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1.

Perché è importante la matematica:


valore culturale →la matematica come processo storico e culturale in continuo divenire
valore strumentale (prima dell’ ’85) → saper fare di conto nella quotidianità
valore formativo → formativo del pensiero
Tutti questi valori sono presenti nelle I.N., che sono fortemente ispirate dai Materiali UMI, ovvero dei modelli
che racchiudono Nuclei di contenuto (numero, spazio, figure…) e Nuclei di processo (come argomentare,
misurare…). Nelle I.N. sono direttamente presenti solo i Nuclei di contenuto, mentre quelli di processo sono
solo intuibili, specificatamente nella parte che prevede che sia importante, nello sviluppo di una cittadinanza
attiva e consapevole, conoscere il perché qualcosa sia vero.

2. Strumenti teorici
2.1 Trasposizione didattica:
Il sistema didattico o Triangolo didattico è uno schema che pone ad ognuno dei vertici il SAPERE,
l’INSEGNANTE e l’ALLIEVO. Con sapere si intende quello accademico, che non può essere trasmesso agli allievi
direttamente, per fare ciò l’insegnante opera una Trasposizione Didattica → trasformazione del sapere
accademico in sapere INSEGNATO. Il passaggio non è diretto ma passa attraverso il SAPERE DA INSEGNARE
(programmi di studio e I.N.). L’insegnante adatta il sapere da insegnare in base alle sue concezioni della
matematica. La relazione tra insegnante e sapere influenza anche il rapporto tra l’alunno e il sapere. Per
poter trasporre il sapere l’insegnante deve:
• proporre un sapere funzionale alla soluzione di un problema
• tener conto della noosfera (Ambiente sociale, culturale in cui il Sistema didattico è inserito).

2.2 Contratto didattico:


Insieme delle attese implicite (dovute a concezioni sul funzionamento della scuola e della matematica e
create con ripetizione di modalità) dell’insegnante rispetto ai suoi allievi. X es: se l’insegnante da un
problema, c’è automaticamente una soluzione.
NB: Effetto Topaze: quando l’insegnante guida lo studente verso la risposta che vuole sentirsi dire, lo
studente non ragiona ma spara a caso fino a che dirà la cosa “giusta”.

2.3 Apprendimento per problemi e i campi di esperienza:


Approccio per problemi dà un senso ai concetti matematici da apprendere. La scelta dei problemi è un tema
delicato: generalmente vengono inseriti in un contesto reale o pseudo-reale. Questo legame tra realtà e
matematica si dice processo di modellizzazione → partendo da una situazione problematica in cui si vuole
raggiungere un obiettivo: si considerano determinati aspetti della realtà, si riorganizzano in base a concetti
matematici e si trascurano altri aspetti.
Spesso però, l’insegnamento scolastico si concentra sulla parte strumentale e non su quella formativa. Ciò
può portare alla SOSPENSIONE DI SENSO, una frattura fra il modo in cui i bambini affrontano problemi reali
e problemi scolastici.
Impo anche l’interpretazione dei risultati, che devono essere sensati nel contesto problematico.
Difficoltà a scegliere i modelli matematici coerenti nel problema (alcuni libri propongono problemi già divisi
in categorie risolutive). Non vanno bene perché così diventano esercizi → l’alunno si esercita per sviluppare
i modelli matematici. Con i problemi, invece, sviluppa le competenze.
Impostare una didattica che cerchi di evitare meccanismi ripetitivi e rigidità.
I campi di esperienza possono essere:
• extramatematici ma fortemente matematicizzati: (scambi economici, tempo, rappresentazione dello
spazio su cartine, ricette). Ci si può fondare sulle conoscenze pregresse per il processo che porterà
alla formazione di concetti specifici.
• Extramatematici ma poco matematicizzati: in cui la modellazione matematica spesso si oppone al
senso comune (ombre del sole, genetica, gioco d’azzardo)
• Intramatematici: giochi numerici, esplorazioni di regolarità, micromondi digitali
In tutti i campi l’allievo è coinvolto attivamente.

