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Tesi di fine anno:

Si è liberi solo entro i propri limiti


Gilberto Fulvi

Docente di riferimento:
Pino Bolongaro

Anno Domini MMXIII

Va edizione del Master di I° livello:


“Video, fotografia, teatro e mediazione artistica nella relazione di aiuto”
INDICE

1. Intervento 4
1.1 Premessa
1.2 Scheda riassuntiva 6
1.3 Idea
1.4 Provenienza dell'idea
1.5 Metodologia 7
1.5.1 L'autoritratto attraverso il collage 8
1.5.2 Il role playing 11

2. Ipotesi di applicazione 13
2.1 Valutazione ex-ante
2.1.1 Verifica di fattibilità
2.1.2 Filosofia complessiva e finalità dell'intervento 14
2.1.3 Tempi di attuazione 15
2.1.4 Costi preventivati
2.1.5 Obiettivi dichiarati
2.1.6 Metodologia
2.1.7 Risorse umane previste
2.1.8 Strumenti
2.1.9 Risultati previsti
2.2 Valutazione in itinere 16
2.2.1 Prima giornata
2.2.2 Seconda giornata 18
2.2.3 Terza giornata
2.3 Valutazione ex-post 19

3. Conclusioni 20

4. Applicazioni simili 22

5. Bibliografia 25
6. Allegati 26
Dedicato a Gaetano, Guglielmo e Monica, tre persone che con modalità diverse mi hanno
trasmesso la gioia nel dedicarsi all'altro, vederlo soddisfatto e partecipare alla sua
crescita.

“Ma si dirà: rieccoci, sempre con la stessa


incapacità di oltrepassare la linea, di passare
dall’altra parte, di ascoltare e far comprendere
il linguaggio che viene da altrove o dal basso;
sempre la stessa scelta, dalla parte del
potere, di quello che esso dice o fa dire.
Perché non andare ad ascoltare queste vite
dove parlano di sé in prima persona?”

(Michel Foucault1)

1 M.Foucault, “La vita degli uomini infami”, Archivio Foucault , II, Feltrinelli, Milano, 1997

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1. Intervento

1.1 Premessa
“Si è liberi solo entro i propri limiti” è il titolo di un intervento educativo da me realizzato in
un Istituto di Formazione Professionale a Milano. Ho colto questa occasione come
esperienza professionale e al contempo per sviluppare, qui e ora, l'argomento della mia
tesi.

1.2 Scheda riassuntiva


Target coinvolto: 26 studenti fra i 15 e i 17 anni, iscritti al secondo anno del corso di
Operatore grafico della Fondazione Istituto Rizzoli per l’Insegnamento delle Arti Grafiche
di Milano.
Referente di progetto: tutor Monica Esquinazi.
Periodo di svolgimento: 8, 10, 11 Ottobre 2013
Descrizione del progetto e risultati attesi: il progetto si articola in tre fasi, della durata di
due ore ognuna, volte all'individuazione, alla definizione e alla rivisitazione del proprio
modello comportamentale.
Nella fase di espressione-riconoscimento, gli alunni arriveranno alla
rappresentazione della loro immagine di studenti, attraverso modalità espressive
legate all'individuazione delle parti di sé che in qualche modo parlano del proprio
modo d’essere a scuola. L'attività conclusiva della giornata sarà la realizzazione,
attraverso la tecnica del collage, di un autoritratto accompagnato da una scheda di
presentazione.
Nella fase di definizione-rispecchiamento, partendo dall'autoritratto, la classe verrà
coinvolta in un lavoro di gruppo con la finalità di discutere e confrontarsi riguardo
all'atteggiamento personale che ogni singolo studente nutre nei confronti del
contesto scolastico. Gli studenti saranno invitati a definire se stessi, l'ambiente
circostante e i differenti tipi di adattamento possibili.
Nella fase di interpretazione-rivisitazione, il modello comportamentale di ognuno
verrà messo alla prova in un caso di problem solving da risolvere a coppie.
Attraverso l'analisi delle performance si confronterà il paradigma del giudizio di
buona o cattiva condotta con quello di funzionalità ed efficacia delle risposte, delle
azioni e dei punti di vista.
Risultati attesi:
• Stimolare il dialogo, la conoscenza, il rispetto e la solidarietà in classe;
• Essere maggiormente coscienti delle proprie risorse e dei propri limiti;
• Saper agire il proprio ruolo in un contesto sottoposto a regole;
• Avere una visione più completa della propria traiettoria scolastica e lavorativa;
• Stimolare modalità di risposta funzionali al contesto scolastico e lavorativo;

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Timeline dell'intervento

MARTEDI' 8.10.2013
Obiettivi della prima giornata: Attività:
• Riconoscersi come soggetto che 1. Presentazione delle giornate e
interagisce in un ambiente. creazione del contesto.
• Sperimentare come le caratteristiche 2. Mappa cognitiva: relazioni Uomo,
della propria immagine e di quella Attività, Ambiente.
dell'ambiente dispongono all'azione. 3. Icebreaker (Modulor) sperimentazioni
• Rappresentarsi in un autoritratto. spaziali e cinetiche di differenti
“uomini”, “attività” e “ambienti”.
4. Autoritratto e griglia di riflessione

GIOVEDI' 10.10.2013
Obiettivi della seconda giornata: Attività:
- Prendere coscienza della plasticità del 1. Presentazione della giornata e
proprio io, attraverso 'autoritratto. feedback del giorno precedente
- Associare le caratteristiche dell'immagine di 2. Mappa cognitiva: relazioni Organismo,
sé a determinati stati interni. Capacità, Ambiente.
- Associare le caratteristiche dell'immagine di 3. Icebreaker (Stop): sperimentazioni dei
sé a possibili risposte ambientali. limiti di un'attività in un ambiente.
4. Lezione frontale: ergonomia e
capacità funzionale.
5. Focus Group: adattamento o
estinzione?
6. Compiti a casa: caratteristiche
personali a scuola e a lavoro
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VENERDI' 11.10.2013

Gli obiettivi della giornata della sono: Attività:


- Sperimentare differenti forme di percezione 1. Ritiro dei compiti a casa
dell'ambiente. 2. Role-playing
- Sperimentare differenti comportamenti 3. Lezione frontale: cambiare i risultati,
possibili cercando risposte ambientali l'azione o l'osservatore
differenti.
4. Focus Group: adattamento o
- Ipotizzare alcune variabili da cui dipende estinzione?
una possibile risposta adattiva funzionale.
5. Compiti a casa: caratteristiche
personali a scuola e a lavoro

1.3 Idea: utilizzare i mediatori artistici per lavorare con gli studenti della classe seconda
della “Fondazione Istituto Rizzoli per l'insegnamento delle Arti Grafiche” di Milano con lo
scopo di maturare una presa di coscienza sulla funzionalità del proprio comportamento
in aula e in azienda, sperimentando nuove possibilità d'azione più efficaci.
L'intervento è fortemente orientato a ottenere dei risultati comportamentali immediati, dati i
gravi problemi di condotta rilevati dal corpo docente; e al tempo stesso si fonda sull’idea
che nessun cambiamento è possibile se ogni soggetto non si riappropria della
responsabilità che gli appartiene. Partendo dal presupposto teorico gestaltico per cui le
basi del comportamento sono da ritrovarsi nel modo in cui viene percepita la realtà, (ho
deciso di utilizzare delle tecniche volte ad innescare dei cambiamenti sul comportamento
esplicito e manifesto degli studenti attraverso un lavoro sugli stimoli ambientali percepiti, le
risposte messe in atto e la percezione di se stessi a scuola.

1.4 Provenienza dell'idea: richiesta della committenza.


Legato all'idea del progetto è il mio personale interesse nel mettere in pratica e
sperimentare le nuove metodologie apprese nel Master dell'Università Antonianum sulle
tecniche di mediazione artistica nella relazione di aiuto. La scelta del tipo di mediatore,
delle modalità di utilizzo dello stesso e del processo formativo, è stata adattata alle
caratteristiche del gruppo classe e alle esigenze della committenza, calibrando l'efficenza
e l'efficacia sulla praticità, immediatezza dei risultati e sulla semplicità ed economicità
dell'intervento. La tipologia della scuola, un Istituto Tecnico per Grafici, mi ha ulteriormente
convinto ad utilizzare la tecnica del collage, visto che è un mezzo espressivo che ha dei
forti legami con la comunicazione visiva.
L'idea di collaborare con la scuola di Milano si deve, invece, a un mio intervento
precedente. Nell'aprile del 2013, la tutor della scuola mi propose di realizzare un breve
intervento in una delle sue classi più problematiche, la seconda. Mi venne richiesto di
realizzare un intervento sulla prossemica della nuova disposizione dei banchi in aula,
favorendo il contatto degli studenti con i limiti e le risorse relativi al passaggio da un
assetto frontale a uno a ferro di cavallo. Tale provvedimento era stato preso dal consiglio
di classe per motivi di cattiva condotta, con la speranza di poter controllare e gestire
meglio gli studenti disposti a cerchio intorno alla cattedra.

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Elaborai allora il mio intervento ispirandomi a due immagini guida, il Panopticon o
panottico, ossia il carcere ideale progettato nel 1791 dal filosofo e giurista Jeremy
Bentham, e l'Agorà, lo spazio della libera interazione per eccellenza. Due polarità,
controllo e libertà che, rivedendole ora, erano foriere dell'attuale progetto sui limiti.
Ritornando al mio intervento di allora, il lavoro svolto con gli studenti piacque tanto alla
Dirigente, che decisi di consegnarle, insieme al feedback sulla classe, anche una proposta
di collaborazione più incisiva. Nella proposta ipotizzavo un cambiamento radicale della
didattica, che trasformasse l'apprendere in un processo dove ogni studente potesse
interagire, partecipare, contribuire a definire il suo spazio/ruolo all'interno di una comunità
classe che poteva prendere il via proprio dalla diversa disposizione dei banchi. Quel
progetto non andò in porto, perché richiedeva dei cambiamenti troppo sistemici e
strutturali, ma venne comunque molto apprezzato della Dirigente che, qualche mese più
tardi, sollecitò di nuovo il mio intervento.

1.5 Metodologia
E' caratteristico del metodo della Terapia della Gestalt riuscire, attraverso la creatività, a
“dare una struttura significante” diversa a ciò che viene esperito. Secondo tale approccio il
modo in cui percepiamo noi stessi e il mondo che ci circonda è il risultato di un insieme di
stimoli selezionati dal nostro sistema percettivo. Una diversa organizzazione degli stimoli
può risultare più funzionale, nella soddisfazione di un bisogno, rispetto ad una spiegazione
teorica o ad una rieducazione comportamentale. La metodologia di questo progetto vuole
trasformare la classe in un laboratorio di ricerca in cui lo studente possa scoprire,
osservare e integrare alcuni aspetti della sua personalità, e valutare la loro pertinenza ed
efficacia rispetto ai propri bisogni e ai risultati ambientali ottenuti.
Il mio ruolo, come counselor, è quello di favorire quest'esperienza di incontro e
integrazione con la propria realtà percepita, stimolando e provocando l'alunno ma senza
ricorrere all’interpretazione di ciò che accade. Sarà lo studente poi a ”mettere in forma” ciò
che emerge, supportato dalla mia presenza.
Concretamente ho scelto di impostare il mio intervento intorno a due mediatori artistici, di
cui specificherò le caratteristiche nel prossimo paragrafo, inserendoli in un processo
formativo modulare, che preveda l'attivazione, l'elaborazione e la chiusura di tre fasi di
apprendimento:
1. Fase di espressione-riconoscimento: identificare le caratteristiche della propria
immagine di sé, rappresentate nell'autoritratto; prendere coscienza della plasticità
del proprio io, attraverso la presa di coscienza delle alcune delle forme che può
assumere. L'obiettivo è realizzare un modello statico capace di fotografare il qui e
ora dello studente. L'attivatore principale di questo lavoro iniziale sull'identità di
studente è l'autoritratto attraverso il collage. L’autoritratto rappresenta, infatti, la
proiezione all’esterno del modo in cui l’artista ritiene di essere visto o di dover
essere visto2 dagli altri. Il non riconoscersi completamente nell'immagine realizzata
offre la possibilità di percepire la plasticità del proprio “Io” che, a volte, assume un
aspetto molto diverso dall'immagine a cui siamo abituati.
2. Fase di definizione-rispecchiamento: collegare le caratteristiche dell'immagine di sé
a determinati stati interni, comportamenti e a possibili risposte ambientali ottenute.
L'obiettivo è rendere il modello dinamico evidenziando alcune leve della condotta.
L'attivatore principale di questa giornata è il focus group. Discutere in aula sulle
2 Stefano Ferrari, Lo specchio dell'io. Autoritratto e psicologia , Laterza 2002.

