Sei sulla pagina 1di 19

GLOTTODIDATTICA 1

LE BASI TEORICO-PRATICHE

“PRINCIPI DI BASE DELLA GLOTTODIDATTICA”


di Luca Di Dio e Giorgio Massei

www.edulingua.it
GLOTTODIDATTICA 1 “Principi di base della glottodidattica” Luca Di Dio – Giorgio Massei

INDICE

Prima premessa: entriamo nella glottodidattica ............................................................ 2  


Seconda premessa: storia e ‘termini’ della glottodidattica ......................................... 5  
Cosa vuol dire imparare una lingua .............................................................................. 6  
1.1   I presupposti neurolinguistici dell’apprendimento ...............................................................7  
1.1.1   Bimodalità .........................................................................................................................7  
1.1.2   Direzionalità ......................................................................................................................8  
1.2   I presupposti psicolinguistici dell’apprendimento ...............................................................8  
1.2.1   Acquisizione vs Apprendimento.........................................................................................8  
1.2.2   Un input comprensibile .....................................................................................................9  
1.2.3   Ordine naturale .................................................................................................................9  
1.2.4   Il filtro affettivo .................................................................................................................9  
1.2.5   La funzione di monitor ....................................................................................................10  
Cosa vuol dire insegnare una lingua ............................................................................ 11  
2.1   Il docente ............................................................................................................................11  
2.2   Lo studente .........................................................................................................................11  
2.2.1   Pedagogia vs andragogia ................................................................................................12  
2.2.2   Le variabili dello studente adulto ....................................................................................12  
2.3   Il setting ..............................................................................................................................13  
Cosa si impara e si insegna ........................................................................................... 14  
3.1   La competenza linguistica ..................................................................................................14  
3.2   La competenza extralinguistica ..........................................................................................14  
3.3   La competenza socio-pragmatica ed (inter)culturale .........................................................15  
3.3.1   (sotto)competenza sociolinguistica .................................................................................15  
3.3.2   (sotto)competenza pragmalinguistica .............................................................................15  
3.3.3   (sotto)competenza (inter)culturale ..................................................................................15  
Bibliografia minima di riferimento.............................................................................. 17  

1
www.edulingua.it
GLOTTODIDATTICA 1 “Principi di base della glottodidattica” Luca Di Dio – Giorgio Massei

Prima premessa: entriamo nella glottodidattica

“Un confronto un po’… ‘scherzoso’ (ma non troppo)”


Domanda: “Cos’è la glottodidattica?”. Risposta: “La glottodidattica, o scienza
dell’educazione linguistica, è una scienza teorico-pratica e interdisciplinare”.
Ora, per aiutare a capire meglio in nel concreto cos’è la glottodidattica e – soprattutto –
perché deve interessare ogni bravo docente di lingua, abbiamo pensato di riproporre1 un
paragone che ci è sembrato molto chiaro.

La glottodidattica è come lo studio della medicina. Un medico deve assolutamente


conoscere la chimica, la fisica, la biologia per fare bene il suo mestiere… ma quando un
paziente va da lui, non è interessato tanto all’analisi chimica, fisica o biologica del suo
problema, quanto vuole sapere cosa deve fare per stare bene.

Allo stesso modo per un insegnante di lingua è importante conoscere la linguistica, la


psicologia, la docimologia… ma al fondo gli studenti chiedono che sappia insegnare bene
in modo efficace e che loro possano imparare presto e bene… se possibile anche
divertendosi.
E questo è quello che fa la glottodidattica: non l’analisi psicologica o della caratteristiche
linguistiche di un individuo o la misurazione della migliore valutazione per lui. La
glottodidattica ‘ci insegna come insegnare meglio’… anche grazie all’aiuto delle altre
scienze.
Se dovessimo rappresentarla graficamente potremmo riportare2 questo schema:

1
Ascoltato più volte e dai più autorevoli studiosi della materia, il paragone è presente anche nel “Nozionario
di glottodidattica” dell’Università Ca’ Foscari di Venezia. http://www.itals.it/nozion/nozg-h.htm.
2
Tratto da Balboni 2012: 61.
2
www.edulingua.it
GLOTTODIDATTICA 1 “Principi di base della glottodidattica” Luca Di Dio – Giorgio Massei

Lo schema indica che il contenuto disciplinare (il “che cosa”) della glottodidattica, intesa
come la scienza dell’educazione linguistica, è dato 1) dalle scienze che studiano il
linguaggio e la lingua e 2) dalle scienze che ne definiscono l’uso della lingua in contesto
socio-culturale.
Il processo dell’educazione linguistica si attua solo in funzione del discente (il “chi”) che
acquisisce, quindi il contenuto disciplinare della glottodidattica non può prescindere dallo
studio delle scienze del cervello, né dalle modalità dei processi di apprendimento (il
“come”), attraverso lo studio delle scienze dell’educazione e dell’insegnamento, anche
con l’uso delle tecnologie.

