso in centocinquanta buste, si presenta come un
vasto archivio privato nel quale il notabile raccoglie documenti e scritti che ricoprono un lungo arco
cronologico, dagli anni Venti agli anni Ottanta dellOttocento.
70 Delle lettere di Cesira conservate presso la Sezione Manoscritti della Biblioteca Nazionale di Na-
poli, la prima, in ordine cronologico, datata Firenze 3 Maggio 1879 e lultima Firenze 15 Marzo
1887. Sulla fgura di Cesira cfr. Signorini, M.A.; Visconti, A. Il salotto di Gesualda e Cesira
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2. Militanza, identit e memoria in una famiglia napoletana di patrioti
Nel 1879 Cesira avvia il suo colloquio epistolare con Antonio Ranieri per
intercessione di Atto Vannucci. Le prime lettere che Cesira e Antonio si scrivono
afrontano tematiche letterarie. Nel 1880, Cesira d notizia della pubblicazione
della sua opera Napoli e dintorni. Impressioni e ricordi. Lopera si chiude con il ca-
pitolo Una visita a Luigi Settembrini. Il viaggio a Napoli non sembra motivato
solo dallinteresse di conoscere una citt ricca di storia e di arte, ma soprattutto
dalla possibilit di incontrare alcuni dei martiri del nostro Risorgimento, tra i
quali Luigi Settembrini
71
.
Una sincera venerazione per i patrioti italiani spinge la scrittrice a entrare in
contatto con illustri protagonisti del processo di nazionalizzazione italiana, quali
Antonio Ranieri e Atto Vannucci. Alla morte di questultimo, il desiderio di Cesi-
ra di raccogliere tutte le lettere chegli ha scritto o ricevuto rientra nel progetto di
dar spazio nel martirologio italiano a quanti si sono segnalati per il loro eroismo.
Depositaria delle memorie di Atto Vannucci che le ha lasciato in eredit tutte
le lettere ancora una volta una donna viene additata come perfetta custode di
memorie storiche Cesira si adopera con fervente zelo a catalogare lintera corri-
spondenza. Alcune lettere le pubblica per qualche giornale: in particolare una che
risveglia gli animi patriottici, nella quale Atto Vannucci narra a Teresa Kramer
alcuni momenti signifcativi del processo di unifcazione. Pagine della storia italia-
na elaborate dagli stessi protagonisti si ofrono come testimonianze della parteci-
pazione di massa al Risorgimento. Le parole di questi eroi vanno quindi, secondo
Cesira, non solo raccolte e custodite, ma anche divulgate af nch la memoria del
passato proponga modelli alle generazioni future.
La fgura di Cesira emerge dallo scambio epistolare con Antonio Ranieri in
qualit di storica. Attraverso la sua attivit salva dalloblio unulteriore testimo-
nianza della storia del nostro Paese e d voce al Risorgimento. Inoltre Cesira par-
tecipa, negli anni postunitari, a quel processo di creazione di una religione politica
che vuole ofrire paradigmi comportamentali proponendo tutti gli eroi che nel
Risorgimento hanno sacrifcato la propria vita per la libert dellItalia.
Gli scritti di Enrichetta Carafa e Cesira Siciliani mostrano che in Italia la
narrazione dei fatti avviene anche per mano democratica e coinvolge le donne.
Il riordino delle memorie degli eroi e dei martiri dellUnit avviene attraverso
un lavoro di cura femminile
72
. Entrambe le storiche pervengono al medesimo
fne: costruire la memoria storica nazionale e tramandarla alle future generazioni.
Pozzolini nella Firenze del 1859 in Betri, M.L.; Brambilla, E. (a cura di) Salotti e ruolo femminile in
Italia tra fne Seicento e primo Novecento, Venezia, Marsilio, 2004, pp. 381-403.
71 Pozzolini, C. Napoli e dintorni. Impressioni e ricordi, Napoli, Morano, 1880, pp. 299-300.
72 Porciani, I. Disciplinamento nazionale e modelli domestici nel lungo Ottocento: Germania e
Italia a confronto, in Storia dItalia cit., pp. 97-125.
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Capitolo 5. Modelli di genere e iniziativa femminile nella costruzione dellItalia unita
Ancora una volta le donne, escluse dal mondo pubblico, cittadine a met, ma
tuttavia mogli e madri, viaggiatrici e scrittrici, assolvono il ruolo di raccogliere le
vestigia del passato. Sono loro che tutelano lonore maschile e quello femminile
dal mondo delloblio.
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3. Il Mezzogiorno e la Questione meridionale
negli scritti di Cristina Trivulzio di Belgiojoso
Karoline Rrig
Cristina Trivulzio di Belgiojoso (1808-1871) nata, cresciuta e per lunghi periodi
della sua esistenza anche residente a Milano
73
, era una donna del nord. Non co-
nosceva molto bene il Mezzogiorno e i suoi problemi, o comunque solo attraverso
esperienze personali. Solo due volte si rec nel sud dItalia: la prima nel 1829 dopo
la separazione dal marito, principe Emilio di Belgiojoso, per le cure a Ischia. Il
secondo soggiorno fu determinato dal Quarantotto: da inizio febbraio fno a fne
marzo di quellanno fu a Napoli, impegnata come giornalista, consulente politi-
ca e coordinatrice della spedizione militare di un gruppo di volontari napoletani
determinati a combattere nella guerra di liberazione nel Nord. Una storiografa
piuttosto romanzesca ha ricordato come la principessa a capo di questo gruppo
part per Milano dove furono accolti e festeggiati con entusiasmo. Pi importante
tuttavia ricordare che questo secondo soggiorno e il contatto personale e diretto
con la vita e la popolazione di Napoli lasciarono una forte impronta sulla sua
visione del Mezzogiorno.
Le descrizioni e analisi dellItalia meridionale di Cristina di Belgiojoso si ba-
sarono, oltre che su queste esperienze e osservazioni personali, maggiormente su
cose udite o su letture. Troviamo quindi nei suoi scritti molti clich e stereoti-
pi difusi allepoca nellopinione pubblica europea, come il Lazzarone barbaro e
nullafacente o il brigante cattivo. Tra gli amici e i colleghi della principessa vi
73 Per una bibliografa ampia e attuale su questo personaggio cfr. Introduzione in Fugazza, M.;
Rrig, K. (a cura di) La prima donna dItalia. Cristina Trivulzio di Belgiojoso tra politica e giorna-
lismo, Milano, FrancoAngeli, 2010.
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Capitolo 5. Modelli di genere e iniziativa femminile nella costruzione dellItalia unita
erano per anche persone originarie del sud come Giuseppe Massari (Taranto)
o Antonio Ranieri (Napoli) con le quali, discorrendo o corrispondendo, poteva
trattare la situazione attuale del Mezzogiorno, la sua storia e la sua cultura. Grazie
a queste conversazioni e scambi di idee con persone ben informate e testimoni
oculari, riusc ad approfondire ulteriormente le sue conoscenze, sviluppando una
consapevolezza profonda della mentalit meridionale e sui problemi del sud, sulle
loro radici, sulle dinamiche e sulle connessioni.
Nonostante questa sua sensibilit e il suo indubbio interesse, se analizziamo
linsieme dei suoi scritti appare chiaro che Cristina di Belgiojoso non dedic mol-
to spesso la sua attenzione allargomento. Nessuna delle sue monografe gi di
per s non numerose e solo pochi articoli redatti per la stampa erano dedicati al
meridione. Il corpus di testi da esaminare perci assai ristretto: si tratta di alcuni
capoversi di una serie di articoli del 1846 comparsi sulla rivista parigina LAusonio,
fondata e diretta dalla principessa, e intitolati Sullo stato attuale dellItalia
74
,
dellopuscolo Ai suoi concittadini. Parole pubblicato nella primavera del 1848 a
Milano
75
, qualche articolo degli anni 1860 e 1862 per il giornale italo-francese
LItalie. Journal politique quotidien
76
e alcuni brani delle Osservazioni sullo stato
attuale dellItalia e del suo avvenire del 1868
77
. Oltre a questi scritti di interesse
qualche articolo non frmato, apparso sempre sulla rivista LAusonio tra il 1846 e
il 1848
78
. poco probabile che fossero scritti dalla Belgiojoso, ma si pu partire
74 Questa serie comprendeva in tutto quattro articoli, non recanti alcun titolo particolare, tranne lul-
timo: art. I, in LAusonio, vol. I, n. 1, 1846, pp. 5-20; art. II, ibidem, vol. I, n. 2, 1846, pp. 77-87;
art. III, ibidem, vol. I, n. 3, pp. 161-180; art. IV (Condizione del basso popolo dellItalia superiore),
ibidem, vol. I, n. 4, pp. 241-255.
75 Trivulzio, C. Ai suoi concittadini. Parole, opuscolo in due parti: parte I, Milano, Tipografa Valen-
tini, 1848, parte II, Milano, tipografa Luigi di Giacomo Pirola, 1848. Riprodotto in Fugazza, M.;
Rrig, K. (a cura di) Cristina Trivulzio di Belgiojoso tra politica e giornalismo cit. Essendo il nostro
volume ancora in corso di pubblicazione allatto di scrivere questo testo, cito qui dalloriginale.
76 Giornale fondato a Milano nel 1860 da Constant Victor Jaccottet. C.di Belgiojoso collaborava con
LItalie dal 1860 al 1865. Cfr. Rrig, K. Cooperare al progresso de veri principii di libert, di in-
dipendenza e di nazionalit. Professione e prassi giornalistica di Cristina Trivulzio di Belgiojoso, in
Conti Odorisio, G.; Giorcelli, C.; Monsagrati, G. (a cura di) Cristina di Belgiojoso. Politica e cultura
nellEuropa dellOttocento, Napoli, Lofredo Editore, 2010.
77 Trivulzio di Belgiojoso, C. Osservazioni sullo stato attuale dellItalia e sul suo avvenire, Milano,
Vallardi, 1868.
78 Della odierna moralit politica delle Due-Sicilie, articolo in quattro parti: art. I, in LAusonio,
vol. III, n. 15, 1847, pp. 17-29; art. II, ibidem, vol. III, n. 16, 1847, pp. 97-114; art. III, ibidem, vol.
III, n. 17, pp. 209-221; art. IV, ibidem, vol. III, n. 18, 1847, pp. 289-304. Larticolo reca la frma
S.D., ma fnora non stato possibile identifcare con certezza lauthorship. Franco Della Peruta lo
attribuiva a Giuseppe De Simone, cfr. Id., Il giornalismo dal 1847 allunit, in Galante Garrone,
A.; Della Peruta, F. La stampa italiana del Risorgimento, in Castronovo, V.; Tranfaglia, N. (a cura di)
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3. Il Mezzogiorno e la Questione meridionale negli scritti di Cristina Trivulzio di Belgiojoso
dal presupposto che siano stati sottoposti al suo vaglio, perch abitualmente tutti
gli articoli proposti alla redazione dovevano essere sottoposti al giudizio della di-
rettrice della rivista per ottenere il suo consenso e il permesso alla pubblicazione.
Da questi testi, che qui per motivi di spazio non possono essere analizzati per
esteso, sorge unimmagine del Mezzogiorno coniata su giudizi e stereotipi molto
difusi allepoca, ma questo non stupisce afatto. Sin dagli studi di Nelson Moe
e Marta Petrusewicz, risalenti alla fne degli anni Novanta, si parla del carattere
composito e complesso della Questione Meridionale, che viene concepita come
una rappresentazione costruita, una costruzione dellimmaginario, il cui signif-
cato cangiante e dipende dal punto di vista dellosservatore, al di l dei fatti
79
.
Condizioni economiche e sociali diverse, ragionamenti politici pi vari, esperienze
e interessi personali, tutto poteva infuenzare il discorso sul Meridione e determi-
nare immagini e giudizi. Cristina di Belgiojoso e i suoi scritti sinseriscono perfet-
tamente in questo quadro. Come scrittrice e giornalista assai celebre (e non meno
contestata) partecip anche se non in prima linea, dato che scelse altri focus nel
suo operare propagandistico e politico alla costruzione e divulgazione dellim-
maginario del Sud.
In questo contesto importante ricordare che, a esclusione delle Parole del
1848, tutti i suoi scritti sopra segnalati venivano pubblicati e distribuiti in Francia
e alcuni di essi, come gli articoli per LItalie o le Osservazioni, anche in lingua
francese
80
. Anche se sappiamo ancora poco sulla ricezione delle opere della Bel-
giojoso in Francia, possiamo ipotizzare che infuenzassero notevolmente lidea che
il pubblico francese si faceva dellItalia. Parlando del rapporto della Belgiojoso con
la Francia dobbiamo ricordare inoltre che la principessa, esiliata a Parigi nel 1831,
visse bench non ininterrottamente quasi la met della sua vita nella capitale
francese, ed fuori dubbio che questo infuenz il suo scrivere sullItalia. Cristina
Trivulzio non era semplicemente una donna del nord, ma per modi di pensare
Storia della stampa italiana, vol. II, Roma, Bari, Laterza, 1978, pp. 247-542, p. 251.
Tra settembre 1847 e febbraio 1848 in una rubrica intitolata Histoire contemporaine LAusonio
pubblicava regolarmente contributi dedicati agli eventi e sviluppi attuali nel Royaume des Deux
Siciles. Di particolare interesse il contributo dellottobre 1847 che rispetto alle altre cronache pi
analitico. Ibidem, vol. IV, n. 5, 1847, pp. 140-151.
Altrettanto interessante e simile nelle sue argomentazioni un articolo in due parti intitolato Dernire
insurrection des Deux Siciles, ibidem, vol. IV, n. 11, 1847, pp. 358-360; n. 12, 1847, pp. 361-373.
79 Cfr. Petrusewicz, M. Come il Meridione divenne una questione. Rappresentazioni del sud prima e
dopo il Quarantotto, Soveria Mannelli (Catanzaro), Rubbettino, 1998, Introduzione, p. 13; Moe,
N. Representing the south in post-unifcation Italy, 1860-1880, Baltimore, Md., John Hopkins Univ.,
Diss., 1994.
80 Trivulce de Belgiojoso, C. Rfexions sur ltat actuel de lItalie et sur son avenir, Paris, A. Lacroix
Verboeckhoven et C.ie, 1869.
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Capitolo 5. Modelli di genere e iniziativa femminile nella costruzione dellItalia unita
e di scrivere anche una dama francese. Lo confermava lei stessa in una lettera a
Niccol Tommaseo: Ho cominciato a pensare, a studiare, a fare in Francia. Ivi
la mia qualunque siasi mente ha principato a ricevere, a custodire, a produrre
81
.
Bench fosse una patriota italianissima, in momenti cruciali della sua lotta
politica, quando si sentiva mal compresa, difamata o attaccata, questa sua duplice
identit come Italiana e Francese par choix le serviva come scudo e la aiutava nel
prendere le distanze dai suoi connazionali, non solo dai meridionali, ma anche dai
settentrionali. Lo vediamo nelle sue ripetute critiche alla mentalit municipalista
degli Italiani e delle lotte partitiche tra di loro, nei suoi incessanti appelli alla coe-
sione nazionale e al senso comune. In tali polemiche la principessa assumeva spesso
molteplici ruoli: a volte impersonava lItaliana remissiva e disponibile a collaborare
con i suoi connazionali per rimediare ai malanni accumulatisi in pi secoli di do-
minazione straniera e di cattiva amministrazione e per istaurare un nuovo Stato na-
zionale e un governo legittimo e probo; in altre occasioni invece, sopratutto quando
voleva sottolineare i guai e le debolezze del suo popolo, si comportava come osserva-
trice straniera, una straniera in patria, supponendo di stare al di sopra delle parti,
di guardare le cose italiane con occhio spassionato e di avere quindi giudizi meno
parziali e pi autorevoli rispetto agli italiani, soprattutto quelli rimasti in patria, che,
secondo lei, si stavano esaurendo con le loro liti e invidie.
Questo gioco con ruoli diversi, questo alternante schierarsi con o contro gli
Italiani tipico della produzione politico-propagandistica di Cristina Trivulzio di
Belgiojoso e lo troviamo anche nel suo discorso sul Meridione. indubbio che
nelle sue descrizioni del Mezzogiorno e nei suoi giudizi sulla sua societ non si
distingueva molto dal discorso predominante condannava il malgoverno dei
Borbone e i mali caratteristici della societ meridionale come il clientelismo,
unamministrazione disorganizzata e inef cace, gli abusi di potere e la corruzione;
stigmatizzava laristocrazia meridionale come oziosa, egoista, amorale, esausta e
incapace di adempiere a responsabilit di governo; sulla nobilt napoletana espri-
meva spesso giudizi totalmente negativi:
Dessa non ricevette alcuna educazione, n istruzione politica; non in relazione
cogli uomini di Stato delle nazioni estere; non legge di queste nazioni n i fogli
quotidiani, n i libri, n gli opuscoli; non medit sulle gravi questioni che inte-
ressano lesistenza politica dei popoli, i loro diritti, i loro doveri, ma nacque nel
lusso, crebbe nellozio, vive nellignoranza e nel godimento dignobili piaceri
82
.
81 C. Belgiojoso a Niccol Tommaseo, Locate, 3 gennaio 1842. Biblioteca Nazionale di Firenze,
Carte Tommaseo, 54,20, no. 11.
82 Trivulzio, C. Ai suoi concittadini. Parole cit., fascicolo 2, pp. 18-19.
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3. Il Mezzogiorno e la Questione meridionale negli scritti di Cristina Trivulzio di Belgiojoso
Accusava i possidenti delle campagne di essere frivoli, viziosi, nullafacenti
e boriosi, e di sfruttare in modo sfacciato i contadini, che a loro volta sarebbero
stati completamente rozzi, ignoranti e succubi dei loro padroni; con una certa
simpatia considerava invece i Lazzari, che aveva avuto occasione di conoscere e
studiare personalmente nel 1848, e che venivano rappresentati come selvaggi,
completamente ignoranti, ma intelligenti e simpatici: Chi non conosce quella
razza strana e direi quasi misteriosa che viene distinta col signifcante nome di
Lazzari? Razza che vive nel mezzo della civilt come vivrebbe in mezzo a boschi
deserti. N il vestire, n labitare in case, n il raccogliersi in famiglie, n alcuno
di quei costumi che costituiscono il primo stadio della civilt, non furono dai
Lazzari adottati
83
.
Ventanni dopo, nelle Osservazioni, constatava che il tipo Lazzarone era spa-
rito quasi completamente dalle strade napoletane e che il popolo napoletano si
comportava molto civilmente: Desso ha accettato le leggi, i regolamenti, le istitu-
zioni, i decreti che gli furono imposti, sottomettendosi al peso e agli inconvenienti
degli uni, e cavando vantaggi da altri con una spontanea docilit, e una costante
prudenza che da lui non si aspettava
84
.
Con queste descrizioni e giudizi, davvero poco lusinghieri, Cristina di Bel-
giojoso appare palesemente come una donna del Nord che non ha grande consi-
derazione dei meridionali; daltro canto la sua duplice identit, il suo essere stra-
niera in patria, la induceva a intrecciare nei suoi pareri anche floni di critica nei
confronti dei Settentrionali i quali non concepiva certo come cittadini perfetti.
Anzi, non risparmi mai nei loro confronti critiche altrettanto aspre. Parlando
dei difetti dei meridionali e della loro societ intendeva quindi ricordare ai suoi
connazionali le loro imperfezioni e i loro compiti. Nelle sue Osservazioni del 1868
lanciava per esempio il seguente appello: Ora spetta a tutti coloro che si sentono
superiori alle basse passioni del volgo e capaci di cooperare fosse pure menoma-
mente alla riforma di uno stato sociale cos miserabile e vergognoso, il concertarsi
fra di essi, e il dedicarsi a s nobile e cosi sacrosanta impresa
85
.
Nelson Moe ha sottolineato giustamente che il discorso sullunit italiana
coesisteva con un discorso sulla disunit, of which the persistent articulation of
southern Italys diference was a central feature, ma, come vorrei evidenziare, non
era lunico elemento distintivo
86
. Si gi detto che Cristina Trivulzio nellinsieme
della sua produzione non ha prestato molta attenzione alla Questione meridiona-
83 Ivi, p. 17
84 Trivulzio di Belgiojoso, C. Osservazioni cit., p. 12.
85 Ivi, p. 20.
86 Cfr. Moe, N. Representing the south cit., p. 72.
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Capitolo 5. Modelli di genere e iniziativa femminile nella costruzione dellItalia unita
le, ma quando ne parla sembra farlo quasi pi come spunto per criticare i cittadini
del nord, che per degradare i meridionali. Il suo discorso sulla disunit, ovvero il
suo parlare del Meridione, si colloca quindi prevalentemente come discorso mora-
le nel quale distinguere tra italiani buoni o cattivi.
Gli articoli pubblicati sul giornale italo-francese LItalie in questo senso sono
signifcativi. In pi articoli dellautunno 1860, per esempio, la principessa discusse
della Spedizione dei Mille, criticando aspramente liniziativa dei Garibaldini per-
ch era convinta che mescolando obiettivi politici con richieste sociali si metteva
a rischio lUnit dItalia
87
. La Belgiojoso, favorevole a riforme sociali sin dai suoi
primi contatti con il mondo e il pensiero socialista degli anni Trenta a Parigi
88
, non
dubitava che le richieste dei repubblicani fossero legittime; ma era dellavviso che
prima si dovesse risolvere la questione politica e realizzare lunifcazione del paese
e poi afrontare la questione sociale con la dovuta attenzione e maggior ef cacia.
Rimproverava a Garibaldi e ai suoi di arrter llan national et politique, di far
perdre un temps prcieux e di seminare des germes de discordes. In questo
caso la parte dei cattivi era quindi attribuita ai repubblicani, mentre a Nous au-
tres Italiens era riservata quella dei bravi e buoni. Di conseguenza, la Belgiojoso
giudicava cosa giustissima che il governo italiano, rappresentante e custode degli
Italiani buoni, intervenisse energicamente per fermare la Spedizione
89
.
Dopo il plebiscito del 21 ottobre la giornalista si mostr soddisfatta, ma an-
che preoccupata delladesione, dubitando che i Napoletani, cosi come tutti i me-
ridionali, potessero cambiare improvvisamente e superare i loro difetti. Avvertiva
la possibilit che lannexion de cette partie de lItalie nous sera plutt une charge
quune acquisition. Riscrivendo i suoi lavori sul Quarantotto, present di nuovo
la teoria secondo la quale i Napoletani, non importa di quale classe sociale, non
erano suf cientemente preparati ed educati per afrontare una qualsiasi respon-
sabilit politica. Secondo lei, non si poteva aspettare di trovare in essi ce dvou-
ement infatigable au succs dune ide, ce bon sens pratique, cette modration,
cette conscience, ce respect pour tout droit et toute justice, cette parfaite entente
des questions les plus compliques, cet abandon des intrts individuels, des habi-
tudes et des agrments de la vie
90
.
87 Sul suo rapporto con Garibaldi vedi la voce Cristina Trivulzio di Belgiojoso di Karoline Rrig in
Dizionario delle interpretazioni di Giuseppe Garibaldi, a cura di Lauro Rossi, in corso di pubblicazione.
88 Cfr. Santonastaso, G. Il socialismo fourierista di Cristina di Belgiojoso, in Rivista Internazionale
di Filosofa politica e sociale, fasc. II, aprile-giugno, 1963, pp. 126-137; con ulteriori riferimenti bi-
bliografci Proia, G. Les paysans de la Lombardie e il pensiero sociale di Cristina di Belgiojoso, in
Fugazza, M.; Rrig, K. (a cura di) Cristina Trivulzio di Belgiojoso tra politica e giornalismo cit.
89 LItalie: Journal politique quotidien, 3 ottobre 1860.
90 Ivi, 4 dicembre 1860.
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3. Il Mezzogiorno e la Questione meridionale negli scritti di Cristina Trivulzio di Belgiojoso
Pregi, questi, che caratterizzavano invece gli altri Italiani, i buoni cittadini, e
che li avevano resi capables de mener bon terme daussi dif ciles entreprises
come la liberazione e lunifcazione dItalia.