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qualità “dinamiche” della propria immagine rappresentata sul foglio offre la
possibilità di confrontarsi sulla funzionalità del proprio comportamento.
L'autoritratto, unito alla scheda di riflessione che gli studenti hanno compilato il
giorno precedente, può prendere vita ora, nel gruppo, come se fosse un organismo
come gli altri ma dotato di personalità propria.
3. Fase di interpretazione-rivisitazione: sperimentare differenti forme di percezione
dell'ambiente e differenti comportamenti possibili in cerca di risposte ambientali più
funzionali. L'obiettivo è far agire il modello sperimentando e modulando le sue
dinamiche e le identificazioni di fondo a cui erano associate. L'attivatore principale
di questa giornata è la drammatizzazione attraverso il role-playing. Agire il proprio
modo di essere collega la percezione di sé, delle proprie emozioni e del contesto, al
proprio comportamento e quindi alla funzionalità dello stesso. Simulare permette di
individuare le possibilità di azione di quella parte di sé rappresentata e prendere
coscienza delle ripercussioni che tutto ciò comporta sia scuola che a lavoro.
Se in linea teorica ogni fase ha ruotato intorno ad una determinata metodologia, all'interno
di ogni singola giornata si sono alternati momenti diversi, di sperimentazione attiva,
riflessione teorica e risonanza emotiva (vedi allegato A).

1.5.1 L'autoritratto attraverso il collage


L'autoritratto è il ritratto che un artista fa di sé stesso. Secondo Stefano Ferrari è una
rappresentazione “intenzionale”3 della propria immagine. Le forme artistiche più comuni
attraverso cui avviene tale raffigurazione sono la pittura, la scultura, il disegno, la
fotografia e la scrittura. Nella piena libertà di cui dispone l'autore, l'unico limite è quello di
mantenere l'attinenza con il soggetto descritto.
Esistono diversi modi di utilizzare questo legame tra soggetto rappresentante e soggetto
rappresentato. La storia dell'arte ci offre, ad esempio, una panoramica sulle capacità e
sullo sviluppo grafico della specie umana. Studi recenti sembrano confermare la famosa
frase per cui "l'ontogenesi ricapitola la filogenesi". Nel caso del ritratto si distinguono varie
fasi figurative4, quella intenzionale, qualora si voglia attribuire un nome a un'immagine
generica, simbolica, qualora si vogliano collegare una serie di valori all'immagine
dell'individuo, tipologica, qualora si vogliano raffigurare una serie di elementi che
circoscrivono la rappresentazione generica a una certa categoria di individui, facilitandone
l'identificazione, o fisiognomica, qualora si vogliano raffigurare i tratti somatici e o
l'espressione psicologica dell'individuo.
Jean Piaget, Rhoda Kellogg, Gerard Luquet o Viktor Lowenfeld ci offrono, invece, delle
teorie in grado di ricavare delle informazioni utili per individuare il tipo di funzioni psichiche
che utilizza l'autore del disegno. Lo sviluppo delle capacità grafiche dell'uomo seguirà
quindi una serie di fasi che gli permettono di iniziare a rappresentarsi, prima, attraverso
uno scarabocchio controllato, poi, dando prova di realismo fortuito, che in seguito diventa
mancato, quindi intellettuale e poi visivo.
In psicoterapia numerosi sono i contributi che possono essere utilizzati per sostenere l'uso
della tecnica dell'autoritratto. Nel mio progetto, la “fase dello specchio” di Lacan, il “falso
Sè” di Winnicot, e la “rêverie” di Bion, definiscono abbastanza bene il setting di intervento
dinamico dove poter sviluppare in maniera positiva le relazioni fra l'operatore, la persona e
il suo riflesso di sé.
3 Ibidem, p. 49
4 Stefano Ferrari, La psicologia del ritratto nell'arte e nella letteratura, Laterza, Bari-Roma 1998.

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La “fase dello specchio” fondamenta, infatti, l'esistenza di una messa in “forma” dell'unità
psicofisica da parte dell'individuo che dal momento in cui riconosce la propria immagine
riflessa sarà con essa che penserà il proprio essere. La genesi dell'Io è legata dunque a
una visione doppia, incancellabile, che divide l'individuo, apparentemente non divisibile,
fra l’io reale, nello spazio reale, e l'io ideale, in cui egli anticipa la sua unità futura. Grazie
al distacco permesso dall'immagine rappresentata in uno spazio virtuale, questo io
virtuale, questa immagine in cui il soggetto si oggettiva, si pone e si aliena, costituisce
anche la matrice delle sue identificazioni future. In particolare rispetto all’identificazione
con l’immagine del simile, può capitare che il soggetto si relazioni al proprio simile
attraverso una depersonalizzazione, un “transitivismo” direbbero gli psichiatri, per cui l’Io
non si distingue dall’immagine del simile.
La teoria del “Falso Sé” da validità, invece, all'importanza della presenza dell'operatore
durante il processo di identificazione del soggetto con la sua immagine riflessa e quindi
dell'autore con la sua opera. Secondo Winnicott il terapeuta, come la madre, può
rappresentare una persona in grado di dare senso a quell’esperienza percettiva di chi si
rivede, incoraggiandolo a guardare e a festeggiare la scoperta di sé in un clima emotivo di
allegria e di gioco.
La “rêverie” definisce invece quello stato mentale che favorisce la capacità metabolizzare i
dati sensoriali grezzi dell'individuo e renderli utilizzabili come esperienze dotate di
significato e in grado di promuovere la propria capacità di pensare. Altro concetto centrale
di Bion in questo caso è quello di "fatto scelto". Questo termine sta ad indicare
un'esperienza emotiva consistente nella sensazione di aver scoperto qualcosa di coerente
da una serie di elementi apparsi sino a quel momento completamente privi di
collegamento. Può essere un'idea o un'emozione e nel caso dell'arte può operare nel
processo di creazione o fruizione dell'opera d'arte. Avviene così che una specifica
caratteristica o qualità dell'opera d'arte, in quella determinata persona, in quel preciso
momento, diventa un catalizzatore mentale, un elemento organizzatore, che dà un potente
significato emotivo a quell'opera e al tempo stesso getta un fascio di luce su aspetti della
vita della persona che improvvisamente e in modo nuovo vengono riorganizzati e
compresi. Il fatto scelto ha quindi un significato epistemologico sui generis, perché è un
modo emotivo per arrivare ad una conoscenza scientifica.
Rispetto all'influenza dell'autoritratto nella relazione che l'individuo ha con la realtà
esterna, è lecito citare la Teoria del Campo di Kurt Lewin. Secondo quest'ottica realizzare
un autoritratto significa introdurre, nel campo percettivo un oggetto diverso da Sé ma non
completamente. Questo variazione di campo crea una “terza area” in cui il soggetto può
porsi ad una certa distanza da sé, e dalla tensione provocata dal rapporto tra la propria
realtà interna e quella esterna, auto-osservarsi e, per dirla con le parole di un'altra figura di
spicco della psicologia umanista, Eric Berne, decontaminare e stabilizzare il
funzionamento dello stato del proprio Io Adulto.
Il contributo di questi e di altri autori, quali Fabio Piccini 5, Judy Weiser6 e Oliviero Rossi7,
mi è servito per orientare i miei interventi in aula con gli studenti. Lungi dall'essere usato
come radiografia del mondo interno, ho utilizzato il prodotto artistico come terzo elemento
nella relazione tra me e loro. In altre parole, come operatore, ho cercato di fare
semplicemente da ponte fra l’esperienza della pittura e l’espressione di questa esperienza,
5 Fabio Piccini, Ri-vedersi. Guida all'uso dell'autoritratto fotografico per la scoperta e la costruzione di sé,
Red Edizioni, 2008
6 Judy Weiser, Fototerapia: metodologie e applicazioni cliniche, Franco Angeli, 2013
7 Oliviero Rossi, Lo sguardo e l'azione. Il video e la fotografia in psicoterapia e nel counseling, Edizioni
Univ. Romane, 2009

9
aiutando l'autore a ritrovarsi attraverso le tre funzioni principali dell’organismo quali il
pensare, il sentire e l’agire. In questo senso l'ottica gestaltica mi è servita come metodo
base per amalgamare questi differenti approcci e per lavorare con gli aspetti
fenomenologici dell'autoritratto anche a livello microscopico, aiutandomi a non cadere
nella sua interpretazione, traduzione o interrogazione analitica. Elementi grafici quali la
posizione del foglio, l'intensità della pressione e la qualità del tratto, le ombreggiature e gli
annerimenti, le cancellature, il tempo di esecuzione, le dimensioni di figure e oggetti scelti,
le omissioni, le esagerazioni e le distorsioni parti del corpo, la staticità e il movimento, la
simmetria, la trasparenza, lo stile di esecuzione sensoriale o razionale, non li ho usati
come categorie interpretative ma come eventuali indizi da verificare attraverso la
relazione. In questo senso è stato molto interessante usare gli elementi
dell'interpretazione analitica come il corpo, gli abiti e gli elementi ambientali, e quelli
dell'interpretazione sintetica8 quali l'impressione globale che ci dà l'autoritratto, l'ordine di
esecuzione, la sua colorazione o non colorazione, la ripetizione di un determinato numero
di oggetti rappresentati (es. 4 fiori, 4 case, ecc.), come stimolo percettivo. In questo modo
ho cercato di far focalizzare l'attenzione dell'autore su varie modalità cercando di farmi dire
se potevano essere indicative o meno di quell'intenzionalità di cui parlava Ferrari.
Giocando gestalticamente con le figure e con lo sfondo ho cercato quindi di far entrare in
relazione l'autore con le differenti parti di sé, rappresentate o da me evocate, lasciandolo
libero di entrare in contatto, rivedersi e riconoscersi.
Un'altro riferimento metodologico importante nell'uso dell'autoritratto in psicologia è quello
di Cristina Nuñez, attrice, fotografa, performer e videoartista. Secondo l'autrice "nessuno
può essere ridotto a una sola immagine. Tutte le nostre azioni, i nostri comportamenti sono
inevitabilmente mediati da come vogliamo che gli altri ci vedano. Ci resta tuttavia uno
spazio, un intenso dialogo intimo di percezione, giudizio, pensiero e accettazione che
credo sia indipendente dallo sguardo degli altri" 9. E' in questa zona che l'operatore,
educatore, counselor, psicologo o psicoterapeuta, può facilitare "un potente e meraviglioso
processo che non ha alcun bisogno di parole 10", solo di sguardi e di coraggio. L'ipotesi di
partenza del metodo della Nuñez è che quando riusciamo a materializzare un nostro limite
in un certo senso lo superiamo. Riuscire a vederlo significa farne un oggetto distinto da
noi, che possiamo osservare con i nostri stessi occhi, prenderne coscienza e
oltrepassarlo. Come afferma Stefano Ferrari, parlando delle dinamiche psichiche che si
attivano nella creazione di un autoritratto, esse “non riguardano narcisisticamente solo l'Io
che si rispecchia nel ritratto, ma implicano anche questa immedesimazione nello sguardo
dell'altro, che ha qui come la funzione di rassicurare l'Io” 11. La consapevolezza di essere
guardato introduce lo sguardo dell'altro nella rappresentazione che, automaticamente, ne
tiene conto e diviene ideale. L'Io spettatore è quindi l'Io ideale.
Fin qui ho parlato delle teorie e tecniche legate all'uso dell'autoritratto, non posso tuttavia
non far riferimento alle peculiarità della tecnica del collage straordinariamente in linea con
quanto è stato detto finora. Innanzitutto, il collage permette un'organizzazione percettiva
finalizzata e selettiva del materiale utilizzato che riprende perfettamente i presupposti della
Gestaltpsychologie e della moderna fenomenologia, secondo cui la percezione non
corrisponde ad una semplice attivazione di uno o più organi di senso. La comprensione
della realtà è quindi organizzazione della percezione, del pensiero e della sensazione, nel
“qui e ora” della persona, tramite forme estratte da uno sfondo. La realtà in questo senso
8 Fè d'Ostiani E., " Alcuni aspetti dell'interpretazione del disegno in età evolutiva ", in "Psichiatria
dell'infanzia e dell'adolescenza" , 1987, vol 54: 9-27
9 Articolo di Simona Caleo apparso su L'Espresso del 25 febbraio 2011
10 Ibidem
11 Stefano Ferrari, La psicologia del ritratto nell'arte e nella letteratura, Laterza, Bari-Roma. 1998, p. 111

