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CREATIVITA’, PENSIERO DIVERGENTE, INTELLIGENZE

E STILI DI APPRENDIMENTO

Laura Barbirato
Dirigente scolastica,
psicologa dell’apprendimento

Immaginate una classe con una


finestra su una conoscenza estesa a
tutto il mondo. Immaginate un
insegnante con la possibilità di portare
alla luce ogni immagine, suono, evento.
Immaginate che lo studente possa
visitare ogni posto sulla terra e ogni
tempo nella storia. Immaginate uno
schermo che possa mostrarvi in colori
vividi il lavoro interno di una cellula, la
nascita e la morte delle stelle. Sembra
qualcosa di magico, persino oggi.
Tuttavia l’abilità per allestire questo
genere di ambienti di apprendimento è
all’interno delle nostre possibilità”

Ambron S. e Hooper K, 1988

Riletto ora, alla luce dello sviluppo delle tecnologie, questo breve testo sembra profetico.
Eppure, innovare e creare ambienti di apprendimento capaci di fare questo, non significa

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necessariamente dipendere dalle tecnologie.
Perché gli studenti possano scoprire e percorrere le strade dei loro talenti, la scuola deve
offrire opportunità, osando discostarsi dalle routine, spesso rassicuranti, in cui fatalmente
rischia di ripiegarsi.
Si è cominciato a parlare di creatività e pensiero divergente intorno agli anni 70, ma oggi
questo tema è oggetto di una nuova attenzione anche a livello normativo.
La normativa scolastica ha recepito il tema all’interno delle Indicazioni Nazionali per il
curricolo della scuola di base, all’interno del paragrafo “ambiente per l’apprendimento”,
laddove si fa riferimento alla scuola primaria:“Favorire l’esplorazione e la scoperta al fine
di promuovere la passione per la ricerca di nuove conoscenze. In questa prospettiva, la
problematizzazione svolge una funzione insostituibile, sollecita gli studenti a individuare
problemi, a sollevare domande, a mettere in discussione…., a trovare piste d’indagine
adeguate ai problemi, a cercare soluzioni anche originali attraverso un pensiero
divergente e creativo.”
Compare poi un piccolo richiamo alla creatività soltanto nell’ambiente di apprendimento
della scuola dell’infanzia quando, parlando del gioco, si fa cenno al modo di elaborarne
le esperienze in modo creativo.
Eppure, creatività e pensiero divergente sono dimensioni presenti e vive a tutti i livelli
evolutivi. Sono dimensioni dello studente che possono dispiegarsi se anche i docenti
osano dare voce a queste proprie e personali dimensioni. Coltivare i talenti, scoprire
inclinazioni, attitudini, preferenze, all’interno del curricolo significa cambiare sguardo.

«La frase più pericolosa in assoluto è: abbiamo sempre fatto così» (Grace Hopper)
Occorre guardare oltre…

Oggi però il pensiero divergente, di fronte ai grandi problemi che affliggono il pianeta e
l’umanità, rimane spesso l’ultima spiaggia cui rivolgerci, quando le soluzioni convergenti
si stanno rivelando inadeguate o insufficienti o addirittura fallimentari. Anche le imprese
hanno bisogno di creatività per innovare i loro prodotti e sostenere la competitività
nei mercati.

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L’esplosione del sapere e il continuo mutare delle mappe delle discipline esigono che si
riservi un’attenzione rinnovata alla definizione del curricolo: gli studi sulla mente umana
e sul cervello che sono un solido punto di partenza sulla cui base riprogettare il sistema
educativo. Le conoscenze attualmente richieste sono fortemente operative e difficilmente
acquisibili una volta per sempre! Quello cui dobbiamo tendere sono le competenze!
La scuola, come sistema strutturato, fino ad ora ha essenzialmente svolto una funzione
trasmissiva dei saperi accumulati e anche se questa finalità non può venir meno del tutto,
certamente ora più che mai lo studente, sia a scuola che nel mondo del lavoro, dovrà
acquisire abilità personali di tipo “metodologico” (sapere come) che la presenza dei mezzi
informatici e telematici può certamente facilitare. Saper lavorare in gruppo, saper accedere
alle fonti delle conoscenze, saper organizzare ed organizzarsi,sono dimensioni
trasversali della crescita scolastica e lavorativa di un giovane, oggi ritenute
irrinunciabili.