A dispetto delle critiche, negli articoli per LItalie Cristina di Belgiojoso dimo-
strava tuttavia pi comprensione per i meridionali di quanto facesse prima. Que-
sto cambiamento era lefetto di una maturazione del suo pensiero avviatasi dopo
il 1860, quando con lo scioglimento del Regno delle due Sicilie si cominciavano
a conoscere le efettive dimensioni del decadimento della societ meridionale. Da
allora la Belgiojoso non solo dedic pi attenzione alla Questione meridionale, ma
vi fece ricorso pi spesso e pi abilmente come strumento di educazione civica per
tutti gli Italiani. Sottolineava per esempio: La faute nen est pas ce peuple, digne
dun meilleur sort, mais au gouvernement oppresseur et corrupteur qui [] le
maintint dans une crasse ignorance, dans une immoralit quon pouvait qualifer
dinnocente tant elle est involontaire
91
. Present i meridionali come vittime e
bisognosi di aiuto: gli italiani del Nord, nel loro insieme non meno pieni di difetti
e altrettanto sotto accusa, erano sollecitati a superare i loro pregiudizi e ad aiutare
i loro fratelli a trovare la strada delle virt civiche e del senso comune, dando il
buon esempio e attuando una politica di sviluppo adeguata per il Mezzogiorno,
provvedendo innanzitutto alla creazione di scuole e di infrastrutture.
Rifessi delle dif colt immense di questa collaborazione tra Settentrionali e
Meridionali nellindividuare insieme i principi fondamentali della coesione na-
zionale si trovano in altri contributi per LItalie e anche nelle Osservazioni del
1868. Cristina di Belgiojoso avvertiva i limiti dellavvicinamento tra Nord e Sud
e sicuramente anche quelli dellef cacia del suo discorso di educazione civica, ma
secondo lei non cera alternativa. Fedele a un suo progetto politico propagandi-
stico pi ampio, nel quale la Questione meridionale ricopriva appunto solo una
piccola parte, e come abbiamo visto con signifcati mutevoli, continu lanciare il
suo incessante appello allunione e alla concordia tra tutti gli Italiani:
Cessiamo una volta dallo scambiare fra di noi accuse, sospetti e rimproveri; ma
risolviamo invece unanimi e concordi di conservare i beni conquistati, educando
noi stessi e il popolo ad accrescerli sempre pi, e a trarne quei vantaggi materiali e
morali, che simili beni producono alle nazioni che gi da molti anni ne godono,
e che sanno giustamente apprezzarli
92
.
91 Ibidem.
92 Trivulzio di Belgiojoso, C. Osservazioni cit., p. 147.
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4. Sport e ginnastica nella costruzione
degli italiani, tra modelli di estetica femminile
e di educazione sica maschile.
Francesco Muollo
1. Nascita del movimento ginnico nellItalia risorgimentale
Fra Sette e Ottocento, il corpo assume un ruolo fondamentale nellambito dei
processi di trasformazione economica, politica e culturale. A seguito delle nuove
conoscenze scientifche nei campi della biologia, della fsiologia e della medicina
si verifca infatti una nuova utilizzazione sociale del corpo, la cui rivalutazione
assume una rilevanza culturale che tende a permeare lintera societ. Il corpo, una
volta rozzo e vilipeso, viene visto come fattore di modernit e di progresso. Ele-
mento fondamentale di questa nuova attenzione il formarsi di una rete di inizia-
tive, prima culturali e propositive, poi anche organizzative, inizialmente costituite
da singole individualit carismatiche presenti nei gangli dei vari Paesi europei e,
successivamente, da strutture associative che si potenzieranno nel tempo fno a
divenire substrato sistemico per le istituzioni
Nella prima met dellOttocento la ginnastica comincia a legarsi saldamente
con le vicende storiche e politiche di diversi Paesi europei. Le associazioni gin-
niche assumono signifcati diversi in Germania, Italia, Francia, Svizzera, ma in
ciascuno di questi Paesi trovano la loro idea di base nel culto della nazione. Cos
in Italia e in Germania la ginnastica funzionale alle lotte per lunifcazione, in
Francia acquista importanza dopo la sconftta di Sedan (1870), in Svizzera ne-
cessaria per garantire la sicurezza del Paese. Nazionalismo, militarismo, ideologia,
politica imperialista sono i cardini sui quali nasce e si sviluppa lo sport moderno.
Molto diverso invece il signifcato dallattivit fsica nel modello britannico. Qui
essa assume un carattere sportivo, diventa un momento di gioco che risponde a un
bisogno di esercizio fsico in un Paese dove non obbligatorio il servizio militare.
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Capitolo 5. Modelli di genere e iniziativa femminile nella costruzione dellItalia unita
Interessante anche il ruolo delleducazione fsica in Svezia, dove risponde soprat-
tutto a esigenze igienico-sanitarie.
La vicenda della ginnastica, gi fortemente intrecciata con la storia europea del-
le rivendicazioni nazionali, anche nel nuovo Regno dItalia rivela uno strettissimo
legame con lideologia risorgimentale, mentre la questione nazionale inseparabile
dalla formazione dei primi nuclei associativi ginnastici. La nuova classe dirigente
aveva af dato alla ginnastica il patrimonio dei valori per la vita e per la guerra,
che dovevano presidiare la formazione del cittadino soldato
93
. La ginnastica educa-
tiva, nella sua genesi e nelle sue aspirazioni, fu quindi strettamente legata agli ideali
risorgimentali e patriottici di costruzione di un nuovo stato nazionale per il quale
occorrevano, sia sotto il proflo del consolidamento interno, che sotto quello della
difesa esterna, uomini sani, energici, valorosi, saldi nello spirito e nel corpo.
Questo ci permette di aprire una fnestra sul problema nazionalistico nelle pa-
lestre. Dai pochi studi fnora condotti sulle origini dellassociazionismo ginnastico
nellOttocento, su un aspetto bisogna fare chiarezza, ossia sulla stretta interdipen-
denza tra la questione nazionale e la fnalit del protonazionalismo sportivo.
Daltra parte limportanza dellattivit fsica traspare anche da alcune pagine dei
maggiori intellettuali italiani della prima met del secolo.
Nel suo Zibaldone, il 7 giugno 1820, Leopardi scrive:
Gli esercizi con cui gli antichi si procacciavano il vigore del corpo non erano
solamente utili alla guerra, o a eccitare lamor della gloria etc. [] Ed cosa gi
osservata che il vigor del corpo nuoce alle facolt intellettuali, e favorisce le im-
maginative, e per lo contrario limbecillit del corpo favorevolissima al rifettere,
(7 giugno 1820) e chi rifette non opera, e poco immagina, e le grandi illusioni
non son fatte per lui
94
.
Sulle pagine del Conciliatore, il primo agosto 1819, Silvio Pellico elogia la
capacit dello sport di agire sullautostima: nella sottolineatura di queste conno-
tazioni morali e civili si pu cogliere un velato invito agli italiani a reagire alla
dominazione austriaca
95
.
Analogamente Mazzini avverte limportanza di assumere lesercizio fsico tra
la giovent come parte del processo educativo.
Nel 1828 il letterato Nicol Tommaseo, per il quale ogni progetto sociale pas-
sa per la progettualit indipendentista e nazionale, ritiene che anche la ginnastica
educativa divenga un fattore di propulsione risorgimentale.
93 Papa, A. Coroginnica, Bari, Editore La Meridiana, 1992, p. 16.
94 Leopardi, G. Zibaldone, Milano, Ed. Mondadori, 1997, p. 59.
95 Pellico, S. Conciliatore, Milano, Foglio scientifco-letterario, Periodici economici, 1814-1914.
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4. Sport e ginnastica nella costruzione degli italiani
Il nesso tra sport, associazionismo ginnico e nazione viene ribadito da molti
intellettuali dellet liberale. Scrive un capitolo interessante della storia del Risor-
gimento dItalia chi scrive la storia delle societ ginnastiche. Cos Silvio Benco,
uno dei pi rappresentativi esponenti della cultura triestina del 1900, disegnava
il ruolo svolto dallassociazionismo ginnastico nel periodo risorgimentale. Italo
Calvino da parte sua, introducendo unopera di De Amicis del 1892, notava che
in quella la ginnastica soprattutto unideologia
96
. Si tratta di afermazioni che
chiariscono in modo ef cace il ruolo svolto dallassociazionismo ginnastico ne-
gli anni del secondo Ottocento. Vigore fsico e robustezza derivanti dallesercizio
ginnico sono il corredo di unideologia educativa ispirata agli ideali patriottici
97
.
I sentimenti patriottici non erano suf cienti senza una base fsica che potesse
contrastare i nemici della patria. Inoltre dalla lettura degli statuti si evince che la
difesa della patria, il miglioramento della condizione psico-fsica e il cittadino
soldato, sono concetti continuamente richiamati nel ribadire i compiti di co-
struzione nazionale, alla pari dellistruzione; uno scopo primario della ginnastica
era quello di abituare il corpo a sopportare i gravi disagi, privazione, senza avere
scompensi, fortifcandolo per il futuro
98
.
La ginnastica ottocentesca, come esercizio fsico non ancora intriso di ago-
nismo, un insieme di valori, di controlli posturali, di elaborazioni temporali e
spaziali dellatto, dimitazione gestuale, che esige una docilit del corpo, una sorta
di passivit volitiva. Leducazione fsica ancora sintassi obbligatoria tra corpo e
attrezzi, tra corpo e superfcie, tra comando ed esecuzione. Non ancora manife-
sto il rapporto tra addestramento e prestazione: leducazione ancora impegnata
nel controllare, nel normalizzare, piuttosto che nellottenere prestazioni. Tuttavia
lingenuo proposito di utilizzare lo sport come propedeutico per laccettazione
delle disuguaglianze nel disegno di una societ armoniosa si ribalta in una societ,
come quella del XIX secolo, segnata da profonde disuguaglianze sociali, che riser-
va ricompense solo ai pi bravi e ai privilegiati. Sotto questo aspetto la funzione
dello sport come positivo strumento di integrazione sociale pu fnire per ribaltar-
si anche in espediente negativo, in quanto utilizzabile anche per produrre coesioni
antidemocratiche, nazionalistiche, pronte alle rituali mobilitazioni mistiche intor-
no ai miti della grandezza nazionale, della razza o del partito.
Lo sport, insieme al cinema, stato il primo a riunire gomito a gomito gli
spettatori di tutte le classi sociali, urbane e cittadine, giovani e vecchi, spezzando
lunit delle culture arcaiche e locali per recuperarle in un nuovo universo di valo-
96 Pivato, S. Coroginnica, Roma-Bari, Editore La Meridianai, 1992, p. 32.
97 Societ ginnica di Trieste, Ed. Periodico, Trieste, 1920.
98 Kurschen, L. Convenienze ed utilit della ginnastica, in Mente sana in corpore sano, 16 marzo
1874.
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Capitolo 5. Modelli di genere e iniziativa femminile nella costruzione dellItalia unita
ri. Cos il linguaggio dello sport comunicazione tra le varie classi sociali che, se
da un lato getta le premesse di una maggiore interazione e identifcazione sociale,
favorendo linterclassismo dellemozione agonistica, dallaltro accentua la comu-
nicazione su temi neutrali e conformistici.
Leggi dellestetica e delleducazione sica. Lo sport femminile
come rappresentazione di una variabile del bello
Nella seconda met dellOttocento aumenta la consapevolezza della ginnastica per
la salute della donna, come mezzo per renderla pi resistente, forte e in grado di
assolvere al compito primario della maternit, parallelamente allo sviluppo delle
attivit ginnico-corporali maschili per fni esclusivamente militari. La ginnastica
diviene cos uno degli strumenti di formazione dei ruoli e delle identit di genere.
Con la Legge De Sanctis del 1878 si erano gettate le basi per la parifcazione
ginnica dei sessi, anche se rimanevano da superare delle riluttanze verso laspetto
femminile dellattivit. Lo sviluppo del corpo, maschile o femminile che sia, ri-
entra in un contesto storico dove Neoclassicismo (riscoperta moderna del corpo)
e Nazionalismo (utilizzazione del corpo come macchina bellica), fanno si che la
cura fsica non sia pi una ludica perdita di tempo fne a se stessa, ma che risulti
propedeutica a un fne superiore, il bene nazionale. La donna si arricchisce di
nuove funzioni sociali, non semplice angelo del focolare, ma pilastro familiare e
sostegno attivo al cittadino-soldato, in una comunit di fne secolo che ha bisogno
di tutte le sue componenti nelle sue mire di espansione e progresso. NellOttocen-
to europeo, in una concezione binaria dei ruoli di genere, luomo, parallelamente
a quanto avviene per la donna, deve essere in grado di assolvere ai suoi doveri di
marito e padre in un rapporto familiare la cui visibilit non si ferma tra le mura
di casa, ma diventa parte della sua immagine pubblica. Le convenzioni sociali e la
Legge intervengono a sanzionare i comportamenti contrari al modello canonico
di famiglia.
Sono gli anni in cui i moralisti gridano contro la decadenza dei costumi, che
in questo caso non implica un semplice cambiamento delle mode, ma include
una pi ampia messa in discussione dei campi di azione e delle prerogative sia del
maschile che del femminile. Cos facendo, viene ridefnita lidentit di uomini
e donne fno a giungere a quello che per la societ del tempo era un punto di
non ritorno: lattraversamento dei generi, che rompe la tradizionale dicotomia
tra sfera maschile e sfera femminile con la progressiva apertura dello sport al
sesso femminile. Lo spettacolo dello sforzo atletico, tradizionale esibizione della
virilit, testimonia il processo di una trasformazione antropologica della donna
nella nostra cultura. Penetrando in questo spazio ora ludico, ora agonistico, sep-
pure periferico ai grandi momenti della vita collettiva, le donne sembrano sottrarsi
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4. Sport e ginnastica nella costruzione degli italiani
agli obblighi e alle rappresentazioni abituali della femminilit, sperimentando un
diverso uso e valore del proprio corpo.
sorprendente il fatto che proprio nei templi della cultura maschile le pale-
stre e gli stadi sia stato superato per la prima volta il pregiudizio antifemminile;
ci si pu chiedere com stato possibile che proprio in questo contesto gli uomini
abbiano saputo rinunciare alle tradizioni che normavano lesibizione pubblica del
corpo femminile, o perch lo sport abbia accolto con notevole anticipo la nozione
della diversit e delluguaglianza della donna. Si comprende allora perch latleta
possa vedere con minor pregiudizio il corpo della donna atleta, riconoscendolo
come regolato da una comune natura in cui le somiglianze sono maggiori delle
diferenze. Esperienza che per altri versi ci fa capire, al tempo stesso, perch la
prevenzione razzistica sia poco rilevante come sentimento personale tra gli atleti, i
quali non conoscono quel misto di estraneazione e repellenza che la diversit fsica
provoca quando preceduta da una categorizzazione sociale negativa.
Se ne desume che, se mutiamo il contesto di esperienza, e quindi di conoscen-
za, vengono meno i giudizi che a tale contesto non appartengono. Allora la donna
atleta appare, come direbbe Simone de Beauvoir, non come un qualcosa di con-
trario delluomo, ma come luomo un essere umano qualsiasi
99
. Paradossalmente,
proprio nel tempio dei valori maschili, possibile vedere come il destino sociale
ottocentesco della donna sia pi segnato dalla convenzione che dalla struttura
fsica; venendo a essere chiaro che il corpo femminile non sia defnibile come cosa,
quanto come situazione e parte attiva della societ.
Dubitare della femminilit della ragazza che fa sport nellOttocento signifca
dare per assoluta e naturale la categoria femminilit, assimilandola per analogia
al concetto di normalit. Da qui limperativo, esterno e interno, che vuole la don-
na conforme alle aspettative stereotipiche della femminilit, cio un suo adeguarsi
caricaturale alle ingiunzioni di un pregiudizio che prescrive unidentit, una serie di
comportamenti ed espressioni di s, da governare af nch lascino trasparire una psi-
cologia perfettamente ingranata con il ruolo che deve essere rappresentato. Tuttavia il
timore che lo sport possa virilizzare la struttura fsica della donna un pregiudizio che
scaturisce dalladesione acritica allo stereotipo fsico ed estetico della femminilit bor-
ghese nella mentalit ottocentesca: un pregiudizio che rende molte donne prigioniere
esse stesse di una mistica corporea della femminilit, costruita allo stesso modo dei
piccoli piedi delle cinesi dellepoca imperiale, che bloccati nella crescita mediante
fasciature e cos deformati venivano a essere parametro della bellezza femminile.
Il problema della percezione della donna-atleta come mascolina non riguarda
solo le sportive, dal momento che tende a investire tutte le donne che, in misura
99 De Beauvoir, S. Les Belles Images, Torino, De Agostini Editore, 1966, p. 56.
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Capitolo 5. Modelli di genere e iniziativa femminile nella costruzione dellItalia unita
diversa, svolgono attivit orientate al successo. inevitabile, quindi, trovarsi coin-
volti in un intreccio che vede legate attivit fsica maschile e femminile come,
daltronde, risulta consequenziale un coinvolgimento delle palestre nelle vicissitu-
dini nazionali; ed qui che il corpo di donna e quello delluomo si fondono per
la prima volta per raggiungere quellideale superiore che il bene nazionale. Non
casuale che siano proprio la ginnastica prima e poi lo sport a permettere per la
prima volta tale avvicinamento, al di l delle diferenze sociali, politiche e di sesso;
come non casuale che sia proprio nel XIX secolo che ci avvenga. Ormai, infat-
ti, sembra essere maturo il tempo in cui uomini e donne siano parte integrante
della medesima societ anche se con compiti diversi. proprio sulla diversit dei
compiti che i ginnasiarchi giocano per preparare tutte le componenti sociali al
proprio ruolo per la creazione di uno Stato capace di far fronte alle nuove sfde.
Donna procreatrice, uomo soldato sono le categorie che nella societ ottocentesca
ginnastica e sport hanno perseguito.
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5. Maria Soa di Borbone: da regina-soldato
ad amica di briganti e anarchici
Ugo della Monica
Indietro Savoia!
Fu questo il grido con cui lultima regina di Napoli, allindomani del 6 settembre
1860, da Gaeta inizi la sua personale lotta contro lusurpatore torinese: quello
della Regina del Sud per i Savoia, infatti, fu odio da subito e dur tutta la vita
100
.
Maria Sofa Wittelsbach rappresenta nella storia e nella storiografa europea
ancora oggi, a distanza di centocinquanta anni dal combattivo processo unitario
del Paese, quellideale di eroina antirisorgimentale pronta, personalmente in armi,
a combattere per difendere un Regno e un trono che non le appartenevano per
nascita, ma che le circostanze della vita le avevano oferto. doveroso, quindi,
rivivere quegli eventi ed esaminare, attraverso lanalisi di documenti inediti, i dif-
ferenti volti di questa protagonista della nostra storia.
La regina
Condotta a sposare, per ragioni dinastiche e di alleanze politico-militari, il prin-
cipe Francesco, unico fglio nato dal matrimonio tra Ferdinando II di Borbone e
Maria Cristina di Savoia, la giovane principessa apprese del matrimonio dal padre
100 Lodio si present fn da quando la giovane regina ebbe modo di ritrovare nello spirito e nel fsico
del marito quegli atteggiamenti di devozione religiosa e rigore morale, ereditati dalla madre Maria
Cristina di Savoia (passata alla storia come la Regina Santa), che dif cilmente si accordvano con
leducazione anticonformista e libera ricevuta da Maria Sofa.
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Capitolo 5. Modelli di genere e iniziativa femminile nella costruzione dellItalia unita
il quale, saputo dellaccordo matrimoniale organizzato dalla moglie, le telegra-
f afermando: Francesco di Borbone te lo consiglio un imbecille; lingenua
diciassettenne credette che fosse uno dei soliti scherzi organizzati da suo padre,
simpaticamente conosciuto in tutta la Baviera come il buon duca Max. Sar lei
stessa, a distanza di sessantacinque anni da quel telegramma, ad afermare nella
sua ultima intervista: no il mio re non fu un imbecille come dicono
101
.
La bellezza della giovane regina e la sua forte personalit conquistarono, in po-
chissimo tempo, il popolo meridionale, mentre Francesco, uomo mite e di scarsa
personalit, soggiogato dal suo fascino, le consentiva di sconvolgere le abitudini della
corte: fumava, andava a cavallo, tirava di scherma, si faceva fotografare, si bagnava
nelle acque del porto militare, conduceva i cani in sala da pranzo; era al centro delle
cronache mondane. Laumento di popolarit la port a progettare, in accordo con
il Filangieri, linstaurazione di un regime costituzionale sul modello bavarese, e la
cosa sembra abbia spinto la regina madre Maria Teresa a ordire un complotto per
detronizzare Francesco a favore di un fglio di lei, Luigi, conte di Trani.
Leroina
Il periodo di Gaeta fu quello in cui, vestita con una personale uniforme, un
enorme costume calabrese, tailleur nero di taglio maschile, con su il mantello
nero dei montanari, stivali neri tacco basso e rozzi speroni, il cappello nero a
cono e larghe falde, usato dai contadini di Calabria
102
, dispiegher tutte le sue
forze per gli oltre 150 giorni in cui avr durata la sua perseveranza sulla rocca.
Fin dal giorno del suo arrivo a Gaeta aveva preso a esplicare una grande e in-
consueta attivit: visita ai reparti delle caserme, sopraluoghi sui lavori di aforza-
mento, predisposizioni per le cure ai feriti e agli ammalati, contatti con la popo-
lazione, tra la quale la giovane Sovrana non tard a diventare popolarissima
103
.
I soldati, per lo pi giovanissimi allievi del Collegio Militare Nunziatella di
Napoli, promossi alferi da Francesco, chiamavano la regina, in dialetto, bella
guagliona nuosta e apprezzavano in lei laudacia e la costanza che alimentavano
in lei la speranza nella riconquista del Regno, il modo in cui, senza farsi scrupolo
di mettere a repentaglio la propria vita, sfdava, combattendo col sorriso sulle
labbra, il destino suo e del suo popolo, al fanco dei soldati che ladoravano a tal
101 Lintervista a frma di Giovanni Ansaldo apparve sul Corriere della Sera il 18 novembre 1924.
102 De Lorenzo, R. Tempi brevi e lunghi di un regno al femminile Maria Sofa di Baviera regina
del Regno delle due Sicilie in Tra res e imago in memoria di Augusto Placanica, Soveria Mannelli,
Rubettino, 2007, p. 1058/1059.
103 Tosti, A. Maria Sofa ultima regina di Napoli, Milano, 1947 p. 194.
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5. Maria Sofa di Borbone: da regina-soldato ad amica di briganti e anarchici
punto da invocarne il nome anche in punto di morte. Era tale lafetto che la le-
gava ai soldati che, per distrarli dalle soferenze e dalle brutture della guerra, bal-
lava per loro e soprattutto ballava con loro. Fu Maria Sofa ad accendere i cuori
e le anime del popolo e di quanti ancora credevano di poter rivedere sventolare
la bandiera gigliata; in continua attivit, non si perdeva mai danimo e lo sprezzo
del pericolo era una costante del suo comportamento; sapeva afrontare ogni
rischio col sorriso sulle labbra, quasi a sfdare il destino, sempre presente laddo-
ve pi imperversava la battaglia. Quando a Gaeta, col trascorrere dei giorni, la
situazione divent sempre pi tragica a causa dellepidemia di tifo, del grande
freddo e della scarsit di cibo, la regina si rifut sempre ai continui appelli del
marito di lasciare la roccaforte. In una lettera indirizzata a Napoleone III, Fran-
cesco II a questo proposito, non senza compiacimento, dichiar della moglie:
Ho fatto ogni sforzo per persuadere S.M. la Regina a separarsi da me, ma sono
stato vinto dalle tenere sue preghiere, dalle generose sue risoluzioni. Ella vuol
dividere meco, sin alla fne, la mia fortuna, consacrandosi a dirigere negli ospedali
la cura dei feriti e degli ammalati; da questa sera Gaeta conta una suora di carit
in pi
104
.