1
non può essere immortalata o registrata in quanto tale, perché l’uomo e il mondo sono fatti
della stessa carne, come diceva Merleau-Ponty, e quindi è impossibile esperire in maniera
oggettiva la realtà che resta semplicemente percepibile. La “realtà non esiste”, per dirla
alla Gregory Bateson, “la mappa non è il territorio”, citando Alfred Korzybski. Risalendo
alle origini possiamo dire che lo stesso “Carpe Diem” di oraziana memoria può essere
inteso come esortazione a vivere l'attimo più che a coglierlo, perché la realtà non si afferra
si esperisce. L'idea che ci facciamo della realtà quindi, per quanto artisticamente
avanzata, non è mai realistica ma utopica, perché costituisce un punto di riferimento su cui
orientare poi delle azioni pragmaticamente praticabili. Ritornando al collage, in questo
senso “sono i ritagli scelti e il loro modo di combinarli insieme ad avere un valore
speciale”12 perché manifestano questo punto di vista. Rispetto al processo di
apprendimento, invece, prendere coscienza del proprio punto di vista permette di
avvicinarsi alle proprie utopie trasformandole in piani di azione coerenti e pertinenti,
probabilmente più efficaci perché completati dal sentire, dal saper fare e dal saper essere.
Ricevere un feedback rispetto alla nostra idea di realtà, incarnandola in un qualcosa
esperibile da noi e dagli altri, offre numerose possibilità di apprendimento. Rivedere la
propria realtà da diversi punti di vista permette di valutare meglio se ciò che esperiamo è
una mera illusione o un falso ideale. Il contatto con la propria carne nel “qui e ora” è quindi
illuminante sia a livello progettuale che valutativo, orienta l'azione rispetto al futuro e aiuta
decifrare sensazioni, emozioni, pensieri e azioni presenti e passate. Da ultimo, ma non in
ordine di importanza “il collage si pone al confine tra arte plastica e arte visiva” 13 e quindi
permette un'esperienza creativa sia attraverso l'immagine che la materia. La vista, l'olfatto
e il tatto del pezzo scelto, l'udito del taglio o dello strappo del frammento, e il movimento
che porta al posizionamento e all'incollaggio, stimolano i sensi, mentre i simboli, i segni e i
segnali presenti nelle immagini scelte, stimolano le emozioni e i pensieri. In questo senso
il collage è una tecnica molto evocativa perché richiama alla mente sensazioni, rimandi e
ricordi. Nell’utilizzo del collage in terapia ho fatto riferimento al modulo di febbraio di Silvia
Adiutori e a due terapeute scoperte sul web, Ottavia Hiddenart14 e Sabine Korth15.

1.5.2 Il role-playing
Il termine role-playing è stato coniato da Jacob Levi Moreno all'inizio degli anni '50,
applicando lo psicodramma alla formazione professionale e imparentando, in questo
modo, la sua scoperta molto più ai processi e alle teorie dell’apprendimento che ai
meccanismi e alle nozioni psicoanalitiche. Secondo l’autore, imparare qualcosa con la
pratica o con lo studio è incompleto in entrambe i casi, l’efficacia aumenta se si simula
questo qualcosa come se fosse vero:
“Mentre il comportamento di un soggetto in una situazione vera è irrevocabile, ogni frase
della loro recita qui poteva essere invece corretta per mezzo di critiche formulate dai
partners, dal ricercatore e dal soggetto stesso; così il soggetto è in grado di imparare a
modificare gli atteggiamenti giudicati insufficienti nel corso delle prime scene”16.
Il role-playing, appartenente alla tipologia delle simulazioni giocate, utilizza la
drammatizzazione per favorire un apprendimento esperienziale basato sulla possibilità di
sperimentare le proprie strategie comportamentali in contesto protetto. Agli elementi
12 Ibidem, p. 235
13 Anna Maria Acocella, Oliviero Rossi, Le nuove arti terapie. Percorsi nella reazione d'aiuto, Franco Angeli,
2013, p. 231
14 ottaviahiddenart.blogspot.com
15 photo-collage-therapeutic-experiences.blogspot.com
16 Moreno J.L., Manuale di psicodramma, Astrolabio, 1985, p.308

11
fenomenologici del “come se”, tanto cari alla terapia Gestalt e non solo, vengono affiancati
quelli razionali della strategia, più cari al funzionalismo e a buona parte della Scienza
Cognitiva. Mantenendo la stessa ottica inter-disciplinare, non solo la psicologia sociale di
Lewin o il pragmatismo filosofico di Dewey, ma anche l'epistemologia genetica cognitivo-
evolutiva di Piaget, la teoria sociale cognitiva di Albert Bandura e il costruzionismo di
Seymour Papert, hanno descritto, seppur da angolazioni diverse, il valore psico-pedagico
di un tipo di apprendimento esperienziale. Anche nei processi di problem solving, o
pensiero produttivo, ad esempio, i fattori cognitivi non possono prescindere da esperienze
o stati emotivi e sociali, e viceversa. In tal senso, recenti ricerche 17 hanno dimostrato che
un insegnamento che si basi principalmente sulla trasmissione orale delle conoscenze,
incide molto poco sull’apprendimento degli alunni (solo il 20%), rispetto ad una
metodologia che permette la discussione in gruppo (70%) o la possibilità di poter spiegare
ad altri ciò che è stato appena appreso (95%).
Attualmente il role-playing, proprio in virtù delle sue capacità di favorire un tipo di
apprendimento così completo, è una tecnica applicata in settori anche molto diversi fra
loro. In pedagogia, psicologia e psicoterapia viene ormai impiegata come “tecnica
ausiliaria” indifferentemente da professionisti di scuola sistemica, psicoanalitica,
gestaltista, cognitivo-comportamentista, psicosociologica, ed altri ancora 18. Il postulato di
questa tecnica è che, se ci si è sufficientemente “riscaldati” al ruolo, la rappresentazione
improvvisata di un soggetto indica come costui agirebbe in una situazione analoga nella
vita corrente. In questo modo, manipolando un modello attraverso l'assunzione di un ruolo
sottoposto a regole, è possibile dedurre, attivare e sperimentare in-vitro numerose
traiettorie evolutive alternative. Sperimentando la mancanza di efficacia del proprio punto
di vista di fronte ad una situazione problematica qualsiasi e ricevendo un feedback
immediato, si ha la possibilità di cercare una soluzione alternativa sperimentandone
velocemente la validità. Cambiare il proprio pensare, sentire o agire può offrire un
possibilità di ristrutturare il campo e trovare l'insight che permetta la risoluzione del
problema. Non c'è un metodo privilegiato nel problem-solving come non esiste solo una
soluzione. Deduzione, induzione e abduzione a questo livello sono processi razionali di
pari valore, visto che forniscono essenzialmente degli indizi da verificare. Il problema, se
volete, è non farne uso e vivere la realtà in forma univoca.
Nel progetto realizzato con la classe seconda, lo scopo è proprio quello di far apprezzare
agli studenti, come spesso piccole modifiche nelle condizioni che ab-initio descrivono la
propria realtà possono generare scenari completamente divergenti. La possibilità di
modificare, di volta in volta, la percezione del proprio ambiente permette di testare la
reattività di una determinata traiettoria di comportamento rispetto al valore assunto dalle
variabili selezionate. In altre parole la simulazione, lavorando con il “come se”, definisce
un “laboratorio” in cui è possibile esaminare la coerenza e la completezza delle proprie
interpretazioni della realtà e delle mappe di relazioni causa-effetto che si sono ipotizzate,
testando la reattività dei comportamenti scelti.

17 Glasser, William, Control theory in the classroom, New York, NY, US: Perennial Library/Harper & Row
Publishers, 1986 e Norm Green, Kathy Green, Kooperatives Lernen im Klassenraum und im Kollegium:
Das Trainingsbuch, Kallmeyer Sche Verlags, 2005
18 Boria G., Lo psicodramma classico, FrancoAngeli, 1997, Milano, p. 317

1
2. Ipotesi di applicazione
La prima ipotesi riguarda la raffigurazione dell'immagine di sé attraverso l'autoritratto come
possibilità, da parte del soggetto che si rappresenta, di individuare alcune caratteristiche
legate alla proprio modo di mostrarsi all'altro. Un corollario di tale ipotesi è che, al di là
dell'intenzionalità giocosa o seria che l'autore pone nel realizzare l'opera, l'autoritratto
costituisce un modo per interrogarsi sul senso e i limiti dei propri confini, corporei, sociali e
relazionali.
Gli elementi motivanti che entrano in gioco nella dinamica della raffigurazione personale
possono essere diversi e difficilmente separabili ma più o meno hanno a che fare tutti con
la creatività19. La creatività può essere legata al gusto per il travestimento, come avveniva
per Marcel Duchamp quando, mascherato da Rose Sélavy, si faceva fotografare da
ManRay. La creatività può anche per rispecchiare le incertezze, le lacerazioni e le
angosce dell'uomo, un po' come avveniva per gli autoritratti espressionisti di Munch, Van
Gogh, Schiele e Bacon. Un altro bisogno legato alla rappresentazione creativa di se stessi
si rifà al desiderio di “vivere una pluralità di vite”, di cui parlava Freud 20, per dare corpo e
visibilità alla molteplicità delle proprie maschere.
La seconda ipotesi riguarda, invece, il valore educativo delle simulazioni, e più in particolar
modo del role-playing, e quindi il valore dei risultati delle azioni intraprese attraverso un
processo di feedback. L'idea, infatti, è quella di partire dai limiti individuati attraverso
l'autoritratto per giungere a un modello da sperimentare poi con il role-playing, per
verificarne le funzionalità e/o riflettere sulla possibilità di differenti e più efficaci tipi di
condotta. Si tratta di aiutare gli studenti a realizzare un modello sulla base delle riflessioni
emerse sul proprio autoritratto. La modellizzazione fornirà, al tempo stesso, un momento
fondamentale per creare concetti e linguaggi condivisi che permettono di esplicitare,
comunicare e, quindi, confrontare diverse visioni della realtà dove il confronto tra diversi
modelli interpretativi è propedeutico al loro affinamento.