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Il tema degli stili cognitivi
Intorno agli anni 50 negli USA sono emersi due filoni di ricerca, riguardanti
l’apprendimento scolastico, che hanno sostenuto il passaggio dell’attenzione dal
prodotto dell’apprendimento stesso al processo cognitivo. Si tratta dello studio
sulle differenze individuali, attraverso il declino dell’approccio psicometrico - che
presumeva di misurare l’intelligenza - e il sorgere dell’influenza del cognitivismo.
Si passa così da una concezione basata sui risultati delle prestazioni misurate sui test
(Q.I) ad un’analisi del comportamento intelligente attraverso l’individuazione di
differenti strategie, risorse e limiti che caratterizzano l’esecuzione di compiti
tradizionalmente considerati intelligenti.
Naturalmente questi compiti non saranno più contrassegnati da un’idea astratta di
intelligenza ma da puntuali pensieri induttivi o deduttivi, da ragionamenti analogici,
dalla comprensione dei testi da leggere, ecc.
Adesso non guardiamo più al Quoziente Intellettivo come ad un valore che esprime
l’intelligenza. Riconosciamo che le prove che misurano questo valore sono di tipo
scolastico e quindi culturalmente condizionate, riconosciamo che il valore non è fisso e
geneticamente determinato, ma condizionato dalle occasioni di apprendimento e
quindi soggetto ad evoluzione. Riconosciamo che l’intelligenza non è una facoltà
unitaria, ma esistono tante forme o tipologie di intelligenza tra loro interagenti ma non
necessariamente allo stesso livello, tutte con pari dignità. Diversi autori, a partire da
Gardner che ha teorizzato le intelligenze multiple, fino a Goleman che ha approfondito
il tema dell’empatia e dell’intelligenza emotiva, hanno elencato tipologie e forme di
intelligenza.
Si è arrivati così a concentrare l’attenzione sulle diverse modalità di elaborare
l’informazione e di risolvere problemi che si possono manifestare in compiti diversi,
facendo emergere caratteristiche cognitive assai differenziate, spesso raccolte in
coppie dicotomizzate, denominate stili cognitivi.
Ecco un esempio:

Classificazione del profilo cognitivo


1. Problem solving
Stile sistematico Lo studente procede per piccoli passi; considera tutte le variabili del problema;
suddivide il compito; costruisce le ipotesi di soluzione durante il lavoro.
stile intuitivo Lo studente coglie l’essenza del problema; formula ipotesi all’inizio e poi cerca di
confermarle o meno utilizzando l’analisi dei dati.

2. Osservazione/percezione della realtà


Stile analitico Lo studente coglie prima di tutto i particolari, i singoli elementi. Tra due figure
simili (ma diverse) individua le differenze.
stile globale Lo studente coglie una situazione nella sua totalità, nell’insieme degli elementi.
Tra due figure simili (ma diverse) individua le somiglianze.

3. Selezione delle informazioni e processi decisionali


Stile riflessivo L’studente affronta con calma il compito passo dopo passo; esamina a lungo le
diverse alternative, prima di prendere decisioni. Presenta sensibilità meta
cognitiva.
stile impulsivo L’studente prende decisioni con rapidità e immediatezza utilizzando informazioni
essenziali.

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4. Processi di memorizzazione e di organizzazione dei concetti
Stile verbale Lo studente preferisce compiti verbali (la lettura,la scrittura, la discussione) e le
discipline che privilegiano il codice verbale.
stile visuale L’studente preferisce i compiti basati sulla visualizzazione (disegni, grafici,
schemi), ricorda i concetti se associati a schemi, ricorda il testo in base alla
disposizione dei capitoli, paragrafi, titoli, figure…

5. Processi di costruzione del pensiero


Stile convergente Lo studente utilizza schemi e procedure noti per affrontare la realtà, anche
quando si tratta di situazioni nuove, tende a riprodurre schemi consolidati.
stile divergente L’studente cerca di trovare nuove soluzioni anche a problemi già risolti,
ristruttura i suoi schemi cognitivi per comprendere il nuovo. Tende a produrre
nuovi schemi di pensiero.

