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BREVE STORIA DELLA FILM EDUCATION IN ITALIA

DAGLI ANNI ‘50 AGLI ANNI ‘70

INDICE

PARTE I: gli anni ’50. Il cinema nella scuola da minaccia a opportunità


Cinema spettacolare e cinema d’insegnamento
Il cinema spettacolare e i giovani: Luigi Volpicelli
Il cinema spettacolare e i giovani: Pio Baldelli
Il cinema spettacolare e i giovani: Giuseppe Flores D’Arcais
Il cinema spettacolare e i giovani: Raffaele Laporta
Film didattico vs cinema spettacolare

PARTE II: gli anni ‘70. Educare vs istruire e il primato dell’istruzione


Dalla “scuola attiva” all’apprendimento strumentale
Dalla “scuola attiva” all’apprendimento strumentale: la filmologia
Il cinema come problema psico-pedagogico
Il cinema nell’universo audiovisivo e il superamento della filmologia
Educare vs istruire. Il primato dell’istruzione
Padre Nazareno Taddei e il ruolo della religione nell’insegnamento del film
La dominante cognitivista negli approcci alla film education
CINEMA SPETTACOLARE E CINEMA D’INSEGNAMENTO (Rizzo 14)

Durante la guerra il cinematografo aveva svelato tutto il suo potere affabulatorio e


ammaliante e nell’immediato Dopoguerra esso suscitò la preoccupazione dei pedagogisti
che toccarono con mano quanto esso potesse provocare condizionamenti sociali e culturali

L’industria del cinema, con i suoi cosiddetti “film spettacolari” – di origine


prevalentemente statunitense – proponeva tematiche che facevano leva su “sentimenti
primordiali dell’uomo, l’amore, l’erotismo, la violenza, il facile guadagno”

Negli anni in cui nasceva la cultura di massa e il cittadino si trasformava in consumatore,


negli anni in cui si gettava luce su cosa erano stati i regimi totalitari e i loro strumenti di
consenso, il cinema appare agli educatori un mondo problematico, sfuggente, minaccioso

“L’enorme distruzione di beni materiali e valori spirituali, la dispersione delle famiglie, la


paralisi delle istituzioni aveva contribuito ad aumentare la criminalità giovanile. Era quasi
una difesa istintiva, da parte degli adulti cercare un capro espiatorio a cui dare la colpa
delle disgrazie dell’Italia” (E. Tarroni)

Il “cinema spettacolare” era ben lontano dall’entrare tra i banchi di scuola, esso
apparteneva alla sfera del ludico, del ricreativo, dell’informale (e un linguaggio
“pericoloso”), mentre la scuola doveva essere fatica e impegno, un percorso irto di
difficoltà

Nessun insegnante pensava di usare a scuola il cinema spettacolare non solo perché
temeva gli effetti perniciosi sul giovane pubblico, ma soprattutto perché sarebbe stato uno
strumento totalmente estraneo al dispositivo scolastico dell’epoca: il cinema avvicina la
“sacertà” dell’aula scolastica alla “profana” sala spettacolare
CINEMA SPETTACOLARE E CINEMA D’INSEGNAMENTO (Rizzo 14)

• Trattazione sugli effetti fisiologici e psichici del cinema sulla mente umana

• Condizione ipnoide (Cohen-Séat)


• Condizione onirica (Gemelli, Musatti)
• Paticità (Volpicelli)
• Empatia (Michotte, Lebovici)
• Asservimento (Meylan)
• Proiezione/identificazione
IL CINEMA SPETTACOLARE E I GIOVANI: LUIGI VOLPICELLI (1949) (Rizzo 26)

Il problema del cinema rispetto all’educazione è da ricercarsi non solamente nel contenuto
del film, ma soprattutto nel film come evento, come creazione di un mondo, e quindi
nella struttura stessa del mezzo. Onde la sua pericolosità, prima che nel racconto, è da
ricercarsi nello stesso fatto filmico in quanto tale

Il cinema è il più potente mezzo di suggestione di massa.


Spettatore nella sala cinematografica: situazione che induce uno stato di passività,
onirico e ipnotico, patico, che fa leva sui desideri e sull’ “infantilismo delle masse”.
Cinema che reitera costitutivamente questo statuto spettacolarizzante (“aggressione
affettiva”, “esaltazione passionale”, coartante e intensa scarica emotiva”) e non è pertanto
riducibile o riconducibile a alcuno strumento pedagogico.
Sala cinematografica luogo dell’irrazionale, nel quale si confonde il confine tra razionale
e irrazionale, sogno e realtà, moralità e immoralità.