2.1 Valutazione “ex ante”


2.1.1 Verifica di fattibilità
Ho deciso di attuare questo intervento basandomi sulla stima delle mie competenze
professionali, sull'analisi delle caratteristiche della committenza, dell'utenza e ambientali.
Rispetto alle prime, posso dire di aver già lavorato con gli adolescenti, svantaggiati e non,
in contesti di educazione formale e non formale, sia come docente che come educatore e
psicologo. Sono, inoltre, un cultore delle metodologie di educazione attiva, membro della
Federazione Nazionale dei CEMEA, autore di una tesi di laurea sui giochi di ruolo 21 e di un
gioco di ruolo educativo ispirato al caso del Crocefisso di Ofena 22. Infine, la motivazione
nel voler applicare le nuove tecniche apprese durante il presente Master dell'Università
dell'Antonianum, unita alle mie capacità può garantire alla mia prestazione delle buone
probabilità di riuscita.
Rispetto al contesto scolastico, oltre all'esperienza diretta con la classe maturata in un
precedente intervento, ho avuto occasione di avere diversi incontri preliminari sia con la

19 Stefano Ferrari, Chiara Tartarini, Autofocus: l'autoritratto fotografico tra arte e psicologia, Clueb, 2010
20 Sigmund Freud, Considerazioni sulla guerra e sulla morte (1915), in Introduzione alla psicoanalisi e altri
scritti 1915-1917, Torino, Bollati Boringhieri. 2002
21 Gilberto Fulvi, Giochi di ruolo: applicazioni nel settore terapeutico, ludico e formativo, GdR-online, 2000
22 Gilberto Fulvi, Fare intercultura con i giochi di ruolo, Educazione interculturale, 2005, n.3

1
Dirigente che con la tutor dell'Istituto Rizzoli, da cui ho tratto le seguenti conclusioni:
• Caratteristiche della committenza: disponibile, fiduciosa e aperta a nuovi metodi e
forme di intervento. La scuola dichiara seri problemi nel far fronte alla pessima
condotta scolastica e motivazione agli studi della classe.
• Caratteristiche dell'utenza: classe seconda dell'IFP Rizzoli di Milano. Problemi di
attenzione, motivazione e condotta. La tutor, in particolare, fa riferimento a
fenomeni di apatia, indifferenza, irresponsabilità. La classe si lamenta molto e si
impegna poco, dimostrando una quasi totale mancanza di perseveranza, oltre a
una scarsa preparazione tecnica, scarsa concentrazione e alta resistenza allo
studio e al lavoro. Anche la socialità degli studenti è scarsa, dimostrando una
mancanza di capacità relazionali in maniera adeguata sia con i compagni e con gli
adulti.
• Caratteristiche ambientali: la committenza mette a disposizione, un'aula e 6 ore per
il mio intervento (suddiviso su 3 giornate), la tutor dell'Istituto affiancherà il mio
intervento.
• Caratteristiche personale scolastico: i docenti sono estremamente provati dal
comportamento irresponsabile dei ragazzi.
• Caratteristiche famiglie: famiglie allargate, genitori separati, mediamente di ceto
basso, con difficoltà a seguire il percorso scolastico dei figli.

2.1.2 Filosofia complessiva e finalità dichiarate dell'intervento proposto:


La filosofia complessiva dell'intervento è di tipo fenomenologico, ciò significa che
l'esperienza intuitiva è la base della conoscenza, indissolubilmente associata al nostro
punto di vista. La finalità principale dell'intervento è infatti legata alla presa di coscienza,
da parte degli studenti, del proprio punto di vista come punto di partenza per estrarre da
esso le caratteristiche essenziali delle loro esperienze e l'essenza di ciò che
sperimenteranno durante l'intervento.
La psicologia umanista, secondo l'ottica Gestalt, fa uso dei mediatori artistici nella
relazione di aiuto proprio per facilitare l'espressione del sé e facilitarne il suo
riconoscimento. Proprio per facilitare questo processo di riconoscimento, rispecchiamento,
rivisitazione, e revisione di sé e dei propri comportamenti, ho cercato di alternare in aula,
momenti di sintesi a momenti di analisi, e viceversa. Esercizi corporei, introspettivi,
speculativi hanno l'obiettivo di offrire diverse opportunità di ri-vedersi, sia attraverso
l'esperienza diretta che il ragionamento logico. Nella pluralità degli approcci proposti ho
fatto riferimento a tre metodi diversi, quelli più prettamente scolastici, basati sulla
deduzione, quelli della formazione professionale basati sull'esperienza diretta, e quindi
basati sull'induzione, fino a che quelli più creativi, fenomenologici, basati sull'abduzione.
Nel primo caso si assume, infatti, che l’apprendimento avvenga per deduzione, quindi
mediante un processo verticale discendente che va dal generale al particolare.
Nel secondo caso invece, si ritiene che l’apprendimento si attui per induzione, con un iter
verticale ascendente quindi di senso inverso al precedente, che procede dall'osservazione
dei dati particolari al generale.
Nel terzo si assume che l'apprendimento avvenga per abduzione, quindi mediante un
processo orizzontale non gerarchico di soluzioni probabili, di indizi da verificare.

1
2.1.3 Tempi di attuazione: preparazione, intervento, primo feedback, seguimento,
secondo feedback e sviluppi eventuali.

2.1.4 Costi preventivati: rimborso spese (biglietto treno andata e ritorno e costo materiali
nel caso non fossero presenti a scuola la colla, le forbici, i fogli A4).

2.1.5 Obiettivi dichiarati:


• Promuovere apprendimenti significativi di abilità funzionali rispetto all'ambiente
scolastico, con particolare riferimento alla capacità di imitazione e di
discriminazione, alle abilità di autonomia, di comunicazione e di relazione.
• Controllare e decrescere comportamenti problematici e pericolosi senza ricorrere
alla punizione o al rimprovero, ma attraverso la presa di coscienza degli studenti
della disfunzionalità dello stesso e tramite il rinforzo, da parte degli insegnanti, di
comportamenti diversi ed inconciliabili da quello inadeguato.

2.1.6 Metodologia:
Ice-breakers: utilizzati per aiutare il gruppo a iniziare il processo di formazione e di lavoro
di gruppo.
Dinamiche di gruppo: utilizzati per l'espressione e lo sviluppo di determinate abilità
personali e di lavoro di gruppo.
Autoritratto attraverso il collage: utilizzato per l'osservazione dei repertori di abilità degli
studenti.
Focus group: utilizzato per l'analisi comportamentale in riferimento ai repertori di abilità
evidenziati dall'autoritratto.
Role Playing: utilizzato per l'analisi funzionale volta ad evidenziare i rapporti fra il
comportamento oggetto di osservazione e l'ambiente.

2.1.7 Risorse umane previste: la tutor ed io.

2.1.8 Strumenti: lavagna, materiale per il collage, scheda di aiuto alla riflessione per il
collage, scheda di analisi role-playing, valutazione dell'intervento del formatore.

2.1.9 Risultati previsti: miglioramento della condotta degli studenti in aula e durante lo
stage, aumento di responsabilità rispetto alla restituzione dei compiti assegnati, alla presa
di parola in aula, alla richiesta di aiuto in caso di bisogno, alla solidarietà con i compagni e
colleghi, al rispetto delle regole di comunicazione all'interno di un gruppo.

1
2.2 Valutazione “in itinere”:
Il tipo di valutazione durante lo svolgimento dell'intervento è stata soprattutto di tipo auto-
valutativo qualitativo ed ha preso la forma di una breve lista di considerazioni riferite ad
ogni attività proposta. Alla fine di ogni giornata l'intervento si concludeva con un breve
incontro con la tutor, che mi ha accompagnato e sostenuto durante tutto il percorso, per
fare il punto su come calibrare il giorno seguente rispetto alla risposte date dalla classe
alle attività e alla loro reattività in generale.

2.2.1 Prima giornata


Considerazioni rispetto alle attività proposte:
1. Presentazione: gli studenti affermano di venire a scuola perché fortemente spinti
dalle famiglie o perché sanno che in un istituto tecnico si studia meno. La
motivazione è molto bassa ma l'opportunità che mi si offre è quella di migliorare il
clima a scuola, riuscendo a far riscoprire alla classe la piacevolezza e l'utilità dello
stare a scuola.
2. Mappa cognitiva: gli studenti ascoltano, non intervengono ma se interrogati
rispondono. Il livello culturale della classe sembra molto basso.
3. Icebreaker (Modulor): gli studenti sono stati collaborativi e l'attività si è svolta nei
tempi e nei modi previsti. Entrambi i gruppi hanno eseguito i movimenti da me
richiesti, dimostrando buone capacità di esecuzione di un compito arrivato
dall'esterno. Il movimento e il contatto ha stimolato la voglia di interagire, cercando
di divertirsi fra loro e rispettando l'attività. Non hanno esagerato ma forse si sono
concentrati più nel gioco dando un senso a ciò che facevano senza stare in ascolto.
I gruppi di osservazione hanno avuto delle difficoltà a individuare delle differenze
nelle 6 modalità di movimento da me proposte. Le ragioni da me ipotizzate
potrebbero attribuirsi alla timidezza, alla mancata comprensione del compito, alla
mancanza di ascolto e di osservazione, a difficoltà comunicative (mancanza di
vocabolario). Per validare tali presupposti potrei:
• Aiutare a superare la timidezza con attività espressive e di gruppo.
• Verificare più accuratamente che tutti abbiano capito, esortando tutti a chiedere
se non hanno capito e ripeterò la consegna in modi differenti.
• Sensibilizzare il loro ascolto e le loro osservazioni facendogli familiarizzare con
l'uso di categorie, realizzando, ad esempio, degli strumenti per orientare i loro
sensi (checklist di cose da ascoltare e osservare durante le attività).
• Favorire l'utilizzo di sinonimi per far aumentare il loro lessico.

4. Autoritratto: gli studenti hanno partecipato all'attività dimostrando un interesse


crescente che ha raggiunto anche momenti di implicazione significati. Sono riusciti
a consegnare tutti il collage e la relativa griglia di riflessione ma non nei tempi e nei
modi previsti. Oltre alle difficoltà precedentemente evidenziate, ho notato ulteriori
alcune difficoltà nel mantenere l'attenzione sulla consegna una volta consegnate le
riviste. Le immagini sembrano avere sui ragazzi un forte potere magnetico e
catalizzatore. Per alcuni di loro, la concentrazione sulle immagini era così forte da
risultare molto difficile proseguire con le altre fasi dell'attività. Altre difficoltà che ho
avuto con la classe riguardano la superficialità nell'impegno di alcuni ad attenersi
alle consegne o di leggere attentamente le istruzioni della griglia di aiuto alla

1
riflessione. Un esiguo numero di studenti sembrava disinteressato e affatto
incuriosito dalla novità delle attività proposte. Per validare tali presupposti potrei:
• Usare le immagini in maniera strategica e con più cautela.
• Relazionare la novità del compito con qualcosa di cui conoscono il valore.
• Lavorare sul clima fiducia per creare un contesto sperimentale piacevole e protetto.

Risposte della classe e taratura dell'intervento successivo:


Dalle considerazioni fatte con alcuni studenti sui loro autoritratti e dalle risposte ottenute
nelle “griglie di riflessione” ho elaborato diverse ipotesi di lavoro. Partendo dalla consegna
che gli studenti hanno ricevuto prima di iniziare a realizzare l'autoritratto, ossia
rappresentarsi in quanto “studente” e non “persona” in generale, ho raggruppato gli
autoritratti secondo delle categorie arbitrarie. Lo scopo delle categorie è stimolare la
discussione e non etichettare l'identità degli studenti. In allegato è disponibile lo schema,
realizzato su foglio Excel, dove a ogni categoria corrisponde un colore.
Dei 24 alunni (4 ragazze e 20 ragazzi) alla domanda “cosa direbbe per presentarsi il tuo
autoritratto”:

7 (Colore rosa) hanno fatto riferimento a qualità estetiche.


6 (Colore giallo) hanno dato riferimenti alla scuola o alla professione.
5 (Colore verde e verde oliva) hanno fatto riferimento a stati emotivi positivi o confusionali.
3 (Colore celeste) hanno fatto riferimento a preferenze personali.
2 (Colore grigio) non si sono descritti.
1* (Colore marrone) ha cercato di evadere la consegna non rappresentandosi.

* Uno studente non ha rispettato la consegna di realizzare un volto, è ha


utilizzato tre figure intere, due ragazze e un ragazzo.

L'autoritratto rappresenta l'immagine che si vuole dare di se stessi al mondo. Partendo dal
presupposto che gli studenti abbiano capito e seguito la consegna, i risultati sembrano
evidenziare che:
• Per la maggior parte di loro, l'immagine che vogliono dare a scuola è quella di
essere delle persone esteticamente belle. Il risultato è comprensibile se si pensa
che l'adolescenza è l'età i cui temi centrali sono quelli dell'identità e della differenza,
del senso di appartenenza e accettazione sociale.
• Al secondo posto ci sono quelli che, nel bene e nel male, si sono attenuti alla
consegna, dando risposte che riguardavano il loro essere a scuola. Ci sono
riferimenti ai loro interessi professionali (grafica, tecnologia), alle loro attenzione
(sonno, stanchezza) o alla loro voglia di non esserci.
• Al terzo posto ci sono quelli che hanno fatto riferimento ai loro stati emotivi. In
questo caso per loro l'importante non è apparire ma essere, chiaramente in modo
da apparire in un determinato modo.
• Al quarto ci sono quelli che hanno fatto riferimento ad attività di loro gradimento.
Anche qui la scuola è assente e l'importanza è legata all'apparire mediante il fare.
Si mostrano con quello che fanno.
• Al quinto posto c'è chi ha cercato di non descriversi anche se, per dirla con le
parole di Watzlawick, è impossibile non comunicare.Il messaggio è quello del
disagio rispetto all'apparire o per bassa autostima o per depressione.
• All'ultimo c'è chi si è nascosto intenzionalmente dietro una maschera, prendendosi
gioco del compito.

