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E STILI DI APPRENDIMENTO
Laura Barbirato
Dirigente scolastica,
psicologa dell’apprendimento
Riletto ora, alla luce dello sviluppo delle tecnologie, questo breve testo sembra profetico.
Eppure, innovare e creare ambienti di apprendimento capaci di fare questo, non significa
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necessariamente dipendere dalle tecnologie.
Perché gli studenti possano scoprire e percorrere le strade dei loro talenti, la scuola deve
offrire opportunità, osando discostarsi dalle routine, spesso rassicuranti, in cui fatalmente
rischia di ripiegarsi.
Si è cominciato a parlare di creatività e pensiero divergente intorno agli anni 70, ma oggi
questo tema è oggetto di una nuova attenzione anche a livello normativo.
La normativa scolastica ha recepito il tema all’interno delle Indicazioni Nazionali per il
curricolo della scuola di base, all’interno del paragrafo “ambiente per l’apprendimento”,
laddove si fa riferimento alla scuola primaria:“Favorire l’esplorazione e la scoperta al fine
di promuovere la passione per la ricerca di nuove conoscenze. In questa prospettiva, la
problematizzazione svolge una funzione insostituibile, sollecita gli studenti a individuare
problemi, a sollevare domande, a mettere in discussione…., a trovare piste d’indagine
adeguate ai problemi, a cercare soluzioni anche originali attraverso un pensiero
divergente e creativo.”
Compare poi un piccolo richiamo alla creatività soltanto nell’ambiente di apprendimento
della scuola dell’infanzia quando, parlando del gioco, si fa cenno al modo di elaborarne
le esperienze in modo creativo.
Eppure, creatività e pensiero divergente sono dimensioni presenti e vive a tutti i livelli
evolutivi. Sono dimensioni dello studente che possono dispiegarsi se anche i docenti
osano dare voce a queste proprie e personali dimensioni. Coltivare i talenti, scoprire
inclinazioni, attitudini, preferenze, all’interno del curricolo significa cambiare sguardo.
«La frase più pericolosa in assoluto è: abbiamo sempre fatto così» (Grace Hopper)
Occorre guardare oltre…
Oggi però il pensiero divergente, di fronte ai grandi problemi che affliggono il pianeta e
l’umanità, rimane spesso l’ultima spiaggia cui rivolgerci, quando le soluzioni convergenti
si stanno rivelando inadeguate o insufficienti o addirittura fallimentari. Anche le imprese
hanno bisogno di creatività per innovare i loro prodotti e sostenere la competitività
nei mercati.
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L’esplosione del sapere e il continuo mutare delle mappe delle discipline esigono che si
riservi un’attenzione rinnovata alla definizione del curricolo: gli studi sulla mente umana
e sul cervello che sono un solido punto di partenza sulla cui base riprogettare il sistema
educativo. Le conoscenze attualmente richieste sono fortemente operative e difficilmente
acquisibili una volta per sempre! Quello cui dobbiamo tendere sono le competenze!
La scuola, come sistema strutturato, fino ad ora ha essenzialmente svolto una funzione
trasmissiva dei saperi accumulati e anche se questa finalità non può venir meno del tutto,
certamente ora più che mai lo studente, sia a scuola che nel mondo del lavoro, dovrà
acquisire abilità personali di tipo “metodologico” (sapere come) che la presenza dei mezzi
informatici e telematici può certamente facilitare. Saper lavorare in gruppo, saper accedere
alle fonti delle conoscenze, saper organizzare ed organizzarsi,sono dimensioni
trasversali della crescita scolastica e lavorativa di un giovane, oggi ritenute
irrinunciabili.
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Il tema degli stili cognitivi
Intorno agli anni 50 negli USA sono emersi due filoni di ricerca, riguardanti
l’apprendimento scolastico, che hanno sostenuto il passaggio dell’attenzione dal
prodotto dell’apprendimento stesso al processo cognitivo. Si tratta dello studio
sulle differenze individuali, attraverso il declino dell’approccio psicometrico - che
presumeva di misurare l’intelligenza - e il sorgere dell’influenza del cognitivismo.