2.4 Laboratorio di matematica


Concetto già noto agli inizi del Novecento
Attività: creare modelli e strumenti per applicare la matematica, costruire nuovi concetti, esplorare situazioni
problematiche complesse.
Definizione: insieme di indicazioni metodologiche trasversali finalizzate alla costruzione di significati
matematici attraverso la sperimentazione, l’esplorazione, la discussione, il confronto
Ci sono due approcci teorici legati alla metodologia laboratoriale: prospettiva multimodale e mediazione
semiotica.

2.5 Insegnamento-apprendimento della matematica in prospettiva multimodale


Si riferisce al ruolo delle esperienze senso-motorie nell’apprendimento → embodied cognition, in cui ogni
pensiero matematico viene spiegato in riferimento a esperienze corporee e di vita quotidiana, attraverso
metafore cognitive osservabili nei comportamenti linguistici (siamo vicini alle vacanze, l’amore scalda il
cuore).
Limiti:
• vengono sacrificati gli strumenti (goniometro, compasso, righello)
• vengono sacrificate le cifre
• viene sacrificato l’aspetto storico culturale
Sulla base di ciò si fonda la prospettiva multimodale, termine preso dalle neuroscienze, relativamente al
funzionamento dei neuroni specchio. Secondo il paradigma della multimodalità, le attività percettivo-
motorie ed embodied, assumono un ruolo centrale nello sviluppo del pensiero astratto, fondamentale in
matematica.
I gesti nell’apprendimento sono fondamentali per la formazione del pensiero. Il linguaggio si sviluppa in una
dimensione temporale, il gesto nelle dimensioni di spazio, tempo, forma, traiettoria, hanno inoltre una
maggiore dinamicità.
Anche il linguaggio è importante e contribuisce alla formazione del pensiero e alla sua comunicazione.
Semiotic bundle → insieme di segni prodotti da uno o più soggetti in interazione mentre svolgono attività
matematica.

2.6 Artefatti
Gli artefatti sono oggetti utilizzati in didattica. Possono essere poveri o sofisticati.
L’uso di artefatti non costituisce necessariamente una buona didattica. Vedi Brousseau che ha coniato il
termine “effetto Dienes” (più ti dicono che qualcosa funziona, indipendentemente dalla tua attività didattica,
meno quel qualcosa funzionerà). L’attività didattica efficace non può prescindere dal coinvolgimento del
docente.
Teoria della mediazione semiotica → teoria sul ruolo degli artefatti
A) con artefatti non si intendono solo oggetti tangibili ma anche il linguaggio o i gesti. B) L’artefatto è
l’oggetto, lo strumento è l’uso dell’artefatto per trovare la soluzione di un compito. C) Potenziale semiotico
(quali conoscenze posso associare all’artefatto, quali posso dare per trasformare l’artefatto in strumento).
D) dare attenzione anche ai processi e significati matematici coinvolti
Obiettivo: per realizzare un’evoluzione di significato negli studenti è necessario associare anche significati
teorici, obiettivo della mediazione semiotica.
Ruolo dell’insegnante: progetta l’attività, sceglie l’obiettivo didattico, sceglie l’artefatto e propone consegne
adeguate per trasformare l’artefatto in strumento.
Ruolo dell’alunno: affronta l’attività (individualmente o in gruppo) e produce segni situati, ovvero segni legati
alla contingenza dell’uso dell’artefatto. → farli evolvere in segni matematici
I segni matematici si riferiscono al contesto matematico e sono collegati ai significati matematici in oggetto.
Il passaggio da segni situati (o segni-artefatto) a segni matematici passa per i segni Pivot, segni perno che
favoriscono il passaggio (per es. ibridazioni).
L’obiettivo dell’insegnante è trasmettere un sapere culturalmente e socialmente condiviso. Per fare ciò deve
conoscere i segni prodotti dagli allievi, analizzandone le produzioni, interagendo con loro e organizzando
discussioni collettive → si sviluppa così il ciclo didattico (tre fasi che si alternano i un processo di
arricchimento reciproco: attività con l’artefatto, produzione di segni da parte dello studente e produzione
collettiva di segni tramite discussione orchestrata). Immagine pag 25
Nella produzione individuale gli studenti sono coinvolti individualmente
Nella produzione collettiva si attua la discussione matematica, guidata dall’insegnante, con l’obiettivo di
promuovere la riflessione e lo sviluppo di segni legati all’artefatto verso segni matematici.
L’insegnante prepara linee guida per indirizzare la discussione e domande stimolo, chiede chiarimenti,
rilancia idee ecc.
Si possono individuare 3 macro tipologie di discussione:
1. discussione di un problema: discussione di soluzione (tutta la classe risolve un problema dato durante
la discussione) e discussione di bilancio (analisi delle soluzioni proposte dagli studenti ad un
problema)
2. discussione di concettualizzazione: movimento collettivo di processo di costruzione di collegamenti
tra esperienze già vissute e concetti particolari della matematica. Favorisce l’espressione di processi
personali e sensi dei singoli allievi
3. meta-discussione: pongono una questione legata all’attività metacognitiva (x es. evidenziare i
progressi delle conoscenze o discutere sul senso della discussione).