Il colpo defnitivo si registr quando Napoleone III, accordatosi segretamente
con Cavour per avere in cambio i comuni di Mentone e Roccabruna, annunzi il
ritiro della squadra navale francese da Gaeta, consigliando a Francesco di desistere
dalla resistenza e facendogli intendere che non lo avrebbe appoggiato. Nella trat-
tativa ebbe un ruolo anche la corrispondenza tra limperatrice Eugenia e la giovane
regina di Napoli. Pur ammirando personalmente il coraggio e la determinazione
di Maria Sofa, infatti, Eugenia sottolineava che il marito non avrebbe appoggiato
la sua causa:
Madame ma soeur la lettre si pleine de nobles sentiment que votre majest
ma crite ma profondament touch, et je saisi avec emprepement loccasion
desprimier a Votre Majest mes sentiment de vive sympathie pour lenegrie qui
elle montre ainsi que le Roi dans des circonstances si terribles et si perilleuses.
Je regrette sincerement que la politique de lImpereure ne lui permette pas de
clourer un appui plus ef cace a un jeun souverain que tutte avec tante de courage
contre sa tradison et la mancance fortune, mais il en obtendra sa recompense et
lavenir, jaime a limpereur la lui reserve sur tout coeur bien place ne peut avoir
ma doute que qual cot est la bon droit et lhonneur.
104 Jagger, P.G. Francesco II di Borbone lultimo re di Napoli, Milano, Mondadori, 1982 p. 204.
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Capitolo 5. Modelli di genere e iniziativa femminile nella costruzione dellItalia unita
Je prie Votre Majest de me rappeler un souvenir de Roi et cryey la smiure
et afectuose consideraction avec la quelle je suis moderne. De votre majest la
bonne soeur et amie Eugenia
105
.
Umiliata dal comportamento dei francesi, Maria Sofa continu ad aggirarsi
fra le artiglierie, rincuorando i soldati. Con lallontanamento della squadra navale
francese, tutto il fronte di mare rimase scoperto e in balia della fotta piemonte-
se comandata dallammiraglio Persano, anche perch nel frattempo, per ottenere
soldi per poter sopravvivere, il re aveva venduto i battelli Sannita e Saetta
106
. I
sovrani, ancora decisi a non capitolare, andarono avanti a oltranza con i pochi
militari sopravvissuti, fno all11 febbraio 1861, quando Franceschiello riconobbe
la necessit di una pronta e onorevole capitolazione; per cui il 14 successivo, dopo
aver salutato le poche persone, militari e civili, ancora presenti alla piazzaforte,
profondamente commossi (le cronache riportano che la regina singhiozzasse vi-
stosamente), presero il largo sulla Mouette in direzione di Roma e, per lultima
volta, videro ammainare la bandiera gigliata sulla Torre dOrlando; si emoziona-
rono ancora di pi quando osservarono i pochi soldati rimasti spezzare con rabbia
le proprie spade.
La raf gurazione pi bella dellassedio di Gaeta ce la fornisce la descrizione di
uno scudo in onore dei re, pubblicata sulla Gazzetta di Lipsia:
Lo scudo di onore fatto eseguire dal partito conservatore in Prussia e che devessere
presentato allesule Coppia Reale di Napoli terminato. Il professore Fischer in
Berlino fece il modello; i sig.ri Sy e Wagner lo hanno eseguito in argento con bassi
rilievi. Lesecuzione di questo lavoro ha impiegato il tempo di tre anni. Lo scudo
una rondazza di pi di due piedi di diametro. Lorlo forma un intreccio di nastri
doro. Gigli doro, in egual distanza gli uni dagli altri, tengono insieme un fascio
di verghe. Il pezzo di mezzo una piastra dargento. Simile ad alto rilievo sporge
fuori dallo scudo lo scoglio di Gaeta su, di esso, sta il Re Francesco e la Regina
Maria. Contro lo scoglio lultimo luogo di rifugio della Real Coppia imperversa
la rivoluzione. Fra gli assalitori uno tira lo scudo, un altro lermellino del Re. La
corruzione e la calunnia sono attive fra il popolo; un terzo sof a nelle famme
della ribellione; il padre della menzogna sta al fanco e si rallegra della sua opera.
A pi dello scoglio giacciono i fedeli estinti. Anche nelle regioni aeree imperversa
la lotta. Alle teste della Real Coppia sono afaccendate le schiere diaboliche che
con spade nude e coperte di serpi minacciano lo scoglio. Ma gli angeli discendono
alla difesa, vibrando spade e palme, portando calici e croci, ed innanzi allo scudo
105 ASN, Archivio Borbone busta 1151 f. 24.
106 Il carteggio relativo alla vendita dei battelli in ASN, Archivio Borbone b. 1340 f. 113.
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5. Maria Sofa di Borbone: da regina-soldato ad amica di briganti e anarchici
di stelle si piega lo scudo di serpenti. Due angeli rialzano la caduta Corona del
Re. La Corona che gli angeli rialzano precisamente formata secondo la Corona
del Re di Napoli ed ornata di diamanti, rubini, smeraldi, zaf ri e perle. Ci che
concerne lo scudo stesso esso la pi rimarchevole e pi grande opera darte della
specie che esiste
107
.
Da regina-brigantessa ad anarchica
Nellesilio romano Maria Sofa inizi unulteriore e pi aspra lotta, combattuta
da fuorilegge, pronta a impugnare le armi per la riconquista del Regno. Era solita
frequentare la farmacia Vagnozzi a Campo dei Fiori, a pochi passi dalla residenza
di Palazzo Farnese, dove si riunivano le bande legittimiste borboniche, capeggiate
da loschi fguri, quali Chiavone, Crocco, Ninco Nanco, Fuoco, Guerra, Giordano, che
venivano ricevuti dalla regina, senza alcuna distinzione, e per i quali ella aveva sem-
pre un sorriso ammirato e un amuleto portafortuna da donare, ben sapendo che
queste erano le uniche persone che potevano dare un concreto contributo militare
alla causa legittimista. Nel frattempo, mentre volontari da tutta Europa giungeva-
no a Roma per prendere parte a una vera e propria crociata per la liberazione del
Sud, focolai di rivolta si difusero nellex Regno, organizzati e diretti da comitati
borbonici. Il popolo meridionale aveva capito che far parte dello Stato unitario non
aveva apportato alcun giovamento, anzi rimpiangeva quel Regno di Napoli che, nel
bene e nel male, aveva avuto per diversi secoli un ruolo predominante tra le vaste e
variegate monarchie dEuropa. Anche una parte della cultura meridionale inizi a
riavvicinarsi a Maria Sofa, ritenendola in grado di modifcare la situazione. Intanto
la ribellione, nata come movimento dei contadini, divent pian piano un moto
sovversivo contro lo Stato piemontese, condito da veri e propri atti di terrorismo
combattuti nelle campagne. I ministri italiani non nascosero il timore di eventuali e
pi concitate sollevazioni popolari nellex Regno; la stampa internazionale, dal can-
to suo, dedic ampio spazio a questa guerriglia che si combatteva nel Mezzogiorno
dItalia, prendendo talora le difese delle popolazioni locali. Maria Sofa fgurava
come la vera ispiratrice della resistenza; aveva fatto della lotta ai piemontesi il suo
unico scopo di vita, tanto che il suo intenso attivismo le attir lodio dei circoli
liberali romani che cominciarono a osteggiarla in tutti i modi, mentre la stampa
internazionale non era da meno: il 28 agosto 1861 il Times di Londra pubblic la
notizia che La regina Maria Sofa nei giardini del Quirinale aveva ucciso un gatto
preso a bersaglio con la sua pistola; lo stesso giornale aveva consigliato al generale
Cialdini di trattare i napoletani come lupi della foresta.
107 ASN, Archivio Borbone, b. 1615-f. 217 s.d.
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Capitolo 5. Modelli di genere e iniziativa femminile nella costruzione dellItalia unita
Quella che doveva essere una guerra di liberazione dallinvasore fall nel giro
di un anno, lasciando nel gi mal ridotto Sud una situazione di totale scompiglio
che and avanti per oltre dieci anni, trasformandosi in insurrezione contadina
combattuta da delinquenti comuni, dediti per lo pi a interessi strettamente per-
sonali, che lo Stato non riusciva a tenere a bada neppure in seguito allapplicazione
della legge Pica, che prevedeva, nelle regioni meridionali, la sospensione di ogni
garanzia costituzionale. Col trascorrere degli anni la battaglia legittimista cess del
tutto, anche se in cuor suo Maria Sofa continu a sperare che qualche evento, pur
se tragico, le restituisse il suo amato trono.
Rimasta sola dopo la morte dei genitori, delle sorelle e di Francesco, avvenuta
nel 1894, demoralizzata, era solita ripetere: nel mio cuore non c pi posto nemmeno
per il dolore. C posto solo per la vendetta. Nella residenza francese di villa Hamilton
a Neuilly-sur-Seine, vicino Parigi, Maria Sofa, sul fnire del secolo, entr in con-
tatto con Charles Malato, giornalista dellEcho de Paris, restando subito attratta
dalle idee estremiste professate dal giovane; il suo salotto divenne luogo di raduni
e di incontri clandestini tra anarchici. Le cronache narrano che un giorno si ud la
regina gridare devono liberarlo al pi presto, il signor Malatesta il solo italiano
capace di guidare la rivoluzione
108
; sovvenzion tanto il Malatesta quanto tutto
lambiente legittimista, fgurando tra gli artefci dellevasione del Malatesta dal
carcere di Lampedusa. In seguito alla liberazione dellanarchico, and lavorando
al grande passo: in efetti strani movimenti si registravano sullasse Italia-Francia-
America, facendo pensare che qualcosa bollisse realmente in pentola; lo stesso pri-
mo ministro Giolitti teneva segretamente sotto controllo quella che lui chiamava
la Signora, e che fortemente temeva, tanto da metterle alle costole agenti segreti
109
.
DallAmerica, nellestate del 1900, transit prima in Francia e poi in Italia
lanarchico Gaetano Bresci, che il 29 luglio a Monza attent alla vita di Umberto
I di Savoia uccidendolo. Malatesta, interrogato al riguardo, confess che: il re-
gicidio non fu un gesto individuale, bens un complotto organizzato con tutte le
regole nella preparazione, nellesecuzione, nelle necessarie complicit
110
. Assieme
a quelle necessarie complicit af or il nome di Maria Sofa, o meglio della Signora
come veniva chiamata anche a Parigi dagli anarchici.
Lattentato alla vita di Umberto I risult una mossa poco abile per il movi-
mento anarchico in quanto la nuova Italia, governata dal pacato e poco mondano
Vittorio Emanuele III e dallef ciente e risoluto Giovanni Giolitti, dette una dura
sferzata a tutto il movimento rivoluzionario: si attuarono riforme politiche e sociali
108 Petacco, A. La regina del sud, Milano, Mondadori, 1993 p. 209.
109 Le relazioni degli agenti segreti, inviate a Giolitti sono custodite presso lArchivio centrale dello
Stato.
110 Linterrogatorio riportato in Petacco, op. cit., p. 243.
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281
5. Maria Sofa di Borbone: da regina-soldato ad amica di briganti e anarchici
e cominci un nuovo ciclo di vita per il Paese che fece precipitare, defnitivamente,
la causa legittimista borbonica. Dal canto suo Maria Sofa, lasciata Parigi e rientra-
ta a Monaco, abbandon ogni speranza di riconquista del trono, ma non depose
mai il suo odio verso i Savoia. A testimonianza si riporta un aneddoto riferito al
1919: quando seppe che la giovane pronipote Maria Jos, (la madre di Maria Jos
era fglia di un fratello della stessa Maria Sofa) avrebbe dovuto sposare un Savoia,
espresse personalmente alla giovane principessa il suo disappunto: Sappiate che io
disapprovo fortemente. Non posso tollerare che una mia pronipote vada in sposa
a un discendente dellusurpatore. Sappi che se lo farai te ne pentirai amaramente
e non conoscerai la felicit. Parole profetiche!
Lultimo afondo allormai consolidato Regno sabaudo lex regina lo condusse
nel 1912, muovendo causa allo Stato, tramite lIntendenza di Finanza di Napoli,
per richiedere gli assegni vedovili che mai le erano stati versati e che ammontavano
a 3.825,000 lire, motivando la richiesta con le seguenti osservazioni:
Tale solenne impegno obbligava certamente lo Stato del tempo, in quanto esso
era rappresentato ed impersonato dal suo capo Re assoluto. Limpegno di quello
Stato passato al nuovo Stato, poich se questo si impossessato di tutti i beni del
primo e perfno dei beni privati dei suoi reggitori deve pure rispettare e assumere
come propri i pesi ed i vincoli che su tali beni gravano, il che fu pure riconosciuto
col decreto dittatoriale del 25 settembre 1860, col quale la Commissione nomi-
nata per formare linventario dei beni fu incaricata di accertare anche i pesi e le
passivit di cui erano gravati
111
.
Durante la prima guerra mondiale sper nella sconftta italiana e si leg agli
ambienti dello spionaggio internazionale; nello stesso tempo si occup attivamen-
te nel sociale, trascorrendo gli ultimi mesi di guerra nei campi di prigionia italiani,
portando assistenza a quei fgli napoletani che ancora teneva nel cuore e che dal
canto loro ignoravano chi fosse quella anziana signora, dai modi garbati e gentili.
111 Intendenza di Finanza di Napoli contro il Conte di Gerace F. Caracciolo di Forlino, Vicario generale
della gi Regina delle due Sicilie Maria Sofa Borbone Baviera. Biblioteca Nazionale Napoli, Raccolta
Zangari B. 5/27.
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Capitolo 5. Modelli di genere e iniziativa femminile nella costruzione dellItalia unita
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CAPITOLO 6
Lampiezza di un margine.
Genere, cittadinanza e politica
nellItalia repubblicana
a cura di Valentina Greco
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Introduzione
Valentina Greco
Il titolo che abbiamo scelto per questa sezione, in apparenza un ossimoro, descrive
perfettamente il flo che lega i tre interventi in essa racchiusi.
Sono tutti percorsi personali e collettivi che, agiti allinterno di momenti sto-
rici fondanti e da essi condizionati, sono rimasti esclusi dalle narrazioni uf ciali.
Percorsi ai margini ma non marginali.
Storie nella storia, storie della storia, storie senza storia.
Grauso, Landini e Voli hanno dato voce a queste vite altrimenti mute, con
minuzia, acume e senso critico si sono incaricati di ricostruirle e di analizzarle, re-
stituendo loro un posto e ofrendo a noi una visione pi ampia della storia dItalia.
Hanno dato conto dellampiezza di quel margine.
Cronologicamente gli interventi si susseguono, quasi afondando luno
nellaltro, nonostante narrino vite fatte di scelte radicali che non si intrecciano,
piuttosto sembrano opposte. Sono raccontate due generazioni di donne: la prima
nata a cavallo del secolo e attiva gi durante il fascismo ma soprattutto nel secondo
dopoguerra; la seconda impegnata politicamente negli anni Settanta.
Descrivere i singoli interventi sembra ridondante, i loro titoli suggeriscono
chiaramente largomento trattato, la loro intelligenza e piacevolezza nella lettura
rendono quasi superfua anche la pi breve delle sintesi.
Luca Grauso ripercorre la vita di Olga Arcuno, fera insegnante di Storia e
Filosofa in un liceo classico di Napoli, fondatrice nel 1930 dellAlleanza Mu-
liebre Culturale e nel 1944 della rivista Solidariet. Olga, antifascista vicina alla
cultura comunista, profondamente avversa a ogni regime, alla Monarchia e alla
Chiesa cattolica, si fa sostenitrice di unidea di educazione non gerarchica e
democratica.
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Capitolo 6. Lampiezza di un margine. Genere, cittadinanza e politica nellItalia repubblicana
M. Eleonora Landini ricostruisce la biografa collettiva di quelle donne che al
termine della Seconda Guerra Mondiale restarono convinte sostenitrici dellideo-
logia fascista. Lo fa attraverso la storia del Movimento italiano femminile (Mif ),
associazione assistenziale con chiari rifessi politici che nel primo decennio
repubblicano si occup di sostenere sul territorio nazionale i fascisti incarcerati,
latitanti o in condizioni di disagio. Sono testimoni di cui ancora si conosce po-
chissimo: ignorate dalla storiografa e restie a testimoniare, le neofasciste non sono
neppure state inserite uf cialmente nella storia del Movimento Sociale Italiano,
che non riconobbe loro n valore n visibilit.
Landini ci ofre unanalisi attenta e ampia che non si ferma al nucleo dirigen-
ziale del Movimento, ma tocca anche lampio panorama delle assistite, indagando
volont e motivazioni delle une e delle altre.
Stefania Voli racconta le militanti dei movimenti extraparlamentari degli anni
Settanta, in particolare quelle di Lotta Continua, utilizzando la narrazione auto-
biografca. Donne e uomini vivono lesperienza della militanza nei gruppi extra-
parlamentari in modo diferente, una diferenza che passa spesso, anche se non
esclusivamente, attraverso il genere. Voli, analizzando le memorie di queste don-
ne, osserva come queste rappresentano lesperienza vissuta e si autorappresentano
in essa, sia contestualmente che a distanza di anni. I nodi pi evidenti e intricati
sono costituiti dalle relazioni tra donne e dalla violenza politica, temi indagati con
chiarezza e profondit da Voli che, grazie a questo approccio, riesce a mettere in
evidenza come e quanto il vissuto militante abbia infuenzato il processo di costru-
zione dellidentit di genere e le scelte di vita.
Pur nelle loro profonde diferenze i tre contesti analizzati nei saggi sono ac-
comunati dalla ricerca di spazi di espressione e dazione interstiziali rispetto al
contesto culturale e politico dominante e dal bisogno di dar vita a modalit di
aggregazione e di attivismo diverse da quella, pi tipicamente maschile, della for-
ma partito.
Il primo spunto di rifessione sollecitatomi dalla lettura dei tre testi riguarda
la biografa nellaccezione ampia che qui stiamo utilizzando come strumento
che ofre a chi si occupa di storia di genere di scardinare alcuni luoghi comuni e
ofrire nuovi punti di vista.
Le ricostruzioni di percorsi biografci singoli e collettivi realizzate utilizzan-
do come fonti memorie, interviste, archivi personali, scritti editi e inediti sono,
com stato pi volte sottolineato, un fecondo strumento di indagine del rapporto
tra individuo e societ.
Lo sono, a mio parere, da almeno due punti di vista: quello del rapporto tra
i soggetti della biografa e il contesto culturale allinterno del quale sono vissuti
e quello del rapporto tra lautore della biografa e il contesto culturale al quale si
rivolge.
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Introduzione
Le storie qui raccontate dimostrano che fare storia non solo restituire al
presente qualcosa che appartiene al passato, ma anche costruire nuovi spazi di
interpretazione del presente.
I saggi di Grauso, Landini e Voli evidenziano un tracciato che consente non
solo di vedere la presenza, ma anche la persistenza delle donne nella storia politica
dellItalia del Novecento.
Questo raforza la mia convinzione che il concetto di carsismo riferito alla storia
politica delle donne sia improprio, poich come un rifesso in uno specchio defor-
mante, non restituisce la realt ma il racconto pubblico che della realt stato fatto.
Se il rifesso di cui parliamo di per s signifcativo cos come lo il suo racconto,
vero anche che altre narrazioni, come quelle dei saggi di cui parliamo, sono necessarie.
La seconda rifessione riguarda il nodo memoria/storia e il metodo storico.
noto, ci sono silenzi che urlano nella storia dellE donne, ma bisogna avere
un orecchio attento per ascoltarli. Nel momento in cui i soggetti fanno di s gli
oggetti della propria storia iniziano a scriverla, a ofrire se stessi come testimoni e
a ofrire la propria memoria a chi dovrebbe storicizzarla.
Quasi tutto il Novecento stato caratterizzato da unistanza di rimozione
della memoria, istanza che nei regimi totalitari espressa in un vero e proprio
tentativo di cancellazione oltre che di mistifcazione.
Gli ultimi anni del Novecento hanno segnato anche in Italia una netta inver-
sione di tendenza, tanto che Annette Wieviorka ha defnito quella in cui viviamo
era del testimone, concetto che per la storica ha unaccezione ampia che non
riguarda solo i sopravvissuti al genocidio nazista degli ebrei dEuropa
1
.
La relazione storia/memoria trascina con s dei nodi che ancora oggi appaio-
no insolubili, da qualunque prospettiva li si osservi.
Se, per, provassimo a capovolgere i punti di vista e non ci facessimo con-
dizionare dagli schematismi, considereremmo la memoria e la storia luna una
risorsa per laltra.
Memoria e storia non sono le due fasi di un processo dialettico in cui la sintesi
passa per il superamento del dualismo, un processo di sintesi che, in ogni caso,
appare oggi impossibile: la separazione sempre pi netta tra le due ha generato una
dicotomia che ha fnito per ipostatizzarsi.
Per chi ricorda la memoria la storia dellevento narrato, in questo senso la
memoria oggettiva.
Nel raccontare il testimone spiega non solo ci che gli accaduto, ma spiega
laccaduto; nellatto di raccontare il punto di vista del singolo tale solo per chi ha
un punto di vista esterno, non per il singolo stesso.
1 Wieviorka, A. Lera del testimone, Milano, Rafaello Cortina, 1999, p. 227.
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Capitolo 6. Lampiezza di un margine. Genere, cittadinanza e politica nellItalia repubblicana
Nel momento in cui lo storico entra in relazione con le memorie piene di vita
dei testimoni deve imparare a guardarle come fonti.
Le fonti vanno circoscritte, contestualizzate, analizzate e sottoposte a critica;
chi scrive la storia deve interrogare le fonti ed essere disposto a farsi stupire da
risposte che non si aspettava; chi scrive la storia deve dar voce alle infnite sfaccet-
tature che assume il silenzio; chi scrive la storia non pu scaricare tutta la respon-
sabilit della narrazione sulla fonte, anche se lo fa in buona fede, magari per una
forma di rispetto della fonte stessa; chi scrive la storia, in sostanza, si deve esporre.
un percorso che sembra ancora pi dif coltoso in relazione alla selezione
del materiale: il ricercatore vorrebbe avere la possibilit di ascoltare tutte le voci,
leggere tutti i racconti, analizzare tutte le memorie, ogni cernita sembra un torto.
Compito dello storico, per, non quello di correggere il testimone, di met-
tersi in relazione con la storia del singolo, ma di mettere in relazione le voci dei
testimoni.
Come ha scritto Ricur c un privilegio che non pu essere rifutato alla sto-
ria, quello non soltanto di estendere la memoria collettiva al di l di qualsiasi ricordo
efettivo, ma di correggere, di criticare, e anche di smentire la memoria Proprio
sul cammino della critica storica, la memoria incontra il senso della giustizia. Che
cosa sarebbe una memoria felice che non fosse anche una memoria equa?
2
.
In questo contesto proprio il metodo analitico di genere teorizzato da Joan
Scott
3
che ofre e ofrir la possibilit di scrivere una storia che superi gli scogli
di cui ho parlato e coniughi la ricchezza e il valore della memoria con le istanze
critiche della storiografa.
I tre saggi che introduco hanno questo grande valore, non sono solo racconti,
sono racconti critici; non sono solo narrazioni biografche, sono ricostruzioni di
un mondo; non sono solo storie di donne, ma tentativi di analisi di genere.
E Grauso, Landini e Voli sono storici che si espongono nella loro analisi, non
nascondendosi dietro le vite che raccontano.
Il margine di cui parlavamo allinizio, e di cui abbiamo tentato di mostrare
lampiezza, si trasforma in una risorsa, perch dopo di esso non c il vuoto ma
pagine ancora da scrivere.
2 Ricur, P. La memoria, la storia, loblio, Milano, Rafaello Cortina Editore, 2003, p. 710.
3 Scott, J.W. Il genere: unutile categorie di analisi storica in Di Cori, P. (a cura di) Altre storie.
La critica femminista della storia, Bologna, Clueb, 1996, pp. 307-348.