6. Processi di controllo dell’azione


Stile seriale Lo studente per eseguire il compito utilizza azioni in sequenza e procedure
algoritmiche; per procedere ha bisogno di istruzioni dettagliate e progressive.
stile olistico Lo studente procede in modo euristico, per scenari successivi, non necessita di
istruzioni specifiche, ma deve comprendere il punto di arrivo.

7. Processi di acquisizione dei saperi


Stile ricettivo Lo studente apprende i concetti già organizzati da altri: adatta, modifica o
sostituisce i propri concetti e conoscenze con quelli proposti dall’insegnante.
Apprende in modo cumulativo, efficiente e rapido; tale apprendimento può
rivelarsi poco efficace e duraturo.
stile esplorativo Lo studente usa le conoscenze e i modelli che già possiede per comprendere il
nuovo che acquisisce in modo esperienziale e inferenziale. Apprende in modo
lento e personale, ma molto efficace e duraturo.

8. Processi di condivisione dei saperi/relazionalità


Stile Lo studente preferisce apprendere in modo individuale, ama gli sport
intrapersonale individuali. La sua motivazione ad apprendere nasce dalla competizione con se
stesso.
stile Lo studente predilige le situazioni di apprendimento in gruppo e di studio con
interpersonale altri con cui condivide i percorsi di costruzione dei saperi. Ama gli sport di
squadra. Avere un pubblico può essere la sua motivazione, anche ad
apprendere.

Dei nostri studenti è altrettanto interessante osservare l’apprendimento non solo senso
quantitativo (quanto hanno appreso) ma anche in relazione ai processi che lo generano
(il come apprendono).
Le coppie dicotomiche indicate rappresentano gli estremi di un continuum all’interno
del quale si posiziona lo stile prevalente della persona.
Ecco un esempio di scheda di osservazione applicabile ai nostri studenti:

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Profilo cognitivo: contrassegnare con una crocetta lo stile prevalente e
l’intensità con cui si manifesta

stile stile
+ x - - x +
prevalente prevalente
Sistematico 3 2 1 1 2 3 Intuitivo
Analitico 3 2 1 1 2 3 Globale
Riflessivo 3 2 1 1 2 3 Impulsivo
Verbale 3 2 1 1 2 3 Visuale
Convergente 3 2 1 1 2 3 Divergente
Seriale 3 2 1 1 2 3 Olistico
Ricettivo 3 2 1 1 2 3 Esplorativo
Intrapersonale 3 2 1 1 2 3 Interpersonale

Già nel lontano 1930, un giovane e geniale pensatore russo, dal nome poi diventato
famosissimo, L.S.Vygotskij, scriveva le sue riflessioni sull’immaginazione e la creatività,
considerate non sono un dono della natura ma frutto di un complesso di ristrutturazioni
delle informazioni, di cui è dotato ogni individuo, in stretta dipendenza dai nuovi rapporti
che egli istituisce con la realtà naturale e sociale fin dall’infanzia. L’immaginazione e la
realtà non sono così in contrapposizione perché la fantasia del soggetto attinge
sempre da elementi desunti dalla realtà.
Gli stili cognitivi denotano le caratteristiche individuali nell’approccio ai problemi e
scandagliano le diverse strategie di elaborazione, categorizzazione, utilizzazione
dell’informazione che dipendono da differenze cognitive, motivazionali e di personalità.
Si differenziano in parte dagli stili di apprendimento, che corrispondono invece alle
modalità sensoriali preferite per acquisire le informazioni: prevalentemente visuale,
visivo, cinestesico, verbale. Ciascuno quindi ha una strada preferita per acquisire gli
stimoli e una modalità preferita per elaborarli (organizzarli, memorizzarli, recuperarli…).
L’insieme stile di apprendimento + stile cognitivo costituisce un set unico e originale
proprio di ciascuna persona.
Questo set determina il modo che lo studente utilizza per codificare gli stimoli, ritenere
o recuperare, all’interno del materiale di apprendimento, differenti tipi di conoscenza e
di prestazione che viene sollecitato ad affrontare quando, ad es. deve studiare e
memorizzare.
Nel suo saggio del 1956 (“A study of thinking”) Bruner portava alla luce, passandole in
rassegna attraverso un lavoro di ricerca e sperimentazione, le diverse strategie che
ogni soggetto usa quando costruisce dei concetti. Le strategie vengono da Bruner
chiamate “messa a fuoco” . Uno stile impulsivo o uno stile riflessivo possono
diversamente impattare con richieste, come quelle scolastiche, contraddittorie in
quanto si richiede di essere rapidi e contemporaneamente di non commettere errori.
il ragazzo impulsivo cerca il successo rapido e non si cura di evitare il fallimento,
mentre il ragazzo riflessivo teme la frustrazione dell’errore e procede lentamente.
A tale proposito più volte Bruner raccomanda ai docenti di imparare a distinguere gli stili
cognitivi di pensiero, per diventare consapevoli di quale stile cognitivo essi stessi sono
portatori ma soprattutto per evitare di stigmatizzare gli alunni che presentano uno stile