IL NUMERO
1. I diversi sensi dei numeri naturali

1. Cardinalità : stabilire quanti oggetti si prendono in considerazione


2. Ordinalità: ordinare oggetti, situazioni spaziali ecc
3. Etichetta: identifica un oggetto
4. Misura: stabilire quante volte un’udm è contenuta in un oggetto
5. Valore: stabilire un valore di un oggetto, valutandolo tot volte un altro
Fino agli anni 80 era dato particolare risalto al principio di cardinalità attraverso gli insiemi, ma va tenuto
presente che il numero è un concetto complesso che va appreso attraverso molteplici punti di vista.
Vedi la Matematica moderna, presentata come metodo innovativo, ma in realtà risultato fallimentare
Nelle I.N. sono presenti indicazioni sull’approccio al numero in contesti significativi per l’alunno.

1.1 il senso cardinale


Si basa sul principio del tanto quanto e prevede l’associazione di un oggetto ad un altro per la cosiddetta
corrispondenza biunivoca. Gli insiemi che hanno la stessa quantità si dicono equipotenti.
Excursus preistorico sull’osso segnato da tacche trovato negli anni ’30 in Cecoslovacchia
Il numero è una caratteristica comune di insiemi equipotenti ed è determinato dal confronto di un insieme
con un altro (per esempio i numeri naturali).

1.2 il senso ordinale


Il numero è anche utilizzato per ordinare una successione di elementi.
Generalmente vengono presentate attività manipolative, soprattutto alla scuola dell’infanzia, con materiali
di gioco che differiscono per una proprietà (altezza o dimensione).
Dati due numeri, è sempre possibile metterli in ordine crescente o decrescente, osservando quale viene
prima e quale viene dopo in una successione.

1.3 approccio ricorsivo


Disponendo i numeri naturali in ordine crescente si possono ottenere qualsiasi numero aggiungendo 1. Si
forma così la successione di numeri naturali. Questo processo caratterizza l’approccio ricorsivo, ipotizzato da
Peano, con l’idea di successione.
Questo approccio è quello che più genera l’idea di infinito.

1.4 il senso di etichetta


Quando i numeri vengono usati per distinguere oggetti, si possono classificare:
• in modo casuale (autobus, maglietta di calcio), arbitrario
• in modo sequenziale (targa delle auto)
• con criteri classificatori (cap)
In questi casi i numeri non si possono calcolare, ma l’obiettivo didattico è quello di valutarli nel contesto di
riferimento.