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1. Genere e forme di partecipazione politica
tra fascismo e Repubblica:
il caso di Olga Arcuno (1902-1977)
Luca Grauso
La famiglia e gli studi
Lambiente familiare in cui Olga Arcuno nasce e in cui viene educata lascer un
segno notevole sulla sua personalit e sulla sua coscienza, si potrebbe anzi dire che
costituir in qualche modo un solco profondo nella sua vita, allinterno del quale
traccer il proprio percorso. La madre, Giuditta Occhipinti, insegnante elemen-
tare, fglia di Ignazio Occhipinti, repubblicano e membro della spedizione dei
Mille in qualit di medico di Garibaldi. Il padre, Alfredo Arcuno (1869-1946),
anchegli insegnante elementare, spesso descritto con il termine pi ampio di
educatore: egli infatti un attento studioso di pedagogia, uno dei divulgatori in
Italia della teoria dellinsegnamento integrale di Alexis Bertrand
4
. Tale metodo
tendeva a considerare primario laspetto sociale dellesperienza scuola, da intende-
re come una vera e propria comunit, un luogo in cui i bambini sperimentino la
vita pubblica sotto la guida dellinsegnante. Olga si rivela presto una studentessa
straordinaria: dopo il liceo classico si iscrive alla facolt di Filosofa e, nella prima-
vera del 1922, a meno di venti anni, termina gli studi universitari, coronati da una
tesi sulla flosofa di Maurice Blondel
5
. Pochi anni dopo ottiene la cattedra di Sto-
ria e Filosofa presso il prestigioso liceo classico Gianbattista Vico, dove si svolger
4 Bertrand, A. Lenseignement intgral par Alexis Bertrand, Paris, 1898; Arcuno, A. La scuola inte-
grale, Firenze, R. Bemporad e Figlio, 1911.
5 Olga Arcuno fu traduttrice autorizzata e divulgatrice della Filosofa dellazione blondeliana, e
pubblic nel corso della sua vita una serie di saggi divulgativi in merito.
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Capitolo 6. Lampiezza di un margine. Genere, cittadinanza e politica nellItalia repubblicana
la sua lunga carriera di insegnante durata sino al 1972. La rilevanza di tale traguar-
do appare tanto maggiore se si tiene presente il ruolo chiave af dato ai licei classici
e alle discipline flosofche dalla riforma Gentile del 1923. stato tuttavia osser-
vato come questa riforma non determinasse solo sperequazioni relative alla classe
sociale, ma ne generasse altrettante dal punto di vista dellappartenenza di genere.
Se da un lato la riforma port a una maggiore scolarizzazione e alfabetizzazione
delle donne, dallaltro essa poggiava su una concezione alquanto misogina della
societ, a causa della scarsa tolleranza nei confronti di sistemi di valori diversi,
compresi quelli solitamente associati alle donne. Sulla scorta di questi presupposti,
che negavano loro di fatto qualunque valore come educatrici, il governo concep
una serie di provvedimenti mirati a defemminilizzare il corpo insegnante, il primo
dei quali, del 1926, prevedeva linammissibilit delle donne allinsegnamento di
Latino, Greco, Storia e Filosofa nei licei
6
. Olga subisce dunque in prima persona
la misoginia del governo, allontanata da quel lavoro che senza dubbio rappresenta-
va il suo obiettivo professionale e personale e costretta probabilmente a insegnare
lettere. Tuttavia, linsegnante napoletana decide di reagire alla politica del regime
a danno delle donne italiane, confnate sempre pi in una dimensione di subor-
dinazione, deprofessionalizzate e quasi relegate allo stato di semplici riproduttrici.
LAlleanza
Nel 1930 Luigia Pirovano
7
e Olga Arcuno fondano lAlleanza Muliebre Cul-
turale Italiana
8
, rispettivamente a Milano e a Napoli: mentre la Pirovano presie-
der lAlleanza, Olga Arcuno sar segretaria nazionale e respondabile della sede di
Napoli per tutto il periodo di attivit dellassociazione. Formata prevalentemente
da insegnanti, ma anche da artiste, medici, letterate e nobildonne, lAlleanza ha
come scopo principale quello di istituire corsi di lezioni completamente gratuiti,
o semigratuiti, riservati alle socie. Sono gratuiti i corsi di lezione mediante i quali
si preparano agli esami di Stato, per il conseguimento di un diploma, le giovinette
impiegate o lavoratrici di condizioni disagiate
9
.
6 Cos come per le cattedre di Italiano e Storia allinterno degli istituti tecnici. Negli anni a venire
tale provvedimento fu af ancato da altri di natura af ne: nel 1928 fu impedito che le donne divenis-
sero presidi di scuole medie e a partire dal 1940 questultima legge fu estesa anche agli istituti tecnici.
7 Nata a Milano nel 1897, a sua volta insegnante superiore di materie letterarie.
8 SullAlleanza si veda Scaramuzza, E. Professioni intellettuali e fascismo. Lambivalenza dellAlleanza
Muliebre Italiana, in Italia Contemporanea, n. 151-152, settembre 1983, pp. 111-133, e Pauncz, A.
Intellettuali italiane negli anni Trenta. LAlleanza Muliebre Culturale Italiana, Dottorato di ricerca in
Storia delle scritture femminili, Universit degli studi di Roma La Sapienza, A.A. 1997-1998.
9 Alleanza Culturale Muliebre Italiana, Statuto, tip. Moneta Giovanni, Milano, 1930, articolo 2.
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1. Genere e forme di partecipazione politica tra fascismo e Repubblica: il caso di Olga Arcuno
Appare da subito come tra le varie iniziative dellAlleanza
10
, quelle inerenti i
corsi di sostegno per afrontare gli esami di licenza scolastica superiore, insieme a
quelli per gli esami di abilitazione allinsegnamento, siano da considerare il loro vero
fulcro. Per quanto riguarda la composizione sociale dellAlleanza e le motivazioni in-
dividuali che potevano spingere le donne ad aderirvi, si rileva una notevole eteroge-
neit. Laddove le lavoratrici di umili condizioni si univano allassociazione in cerca
di un sostegno concreto e psicologico per coronare il sogno di unistruzione superio-
re o dellambto impiego pubblico, le intellettuali e le artiste trovavano nellAMCI
un luogo culturale dove esprimersi e dove poter discutere la questione femminile
in relativa libert. Per le studiose e le insegnanti infne (che prestavano a titolo vo-
lontario la propria opera di tutrici) lAlleanza costituiva la possibilit di espandere e
prolungare la funzione educatrice oltre i confni delle aule scolastiche a benefcio di
donne meritevoli o indigenti, contrastando cos in certa misura la carenza di oppor-
tunit di ascesa sociale femminile dettata dalla volont politica del regime. senza
dubbio questultima motivazione a spingere Olga Arcuno a fondare lAlleanza e a
lavorarvi per lunghi anni: nel suo percorso familiare e intellettuale infatti evidente
il grande valore sociale e politico attribuito alleducazione. Circa la natura dei legami
associativi instaurati nellAMCI si dir che, sebbene si basasse su una struttura ge-
rarchica, essa agevolmente assimilabile a una rete di solidariet femminile, essendo
sostanziata da un sentimento di identifcazione e reciprocit tra le socie, ricalcante
non gi le pi comuni relazioni di stampo parentale, ma piuttosto quelle tipiche
del rapporto insegnante-allieva da una parte e allieva-allieva dallaltra. Gi durante i
primi anni di vita dellAlleanza si evince dalle pagine di Cultura Muliebre, periodico
dellassociazione, unesigenza di defnire il proprio campo dazione e la propria iden-
tit culturale, soprattutto rispetto al movimento femminista della fne del secolo,
vittima nel corso del ventennio di una vera e propria opera di rimozione e stig-
matizzazione. Infatti, in un articolo del secondo numero, Luigia Pirovano aferma
risolutamente: lAlleanza non vuole essere femminista. In Italia (chi pi chi meno)
tutti sono antifemministi: il nostro atteggiamento non ha dunque nulla di eroico, e
noi ce ne rendiamo perfettamente conto
11
. Sintetizzando, possiamo sostenere che
lAlleanza non pot, e in certa misura non volle, richiamarsi esplicitamente alle lotte
sufragiste e rivendicazioniste della stagione precedente, ma emerge allo stesso tem-
po un malcelato desiderio che quella stagione, con i suoi temi di giustizia sociale
ormai desueti e largamente denigrati, avesse avuto maggiore successo e pi difuso
10 Oltre a questo scopo principale, nelle sedi dellAlleanza vengono spesso organizzate anche attivit
non strettamente correlate ad esigenze di carattere professionale: concerti, conferenze, mostre, gite
estive e altre attivit di gruppo sono infatti comunemente promosse allo scopo di valorizzare i talenti
delle socie e di incoraggiarne la socializzazione.
11 Pirovano, L. Il femminismo e noi, in Cultura Muliebre, n. 2, marzo 1931, corsivo nel testo.
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Capitolo 6. Lampiezza di un margine. Genere, cittadinanza e politica nellItalia repubblicana
rispetto. A sua volta, il rapporto tra lAMCI e il governo fascista va letto sotto la ca-
tegoria dellambivalenza: nonostante le attivit delle alleate contrastassero ipso facto
con le direttive del regime, il tenore generale dellattivit delle alleate non lascia mai
trapelare unaperta ostilit al regime. Del resto, larticolo 14 dello statuto dellAMCI
era concepito in modo esplicito allo scopo di difendere lorganizzazione da insidiose
accuse di dissidenza: LAlleanza esclude qualsiasi forma di attivit sindacale o po-
litica e limita la sua attivit alla difusione della cultura fra le donne
12
. In generale,
appare chiaro che le socie dellAlleanza (o quantomeno i suoi vertici) mirassero a
tenere un proflo basso rispetto al governo fascista, professando unapoliticit (e un
antifemminismo) formale e, potremmo dire, mimetizzandosi sotto le spoglie di una
rispettabile associazione di studiose e letterate. Attenendosi strettamente agli scopi
dichiarati di elevazione culturale delle donne, si sperava che limplicita eversivit
dei contenuti passasse furtivamente il setaccio del regime e che fosse cos possibile
difondere istruzione e consapevolezza. Malgrado ci, i contrasti tra lAlleanza e il
governo cominciarono nel 1935, in relazione alla presunta ridondanza delle attivit
rispetto allAssociazione Nazionale Fascista Donne Artiste e Laureate, cui il governo
attribuiva la funzione politica di assorbire e monopolizzare le istanze e le iniziati-
ve femminili, e che in tal modo forniva il pretesto per commissariare, chiudere e
in generale ostacolare i progetti indipendenti delle donne, come appunto nel caso
dellAMCI (ma non solo)
13
. La fne dellAlleanza Muliebre Culturale Italiana uf -
cializzata il 23 luglio 1939, per volont del vicesegretario del PNF Adelchi Serena.
Latteggiamento elusivo e ambiguo dellassociazione rispetto al regime rese tuttavia
possibile per circa dieci anni e nel periodo di maggior consenso del fascismo alle
donne che vi aderirono di avere esperienza di una realt diversa da quella familiare o
strettamente domestica in cui la cultura dominante le voleva confnate, aprendo uno
spiraglio verso diverse possibili identit di genere e fornendo un supporto concreto,
nonch un sollievo psicologico, a quante di loro non venivano incoraggiate fra le
mura di casa a valorizzare le proprie qualit.
Solidariet
Anni dopo, nel settembre 1944, Olga Arcuno e Lelia Mangiarotti
14
pubblicano
il primo numero di un mensile intitolato Solidariet: rivista di educazione civile e
12 Alleanza Muliebre Culturale Italiana, Statuto cit., articolo 14.
13 Anche la FILDIS (Federazione Italiana Laureate e Diplomate di Istituti Superiori) e la FISEDD (Fede-
razione Italiana per il Sufragio e i Diritti della Donna) vengono sciolte dautorit in questo stesso periodo.
14 Nata a Manchester nel 1912, studia a Napoli e si laurea in Lettere moderne. Comincia a insegnare
nel 1935, e due anni pi tardi viene trasferita presso il Gianbattista Vico, dove conosce Olga Arcuno,
con la quale instaura un sodalizio inscindibile.
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1. Genere e forme di partecipazione politica tra fascismo e Repubblica: il caso di Olga Arcuno
politica. Dal suo punto di osservazione in una classe liceale, la professoressa Ar-
cuno ha la possibilit di testimoniare una situazione che, da insegnante e flosofa,
giudica tra le pi gravi emergenze. Ecco come descrive tale preoccupante stato di
cose negli articoli introduttivi del primo numero:
oggi lItalia corre un grave pericolo. Molti, troppi italiani, oggi, si proclamano
apolitici o danno prova di essere malamente informati circa i concetti e i problemi
fondamentali della vita politica. Spesso oscuro il concetto stesso di democrazia.
[] Il contatto con varie categorie di cittadini, giovani e adulti di ambo i sessi,
ci ha condotti, durante questanno di rinascita dellItalia, alla constatazione del
pi grande sbandamento di molte coscienze.
[]
Non dif cile riconoscere che i
maggiori e veri motivi dellattuale disordine di molte coscienze hanno profonde
radici nel ventennio di tirannia fascista
15
.
Leredit pi insidiosa e duratura del fascismo non sarebbe dunque stata la
guerra e la conseguente distruzione, ma piuttosto i segni profondi che il ven-
tennio di dittatura, con il suo monopartitismo, la sua censura e il brutale sof-
focamento del dissenso, aveva lasciato sulla societ civile. Olga Arcuno infatti
sostiene: pi che rivoltarci contro gli indiferenti come contro colpevoli, non fa-
remmo bene a rivolgerci a essi, per aiutarli a vedere pi chiaro, l dove da soli non
riuscirebbero?
16
. senzaltro questo il messaggio, il leitmotiv del periodico, di
questa natura la solidariet che ella ritiene pi urgente e importante ofrire. Pub-
blicare Solidariet ogni mese per tredici anni stato certamente un lavoro enorme
ma altamente gratifcante, molto gravoso soprattutto sotto laspetto economico:
pi volte ribadito nel corso dei mesi come Solidariet fosse completamente in-
dipendente da partiti politici o associazioni, sia dal punto di vista editoriale SIA
da quello strettamente fnanziario. Addentrandoci nel merito dei contenuti del
mensile, possibile evidenziare due tipologie principali di articoli: un corso di
dottrine politiche e gli spazi di discussione aperti ai lettori. Quello che defnisco
corso di dottrine politiche costituisce il primo e pi importante progetto della
rivista: preso atto del difuso disinteresse per la politica, proprio in una fase pregna
di signifcato, che vede linstaurazione di un vero pluralismo in seguito ad anni di
monopartitismo, le due insegnanti descrivono ed esaminano, nel corso del primo
anno di pubblicazione, ciascuno dei partiti del CLN nei suoi presupposti dottri-
nali e nella linea politica. Sebbene i toni prevalenti in tali lezioni siano neutri e
appunto didattici, quando nel terzo numero si giunge alla descrizione del partito
15 Arcuno, O. Presentazione, in Solidariet, n. 1, settembre 1944.
16 Ibidem.
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Capitolo 6. Lampiezza di un margine. Genere, cittadinanza e politica nellItalia repubblicana
democristiano, appare evidente un repentino cambio di timbro: Olga Arcuno evi-
denzia infatti aspramente la contraddizione tra il principio di sovranit popolare
e quello di autorit divina intrinseco nel discorso della DC, e accusa apertamen-
te tale partito di essere sostanzialmente antidemocratico17. Sebbene sia possibile
ravvisare un contrasto tra il fervente atto daccusa contro le linee programmatiche
della DC e i proclamati scopi di equanime educazione sociale, appare altrettanto
chiaro che Olga Arcuno sia cosciente di non trovarsi in unaula scolastica e di es-
sere dunque libera dai vincoli deontologici dei quali era peraltro scrupolosamente
rispettosa nellesercizio delle proprie funzioni professionali. Un secondo progetto,
fondamentale ai fni della linea editoriale, riguarda la realizzazione di uno spazio
di dibattito per i giovani, veri protagonisti di Solidariet. Attraverso la creazione
di apposite rubriche, Olga Arcuno decide di dare una valvola di sfogo alle insicu-
rezze, le ansie e la confusione che quella generazione sfortunata aveva accumulato
durante il regime e la guerra. Lidea sottostante a tali rubriche soprattutto quella
di far confrontare le opinioni e le impressioni dei giovani in una sorta di forum
trasversale comprendente sostanzialmente due aspetti: il primo spazio costituito
dalle Confessioni di giovani, in cui chiunque poteva scrivere alla redazione a
proposito di un argomento che lo avesse colpito, mentre un secondo, chiamato
Referendum, era formato dalle lettere pervenute in risposta a tematiche stabilite
volta per volta dalle direttrici. Il primo referendum , ad esempio, strettamente
legato al tema dellapoliticit, che si visto centrale nelle linee programmatiche,
e che dunque appariva logico afrontare da subito. Sebbene sia possibile conside-
rare le questioni poste non del tutto neutre18, e in sostanza contenenti risposte
implicite, sempre allo scopo di una pedagogia civica e politica che vanno messe
in relazione, in questo caso al fne di aiutare a razionalizzare la reazione emotiva
di disgusto e di inadeguatezza. Vale infne la pena di menzionare qualche altra te-
matica introdotta nei mesi successivi, come ad esempio per il quarto Referendum,
quella del voto alle donne, lungamente dibattuto proprio a ridosso del decreto di
estensione del sufragio, o, ancora, il decimo Referendum circa la scelta tra Mo-
narchia e Repubblica, che si protrarr anchesso per diversi numeri della rivista.
Gi a questo punto dellanalisi del periodico appare lampante come Olga Arcuno
abbia in pratica sfruttato, appena possibile, la rinata libert di stampa come uno
strumento di amplifcazione di quella che percepiva come la propria funzione
17 Seguendo questo ordine di considerazioni, salta decisamente allocchio anche il grande spazio de-
stinato sulla rivista ai movimenti socialista e comunista tra il febbraio e lagosto del 1945, laddove
per tutti gli altri partiti del CLN erano bastati due articoli.
18 1) Pu essere un buon cittadino lapolitico? possibile lassoluta apoliticit? 2) Quali caratteri
contraddistinguono nella vita del cittadino lo spirito, il costume democratico?. Cfr. Risposte al primo
Referendum, in Solidariet, n. 2, ottobre-novembre 1944.
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1. Genere e forme di partecipazione politica tra fascismo e Repubblica: il caso di Olga Arcuno
sociale di educatrice, che le consentiva di estendere lefetto della sua pedagogia
sociale dalla scala minima di una classe a quella molto pi ampia del paese, ge-
nerando cos una dimensione corale. Guardando complessivamente il lavoro di
Olga Arcuno e Lelia Mangiarotti possibile infne ritenere che Solidariet abbia
costituito implicitamente un considerevole atto di biasimo nei confronti del regi-
me, e in particolare delle sue politiche culturali, considerando il grave danno pro-
curato a molti esponenti delle generazioni nate e cresciute nelle scuole fasciste. Il
duro lavoro sostenuto dalle due inseparabili amiche costituisce quasi il precipitato
delle idee politico-pedagogiche della fondatrice: in primo luogo testimonianza
di unintera vita dedicata al risveglio delle coscienze degli indifesi (giovani, donne),
di cui si mirava a favorire la libert di critica e lo sviluppo delle inclinazioni indivi-
duali. Inoltre, Solidariet il luogo dove linsegnante libera di dare voce a talune
idee politiche che il precedente contesto culturale le impediva di manifestare, se
non a carissimo prezzo: il suo femminismo, il suo antifascismo, la sua avversione
per la corona e la Chiesa cattolica. Tenendo infne presente complessivamente il
suo percorso di attivista, possibile comprendere a pieno le strategie messe in atto
da Olga Arcuno per giungere a un compromesso tra le proprie idee politiche e
il costume di rispettabile e capace insegnante, che in molti casi e per molti versi
infuenz le sue scelte di vita.
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2. Fondatrici, sostenitrici, utenti del Movimento
Italiano Femminile:
elementi di una biograa collettiva
M. Eleonora Landini
Resta ancora quasi del tutto insondato come, negli anni di transizione dalla ditta-
tura alla democrazia, larea neofascista, che andava riorganizzandosi, si confront
con la nuova presenza femminile sulla scena politica e se e come le donne di destra
afrontarono la propria specifcit di genere allinterno del loro contesto culturale
di riferimento.
Tanto i movimenti neofascisti quanto il Movimento sociale non prestarono
grande attenzione al ruolo delle donne, probabilmente distratti da pi pressanti
assilli in primis quello della sopravvivenza. Daltronde, da parte delle stesse mi-
litanti di estrema destra non sembra essere presente una convinta vocazione riven-
dicazionista, tant che negli interventi uf ciali e nelle testimonianze delle dirette
protagoniste si evince una scarsa rilevanza conferita allidentit di genere
19
.
Se questa fu senza dubbio la tendenza dominante, la pluralit di anime di cui
fu composto il neofascismo impone alcuni distinguo. Nel pulviscolo di gruppi
di marca neofascista che si difuse nei tardi anni Quaranta, si oppose a questa
prospettiva il Movimento italiano femminile (Mif ), cui merita di essere accordata
unattenzione particolare poich mise in luce un protagonismo femminile insolito.
Oggetto di cancellazione dalla memoria collettiva, anche nei circuiti della destra
reducistica, il Mif stato per lo pi ignorato dalle ricostruzioni storiografche o
19 Dittrich-Johansen, H. Fedelt e ideali delle donne nel movimento sociale italiano. Il caso tori-
nese (1945-1990), in Silvestrini, M.T.; Simiand, C.; Urso, S. (a cura di) Donne e politica: la presenza
femminile nei partiti politici dellItalia repubblicana, Torino 1945-1990, Torino, Franco Angeli, 2005,
p. 718.
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Capitolo 6. Lampiezza di un margine. Genere, cittadinanza e politica nellItalia repubblicana
descritto con cenni approssimativi
20
, che di volta in volta lo hanno ridotto a or-
gano del Msi o liquidato come associazione caritatevole. In realt, il Mif che si
occup di assistere a livello morale, materiale e legale fascisti in dif colt, detenuti
o latitanti nacque prima del partito e a esso si leg con un patto di collaborazio-
ne solo nel 1952, mentre il tentativo di appiattire quellesperienza esclusivamente
sullaspetto di cura sarebbe limitante, oltrech fuorviante.
La fondatrice
Il Mif nacque uf cialmente a Roma il 28 ottobre 1946, preceduto da una lun-
ga gestazione. Animatrice del movimento, cui ben presto fu af data la carica
di Segretaria generale, fu la principessa Maria Pignatelli Cerchiara di Calabria.
Nata contessa Elia, rapidamente separatasi dal fglio del prefetto di Palermo, il
marchese De Seta, con cui ebbe quattro fgli, nel corso degli anni Venti e Trenta
Maria aveva condotto la vita agiata che il proprio rango le consentiva. Il legame
amoroso con il quadrumviro Michele Bianchi aveva contribuito a raforzarne la
posizione di infuenza ampiamente descritta e biasimata nelle note informa-
tive del fascicolo che la Polizia politica del regime aveva aperto sul suo conto,
dove limmagine della patronessa si accavalla a quella della mangiatrice di uo-
mini assetata di potere
21
. Nel 1938 avvenne lincontro con il principe Valerio
Pignatelli Cerchiara di Calabria avventuriero, militare di carriera e giornalista,
fascista inquieto che di tanto in tanto rassegnava le dimissioni dal Pnf
22
, che
nel 1942 sfoci in matrimonio.
Tra il 1943 e il 1944 i coniugi Pignatelli furono attivissimi organizzatori di
quella resistenza fascista
23
che nei territori dellItalia meridionale riusc a co-
agulare un numero consistente di fascisti
24
attorno ad azioni dimostrative, ma
anche sabotaggi e attentati, a danno dellesercito alleato e di antifascisti locali.