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cognitivo di segno opposto. Le frasi tipiche possono essere, di fronte ad un soggetto
riflessivo: - Sei una lumaca, sbrigati! Oppure : - Pensa prima di parlare, tiri ad
indovinare?
E’ opportuno che la scuola riconosca e rispetti i diversi stili cognitivi, ma anche
promuova una sorta di “contaminazione” per fare in modo che le coppie di stili non
rimangano così dicotomizzate ma che vengano sollecitati degli spunti di riflessione che
l’apprendimento in contesto sociale sollecita.
Nella misura in cui il docente si pone i problema di esplorare queste dimensioni
cognitive dei suoi studenti, li rende noti e consapevoli anche agli studenti stessi,
favorendo l’autonomia e l’autoconsapevolezza.

La creatività, il pensiero produttivo, il pensiero divergente


A dire il vero la parola creatività abbraccia, nell’uso corrente, tanti significati tra cui
quello usato per designare la capacità di esprimere un pensiero originale attraverso
l’espressione artistica.
In questa sede però il termine sarà preso in considerazione come capacità di vedere -
attraverso un pensiero che categorizza in modo più aperto il mondo – relazioni e
rapporti nuovi, di produrre idee ed intuizioni insolite, rompendo gli schemi tradizionali di
risposta per mezzo di associazioni libere.
L’aspetto interessante appare subito all’inizio quando si afferma che la scuola concorre
a “sviluppare” la potenziale creatività della persona, come a dire che tutti i ragazzi
vanno sollecitati in questa direzione perché la creatività è educabile.
Per Wertheimer (1959), la creatività di sostanzia nel pensiero produttivo. Quando il
pensiero riesce ad esplorare terre sconosciute, quando risolve un problema riuscendo
a organizzare i contenuti in strutture significative, è perchè, attraverso una improvvisa
intuizione illuminante (insight) scorge connessioni prima non rilevate tra gli elementi del
campo cognitivo. E’ così che il pensiero crea.
A denominare invece la creatività come pensiero divergente fu J.P. Guilford,
attraverso il saggio Creativity nel 1950. Accanto al pensiero logico-deduttivo che
Guilford chiamerà convergente, che aveva caratterizzato la ricerca scientifica fino ad
allora, compare un pensiero altro, chiamato da lui divergente - che Bartlett chiamerà
aperto, De Bono pensiero laterale - meno vincolato a schemi rigidi ed in grado di
produrre soluzioni alternative a situazioni problemiche.
Il pensiero divergente consiste perciò nella capacità di vedere nuovi rapporti, di
produrre idee ed intuizioni insolite che aprono nuovi orizzonti, nell’attitudine a rompere
gli schemi tradizionali di risposta, nella modalità di categorizzare il mondo in modo
molto aperto.
I pensatori caratterizzati soprattutto da un pensiero convergente sono abili
nell’applicazione pratica delle idee, tendono ad affrontare i problemi in base alla logica e
al ragionamento ipotetico-deduttivo. Particolarmente idonei al problem-solving, si
sentono più a loro agio in situazioni in cui vi è una singola risposta esatta o una sola
soluzione al problema.
I pensatori invece più portati alla divergenza riescono a veder i problemi da più punti
di vista, rompono con facilità la fissità funzionale e si presentano con alcune
caratteristiche personali che qui di seguito cercheremo di descrivere succintamente.