1.5 il senso di misura


Un numero può esprimere quante volte una determinata udm è ripetuta in una grandezza. Il risultato è un
numero dimensionato, va quindi associato ad una nomenclatura (cm, dm ecc).
Di solito non bastano i numeri naturali, si ricorre ai decimali, ai negativi, le frazioni ecc.
La misura della temperatura, per es., aiuta gli studenti a familiarizzare con i numeri negativi, la misura delle
capacità, aiuterà gli studenti con le frazioni o la scrittura decimale.
NB VEDI LEZIONE15 Bartolini Bussi, Misurare

1.6 il senso di valore


Il numero viene usato per attribuire un valore convenzionale, generalmente negli scambi commerciali, ma
anche in alcune pratiche comuni dei bambini (figurine).
La differenza con il senso di misura è che quest’ultimo confronta le grandezze, mentre il valore è confrontato
con un altro oggetto.
A livello educativo è importante perché prepara al significato posizionale (1 da = 10 u)

2. la genesi del numero: le ricerche delle scienze cognitive e delle neuroscienze


Come avviene l’acquisizione della conoscenza numerica? Il cervello umano possiede una comprensione
innata, già attiva nell’età preverbale. Ciò confuta la teoria di Piaget sulle fasi dello sviluppo del pensiero,
secondo il quale il bambino deve sviluppare prima delle interazioni senso motorie.
In realtà l’assenza di linguaggio non impedisce la capacità matematiche. (vedi esperimento del teatrino di
Wynn). Questo perché l’uomo possiede una capacità chiamata subitizing, che consente di identificare a colpo
d’occhio le quantità fino a 4 elementi. Oltre il quarto, è necessario stimare o contare.

3. IL RUOLO DEL CONTARE


Imparare a contare è il ponte tra le capacità naturali che abbiamo e le competenze verbali e simboliche che
apprendiamo. Il primo passo per contare è l’enumerare

3.1 Enumerare
Esprimere ordinatamente la sequenza di parole-numero che una determinata società usa per contare.
Alla scuola dell’infanzia spesso è associata una filastrocca o delle rime. Il processo prevede 3 livelli di sviluppo:
1. la sequenza è usata come un’unica stringa di parole
2. si distinguono le parole-numero, ma la sequenza è unidirezionale in avanti partendo da 1
3. la sequenza è bidirezionale, producibile da un qualsiasi numero della serie

3.2 Contare
Abilità di mettere in relazione correttamente i concetti-numero con le parole-numero.
Sono presenti in letteratura due posizioni teoriche:
1. Teoria dei principi dei conteggi (gelman e gallistel)
i bambini piccoli hanno un concetto innato di numero, che si evolve nel corso dell’acquisizione delle
procedure di conta. Questa evoluzione avviene seguendo una serie di principi:
• Principio di Iniettività: appaiare oggetti di un insieme con segni distinti (numeri). Questo
principio richiede di saper coordinare due processi: ripartizione (oggetti trasferiti da quelli
da etichettare e quelli già etichettati) e etichettamento (diverse etichette per ogni oggetto,
corrispondente alla sequenza numerica).
Il coordinamento di questi processi prevede che inizino insieme, finiscano insieme e siano in
fase durante tutto il loro uso. Possibili errori possono essere: errori nel processo di
ripartizione (Saltare o contare due volte lo stesso elemento), errori nel processo di
etichettamento (usare più volte la stessa etichetta) e fallimento nel coordinare i due
processi.
• Principio dell’ordine stabile: le etichette devono essere ordinate e pronunciate in ordine
stabile, cioè ripetibile
• Principio di cardinalità: l’ultima etichetta determina la numerosità dell’insieme
• Principio di astrazione: si possono contare anche oggetti non presenti ma solo pensati, fisici
o no
• Principio di irrilevanza dell’ordine: l’etichetta può essere assegnata a qualunque oggetto.
Questo principio prevede che il bambino sappia che l’oggetto continui ad essere una cosa,
che le etichette sono arbitrarie e provvisorie e che, a prescindere dall’ordine di conteggio,
risulta sempre lo stesso numero cardinale.

