Sei sulla pagina 1di 4

Etnografia

visiva 11/04/22

Stiamo andando avanti cercando di presentare le ricerche di diverse cineasti antropologi sul tema
dell’etnografia visiva, lavorando soprattutto sui film, cercando le tracce del loro avanzamento, delle loro
specifiche esperienze. Uno dei problemi che abbiamo è quello di collegare le visioni e le esperienze dei film
con l’evoluzione complessiva del discorso dell’etnografia visiva, perché fondamentalmente i film e le
esperienze di ogni singolo cineasta e antropologo, hanno sempre una un valore disseminativo, delle
conquiste, che hanno determinato una forma di circolazione e diffusione a volte degli stessi tipi di metodi
che sono stati adoperati da diversi altri antropologi.
Tutto il discorso che Rouch ha fatto sul mondo africano, è particolarmente importante in virtù delle nuove
scoperte sul campo della possessione; ci ha permesso di toccare con mano che i rapporti fra culture, che non
sono mai rapporti passivi o di semplice subordinazione o conquista. Les Maitres Fous è un chiaro esempio di
come i dispositivi culturali, ad esempio il grande mondo africano dell’ animismo e della possessione, al pari di
altre realtà culturali, non si sia annientato nel confronto con la civiltà meccanica complessa occidentale, ma
si è determinata invece una reazione, una capacità di risposta, la capacità di poter tradurre con i propri
codici qualcosa di estraneo che viene restituito con la forma sorprendente della possessione espressa dagli
Hauka.

Rouch è importante perché coglie l’aspetto del dinamismo culturale.
Dal punto di vista dei metodi, del come filmare, abbiamo grandi novità: cominciano a emergere alcune cose
che di li a dieci/venti anni saranno ovvie nel documentarismo: innanzitutto l’utilizzo della macchina a mano,
la cinepresa diventa un oggetto estremamente mobile, noi sperimentiamo in maniera chiara un modo di
filmare che aveva avuto pochi precedenti, fra i quali Vertov. Ma qui stiamo andando oltre, perché si capisce
che l’atto del filmare è collegato alla corporeità, le immagini sono girate in maniera febbrile, cercando di
aderire in maniera molto partecipata dal punto di vista fisico al ritmo degli eventi che accadono. Rouch
racconterà che, durante le ore di possessione, lui non faceva altro che filmare in maniera ossessiva, ricaricare
la macchina a mano che aveva 20 secondi di anatomia, cercava un rapporto sinestesico, di corrispondenza
fisica fra le azioni umane e le azioni della macchina da presa stessa.
Lo chiamerà “situazione di cine-trance”, movimento in armonia con le azioni, indicando che l’atto del filmare
è un atto che richiede una forma di potenziamento, in maniera limitata del tempo, le capacità sensoriali.
Fino ad ora il cinema documentario ci aveva offerto dei linguaggi visivi piuttosto convenzionali, con un uso
prevalente della macchina fissa sul cavalletto. Dal punto di vista dell’ ortodossia filmica, il prendere in mano
la cinepresa era consentito nelle situazioni belliche, per un problema di sicurezza.
Arriviamo al terzo grande elemento di differenza:
Non solo oggetti culturali in movimento e uso della cinepresa, che abbatte i rigori formali del cinema
ortodosso e impone la presenza del corpo del film maker.
Il terzo elemento di straordinaria importanza è la partecipazione: grazie a Rouch, comincia una riflessione
chiara sulle relazioni sociali che si producano nell’atto del filmare. L’atto del filmare è una relazione sociale; a
a differenza dell’atto dello scrivere che è un rapporto diretto dello scrivente con se stesso. Il film non può
essere un atto autoreferenziale, c’era stato anche Flaherty che aveva di fatto praticato la partecipazione, ma
qui viene messa in evidenza il fatto che la partecipazione possa essere, non soltanto una situazione
funzionale per ottenere degli obiettivi funzionali alla realizzazione del film, ma si matura in Rouch che l’atto
di partecipare, soprattutto l’inclusione dei soggetti filmati nel film, diventa un atto creativo.
La partecipazione è il fondamento della produzione effettiva e finale del film, in termini anche volutamente
imprevedibili. Rouch istituzionalizza la dimensione della partecipazione, perché da questa collaborazione
nasce il film e l’esito finale proviene non solo dalla volontà del Film maker, ma dalla volontà anche delle altre
persone connesse.
Ci sono almeno tre film di Rouch in qui l’elemento della partecipazione assume un’importanza
fondamentale:
Les Maitres Fous
Le Pyramide Humaine
Chronique d’une été

La partecipazione si fa sulla base di rendere paritario l’accesso al film o c’è la volontà, da parte di Rouch, di
comandare il film fino alla fine?
Rouch fa una proposta, propone di entrare a far parte del film, portando la propria personalità.
Rouch propone una sorta di gioco: giochiamo a fare il cinema che mette in scena la tua realtà, la realtà del
rapporto fra me e te. In questo gioco il commando lo ha chi filma, perché sei tu a decidere come prendere la
macchina.
Da un lato è Rouch a filmare, perciò a produrre questa traccia dell’osservazione e della visione. Il film
aderisce alla vita, dall’altro lato però le persone filmate hanno un pieno controllo di se stesse, e Rouch non
mette nessuna censura. L’atto del filmare è un atto sociale che produce una compresenza.