Forse ora è più chiaro che insegnare l’italiano non significa spiegare in classe le regole
linguistiche: cosa è e come funziona l’articolo, l’ausiliare, ecc.
È vero, l’insegnante fa anche questo, ma per aiutare lo studente a ‘verificare’ le proprie
ipotesi linguistiche… è il punto di arrivo del processo di apprendimento, non l’inizio.
Per iniziare “a comprendere fino in fondo i reali meccanismi di tale processo, sarebbe
opportuno invece partire dal “chi” (cfr. schema), dalla persona che impara, apprende (o
acquisisce). Ecco perché la glottodidattica deve anzitutto avere una dimensione
psicologica, neurolinguistica, psicolinguistica (Balboni).
Occorre poi avere in mente che il “cosa”, la lingua, che – come vedremo – non è
rappresentata solo da grammatica e morfosintassi! Ma anche tutti gli aspetti
sociolinguistici e culturali che permettono allo studente di conoscere una lingua viva e
vera… non quella del libro, ma quella che usa chi in Italia ci vive.
Al di là dello schema presentato, altrettanto importante è lavorare sul perché di
studia/insegna l’italiano: dunque non solo “la motivazione” degli studenti (che può
cambiare da persona a persona), ma anche ciò che spinge noi insegnanti a fere questo
lavoro e come farlo al meglio.
«Definito il “chi”, il “cosa” e il “perché” si giunge al “come”, alla progettazione
curricolare, alla metodologia-didattica, alle tecniche di valutazione, alla riflessione sul
ruolo delle nuove tecnologie applicate all’acquisizione linguistica» (Balboni 2006: 9).

Ecco che allora diventa utile, magari sotto la forma di una piccola attività, conoscere quali
sono e di cosa si occupano le varie scienze, che studiano principi teorici che la
glottodidattica traduce in pratiche quotidiane di insegnamento (didassi).

Prima attività:
- Abbina il nome della scienza alla sua breve descrizione scrivendo la lettera corrispondente
(accanto al numero, come nell’esempio).

1 F Linguistica 2 Sociolinguistica
3 Pragmalinguistica 4 Antropologia culturale
5 Psicolinguistica e psicodidattica 6 Neurolinguistica e psicolinguistica
7 Scienze dell’educazione 8 Metodologia e didattica
9 Docimologia 10 Glottotecnologia

3
www.edulingua.it
GLOTTODIDATTICA 1 “Principi di base della glottodidattica” Luca Di Dio – Giorgio Massei

è una branca nuova delle scienze dell’educazione, ma che ormai da anni si occupa di come le risorse tecnologiche
A. favoriscono l’apprendimento linguistico.
sono le scienze che si occupano del progresso educativo dello studente (anche adulto), la sua autopromozione, la sua
B. culturizzazione, la sua crescita e/o la sua realizzazione come persona.
è la scienza che vede la lingua nel suo variare da nord a sud, da situazione formale e informale, a seconda dei media che la
C. veicolano, a seconda dell’argomento, a seconda del contesto dei parlanti.
è la disciplina che, analizzando l’impegno, il metodo, la produzione dello studente, indica come valutare in modo affidabile i
D. risultati ottenuti.
sono le scienze che insegnano che una persona ha suoi ‘filtri affettivi’, le sue motivazioni, i suoi modi di apprendere e di
E. relazionarsi.
è la scienza che studia la lingua in quanto tale e le varie lingue naturali; è il fulcro delle “scienze del linguaggio”, tutte le
F. discipline che oggi affrontano l’apprendimento delle lingue in tutti i suoi aspetti.
è la disciplina che studia la lingua non come ‘forma’ ma come ‘azione sociale’, analizzando le funzioni che essa svolge nei
G. vari contesti del reale.
sono le due scienze che studiano il modo in cui funzionano il cervello e la mente quando apprendono una lingua, in modo
H. che il nostro modo di insegnare l’italiano sia impostato nella maniera più ‘naturale’ possibile.
è la scienza che spiega come organizzare in classe il processo di acquisizione della lingua (per noi l’italiano) utilizzando
I. metodi, tecniche e strumenti adeguati.
studia l’espressione culturale di un popolo, le sue diversità, caratteristiche, modo di vivere; e con i problemi interculturali che
L. ne derivano nel momento in cui italiani e stranieri, anche se parlano l’italiano, devono interagire e collaborare.

4
www.edulingua.it
GLOTTODIDATTICA 1 “Principi di base della glottodidattica” Luca Di Dio – Giorgio Massei

Seconda premessa: storia e ‘termini’ della glottodidattica

Quanto sopra riportato introduce ad un’ulteriore importante considerazione di premessa.


In quanto scienza a sé stante – seppure di recente emancipazione3 – la glottodidattica o
scienza dell’educazione linguistica, ha una sua storia e una serie di ‘termini’, un
vocabolario specifico che gli addetti ai lavori condividono.
Per motivi di spazio e di economia complessiva del corso non è possibile trattare qui,
adeguatamente, questi due aspetti, ma si rimanda ad un prezioso numero di Officina
[http://www.almaedizioni.it/media/officina.it/officinaHom.asp@id=200809.html] per un
breve compendio sulla storia della didattica linguistica, così come al succitato Nozionario
di glottodidattica [http://www.itals.it/nozion/noziof.htm] quali preziosi strumenti per un
approfondimento.
Sarà possibile trovare altri preziosi strumenti di approfondimento nella apposita cartella in
piattaforma, così come altri ne saranno comunicati durante il lavoro nei forum.
Ancora una volta, sotto forma di gioco, cerchiamo di ‘sperimentare’ quanti e quali di
questi ‘termini’ importanti già conosciamo (sono solo alcuni!):
Seconda attività:
- Prova a scrivere una tua definizione dei ‘termini’ proposti; quindi (solo dopo) verifica con gli
strumenti indicati se quanto hai scritto va bene. Poi elencane altri secondo te importanti

Interlingua: ______________________________________________________________________
________________________________________________________________________________
________________________________________________________________________________

LS o LT: ________________________________________________________________________
________________________________________________________________________________
________________________________________________________________________________

Competenza comunicativa: _________________________________________________________


________________________________________________________________________________
________________________________________________________________________________

Filtro affettivo: ___________________________________________________________________