Proprio per ottenere sovvenzioni per i fascisti meridionali la principessa, nellaprile
1944, avrebbe incontrato Benito Mussolini: questi le avrebbe invece prospettato
20 Cenni al Mif in Rosenbaum, P. Il nuovo fascimo da Sal ad Almirante, Milano, Feltrinelli, 1975
(1974), p. 66; Murgia, P.G. Ritorneremo! Storia e cronaca del fascismo dopo la Resistenza 1950-1953,
Milano, SugarCo, 1976, pp. 168-179 e pp. 172-173; Ignazi, P. Il polo escluso. Proflo storico del Mo-
vimento Sociale Italiano, Bologna, Il Mulino, 1998 (1989), p. 62.
21 Cfr. Archivio Centrale dello Stato, Ministero dellinterno, Direzione generale Pubblica Sicurezza,
Divisione Polizia Politica, Fascicoli personali, 1927-1944, Pacco 425, De Seta Maria Elia marchesa.
22 Parlato, T. Fascisti senza Mussolini. Le origini del neofascismo in Italia 1943-1948, Bologna, Il
Mulino, 2006, p. 39.
23 Ignazi, Il polo escluso cit., p. 17.
24 Parlato, Fascisti senza Mussolini cit., p. 41.
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2. Fondatrici, sostenitrici, utenti del Movimento Italiano Femminile
la necessit di un movimento femminile di assistenza animato dalla famma
dellIdea, che trascendesse la semplice funzione di cura per assumere il ruolo di
perno attorno al quale ricostruire una rete, di cui le donne dovevano essere le
maglie connettive.
Arrestati in quello stesso aprile 1944 e tradotti in diferenti campi di concen-
tramento alleati, i principi, insieme a molti compagni di prigionia, si ritrovarono
a Roma nellestate 1946.
Il contesto generativo
La capitale si prestava a ospitare tra il 1945 e il 1946, decine di migliaia
di rifugiati politici, che dopo lamnistia divennero quasi duecentomila
25
. Maria
Pignatelli ebbe in efetti in quei mesi frequenti incontri con quelli che saranno
i fondatori del Mif, tra cui monsignor Silverio Mattei, responsabile della Sacra
Congregazione dei Riti (uno dei dicasteri della Curia romana), che divenne lassi-
stente ecclesiastico del movimento. Ci si cercava e ci si contava nella prospettiva di
riunire i volenterosi [] per assistere i perseguitati. Assistere, lenire i dolori della
guerra ed estinguerne lodio
26
: si dava cos vita a una comunit sparuta ma coesa,
tanto che una delle analogie in quel periodo pi ricorrenti nella pubblicistica del
movimento fu quella coi primi cristiani.
Lautorappresentazione neofascista avr sempre un taglio fortemente vittimi-
sta: fame, miseria, paura, controlli polizieschi ritornano con incredibile frequenza
nelle parole di quanti si considerarono dei proscritti, pur senza considerare le pro-
prie responsabilit (fecero propria lidea del castigo, obliterando lidea del delitto
ha scritto Sergio Luzzatto
27
). Eppure, con lamnistia, si compiva la prima e pi
signifcativa tranche di un percorso che avrebbe condotto a un sostanziale colpo
di spugna sui crimini fascisti
28
, allinterruzione delle norme epurative e al reinte-
gro degli orfani del duce
29
nel corpo sociale. Filippo Focardi ha infatti osservato
che su 12 mila fascisti imprigionati, 7 mila furono rimessi in libert entro il 31
25 Ivi, p. 153.
26 Archivio di Stato di Cosenza, Movimento italiano femminile (dora in poi ASCS, MIF), b. 1, f. 4,
sf. 1, resoconto della Conferenza di Edmondo Cione nel teatro Masciari di Catanzaro il 25/2/51 per
iniziativa del Movimento italiano femminile Mif, s.f., s.d.
27 Luzzatto, S. Il corpo del duce. Un cadavere tra immaginazione, storia e memoria, Torino, Einaudi,
1998, p. 40.
28 Cfr. Franzinelli, M. Lamnistia Togliatti. 22 giugno 1946: colpo di spugna sui crimini fascisti, Mi-
lano, Mondadori, 2006.
29 Cfr. Mammone, A. Gli orfani del duce. I fascisti dal 1943 al 1946, in Italia Contemporanea,
n. 239-240, 2005.
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300
Capitolo 6. Lampiezza di un margine. Genere, cittadinanza e politica nellItalia repubblicana
luglio 1946. Nel luglio dellanno successivo ne rimanevano dietro le sbarre circa
duemila. Nel 1952 ne restavano soltanto 266
30
.
Lassociazione
La fervida attivit che negli ultimi mesi del 1946 e nei primi del 1947 impegn i
promotori del Mif aveva il fne di attirare nuove socie e creare sezioni periferiche,
dipendenti dalla sede centrale romana, che rivestiva compiti coordinativi. La pe-
netrazione del Mif nel tessuto sociale avvenne in modo frammentario, spesso sol-
lecitata dal proselitismo compiuto dalla sua Segretaria generale. Maria Pignatelli,
fn da principio, aveva infatti avviato contatti e accolto proposte per sedi locali
31
: la
solerzia delle risposte fornisce unidea piuttosto precisa della disponibilit a impe-
gnarsi sul fronte neofascista. Basti pensare che nellautunno 1947, a un anno dalla
fondazione dellassociazione, i Mif costituiti risultano 61, di cui 52 in capoluoghi
di provincia (su un totale di 91 province italiane dellepoca)
32
.
Lorganizzazione, per sostenersi, usufru innanzitutto delle possibilit econo-
miche dei soci, che infatti costituirono la maggiore fonte di entrata dopo le muni-
fche elargizioni della principessa. Bench lorganigramma dellassociazione fosse
rigorosamente femminile, intrattenere relazioni con il ct maschile era dunque
essenziale: resta pur sempre vero, come ha notato Laura Guidi a proposito delle
opere di carit ottocentesche, che gli uomini sono indispensabili alleati, perch
solo nellalleanza con il denaro e con il potere le benefattrici possono realizzare i
loro progetti
33
.
Le socie
Lassociazione fu animata da unlite femminile alto-borghese e aristocratica, colta,
politicizzata, nata a cavallo tra il XIX e il XX secolo, educata in et liberale e venu-
ta in contatto con gli stimoli dellepoca il movimento femminile pro-sufragio,
il nazionalismo, il futurismo. Sono donne, quelle che supportarono il Mif, che
30 Focardi, F. La questione dei processi ai criminali di guerra tedeschi in Italia: fra punizione fre-
nata, insabbiamento di Stato, giustizia tardiva (1943-2005), in Storicamente, n. 2, 2006 (www.
storicamente.org).
31 Cfr. ASCS, MIF, b. 84, Agenda del 1946 e Agenda del 1947.
32 Cfr. ASCS, MIF, b. 1, f. 5, sf. 2, Elenco dei M.I.F. costituiti, s.d. (ma collocabile al settembre 1947,
quando doveva tenersi originariamente il I Congresso nazionale del Mif ).
33 Guidi, L. La Passione governata dalla virt: benefattrici nella Napoli ottocentesca, in Ferrante,
L.; Palazzi, M.; Pomata, G. (a cura di) Ragnatele di rapporti. Patronage e reti di relazione nella storia
delle donne, Torino, Rosenberg&Sellier, 1988, p. 159.
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301
2. Fondatrici, sostenitrici, utenti del Movimento Italiano Femminile
esulano nettamente dalla media delle loro contemporanee; sono privilegiate che
avevano ricevuto uneducazione cosmopolita, avevano viaggiato e appreso diverse
lingue straniere (come Maria Pignatelli) o avevano avuto accesso a unistruzio-
ne universitaria e avevano costruito solide carriere professionali. Tutte avevano
aderito al fascismo: le pi politicizzate fn dai suoi esordi, mentre altre solo nel
momento in cui la dittatura si consolid.
La reciproca attrazione tra fascismo e aristocrazia gi usuale durante il regi-
me prosegu nel dopoguerra: la disponibilit di numerose esponenti della nobil-
t romana a impegnarsi pubblicamente nel Mif faceva s che i benefci che deriva-
vano dalla loro posizione economica e sociale fossero al servizio dellassociazione.
Su una discreta rappresentanza potevano contare anche le professioniste, pro-
venienti dalla borghesia medio-alta, la maggioranza delle quali esibiva curricula
politici molto densi. Avevano esperienze politiche pregresse Anna Ghezzi e Fedora
Lazzarini, segretaria del Fascio della capitale la prima, fascista antemarcia la se-
conda; cos come lartista campana Anna Dinella, ultima fduciaria dei Fasci fem-
minili del Pnf della provincia di Salerno
34
e membro del Consiglio nazionale del
Mif. Tra le componenti della Giunta centrale del Mif, inoltre, almeno tre fgure
meritano di essere richiamate: Clementina Santoni Pomarici, Rachele Ferrari del
Latte ed Elda Simeoni Norchi.
La prima, vedova di un detenuto politico e madre di una bambina, era stata
direttrice dellUf cio Statistica e Censimenti del Comune di Venezia e fduciaria
dei Fasci femminili durante la Rsi: epurata e condannata a trentanni di reclusio-
ne dalla Corte dAssise straordinaria di Venezia, benefci dellamnistia nel luglio
1946 e si trasfer a Roma, dove inizi a lavorare negli uf ci del Mif
35
.
Rachele Ferrari del Latte fu invece contattata personalmente da Maria Pi-
gnatelli il giorno stesso della fondazione del Mif
36
, per aderire prontamente alla
neonata organizzazione e rimanervi fno al 1950. Insegnante milanese, vedova,
Rachele del Latte era stata legionaria fumana e quindi si era iscritta al Pnf nel
1923, distinguendosi tra le pi attive promotrici dei Fasci femminili milanesi. Nel
1938 ne divenne Ispettrice nazionale e alla costituzione della Rsi fu tra le quattro
Ispettrici nazionali sulle 18 in carica al 25 luglio 1943 che rimase fedele alla
propria identit politica assumendo responsabilit direttive nel Pfr
37
.
34 Cfr. Appendice 1, Fiduciarie provinciali dei Fasci Femminili, in Dittrich-Johansen, H. Le militi
dellidea. Storia delle organizzazioni femminili del Partito Nazionale Fascista, Firenze, Leo Olschki,
2002, p. 250
35 Le informazioni sono tratte dal promemoria s.d. e s.f. contenuto in ASCS, MIF, b. 11, f. 39, sf.
9. In merito alla vicenda giudiziaria della donna, cfr. Franzinelli, M. Lamnistia Togliatti cit., p. 76.
36 Cfr ASCS, MIF, b. 84, Agenda del 1946.
37 Dittrich-Johansen, H. Le militi dellidea cit., p. 219.
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302
Capitolo 6. Lampiezza di un margine. Genere, cittadinanza e politica nellItalia repubblicana
Chi non abbandon mai il proprio incarico di Vice segretaria generale del
Mif fu Elda Simeoni Norchi. Gi futurista nel 1912, giovanissima, era entrata
in contatto con Filippo Tommaso Marinetti e quindi aveva collaborato a Roma
futurista, da dove scriveva veementi invettive politiche con lo pseudonimo di
Futurluce rimase in ombra durante il Ventennio, laureandosi in Farmacia e spo-
sando il collega Arrigo Simeoni. Ritroveremo Elda Norchi solo nel 1944, come
componente del gruppo clandestino fascista Onore: questo, secondo Piero Igna-
zi, rappresent uniniziativa ben pi ef cace di resistenza agli Alleati rispetto al
tentativo sostanzialmente dannunziano del principe Pignatelli
38
. Arrestata in
seguito allo smantellamento di Onore, condivise la reclusione in campo di con-
centramento con Maria Pignatelli, di cui divenne unamica fdata.
Scorrendo i percorsi biografci di alcune delle appartenenti al nucleo dirigen-
ziale del Mif, limpressione di avere a che fare con delle sopravvissute. Ed esat-
tamente il fatto di avere una coscienza politica viva e una inusuale dimestichezza
con le pratiche e gli ambienti della politica che costituisce il comune denominato-
re tra queste donne, insieme a una provenienza sociale e culturale simile. Proprio
lomogeneit del proflo delle mif ne costituir anche il limite e il principale
motivo di estinzione dellassociazione: al suo interno, tanto al vertice quanto alla
base, non trovarono spazio quante si discostavano dal modello dominante, come
le appartenenti a ceti meno abbienti o a generazioni pi giovani.
Lutenza
Tra il 1946 e il 1953 gli assistiti dallassociazione furono 3323 (di cui 312 donne),
provenienti da tutta Italia e animati dai medesimi ideali. In breve tempo il Mif
ebbe fama di organismo autorevole e infuente, in grado di intercedere in favore
del singolo presso i sistemi di potere.
La maggioranza degli uomini si rivolgeva allorganizzazione per motivi perso-
nali. Per quanti erano in libert, le priorit erano il reintegro lavorativo in seguito
a epurazione, la ricerca di un impiego, lottenimento della liquidazione pensioni-
stica, il bisogno di procurarsi documenti o visti per lespatrio; i detenuti concen-
travano le proprie richieste sui beni primari viveri, indumenti, medicine e sulla
possibilit di essere assistiti legalmente.
Per quanto concerne le donne, 57 intercedono in favore di terzi, 236 si rivol-
gono allassociazione per soddisfare una necessit personale o familiare, nel caso
siano coinvolti i fgli. Un dato che emerge con nettezza dalle lettere delle utenti del
Mif lintraprendenza di queste donne: moltissime, infatti, furono costrette a una
38 Ignazi, P. Il polo escluso cit., p. 18.
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2. Fondatrici, sostenitrici, utenti del Movimento Italiano Femminile
brusca responsabilizzazione per via della solitudine imposta dalle circostanze gli
uomini di famiglia, che fossero morti o dispersi in guerra, detenuti o latitanti, per
lo pi non erano al loro fanco.
Le esigenze personali sono le pi disparate, e fanno emergere un quadro in cui si
mischiano ingenuit, astuzie, disperazione. Molte preoccupazioni ruotano intorno
alla casa: case da riscaldare; case dove abitare; case che non si volevano abbandonare;
o le tante case di cui si reclamava la derequisizione. Anche la salute era una tematica
ricorrente nelle istanze delle assistite: erano donne sole, malate, o che non sapevano
come sopravvivere, per le quali un ricovero ospedaliero signifcava poter essere cura-
te, ma anche dormire in una stanza riscaldata e mangiare con regolarit.
Un nucleo corposo concerne le pratiche relative al sistema pensionistico (li-
quidazione, reversibilit o concessione di pensioni civili e di guerra): le utenti
contattavano il Mif talvolta per avere informazioni su come avviare una pratica,
pi spesso perch questo se ne interessasse, ponendosi come intermediario per
sollecitare il buon esito di una gi avviata.
Ma il lavoro a costituire il motivo preponderante per cui le donne contattava-
no il Mif: le richieste variavano dalla ricerca di unoccupazione allintercessione per
evitare il licenziamento, dalla raccomandazione per ottenere un posto statale o un
trasferimento alla domanda di referenze per un impiego. Le pi, tuttavia, si rivolsero
allassociazione di Maria Pignatelli perch epurate, spesso per aver aderito alla Rsi.
Impiegate pubbliche o insegnanti, sovente nubili, impegnate nel ricorso al Consiglio
di Stato o decise a intraprenderlo, chiedevano una consulenza legale o un intervento
del Mif che potesse favorirle, al fne di ottenere il reinserimento lavorativo.
Tra i fascicoli delle assistite, infne, un nucleo di particolare interesse riguarda le
detenute per motivi politici. Sono 43 i casi con cui il Mif entr in contatto, talvolta
in modo tangenziale, talvolta instaurando legami profondi. Alcune prendevano au-
tonomamente liniziativa di scrivere domandando assistenza sia legale sia materiale
dopo essere venute a conoscenza delle attivit e dellorientamento del Mif, magari
grazie alla segnalazione di una compagna di detenzione. Forse pi spesso, per, era
lo stesso Mif ad avvicinare le detenute, che si afrettavano ad accogliere, riconoscenti,
le piccole oblazioni in denaro, le brevi lettere dincoraggiamento o la possibilit di
usufruire gratuitamente dellassistenza legale che il movimento ofriva.
Certamente lappartenenza dei vertici del Mif allaristocrazia o quella di Sil-
verio Mattei alle alte gerarchie vaticane suscitava rispetto. indubbio, inoltre,
che gli assistenti ricoprissero una posizione di privilegio in rapporto alle assistite
e che queste avessero convenienza ad appoggiarsi allassociazione. Tuttavia sono
esigui i casi di assistite che esibiscano uno smaccato ossequio, e non casualmente
coincidono con quante avevano origini pi modeste e un minore livello di scola-
rizzazione. Le pi sembrano considerare che la comune fede politica potesse agire
da potente livella, dando loccasione di creare una relazione che non pu dirsi
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Capitolo 6. Lampiezza di un margine. Genere, cittadinanza e politica nellItalia repubblicana
orizzontale, ma neppure propriamente verticale, dal momento che ci si ricono-
sceva come parti di una stessa comunit. Ci non signifca che mancassero del
tutto stilemi e modalit di rappresentazione pi tradizionali la principessa venne
talvolta paragonata a una madre o a un angelo ma la consapevolezza di essere le
componenti di una famiglia, o le attrici di un progetto comune, era senza dubbio
pi pregnante.
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3. La violenza femminile singolare
Stefania Voli
I gruppi della sinistra cosiddetta extraparlamentare che fanno ingresso nel conte-
sto politico italiano sul fnire degli anni Sessanta ponendosene non di rado al
centro acquistano valore di cesura nella storia politica italiana ed europea del
secondo dopoguerra
39
, attraverso forme di protesta e militanza nuove, concepite
e attuate da altrettanto nuovi attori sociali prima non presenti sulla scena pub-
blica. Questi si inseriscono nella crisi della rappresentanza dei partiti tradizionali
con pratiche, quale ad esempio la presa di parola in prima persona, portatrici di
una responsabilizzazione diretta e soggettiva che contribuisce alla percezione di s
come soggetto politico a pieno titolo
40
.
Proprio al fne di mettere in primo piano i nuovi attori che nel passaggio
di decennio acquistano ruolo di protagonisti, mi sembrato urgente fssare lo
sguardo sul terreno della soggettivit. In particolare, tornare per mezzo della nar-
razione autobiografca sui passi di coloro i quali negli anni Settanta si distinsero
come attori dellampliamento dello spazio politico e della rimessa in discussione di
quello privato (nonostante proprio sulle memoria si condensino le pi controver-
39 Tra i principali testi di riferimento: Teodori, M. Storia delle nuove sinistre in Europa (1956-
1976), Bologna, Il Mulino, 1976; Tarrow, S. Democrazia e disordine. Movimenti di protesta e politica
in Italia 1965-1975, Roma-Bari, Laterza, 1990; Lumley, R. Dal 68 agli anni di piombo, Firenze,
Giunti, 1998; Artires, P.; Zancarini-Fournel, M. 68 une histoirie collective, La Decouverte, 2008;
Dreyfus-Armand, G.; Frank, R.; Lvy, M.F. et al. (dir.) Les Annes 68. Le temps de la contestation,
Paris, Complexe, 2000 (II ed. 2008).
40 Tolomelli, M. Giovani anni Sessanta: sulla necessit di costruirsi come generazione, in Capuzzo,
P. (a cura di) Genere, generazioni e consumi. LItalia degli anni Sessanta, Roma, Carocci, 2003, p. 213.
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306
Capitolo 6. Lampiezza di un margine. Genere, cittadinanza e politica nellItalia repubblicana
se questioni storiografche dedicate al periodo) ha reso possibile lindividuazione
di alcune delle intersezioni presenti tra eventi collettivi, esperienza individuale e
costruzione di soggettivit.
Soggettivit e approccio di genere sono, in questo percorso di ricerca, saldi
compagni di viaggio: donne e uomini attraversano lesperienza della militanza
nei gruppi extraparlamentari in modo diferente. , questa, una diversit che non
passa solo attraverso il genere, ma a volte lo fa soprattutto attraverso questo. Le
memorie consentono di osservare come donne e uomini si siano autorappresentati
durante (e dopo) lesperienza vissuta e di verifcare (se e) come tale autorappre-
sentazione abbia indirizzato il processo di costruzione delle identit di genere e la
ricostruzione della propria traiettoria biografca tout court.
In particolare, la questione della violenza politica si confgura come passaggio
cruciale nella soggettivazione dei singoli, per la capacit di tale tema di rivelare le
maggiori contraddizioni proprio allincrocio tra la memoria e lo sguardo di genere,
diventando crocevia nella creazione di una controversa memoria collettiva quan-
to di (auto)ripensamento individuale allinterno di quella esperienza. Proprio su
questo piano, lesperienza della narrazione femminile sembra giocare la sua partita
pi controversa.
Il 12 dicembre 1969 alla Banca Nazionale dellAgricoltura di Milano: la stra-
ge di Piazza Fontana si fssa nella memoria di molti testimoni come evento pe-
riodizzante, tanto a livello politico quanto individuale. Al clima di tensione che
tale momento instaura nel Paese, Lc reagisce con una maggiore strutturazione che
si traduce in una distribuzione del potere pi manifesta: lassegnazione di ruoli di
responsabilit messa in atto rende infatti esplicita lassenza delle donne nei posti
di gestione di unorganizzazione che ha molti vertici, quasi tutti di segno maschile.
Nonostante ci, attraverso le sue molte accezioni
41
la violenza e la sua te-
orizzazione entra a far parte della vita quotidiana di tutte e tutti i rivoluzionari
diventando un elemento collettivamente accettato o, comunque, accettabile
42
. Al-
meno inizialmente. Prima dellesodo, che si verifcher massiccio alla fne del 1976,
indubbio infatti che sia esistita anche tra le militanti una disponibilit, condivisio-
ne, adesione (con tutte le sfumature che le singole storie di vita mettono in campo)
che tuttavia, in sede di intervista va incontro a riaggiustamenti e risistemazioni con
specifche problematicit di genere. Anche per chi (almeno apparentemente) svolge
41 Se i servizi dordine si prestano facilmente come spazio di analisi della violenza politica agita nei
gruppi extraparlamentari esiste in realt una svariata gamma di pratiche e atteggiamenti difusi, che
andavano generalmente sotto letichetta di antifascismo militante, della quale gli scontri di piazza
non erano che un aspetto.
42 Passerini, L. Autoritratto di gruppo, Firenze, Giunti, 1988, p. 157.
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3. La violenza femminile singolare
con disinvoltura i propri ricordi (si tratta per la maggior parte di uomini), quello
della violenza rimane infatti largomento che maggiormente va incontro a pause,
silenzi, intercalari, non ricordo, quasi che la memoria necessitasse ancora di spazio
e tempo per ricomporsi, situarsi nel presente, dotarsi di senso.
In tale atteggiamento narrativo non esiste una netta diferenza di genere:
questultima, semmai, passa attraverso gli appigli e i riferimenti che il linguaggio
e le memorie (soprattutto delle donne) si danno per farsi ricostruire, raccontare,
accettare, comprendere.
Con una evidente omogeneit, le interviste raccolte ritrovano nellineluttabi-
lit della difesa una delle interpretazioni pi salde della frammentata memoria
collettiva. Il riferimento al contesto di forte repressione in atto da parte delle isti-
tuzioni (insieme alla crescente presenza neofascista) il punto da cui ogni testi-
mone fa partire il proprio ricordo e che pone le scelte di Lc prevalentemente in
termini di risposta necessaria, reazione inevitabile. Nella costruzione di tale
discorso per gli uomini come per le donne e oggi come allora il legame ideale
con la tradizione antifascista assume inoltre una forte valenza autogiustifcatoria
43
.
Nellesperienza del ricordare, lappartenenza di genere pu pilotare, ma
non determinare le diferenze narrative. Che siano tendenzialmente gli uomini
ad afrontare con maggiore disinvoltura la memoria della violenza agita cosa
quasi ovvia: Lc, come tutte le altre organizzazioni a essa omologhe, non estra-
nea allideologia di tradizione marxista-comunista della violenza rifondatrice che,
concretizzatasi durante la Resistenza nella fgura del partigiano, risale fno a quella
del rivoluzionario leninista e del cittadino in armi della rivoluzione francese. Un
condensato di combattentismo maschile vissuto come cifra naturale della lotta,
che esclude teoricamente a priori la presenza femminile
44
.