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Bisogna però sottolineare che il pensiero convenzionale, di tipo convergente, è la base
sulla quale costruire un pensatore divergente. Secondo Bruner stesso le soluzioni di
tipo creativo possono insorgere solamente quando la materia in questione è ben
posseduta per cui si ha una profonda familiarità con l’argomento. Quindi la
creatività si basa sulla padronanza degli argomenti, la divergenza non è mai arbitrio né
anarchia.
La disposizione alla creatività, intesa come divergenza, non è solo questione di
intelligenza ma è anche legata alle caratteristiche individuali di tipo conoscitivo e alla
qualità della personalità.
Il pensatore divergente tende a rendere “significativo” ogni nuovo dato che
incontra perché connesso con dati precedenti. Questo processo di connessione
viene chiamato “codificazione” ed un insieme di dati correlati “categoria”.
Bruner pensa che creare “legami” tra eventi nuovi e vecchi sia l’attività mentale più
importante, per cui trovare relazioni e connessioni anche tra dati che sembrano s-
connessi diventa un tipo di pensiero riflessivo ma, quando le connessioni risultano
insolite, di tipo creativo di grande efficacia.
Così il pensiero creativo-divergente risulta essere correlato con l’ampiezza della
categorizzazione e con la prontezza ad accettare, con grande flessibilità, il massimo
di informazioni dal mondo esterno, che possono risultare “invisibili” o molto difficili da
scorgere agli individui più convergenti.
In questo processo però il pensatore divergente , al contrario del convergente che si
appoggia su un insieme di principi ben strutturati, collaudati e sicuri, si espone al rischio
di sbagliare.
Direttamente collegato al buon rapporto con il rischio risulta anche la tendenza a
lasciarsi andare, ad azzardare delle ipotesi, dimostrando di saper pensare in modo
coraggioso. Naturalmente queste osservazioni ci portano a considerare una buona
flessibilità mentale intesa come prontezza e facilità a ristrutturare il pensiero in caso di
errore, senza risentire frustrazioni.

Divergenza e tratti di personalità


Alcuni studiosi hanno verificato che nei pensatori divergenti è presente una particolare
“giocosità” e senso dell’umorismo che si manifesta soprattutto nel saper giocare con i
significati delle parole o con le idee nel cercare nuove soluzioni, come sembra sapesse
fare molto bene Einstein.
Anche la neurobiologia può essere messa in campo per descrivere alcuni funzionamenti
di questi soggetti.
I processi analogici-immaginifici affondano le loro radici in un magma di rappresentazioni
e associazioni oniriche, fantasmatiche, pulsionali, libere dalla logica, spesso
contraddittorie, tipiche del pensiero del bambino fino ai due anni prima di venire indotto,
ma anche di evolvere naturalmente, verso il pensiero secondario, logico e razionale.
Sono processi governati prevalentemente dall’emisfero destro del cervello. Un solido
autocontrollo (garantito invece prevalentemente dalla parte sinistra del cervello)
permette alla persona di pescare nel ricco serbatoio del suo pensiero primario senza
paura di “smarrire se stesso” o di sentire vacillare il proprio equilibrio mentale, quindi di

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perdere il controllo sulla situazione, al contrario di quello che teme il soggetto con un
controllo razionale fragile.

Educazione familiare e creatività


Appare ad un certo punto un bel paradosso : nonostante si pensi che la creatività e il
pensiero divergente dovrebbero essere incoraggiati si nota invece come le qualità che li
contraddistinguono sono considerate indesiderabili nell’educazione dei nostri ragazzi.