FATTO FILMICO: il fatto filmico è l’espressione di una vita, vita del


mondo e dello spirito, dell’immaginazione o degli esseri e delle
cose, per mezzo di un sistema di combinazioni di immagini

Tuttavia, Volpicelli non cessa di interrogarsi sulla funzione educativa del cinema e pur
intriso di questo retroterra etico e morale così forte non nega la possibilità che il cinema
possa avere un’utilità pedagogica. Il presupposto, o pregiudiziale, che egli vede nel
cinema e con il quale a suo avviso bisogna “fare i conti” è la drammaticità del linguaggio
cinematografico.
IL CINEMA SPETTACOLARE E I GIOVANI: PIO BALDELLI (1953) (Rizzo 26)

Il cinema giunge in un periodo storico in cui la pedagogia ancora viveva all’interno del
paradigma neo-positivista che unisce ragione-antropogenesi-educazione, levando ogni
possibile ruolo pedagogico a tutto ciò che vive nell’irrazionale, limitando dunque
notevolmente la presenza delle arti come uno strumento educativo.

Tutta la temperie novecentesca, del quale il cinema è in tal senso un elemento


rappresentativo, è stato a suo tempo letto come la “rivalsa dell’irrazionale” nella società,
obbligando i pedagogisti a una riflessione sul paradigma tardo-positivista ragione-
antropogenesi-educazione.

il cinema ha inferto un colpo gravissimo al modello classico della conoscenza umana
il cinema ha accelerato un processo di “sconcettualizzazione della cultura”
il cinema ha obbligato la società a interrogarsi su nuovi modi di acquisizione della
conoscenza e ha influito sulle trasformazioni sociali che hanno investito anche la sfera
) pedagogica ed educativa
il cinema ha abolito la necessità della mediazione e ha aperto un varco alla sfera
dell’emotività, libera di giungere in superficie e manifestarsi (Di Giammatteo, 1950)

Critica a Volpicelli e Di Giammatteo: rottura della tradizione positivista ed essenzialistica


che vuole il cinema tout court come mezzo dell’irrazionale
sforzo decostruzionista di non vedere più il cinema come un unicum ma pensare che ci
possono essere film “irrazionali” ma anche film “non irrazionali” - imparare a ragionare
caso per caso su ogni singolo film.
IL CINEMA SPETTACOLARE E I GIOVANI: PIO BALDELLI (Rizzo 26)

Baldelli oppone al discorso ontologico-normativo di Volpicelli e Di Giammatteo, un


discorso critico-estetico che, proponendo l’analisi di singole opere, favorisce l’educazione
al gusto cinematografico: “Si deve formare in noi l’organo, l’abitudine a vivere più
attivamente il cinema”.

Una posizione preminente nell’educazione al cinematografo potrebbe averla la scuola. Ma


non quella scuola che insiste sul cine-sussidio, ma una scuola che fosse capace di inserire
nella sua didattica il film spettacolare

CINE-SUSSIDIO: Modello didattico di stampo positivista portato avanti dall’IICE (Istituto


Italiano di Cinematografia Educativa), eredità pedagogica del ventennio, il cine-sussidio,
forma di cinema d’insegnamento (Louis Angè) forniva la documentazione audiovisiva di
fenomeni naturali, attività industriali, civiltà lontane, ecc.
Attraverso il potere mnemonico e della suggestività del film si mirava a ottenere il
massimo risultato in termini di apprendimento con il minimo sforzo.
Il cine-sussidio trasforma tra le mura della classe l’esperienza del cinema e la sua tecnica
ed estetica in una tecnologia per l’insegnamento

L’insegnante, attraverso il cinema, avrebbe la possibilità di attivare riflessioni e confronti


sui problemi sociali, politici, morali, pratici, di rianimare l’esercizio del gusto attraverso
l’analisi e la critica delle forme estetiche e narrative. Un insegnante consapevole che
sappia ascoltare “il contrasto tra le tumultuose sollecitazioni del mondo circostante e la
poca vitalità della scuola, chiusa nella sua pedanteria lezionaristica, appesantita dalla palla
di piombo dello scrupolo enciclopedistico.
IL CINEMA SPETTACOLARE E I GIOVANI: GIUSEPPE FLORES D’ARCAIS (1953) (Rizzo 26)