1
2.2.2 Seconda giornata
Considerazioni rispetto alle attività proposte:
1. Presentazione e feedback della giornata precedente: ho ringraziato gli studenti per
l'impegno dimostrato nelle attività e per la serietà dimostrata da alcuni. Ho espresso
la mia opinione per lo scarso spirito di osservazione e di ascolto e per la difficoltà
dimostrata nel rispettare la tempistica delle attività.
2. Mappa cognitiva: relazioni Organismo, Capacità, Ambiente.
3. Icebreaker (Stop): gli studenti sono stati collaborativi e l'attività si è svolta nei tempi
e nei modi previsti. Lavorare sul mantenere le distanze, sui propri limiti del contatto
è stato utile non solo a esplicitare dei concetti astratti legati all'intervento ma anche
ad osservare i loro comportamenti non verbali. Nel primo caso attraverso l'attività
hanno sperimentato i limiti personali (limiti di movimento e di avvicinamento) quelli
dello spazio (il corridoio suggeriva un percorso lineare) e quelli della performance
(solo uno studente ha lasciato libero l'altro di avvicinarsi). Nel secondo caso si sono
viste le differenti affinità fra i ragazzi, i comportamenti legati alle differenze di
genere, ecc.
4. Lezione frontale: notevoli disparità culturali con conseguente necessità di
abbassare il livello di complessità dei contenuti trasmissibili.
5. Focus group: il dibattito sull'adattamento che è scaturito dalla presentazione degli
autoritratti è stato molto stimolante sia per rafforzare i contenuti e gli obiettivi
dell'intervento più in generale che per lavorare con alcuni ragazzi sui loro
comportamenti. In questo senso il feedback sul loro modo di fare sono serviti sia
alle persone prese in esame sia ai loro compagni, per riflettere sulla pertinenza e
sulla funzionalità di alcuni comportamenti. Sarebbe interessante continuare questo
lavoro con tutti i ragazzi e favorire in tal modo dei feedback personalizzati utili alla
classe per interpretare i risultati che ottengono dai loro comportamenti.

Risposte della classe e taratura dell'intervento successivo:


La giornata si è svolta regolarmente anche se, marcatamente cognitiva, ha messo a dura
prova la motivazione e l'attenzione degli studenti. Avverto la necessità, con questi ragazzi,
di lavorare in modo interattivo, con elementi concreti e semplici.

2.2.3 Terza giornata


Considerazioni rispetto alle attività proposte:
1. Ritiro dei compiti a casa: anche se la maggior parte degli studenti ha consegnato i
compiti il livello delle risposte è risultato insufficiente. Non solo molti studenti
avevano copiato gli aggettivi da me proposti ma alcuni li avevano semplicemente
sottolineati, senza nemmeno sforzarsi di trascriverli.
2. Role-playing: la simulazione di una situazione di lavoro è stata l'apice del lavoro di
preparazione dei due giorni precedenti. La classe ha reagito benissimo all'esercizio.
Agire, vedere immediatamente i risultati delle loro azioni, riprovare, cercare
alternative, sperimentare le alternative, riflettere sui cambiamenti anche parziali, ha
motivato gli studenti che hanno cercato di risolvere il problema apparentemente
irrisolvibile. Si sono impegnati e divertiti e con il dibattito finale i vissuti si sono
collegati, almeno teoricamente, alle loro esperienze scolastiche e personali.

1
3. Lezione frontale: la lezione è stata veloce e piena di rimandi alla simulazione. I
contenuti sottostanti non erano semplicissimi (il ciclo singolo e doppio di Argyris e
deuteroapprendimento di Bateson) ma il far riferimento a elementi pratici li ha aiutati
a capire la dinamica delle cose.
4. Focus Group: adattamento o estinzione?

2.3 Valutazione “ex post”


La valutazione di fine intervento, oltre alle autovalutazioni personali, si è avvalsa dei
feedback della tutor e dei docenti, e delle valutazioni scritte degli studenti (allegato H).
1) I commenti degli studenti riportati sulla scheda di valutazione dell'intervento sono molto
positivi. Tutte le attività li hanno incuriositi e divertiti molto, a livello educativo i più fanno
riferimento al role-playing e alle lezioni frontali. La tecnica dell'autoritratto è stata
apprezzata anche se solo una minoranza degli studenti sembra aver associato il lavoro
fatto con la propria immagine a degli apprendimenti rispetto a sé. Anche gli ice-breakers
vengono citati ma più come attività insolita, anche se c'è anche chi afferma di averli
associati a dei contenuti presenti nel corso.
2) Dalla verifica dei contenuti appresi dagli studenti, la tutor si è dimostrata abbastanza
soddisfatta, visto il livello medio della classe. Rispetto ai problemi avuti, tutti hanno
affermato di aver partecipato volentieri, alcuni hanno riscontrato una certa difficoltà nella
comprensione delle consegne e nell'esecuzione dei compiti a casa.
3) I feedback dei professori sui risultati dell'intervento sono buoni, nel senso che hanno
riconosciuto i ragazzi sia nella loro produzione artistica che nelle mie considerazioni
personali. La tutor, inoltre, ha utilizzato gli autoritratti e le griglie di riflessione per stimolare
gli studenti a reagire rispetto ad alcune sue interpretazioni (vedi allegato E). Ne sono
uscite delle schede personali molto interessanti, proprio per questo doppio passaggio
creativo (purtroppo non dispongo della reazione degli studenti). Rispetto alla condotta
degli studenti in classe, i professori avvertono una maggiore consapevolezza degli
studenti che non corrisponde ancora a un miglioramento del comportamento.
4) Le valutazioni delle pagelle di fine quadrimestre daranno ulteriori elementi di giudizio.

1
3. Conclusioni

Qui di seguito riporto, a grandi linee, la descrizione degli studenti che mi era stata data dal
corpo docente dell'Istituto prima di iniziare a lavorare con i ragazzi e le ragazze de “l'allora
tristemente nota classe prima”.

“I ragazzi non fanno i compiti, non si preoccupano di portare


neanche i libri, i quaderni o le penne, e volte usano il
telefonino in classe. Oltre all’inedia e all’apatia con cui
vengono a scuola, sono anche impudenti, sfacciati e
irrispettosi, parlano ad alta voce fra loro di qualsiasi cosa,
senza curarsi del luogo in cui sono, dei pochi compagni che
vogliono seguire e figuriamoci dell’insegnante. Si distraggono,
si annoiano e la cosa si ripete con tutti i docenti del corso”.

Durante un momento di supervisione con le insegnanti, successivo al mio primo intervento


sulla disposizione dei banchi di cui parlavo all'inizio della tesi, riflettevo sulla possibilità di
approfittare del periodo estivo per proporre dei compiti per le vacanze ad hoc sulla
condotta, e mi venne in mente un lavoro sui limiti. Trovai degli esercizi sulla
consapevolezza di sé, dell’altro e dell’ambiente circostante 23, li adattai, semplificandone le
consegne, e li proposi alla tutor. L’idea piacque e così questi particolari compiti per le
vacanze, basati sull’ascolto sensoriale, emotivo e cognitivo, entrarono a far parte del
curriculum scolastico. I compiti non furono eseguiti da tutti e anche chi li fece non sempre
dimostrò di aver capito la consegna. La tutor però insistette, li spiegò ancora una volta,
utilizzò l'esperienza dei compagni che si erano impegnati nel farli e riuscì a far partecipare
tutti. Il fatto che tutta la classe ebbe fatto esperienza di quel qualcosa di inusuale non
diede alcun risultato apparente come d'altronde anche i successivi provvedimenti
disciplinari presi dal corpo docente.
Quando venni chiamato dalla Dirigente Scolastico ero alquanto preoccupato ma subito
dopo essere entrato in aula notai che qualcosa era cambiato. I cambiamenti nella loro
condotta erano minimi: quello che mi colpì era che lentamente iniziavano a capire il mio
linguaggio. I commenti che hanno dato alla fine del mio intervento rispecchiano ancora in
parte questa difficoltà di comprensione ma iniziano ad apparire nuove parole e con esse
nuove possibilità d'azione. Quello di cui sono convinto è che la coerenza metodologica, la
continuità delle azioni nel tempo e la calibratura delle stesse rispetto al contesto e alle
esigenze della persona, da un lato, e l'ascolto, la consapevolezza, l'attenzione e l'essere
presenti, dall'altro, è la miglior strategia di riuscita di qualsiasi intervento educativo. Voler
realmente comunicare significa essere motivati alla relazione ma senza marcare dei limiti
la relazione non esiste, perché si tratterebbe solo di sé o dell'altro. A scuola, questo
discorso è valido tanto per i docenti che per gli alunni.

Un compito percepito come privo di senso è un limite dell'alunno e/o del professore?

La risposta non è importante, l'importante è capire che sempre esistono dei limiti, perché
siamo degli esseri finiti, sia nel corpo che nella mente. La neuropsicologia da anni ha
dimostrato che anche la nostra mente tende a finire le cose, completandole con la
coerenza per non frantumarsi in mille pezzetti.
23 Steve Andreas, John O. Stevens, Awareness - Exploring, Experimenting, Experiencing, Real People
Press, 1971

2
Solo entro i nostri limiti siamo liberi, se non ce li diamo ci rendiamo schiavi di noi stessi.

Quest’affermazione di Mariella Sassone, annotata durante il modulo di maggio sulla


“narrazione come conoscenza di sé“, mi è balenata in mente mentre progettavo il mio
intervento presso l'Istituto Rizzoli. Da lì l'illuminazione, il problema di condotta degli
studenti era ed è la loro mancanza di limiti, che li porta a considerare che il mondo
coincida con loro stessi e i loro bisogni.
Il limite, infatti, definisce la relazione fra una cosa e un'altra, fra me e te, fra l'acqua e l'olio,
fra il bene e il male, ed è nella relazione che le cose acquistano senso e si definiscono
reciprocamente. Ascoltare musica in classe fa perdere senso alla musica, alla classe e
forse a chi la ascolta. C'è poi da dire che l'olio non è sempre così, è cosi quando sta
nell'acqua. Di chi è allora la responsabilità che l'olio si comporti così?
Un discorso simile riguarda la plasticità dell'Io. La persona è una ma allo stesso tempo la
personalità è multiforme, a volte contraddittoria e il senso di quello che si pensa, si dice, si
sente e si fa, dipende da tante variabili interne e ambientali. Accettare la nostra plasticità ci
mette in gioco, gioco inteso sia in senso ludico che fisico, nel senso di “piccolo spazio tra
due elementi”. E' lo spazio che permette la possibilità di movimento e quindi cambiamenti
di posizione e di stato. Accettare il limite è riconoscere questo spazio fra me e la realtà e in
questo spazio immaginare differenti possibilità di risposta. Paradossalmente si diviene
quindi più liberi se si è limitati, e soprattutto se si riconoscono i propri limiti.
Ho scelto di utilizzare l'autoritratto con il collage e il role-playing proprio per cercare di dare
forma a questa convinzione, individuare dei limiti e farli agire. Mi sono affidato alle
tecniche, fidandomi di me stesso e della scuola e tutto sembra aver superato le mie
aspettative, come non avere fiducia nel cambiamento degli studenti?