2. Teoria dei contesti diversi (fuson)


I principi precedenti sono sviluppati attraverso ripetizione e imitazione.
È molto importante il principio di cardinalità e la ricorsività (la posizione di un’entità entro una serie
di numeri ha valore di +1 rispetto alle unità precedenti e di -1 rispetto alle successive)
Alla base dell’acquisizione della capacità di contare stanno il concetto di sequenza numerica,
corrispondenza uno a uno e senso cardinale.
Esistono 5 livelli evolutivi che descrivono il processo di contare:
✓ La sequenza di numeri è usata come stringa di parole
✓ Le parole-numero sono distinte ma la sequenza è unidirezionale
✓ La sequenza è riproducibile da qualunque numero della serie
✓ Le parole-numero sono distinte dall’oggetto
✓ La sequenza è bidirezionale

Ciò richiede di coordinare gli aspetti ricorsivo e ordinale con l’aspetto cardinale (q.tà).
Si può contare in senso intransitivo (contare per contare, senza enumerare) o in senso transitivo
(contare per conoscere la numerosità), che prevede l’utilizzo di ulteriori strumenti: gli strumenti di
calcolo.

4. STRUMENTI DI CALCOLO
I bambini sanno come si conta ma inizialmente non conoscono il perché. Nella vita quotidiana lo imparano
presto. Il contare in ambito additivo avviene in tre modi diversi:
1. Contare tutto
2. Contare in avanti a partire dal primo (partendo dal valore cardinale del primo insieme, contano gli
elementi del secondo)
3. Contare in avanti a partire dal maggiore (partendo dal valore cardinale maggiore, contano l’insieme
più piccolo)
I bambini possono anche dare la risposta senza contare, sulla base di fatti aritmetici noti (50+50 = 100).

In ambito di sottrazione sono state individuate 3 categorie:


1. Portare via (contare gli elementi dell’insieme grande, contano il sottoinsieme da sottrarre, contano
quello che rimane)
2. Contare all’indietro (partono dal valore cardinale maggiore, contano indietro la sequenza numerica
fino a trovare il valore cardinale del secondo sottoinsieme)
3. Contare in avanti (partendo dal sottoinsieme minore, contano in avanti la sequenza numerica fino a
trovare l’insieme maggiore)

5. RELAZIONE NUMERI-SPAZIO
I numeri evocano anche l’estensione nello spazio. Solo l’incontro con artefatti ci consente di capire come la
linea dei numeri non serve solo a rappresentare la sequenza numerica ma dà anche significato alle operazioni
matematiche di base.
Effetto SNARC: lo spazio influisce sulla rappresentazione che il nostro cervello fa dei numeri. Ad ogni
posizione corrisponde una quantità e i numeri vicini (7-8-9…) sono vicini sulla retta, i numeri come 0-1-2-3
sono ben distinti (vedi figura p. 46)

7. LA SCRITTURA DEL NUMERO


Usiamo il sistema Indo-arabo: uso di 10 cifre (0-9) organizzate secondo un ordine posizionale seguendo
precise regole. Le cifre indo-arabe utilizzano una base (10) che non è espressa nel numero.
Requisiti essenziali per la scrittura del numero:
• Occorre un insieme di simboli distinti per scrivere i numeri (cifre)
• Principio posizionale moltiplicativo (una cifra in una posizione è rappresentata dal prodotto di tale
cifra per la potenza della base, corrispondente alla posizione in cui è scritta) o forma polinomiale
253= 2x10^2 + 5x10^1 + 3x 10^0
• Principio additivo (i numeri del punto precedente sommati formano il numero)
• Questi principi sono estesi anche ai numeri non interi
• Si usa un simbolo (, o .) per separare la parte intera da quella decimale