Noi stiamo esplorando il percorso di Rouch, perché dopo di lui molti documentaristi lo seguiranno. La sua
esperienza, vede il mondo della messa in scena del documentario un mondo totalmente superato, che si
può usare nel documentarismo turistico.
La prima tappa di questo discorso la facciamo analizzando il film Jaguar:
Jaguar è una storia impostata come una sorta di fiaba, tre giovani africani amici Lam, Illo e Damourè, che
appartengono a un villaggio nei presi del fiume Niger, decidono, su proposta di Jean Rouch di effettuare il
viaggio alla città di Accra.
Rouch convince un giorno i tre amici a partire, lasciando momentaneamente le loro preoccupazioni, e a
cominciare un lungo tragitto che si svolgerà a piedi, con corriere, autostop, anche un breve tratto ferroviario,
in cui questi tre giovani partono dal loro villaggio e vanno nella capitale della Costa d’Oro. Ci vanno per
realizzare uno degli obiettivi immancabili, migrare in città, trovare un impiego e rimanere nella città un certo
numero di mesi per guadagnare abbastanza per tornare nel villaggio di appartenenza, con un gruzzolo da
investire e con una serie di oggetti e doni, distribuiti fra i parenti, di testimonianza del successo del viaggio in
città.
Nella cultura interna dell’Africa subsahariana, era diffuso il mito del viaggio in città. In questa logica è
presente la temporaneità della migrazione, che serve a conquistare la città e dimostrare alla propria
comunità di appartenenza le proprie capacità lavorative, di fare un viaggio che Rouch descriverà come vicino
a un passaggio iniziatico. Tutte queste cose fanno parte di una cultura che preesiste alla cultura di Rouch.
Rouch li segue con la sua macchina da presa senza intervenire, senza fare nessuna attività cosmetica.
C’è una particolarità importante dal punto di vista linguistico: il film è girato ancora con tecniche piuttosto
semplici, con una cinepresa a motore meccanico, non capace di reprimere i secondi di autonomia, quindi le
riprese sono piuttosto frammentate.
Il film è sincronizzato con le voci dei protagonisti, una volta giratele scene, Rouch monta il film e poi
successivamente, alcuni anni dopo, in uno studio cinematografico di un altro paese africano, i tre
protagonisti del film, sono chiamati a commentare le immagini del film stesso; come colonna sonora
vediamo le voci dei tre protagonisti che commentano se stessi.

Il film inizia con una parte fuori campo, in cui la voce di Rouch dice “proviamo a raccontare una storia” “che
storia?” “Quella di tre amici che fanno una viaggio”; poi parte la musica, colonna sonora del film.
Questa introduzione chiarisce che Rouch sta presentando il film in una chiave di racconto, con un tono
fabuslistico: non gli interessa realizzare un documento etnografico austero, basato sulla compostezza
accademica, ma vuole presentare sul piano della leggerezza, qualcosa fatto prima di tutto per raggiungere un
obiettivo di gratificazione e divertimento. Questa finalità non significa che il film sia frivolo o poco serio, tutto
quello che vedrete ha una fortissima valenza conoscitiva, è una riflessione semiseria e in qualche misura
anche autoironia, su uno dei luoghi comuni della cultura africana, quello di diventare giaguaro: questo è
l’obiettivo finale del viaggio. L’obiettivo dei giovani è arrivare in città e riuscire a fare il giaguaro, avere molti
soldi in tasca, avere un pacchetto di sigarette, degli occhiali da sole un po’ abbassati e un cappello girato
indietro, andare in giro nella città di Accra guardando tutti con aria soddisfatta dall’alto verso il basso,
proprio come fa un giaguaro. Fare il giaguaro corrisponde a l’atteggiarsi in questo modo, guardando tutti con
sicurezza di se perché si ha la consapevolezza di avere un lavoro e una quantità importante di risparmi, da
luogo a questa forma di presentazione di se.
Il secondo passaggio è un lavoro già visto, l’individualizzazione dei personaggi, che sono presentati uno per
uno: il pastore ritratto mentre sorveglia la mandria di bovini che gli è stata affidata. Rouch fa un piccolo
ritratto anche caratteriali: il pastore è molto discreto mai arrogante, molto bravo nel suo lavoro. Addirittura
gli viene data la parola, c’è un tentativo di mimesi del parlato fuoricampo, è una cosa che è stata fatta in
sede di montaggio per consentire al personaggio di presentarsi. Illo, il pescatore, ha una rapporto molto
stretto con tutte le creature del fiume, ama vagare nel fiume e praticare la pesca. Il terzo è Damourè, la
persona più estroversa, arriva a cavallo saluta gli amici e la voce fuori campo dice che è un giovane galante,
gli piace divertirsi non andare a scuola; è il più disposto al gioco e al perdere tempo.
Il passaggio successivo è l’avvio del loro viaggio, che prende forma nel mercato di una località posta nelle
vicinanze della riva, dove si svolge tutta l’attività di mercato, dove finiscono persone che lavorano nei pascoli,
allo scopo di contrattare acquisti e vendite di bestiame e di vare merci. È qui che matura l’idea di fare questo
viaggio, dopodiché iniziano le fasi preparatorie.
Vedremo Damourè che è un impiegato di un ufficio tributario e da l’incarico a un suo collega di fare il lavoro
per conto suo. Il film nella parte successiva non fa altro che tallonare la vita degli esponenti di questa piccola
comunità.
I tre amici, in un episodio, attraversano un territorio che appartiene a una comunità di africani che sono dei
coltivatori, che però loro stessi percepiscono come stranieri, perché hanno dei modi di vita più arretrati, ad
esempio vanno in giro nudi; c’è un tipo di stupore dall’incontro dal punto di vista interno, allo stesso mondo
africano.