“Il film nell’esperienza giovanile” (1953), un trattato che spazia dalla pedagogia alla filosofia
all’arte attraverso le teorie del cinema

Cinema come costruttore di una nuova società


preponderanza delle dinamiche irrazionali
Forza psicologica del film
Preoccupazione per i giovani

«Il cinema si configura come una realtà, un dato da cui non si può più prescindere, un
fatto che vincola la nostra esistenza»
«Universalità del cinema sta nell’offrire un’esperienza che va oltre l’apparire fenomenico
delle cose per cogliere l’intima vita del reale: un’immagine che va oltre l’immagine, un
gesto che va oltre il gesto, un segno che rimanda ad altro»

“Il nostro tempo è tempo di crisi del razionale e l’irrazionale è riuscito a infrangere i suoi
limiti, a incidere profondamente nella struttura stessa dell’uomo, onde la nostra epoca
può dirsi epoca del cinema perché epoca dell’irrazionale”. Il cinema è, in questo senso,
linguaggio primordiale e primitivo (Vico), linguaggio di immagini, scarta di lato
l’espressione concettuale, appartiene alla sfera dell’irrazionale, di ciò che per sua natura
non può essere addomesticato con un discorso. È la forza indomabile del cinema:
un’onda piena di irrazionale ed emotività.
IL CINEMA SPETTACOLARE E I GIOVANI: GIUSEPPE FLORES D’ARCAIS (1953) (Rizzo 26)

Spostamento dalle parole alle cose: il cinema mostra le cose per le cose, senza darne il
nome. È un linguaggio che scarta la lettera» e per questo è «linguaggio particolarmente
adatto agli incolti, agli analfabeti, alla massa del popolo (nei cui confronti può essere
adoperato come un oppiaceo)» Il vedere diventa forma del conoscere, la vittoria
dell’immagine sul significante.

Capacità del cinema di essere «concreto, preciso. Esso è capace di rendere l’esperienza
umana veramente positiva. Non si tratta né di schemi, né di formule, né di termini astratti;
si tratta dell’oggetto, della cosa in sé nella sua immediata presentazione: dell’hic et nunc».

Cinema rende obsoleta l’eterna immobilità del concetto mostrando che il disordine del
reale resiste all’ordine del discorso. Il cinema mostra la vita così come essa si nasconde,
offre alla nostra contemplazione le immagini di una privazione. Ecco perché lo spettatore
pretende il massimo della verosimiglianza, per smettere di vivere ed entrare nel sogno
come contemplazione di una vita simulata che accende il desiderio.

Come imbrigliare questa forza dirompente per metterla al servizio dell’educazione?


Per sottrarre i bambini alla sua forza irrazionale, per innalzare il gusto delle persone e
trasformare quella che era vista come fruizione passiva ed emozionale in attività riflessiva,
attiva, razionale e moralmente determinata.
La congiuntura dell’emotivo (istinto/natura) e del razionale (discernimento/cultura) era
uno dei fuochi che animavano l’ispirazione di molte correnti della pedagogia dell’epoca.
Le stesse peculiarità che tra laicismo e spiritualismo miravano al giusto equilibrio tra
ragione e sentimento, tratti inequivocabili di una pedagogia appesantita da esigenze
moralistiche
IL CINEMA SPETTACOLARE E I GIOVANI: RAFFAELE LA PORTA (1957) (Rizzo 26)

“Cinema ed età evolutiva”, 1957. Risente dell’influenza della filmologia. Pedagogista laico

Denuncia all’ostracismo verso il cinema da parte della scuola (Antonio Mura: «il film
viene alla scuola dalla strada, dal baraccone o, nella migliore delle ipotesi, si presenta alla
scuola come un tipo di spettacolo democratico, troppo popolare per non essere sospetto
alla concezione aristocratica del sapere propria della cultura del nostro tempo che alla
scuola dà vita»)

Definitivo superamento dell’approccio deontologico/assiologico/teleologico tipico di


ogni discorso educativo del periodo, tipica sia della corrente cristiana (Volpicelli) sia della
corrente Marxista-Gramsciana (Laporta). Un approccio troppo imperniato sulla morale, sui
valori, rischia di dare un’«impronta ideologica spregiudicata” a qualsiasi intervento
didattico.