________________________________________________________________________________
________________________________________________________________________________

Unità di apprendimento: ____________________________________________________________


________________________________________________________________________________
________________________________________________________________________________

Livello soglia: ____________________________________________________________________


________________________________________________________________________________
________________________________________________________________________________

3
A lungo è stata considerata (per qualcuno ancora lo è) una branca della linguistica: linguistica applicata o linguistica
educativa. Cfr. Balboni 2011.
5
www.edulingua.it
GLOTTODIDATTICA 1 “Principi di base della glottodidattica” Luca Di Dio – Giorgio Massei

Cosa vuol dire imparare una lingua

Normalmente si pensa che conoscere una lingua sia al fondo, “sapere le parole di questa
lingua e sapere le regole per metterle insieme”. L’esperienza di chi ha insegnato una
lingua straniera conduce invece ad asserire che questa idea è quantomeno “limitata”.
Dell Hymes, negli anni sessanta definisce un nuovo concetto, quello di “competenza
comunicativa”, composta di una serie di ‘sottocompetenze’ (linguistica, extralinguistica e
sociopragmatica) e che consiste nella capacità di usare ogni codice – verbale e non – per
ottenere lo scopo principale: comunicare in un dato contesto o, come riporta l’immagine4,
agire socialmente.

Quindi tutto ciò che “impariamo” (nel senso tradizionale) di una lingua e su una lingua,
cioè gli elementi linguistici, extralinguistici e socio-culturali (ad esempio intonazioni,
gestualità, abitudini, comportamenti, ecc.), appartiene ad una nostra facoltà mentale
innata. Questa facoltà è definita come sapere la lingua. Nel momento in cui esprimiamo
tale facoltà mentale per “entrare nel mondo”, abbiamo necessità di sviluppare una serie di
abilità; queste possono essere ‘semplici’ (ascoltare, parlare, leggere, scrivere) o ‘integrate’
(dialogare, riassumere, tradurre, ecc.). La capacità di utilizzare queste abilità è definita
come saper fare lingua. Il passaggio da una facoltà mentale al mondo esterno si completa
quando la capacità si trasforma in competenza: essere in grado di usare efficacemente le
abilità linguistiche nelle varie situazioni sociali della vita significa saper fare con la
lingua.

4
Tratta da Balboni 2012: 26 e riadattata.
6
www.edulingua.it
GLOTTODIDATTICA 1 “Principi di base della glottodidattica” Luca Di Dio – Giorgio Massei

1.1 I presupposti neurolinguistici dell’apprendimento

Il processo appena mostrato, in realtà, ci fa capire come la competenza linguistica (“le


parole e le regole”) non sia altro che una piccola parte e che – anzi – per agire nel mondo
con la lingua, spesso, non sia del tutto necessario neanche lo studio formale.
L’esempio di un bambino che impara l’italiano ascoltando i genitori è palese, ma – per
passare al contesto adulto – anche il caso degli immigrati5 rivela come l’acquisizione
spontanea della lingua in una situazione di immersione linguistica con l’intera comunità
dei parlanti nativi sia in molti casi efficace in quanto legata alla propria sopravvivenza.

Il processo per cui il nostro cervello impara una lingua, dunque, segue dinamiche naturali
che – secondo quanto rivelano gli studi di neurolinguistica – attraversano dei passaggi
precisi che di seguito proviamo a sintetizzare.

1.1.1 Bimodalità

Com’è noto il nostro cervello è diviso in due emisferi e, sebbene le parti che controllano il
linguaggio verbale (aree di Broca e di Wernicke6) siano situate nell’emisfero sinistro, il
processo di apprendimento li coinvolge entrambi; in particolare all’emisfero destro
vengono attribuite le percezioni relative a:
- globalità del messaggio;
- simultaneità;
- aspetti analogici presenti nel
contesto;
- comprensione delle connotazioni,
delle metafore, dell’ironia.

All’emisfero sinistro, invece,


pertengono, oltre all’elaborazione
linguistica, percezioni:
- di tipo analitico;
- legate alla sequenzialità del
messaggio;
- con struttura logica (causa-effetto,
prima-dopo) mirate alla
comprensione denotativa.

Spesso in sede di divulgazione scientifica sono stati usate due facili immagini per
descrivere efficacemente le diverse funzionalità degli emisferi: l’emisfero destro è
paragonabile ad un ‘ingegnere’, propenso all’analisi dei meccanismi, dei dettagli, dei
processi causali; l’emisfero sinistro sarebbe invece un poeta, interessato alle forme
globali, estetiche, visive, metaforiche. Ognuno di noi sente una naturale propensione verso

5
Per chi fosse interessato ad approfondire le dinamiche dell’immigrazione in Italia e dell’apprendimento
dell’italiano come L2 si consiglia la lettura di “L’Italiano L2 dopo la legge 94/2009” di Luca Di Dio
[http://hdl.handle.net/10579/4648].
6
L’immagine è tratta da http://archivioscienze.scuola.zanichelli.it/2012/03/16/vorrei-diremi-si-spostato-il-
cervello/.
7
www.edulingua.it
GLOTTODIDATTICA 1 “Principi di base della glottodidattica” Luca Di Dio – Giorgio Massei

una delle due parti, che spesso convivono senza escludersi a vicenda e dobbiamo tenerlo
sempre in considerazione rispetto allo stile di apprendimento dei nostri studenti e ai loro
bisogni.