Si passa così da una concezione basata sui risultati delle prestazioni misurate sui test
(Q.I) ad un’analisi del comportamento intelligente attraverso l’individuazione di
differenti strategie, risorse e limiti che caratterizzano l’esecuzione di compiti
tradizionalmente considerati intelligenti.
Naturalmente questi compiti non saranno più contrassegnati da un’idea astratta di
intelligenza ma da puntuali pensieri induttivi o deduttivi, da ragionamenti analogici,
dalla comprensione dei testi da leggere, ecc.
Adesso non guardiamo più al Quoziente Intellettivo come ad un valore che esprime
l’intelligenza. Riconosciamo che le prove che misurano questo valore sono di tipo
scolastico e quindi culturalmente condizionate, riconosciamo che il valore non è fisso e
geneticamente determinato, ma condizionato dalle occasioni di apprendimento e
quindi soggetto ad evoluzione. Riconosciamo che l’intelligenza non è una facoltà
unitaria, ma esistono tante forme o tipologie di intelligenza tra loro interagenti ma non
necessariamente allo stesso livello, tutte con pari dignità. Diversi autori, a partire da
Gardner che ha teorizzato le intelligenze multiple, fino a Goleman che ha approfondito
il tema dell’empatia e dell’intelligenza emotiva, hanno elencato tipologie e forme di
intelligenza.
Si è arrivati così a concentrare l’attenzione sulle diverse modalità di elaborare
l’informazione e di risolvere problemi che si possono manifestare in compiti diversi,
facendo emergere caratteristiche cognitive assai differenziate, spesso raccolte in
coppie dicotomizzate, denominate stili cognitivi.
Ecco un esempio:
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4. Processi di memorizzazione e di organizzazione dei concetti
Stile verbale Lo studente preferisce compiti verbali (la lettura,la scrittura, la discussione) e le
discipline che privilegiano il codice verbale.
stile visuale L’studente preferisce i compiti basati sulla visualizzazione (disegni, grafici,
schemi), ricorda i concetti se associati a schemi, ricorda il testo in base alla
disposizione dei capitoli, paragrafi, titoli, figure…
Dei nostri studenti è altrettanto interessante osservare l’apprendimento non solo senso
quantitativo (quanto hanno appreso) ma anche in relazione ai processi che lo generano
(il come apprendono).
Le coppie dicotomiche indicate rappresentano gli estremi di un continuum all’interno
del quale si posiziona lo stile prevalente della persona.
Ecco un esempio di scheda di osservazione applicabile ai nostri studenti:
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Profilo cognitivo: contrassegnare con una crocetta lo stile prevalente e
l’intensità con cui si manifesta
stile stile
+ x - - x +
prevalente prevalente
Sistematico 3 2 1 1 2 3 Intuitivo
Analitico 3 2 1 1 2 3 Globale
Riflessivo 3 2 1 1 2 3 Impulsivo
Verbale 3 2 1 1 2 3 Visuale
Convergente 3 2 1 1 2 3 Divergente
Seriale 3 2 1 1 2 3 Olistico
Ricettivo 3 2 1 1 2 3 Esplorativo
Intrapersonale 3 2 1 1 2 3 Interpersonale
Già nel lontano 1930, un giovane e geniale pensatore russo, dal nome poi diventato
famosissimo, L.S.Vygotskij, scriveva le sue riflessioni sull’immaginazione e la creatività,
considerate non sono un dono della natura ma frutto di un complesso di ristrutturazioni
delle informazioni, di cui è dotato ogni individuo, in stretta dipendenza dai nuovi rapporti
che egli istituisce con la realtà naturale e sociale fin dall’infanzia. L’immaginazione e la
realtà non sono così in contrapposizione perché la fantasia del soggetto attinge
sempre da elementi desunti dalla realtà.
Gli stili cognitivi denotano le caratteristiche individuali nell’approccio ai problemi e
scandagliano le diverse strategie di elaborazione, categorizzazione, utilizzazione
dell’informazione che dipendono da differenze cognitive, motivazionali e di personalità.
Si differenziano in parte dagli stili di apprendimento, che corrispondono invece alle
modalità sensoriali preferite per acquisire le informazioni: prevalentemente visuale,
visivo, cinestesico, verbale. Ciascuno quindi ha una strada preferita per acquisire gli
stimoli e una modalità preferita per elaborarli (organizzarli, memorizzarli, recuperarli…).