Proprio il rapporto meno scontato tra rivoluzionarie e violenza, fn dal primo
momento in cui questo si propone, impone alle militanti di Lc una problematizza-
zione che rispecchia la contraddizione della loro partecipazione a un contesto che va-
gheggia la radicale innovazione della societ, ma lo fa ricadendo nelle pi tradiziona-
li forme della politica (fortemente connotate quindi in senso maschile e maschilista).
Tale antinomia si traduce in un particolare registro narrativo che porta una
connotazione di genere (femminile singolare, non collettivo): ognuna delle ex
militanti (ma anche alcuni compagni) sembra fssare idealmente un limite di
defnizione, di tollerabilit, di condivisione e giustifcazione delluso della forza,
43 Come si legge anche in Sommier, I. La violence politique et son deuil, Rennes, Press universitaires
de Rennes, 1998, p. 82 e in Passerini, L. Autoritratto cit.
44 Cfr Bravo, A. Noi e la violenza. Trentanni per pensarci, in Bravo, A.; Fiume, G. (a cura di) Anni
Settanta, in Genesis. Rivista della Societ Italiana delle Storiche, III/1, Roma, Viella, 2004, p. 43.
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308
Capitolo 6. Lampiezza di un margine. Genere, cittadinanza e politica nellItalia repubblicana
oltre il quale la reazione il disagio, il rifuto, la sottrazione. Mentre prima del-
lo sconfnamento si incontrano termini quali risposta, controviolenza, gioco
(che per quanto pericoloso ancora defnito come tale), ci che si trova oltre
descritto come una deriva, unesibizione, in cui la connotazione teatrale perde
il suo carattere ludico, restando solo come mera dimostrazione di forza, spesso
neppure aderente alla realt. Avvertita la possibilit di sconfnamento la reazione
riscontrata la deviazione del focus del proprio ricordo verso ambiti tradizional-
mente elettivi della presenza femminile, quelli cio che Anna Bravo defnisce le
seconde e terze fle della violenza
45
: incarichi accessori, non da protagoniste.
Ma la memoria difende se stessa cercando anche altre vie di fuga al racconto:
frugando nei ricordi in cerca di un episodio scatenante il distacco da un contesto e
una pratica politica che se fno ad allora era stata accettata, agita, dopo quel mo-
mento mette in atto una (totale o parziale) riconsiderazione. Inoltre i ricordi delle
ex militanti spesso associano la paura provata in presenza di violenza politica alla
dichiarazione di banale accettazione di questa. Lunione dei due elementi ha lef-
fetto (e forse lobiettivo) di allentare ulteriormente il legame tra donne e uso della
forza: accettare signifca acconsentire, approvare condizioni che, per defnizione,
non sono decise direttamente dal soggetto parlante, che lo stesso termine conse-
gna alla passivit (io accettavo, se loro dicevano che era giusto, andavo dietro).
Particolarmente appropriata in questo senso la rifessione della politologa ame-
ricana J.B. Elsthain a proposito degli stereotipi che cristallizzano il rapporto tra
donne e guerra (e, pi generalmente, i contesti di violenza):
La guerra degli uomini: gli uomini sono gli autori storici della violenza organiz-
zata. S, le donne sono state coinvolte ed stato chiesto loro di osservare, sofri-
re, fronteggiare le dif colt, portare il lutto, tributare onori, adorare, testimoniare
e lavorare. Ma sono stati gli uomini a descrivere e defnire la guerra, mentre le
donne ne sono state infuenzate: esse per lo pi vi reagiscono
46
.
La paura, assente nei ricordi maschili, accompagna con frequenza i racconti
delle ex militanti. La sua rievocazione, oltre a essere unemozione reale, si rivela
alloccorrenza anche sentimento utile: diversamente da quanto accade con gli
uomini, esso socialmente concesso (anzi intrinsecamente previsto) al soggetto
donna, facilmente spendibile nel momento in cui questo desidera afrancarsi dalla
partecipazione a eventi che creano confittualit nel processo di creazione del s.
Tendenzialmente si sar molto pi disposti a credere che sia una donna ad avere
45 Bravo, A. Noi e la violenza cit., p. 47.
46 Elsthain, J.B. Donne e guerra, Bologna, Il Mulino, 1991, p. 228.
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309
3. La violenza femminile singolare
paura di uno scontro fsico con le forze dellordine durante una manifestazione
decretando in questa situazione la sua efettiva estraneit rispetto a circostanze
di uso attivo della forza piuttosto che un uomo. Questultimo non natural-
mente estraneo a quel tipo di sentimento, ma culturalmente formato per essere
reticente ad ammettere per lo pi anche a se stesso di poterlo provare ed ester-
nare senza remore e senza stigmatizzazioni (da parte degli altri compagni ma
anche delle compagne). Risultato di tacite regole e aspettative che la tradizione,
limmaginario, il contesto creano e perpetuano.
Tuttavia importante sottolinearlo le storie di vita intervengono per sot-
tolineare quanto le diferenze possano essere molteplici e non passare necessaria-
mente attraverso le direttrici del genere, mostrando come le parti siano talvolta
scambiate, ma soprattutto come i confni non siano afatto chiari, le dicotomie per
nulla nette
47
. La violenza (il rapporto con questa) forza lidentit delle singole
(e dei singoli) e porta non di rado a una sospensione come si visto spesso di
carattere provvisorio e del tutto reversibile delle regole e delle tradizionali iden-
tit di genere
48
.
Esiste poi unaltra tipologia di paura: anche laddove il ricordo tende a sot-
tolineare il personale rifuto alla partecipazione diretta, negli atteggiamenti delle
militanti presente unaccondiscendenza dovuta alla forza di persuasione eserci-
tata dalle circostanze esterne (che fanno apparire le decisioni organizzative prese
dal gruppo come indotte, e quindi giustifcate), dai principi dellorganizzazione e
dal timore di emarginazione da questa. Nonostante in un secondo momento la ri-
fessione femminista arriver a mettere in discussione laspetto di coesione giocato
dalla violenza, durante i primi anni di militanza, per molte donne il desiderio di
non rimanere escluse dalla comunit di appartenenza si tradurr nella convinzione
o nel convincimento a doverci essere. Questo tanto pi vero parlando di vio-
lenza politica, la quale, come osserva Isabelle Sommier, diventa fondamentale sia
nel percorso di soggettivazione dei militanti sia in quello di coesione del gruppo:
cratrice de valeurs nouvelles, elle (la violenza politica, nda) est signe dappar-
tenance une communaut non seulement en marge du systme, mais en lutte
ouverte contre lui
49
.
47 Saraceno, C. introduzione alledizione italiana di Elshtain, J.B. Donne e guerra cit., p. 12. Le
storie di vita alle quali si fa riferimento, sono state raccolte durante il lavoro di tesi di dottorato di
chi scrive (Soggettivit dissonanti. Movimenti extraparlamentari nellItalia degli anni Settanta. Percorsi
biografci tra storia e memoria. Il caso di Lotta Continua a Torino, Universit degli Studi di Napoli
LOrientale, Dottorato Internazionale in Storia delle Donne e dellIdentit di Genere nellEt Mo-
derna e Contemporanea, VI ciclo).
48 Saraceno, C. in Elsthain, J.B. Donne e guerra cit., p. 13
49 Sommier, I. La violence politique cit., pp. 62-3.
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Capitolo 6. Lampiezza di un margine. Genere, cittadinanza e politica nellItalia repubblicana
La possibilit di un confronto (personale e collettivo) sul problema della
violenza agita viene a essere eluso attraverso un ulteriore meccanismo che torna
con frequenza nei racconti femminili: il trasferimento del discorso su un diverso
piano, quello della subordinazione delle donne nellorganizzazione. Come sotto-
posta a uno sforzo di elaborazione complesso, forse doloroso, queste sembrano
adottare una tattica di ribaltamento: non avendo una memoria collettiva cui
aggrapparsi con sicurezza, cui delegare il registro narrativo, le testimoni spostano
il discorso dalla violenza agita a quella (direttamente o indirettamente) subita.
questultima infatti una forma di violenza che risulta pi accettabile alle stesse,
perch conforme alle tradizionali modalit di costruzione dellidentit femminile
e perch successivamente collocata dal movimento delle donne (cui molte delle
testimoni prenderanno parte) allinterno di uno specifco luogo di elaborazione e
trasposizione in parole. Appellarsi alla violenza subita signifca, in ultima analisi,
appellarsi a un registro narrativo, per quanto doloroso e controverso, meno di-
sturbante nel percorso di autorappresentazione, pi sostenibile individualmente e
collettivamente. Gioca a favore di questa trasposizione lesistenza di una memoria
collettiva consolidata che appartiene a Lc riguardante il ruolo del neofemminismo
nella messa in discussione dellintera storia dellorganizzazione, partita anche e
soprattutto dal confitto sulla questione della forza
50
.
Le testimonianze degli uomini come delle donne non negano in assoluto
lesistenza di una reale connivenza femminile con la violenza politica. Allo stesso
modo per il mancato confronto a livelli pi elaborati della memoria che sap-
piano cio smarcarsi dalle stereotipizzazioni non arriva neppure a mettere in
discussione la tendenza pacifsta che si tende ad attribuire alle donne come
una naturalit che non esiste o che si chiama naturale perch cos imposto
dal mondo esistente
51
. In questa mancata costruzione e articolazione di memoria
collettiva costituisce possibilit il fatto che la presenza delle donne in ambiti con-
sacrati al confitto attivo rappresenti semplicemente unassunzione dei tradizionali
modelli (maschili) di militanza, dovuta come gi detto al desiderio di integra-
zione, al timore di marginalizzazione.
Lontano dallesaurimento di una tale controversa e complessa questione,
possibile afermare che la violenza agita dalle donne rappresenta tuttora una pro-
blematica irrisolta nella memoria collettiva e nella storia, che sconta lassenza di
tematizzazione delle tensioni e delle contraddizioni implicate nellattivismo poli-
tico delle donne. In particolare, il farsi memoria dellesperienza delle ex rivoluzio-
50 Cfr Voli, S. Quando il privato diventa politico: Lotta Continua 1968-1976, Roma, Edizioni As-
sociate, 2006.
51 Passerini, L. Storie di donne e femministe, Torino, Rosemberg&Sellier, p. 75.
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3. La violenza femminile singolare
narie subisce la problematicit che ha segnato in passato la partecipazione delle
donne alla Resistenza, che pure nella coscienza collettiva e iconografa dominante
stata la guerra giusta per eccellenza. Un tale vuoto di elaborazione collettiva,
non ha consentito di ridefnire radicalmente le identit di genere, in particolare
lidentit sociale femminile, nella societ pur fondata sulla Resistenza
52
. Non di
secondaria importanza segnalare come i principali testi riguardanti la partecipa-
zione femminile alla guerra di Liberazione inizino a essere pubblicati stimolati
anche e soprattutto dalla rifessione femminista a partire dal biennio 1976-77
53
,
quando la parabola dei gruppi extraparlamentari ormai volta al termine e molte
militanti sono entrate a far parte del movimento delle donne (nel quale forte la
tendenza a denunciare la violenza subita e quella introiettata piuttosto che quella
agita e condivisa), prediligendo, se non loblio, almeno unelaborazione pacifcata
del proprio s e contaminata dai discorsi pubblici tendenzialmente criminalizzanti
che su questa esperienza sono stati prodotti.
La combinazione di tutti questi fattori ha compromesso defnitivamente la
possibilit delle militanti dei gruppi extraparlamentari di riconoscere e appellarsi
per lelaborazione dei proprio ricordi a riferimenti storici e immaginari non
tradizionali assolvendo alla funzione di ricreare e garantire la posizione delle don-
ne come non combattenti e quella degli uomini come guerrieri
54
.
Tuttavia, un tale percorso anche esempio di come ottica di genere e storia
orale siano mezzi preziosi per restituire alle protagoniste una soggettivit oc-
cultata dalla storiografa, viziata dagli archetipi e gli stereotipi che le relegano, da
sempre, ma in particolar modo nella storia politica, ai margini, per usare le parole
scelte dal panel. Le autonarrazioni consegnano infatti la percezione che tale margi-
ne sia stato ampio, e che questo possa trovare proprio nellanalisi (transdisciplina-
re) la possibilit di dilatarsi e aggiungere parti a una storia che, come la memoria
che la racconta, si presenta ancora marcatamente frammentata.
52 Saraceno, C. in Elsthain, J.B. Donne e guerra cit., pp. 18-9.
53 Mi riferisco in particolar modo ai testi di Bruzzone, A.M.; Farina, R. La resistenza taciuta. Dodici
vite di partigiane piemontesi, Milano, La Pietra, 1976 e di Guidetti Serra, B. Compagne, Torino,
Einaudi, 1977.
54 Elsthain, J.B. Donne e guerra cit., p. 38.
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CAPITOLO 7
Il fare politica e il fare societ delle donne
negli anni Settanta: voci, esperienze, lotte
a cura di Beatrice Pisa
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Introduzione
Beatrice Pisa
Gli anni Settanta, periodo di mutamenti epocali a livello macrosistema come a
livello locale e personale, costituiscono un periodo di dif cile lettura. Il culmine
e poi lesaurirsi della fase della prosperit economica e della stabilit fnanziaria, il
repentino mutamento di prospettive economiche e culturali hanno condotto a un
incrociarsi e sovrapporsi di dimensioni e piani diversi, a un alternarsi repentino di
modifche sostanziali che hanno disarticolato le realt culturali, sociali istituzionali
ed economiche riorganizzandole in maniera molteplice con inattesi esiti collettivi
e individuali.
solo da qualche anno che il mondo degli storici e delle storiche ha preso
atto della crucialit del periodo per una lettura complessiva del secondo dopo-
guerra, focalizzando lattenzione sulla stagione dei movimenti, sulla scolarit di
massa, sul nuovo mercato dei consumi, sulle inef cienze istituzionali, sul disagio
della condizione operaia, sul paese mancato per dirlo con il titolo del fortunato
libro di Crainz. Cos, mentre lopinione pubblica e i manuali scolastici ancora
stentano a concepire la svolta degli anni Settanta come una fase di mutamento
epocale, fnendo spesso per appiattirne la complessit e la vivacit sociale e politica
nellimmagine fn troppo utilizzata degli anni di piombo, essa si pone sempre
pi chiaramente come espressione di un modello di modernizzazione contraddi-
torio e soferto come quello italiano, radice dei futuri inattesi esiti politici e sociali:
dallintensifcarsi dei corporativismi e dei localismi, al progressivo degrado del
sistema politico, fno al difondersi di progetti di sviluppo personali e complessivi
indiferenti al rispetto delle regole.
Questa raccolta di saggi parte dalla convinzione che in quel periodo ricco
di contraddizioni si svilupp una intensissima attivazione di energie positive, la
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Capitolo 7. Il fare politica e il fare societ delle donne negli anni Settanta: voci, esperienze, lotte
quale dette luogo a una fase irripetibile di conquiste sociali, culturali e legislative
che cambiarono il volto della nostra societ. E allinterno di questa fase il nuovo
protagonismo delle donne ha costituito ingrediente e reagente fondamentale, ri-
voluzionario e sovvertitore supplemento, come ha scritto Gabriella Bonacchi,
allinterno di una storia in veloce e tumultuoso movimento. Se le culture e le pra-
tiche politiche delle donne emergono come la sostanziale discontinuit di quegli
anni, la vera messa in discussione degli assetti tradizionali, allora diventa partico-
larmente rilevante proseguire il lavoro di indagine ormai iniziato in sede storica
allargandolo agli ambiti meno scontati e alle interconnessioni non ancora del tutto
analizzate di un percorso vissuto nella molteplicit dei luoghi dellesperienza sog-
gettiva e collettiva delle donne, negli spazi intermedi fra vissuti personali, movi-
menti e partiti. Una evoluzione fatta di presenze e di assenze, di andamenti lineari
e di fratture, di nuove parole come di antichi silenzi, che occorre porre in relazione
alle logiche del grande mutamento allinterno del Paese, ovvero al defnirsi del
nostro modello di modernizzazione, con le sue particolarit e le sue involuzioni.
Gli studi che qui si presentano si propongono di ofrire un contributo al ten-
tativo ormai in atto in sede storiografca di ricostruire un quadro tanto complesso
e non raramente incoerente, seguendo gli aspetti meno indagati di una evoluzione
cresciuta in collegamento a volte stretto e a volte poco evidente con gli ambiti e le
espressioni pi immediate della efervescenza sociale di quegli anni: nelle strade,
nelle piazze, nei piccoli gruppi, ma anche nelle scuole, nelle sedi dei partiti, nei
sindacati e nelle articolazioni meno conosciute o considerate dello stesso movi-
mento femminista.
Il lavoro di Stefania Boscato, utilizzando per la prima volta in maniera in-
tensa e approfondita larchivio del Mf della Dc, esamina il vissuto politico delle
donne appartenenti a questo movimento, giungendo a conclusioni innovative,
a tratti inattese. I meccanismi partitici e le opportunit politiche hanno infatti
fno a questo momento tenuto in ombra il ruolo critico di queste rispetto alle
modalit di gestione del potere da parte del partito e al suo percorso organizzativo
e politico. Da questo saggio emerge invece un inedito ruolo di coscienza critica,
di sollecitazione in senso progressista di queste donne, che and dallappoggio
dato da alcune negli anni Sessanta alle proposte di allargamento a sinistra, fno
alle espressioni in favore di una reale parit fra i coniugi e, perfno, in favore del
divorzio. Non manc, a tratti, neppure la capacit di riattraversare e reinterpretare
gli orientamenti pastorali e i dogmi religiosi, dato signifcativo per la tendenza che
segnala a tenere separate le dimensioni politiche da quelle confessionali.
Le democristiane non solo polemizzarono contro lincredibile scarsit delle
candidature femminili presentate nelle liste del partito e contro limpossibilit del-
le donne di accedere a posizioni di responsabilit al suo interno, ma criticarono la
sua sempre pi accentuata involuzione in senso oligarchico e la sua strutturazione
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Introduzione
correntizia. E anzi, nelle considerazioni di Boscato, stato proprio il rifuto della
dirigenza partitica di ascoltare le istanze provenienti da queste donne, come quelle
provenienti dal movimento giovanile, che ha defnito il graduale percorso di allon-
tanamento della Dc dalle istanze di base, che avrebbe signifcato involuzione clien-
telare e correntizia, ma anche insuf cienza della iniziativa politica. Aver assunto
langolo di osservazione della parte femminile conduce infatti a spiegare alcuni
momenti fondamentali della vita della Dc, come ad esempio la sconftta referen-
daria del 1974. Secondo lautrice lincredibile impreparazione del partito rispetto
al tema famiglia era legata alla incapacit sostanziale di comprendere e ofrire cit-
tadinanza politica alle istanze provenienti dalle donne. La delega fduciaria a
esse di una serie di temi sentiti come femminili fniva per determinare una assenza
politica del partito di notevole portata e conseguenze. Il problema di fondo che si
pose sempre a queste attiviste fu dunque quello della integrazione politica e orga-
nizzativa del Mf nel partito, della alternativa fra agire politicamente come donne,
ma ricevere assai scarsa considerazione, oppure superare la separatezza e accettare
una integrazione in modalit e tematiche in cui non potevano interamente rico-
noscersi. A parere dellautrice, queste rifessioni furono sollecitate in maniera non
secondaria dallirrompere sulla scena politica del movimento femminista.
Anna Balzarro, nel considerare gli orientamenti del mondo della scuola nel
corso degli anni Settanta, in rapporto alla notevole femminilizzazione del corpo
insegnante in quegli anni, esprime una considerazione simile in merito alla capa-
cit di infuenza delle culture femministe. Il suo lavoro, in particolare, osserva il
mondo della scuola da un angolo di osservazione originale e mai utilizzato fno
a questo momento: quello delle riviste del movimento delle donne, e in partico-
lare della pi nota e longeva di esse, Efe. Dallanalisi di quanto appare sulle sue
colonne emerge lesistenza di un rapporto circolare fra movimento femminista e
mondo della scuola che fnisce per qualifcare la scuola degli anni Settanta come
un laboratorio di idee e di speranze. Dalla intensa rete di relazione che ne sca-
tur, ricca di proposte e interventi, si originarono esiti che non appaiono del tutto
soddisfacenti, ma rispetto ai quali lautrice suggerisce di utilizzare uno sguardo
pi attento alle dimensioni meno ovvie ed evidenti. Alcune novit che si introdus-
sero in quegli anni, come labolizione della diferenza fra esercitazioni maschili e
femminili, ma pi in generale il processo di presa di coscienza di molte insegnanti
che scatur dalla nuova atmosfera culturale che il movimento delle donne difuse,
costituiscono infatti a parere dellautrice esiti apparentemente poco eclatanti, a
volte sotterranei, ma tuttavia capaci di incidere in maniera sostanziale sul substra-
to culturale di massa.
Il mio contributo di ricerca sceglie di mettere a fuoco la fase di maggiore
espansione e presenza sulla scena politica del movimento delle donne, evidenzian-
do come fossero attivi in quegli anni femminismi diversi per formazione, cultura,
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Capitolo 7. Il fare politica e il fare societ delle donne negli anni Settanta: voci, esperienze, lotte
modi di agire, che trovarono momenti di incontro, di contaminazione, di sinergia
di particolare intensit. Lo scritto si concentra sul laico e libertario Mld, la cui
vicenda appare particolare nel panorama dellepoca per la sua origine radicale, per
la scelta di continuo confronto/ scontro con le istituzioni, per la sua identit di
femminismo del fare e del rivendicare, per la sua organizzazione a livello naziona-
le. Ma anche per la sottovalutazione di cui stato oggetto. Stretto fra le due grandi
identit e appartenenze politiche e culturali che hanno caratterizzato il nostro Pa-
ese a partire dagli anni del dopoguerra, quella cattolica e quella comunista, riusc a
esprimere una azione intensa, capace di coinvolgere molte donne, ma condannata
allisolamento e allesaurimento. Federato inizialmente al Pr, ha vissuto una con-
danna epocale da parte del resto del femminismo che si attenuata solo nel corso
degli anni Settanta, quando si incontr con le spinte rivendicazioniste di una parte
del movimento, dando vita agli anni in cui il femminismo si espresse con una ten-
sione politica non pi ritrovata. Ma la sua identit politica e il ruolo centrale che
ebbe nel corso degli anni Settanta non hanno avuto fn qui riscontro storiografco.
Impossibile nellet dei movimenti, quando lurgenza dellazione rendeva dif cile
ogni rifessione teorica. Improponibile in seguito, di fronte al continuo perdere
terreno delle culture laiche, alla crescente sordit dei partiti nei confronti delle
istanze delle donne, allegemonia assunta allinterno del movimento delle donne
dal femminismo della diferenza, tutto improntato sulla rifessione flosofca e psi-
coanalitica, indiferente al rapporto con le istituzioni e con la norma.
Il lavoro di Rossella Del Prete, infne, partendo dallo Statuto dei lavoratori del
1970, presenta un signifcativo contributo a quello che pu essere considerato il
tema di fondo delle rifessioni sulla storia della condizione delle donne, quello del
lavoro, inteso sia come momento di espressione della dignit e identit individuale
che come possibilit di realizzare il reddito necessario allindipendenza personale.
Non stupisce quindi che il tema scorra in maniera sotterranea in tutti gli scritti che
qui si presentano. Anche se il neofemminismo degli anni Settanta, maggiormente
attento ai problemi del corpo e della sessualit, non concentr lotte e rifessioni
su tale questione e anzi se ne tenne lontano, per quanto di emancipatorio il tema
aveva sempre suscitato, lasciandolo alle donne pi vicine ai partiti e ai gruppi
extraparlamentari.