Detto ciò le implicazioni che possiamo trarre in contesto di insegnamento sono che
l’apprendimento avviene secondo modalità più vicine a quelle naturali e con risultati
migliori solo quando vengono attivate entrambe le modalità del cervello, in modo da
sfruttare a pieno la potenzialità di acquisizione della persona. Il termine “bimodalità”
indica, così, il necessario coinvolgimento dei due emisferi nell’apprendimento, secondo le
rispettive caratteristiche.

1.1.2 Direzionalità

Strettamente legato al concetto di bimodalità è quello di direzionalità per cui, se è vero


che il cervello opera secondo due modalità diverse a seconda dell’emisfero, gli input che
giungono al cervello sono comunque processati secondo un ordine predeterminato, una
vera e propria “direzione”: dall’emisfero destro verso quello sinistro e non viceversa.
Questo è facilmente sperimentabile quando vediamo avvicinarsi a noi una persona che
urla e si agita in modo scomposto. Il nostro cervello percepisce prima l’aspetto globale (è
arrabbiato) e poi analitico (ciò che veramente sta dicendo).
Le conseguenze glottodidattiche di quanto appena detto sono semplici: per lavorare
rispettando i meccanismi del funzionamento naturale del cervello un insegnante deve
proporre modelli di tipo induttivo e non partire dall’analitico, insistere molto sul contesto,
prima che sulla struttura del messaggio, ecc.

1.2 I presupposti psicolinguistici dell’apprendimento

Le brevi, ma necessarie, premesse neurolinguistiche appena esposte ci permettono ora di


capire meglio alcuni dei temi più importanti introdotti da Krashen, studioso statunitense
che negli anni ’70 elabora la SLAT (Second Language Acquisition Theory),. Questa teoria
è ancora oggi una delle più note ed influenti in ambito glottodidattico e nasce da
riflessioni di carattere psicolinguistico relative al confronto tra l’apprendimento spontaneo
di una lingua e l’apprendimento in un contesto guidato.

1.2.1 Acquisizione vs Apprendimento

In sintesi, Krashen sostiene che si genera acquisizione quando ci si focalizza sul compito
che si sta svolgendo, più che sullo strumento utilizzato (in questo caso la lingua e le sue
funzioni); in tal modo, per ottenere il risultato (una comunicazione efficace) ci si serve
spontaneamente della lingua.

È altrettanto vero, però, che per ottenere risultati in termini di accuratezza, oltreché di
efficacia, lo studio di una lingua in modo sistematico è indispensabile: è quel che, sempre
Krashen, chiama apprendimento. Più lento, più complesso in fase di riutilizzo, più facile
da dimenticare, ma altrettanto importante.

8
www.edulingua.it
GLOTTODIDATTICA 1 “Principi di base della glottodidattica” Luca Di Dio – Giorgio Massei

Dopo aver chiarito, dunque, la differenza tra acquisizione (spontanea) e apprendimento


(guidato), vediamo ora più nel dettaglio quelli che sono i requisiti per cui, anche in
contesto d’aula, è possibile creare le condizioni per imparare meglio una lingua, per
generare una conoscenza il più possibile permanente e proporre attività che presentino la
lingua nella sua completezza, aiutando lo studente a focalizzare l’attenzione sul ‘fare con
la lingua’ – in una corretta dimensione sociale d’uso – piuttosto che sul ‘fare lingua’ –
guardando, cioè, solo alla correttezza formale. Il tutto attraverso attività linguistiche
emotivamente e positivamente coinvolgenti.

1.2.2 Un input comprensibile

Krashen sostiene che, uno studente impara in maniera efficace quando l’input linguistico
presentato – sia di tipo orale che scritto – non è troppo complesso. Deve poterlo
comprendere quantomeno nel suo aspetto globale.

1.2.3 Ordine naturale

Tale input deve altresì seguire un principio di graduazione del materiale che è, anche solo
a livello pratico, conosciuto molto bene da chi insegna una lingua (si comincia con il
presente e non con il passato, l'affermativo prima del negativo, l'aggettivo di grado base e
poi il comparativo, ecc.).
Si tratta, facendo riferimento anche da quanto emerge dagli studi di linguistica
acquisizionale (Giacalone Ramat 2003), di seguire un ordine naturale che Krashen
rappresenta con la formula “i + 1”: chiamiamo "i" l'input linguistico che è già stato
acquisito (in inglese intake), mentre con “+1” indichiamo la necessità presentare agli
studenti un’unità linguistica nuova di ordine minimamente superiore, appena più
complessa. Se si insegna una nuova nozione “i+3”, che quindi nell’ordine naturale si
colloca 3 passi avanti rispetto a quanto già appreso (i), essa non sarà acquisita stabilmente,
ma solo appresa e collocata nella memoria a medio termine e poi perduta; a meno che, nei
giorni successivi, il docente presenti anche "i+1" e "i+2", allora lo studente acquisirà
automaticamente anche "i+3".

1.2.4 Il filtro affettivo

Un’altra condizione fondamentale perché l’apprendimento in contesto d’aula sia più


vicino possibile all’acquisizione spontanea va reperita nelle indicazioni che ci fornisce la
neurolinguistica a proposito di quanto le barriere emotive influiscono nei processi
attraverso i quali si impara una lingua.
Krashen chiama “filtro affettivo” quella forma di difesa psicologica che la mente crea
quando lo studente si trova in stato di ansia, quando ha paura di sbagliare, quando teme di
mettere a rischio la propria immagine, e via dicendo.
In presenza di un filtro affettivo attivato non si può avere acquisizione, ma solo
apprendimento. Se volessimo fare un esempio chiedere ad uno studente che inizia a
studiare una lingua di svolgere un esercizio oralmente (anche se limitatamente alle poche
cose appena studiate) davanti a tutta la classe attiva il filtro affettivo e non permette di
acquisire con naturalezza alcuna abilità. Viceversa, scambi di comunicazione all’interno
9
www.edulingua.it
GLOTTODIDATTICA 1 “Principi di base della glottodidattica” Luca Di Dio – Giorgio Massei

di un lavoro a coppie, con maggiore discrezione e con il compagno in funzione di ‘spalla’,


non di ‘giudice’, portano ad autocorreggersi senza ansia all’interno di una serena
esecuzione della propria performance.