CAPITOLO 3 LO SPAZIO E LE FIGURE

1. Un’introduzione epistemologica
La geometria coglie la spazialità dell’esperienza fisica e la formalizza in una teoria.
Parlare di verticalità e orizzontalità, di destra e sinistra, sopra e sotto ecc riferisce alla concettualizzazione
dello spazio fisico, parlare di parallelismo, perpendicolarità, punti, rette ecc fa riferimento alla geometrica
come teoria matematica.
La matematica offre modelli per operare nella realtà → modellizzazione
Storia: nell’antichità la geometria serviva per misurare aree di terreno (geo =terra, metron = misurare), con
Galileo la matematica diventa la chiave per interpretare la realtà e la geometria è una prima chiave di lettura.
Crisi con lo sviluppo delle geometrie non Euclidee (sfera e piano iperbolico). Fino ad allora la geometria faceva
riferimento ad una specifica teoria (geometria euclidea del piano), ma con il ripensamento del sapere
matematico, si produsse un nuovo approccio alla geometria, superando la concezione di verità e verificabilità
in favore di una teoria caratterizzata da un sistema di assiomi coerente e leggi di interferenza logica che
permettono di trarre conclusioni a partire dagli assiomi. Dibattitone!
Moderna geometria considera distinti lo spazio fisico nel quale avvengono le nostre esperienze e quello
astratto e ideale della geometria.
Le esperienze che hanno influenzato la disciplina della geometria sono:
Le esperienze con il corpo (radici cognitive)
Esperienze con gli artefatti (radici culturali)
Importanti tutti e due per le attività di laboratorio

2. Aspetti pratici, teorici e visuo-spaziali in geometria


La geometria si è sviluppata attorno a tre dimensioni principali:
1. Studiare gli aspetti del mondo fisico (Aspetto pratico-intuitivo)
2. Elaborare un sistema teorico formale (aspetto teorico)
3. Visualizzare, disegnare e costruire figure (aspetto visuo-spaziale)

Questi aspetti sono collegati tra loro ma generalmente si dà maggiore importanza a 1. e 3. alla primaria. Il
sistema viene perciò criticato poiché il bambino non ha un ruolo attivo nell’attività e per la mancanza di
attività esplorative.
Attenzione a :
• Mediazione semiotica (trasformazione di segni in una relazione sociale attraverso un processo di
riflessione cognitiva – Vygotskij)
• Matematizzare (trasformazione di elementi di un contesto in elementi e relazioni matematiche)
• Argomentazione (azioni che gli studenti fanno per spiegare ciò che pensano)

Lo spazio della realtà e lo spazio della geometria


Le competenze spaziali si sviluppano in età precoce senza distinzione di genere, attraverso l’esperienza in
situazioni significative e per tempi lunghi.
L’importanza dell’esperienza supera i modelli lineari di Piaget, in cui lo spazio astratto è l’ultima fase di
sviluppo.
Fondamentali sono:
• La capacità di orientarsi in tre spazi distinti:
1. lo spazio del corpo
2. lo spazio esterno, distinto in microspazio (in cui il soggetto non è incluso, x es. un foglio di carta),
macrospazio (in cui il soggetto è incluso, per es. il salone) e mesospazi (cartelloni grandi, che il
bambino può calpestare).
3. lo spazio astratto
Distinzioni tra spazio esterno e spazio astratto: nello S.E. si parla di Verticalità E Orizzontalità (forza
di gravità ed equilibrio) lo S.A. è isotropo (non ha direzioni). Nello S.E. ci sono punti di riferimento
(egocentrici se fatti in riferimento al soggetto, tipo alla mia destra, allocentrici se fatti in rifermento
ad un altro oggetto) ed elementi caratterizzanti (la porta è parte caratterizzante di una casa, il frigo
della cucina…).
• Il linguaggio e l’importanza della verbalizzazione
• Rappresentazioni grafiche e simboli
• Risorse embodied e nuove tecnologie per facilitare il passaggio da spazio reale a spazio
bidimensionale.