L’insieme stile di apprendimento + stile cognitivo costituisce un set unico e originale
proprio di ciascuna persona.
Questo set determina il modo che lo studente utilizza per codificare gli stimoli, ritenere
o recuperare, all’interno del materiale di apprendimento, differenti tipi di conoscenza e
di prestazione che viene sollecitato ad affrontare quando, ad es. deve studiare e
memorizzare.
Nel suo saggio del 1956 (“A study of thinking”) Bruner portava alla luce, passandole in
rassegna attraverso un lavoro di ricerca e sperimentazione, le diverse strategie che
ogni soggetto usa quando costruisce dei concetti. Le strategie vengono da Bruner
chiamate “messa a fuoco” . Uno stile impulsivo o uno stile riflessivo possono
diversamente impattare con richieste, come quelle scolastiche, contraddittorie in
quanto si richiede di essere rapidi e contemporaneamente di non commettere errori.
il ragazzo impulsivo cerca il successo rapido e non si cura di evitare il fallimento,
mentre il ragazzo riflessivo teme la frustrazione dell’errore e procede lentamente.
A tale proposito più volte Bruner raccomanda ai docenti di imparare a distinguere gli stili
cognitivi di pensiero, per diventare consapevoli di quale stile cognitivo essi stessi sono
portatori ma soprattutto per evitare di stigmatizzare gli alunni che presentano uno stile
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cognitivo di segno opposto. Le frasi tipiche possono essere, di fronte ad un soggetto
riflessivo: - Sei una lumaca, sbrigati! Oppure : - Pensa prima di parlare, tiri ad
indovinare?
E’ opportuno che la scuola riconosca e rispetti i diversi stili cognitivi, ma anche
promuova una sorta di “contaminazione” per fare in modo che le coppie di stili non
rimangano così dicotomizzate ma che vengano sollecitati degli spunti di riflessione che
l’apprendimento in contesto sociale sollecita.
Nella misura in cui il docente si pone i problema di esplorare queste dimensioni
cognitive dei suoi studenti, li rende noti e consapevoli anche agli studenti stessi,
favorendo l’autonomia e l’autoconsapevolezza.
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Bisogna però sottolineare che il pensiero convenzionale, di tipo convergente, è la base
sulla quale costruire un pensatore divergente. Secondo Bruner stesso le soluzioni di
tipo creativo possono insorgere solamente quando la materia in questione è ben
posseduta per cui si ha una profonda familiarità con l’argomento. Quindi la
creatività si basa sulla padronanza degli argomenti, la divergenza non è mai arbitrio né
anarchia.
La disposizione alla creatività, intesa come divergenza, non è solo questione di
intelligenza ma è anche legata alle caratteristiche individuali di tipo conoscitivo e alla
qualità della personalità.
Il pensatore divergente tende a rendere “significativo” ogni nuovo dato che
incontra perché connesso con dati precedenti. Questo processo di connessione
viene chiamato “codificazione” ed un insieme di dati correlati “categoria”.
Bruner pensa che creare “legami” tra eventi nuovi e vecchi sia l’attività mentale più
importante, per cui trovare relazioni e connessioni anche tra dati che sembrano s-
connessi diventa un tipo di pensiero riflessivo ma, quando le connessioni risultano
insolite, di tipo creativo di grande efficacia.
Così il pensiero creativo-divergente risulta essere correlato con l’ampiezza della
categorizzazione e con la prontezza ad accettare, con grande flessibilità, il massimo
di informazioni dal mondo esterno, che possono risultare “invisibili” o molto difficili da
scorgere agli individui più convergenti.
In questo processo però il pensatore divergente , al contrario del convergente che si
appoggia su un insieme di principi ben strutturati, collaudati e sicuri, si espone al rischio
di sbagliare.
Direttamente collegato al buon rapporto con il rischio risulta anche la tendenza a
lasciarsi andare, ad azzardare delle ipotesi, dimostrando di saper pensare in modo
coraggioso. Naturalmente queste osservazioni ci portano a considerare una buona
flessibilità mentale intesa come prontezza e facilità a ristrutturare il pensiero in caso di
errore, senza risentire frustrazioni.