1.2.5 La funzione di monitor

Sebbene lo scopo ultimo di un docente sia creare un percorso di apprendimento il più


possibile vicino a meccanismi spontanei di acquisizione, Krashen giudica importantissima
la funzione “monitor", ovvero il controllo che l'apprendimento razionale esercita sulla
lingua acquisita.
Il principio si appoggia ancora una volta ad un meccanismo neurolinguistico definito
modal focusing. Se l’acquisizione procede dalla modalità destra a quella sinistra del
cervello (direzionalità), è comunque necessario, durante l’apprendimento, “mettere a
fuoco” le modalità percettive dell’emisfero sinistro per dare una ‘struttura’ alle
conoscenze che si acquisiscono.
Un esempio a livello pratico è quando, in fase di produzione orale, la funzione di monitor
si attiva automaticamente e quindi rallentiamo la velocità di eloquio, per permettere una
maggiore consapevolezza nell’articolazione dell’enunciato.

Primo controllo:
- Nel testo, a proposito delle caratteristiche cerebrali di bimodalità e direzionalità, si afferma
che è importante a livello didattico proporre attività che coinvolgano entrambe le modalità
del cervello, in modo da sfruttare a pieno la potenzialità di acquisizione della persona…
concordi con l’affermazione? Puoi fare qualche esempio? In cosa consiste, a tuo giudizio,
una didattica di «tipo induttivo»?
- Il filtro affettivo è una difesa psicologica incredibile. Ti è mai capitato di trovare in aula
studenti con un filtro affettivo molto facile da ‘innescare’? Come ti sei comportato/a? È
stato efficace il ‘rimedio didattico’ che hai proposto per limitare lo stato d’ansia? Perché?

10
www.edulingua.it
GLOTTODIDATTICA 1 “Principi di base della glottodidattica” Luca Di Dio – Giorgio Massei

Cosa vuol dire insegnare una lingua

Se il cuore di quanto abbiamo detto sinora sono stati i processi di apprendimento, è bene
ora dedicare alcuni brevi passaggi all’aspetto dell’insegnamento.
Von Humboldt diceva che “Non si può insegnare una lingua, si possono solo creare le
condizioni perché una lingua possa essere acquisita”. Vediamo dunque alcuni concetti
fondamentali.

2.1 Il docente

Un concetto fondamentale che, oggi, ogni bravo dovente deve aver chiaro è il suo ruolo
all’interno del processo della didassi. Volendo rappresentare graficamente7 questa
dinamica risulta evidente che il docente altro non è che un “regista” all’interno di quella
che è l’azione didattica.

Quindi, se appare chiaro ai più come sia superata l’immagine del ‘maestro’ che ex
cathedra impartisce la sua lezione in maniera puramente frontale, resta quanto mai aperta
la discussione sui tanti e vari ruoli che il docente oggi può rivestire, a patto di rifuggire da
alcune mitizzazioni del formatore spesso così in voga, soprattutto in ambito aziendale8.
Molto più interessante, invece, il percorso che, all’interno della glottodidattica dagli anni
settanta ad oggi, ha visto il docente ora come facilitatore, come consigliere, come
maieuta, tutore e regista (Balboni 2012: 110).

2.2 Lo studente

Se tanti sono i ‘possibili docenti’, altrettanti sono i ‘possibili studenti’ in primo luogo
rispetto all’età anagrafica di chi impara. Già negli anni ’70 gli studi di Titone (1971) e di
Freddi (1971, 1973, 1974) aprirono un fronte ancora oggi al centro dell’interesse degli
studiosi: la ‘classica’ asserzione che da bambini si apprendono meglio le lingue trovava

7
L’immagine è tratta da Balboni 2012: 108.
8
Cfr. Mottana 1993, che identifica fino a 9 ‘funzioni’ del formatore, tra cui il formatore terapeuta,
interpretante, militante, trasgressore, tecnocrate, ecc.
11
www.edulingua.it
GLOTTODIDATTICA 1 “Principi di base della glottodidattica” Luca Di Dio – Giorgio Massei

infatti riscontri scientifici nelle prime indagini anatomo-fisiologiche del linguaggio.


Questo

che si insedia nel cervello come un fitto reticolo di associazioni percettivo-motorie (audio-
motorie, oculo-motorie e più tardi grafo-motorie) e concettuali-motorie – poggia su una realtà
anatomo-funzionale. Man mano che l’esperienza e l’età avanzano, i circuiti della madrelingua
si fissano sempre più saldamente; in linguaggio figurato diremo che si abituano a funzionare
meccanicamente in determinate direzioni lasciando «tracce» profonde nella sostanza
cerebrale. Si potrebbe quasi parlare di circuiti «stampati» nella corteccia cerebrale. Qui va
ricercata una delle ragioni per le quali il soggetto adulto trova maggior difficoltà del soggetto
giovane ad apprendere una seconda lingua (Freddi 1973: 55-56).

Al tempo stesso in quegli anni, le riflessioni legati ai meccanismi dell’apprendimento non


si limitarono al funzionamento fisiologico del cervello, ma vennero alla ribalta quasi tutte
le principali riflessione di tipo motivazionale, affettivo e psicologico che – ancora oggi –
guidano determinate scelte didattiche.