Bisogno laico per la pedagogia di costruire la fisionomia del fenomeno


cinematografico, per fare in modo che il suo valore sociale non sia trascurato dalla
scuola ma che in essa trovi spazio di riflessione:
Fatto industriale di prima grandezza
Mezzo principale di propaganda dei regimi totalitari
Alto potere di suggestione psicologica

Preoccupazione del fenomeno di omologazione indotto dalla mistificazione dell’industria


culturale (Adorno-Horkheimer): «Necessità di distinguere tra «l’esperienza formale del
film, mediata dall’educazione, che permette di acquisire la conoscenza del linguaggio, e
l’esperienza informale del cinema che fa parte della vita quotidiana dei giovani».
FILM DIDATTICO VS CINEMA SPETTACOLARE (Rizzo 42)

Necessità di una triplice direzione pedagogica:


educazione al cinema: comprensione del cinema come evento sociale diffuso/condiviso
educazione al film: comprensione del cinema come forma di comunicazione con una
tecnica e un linguaggio
educazione mediante il film: comprendere il film come esperienza individuale che
mette in gioco forme inattese di partecipazione psicologica

cambio di paradigma: il film diventa strumento per l’esercizio della critica, palestra di
emancipazione e metafora per l’analisi dell’esistente, strumento nuovo per l’insegnante che
faceva nascere “novità, passioni e sospetti”

La pedagogia di Laporta supera l’impasse didascalico-illustrativa del film didattico e del


cine-sussidio

Questo avveniva in un periodo storico, il secondo Dopoguerra, che peccava di una sorta
di indulgenza missionaria che mirava a salvare e redimere a tutti i costi, una sorta di
“sentimentalismo populistico” per le “pecorelle smarrite”. Ma il cinema e i film dovevano
essere integrati nelle pratiche di formazione in quanto appartenenti all’esperienza
condivisa dell’ambiente sociale.
FILM DIDATTICO VS CINEMA SPETTACOLARE (Rizzo 42)

FILM DIDATTICO VS FILM SPETTACOLARE

Spiegazione della realtà Racconto finzionalizzato

Fare esperienza di luoghi ignoti Negazione del valore


enciclopedico della conoscenza

Mostrare/indicare/esporre Evocare/suggestionare/narrare

Comunicazione verbale Comunicazione visiva

Didatticizzazione del cinema Approccio didattico al film

Approccio ai contenuti come Approccio “de-didatticizzato”


modalità di apprendimento basato sull’esperienza estetica
DALLA “SCUOLA ATTIVA” ALL’APPRENDIMENTO STRUMENTALE (Rizzo 47)

La pedagogia italiana degli anni ‘50 in un primo momento, dopo la guerra, recupera le
ricerche avviate nei decenni precedenti dall’esperienza della “scuola attiva”

SCUOLA ATTIVA: teoria pedagogica nata sul finire del XIX secolo,
ispirata da J. J. Rousseau, che prevede scuole strutturate secondo
la forma della comunità in cui fosse un ambiente confortevole,
un legame intenso con la natura, una promozione della socialità
e della collaborazione, un modello di formazione incentrato sul
gioco, sul fare e non solo sull’imparare, sul lavoro e sulla
manualità e non solo sullo studio. (Bovet, Ferrière)

La scuola attiva ricorre alla psicologia sperimentale ai fini della costruzione di una “scuola
su misura” per un’individualità psico-spirituale che deve mirare all’auto-educazione.

Le scuole attive hanno rappresentato una sorta di rivoluzione copernicana


nell’educazione, mettendo al centro il bambino, i suoi bisogni e le sue capacità; il fare
deve precedere il conoscere il quale si evolve dal globale al distinto e quindi si matura
inizialmente su un piano “operatorio” (Piaget). Un nuovo sapere che pone al centro
l’ambiente e non il sapere codificato e reso sistematico.