E.P.Torrance (1965) ha mostrato come le cinque culture da lui studiate: USA,


Germania, India, Grecia e Filippine, propendono a non approvare qualità come quella di
:

porre domande, indovinare e prevedere, avere il coraggio delle proprie idee, intervenire
con strane domande e disturbare così il regolare andamento della lezione, essere
indipendente nel giudizio e nel pensiero, essere disposto a rischiare ed anche a volte
essere incapace di “accettare l’autorità”.

La scuola e la famiglia allora come si pongono di fronte a tale problematica?


Le ricerche dimostrano che l’ambiente familiare, con le proprie aspettative, richieste,
gerarchia di valori, sono fondamentali nel facilitare od ostacolare il sorgere di un
comportamento divergente-creativo.
Per esempio rifiutare idee di superprotezione (che non significa trascuratezza) ma
agevolare l’autonomia di giudizio, la valorizzazione delle opinioni dei figli facendo loro
capire che sono degne di considerazione, incoraggiare esperienze nuove, approvare la
spontaneità e il piacere di imparare a prescindere dal successo scolastico, sono
atteggiamenti di genitori che apprezzano e di conseguenza aiutano lo sviluppo della
creatività e del pensiero divergente.
Al contrario pianificare la vita del figlio, considerarlo sempre bisognoso di una guida
costante e sentire i suoi desideri come capricci, cercare di realizzare la propria ambizione
attraverso i figli cercando di trasmettere la stessa ambizione e competitività, sono
atteggiamenti educativi che modellano i figli sulla convergenza.
Sia Getzels e Jackson, che Torrance , già intorno agli anni 60 hanno rilevato, in una
serie di studi, che in genere i docenti preferiscono gli studenti, a parità di risultati, che
applicano processi di pensiero convergente e non quelli che tendono ad essere molto
creativi, arrivando alla conclusione che la scuola tenta di ridurre gli allievi al conformismo
a alla mera riproduzione del materiale presentato.
Non è sempre semplice distinguere un comportamento cognitivo veramente divergente
da un comportamento soltanto cervellotico e magari disturbatore!
Il ragazzo creativo comunque pone alcuni problemi ai suoi insegnanti. La divergenza
può essere interpretarla come un cattivo comportamento, che intralcia il buon
andamento della classe, che impedisce di mantenere l’ordine. Gli insegnanti spesso
hanno difficoltà nell’accettare domande impreviste o sconcertanti, nell’accettare
digressioni che sembra facciano perdere tempo, nel tollerare la vivacità e l’interesse per
le battute.
In direzione opposta potrebbero essere i ragazzi ad equivocare e ritenere che la

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sollecitazione alla divergenza da parte dell’insegnante sia una concessione al non
rispetto delle norme o una forma di debolezza.

Perché incoraggiare la creatività a scuola?


Abbiamo già accennato come sia vitale ai giorni nostri coltivare il potenziale creativo dei
cosiddetti cittadini del mondo- vale a dire di tutti noi - soggetti che abitiamo questo nostro
maltrattato pianeta, alla ricerca disperata di soluzioni valide e finalmente efficaci ai
problemi che assillano il mondo.
Sembra perciò che la creatività-divergenza possa essere promossa ed incoraggiata se
non proprio insegnata.
Per favorire questo sviluppo del pensiero divergente ci possono essere delle strategie da
mettere in atto approfittando della naturale curiosità che mette i bambini sempre alla
ricerca di scoperte che possano soddisfare questa loro intrinseca motivazione alla
conoscenza.
Valorizzare comunque la creatività significa mettere in evidenza la scoperta di soluzioni
alternative a problemi nuovi, possibilmente aperti, che prevedono impostazioni e soluzioni
attraverso strategie diversificate;attraverso l’individuazione di relazioni e nessi mai visti
prima; attraverso l’abilità di vedere i fatti sotto una nuova luce ma di porre però anche in
dubbio ciò che si considera già vero ed assodato; attraverso la sollecitazione di
competenze a cogliere analogie.
Torrance, che insieme a Guilford si è molto interessato al pensiero divergente, elenca
alcune indicazioni pratiche che l’insegnante, che desidera incoraggiare tale tipo di
pensiero, dovrebbe adottare:

✓ innanzitutto apprezzare egli stesso il pensiero creativo ;