2
4. Applicazioni simili
Negli ultimi anni, gli istituti scolastici sembrano sempre più interessati ad accogliere
interventi educativi di mediazione artistica. Lo dimostrano, oltre ad un certo numero di
esperienze personali, i numerosi progetti presentati dai docenti del Master e realizzati per
lo più all'interno di scuole medie e superiori del nostro paese. Un altro dato rilevante è la
nuova attenzione attribuita all'aspetto relazionale nei processi educativi che, per un
aumento dell'offerta o della domanda, è comunque più presente oggi nella scuola. Ne
sono un esempio i vari servizi per l'integrazione scolastica, di tutoring personalizzati, di
orientamento, di accoglienza e adattamento degli studenti al percorso formativo, nati in
questi ultimi anni nel nostro paese e non solo.
Tuttavia occorre specificare che, come nel caso di qualsiasi attività, il “come” si agisce
determina il risultato del “cosa” viene agito. La mediazione artistica non si sottrae a questa
logica, e gli interventi educativi che utilizzano modalità (ri)creativo-espressive nella scuola,
nelle carceri, negli ospedali, nei centri sociali e nelle comunità, troppo spesso rischiano di
essere un semplice momento estemporaneo, ricreativo in senso stretto, e quindi slegato
dal percorso “trattamentale” ufficiale. Esplicitare il proprio metodo d'intervento per valutare
la validità e la pertinenza dei risultati ottenuti diviene quindi una questione centrale per la
sua applicabilità e ripetibilità. Personalmente sento la necessità di collegare l'atto della
scoperta alla ricerca empirica, perché gli strumenti che uno psicologo umanista utilizza
nella relazione d'aiuto sono le intuizioni, i sensi e l'esperienza. Credo, inoltre, che il
pensiero scientifico contemporaneo si stia avvicinando notevolmente alla fenomenologia,
eliminando l'antica dicotomia fra ricerca quantitativa e qualitativa, e fra causalità ontologica
di tipo non-lineare (caso e indeterminismo) e non lineare (necessità e determinismo). Sono
quindi favorevole ad applicare i cinque requisiti del metodo scientifico al mio intervento,
promuovendo la ripetibilità, la controllabilità, la pubblicizzazione delle procedure di ricerca,
l'ispezionabilità della base empirica e l'impiego della statistica.
Entrando nella specificità delle tecniche da me utilizzate, la bibliografia scientifica esistente
varia moltissimo, in quantità e qualità, a seconda che si parli di autoritratto attraverso il
collage o di role-playing. Il fatto di per sé non è sorprendente, viste anche le
considerazioni metodologiche presentate nel capitolo precedente, ciò che sorprende è la
mancanza di articoli volti a definire la metodologia dell'intervento soprattuto rispetto
all'eclettismo dell'arteterapia. L'arte e la terapia sono due categorie affini ma non uguali,
per cercare di armonizzare i loro processi dando origine a una nuova sintesi occorre quindi
formulare e fondamentare metodologicamente la novità delle ipotesi sottostanti.
Similitudini, somiglianze, analogie, abduzioni, sono indizi che vanno provati
sperimentalmente, per entrare a far parte di quel processo creativo di scoperta che è la
ricerca scientifica. Il rischio è quello di affidarsi alla pratica aderendo a un'acritica e
incoerente mescolanza di elementi teorici di provenienza diversa e talvolta contraddittori.
Per l'autoritratto attraverso il collage, infatti, è stato molto difficile trovare articoli scientifici.
Per ampliare lo spettro della ricerca si è reso necessario effettuare delle ricerche
incrociate utilizzando progressivamente le diverse combinazioni delle parole chiave
“autoritratto”, “collage”, “terapia”, “educazione”. I risultati significativi, ottenuti utilizzando il
nome della tecnica completa “self-portrait & collage” in campo educativo, sono stati
cinque, circoscritti agli ultimi 6 anni e riguardanti esclusivamente esperienze statunitensi o
canadesi. Qui di seguito li ho divisi presentandoli attraverso una sintesi dei rispettivi
obiettivi educativi dichiarati nelle singole ricerche:

2
1. Conoscenza di sé e del gruppo e alfabetizzazione emotiva24.
2. Espressione della propria identità e dei propri interessi25.
3. Vagliare la propria immagine di se rispetto al passaggio dalla scuola superiore
all'università26.
4. Orientamento socio-culturale27.
5. Riduzione dell'ansia28.
I primi tre obiettivi sono presenti anche nel mio intervento, mentre il quarto evidenzia una
potenzialità legata alla tecnica che avevo sottovalutato e che ha avuto un forte impatto
durante il mio intervento. Nella ricerca di O'Gray viene svolto un lavoro, sulle influenze
della comunicazione di massa nella costruzione dell'identità nei giovani, utilizzando nel
collage esclusivamente delle riviste per adolescenti. La pertinenza dell'articolo si deve al
fatto che, nel mio caso, ho notato una seria difficoltà degli studenti a smettere di guardare
le immagini presenti sulle riviste che, nel loro caso, erano per la maggior parte di gossip,
per concentrarsi sul compito. Sarebbe interessante approfondire la relazione esistente fra
la scelta percettiva delle immagini e i loro eventuali discorsi culturali egemonici sottostanti.
Avrò modo di affrontare questo punto più avanti, mettendo in evidenza come la potenza
dell'immagini abbia rapito l'osservatore, distaccandolo dal compito che gli era stato
assegnato in aula. Un altro spunto interessante, presente nell'articolo di O'Gray, riguarda
l'utilizzo della comunicazione rizomantica29 per studiare la costruzione narrativa del sé.
In campo terapeutico, inserendo le parole “self-portrait & collage” nella ricerca, non ho
ottenuto alcun risultato, mentre separatamente, il “self-portrait” appare in lavori sulla
definizione della propria personalità 30 e sui disturbi di personalità 31, mentre il “collage”
sembra essere una tecnica psicoterapica molto utilizzata in Giappone 32 attraverso il
metodo Focusing, perché in grado di permettere al paziente di prestare attenzione a
sensazioni e desideri che non sono ancora stati espressi in parole.

24 Deborah L. Berhó, Victoria Defferding, Communication, Culture, and Curiosity: Using Target-Culture and
Student-Generated Art in the Second Language Classroom, Foreign Language Annals Volume 38, Issue 2,
pages 271–276, May 2005.
25 Mary Coy, Not Your Ordinary School Pictures, SchoolArts: The Art Education Magazine for Teachers,
v106 n8 p34-35 Apr 2007
26 Kristy Lynn McDonough, Case Studies of Art Therapy as a Tool to Aid Adjustment to College, Florida
State University, 2008
27 Grace O'Grady, Towards a more playful and politicized practice of guidance counselling, Masters in
School Guidance Counselling Co - Leader Structured PhD Programme Education Department National
University of Ireland, 2013
28 Anna Campbell, Reduction Of Test Anxiety By Using Mandalas: A Pilot Study, The Florida State
University, Thesis - Open Access, 2012
29 O Grady, G., Constructing Identities with Young People using Creative Rhizomatic Narrative. PhD Thesis,
Queen’s University, Belfast, 2012

30 John Oldham, M.D. & Lois B. Morris, The Personality Self-Portrait, Kindle Edition, 1995

31 Kathryn Proulxa, Experiences of Women with Bulimia Nervosa in a Mindfulness-Based Eating Disorder
Treatment Group, Eating Disorders: The Journal of Treatment & Prevention Volume 16, Issue 1, 2007

32 Ikemi, A., Yano, K., Miyake, M, & Matsuoka, S. (2007). Experiential Collage Work: Exploring Meaning in
Collage from a Focusing-Oriented Perspective in Journal of Japanese Clinical Psychology 25(4):464-
475.

2
Rispetto al role-playing la letteratura scientifica è molto più generosa. Esistono numerose
ricerche soprattutto in campo terapeutico e aziendale, ma anche a scuola la simulazione
giocata è una tecnica che torva la sua applicazione soprattutto in relazione
all'insegnamento di determinate materie scolastiche, quali la geografia 33,le lingue
straniere34 e l'educazione ambientale35. Diciamo che, senza entrare nel dettaglio di ogni
singolo articolo, i role-playing vengono utilizzati nella prevenzione delle dipendenze, dei
disturbi del comportamento e soprattutto all'acquisizione e valutazione di abilità
professionali, in vari contesti.
In campo terapeutico, escludendo dalla ricerca tutto ciò che è psicodramma, le
applicazioni del role-playing riguarda soprattutto interventi con bambini e adulti neurotici,
psicotici, psichiatrici, autistici, down e tossicodipendenti.
Riassumendo direi che l'utilizzo dei mediatori artistici in ambito educativo si fa sempre
maggiore. Di contro la loro applicazione sembra dipendere ancora troppo da un paradigma
educativo descrittivo o prescrittivo, e quindi regolativo o istruzionale. A pochi mesi dal
centenario della divulgazione di Albert Einstein della teoria della relatività, il rassicurante
riduzionismo è ancora al potere contro ogni forma di emergentismo. Gli interventi a scuola
aiutano il soggetto ad esprimersi e a comunicare ma non entrano nelle logiche del
linguaggio e quindi non arrivano a contemplare un serio lavoro di presa in carico del modo
di essere e di agire della persona e dell'istituzione in cui tale persona vive, studia o lavora.
Le enormi potenzialità creative dei mediatori artistici a scuola rimangono ancora
nell'ombra, anche se viene sempre più apprezzato il loro valore socializzante e portatore di
attivazioni verbali-linguistiche, interpersonali e logico logico-matematiche. Tali presupposti
sembrerebbero confermare l'evidenza per cui man mano che le mie ricerche bibliografiche
si allontanavano dai contesti terapeutici per addentrarsi in quelli scolastici, la presenza di
articoli scientifici diminuiva spaventosamente. L'impressione è quella che la
sperimentazione educativa nelle scuole non esiste perché non ha la forza di uscire dai libri
e dai manuali di filosofia, pedagogia, psicologia e sociologia. Le ore alternative, di tutoring
o di ricreazione, rimangono dei terreni di sperimentazione privilegiati che spesso, proprio
per il loro carattere “alternativo”, non sono ritenute degne di un investimento appropriato
che contempli, ad esempio, lo sforzo di una validazione scientifica. Il valore
dell'innovazione aumenta riavvicinandosi al mondo della terapia o del lavoro, due campi in
cui l'efficacia di una tecnica ha una spendibilità immediata sul mercato, ed è quindi più
spesso fatta oggetto di considerazione e premura.

33 Roca F., Guida alla prima geografia. Per insegnanti della scuola elementare, 1998, Editori Riuniti

34 M. Silvestre, La psychodramaturgie linguistique, Lingua nuova e didattica, a. 22, n. 2, set 1993

35 M. G. Gillone, La risorsa acqua e gli indicatori biologici, Didattica delle scienze e Informatica nella scuola,
a. 33, n. 194, Feb 1998: 12-17

2
5. Bibliografia

• Anna Maria Acocella, Oliviero Rossi, Le nuove arti terapie. Percorsi nella reazione
d'aiuto, Franco Angeli, 2013

• Fabio Piccini, Ri-vedersi. Guida all'uso dell'autoritratto fotografico per la scoperta e


la costruzione di sé, Red Edizioni, 2008

• Gilberto Fulvi, Giochi di ruolo: applicazioni nel settore terapeutico, ludico e


formativo, Gdr-online, 2000

• Gilberto Fulvi, Fare intercultura con i giochi di ruolo, Educazione interculturale,


2005, n.3

• Giovanni Boria, Lo psicodramma classico, FrancoAngeli, 1997, Milano

• Jacob Levi Moreno, Manuale di psicodramma, Astrolabio, 1985

• Judy Weiser, Fototerapia: metodologie e applicazioni cliniche, Franco Angeli, 2013

• Michel Foucault, “La vita degli uomini infami”, Archivio Foucault , II, Feltrinelli,
Milano, 1997

• Oliviero Rossi, Lo sguardo e l'azione. Il video e la fotografia in psicoterapia e nel


counseling, Edizioni Univ. Romane, 2009

• Stefano Ferrari, Lo specchio dell'io. Autoritratto e psicologia , Laterza 2002.