Risposta alla crisi della scuola tradizionale che mette in evidenza il dissidio storico tra
formazione umanistica e istruzione tecnica, “tra consecutio temporum e pane
quotidiano”.
DALLA “SCUOLA ATTIVA” ALL’APPRENDIMENTO STRUMENTALE (Rizzo 47)

Gli anni ‘50, caratterizzati da una forte industrializzazione, da una veloce evoluzione
tecnologica e da un’urbanizzazione feroce, diventano gli anni in cui la pedagogia, più che
formare uomini e donne acculturati, ha bisogno di formare tecnici, operai, segretarie,
contabili

La radicale trasformazione del paese apre la strada a un attivismo ottuso in cui la scienza
tende a diventare elemento funzionale al processo del fare. L’intrinseco approccio
sperimentale e tecnico-pratico di un’educazione attiva diventa un’arma a doppio taglio: “il
pedagogista filosofico perde il suo mestiere non appena la scoperta del bambino come
luogo scientifico dell’educazione diviene un insieme di norme e pratiche oggettive di
lavoro intellettuale”

«Il paidocentrismo si trasforma in un'esaltazione narcisistica e in una tirannia indiretta


(dell'adulto sul bambino); l'importanza dell'ambiente si trasforma in controllo
sull'ambiente; il fare in un didatticismo cumulativo e docimologico e l'attenzione alle
capacità e ai bisogni in un processo evolutivo e mentalistico delle competenze. In
educazione qualsiasi prerogativa assoluta data alle pratiche operative rischia sempre di
sfociare in un tecnicismo esclusivo o in un'ideologia utilitaristica» (Agazzi).

ISTRUZIONE VS EDUCAZIONE: In un mondo trasformato, predominerà una pedagogia


forte basata sul primato dell'istruzione e dell'apprendimento a scapito dei “peccati”
dell'Emilio russoviano, come la libertà creativa, il piacere, il fare e il giocare, dell'operare
destrutturato e naturalistico (manualità, esperienza, socializzazione, spontaneità,
permissività), tratti di una pedagogia debole.
DALLA “SCUOLA ATTIVA” ALL’APPRENDIMENTO STRUMENTALE: LA FILMOLOGIA (Rizzo 47)

trasformazione radicale indotta dal cinema nelle modalità umane di


elaborazione dell'esperienza e di acquisizione di conoscenza

Trasformazione nelle capacità di conoscenza e riflessione, delle


modalità di visione e dei comportamenti biologici

Necessità di istituire un processo di ricerca in grado di


analizzare e definire queste trasformazioni

Primato del paradigma psicologico e cognitivista di provenienza francese

Luglio 1947: nascita della “Revue Internationale de Filmologie”, fondata da


Gilbert Cohen-Séat, organo di diffusione dell’Institut de Filmologie nato
nella Facoltà di Lettere della Sorbona. In Italia fu accolta da Padre Agostino
Gemelli e Milano e da Enrico Fulchignoni ed Evelina Tarroni a Roma

Cohen-Seat: lo spettacolo cinematografico fa ormai parte delle condizioni


concrete di esistenza che definiscono la nostra quotidianità

Volpicelli: il cinema deve diventare educativo nella misura in cui suscita la critica
dell'esperienza reale, influisce sulla capacità percettiva del quotidiano.

Mura: il cinema influisce sulla coscienza sociale e sulla percezione delle persone rispetto
alla loro condizione socio-economica (importanza della sua influenza sui giovani)
DALLA “SCUOLA ATTIVA” ALL’APPRENDIMENTO STRUMENTALE: LA FILMOLOGIA (Rizzo 47)

I congresso di filmologia (1947): aree di ricerca

psicologia e ricerche sperimentali (studi sulla percezione e la ricezione)


ricerche sull'evoluzione dell'empirismo cinematografico (studi sulle tecniche di
rappresentazione e gli apparati tecnologici)
ricerche di estetica, sociologia e filosofia
ricerche comparative sul linguaggio e sui film come mezzi di espressione
(transdisciplinarità)
ricerche normative: applicazioni del fatto filmico sulle questioni di pedagogia,
medicina, ecc.
DALLA “SCUOLA ATTIVA” ALL’APPRENDIMENTO STRUMENTALE: LA FILMOLOGIA (Rizzo 47)

In Italia, il rapporto della pedagogia con i suoi strumenti, proprio in relazione al cinema, si
alimenta sempre di più di una cultura di stampo tecnicista, istruzionista ed efficientista,
che vede nel film la possibilità di allestire un impianto didattico ad alto rendimento.
Questo modello vede nel cine-sussidio lo strumento per rendere l’insegnamento più
attraente possibile arrivando a ridurre la fatica dell'apprendimento attraverso strumenti e
tecniche che fungono da potenti catalizzatori didattici (Farnè)