4. Software di geometria dinamica


Dragging → software di trascinamento, così che i bambini possano vedere che le proprietà delle figure non
cambiano con il cambiare della posizione della figura nel piano.
I bambini fanno affidamento sulla componente visiva, aggiungendo anche attributi non determinanti alla
forma.
Fishbein definisce il concetto figurale della figura geometrica come insieme di proprietà figurali (forma
percepibile) e vincoli logico-concettuali (le proprietà di una teoria)
Laborde individua nei disegni un ostacolo all’apprendimento:
• alcuni attributi non sono rilevanti per la determinazione della figura,
• gli elementi di una figura hanno una variabilità impossibile da rappresentare con un disegno
• un singolo disegno può rappresentare diverse figure

Impo di una visualizzazione non iconica delle figure: il disegno che rappresento è una delle sue possibili
rappresentazioni.

5. Indicazioni Nazionali
Prima (’85): aree e perimetri
I.N.: esplorazione dello spazio (spesso però le competenze spaziali vengono trascurate in favore
dell’applicazione di formule o per un’eccessiva attenzione ai numeri).

CAPITOLO 4 RELAZIONI, DATI E PREVISIONI

6. Rappresentazione, interpretazione e trattamento di molti dati


In molti campi occorre prendere decisioni fondate su grandi quantità di dati a disposizione, si ricorre alla
statistica.
Principali elementi della statistica descrittiva → studia fenomeni collettivi raccogliendo numerosi dati,
organizzandoli in forme rappresentative specifiche e sintetizzandoli con indici opportuni, detti indici statistici.
Non solo moda, mediana e qualche diagramma.
Come fare statistica a scuola: è necessario introdurre un problema conoscitivo che porti alla luce i dati e il
loro successivo trattamento.
Stabilire il problema di indagine che deve essere coinvolgente e significativo per l’alunno.
Stabilire la modalità di rilevazione (quali dati si vogliono e possono raccogliere? Quanti? Come avviene la
raccolta?
Il problema dipende dal contesto scelto, le modalità possono essere: tramite osservazione diretta (misurare
le altezze degli studenti) o indiretta (raccolta di dati tramite fonti esterne). In caso di oss. Indiretta, anche
come fare le domande.
Quanti dati raccogliere? Un’indagine può essere censuaria se riguarda tutti, o campionaria se riguarda una
porzione della popolazione (il campione). Il campione deve essere rappresentativo della popolazione stessa
e conservare le caratteristiche utili per l’indagine (variabili statistiche).
È importante coinvolgere gli allievi in tutte le fasi, in modo che l’indagine statistica acquisisca un senso, gli si
chiede di collaborare attraverso cooperative learning.
In seguito alla raccolta dei dati, si procede a sintetizzarli con forme di rappresentazione grafica e indici
statistici. Ciò da confidenza agli allievi con le principali forme di rappresentazione di dati.
Nella scuola dell’infanzia si possono proporre i casi più semplici di variabili qualitative (modalità non
numeriche, come presenze/assenze, tempo meteorologico).
Le rappresentazioni si possono fare con l’uso di diagrammi , schemi, tabelle, riportando la frequenza di
ciascun dato (numerosità). Si può rapportare questi numeri alla numerosità di tutta la popolazione/campione
→ passare da frequenze assolute a frequenze relative (espresse con numeri tra 0 e 1, spesso percentuali),
permettono di confrontare i dati con quelli di un altro campione o popolazione.
Nel caso di dati continui, si raggruppano in sottoinsiemi disgiunti, detti classi, e si determina la frequenza di
ciascuna classe. Talvolta viene usato il termine Distribuzione di frequenze per indicare l’insieme di frequenze
di classi. Questo permette di avere una visione d’insieme meno dispersiva.

6.1 Diagrammi a barre


Per ogni variabile statistica, si riporta una barra la cui altezza è proporzionale alla frequenza assoluta o relativi.
Si chiamano anche diagrammi a strisce, a colonna, a canne d’organo o ortogrammi.
Per confrontare meglio le frequenze si riportano in una tabella le frequenze relative, dividendo ogni
frequenza per il numero totale dei dati raccolti.
Si possono inserire anche i dati relativi a due modalità (Celibe/nubile). Se le strisce sono rappresentate
orizzontalmente si definiscono grafici a nastro.

6.2 Istogramma
L’area delle figure è proporzionale alle frequenze. Le ordinate sono date dal rapporto tra la frequenza di
ciascuna classe e la sua ampiezza.