2.2.1 Pedagogia vs andragogia

La differenza principale, come già detto, risiede nel fattore età, sebbene la discussione
sull’esistenza dell’andragogia come vera e propria scienza a sé resta ancora in piedi (cfr.
Di Dio 2014).

Lo studente adulto, ad esempio, non è sempre disposto a farsi guidare ‘asetticamente’


dall’insegnante, soprattutto se e nella misura in cui ha già studiato altre lingue straniere,
per cui si attende di conseguenza che l’insegnamento della lingua che sta imparando
proceda secondo schemi in lui già consolidati (Serragiotto 2003).
Anche l’importanza che l’adulto attribuisce all’immagine di sé e che lo blocca di fronte al
timore di fare brutte figure incide molto di più che nel bambino, che spesso e volentieri
gioca con le produzioni linguistiche senza preoccuparsi del giudizio dei compagni .
E non da ultimo la necessità per l’adulto – legata ad una maggiore capacità astrattiva e
sistematizzante e a funzioni logico-deduttive – di essere guidato in una riflessione
metalinguistica e metacomunicativa della lingua straniera il più chiara possibile, avere
cioè un sistema di regole precise e solide su cui fare affidamento.
Perciò, quello che potrebbe sembrare un controsenso glottodidattico, nell’epoca del
trionfo dei metodi comunicativi e dell’abbandono teorizzato dell’insegnamento della
grammatica, viene focalizzato fin da subito come un’esigenza precipua dell’apprendente
adulto. Secondo il principio della “massima efficacia con il minimo sforzo”, tale
apprendente tende continuamente all’individuazione di meccanismi efficaci e produttivi
che, per abitudini mentali e culturali, identifica nella creazione di una «grammatica
personale».
«La spiegazione del fenomeno – sostiene ancora Freddi (1974: 44) – è abbastanza
semplice. Se l’accostamento ad una lingua, osservato dal versante docente, presenta un
carattere essenzialmente induttivo (dagli enunciati linguistici alla norma), esso tende a
diventare deduttivo quando lo si consideri dal versante dell’allievo adulto».

2.2.2 Le variabili dello studente adulto

12
www.edulingua.it
GLOTTODIDATTICA 1 “Principi di base della glottodidattica” Luca Di Dio – Giorgio Massei

Questi ed altri aspetti dell’apprendimento delle lingue da parte di un pubblico adulto


vengono schematicamente ricondotti da Mazzotta (1996: 48-70) a tre categorie precise:

- variabili individuali
- variabili sociali
- variabili naturali

Tra le variabili individuali «si possono annoverare caratteristiche quali la motivazione, i


bisogni linguistici, i tratti della personalità, come ad esempio l’estroversione o
l’introversione, la disponibilità ad accettare il rischio e lo stile cognitivo, oppure i fattori
emotivi, come ad esempio l’ansia. Le variabili sociali sono fattori determinati
dall’ambiente e dal contesto in cui il discente adulto vive o ha vissuto e tra esse si possono
enumerare lo stile di apprendimento pregresso, oppure il contesto di apprendimento, vale
a dire dove e come si impara la lingua. Le variabili naturali, infine, si possono definire
come quegli aspetti innati che possono incidere in modo determinante sull’apprendimento
di una lingua, tra questi, aspetti d’importanza decisiva sembrano essere l’età e l’attitudine
personale» (Begotti 2006b: 4).

2.3 Il setting

Per concludere, spostando il discorso sull’ambiente propriamente didattico, è importante


ricordare come anche l’assetto dell’aula, la disposizione di banchi e sedie, la presenza alle
pareti di materiali che riguardano la lingua e la cultura italiana, le attrezzature tecniche
disponibili, possano contribuire in maniera determinante a creare un clima accogliente e
un’atmosfera positiva per facilitare l’apprendimento.
Non va dimenticato, infatti, quello che, sempre per restare ad un pubblico un adulto, può
essere vissuto come un vero e proprio ‘trauma’ del trovarsi nuovamente tra i banchi,
«costretti a ritornare a un tipo artificiale d’infanzia» (Illeris 2013: 14) e sperimentare
situazioni che possono essere percepite come umilianti.

Primo controllo:
- Insegni a bambini, adolescenti o adulti? Puoi fare uno schema o una tabella di quelle che
secondo te sono le differenze con cui confrontarsi rispetto a:
o Attività da proporre;
o Setting;
o Momenti di ludicità;
o Riflessione sulla lingua (competenza linguistica);
o …

13
www.edulingua.it
GLOTTODIDATTICA 1 “Principi di base della glottodidattica” Luca Di Dio – Giorgio Massei

Cosa si impara e si insegna

Siamo giunti dunque al “che cosa”, all’oggetto del processo di


insegnamento/apprendimento, la competenza comunicativa, il ‘sapere la lingua’, della
quale è necessario affrontare i nuclei fondanti.

3.1 La competenza linguistica

È per i docenti la più ‘semplice’ da inquadrare e da tradurre in azione didattica. È una


competenza complessa, nel senso che è – a sua volta – organizzata in altre
(sotto)competenze:

Ø competenza fonologica, cioè la capacità di comprendere e produrre i fonemi


dell’italiano (normalmente detta “insegnamento della pronuncia”);
Ø competenza grafemica, cioè la capacità di decifrare e scrivere i grafemi
dell’italiano, i meccanismi di scrittura;
Ø competenza morfosintattica, che riguarda sia la dimensione morfologica (la forma
delle parole) che sintattica (l’organizzazione delle parole nella frase);
Ø competenza testuale, in quanto la lingua non si presenta in parole o frasi ma in testi,
che possono essere brevissimi come la richiesta di un’informazione stradale o più
complessi, come una conferenza, un saggio, un romanzo, un film (il testo può
anche essere rappresentato da una componente verbale).