La cultura educativa dell’attivismo è definitivamente soppiantata da una pedagogia


scientifica e da pratiche di tipo sperimentale

Anche tutti i discorsi sul cinema subiscono lo stesso destino: le teorie anteriori alla
filmologia (Dulac, Epstein, Canudo, Balàzs) mettevano in luce soprattutto la magia del
cinema (fantasmagoria, fotogenia), il carattere creativo, poetico, di un’arte meravigliosa,
la sua libertà straordinaria, la bontà del suo potere immaginifico

Dopo la guerra e i totalitarismi, il cinema deve essere controllato, trattenuto: la


sociologia, la psicologia, la semiotica vengono applicate al cinematografo con lo scopo
di portare anche le sue immagini nell’ordine di un discorso razionale.

È curiosa la nascita pressochè simultanea del cinema e delle scuole attive alla fine del
XIX secolo: “Vogliamo renderci conto se l’apparire di due fatti così diversi, alla fine del
secolo scorso, sia una semplice coincidenza o qualcosa di più. Se attivismo e cinema
non come spettacolo, ma come forma di conoscenza e di linguaggio, non siano più
vicini di quanto sembri: la prevalenza del fare sul conoscere, del produrre sul meditare,
la carenza di attività discorsiva a tutto vantaggio dell’apprendere in silenzio” (Mura)
DALLA “SCUOLA ATTIVA” ALL’APPRENDIMENTO STRUMENTALE: LA FILMOLOGIA (Rizzo 16)

1960: Nascita dell’ISPSIV (Istituto per lo Studio Sperimentale dei Problemi Sociali
dell’Informazione Visiva) presso l’istituto Agostino Gemelli a Milano come uno strumento
per contrastare l’influenza pervasiva del cinema e della televisione sulla mente

Rivista IKON, nuovo nome della “Revue internationale de Filmologie” che fu rilevata da
Padre Agostino Gemelli

“I lavori di questi congressi hanno posto in evidenza seri problemi umani introdotti dal
cinema, queste tecniche hanno conseguenze scientifiche non ancora conosciute. L’Istituto
Gemelli è attrezzato in modo da corrispondere alle esigenze dei vari aspetti di questi
problemi: è dotato di attrezzature per la ripresa e la proiezione di apposite sequenze
filmiche e per lo studio dei processi percettivi della situazione filmica, attrezzatura per le
indagine psicofisiologiche del comportamento degli spettatori e per indagini di natura
psicologica”

All’inizio degli anni ‘60 la psicologia sperimentale e la neuropsichiatria sembravano essere il


sapere scientifico deputato all’analisi e al discernimento pedagogico dell’influenza del
cinema (e della televisione) sulle giovani menti
IL CINEMA COME PROBLEMA PSICO-PEDAGOGICO (Rizzo 56)

in un momento storico cruciale per la storia d'Italia e per lo sviluppo di una


coscienza di classe (siamo nei primi anni '50, poco dopo il Neorealismo, permeato
dall'utopia zavattiniana e da ideali come la liberazione delle masse, l’emancipazione
dallo sfruttamento e dalla povertà, la speranza in un mondo migliore, tutti ideali al
centro di un umanismo cosmopolita e degli ideali di sinistra) il cinema potrebbe
ricoprire un ruolo catalizzatore di sviluppo di coscienza di classe e stimolare la
riflessione (anche attraverso la penetrazione della cinematografia estera)

d'altra parte questo stesso meccanismo di influenza pone seri problemi nel momento
in cui il cinema manifesta la sua natura di industria, di macchina commerciale, il cui
modello di fruizione è quello capitalistico basato sul consumo, il che ha reso il cinema
funzionale alla società industriale (società dello spettacolo, Debord), nel quale il
cinema ha principalmente la funzione di evasione

Altre forme di influenza e di ripercussioni psico-pedagogiche: utilizzo della fruizione


cinematografica e dello stato percettivo che essa induce, nei trattamenti di devianze;
d'altra parte, il cinema mostra una forza positiva dal punto di vista didattico, poiché
l''utilizzo dell'audiovisivo favorisce i processi di apprendimento.