Il pregio del lavoro di Del Prete quello di cogliere loccasione del quaranten-
nale della legge 300 per tratteggiare in breve il percorso contraddittorio e acciden-
tato delle culture del lavoro che si sono afermate nel nostro Paese, giungendo a
un giudizio netto sul valore e signifcato di tale legge dal punto di vista della realt
delle lavoratrici. E bisogna dire che fno a questo momento non moltissime stu-
diose si sono cimentate nellimpegno di mettere a fuoco le dimensioni giuridico-
dottrinarie con ottica di genere, per la dif colt di contestare lastrattezza della
norma e di trovare momenti di incontro con una cultura femminista a partire
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Introduzione
dagli anni Ottanta impegnata a coltivare una intensa estraneit alle dimensio-
ni istituzionali e normative. Lo Statuto del 1970, punto di snodo fondamentale
dei diritti sindacali e del lavoro nel nostro Paese, costituisce invece momento di
rifessione irrinunciabile per chiunque si voglia occupare della storia del lavoro
femminile. Resta a dimostrarlo lintensit delle critiche, degli attacchi, dei progetti
di revisione e viceversa delle appassionate difese di cui la legge del 1970 stata
oggetto. Oggi, in particolare, ci troviamo di fronte a progetti di modifca da parte
governativa tanto radicali da annullarne del tutto le potenzialit.
Il problema della inadeguatezza di tale norma di fronte ai profondi mutamenti
che i processi di modernizzazione e di globalizzazione hanno prodotto nel mondo
del lavoro particolarmente complesso se si assume il punto di vista del percorso
culturale e normativo della realt lavorativa femminile. La legge 300 infatti vede
la luce in un momento in cui non solo ancora non si parlava di culture di genere
n di pari opportunit, ma in cui la legislazione italiana non era neppure giunta a
fare proprio il concetto di parit fra i sessi. Eppure tale legge contiene una esplicita
normativa antidiscriminatoria che, nota lautrice, si qualifcata indispensabile
apripista per tutte le norme che sarebbero venute in seguito. La questione se la
ristrettezza delloperativit di tale principio abbia conferito una certa debolezza
alla legislazione antidiscriminatoria italiana, con gravi ricadute sulla regolamenta-
zione del lavoro delle donne. Inoltre, possibile domandarsi se proprio la quan-
tit e lampiezza delle normative in tema di parit, non discriminazione e pari
opportunit approvate nel nostro Paese a partire dagli anni Ottanta, specie per
impulso dellordinamento comunitario, non qualifchi la legge 300 come obsole-
ta. Ulteriori dubbi sulla validit di tale legge vengono avanzati rispetto allassenza
al suo interno di regolamentazioni riguardanti la strutturazione delle defnizioni
di mansioni femminili e maschili, che il sistema tayloristico ha perfezionato nel
tempo, relegando le donne ai lavori pi umili e meno qualifcati. La questione,
di notevole portata per comprendere la costante dequalifcazione dellesperienza
lavorativa femminile, in rapporto al formarsi e al persistere delle rappresentazioni
delle identit dei due generi, ancora sofre di una sostanziale carenza di studi e
rifessioni. Ma lautrice sottolinea che anche per questi aspetti occorre far riferi-
mento al principio generale e fondante dello Statuto, il quale richiama comunque
al rispetto della dignit della persona del lavoratore (e della lavoratrice!) in netto
contrasto con il rigido e gerarchizzato assetto della piramide taylorista.
La conclusione, rilevante per la chiarezza della esposizione, che la legge 300,
che applic nei luoghi di lavoro i principi costituzionali, per uomini e donne,
pi attuale che mai, perch costituisce normativa di indirizzo fondamentale e
irrinunciabile, che sofre essenzialmente di un male tipicamente italiano: quello
di non aver ricevuto completa attuazione. Unica critica sembra quella della man-
canza di uno sguardo di genere nella defnizione del suo stesso nome: ma luso
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Capitolo 7. Il fare politica e il fare societ delle donne negli anni Settanta: voci, esperienze, lotte
del termine maschile lavoratori appare essenzialmente una carenza di rifessione
semantica dovuta al momento storico in cui la legge stata varata, carenza che
non pregiudica il valore di una legge fondante del sistema dei diritti nel campo del
lavoro, per entrambi i sessi.
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1. Il nesso liberazione / emancipazione:
lesperienza del Movimento Liberazione
della Donna
Beatrice Pisa
La scelta di focalizzare lattenzione sul Mld espressione non solo di unurgenza
personale, ma anche della scommessa di incrociare la memoria della testimone
con lo sguardo pi consapevole e rigoroso di chi fa storia, che pu approfttare
della prospettiva di lungo periodo e dellacquisizione di un metodo di indagine.
Proprio dal senno di poi di chi guarda indietro, a un trentennio di distanza,
scaturita la mia convinzione che la vicenda del Mld si pone in modo del tutto
originale nella storia politica delle donne di quegli anni per la capacit di porsi al
centro di una serie di battaglie cruciali in quegli anni nonostante la dimensione
(numericamente) minoritaria del suo femminismo laico e libertario. Quello che
pare rilevante della storia di questo gruppo inoltre non solo limprinting che
questa origine politica ha comportato, ma soprattutto il percorso di maturazione
che essa ha comportato.
Le battaglie, le istituzioni, il partito
Il Mld nasce fra il 1970 e il 1971 come gruppo federato al Pr su un progetto di li-
berazione antipatriarcale, antiautoritario, anticlericale e anticapitalista. Non origi-
na quindi dal piccolo gruppo, n dalla pratica di autocoscienza. Le sue richieste
confgurano una rivoluzione culturale sociale e politica, le sue battaglie puntano
sulla provocazione e sulla disobbedienza civile, ma nei termini di applicazione
delle norme e libert costituzionali e realizzazione dello stato di diritto.
Lorigine partitica e il riferimento allarea laica-libertaria sono stati motivo di
una condanna epocale da parte del movimento femminista che venuta meno o si
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Capitolo 7. Il fare politica e il fare societ delle donne negli anni Settanta: voci, esperienze, lotte
attenuata solo in una breve stagione. Una stagione in cui lattitudine del Mld a
un femminismo del fare e del rivendicare si incontrata con le progettualit di al-
cuni settori di un movimento in quegli anni in tumultuoso sviluppo, dando luogo
a una intensa e forse irripetibile fase di lotta e di protagonismo delle istanze delle
donne. Negli anni Settanta il MLd si trova in efetti al centro di quelle iniziative
e di quelle esperienze che hanno costituito il fulcro delle lotte femministe: i primi
consultori self-help, le lotte sullaborto, il centro di accoglienza per le donne pic-
chiate, la prima elaborazione della legge contro la violenza. Si deve anche al Mld
loccupazione della prima casa delle donne in Roma nel 1976, nonch la scelta di
aprirla a tutte, facendo diventare questo luogo un punto di incontro di culture ed
esperienze diverse, vero crogiuolo di quella politica di rivendicazione nel reale che
contraddistingue lazione del movimento femminista in quegli anni.
Il Mld eredita dal Pr la sua forma organizzativa, comprensiva di congressi,
mozioni, odg, cariche sociali ma, con il passare degli anni, il crescere di un vissuto
politico di genere mette progressivamente in questione tutte queste strutture.
Daltra parte la sua stessa dimensione nazionale (nel 1976 si contano ben 48
collettivi in varie citt italiane) che richiede una qualche forma di organizzazione
interna. Si sviluppa cos un percorso tormentato ma estremamente vitale di ricerca
di un assetto organizzativo in grado di tenere insieme lotta al verticismo e imme-
diatezza dellintervento, spazi di espressivit per ciascuna e conduzione ef cace.
Insomma si sperimenta lesercizio della democrazia dal punto di vista delle donne.
La proposta di continuo rapporto con le istituzioni, con la norma, come con
il mondo dei massa media, il metodo che il Mld propone al resto del movimen-
to, eppure fonte di continui dubbi e continue rifessioni.
Fra i rapporti pi rifettuti soferti di sicuro quello con il Pr: per alcune (le
attiviste della prima ora) fonte di rassicurazione e sostegno, per le donne che man
mano si vanno aggregando intralcio crescente, per tutte occasione di confronto
e scontro con la politica partitica. Lispirazione delle battaglie del Mld in efetti
allinizio oferta dal Pr, ma ogni tema rivisto, rimodellato e rivisitato.
Come nel caso della battaglia per il 50% dei nuovi posti di lavoro alle donne
che, ispirata dai radicali pi vicini alla cultura americana, ha il merito di introdur-
re in Italia, molto in anticipo sui tempi, la questione delle pari opportunit, della
valorizzazione della paternit, del superamento delle disposizioni di tutela. La rie-
laborazione che se ne fa nel Mld la rende la prima battaglia gestita interamente in
proprio, vera a propria speranza di defnizione di una nuova autonomia e di una
rinascita politica e identitaria.
Anche la battaglia sullaborto, che si pone alla base della nascita stessa del
Mld, pare inizialmente ereditata dal Pr, dal quale si riprendono modalit di lotta e
anche lidea che si tratti di un diritto civile da assicurare alla cittadinanza. Tuttavia
ben presto lesperienza fatta nei consultori autogestiti avvia un mutamento pro-
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1. Il nesso liberazione/emancipazione: lesperienza del Movimento Liberazione della Donna
fondo di prospettive, che signifca per il Mld incamminarsi verso una dimensione
della lotta non pi condivisibile con i compagni radicali. Nota Liliana Ingargiola:
Lincontro con il corpo e lutero femminile, nel consultorio self help e nella pra-
tica dellaborto, fu lincontro con il nostro corpo: non pi scisse fra ruolo politico
e vissuto personale. N i radicali n le radicali possono condividere tale pratica
giudicata eccessiva e non politica, uno scendere inaccettabile nella materialit del
corpo, rinunciando quindi alla funzione di guida e di orientamento che invece do-
veva costituire la caratteristica del Mld
1
. Probabilmente anche lidea di aprire un
centro di accoglienza per donne picchiate ispirata dalle esperienze Usa riportate
dai compagni radicali. Ma la realt vissuta sul campo nei consultori che accol-
gono donne di tutte le estrazioni sociali, culturali e politiche, rimodella progetti,
modalit, fno a rivedere dalla radice cosa signifchi fare politica.
Lallontanamento dal Pr avviato in parte (e con dif colt) da alcune delle
componenti del movimento pi vicine al partito, ma poi reso inevitabile dal
moltiplicarsi dalle esperienze di incontro con le altre: nei consultori, ma anche
ai tavoli di raccolta frme, nel crescere e moltiplicarsi degli stessi collettivi Mld che
si formano o si allargano sullonda del coinvolgimento nelle iniziative.
Particolarmente signifcativa lesperienza delloccupazione della nuova sede
di via del Governo Vecchio nellottobre 1976, che avvia un processo di crescita e
di revisione nei metodi, nelle prospettive e nella stessa composizione del movi-
mento, rendendo evidente, fra le altre cose, lincolmabile lontananza che si de-
terminata con il partito, defnitivamente sanzionata con la sfederazione del 1978.
Loccupazione infatti non solo porta allimmissione di molte donne provenienti
da esperienze e culture diverse, ma consente e sollecita un confronto e una crescita
comune con gruppi e collettivi femministi di diversa formazione ed estrazione.
La decisione di aprire a tutte le realt del femminismo, infatti, assai soferta per il
timore che suscita in molte compagne Mld di perdere la propria individualit di
movimento, sanziona la scelta di collocarsi allinterno del movimento femminista,
mantenendo comunque la propria originalit politica.
Il che segnala un altro tratto tipico del Mld, quello di oscillare fra scelta iden-
titaria e disponibilit ad aprirsi alle presenze e ai contribuiti delle altre donne:
attitudine questultima che a volte si rivela destabilizzante, fonte di smarrimento
e tensioni.
1 Ingargiola, L.; Cucchi, M. Dialogo sul Movimento di Liberazione della Donna, in Memoria,
1987, nn. 19-20, p. 60.
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Capitolo 7. Il fare politica e il fare societ delle donne negli anni Settanta: voci, esperienze, lotte
Lo strumento legge e la pratica femminista
Il Mld si muove sempre sullo scomodo crinale fra rivendicazione dellautodeter-
minazione delle donne, disobbedienza civile e richiesta di legalit. Compie scelte
eversive, ma nello stesso tempo si pone come custode dellordine.
La prima grande battaglia quella sullaborto. Gi al primo congresso, feb-
braio 1971, il Mld presenta una bozza di progetto di legge di iniziativa popolare
per un aborto libero, gratuito e assistito, lanciando una campagna nazionale per
la raccolta delle frme necessarie. Nel progetto si prevede labrogazione del titolo X
del codice penale riguardante i delitti contro lintegrit e la sanit della stirpe, non-
ch lobbligo per ospedali, cliniche o case di cura sovvenzionate di assicurare anche
il servizio sanitario per laborto volontario e per la consulenza circa ogni mezzo
anticoncezionale
2
. La prospettiva di fondo evidenziata da Adele Faccio: senza
libert sessuale, senza libert di gestione del proprio corpo non si pu dare nessun
tipo di libert [..] Il sesso essenza stessa della vita. Chi lo deforma deforma la vita
3
.
Nei mesi e negli anni seguenti ci saranno le autodenunce, le conferenze
stampa, i picchettaggi sotto il parlamento, i cortei, i sitting-in, i volantinaggi e
la provocatoria costituzione dei gruppi self-help aborto. Intanto il tema, che stava
ponendosi allordine del giorno in tutto il mondo occidentale, si imponeva allat-
tenzione anche del nostro Paese, suscitando una serie di prese di posizione da parte
del mondo della cultura, della scienza, della politica. Anche il mondo cattolico
non mancava di esprimersi: dal Papa, alle Acli, fno ai cattolici per il socialismo.
Suscitare il dibattito aperto nelle piazze e nella stampa fu il primo grande successo
[del Mld], si commenta dallinterno del movimento
4
. Tutti i partiti elaborano
proprie proposte di legge, fno a che si giunge al testo che poi sar approvato, che
il Mld defnisce legge trufa, ambigua e antifemminista
5
, sulla quale tenta di
intervenire con una serie di proposte, che nascono dalla pratica di autogestione del
corpo e della salute, vissuta nei consultori self-help
6
. Solo la minaccia referendaria
dellinizio degli anni Ottanta porter a passare alla difesa della legge 194.
La battaglia per laborto condotta dal Mld suscita fn dalle prime battute lop-
posizione del gruppo di Rivolta femminile, di quello della Libreria delle donne di
2 Si veda il testo della proposta in Mld. Campagna per labolizione del reato di aborto in Italia,
in Corriere della sera, 22 maggio 1971.
3 Faccio, A. Due parole sul Mld, in Roccella, E. (a cura di) Cisa-Mld, Aborto Facciamolo da noi,
Roma, ed. Roberto Napoleone, 1975, pp. 7-13.
4 Mld, la lotta per laborto, ivi, p. 29.
5 Documento del C.F. e del Collettivo consultori del Mld, in Bollettino Mld 4 aprile 1977, n. 10.
6 La Nuova Luna, mensile del Mld, n. 2, ottobre 1977.
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1. Il nesso liberazione/emancipazione: lesperienza del Movimento Liberazione della Donna
Milano, e del collettivo di via Cherubini a Milano, a partire dalla considerazione
che laborto, illegale o legale, [] parte integrante e segno di una sessualit an-
cora subalterna al desiderio maschile, che laborto di massa negli ospedali non
rappresenta una conquista di civilt perch una risposta violenta e mortifera al
problema della gravidanza
7
. Quello che si chiede che gli uomini pongano in
discussione il loro rapporto sessuale e che il movimento delle donne esprima au-
tonomia di analisi e di pratica. Da un punto di vista concreto tuttavia le proposte
alternative non sono chiare: la soluzione avanzata sembra quella della semplice de-
penalizzazione, che tuttavia pare troppo vicina alla iniziale posizione del Mld per
rendere ragione di un atteggiamento tanto critico. Di sicuro emerge una profonda
avversione a ogni esito normativo, a ogni ricerca di legge giusta, che si riproporr
con maggiore intensit rispetto alla legge contro la violenza.
La battaglia contro la violenza
Dai problemi drammaticamente proposti dalle tante af uite al centro contro la
violenza Mld e dalla sensazione collettiva che bisognava fare qualcosa, nasce gi
nel 1977 il progetto di modifcare leggi e procedure penali arcaiche e ofensive
per le donne
8
. Lanno della grande discussione sar 1979 quando dalla capitale,
e in special modo da quella originale dimensione comunitaria cresciuta nelle sale
polverose del Governo Vecchio, prende le mosse una iniziativa politica singolare
per larco delle forze coinvolte, ma anche per le conseguenze che porta allinterno
del movimento. Mld, Udi, collettivo di Pompeo Magno, le riviste delle donne, la
Fln donne, vari collettivi costituiscono un Comitato promotore impegnato nella
raccolta di frme per una legge contro la violenza, da presentare in parlamento.
Siamo gi in una fase defnita dai giornali di rifusso: mentre let dei mo-
vimenti afonda di fronte al crescere della violenza politica e la crisi economico-
fnanziaria avvia lavvento della societ post-industriale e post-solidale, si prepara
per una parte del movimento delle donne una signifcativa stagione di lotte. Li-
niziativa galvanizza forze disperse e attira nuove reclute: in tutto il paese nascono
comitati promotori permettendo cos la raccolta di pi di trecentomila frme e
anche lapertura di un notevole dibattito a livello nazionale.
Inizia cos un iter che durer nientemeno che una ventina di anni, in una in-
terminabile schermaglia fra movimento delle donne, logica partitica e istituzionale.
7 Libreria delle donne di Milano, Non credere di avere dei diritti, Torino, Rosemberg & Sellier,
1987, p. 61 ss. Questo testo riporta anche documenti di Rivolta Femminile del 1971.
8 Collettivo contro la violenza delle donne del Mld, Racconto di un anno di lavoro, Roma via del
Governo Vecchio 39, p. 1, s.d., [ma 1977].
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Capitolo 7. Il fare politica e il fare societ delle donne negli anni Settanta: voci, esperienze, lotte
sicuramente signifcativo che per cancellare una norma che defnisce lo stupro
un reato contro lonore e non contro la persona siano necessari venti anni di scherma-
glie parlamentari, ma egualmente notevole che questa battaglia faccia esplodere una
confittualit allinterno del movimento femminista mai sperimentata in precedenza.
Il femminismo dellinconscio e la cultura della diferenza espressi dai gruppi
milanesi che fanno capo alla Libreria delle donne e al collettivo di via Cherubini
portano culture che si sommano alle rivendicazioni antisistema della sinistra an-
tagonista, dando forza a una dimensione di estraneit femminile alla norma e alle
istituzioni che probabilmente non ha eguale nel mondo occidentale. Mentre le
compagne Mld intendono far divenire lo stupro e la violenza casalinga questio-
ni politiche, da altri settori del movimento si alza un richiamo appassionato al
tenersi fuori. Fra i tanti interventi in questo senso quello di Luisa Muraro che
si pronuncia drasticamente contro una legge che vuole spingere le donne nella
disciplina pubblica, che le vuole far divenire cittadine alla pari con gli uomini
9
.
La paura della contaminazione con listituzione pi intensa del bisogno
di difendersi dallo stupratore e la dif denza nei confronti della norma tanto
profonda da condurre allequazione: norma eguale violenza. Questo spinge a eli-
minare ogni referente forte al di fuori del soggetto, rendendo dif cile elaborare la
dimensione del diritto e quindi della giustizia e della pena. Insomma il confronto
sulla violenza si fonde in maniera inscindibile con le rifessioni in merito al rap-
porto con le istituzioni. Il dissidio fondamentale pare essere fra coloro per le quali,
come ha recentemente sottolineato Emma Baeri, lopzione legislativa in merito
alla violenza sessuale ha sollecitato un immaginario violento e quelle per le quali
invece tale opzione viene vissuta come un modo per arginare e controllare lim-
maginario pi violento e feroce allinterno di una cornice defnita e serenamente
considerata
10
. La possibilit di stabilire un qualche rapporto di scambio e di pres-
sing con la norma consente a queste ultime di passare dallo scacco e dalla ferocia
allelaborazione di una dimensione civile di genere.
Si chiude una fase
Alliniziativa sulla violenza contro le donne seguono due battaglie connotate egual-
mente da un deciso atteggiamento rivendicazionista verso le istituzioni, ma assai
9 Medi, E.; Masotto, G.; Motta, S.; Jucker, S. (a cura di) Contro la violenza sessuale. Le donne
la legge. Incontro aperto di donne. Atti del convegno tenuto a Milano, Umanitaria 27-28 ottobre
1979, supplemento a Non detto Pagine di donne, Milano, ciclostilato.
10 Baeri, E. Cerniere di cittadinanza, Il protagonismo femminile negli anni 70, in Filippini,
N.M.; Scattigno, A. Una democrazia incompiuta. Donne e politica dall Ottocento ai nostri giorni,
Milano, Franco Angeli, 2007, p. 165.
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1. Il nesso liberazione/emancipazione: lesperienza del Movimento Liberazione della Donna
meno contestate allinterno del movimento: la lotta per i no ai due al referendum
contro la 194 e la battaglia per ottenere una nuova sede dal Comune di Roma.
Da un punto di vista formale ogni iniziativa si chiude con un successo: rac-
colte pi di trecentomila frme sulla proposta di iniziativa popolare, ottenuto il
fallimento dei due referendum e anche la nuova sede del Buon Pastore.
In realt, con linizio degli anni Ottanta sta ormai tramontando proprio un
modo di fare politica delle donne, in armonia con il tramonto dellepoca del mo-
vimentismo e della felicit pubblica. Ma accade anche qualcosa di pi. Nel con-
fronto fra due diversi modi di fare politica, entrambi separatisti, ma uno conno-
tato dalla politica del rivendicazionismo, del confronto con listituzione, e laltra
della pi totale estraneit, vince la seconda: perdono slancio le culture laiche e
libertarie, trionfa il femminismo della diferenza. Il movimento delle donne lascia
le piazze, abbandona il confronto con le leggi, con lo stato, con le istituzioni e si
ritira a coltivare dimensioni culturali, spesso di taglio flosofco, psicoanalitico,
qualche volta sociologico. Le elaborazioni sono intense, il linguaggio suggestivo,
ma praticamente incomprensibile per la maggioranza delle donne. Indubbiamen-
te, come stato osservato, questo fa forire la cultura delle donne e la preserva per
tempi migliori. Ma solo di una parte di essa. Si perde infatti la cultura del fare e
del misurarsi con la societ, proprio mentre sta giungendo in Italia il concetto di
pari opportunit elaborato in sede europea e mondiale e, nelle grandi assisi sotto
legida dellOnu, le donne scelgono di puntare sulle dimensioni giuridiche e isti-
tuzionali, elaborando il concetto di diritti umani delle donne, domandando che le
istituzioni internazionali e quelle statuali si facciano carico di sostenere tali diritti.
Nel nostro paese invece il movimento femminista rimarr estraneo a tutte le
politiche sulla condizione delle donne che si elaborano a livello istituzionale a partire
da quegli anni: dalla creazione dei Comitati e poi del ministero pari opportunit,
fno alla discussione sulle leggi di non discriminazione riguardanti la composizio-
ne per sessi delle liste dei partiti; dalle disposizioni in merito al rapporto lavoro /
famiglia, fno alla enorme difusione del part-time femminile. E la causa di tale
indiferenza non va cercata solo nella fne della grande stagione di mobilitazione
collettiva. La scelta di attestarsi su una posizione di totale estraneit alle dimensioni
giuridico-istituzionali non consente di infuenzare o orientare in alcun modo la mo-
dernizzazione che si realizza in quegli anni. Lattitudine a ritirarsi da qualsiasi forma
di trattativa nei confronti dellesistente sembra coniugarsi nel nostro paese con il
trionfo dellindividualismo e dellef mero e accompagnarsi a una forma crescente di
disimpegno personale e sociale che annuncia lepoca del velinismo.
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2. Le democristiane negli anni Settanta fra
tradizione, modernizzazione, secolarizzazione
Stefania Boscato
Il Movimento femminile della Dc era nato come struttura interna al partito nel
luglio del 1944, con gli obiettivi di facilitare il reclutamento nelle masse femmi-
nili, di dedicarsi alla preparazione delle donne alla vita politica, di provvedere alla
formazione di attive propagandiste nonch allo studio e allapprofondimento dei
problemi relativi alla condizione femminile.