Commento alle scene del film:
L’esperienza del mare è, per i tre amici, un’esperienza traumatica, devono superare la dogana per entrare in
Costa d’Avorio. Loro non hanno documenti e devono studiare un modo per aggirare la polizia.
Damourè, dopo aver interrogato i poliziotti, capisce che può aggirare la dogana passando attraverso la
spiaggia con un ingresso clandestino.
Quello che avete visto con gli occhiali è Damourè, che è riuscito a trovare il posto di lavoro più importante.
Ha convinto il proprietario di un negozio di produzione di legnami di assumerlo come contabile, per seguire i
cantieri di abbattimento di alberi e commercializzazione. Sta dimostrando la sua capacità di lavoro e si reca
in uno dei cantieri di disboscamento con il proprietario.

È importante perché chiarisce che il film etnografico si sta allargando, usa il gioco della commedia della fiaba
ma con una finalità diversa: la ricerca di valori, significati, obiettivi, stereotipi nell’ambito della cultura
africana, che mostra la reazione al contatto con le culture occidentali. Il film etnografico sta mostrando la
dimensione del mutamento, del cambiamento.
La cosa importante è notare che Rouch, non crede nella possibilità di un cinema etnografico fatto a
prescindere dalla volontà degli interlocutori, perciò sta introducendo un elemento di rottura in questa
direzione. La realtà etnografica non è qualcosa che vive aldilà del mio sguardo, che io posso scrutare da fuori
filmando a loro insaputa la gente che vive, il progetto è quello di un cinema in cui il soggetto del film fa il film
stesso. C’è una cine-antropologia condivisa in questa direzione, è chiaro che la gente inscena se stessa,
quindi in un certo modo si autocensura. Ciascuno si presenta mostrando ciò che vuole presentare di se
stesso. Abbiamo una parziale capacità di mostrare tutti gli aspetti di quello che accade, il film è un evento in
parte imprevedibile, il risultato di una continua serie di accordi.













The Hunan Pyramid
Questo film è un progetto degli stessi anni di Jaguar, solo che Jaguar è stato filmato quando la tecnologia di
Rouch era muta, mentre questo film è il primo in cui Rouch utilizza una tecnologia sincronolabiale, è
l’esordio del cinema-veritè, in cui i personaggi sono ripresi, parlano e si esprimono in sincrono labiale, una
conquista di straordinaria importanza. Il film è stato girato nel 1959, ad Abidja ,capitale della Costa d’Avorio,
paese sotto dominio coloniale francese. Era una città molto occidentalizzata e moderna, in cui Rouch, fa un
gioco: da a vita per alcuni mesi a una classe immaginaria di un liceo, in cui conduce dei giovani ragazzi
africani bianchi e un gruppo di giovani ragazzi neri a convivere nell’ambito di una realtà scolastica. L’obiettivo
era dimostrare che era possibile l’amicizia fra bianchi e neri, che vivendo in comunità potevano dare vita ad
amicizia ma anche amori e corteggiamenti, senza nessuna redenzione legata alla razza e al colore della pelle.
Un progetto in chiave dichiaratamente antirazzistica che richiedeva la disponibilità di un gruppo di giovani
bianchi e di giovani neri a partecipare, la disponibilità a dialogare. La prima parte del film è quella in cui
Rouch mette in scena se stesso che spiega in cosa consiste il film.
Tutti prende spunto dall’amicizia fra Nadine e Denise, ragazza africana vista in una delle prime inquadrature,
amicizia che preesisteva al film . Nel corso del film saranno individuate le personalità di ciascuno di questi
giovani.

Potrebbero piacerti anche