• Stefano Ferrari, La psicologia del ritratto nell'arte e nella letteratura, Laterza, Bari-
Roma. 1998

• Stefano Ferrari, Chiara Tartarini, Autofocus: l'autoritratto fotografico tra arte e


psicologia, Clueb, 2010

• Steve Andreas, John O. Stevens, Awareness - Exploring, Experimenting,


Experiencing, Real People Press, 1971

• Sigmund Freud, Considerazioni sulla guerra e sulla morte (1915), in Introduzione


alla psicoanalisi e altri scritti 1915-1917, Torino, Bollati Boringhieri. 2002

Motori di ricerca utilizzati per gli articoli scientifici:

• CiteSeerX (http://citeseerx.ist.psu.edu/index)

• GOOGLE SCHOLAR (http://scholar.google.it)

• PUBMED (http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed)

2
Allegati
A) Dettaglio degli interventi in aula
MARTEDI' 8.10.2013 – Nome intervento: un’immagine di me.

Presentazione Icebreaker Visualizzazione Collage Lezione frontale


10' 15' 10' 50' (10'+10'+10'+10+10') 10'

Presentazione:
Rimando al lavoro fatto sulla disposizione dei banchi e sulla comunità d'apprendimento dell’anno scorso.
Mi ripresento come psicologo del lavoro, ossia come professionista che con i problemi legati al proprio lavoro, alle
proprie reazioni, alle relazioni con l'attività da svolgere e alle relazioni con l'ambiente di lavoro più in generale, e quindi
con i colleghi, con il capo, con la cultura aziendale, ecc.
Perché sono qui?
• Per aiutarvi, attraverso la CREATIVITA', a vivere la vostra scelta di studiare qui in maniera più funzionale e più
piacevole.
• Per affrontare un problema insieme a voi. Il professore di tecnologia ha lasciato l'aula e altri segnali sembrano
indicare che non siete interessati alla vostra formazione.
Vi invito ad una riflessione: il vostro comportamento è stato efficace.
Il mio lavoro in azienda è anche questo, lavorare sulle relazioni della persona con se stesso, con gli altri e con il suo
ambiente

Scrivo alla lavagna: UOMO, ATTIVITA', AMBIENTE (guidali)

Chi siete? Perché siete qui? Com'è qui l'ambiente? Conoscete il termine “spazio vitale”? Beh, non sempre la barriera è
un termine negativo, a volte infatti serve a proteggerci.

Icebreaker – il modulor

Dividere la classe in due gruppi che si alternano, uno fa le attività gli altri guardano e poi si commenta tutti
insieme. Il “modulor” è una scala di grandezze riguardo alle proporzioni del corpo umano, inventata da Le
Corbusier e basata sulla Sezione aurea.

Nel prossimo esercizio vi chiedo invece di osservare voi stessi, e in questo caso la situazione è l’ambiente scolastico.
Cosa fate a scuola? O meglio chi siete voi quando siete a scuola? Per rappresentarvi utilizzerete la tecnica del collage.

Collage:
Realizzare un autoritratto con il collage permette di includere nella riproduzione del proprio volto elementi simbolici e
narrativi appartenenti non solo all’aspetto fisico ma soprattutto a quelli caratteriali ed emotivi. E' un modo per
stimolare il processo di consapevolezza ed esplorazione del proprio modo di essere al mondo, del messaggio che si
vuole comunicare su di sé, legato in particolare all'identità della propria immagine. Parliamo di PLASTICITA’ DELL’IO,
che nelle sue diverse forme (l'autoritratto di oggi è unico) mantiene una unità e una coerenza riconoscibile come IO.

Il tema dell'autoritratto è: Io a scuola.


Come vengo scuola? Con che faccia? Con che atteggiamento? Con quali emozioni? Con che pensieri?
Le fasi da seguire nella realizzazione di un collage sono:
• Scelta delle immagini e dei materiali: “Fate in modo che siano le immagini a scegliervi!”. Parole chiave:
ascolto, incontro, scelta, trovare ciò che mi serve nel mondo che ho a disposizione.
• De- strutturazione: taglio o strappo, piego o accartoccio il materiale. Parole chiave: aggressività positiva,
trasformazione, potere.
• Ri- configurazione: posiziono i frammenti in modo diverso per sentire che effetto mi fa, poi incollo. Parole
chiave: sperimentazione, ricostruzione, organizzazione, possibilità.
• Incollaggio: configurazione definitiva dell’opera del collage. Parole chiave: conclusione, chiusura,
completezza, limiti.
• Narrazione: attraverso l'aiuto di una griglia di riflessione, ognuno dovrà rispondere alle seguenti domande:
• Titolo dell’opera
• Cosa direbbe per presentarsi il tuo autoritratto? “Sono (nome) e questo/a sono io quando…..”
• Breve descrizione dell’opera (quantità dei ritagli, ecc). Fatti aiutare dal tuo compagno di banco!
• Scegli uno dei ritagli e racconta che parte di te rappresenta.
• Che effetto ti fa guardare il tuo autoritratto? Che effetto ti piacerebbe suscitasse nei tuoi compagni?

2
GIOVEDI' 10.10.2013 – Nome intervento: adattamento o fuga.

Presentazione Icebreaker Lezione frontale Role-playing Lezione frontale Mappa cognitiva Chiusura
15' 20' 20' 30' 30' 30' 15'

Buongiorno e presentazione:
Feedback rispetto alle attività di martedì:
+ Positivi per l'impegno (ora posso dire che ho un'immagine di voi. Grazie)
- Negativi per la capacità di osservazione, di ascolto e di rispettare i tempi imposti.

Oggi parleremo ancora di noi e questa volta delle nostre capacità di ADATTAMENTO.

Sapete cos’è l’adattamento? E’ la capacità di un organismo di sopravvivere cambiando in maniera funzionale


rispetto al proprio ambiente.

Scrivo alla lavagna: ORGANISMO, CAPACITA', AMBIENTE

Intanto è importante chiarire che ogni organismo a i suoi limiti, vi propongo quindi un'attività.

Icebreaker - Stop:
Andare in corridoio, fare due gruppi di osservatori, allineati uno di fronte all'altro, al centro
due coppie di “attori”. Due degli “attori” dovranno avvicinarsi ai propri rispettivi compagni
finché non saranno fermati da un loro gesto precedentemente prestabilito. Quando si ferman,
tornano al punto d'inizio e iniziano ad avvicinarsi di nuovo, e così via.
E' un gioco per sperimentare i limiti che ognuno pone nel contatto con l'altro.
Categorie per gli osservatori: veloce, lento, deciso, indeciso pacifico, aggressivo, sereno,
nervoso.
Debriefing:
Domande agli attori: Come vi siete sentiti? Cosa avete notato in chi vi si avvicinava?
Domande agli osservatori: Avete notato se delle persone reagivano sempre allo stesso modo? Avete notato
delle corrispondenze fra stile avvicinamento e reazione?
Conclusione: i limiti personali variano a seconda della persona e della situazione in cui si trova.

Lezione frontale:
Ritorniamo all'adattamento. Cambiamo esseri, prendendo i collage ad esempio possiamo immaginare che
rappresentino delle creature più o meno mostruose che vivono a scuola. Per ora sono riusciti a sopravvivere
all'evoluzione scolastica (siete in seconda) ma vediamo come questi organismi si adattano all’ambiente.

E' importante ricordare che:


LA QUALITÀ FUNZIONALE NON É UN ATTRIBUTO DELL’OGGETTO (persona), MA É UN
ATTRIBUTO DELL’USO DELL’OGGETTO (attività) IN UN DETERMINATO AMBIENTE.

Ognuno di voi ha rappresentato diverse qualità, più o meno funzionali rispetto al contesto scolastico:
estetiche (belle-brutte), scolastiche (interesse-disinteresse), emozionali (allegro-triste), interessi
personali (rilevanti-irrilevanti) e chi si le ha nascoste evitando di farsi vedere (indossando maschere anche
appariscenti). Come vedete queste creature hanno utilizzato strategie evolutive molto diverse, non tutte le
risulteranno qualità funzionali serviranno per l'evoluzione della specie. Vediamone qualcuna?

Qualcuno vuole lavorare con il suo ritratto?


Considerazioni sul raffronto:
• Come ti senti di fonte ai tuoi autoritratti?
• Cosa dice di me la scrivania e cosa dice di me l'autoritratto?
• Quali sono i miei punti forti e le mie debolezze? (Scrivere almeno 3 limiti e 3 risorse).
• Che cambi vorresti apportare ai tuoi disegni?

2
Scrivo alla lavagna: ORGANISMO/STUDENTE, CAPACITA'/CARATTEEISTICA, AMBIENTE/SCUOLA

Studente: tronista, addormentato, allegro, con molti interessi personali


Attività: farsi vedere, conoscere gente, acquisire competenze, dormire, emozionarsi, approfondire i propri
interessi,
Scuola / Lavoro: ascoltare, osservare, capire, domandare, rispondere, fare i compiti, lavorare da soli.

Cosa fare in caso di PERICOLO ESTINZIONE?


Se l'ambiente non cambia (fuga o eliminazione) dovete cambiare o l'attività o voi stessi.
• Cambiare comportamento o atteggiamento è la cosa più semplice (non faccio – faccio i compiti).
Infatti se non cambiate azione otterrete sempre lo stesso tipo di risposta.
• Se la risposta non cambia, significa che c'è da cambiare un'altra cosa, voi stessi. I nostri modelli
mentali sono quelli che ci fanno vedere il mondo così com'è. Cambiare il punto di vista ci apre tutta
un'altra gamma di possibilità e per farlo il primo passo è impegnarsi (matita=punge e scrive!).
Provare nuove possibilità, essere creativi, mettere in discussione i propri giudizi. Fare qualcosa di
nuovo o smettere di fare quello che faccio sempre.

Compiti a casa:
Breve descrizione dell'ambiente scolastico e lavorativo. Cos'è la scuola? E il lavoro? Come sto io in classe,
come starò io a lavoro? (ricordare lavoro fatto l'altr'anno sulla SWOT della disposizione dei banchi). Sulla
base della mappa cognitiva fatta insieme ogni alunno compilerà una scheda individualmente sulle tre
caratteristiche personali riferite agli ambienti scolastici e a quelli lavorativi.
Ognuno sarà libero di utilizzare dei termini presentati nell'esempio precedente o di aggiungerne dei propri.

Caratteristiche personali a scuola


Capacità che utilizzo a scuola Cose che mi piace fare a scuola Che luogo è la scuola
Creatività I compiti Freddo
Forza fisica Scherzare con gli amici Silenzioso
Simpatia Lavorare su cose pratiche Poco illuminato
Concentrazione Sport Socievole
Buona memoria Uscire da casa Spazioso
Caratteristiche personali a lavoro
Capacità che utilizzerei a lavoro Cose che mi piacerebbe fare a lavoro Che luogo è il lavoro

2
VENERDI' 11.10.2013

Role-playing Lezione frontale Chiusura


50' 40' 10'

Ritiro dei compiti a casa: non tutti li hanno fatti, qualcuno li ha fatti a metà, in pochi hanno saputo rispondere..

Role-playing: siamo in un negozio di vendita e riparazione di elettrodomestici. Due persone sulla scena, uno fa il
rivenditore l'altro il cliente.
• Cliente: hai un problema con la lavatrice. Sei venuto al negozio perché hai bisogno velocemente di un pezzo di
ricambio. Hai smontato la lavatrice e sai che è la pompa il problema ma non ricordi la marca della lavatrice. Il
pezzo da sostituire lo vuoi in fretta perché devi tornare al lavoro.
• Negoziante: non conoscendo la marca della lavatrice non puoi sapere quale sia il pezzo di ricambio.
Soluzioni possibili: far vedere al cliente un catalogo con le foto delle diverse lavatrici con la speranza che il cliente
riconoscesse il modello.

Discussione in gruppi: come vedete le risposte cambiano cambiando i comportamenti. La realtà cambia perché cambiate
voi stessi.

Lezione frontale: Discorso sui limiti della nostra percezione e della nostra conoscenza.

Chi sono io?


Io sono sia quello che so di essere che ciò che non so.
Cosa voglio? Sono funzionale rispetto a quello che voglio?

L'azione, in sé, non è giusta o sbagliata, ma è efficace o inefficace in relazione all'obiettivo che ci si pone. L'importante è
essere coscienti delle caratteristiche personali, dell'azione e dei risultati ottenuti e variare il proprio comportamento
cercando modi più efficaci.

Cos'è la scuola? E il lavoro che mi aspetta?


La scuola è sia quello che è ma anche quello che dice di essere (trasformare l'arroganza in iniziativa).
Le idee sopra le persone, esigere il giusto.
Le mia azioni sono funzionali al posto dove sto e a quello che voglio ottenere da lui?
La scuola rappresenta il vostro luogo ideale? E il lavoro? Voi e le vostre capacità?
Ci sono ambienti e attività favorevoli e altri in cui sono possibili diverse forme di adattamento (cambiare se stessi,
cambiare l'attività, cambiare l'ambiente). In tal senso è importante conoscere i propri limiti, quelli dell'attività e quelli
ambientali. Quando in natura le condizioni non cambiano e l'animale non si adatta, le possibilità normalmente sono due,
la fuga o la morte. A scuola corrispondono ai debiti o all'interruzione degli studi. Al lavoro corrisponde alla depressione o
al licenziamento.