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perdere il controllo sulla situazione, al contrario di quello che teme il soggetto con un
controllo razionale fragile.
porre domande, indovinare e prevedere, avere il coraggio delle proprie idee, intervenire
con strane domande e disturbare così il regolare andamento della lezione, essere
indipendente nel giudizio e nel pensiero, essere disposto a rischiare ed anche a volte
essere incapace di “accettare l’autorità”.
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sollecitazione alla divergenza da parte dell’insegnante sia una concessione al non
rispetto delle norme o una forma di debolezza.
Queste dovrebbero essere competenze sulla creatività e pensiero divergente che ogni
insegnante dovrebbe possedere.
Risulta però più facile a dirsi che ad applicarsi sul campo se è vero, come è vero, che
ogni docente, se non fa un buon lavoro di formazione su di sè, attraverso un
”apprendimento trasformativo” , continuerà ad insegnare come ha imparato a veder fare
da coloro che ha avuto come docenti.
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La fissità funzionale
Un aspetto su cui la scuola, a partire da quella dell’infanzia, può lavorare bene è quello
della rottura della fissità funzionale.
La fissità funzionale è la tendenza a impiegare gli elementi della realtà, ma anche poi
quelli delle situazioni problematiche, secondo il loro uso comune.
Il pensiero divergente invece, come abbiamo visto, sorge da spunti di categorizzazione
aperta, quindi dalla capacità di cogliere legami insoliti.
La “rottura della fissità funzionale” serve proprio a rendere in questo senso la
percezione, e poi la mente, più aperte e flessibili.
Ci sono molti giochi e stimoli che servono a questo. Per esempio quanti usi si possono
fare di un oggetto? Es:Quanti usi di un mattone? La risposta convergente sarà quella di
indicare l’uso edilizio. Le risposte divergenti invece:uno sgabello, uno scalino, un
martello, ecc. (v. test “Usi” di Guilford)
Il problema è dato dal conformismo educativo che rinforza invece la fissità funzionale.
All’inizio tutti gli studenti in modo molto naturale fanno un uso divergente degli oggetti,
soprattutto quando provano e riprovano a sperimentarne le loro caratteristiche e poi
soprattutto quando appare il gioco simbolico, ma è l’adulto che interviene dicendo:-Cosa
stai facendo? Le posate o i piatti o le sedie servono a….
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che sottolinea come questi test possono essere usati anche a scuola.
Test Minnesota
I test che seguono furono elaborati all’università del Minnesota attraverso elaborazioni
sui test di Guilford con suggerimenti anche diTorrance.
Domanda e indovina
Viene mostrata un’immagine e si chiede di fare domande su aspetti che l’immagine non
spiega. Si può anche richiedere un raccontino su ciò che precede o segue l’immagine
stessa. Si valutano la facilità, la flessibilità, a l’originalità dimostrate nella risposta.
Raccontini
Si dà una lista di una decina di temi, che riguardano persone o animali con strane
caratteristiche, e si chiede di inventarci un raccontino.
Prova a supporre
Assomiglia a”Conseguenze” di Guilford ma è accompagnato anche da un disegno.
Figure incomplete
Si richiede di terminare dei disegni incompleti.
Cerchi e quadrati
Viene presentata una pagina con 35 cerchi con la richiesta di disegnare il maggior
numero possibile di cose interessanti ed originali che si possono fare con un cerchio
scrivendo poi il nome del “nuovo” oggetto.
(es.di risposta divergente: un naso visto da una mosca che si trova sul labbro superiore).
Bibliografia
Boscolo P., Psicologia dell’ apprendimento scolastico, UTET, Torino, 1997. Cropley A.J.,
La creatività, La nuova Italia, Firenze, 1969.
De Bono E., Buona idea! Esercizi per il pensiero creativo. Erikson,Trento, 2008.
Rubini V. La creatività. Interpretazioni psicologiche, basi sperimentali e aspetti educativi.
Giunti, Firenze, 1996
Wertheimer M. Il pensiero produttivo, G.Barbera, Firenze, 1965,(ultima ed.1997)
F. Tessaro, Metodologia e didattica dell’insegnamento secondario, Armando, 2002.
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