6.3 grafico a pile


Quando si devono rappresentare in uno stesso grafico due serie di dati che suddividono la variabile si usa il
grafico a pile. I dati si impilano gli uni sugli altri.

6.4 Diagrammi ad aerogrammi circolari


Si divide un cerchio in settori di diversa ampiezza (proporzionale alle frequenze delle modalità) l’area di ogni
settore circolare è proporzionale alla percentuale rappresentata.

6.5 Ideogrammi
Usano immagini (anche frazionate) che evocano la variabile, non sono molto precisi ma di immediata lettura,
soprattutto per confronto. Molto usato dai giornali.

7. Indicatori statistici
Come leggere i dati al fine di prendere decisioni? Con gli indicatori statistici
Nelle prime forme di elaborazione dei dati se ne utilizzano tre: moda, media e mediana.
La moda corrisponde al dato o la classe di massima frequenza e può essere determinata sia per variabili
qualitative che quantitative.
La media (Aritmetica) è determinabile solo nel caso di dati quantitativi (numeri). Si ottiene sommando tutti i
valori e dividendo il totale per la loro numerosità.
La media non a info su quanto sono variabili i dati e se non viene ben interpretata può ingannare → se più
valori sono assunti da più dati, essi vanno contati con la giusta numerosità.
La mediana, o valore centrale dei dati, si ricava esponendo i dati in ordine crescente e trovando il dato
centrale (in caso di numerosità dispari) o la media dei due dati centrali (in caso di numerosità pari).
Occorre che i dati siano ordinabili per fare la mediana (quantitativi ma non spesso qualitativi). Si parla di
variabili semiqualitative e semiquantitative (tipo livelli di studio raggiunti).
La mediana divide l’insieme in due sottoinsiemi con uguale cardinalità, non considera quanto lontani possano
essere i dati tra loro, considera solo la posizione relativa.
Altri indici sono i quartili (dividono la popolazione in quattro → primo quartile-25%, secondo quartile-50%
terzo quartile – 75% ) o i decili o i percentili. Servono a dare un’idea della variabilità dei dati raccolti.

8. Dai dati alle previsioni


Nel XVII secolo nasce il calcolo delle probabilità, per studiare l’occorrenza di particolari fenomeni registrati
nel gioco d’azzardo e per comprendere meglio l’incerto.
Definizioni diverse di probabilità:
1. Classica: rapporto di numero di casi favorevoli con numero di casi possibili in condizioni di
equiprobabilità (con lo stesso grado di incertezza)
2. Approccio frequentista: calcolando la frequenza con cui si misura l’evento (A posteriori perché
l’evento è già accaduto) usato di solito in ambito medico
3. Approccio soggettivo: basata sul grado di fiducia che ciascuno ripone nella probabilità che si verifichi
un evento.
Limiti con 1) equiprobabilità non è così facile trovarla in natura
Limiti con 2) gli esperimenti si devono ripetere con le stesse condizioni
Limiti con 3) la percezione può essere sfalsata o non arbitraria

Impo condividere con gli studenti tutte queste definizioni. Nelle I.N. è scritto che i bambini devono riuscire
ad argomentare ed intuire quale evento è più probabile.
Alcune difficoltà in ambito scolastico (fischbein e schnarch)
• Rappresentatività → stimare un evento come più probabile perché rappresenta aspetti specifici della
popolazione a cui appartiene
• Effetto negativo della recenza → reputare più probabile un’altrernanza di esiti perché rappresenta
meglio una situazione casuale
Ci sono situazioni in cui il corso del tempo è rilevante ed influenza le probabilità (palline da un’urna
quando non si reinseriscono). Si rappresenta con un grafo ad albero . (vedi pag. 216)
Legge dei grandi numeri: la frequenza di evento aleatorio ripetuto nelle stesse condizioni, si avvicinerà
alla probabilità teorica della definizione classica tanto più il numero di ripetizioni è alto.

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