✓ incoraggiare la manipolazione degli oggetti e delle idee;
✓ sviluppare la tolleranza per idee nuove;
✓ guardarsi dal proporre un modello;
✓ insegnare al ragazzo a stimare il pensiero creativo;
✓ incoraggiare e stimare l’apprendimento autonomo;
✓ costruire mezzi utilizzabili per elaborare idee;
✓ sviluppare abilità di critica costruttiva;
✓ incoraggiare la conoscenza in una serie di campi diversi;
✓ gli insegnanti stessi siano “avventurosi”

Queste dovrebbero essere competenze sulla creatività e pensiero divergente che ogni
insegnante dovrebbe possedere.
Risulta però più facile a dirsi che ad applicarsi sul campo se è vero, come è vero, che
ogni docente, se non fa un buon lavoro di formazione su di sè, attraverso un
”apprendimento trasformativo” , continuerà ad insegnare come ha imparato a veder fare
da coloro che ha avuto come docenti.

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La fissità funzionale
Un aspetto su cui la scuola, a partire da quella dell’infanzia, può lavorare bene è quello
della rottura della fissità funzionale.
La fissità funzionale è la tendenza a impiegare gli elementi della realtà, ma anche poi
quelli delle situazioni problematiche, secondo il loro uso comune.
Il pensiero divergente invece, come abbiamo visto, sorge da spunti di categorizzazione
aperta, quindi dalla capacità di cogliere legami insoliti.
La “rottura della fissità funzionale” serve proprio a rendere in questo senso la
percezione, e poi la mente, più aperte e flessibili.
Ci sono molti giochi e stimoli che servono a questo. Per esempio quanti usi si possono
fare di un oggetto? Es:Quanti usi di un mattone? La risposta convergente sarà quella di
indicare l’uso edilizio. Le risposte divergenti invece:uno sgabello, uno scalino, un
martello, ecc. (v. test “Usi” di Guilford)
Il problema è dato dal conformismo educativo che rinforza invece la fissità funzionale.
All’inizio tutti gli studenti in modo molto naturale fanno un uso divergente degli oggetti,
soprattutto quando provano e riprovano a sperimentarne le loro caratteristiche e poi
soprattutto quando appare il gioco simbolico, ma è l’adulto che interviene dicendo:-Cosa
stai facendo? Le posate o i piatti o le sedie servono a….

Sviluppare la creatività e la divergenza: i test di creatività di Guilford


Guilford indicò che c’erano tre dimensioni principali dell’intelligenza: le operazioni, i
prodotti e i contenuti. Da come si combinano queste tre dimensioni, ossia dal tipo di
materiale in questione (contenuto), da che cosa bisogna farne (operazione) a quali
risultati portano (prodotti) possiamo ottenere o produzioni convergenti o divergenti.
Guilford poi individua come fattori dell’intelligenza, importanti per ottenere produzioni
divergenti, alcune caratteristiche, che gli serviranno per costruire dei “test di
creatività”che qui succintamente elenchiamo:
- la sensibilità ai problemi (capacità di scovare il maggior numero di problemi
interessanti e originali a partire da un item proposto)
- suffissi e prefissi (facilità a costruire il maggior numero di parole a partire da un
prefisso o suffisso)
- categorie ( elencare il maggior numero di cose, ad esempio, “rotonde”)
- usi (interessanti ed insoliti di oggetti comuni)
- associazioni controllate (scrivere il maggior numero di sinonimi di una parola,
oppure date due parole trovarne una terza che le unisca)
- conseguenze (scrivere il maggior numero di conseguenze interessanti ed originali
del fatto proposto)
- produzione di simboli (produrre, data una didascalia, un simbolo che la
rappresenta)
Crediamo che salti agli occhi come questi esempi di test possano anche suggerire delle
attività ai docenti che desiderano sviluppare la divergenza nei loro allievi, come anche gli
item del test “Minnesota”, che raccolgono delle indicazioni anche da parte di Torrance,

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che sottolinea come questi test possono essere usati anche a scuola.

Test Minnesota
I test che seguono furono elaborati all’università del Minnesota attraverso elaborazioni
sui test di Guilford con suggerimenti anche diTorrance.