2
B) Alcuni autoritratti realizzati attraverso il collage.

C) Griglia di riflessione

Nome e cognome _______________

Titolo dell'opera

Cosa direbbe per presentarsi il tuo autoritratto?


Esempio “Sono Marco e questo sono io quando…..”

Breve descrizione dell’opera. Fatti aiutare dal tuo compagno di banco!


Esempio, quantità e tipo dei ritagli, colori dominanti, disposizione spaziale...

Scegli uno dei ritagli e racconta che parte di te rappresenta.


Esempio “Ho scelto il ritaglio dell'occhio perché rappresenta la mia...

Che effetto ti fa guardare il tuo autoritratto? Che effetto ti piacerebbe suscitasse nei tuoi compagni?

3
D) Dati raccolti dalle “Griglie di aiuto alla riflessione”

3
E) Schede realizzate dalla tutor
Semplicemente me

L’autoritratto rappresenta l’immagine che si vuole dare di sé stessi al mondo.


La consegna era di rappresentarsi come studenti.
Nel tuo caso, con le immagini scelte e i commenti fatti nella “griglia di riflessione”
fanno riferimento ad aspetti estetici. E’ comprensibile, per un’adolescente,
preoccuparsi dell’immagine di sé e del giudizio degli altri ma a scuola è importante
concentrarsi su altri aspetti legati alla propria crescita personale e professionale.
Appari molto sicura della tua immagine di ragazza, a scuola manca la tua immagine di
studentessa.

Quali sono le opportunità e i rischi collegati a quest’atteggiamento ???

Opportunità:

Rischi:

3
La faccia complicata

L’autoritratto rappresenta l’immagine che si vuole dare di sé stessi al mondo.


La consegna era di rappresentarsi come studenti.
Nel tuo caso, le immagini scelte e i commenti fatti nella “griglia di riflessione” fanno
riferimento agli aspetti scolastici. Ti mostri come una persona selettiva, uno studente
che a scuola sembra molto sicuro e categorico su come vuole apparire ma confuso su
cosa vuole fare ed esprimere.
Cerca di dare un contenuto alle scelte che fai!

Quali sono le opportunità e i rischi collegati a quest’atteggiamento???

Opportunità:

Rischi:

3
F) Compiti a casa

3
G) Role-playing

Ambientazione: siamo in un negozio di vendita e riparazione di elettrodomestici. Due


persone sulla scena, uno fa il rivenditore l'altro il cliente.
• Cliente: hai un problema con la lavatrice. Sei venuto al negozio perché hai bisogno
velocemente di un pezzo di ricambio. Hai smontato la lavatrice e sai che è la
pompa il problema ma non ricordi la marca della lavatrice. Il pezzo da sostituire lo
vuoi in fretta perché devi tornare al lavoro.

• Negoziante: non conoscendo la marca della lavatrice non puoi sapere quale sia il
pezzo di ricambio.
Soluzioni possibili: far vedere al cliente un catalogo con le foto delle diverse lavatrici con la
speranza che il cliente riconoscesse il modello.

Coppia Negozio
Negoziante Cliente Risposta
Studente A Studente B Porto la lavatrice domani a negozio
Studente C Studente D Prendo appuntamento per domani
Studente E Studente F Prendo appuntamento per domani e fisso l'orario
Studente G Studente H
Studente I Studente L
Studente M Studente N
Studente O Studente P
Studente Q Studente R Hanno consultato il catalogo perché il cliente ricordava l'iniziale
del nome della lavatrice
Studente S Studente T Il negoziante ha parlato di un pezzo universale

3
H) Feedback degli studenti sull’intervento

Studente A Penso che l’incontro con lo psicologo del lavoro sia stato istruttivo e
d’aiuto. Ci ha fatto capire molte cose sul campo del lavoro, e su molto altro,
mi è piaciuto ma non esageratamente. Direi che è stato carino fare quei
giochi in classe ed in corridoio ed è stato una nuova esperienza. Io non mi
aspettavo di meno o di più perché non ne avevo mai fatto uno, quindi non
sapevo su che basi giudicare.
Studente B Penso che gli incontri che abbiamo fatto con lo psicologo siano veramente
di grande aiuto per noi perché ci ha spiegato bene com'è l’ambiente nel
mondo di lavoro. Ci ha fatto anche capire che ci dobbiamo adattare bene
all’ambiente della scuola e del lavoro. E’ stata un’esperienza interessante
perché mi ha spiegato un po’ di cose nel mondo di lavoro.
Studente C Il lavoro che abbiamo svolto per una settimana con lo psicologo
GILBERTO l’ho trovato molto interessante, e mi ha fatto capire come
comportarmi adeguatamente nel posto di lavoro, a scuola e allo stage.
Con lo Psicologo abbiamo svolto un paio di esercizi e giochi molto
divertenti e interessanti, perché ogni gioco o esercizio che abbiamo svolto
aveva un senso logico.
Studente D L’incontro con Gilberto è stato molto interessante tutte e 3 le volte. In certi
momenti non mi è piaciuto perché non capivo il significato di quello che
facevamo. In particolare mi è piaciuto il pezzo dove dovevamo fare il
nostro autoritratto con dei pezzi di giornale.
Studente E Negli incontri fatti con lo psicologo del lavoro, mi sono divertito molto,
sono stati molto interessanti e coinvolgenti. Soprattutto l’ultimo incontro
che ci ha fatto interagire molto coinvolgendoci nella lezione lo psicologo ci
a fatto mettere tutti in corridoio,cerano delle persone che dovevano
guardare gli altri compagni che facevano un esercizio che consisteva nel
mettersi uno di fronte l’altro

Studente F
Studente G In una settimana per sei ore abbiamo avuto un’incontro con uno psicologo
del lavoro. All’inizio mi sembrava una cosa banale e inutile ma poi ho
riflettuto sull’importanza e capito sull’importanza dei questo incontro. Lo
psicologo del lavoro è stato interessante e ci ha fatto capire l ‘importanza
del mondo al di fuori della scuola.
Gli esercizi che ci ha fatto fare uno non mi è piaciuto quello di allargare le
mani e camminare sembravo una “scema” però gli altri sono stati belli e
utili e anche la scheda da fare per compiti.
Mi aspettavo di più però è stato divertente e utile.
Studente H Questo progetto mi è piaciuto molto, l’ho trovato a suo modo interessante,
anche se lo pensavo basato più sul lavoro nello specifico, mentre era molto
sull’ osservazione e sull’adattamento.
mi è piaciuto in modo particolare il lavoro sul decoupage, perché mi servirà
a notale i miei cambiamenti nel corso dell’anno.
Studente I Lo psicologo del lavoro mi ha fatto capire che nel mondo lavorativo più si è
bravi in quello che si fa e più ci saranno le possibilità di far carriera.
Bisogna impegnarsi e cimentarsi con tutto il cuore e l’impegno che si ha nel
lavoro che si sta eseguendo per essere più soddisfatti nel proprio lavoro.
Studente L In queste settimane abbiamo svolto un corso con Gilberto, psicologo del

3
lavoro. Il corso è stato molto interessante e istruttivo perché ho imparato
tante cose nuove. La parte che mi è piaciuta di più è stata quando abbiamo
svolto delle scenette, che consistevano in “trasformarsi” in un commesso e
un cliente. Spero che l’anno prossimo rifaremo questa bellissima
esperienza.
Studente M Il corso formativo svolto in classe con lo psicologo sul lavoro mi è piaciuto,
perché la classe ha lavorato come un gruppo, eseguendo tutti gli esercizi
che ci hanno assegnato. È stato anche molto istruttivo perché ci ha
insegnato anche su come possa l’essere umano, ambientarsi/adeguarsi
all’ambiente che lo circonda. Durante l’ultimo giorno del corso abbiamo
anche condiviso i nostri pareri sull’autoritratto fatto in classe.
Studente N A me è piaciuto perché spiegava le cose che probabilmente molti della mia
classe non hanno capito, le spiegava anche in modo semplice è più
divertente, però io credo che a me non servano queste cose perché so cosa
voglio per il mio futuro, so che devo studiare, sono una persona determinata
e prendo la scuola o il lavoro seriamente.

Studente O
Studente P Penso che questa esperienza è stata molto particolare; All’ inizio non capivo
cosa rappresentasse il fatto di girare per la classe eseguendo le indicazioni
dal professore, dopo le spiegazioni dette, ho compreso ed ho capito il
perché di tutto ciò.
l’esperienza fatta in auditorium, penso sia stata la migliore, è che ci abbia
fatto capire molte più cose.
Sono sicura che tutte queste esperienze mi aiuteranno durante lo
svolgimento lavorativo, e che mi sia servito.

Studente Q Tutte le lezioni con lo psicologo sul lavoro mi sono piaciute, sono stato
assente solo ad una lezione, perché mi ha fatto adattare come mentalità nel
contesto lavorativo. L’ultima lezione ci ha fatto fare delle scenette su una
situazione (un ragazzo ha il ruolo di venditore mentre un altro fa il
compratore) che potrebbe capitare in un nostro futuro. Mi sono “divertito”
perché sono state delle lezioni “libere” e anche perché vi ha partecipato
tutta la classe.

Studente R In queste settimane con il Profes. Gilberto, psicologo del lavoro.


Abbiamo appreso tante cose come comportarsi a scuola ò soprattutto nel
mondo del lavoro.
La parte migliore è stata quando si era in Auditorium e abbiamo fatto le
“recite” mi è piaciuta molta questa esperienza e soprattutto questo percorso
fatto.

Studente S L’intervento che ha fatto lo psicologo Gilberto è stato molto interessante.


Mi sono piaciuti gli prove che ci hanno fatto fare per farci capire le cose.
Ad esempio mi è piaciuto l’esercizio di osservazione, è stato un esercizio
che non avevo mai fatto.
Di solito noi non osserviamo molto le cose attentamente ma in questo
esercizio dovevamo essere attenti ai minimi particolari ed è stato bello.
Anche tutti gli altri esercizi sono stati belli e mi hanno fatto capire molte
cose. Ho capito che non eravamo molto preparati per gli stage ma pian

3
piano ci stiamo preparando cosi da poterci orientare bene agli stage.
Lo psicologo è stato molto bravo ed è stato molto da aiuto.

Studente T A me è piaciuto perché è stato molto istruttivo, mi ha aiutato come mi devo


comportare ad un colloquio di lavoro.
Io mi sono anche divertito a fare questa cosa perché comunque si facevano
cose divertenti, come la faccia, camminare per la stanza o il commesso e il
cliente.

Studente U E’ stato utile anche se alcune attività non le ho capite molto bene e mi
sembravano inutili, ad esempio l’esercizio di camminare e fermarsi quando
l’altro alzava al mano in cui poi abbiamo osservato i comportamenti degli
altri.

Studente V
Studente W
Studente X Per me lo Psicologo del lavoro è stato importante per capire come sarà il
luogo di lavoro e scoprire come si affronta il lavoro e lo stress.
Per me è stato interessante e piacevole con i giochi che ci hanno fatto fare.
Studente Y Le ore svolte con lo psicologo del lavoro credo che mi abbiano insegnato
qualcosa.
Più di tutto, sicuramente, il coltivare la capacità di saper scovare strade per
raggiungere gli obiettivi professionali. Quindi cogliere più informazioni
possibili; ascoltare, osservare, immedesimarsi.
Ho anche capito che da una perdita o un fallimento bisogna imparare ad
uscirne vittorioso, più veloci, sicuri e diretti verso l’obiettivo.
Inoltre credo che lo psicologo sia stato un bravo insegnante in quanto il
comunica bene, resta interessante e agisce nel modo giusto.

Studente Z Secondo me l’incontro con lo psicologo del lavoro e’ stato molto


significativo, soprattutto quando ci ha fatto fare delle scenette per farci
comprendere ancora meglio il significato della sua lezione.
E’ stato sicuramente una lezione diversa dalle solite, ma e’ servita a molto e
spero che faremo nuovamente un esperienza simile.

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