3.2 La competenza extralinguistica

Se pensiamo che una delle caratteristiche più note degli italiani nel mondo è l’incredibile
gestualità, non sarà difficile comprendere che noi non comunichiamo solo con la lingua,
ma con il tono di voce, con i gesti delle mani, con le espressioni del viso, e via dicendo.
Per insegnare una competenza comunicativa, quindi, è fondamentale conoscere e – per
quanto possibile – fare oggetto di insegnamento anche tutta una serie di
(sotto)competenze o fattori quali:
Ø paralinguistica, ad esempio lavorando sul corretto uso del tono di voce e della
velocità di eloquio nei differenti contesti;
Ø cinesica, e cioè la capacità di usare il linguaggio dei gesti (mani e braccia), del viso
(smorfie, ammiccamenti, ecc.) e degli atteggiamenti del corpo;
Ø oggettistica e vestemica, cioè un’analisi e una competenza d’uso riguardo al modo
in cui ci si veste in Italia nelle varie situazioni (un appuntamento di lavoro, una
serata tra amici, una cena di gala).
Ø prossemica, in questo caso con forte variabilità tra nord e sud, quest’ultimo molto
più propenso a ridurre le distanze fin quasi all’invadenza.

14
www.edulingua.it
GLOTTODIDATTICA 1 “Principi di base della glottodidattica” Luca Di Dio – Giorgio Massei

3.3 La competenza socio-pragmatica ed (inter)culturale

Anche in questo caso si tratta di comprendere l’esistenza di tutta una serie di aspetti,
(sotto)competenze che contribuiscono a formare la capacità di comunicare efficacemente
in un dato contesto.

3.3.1 (sotto)competenza sociolinguistica

Di per sé la sociolinguistica è una scienza, figlia della linguistica, che si occupa delle
variazioni della lingua a diversi livelli:
Ø di registro (formale o informale, colloquiale o aulico, ecc.);
Ø di zona (variazione di provenienza geografica, in Italia tra nord e sud);
Ø di medium (linguaggio giornalistico, televisivo, dei social, ecc.)

Poiché molti concetti glottodidattici della sociolinguistica si trovano ‘a confine’ con la


pragmalinguistica, si parla appunto di competenza “socio-pragmatica”.
In aula si insegna soprattutto la lingua standard, una lingua al fondo ‘astratta’ che nella
realtà non viene parlata, (ad eccezione dei giornalisti radiotelevisivi… e non sempre).
Sempre più importante, soprattutto con l’avvento dei mezzi di comunicazione di massa
che consentono a tutti il contatto immediato con differenti produzioni linguistiche,
presentare accenti regionali, usi morfosintattici particolari e – senza eccedere – anche
‘slang’ giovanili.

3.3.2 (sotto)competenza pragmalinguistica

Anche la pragmalinguistica è una delle scienze del linguaggio e si propone di studiare la


lingua come ‘azione sociale’ in contrapposizione agli studiosi che si interessano degli
aspetti formali della lingua.
Chi parla, infatti, lo fa con uno scopo per cui è possibile analizzare la lingua sulla base
degli scopi per cui la si usa. Nasce da questo la definizione di “atto linguistico”, cioè
un’azione volontaria compiuta usando la lingua: offendere, consolare, condannare, ecc.
In glottodidattica, l’atto linguistico diviene “atto comunicativo” (o funzione
comunicativa): presentarsi, chiedere informazioni, ringraziare, ecc.
Insegnare l’italiano significa dunque anzitutto rendere gli studenti in grado di agire
linguisticamente in Italia, di compiere atti comunicativi efficaci, che raggiungano lo scopo
prefisso.

3.3.3 (sotto)competenza (inter)culturale

L’Italia ha vissuto una storia che ha – nei secoli – prodotto delle differenze tra nord e
sud, tra una regione e l’altra, che non possono non trovare spazio all’interno
dell’insegnamento della competenza comunicativa.
Anche i cambiamenti sociali che avvengono con una rapidità incredibile (l’Italia dei
nostri nonni non esiste più!) devono trovare adeguato spazio di analisi.
Se, dunque, da un punto teorico sappiamo che “cultura” è tutto quanto non è “natura”
(Lévy Strauss), allora l’analisi dei vari modelli culturali e di come cambiano nel

15
www.edulingua.it
GLOTTODIDATTICA 1 “Principi di base della glottodidattica” Luca Di Dio – Giorgio Massei

tempo e nello spazio deve entrare a far parte del curricolo di un corso di lingua.
L’idea di insegnare una “cultura italiana standard” è – come abbiamo visto per la
competenza sociolinguistica – del tutto velleitaria.
La concezione di famiglia (tra nord e sud, ieri e oggi), la puntualità, l’organizzazione
scolastica, la cura del proprio corpo o dell’estetica in generale sono tutti aspetti che
meritano attenzione.

Secondo lo scenario appena descritto, usare un approccio interculturale all’interno di


una lezione di lingua italiana significa saper fornire contemporaneamente anche un
quadro consiste nel saper fornire anche un quadro di quelli che possono rappresentare
‘problemi’ di comprensione culturale, sia all’interno dell’Italia (ad esempio nei
contrasti tra nord e sud o tra diversi status sociali) che con culture altre che studiano
l’italiano.