Domanda e indovina
Viene mostrata un’immagine e si chiede di fare domande su aspetti che l’immagine non
spiega. Si può anche richiedere un raccontino su ciò che precede o segue l’immagine
stessa. Si valutano la facilità, la flessibilità, a l’originalità dimostrate nella risposta.

Miglioramento del prodotto


Viene mostrato un giocattolo (di solito una scimmia o un cane di stoffa)e si chiedono dei
cambiamenti per rendere il giocattolo più divertente per inventare più “usi” originali del
giocattolo. Si valutano anche qui la flessibilità, l’originalità ma anche l’inventività.

Raccontini
Si dà una lista di una decina di temi, che riguardano persone o animali con strane
caratteristiche, e si chiede di inventarci un raccontino.

Prova a supporre
Assomiglia a”Conseguenze” di Guilford ma è accompagnato anche da un disegno.

Figure incomplete
Si richiede di terminare dei disegni incompleti.

Cerchi e quadrati
Viene presentata una pagina con 35 cerchi con la richiesta di disegnare il maggior
numero possibile di cose interessanti ed originali che si possono fare con un cerchio
scrivendo poi il nome del “nuovo” oggetto.
(es.di risposta divergente: un naso visto da una mosca che si trova sul labbro superiore).

Forme (“costruzione” di quadri)


Formare un quadro partendo da dei pezzi di carta colorata. Vengono valutate
l’elaborazione, l’espressività e l’originalità.

Test per la Creatività e il pensiero Divergente


Negli ultimi vent’anni in USA si è utilizzato molto il TCD (test per la creatività e il pensiero
divergente) messo punto da Frank Williams. Il test TCD misura una combinazione di
capacità verbali, che dipendono dall’emisfero sinistro del cervello, e di capacità visivo-
percettive non verbali che dipendono invece dall’emisfero destro. Dà punteggi per quattro
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fattori di pensiero : fluidità, flessibilità, originalità ed elaborazione. Comunque anche
questi test risentono molto delle ricerche di Guilford, che rimane il primo e il più
significativo ricercatore in questo campo.
Molti sono stati successivamente gli autori che si sono interessati di creatività.
Tra questi possiamo ricordare: A.Osborn, G.Wallas, J.W.Gordon, E De Bono con il suo
pensiero laterale.
Kolb e Stemberg hanno spostato il focus delle loro ricerche verso lo “stile di
apprendimento” che nell’ambito degli stili cognitivi riveste un particolare interesse dal
punto di vista psicopedagogico ma le cui ricerche si sono svolte tutte con studenti di
scuola media superiore e di università.

In questo contesto il concetto di “competenza” acquista un particolare significato


soprattutto di originalità e adattamento nelle situazioni concrete, legate a contesti
reali, e si configura come una continua interazione riflessiva con la situazione, con
una rielaborazione dei fattori in gioco.
In questo tipo di competenza si scopre, si genera e si condivide un ”senso” in
tutto ciò che si fa.

Bibliografia
Boscolo P., Psicologia dell’ apprendimento scolastico, UTET, Torino, 1997. Cropley A.J.,
La creatività, La nuova Italia, Firenze, 1969.
De Bono E., Buona idea! Esercizi per il pensiero creativo. Erikson,Trento, 2008.
Rubini V. La creatività. Interpretazioni psicologiche, basi sperimentali e aspetti educativi.
Giunti, Firenze, 1996
Wertheimer M. Il pensiero produttivo, G.Barbera, Firenze, 1965,(ultima ed.1997)
F. Tessaro, Metodologia e didattica dell’insegnamento secondario, Armando, 2002.

Siti italiani di approfondimento:


www.nume.it
Teorie a metodologie legate all’espressione e allo sviluppo della creatività
www.scuolacreativa.it
fondato da Gianfranco Zavalloni, recentemente scomparso, grande maestro di creatività
www.nuovoeutile.it
sito interessante ed utile
www.unitrento.it
Pagina dell’Università di Trento dedicata alla creatività: bibliografia e schede sui diversi
esercizi per sviluppare la creatività.

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