Alle soglie degli anni Settanta il Mf si presentava come un organismo che,
privo per disposizione statutaria di autonomia rispetto al partito, esprimeva invece
al suo interno, soprattutto nelle istanze provenienti dalla base, che appariva forte-
mente politicizzata, una chiara necessit di tracciare un proprio indirizzo politico
attraverso la delegata nazionale
11
. Questo argomento monopolizz le discussioni
in seno al Comitato centrale del Mf per tutto larco degli anni Sessanta e Settanta,
in cui si manifest una tendenza volta a interpretare non pi il Movimento fem-
minile come organismo esclusivamente deputato alla formazione politica delle
donne ma anche come un luogo attraverso il quale le donne volevano riconoscersi
politicamente nel partito.
Il quesito di fondo era: aggregarsi per agire politicamente come donne o sca-
valcare la separatezza per farsi valere meglio allinterno del partito?
Il dilemma nasceva anche per ragioni che non escludevano una certa insofe-
renza verso le modalit di gestione del potere da parte del partito, la sua sempre
pi accentuata involuzione in senso oligarchico, la sua strutturazione correntizia
11 Verbale della riunione del Comitato centrale del 15-16 giugno 1960, Archivio Storico delIstituto
Luigi Sturzo (dora in poi Asils), Fondo Dc, Sp, Movimento femminile, sc. 44 fasc.7.
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Capitolo 7. Il fare politica e il fare societ delle donne negli anni Settanta: voci, esperienze, lotte
che rendeva di fatto inaccessibile lingresso delle donne alle posizioni di responsa-
bilit negli organi direttivi e nella partecipazione a livello decisionale, in particola-
re riguardo alle candidature al Parlamento.
Alla fne degli anni Sessanta, insomma, il problema della integrazione politica
e organizzativa del Mf nel partito era ancora allordine del giorno.
Le stesse delegate lamentavano, forti di una pi che ventennale militanza po-
litica, la mancanza di un impegno globale e organico del partito verso le maggiori
questioni politico-legislative riconducibili alla sfera femminile di cui, attraverso
una sorta di delega fduciaria da parte della direzione del partito, si occupava
esclusivamente il Mf.
Lassenza, almeno come fatto prioritario, dallagenda della Dc di una compiuta
politica della famiglia (sino a quando il problema non divenne scottante con lappro-
vazione della legge Fortuna-Baslini e il suo successivo esito referendario) pu essere
esemplifcativo di questo stato di cose. La formazione delle commissioni di studio
interne al Mf sulla riforma dei codici, per la parte riguardante il diritto di famiglia,
risaliva invece al 1959 e la proposta di una sua riforma organica, con la relativa, precisa
individuazione dei punti da riformare, appariva gi compiuta nello stesso anno
12
.
Ma quando il ministero Rumor predispose, nel dicembre 1968, una commis-
sione di esperti per la defnizione di un progetto di legge per la famiglia, nessuna
donna venne chiamata a parteciparvi, neppure Tina Anselmi, la cui inclusione il
Mf aveva dato per lo pi per scontata
13
.
12 Nel corso della riunione del Comitato centrale del Mf dellaprile 1959 vennero precisati gli articoli
da riformare: innanzitutto quelli relativi ai rapporti fra i coniugi: la potest maritale (artt. 45-144
c.c.), labbandono del domicilio coniugale (art. 146 c.c.), le cause di separazione (art. 51 c.c.), la
punibilit delladulterio (artt.559-560 c.p.), nuove nozze della madre (art. 340 c.c.), la legge sulla
cittadinanza. Quelli sui rapporti patrimoniali fra i coniugi, in particolare gli articoli riguardanti il
patrimonio familiare (art. 167 c.c.), la dote (art. 177 c.c.), la comunione dei beni (art. 215 c.c.). E
ancora i rapporti tra genitori e prole, in particolare gli articoli sulla patria potest (art. 316 e ss.),
patria potest sui fgli naturali (art. 260 c.c.), patria potest nelladozione (art. 301 c.c.), condizioni
imposte alla madre superstite (art. 338), curatore del nascituro (art. 339 c.c.). Nella battaglia sulla
riforma degli articoli in discussione Maria Jervolino propose un lavoro organico di riforma dellintera
materia del diritto di famiglia, pi che la discussione sulla riforma di singoli articoli, e di assumere
tale criterio nel lavoro interno al Mf attraverso una sintesi di documentazione comprensiva degli
articoli dei codici, delle encicliche papali e del pensiero dei flosof cristiani. Sul rapporto fra genitori
e fgli ad esempio, Maria Jervolino diede subito delle indicazioni sulla modifca alla formula sulla
patria potest, suggerendo come non pi necessaria la menzione del padre e della madre ma dire sem-
plicemente che i genitori esercitano la patria potest. Stefania Rossi volle aggiungere al programma
di studio delle commissioni anche la revisione della questione del delitto donore allinterno del
codice penale. In Asils, Dc, Sp, Verbale del Comitato centrale dell11-12 aprile 1959, sc. 44 fasc. 6.
13 Cfr. Lettera 3.12.1968 di Franca Falcucci a Rumor, Asils, Dc, Sp, Mf, sc. 28 fasc. 6.
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2. Le democristiane negli anni Settanta fra tradizione, modernizzazione, secolarizzazione
In tema di rapporti fra il Movimento femminile e il partito, un altro elemento
caratterizzante si pu rintracciare in un atteggiamento moralizzatore del primo
verso alcune forme deteriori della gestione del potere cui il partito era andato
incontro (tesseramento, dinamiche correntizie, fnanziamenti al partito) e nella
assunzione di una sorta di ruolo di coscienza critica che le donne, assieme allal-
tro principale movimento interno alla DC, quello giovanile, svolsero verso un
partito che mostrava un preoccupante vuoto nella carica ideale e una inquietante
elefantiasi burocratica
14
. Al congresso di Maiori del settembre del 1969, il XII
congresso nazionale del Mf, esplose un dibattito dai toni fortemente polemici.
I due interventi maggiormente contestatari verso la linea del partito, quelli di
Maria Paola Colombo Svevo e di Paola Gaiotti, facevano perno sul fatto che una
ristretta minoranza del partito, detentrice del potere, metteva fuori gioco tutte le
spinte provenienti dalla base: Non intendiamo operare una rottura delle istitu-
zioni esistenti. Vogliamo per che il sistema subisca un cambiamento. Vogliamo
partecipare ai livelli decisionali
15
.
Va menzionato, per inciso, che lungo tutto il primo ventennio di vita del Mf,
le democristiane manifestarono per la prima volta pubblicamente (il testo venne
spedito a Il Popolo) parole di biasimo nei confronti della condotta del partito in di-
fesa del progetto di ampliamento della base parlamentare del governo con lavvio
dellesperimento del centro-sinistra. Sono note le vicende relative alle frizioni e ai
contrasti interni maturati nel partito durante lesperimento governativo di Fanfani
del 1958 e sulla fne del suo governo, il 26 gennaio del 1959, messo pi volte in
minoranza in Parlamento anche con il concorso di franchi tiratori democristiani
16
.
Fu proprio allora che il Mf decise di reagire stigmatizzando uf cialmente i fatti
verifcatisi in Parlamento a opera dei propri colleghi di partito.
Al di l della salda unit intorno alla rivendicazione di una partecipazione mag-
giore alla vita del partito, il Mf non appariva in realt come un organismo compatto
al suo interno. Il maggiore elemento di attrito era, lo abbiamo visto, il problema
dellautonomia di indirizzo politico e la spinta proveniente dalla periferia verso una
qualifcazione politica chiara: Veniamo accusate di essere incapaci di far sentire la
voce delle donne disse Maria Eletta Martini riassumendo alle colleghe di partito gli
14 Documento conclusivo del comitato centrale del 16-17 dicembre 1967 trasmesso alla segreteria poli-
tica, Asils, Dc, Sp, Mf, sc.44, fasc. 12.
15 Per il resoconto del Convegno cfr. Cicelyn, M. La donna reclama nella societ un ruolo pari al
suo apporto, in Il Mattino, 22 ottobre 1969.
16 Su cui si veda Malgeri, F. La stagione del centrismo. Politica e societ nellItalia del secondo dopoguerra
(1945-1960), Soveria Mannelli, Rubbettino, 2002, pp. 331 e ss.
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Capitolo 7. Il fare politica e il fare societ delle donne negli anni Settanta: voci, esperienze, lotte
umori provenienti dalle province
17
. Laltro elemento di frizione, tale da rasentare la
spaccatura, si manifest in occasione del dibattito sulla introduzione della legge sul
divorzio. Al congresso di Maiori le delegate giocarono davvero a carte scoperte: sul
tema del divorzio molte di loro, soprattutto le giovani, si dichiararono favorevoli
ma dichiararono al contempo di volersi uniformare comunque alla disciplina del
partito per rispetto della maggioranza
18
, una motivazione da cui risultava assente
il fattore religioso-sacramentale che pure era al centro del dibattito allinterno del
mondo cattolico. A questo proposito, nei lavori preparatori del congresso di Maiori,
qualche delegata propose linserimento, tra i temi in discussione, anche quello del
cattolicesimo del dissenso che aveva preso corpo dopo il Concilio, proposta che
venne rifutata dalla allora delegata nazionale Falcucci. A Maiori venne contestata
anche la dirigenza del Mf, troppo timida nel proporre al partito il vero punto di
vista femminile tant che, ironizz Svevo, i documenti del Mf erano approvati
sempre allunanimit
19
. E ancora il partito intero venne accusato di scarso senso
della realt, soprattutto riguardo allindirizzo politico sulla famiglia laddove, mentre
si moltiplicavano le vedove bianche, si continuavano a fabbricare commissioni
di studio per parlare di unit familiare. Era, questo, un tema caro anche al gruppo
di cattolici democratici che di l a qualche anno, in occasione del referendum sul
divorzio, avrebbero inaugurato una vasta mobilitazione per il NO. Fu dif cile per
Falcucci riportare a un clima sereno la discussione, tanto quanto fu travagliata la
sua rielezione a delegata nazionale, votata proprio in quel convegno. Ad ogni modo
Falcucci mise in guardia le delegate dal pensare che il traguardo della parit giuri-
dica potesse esaurire in s le prospettive di pieno inserimento delle donne nella vita
sociale, e sottoline come il rapido processo innescatosi nel Paese ponesse problemi
di revisione radicale di mentalit, di costume e di rapporti sociali. Mancava per, a
livello giuridico un tassello importante, forse il principale, ed era quello della parit
dei coniugi allinterno del matrimonio.
Nel 1967 il ministro della giustizia Reale present un progetto di riforma
del diritto di famiglia. Il Mf si era gi pi volte pronunciato per una sistemazione
organica della materia, pi che sulla modifca di singoli articoli. Ad ogni modo, il
progetto Reale si divideva in quattro punti:
modifche riguardanti la direzione della famiglia;
istituto della separazione per fatti incolpevoli;
condizione dei fgli adulterini;
modifche al regime patrimoniale.
17 Comitato centrale del 15-16 giugno 1960, Asils, Dc, Sp, Mf, sc. 44 fasc.7.
18 Cicelyn, M. op. cit.
19 Ibidem.
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2. Le democristiane negli anni Settanta fra tradizione, modernizzazione, secolarizzazione
Secondo lanalisi del comitato centrale del Mf, la prima parte risultava accet-
tabile dal momento che veniva valorizzato il principio del dovere dellaccordo fra i
coniugi, che si sostituiva al principio gerarchico maschile come criterio di direzione
della famiglia. A lasciare fortemente perplesse le democristiane era, nello stesso pro-
getto Reale, la prevalenza concessa al marito in caso di disaccordo, sia per ci che
riguardava la direzione della famiglia sia per ci che riguardava la patria potest
20
.
Ma questo fu un appunto che rest tutto interno al Mf e al partito, dal momento
che nei successivi progetti di legge (cfr. quello di M. Eletta Martini, ad esempio) ven-
ne difeso in Parlamento il principio secondo cui Al fne sempre di tutelare lunit
della famiglia, e non di porre una gerarchia tra i coniugi, appare peraltro indispensa-
bile che, in caso di disaccordo, prevalga la volont di uno dei due: tale volont, per
la nostra societ, la nostra psicologia, la nostra cultura e le nostre abitudini, non pu
che essere quella del marito
21
. Questa contraddizione era il frutto non solo e non
tanto di una concezione della famiglia che ancora risentiva della persistenza di un
modello tradizionale del rapporto fra i sessi nella sfera privata, ma di una mediazio-
ne complicatissima che le democristiane dovettero afrontare per aggirare la ostilit
delle gerarchie ecclesiastiche e di una parte del partito. Quando, alla fne degli anni
Sessanta, Maria Eletta Martini ed Elsa Conci si recarono dallallora ministro della
Giustizia Guido Gonella a prospettargli la loro volont di mettere mano alla riforma
del diritto di famiglia, Gonella rispose loro che era giusto procedere alla riforma di
alcune norme del diritto penale, ad esempio il delitto donore, ma assolutamente
di non toccare il codice civile
22
. Proprio da queste resistenze, e dal timore di attirare
troppo lattenzione dei settori pi conservatori dei diversi schieramenti politici sulle
donne della DC nasceva la raccomandazione di M. De Unterrichter alle altre diri-
genti del Mf di lavorare a una riforma organica ma in silenzio, cercando nellimme-
diato di insistere su quanto fosse pi facilmente trattabile, come alcune questioni
che trovavano gi soluzione nei fatti perch superate dal costume, come ad esem-
pio i rapporti fra genitori e fgli e la questione dei beni patrimoniali
23
.
Ci interessa adesso mettere a fuoco il rapporto fra i modi con cui le democri-
stiane presero coscienza e posizione di fronte alle nuove istanze esplose negli anni
Settanta in seguito alle grandi trasformazioni sociali e culturali, e la defnizione
della loro azione politica.
20 Considerazioni del comitato centrale del Mf (Roma 11-12 febbraio 1967) sul progetto di riforma
del diritto di famiglia presentato dal ministro della giustizia On. Reale. Asils, Dc, Mf, sc. 44 fasc. 12.
21 Ap, Cd, V Leg., Doc. e prog. Di legge, n. 703 p. 17.
22 Cfr. la testimonianza di Maria Eletta Martini in Di Maio, T. (a cura di) Le Democristiane. Le donne
cattoliche nella costruzione della democrazia repubblicana, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2009, p. 127.
23 Cos anche Maria Eletta Martini nel suo intervento al Comitato centrale dell11-12 aprile 1959 cit.
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Capitolo 7. Il fare politica e il fare societ delle donne negli anni Settanta: voci, esperienze, lotte
Si pu afermare che negli anni Settanta le donne democristiane, che avevano
gi seguito un percorso piuttosto coerente di maturazione di una solida coscienza
civile, erano approdate alle posizioni pi progressiste sia allinterno del partito
(si consideri che erano state fautrici e sostenitrici del centro-sinistra e che molte
avevano trovato, come nel caso della Lombardia, una grossa sponda nelle correnti
della sinistra Dc, in particolare quella di Base) che nellambito del vasto fermen-
to di novit apertosi nel mondo cattolico con la conclusione del Concilio (molte
si erano legate alle correnti del cattolicesimo democratico, molte, come Albertina
Soliani si erano schierate con cattolici del NO per il referendum del 1974).
Di certo non da ultimo, va considerato che lirrompere del neofemminismo
aveva costretto le donne, non solo democristiane, a ripensare il modello di fem-
minilit e di specifcit del femminile al di l delle conquiste giuridiche, che pure
avevano segnato il raggiungimento di notevoli obiettivi. Le donne della DC non
rinunciarono alla propria identit culturale di riferimento, quella cattolica, che ne
defniva in gran parte anche lidentit e lazione politica. Latteggiamento con cui
le democristiane arrivarono allappuntamento e vissero i grandi rivolgimenti degli
anni Settanta va valutato, pi che misurando il grado di dissociazione fra fede/
religiosit e prassi socio-politica, tenendo conto del grado di problematicit di tale
rapporto in cui gli stessi orientamenti pastorali dei vescovi, pi che contraddetti,
furono fltrati dalla coscienza personale delle singole donne.
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3. Lo Statuto dei Lavoratori e delle
Lavoratrici: un compleanno da ricordare
Rossella Del Prete
Rileggevo qualche tempo fa la prefazione di Giulio Sapelli alla nuova edizione del
suo volume di Storia economica, e restai colpita dalla sua rifessione su quella sorta
di immobilismo che caratterizza il nostro Paese, dove nulla di fondamentalmente
nuovo intervenuto in Italia, pur nella trasformazione planetaria in atto: la ca-
pacit possente di rivoluzionare passivamente qualsivoglia epocale cambiamento
che si abbatte su di esso una delle caratteristiche essenziali del paese. La capacit
trasformistica della nostra cultura quella della nostra economia. Anche la globa-
lizzazione e le privatizzazioni sono state addomesticate, castrate, ridotte a orpelli
di una continuit pi forte di quel cambiamento globale che attorno al Belpaese
ruota
24
.
Come dargli torto soprattutto ora che ci accingiamo a mettere in discussione
una delle riforme pi importanti per il nostro Paese? Lo Statuto dei Lavoratori ha
compiuto i suoi primi quarantanni e quarantanni dopo c chi lo giudica or-
mai superato, ma insostituibile, perch ha anticipato signifcativi sviluppi dellor-
dinamento e proprio per questo non pu essere eliminato; chi, con inguaribile
nostalgia, lo vede intramontabile; e chi vorrebbe rivitalizzarlo, nella convinzione
che la fecondit dei suoi principi non sia esaurita, ma anzi attenda tuttora dessere
24 Sapelli, G. Storia economica dellItalia contemporanea, Milano, Mondadori, 2008, p. VII. LAu-
tore, professore di Storia economica e Analisi culturale delle organizzazioni presso lUniversit degli
Studi di Milano, ha lavorato oltre che in diverse universit italiane e straniere anche in diverse im-
prese, ricoprendo incarichi in board di una certa importanza e intrecciando sempre ricerca scientifca
e responsabilit di amministratore indipendente.
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Capitolo 7. Il fare politica e il fare societ delle donne negli anni Settanta: voci, esperienze, lotte
riscoperta
25
. Ebbene, sulla scia delle afermazioni iniziali che vedono lItalia il pae-
se pi conservatore del mondo, dove qualunque riforma riesce a essere applicata
senza di fatto riformare nulla di essenziale, proviamo a dire la nostra: lo Statuto dei
Lavoratori, quarantanni dopo, ci sembra pi attuale che mai, nel senso che la sua
sostanziale e radicata applicazione ancora da venire. Come spesso accade in Ita-
lia, nonostante alcune importanti afermazioni, il bilancio dellapplicazione della
legge deludente. Se vero che con la sua istituzione la Costituzione entra[va]
in fabbrica, come recitava uno slogan molto in voga nei giorni della sua approva-
zione in Parlamento, vero anche che i principi fondamentali della Costituzione
Italiana, che guardavano alla classe lavoratrice senza distinzioni di sesso n di razza
n di religione, ribadivano, con maggior forza, proprio nei luoghi di lavoro, il
diritto alla libert di esercitare unattivit lavorativa e, pur senza precisarlo nelle
parole, intendevano garantire tale diritto tanto agli uomini quanto alle donne. Un
lavoro pi libero, lo diceva anche il Labriola, capace di dare signifcato e fnalit
personali al lavoro attraverso lelevamento delle capacit e ricchezze culturali in-
dividuali. Ci che, in sintesi, hanno fatto le donne, conquistando il loro spazio
pubblico, i loro diritti civili e di cittadinanza. Oggi, come allora, avvertiamo,
sempre pi forte, lesigenza di una possibilit di arricchimento della persona gra-
zie anche alle capacit produttive incrementate dalla nostra societ, che spesso,
tuttavia, tende a negarle.
Sul piano istituzionale, il varo dello Statuto dei lavoratori costitu una grande
novit. Esso applic anche nei luoghi di lavoro i diritti di libert costituzionale,
soprattutto contro le politiche repressive della militanza politica e sindacale, ma
contribu anche a rendere operative, negli stessi luoghi, le organizzazioni sindacali
pi rappresentative
26
che da allora poterono convocare uf cialmente assemblee,
indire referendum, af ggere testi e comunicati, tutelare le rappresentanze sindacali
aziendali contro il licenziamento e il trasferimento, ottenendo per loro permessi,
retribuiti e non, e luso di spazi in cui esercitare le varie funzioni connesse alla
rappresentanza
27
. Sul piano giuslavoristico si apriva una nuova stagione riformista.
Lo Statuto, valido per le imprese con oltre 15 dipendenti, divenne un formidabile
strumento di tutela sindacale, di infuenza delle maggiori organizzazioni esterne
25 La rivista Lavoro e Diritto ha dedicato al quarantennale dello Statuto un numero monografco dal
titolo Buon giorno, Statuto, gennaio 2010, in cui alcuni dei giuslavoristi pi esperti ripercorrono
itinerari e posizioni diversi.
26 Cio quelle che avevano maggior numero di iscritti, consistenza organizzativa e partecipavano alla
contrattazione nazionale e provinciale.
27 Sul ruolo delle donne nelle organizzazioni sindacali di quel periodo e sulla loro attivit di rap-
presentanza allinterno dei luoghi di lavoro cfr. Righi, M.L. Lazione delle donne nella CGIL, in
Motti, L. (a cura di) Donne nella CGIL, Roma, Ediesse, 2006, pp.225-245.
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3. Lo Statuto dei Lavoratori e delle Lavoratrici: un compleanno da ricordare
allazienda, dunque dei sindacati di categoria aderenti a CGIL, CISL E UIL, di
promozione dei poteri del sindacato tanto nei confronti dei lavoratori che delle
imprese, nonch di sostegno alla contrattazione aziendale. La legge 300, del 20
maggio 1970, il cui testo fu fortemente voluto dallex ministro del Lavoro Bro-
dolini, prematuramente scomparso, e portato a compimento dal suo successore,
il democristiano Carlo Donat Cattin si componeva di tre titoli: nel primo (Della
libert e dignit del lavoratore) si riconoscevano al lavoratore la libert di opinione,
la tutela della salute, il diritto allo studio, la reintegrazione nel posto di lavoro in
caso di licenziamento senza giusta causa, intervenendo anche sui poteri discipli-
nari della direzione aziendale. Nella seconda e terza parte (Della libert sindacale
e Della attivit sindacale) si ampliava la gamma dei diritti sindacali: libert di
associazione, assemblea, permessi, sedi, riconoscimento delle Rappresentanze sin-
dacali aziendali (Rsa), repressione della condotta antisindacale
28
.
Lapprovazione di questa legge alla cui stesura diede un importante con-
tributo il giurista Gino Giugni era stata preceduta da una lunga elaborazione
e da un acceso dibattito (il progetto originario dello Statuto risale al 1968). Il
risultato fu da un lato la riduzione delle tante dif denze alimentate dalla legge,
dallaltro la crescente preoccupazione degli industriali, al punto che lAssolombar-
da formul unesplicita richiesta al governo di garantire in fabbrica il principio
dellautorit
29
. Lo Statuto infatti aferm la necessit di un modello di gestione
del personale decisamente antitetico a quello paternalistico e autoritario che aveva
caratterizzato la fabbrica tayloristica e fordista. Daltronde la disciplina prevista
dal codice civile dellepoca celebrava soprattutto i valori della gerarchia, della fe-
delt, della collaborazione. Contro tutto ci lo Statuto realizzava una forte discon-
tinuit, anticipata dalla legge 604 del 1966
30
.
A chiudere il positivo trend riformista in atto arriv nel dicembre 1971 la
legge n. 1204 sulla tutela delle lavoratrici madri e, due anni pi tardi, nel dicembre
1973, la legge n. 877 sulla tutela del lavoro a domicilio. Lo Statuto dei Lavoratori
ha rappresentato il punto di snodo fondamentale nella storia della conquista dei
diritti sindacali e del lavoro nel nostro Paese, ma ci non signifca che nel maggio
del 1970 si determinasse il punto pi alto sul terreno complessivo del recepimento
legislativo delle istanze provenienti da