Primo controllo:
- Il lavoro del docente si concentra, dunque, su una didattica per competenze; puoi fare un
esempio di attività da proporre in aula per proporre/consolidare la:
o competenza fonologica;
o competenza cinesica;
o competenza sociolinguistica;
o competenza culturale;
o …

16
www.edulingua.it
GLOTTODIDATTICA 1 “Principi di base della glottodidattica” Luca Di Dio – Giorgio Massei

Bibliografia minima di riferimento

BALBONI P. E., 2006, “Principi di glottodidattica”, dispensa in autoapprendimento del


Master Itals, Venezia, Laboratorio Itals.
BALBONI P. E., 2008, Fare educazione linguistica. Attività didattiche per italiano L1 e L2,
lingue straniere e lingue classiche, Torino, Utet.
BALBONI P. E., 2009, Storia dell’educazione linguistica in Italia. Dalla Legge Casati alla
Riforma Gelmini, Torino, Utet.
BALBONI P. E., 2011, Conoscenza, verità, etica nell’educazione linguistica, Perugia,
Guerra.
BALBONI P. E., 2012, Le sfide di Babele. Insegnare le lingue nelle società complesse,
Torino, Utet.
BARKI P. et al., 2003, Valutare e certificare l’italiano di stranieri, Perugia, Guerra.
BEGOTTI P., 2006, L’insegnamento dell’italiano ad adulti stranieri, Perugia, Guerra.
BENUCCI A. (a cura di), 2013, Formazione e pratiche didattiche in italiano L2, Perugia,
Ol3.
CAON F., MARASCHIO N. (a cura di), 2011, “Le radici e le ali”: l’italiano e il suo
insegnamento a 150 anni dall’Unità, Torino, Utet.
CAON F., SERRAGIOTTO G. (a cura di), 2012, Tecnologia e didattica delle lingue. Teorie,
risorse, sperimentazioni, Torino, Utet.
CONSIGLIO D'EUROPA, 2001 [2002], Common European Framework for Languages:
Learning, Teaching, Assestment, Council for Cultural Co-operation. Modern Languages
Division, Strasbourg, Cambridge Unioversity Press. [Le citazioni sono tratte dalla]
traduzione italiana a cura di F. QUARTAPELLE, D. BERTOCCHI Oxford-Milano, La Nuova
Italia.
DIADORI P., (a cura di), 2001, Insegnare italiano a stranieri, Firenze, Le Monnier.
FREDDI G., 1974, Gli adulti e le lingue / Les adultes et les langues, Bergamo, Minerva
Italica.
FREDDI G., 1999, Psicolinguistica, sociolinguistica e glottodidattica. La formazione di
base dell’insegnante di lingue e di lettere, Torino, Utet.
FREDDI G., 2010, Lingue: strumenti di humanitas, Milano, EduCatt.
GIACALONE RAMAT A. (a cura di), 2003, Verso l’italiano. Percorsi e strategie
d’acquisizione, Roma, Carocci.
JAFRANCESCO E. (a cura di), 2007, La formazione degli insegnanti di italiano L2: ruolo e
competenze nella classe di lingua, Roma, Edilingua.
KNOWLES M., HOLTON III E., SWANSON R., 2005, The Adult Learner. The Definitive
Classic in Adult Education and Human Resource Development (6th edition), Burlington,
Elsevier Inc., [Le citazioni sono tratte dalla] Traduzione Italiana: Quando l’adulto impara.
Andragogia e sviluppo della persona, Milano, Franco Angeli, 2008.
MASLOW A.H., 1970, Motivation and Personality, New York, Harper and Row. [Le
citazioni sono tratte dalla] traduzione italiana: Motivazione e personalità, Roma,
Armando, 2010.

17
www.edulingua.it
GLOTTODIDATTICA 1 “Principi di base della glottodidattica” Luca Di Dio – Giorgio Massei

MEZZADRI M., 2004, Il Quadro Comune Europeo a disposizione della classe. Un


percorso di eccellenza, Perugia-Welland, Guerra-Soleil.
MEZZADRI M. (a cura di), 2006, Integrazione linguistica in Europa, Torino, Utet.
NOVELLO A., 2009, Valutare una lingua straniera: le certificazioni europee, Venezia,
Cafoscarina.
PARIZZI F., SPINELLI B., 2010, Profilo della lingua italiana, Firenze, La Nuova Italia.
PORCELLI G, 1994, Principi di glottodidattica, Brescia, Editrice La Scuola.
PORCELLI G, 1998, Educazione linguistica e valutazione, Torino, Utet.
SERRAGIOTTO G., 2003, “Peculiarità dell’insegnamento andragogico dell’italiano come
lingua seconda”, in LUISE M.C., (a cura di), “Italiano lingua seconda: fondamenti e
metodi, Perugia, Guerra.
SERRAGIOTTO G., 2008, “Problemi interculturali e glottodidattici nell’insegnamento
dell’italiano agli adulti immigrati”, in CAON F., (a cura di), “Tra lingue e culture. Per
un’educazione linguistica interculturale, Milano, Bruno Mondadori.
SERRAGIOTTO G., 2010, “Come facilitare l’apprendimento linguistico degli studenti
adulti”, in CAON F., (a cura di), “Facilitare l’apprendimento dell’italiano L2 e delle
lingue straniere, Torino, Utet.
SPINELLI B., 2006, “Il Quadro e lo sviluppo di una prospettiva interculturale”, in
VEDOVELLI M., 2005, Manuale della certificazione dell’italiano L2, Roma, Carocci.

18
www.edulingua.it

Potrebbero piacerti anche