Rimane l'interrogativo sul fatto che il cinema agisce in un modo totalmente nuovo e
imprevedibile sulla mente delle persone, opponendo alla razionalità che caratterizza il
metodo didattico tradizionale e liberando l'istinto e l'irrazionalità che vanno a definire
un nuovo e inedito approccio pedagogico
IL CINEMA NELL’UNIVERSO AUDIOVISIVO E IL SUPERAMENTO DELLA FILMOLOGIA (Rizzo 61)

Negli anni '50, la nascita della televisione trasforma radicalmente l'universo


dell'audiovisivo trasformando il ruolo stesso del cinema. Alla “Galassia Gutenberg”
(McLuhan), già in pieno declino, si affianca il linguaggio audiovisivo che, con l'avvento
della tv, si stratifica ulteriormente

Rispetto ai media audiovisivi, la scuola è il riflesso di una cultura che, basata sulla scrittura,
è per natura frammentatrice e analitica (Tarroni-Baldelli), che non tiene il passo con il
modello di comunicazione indotto dall'audiovisivo. Mentre si ritiene di poter aggiogare i
nuovi linguaggi alla linearità dei programmi scolastici, la linearità è già esplosa nella massa
di informazioni e notizie che costituisce l'atmosfera della nostra società

inesorabile declino del modello di trasmissione del sapere di stampo


positivista, infranto prima dall'irrazionalità e dall'emotività indotta dal cinema e
poi dalla fluidità e indiscernibilità dell'audiovisivo

“I compiti della scuola, nei riguardi della cultura, sono stati tradizionalmente concepiti
e definiti nei due modi seguenti: gradualità dell'apprendimento, secondo le età;
filtraggio dei valori autentici di cultura. Il dilemma che oggi si pone alla scuola
consiste proprio in questo: proprio questa gradualità e questo filtraggio in una
società pervasa dalle nuove tecniche audiovisive e dalla potenza delle comunicazioni
di massa non è più possibile” (Tarroni-Baldelli)
IL CINEMA NELL’UNIVERSO AUDIOVISIVO E IL SUPERAMENTO DELLA FILMOLOGIA (Rizzo 61)

In un contesto mediatico di questa natura, la complessità del problema richiedeva un


approccio non ossessionato dalla necessità della misurazione e dall’adozione di un
approccio scientifico, che ricollocasse la fruizione cinematografica all’interno di un
flusso di azioni e di gesti quotidiani calati nel loro contesto di riferimento. Nessuno
strumento di analisi particolare per un oggetto extra-ordinario, ma il
riposizionamento di questa azione in una dimensione ordinaria

La filmologia si è sempre preoccupata troppo di “ciò che avviene durante la


proiezione del film senza tener conto di ciò che il ragazzo apporta alla sua esperienza
precedente alla visione del film, e senza tener conto di come viene elaborata
l'esperienza filmica nel tempo, dopo la visione” (Tarroni)

La visione cinematografica è un evento che di per sé si dà come un'esperienza


sociale, culturale, i cui riflessi e conseguenze vanno oltre la dimensione psicologica.
La psicologia continua a darci informazioni utili sul rapporto schermo-ragazzi, ma
questi rilievi si danno come parziali e frammentari e non riescono a dare un
contributo esauriente rispetto a come la fruizione cinematografica si evolve nel corso
del tempo e delle trasformazioni che questa evoluzione producono.

I due termini di questo rapporto, cinema e ragazzi, mutano di anno in anno e di


luogo in luogo, rendendo difficile ogni rilevamento, soprattutto in un universo
ipermediatizzato come quello in cui si viveva all'epoca (pensiamo ad oggi...)
IL CINEMA NELL’UNIVERSO AUDIOVISIVO E IL SUPERAMENTO DELLA FILMOLOGIA (Rizzo 61)

Gaston Mialeret, psicopedagogia dei mezzi audiovisivi (1962)

analisi della PERCEZIONE AUDIOVISIVA per studiare la correlazione tra gli stadi
dello sviluppo mentale e le difficoltà percettive del linguaggio cinematografico.

“Il film, inteso come focalizzazione visiva e uditiva nella misura in cui provoca
un'attenzione abbastanza intensa, favorisce una buona percezione e dà ai messaggi
emessi un potere di penetrazione che ne accresce notevolmente l'efficacia ” (Mialeret)

Dopo decenni in cui si parlava dello stadio dello spettatore cinematografico come
passivo/ipnotico/sonnambulo, ora invece emerge che lo spettatore risulta attivo.
Questo cambiamento è da imputare certamente a:

dinamiche interne al settore della psicologia e delle scienze dell'educazione, nelle


quali il cinema, dopo anni di scarsa considerazione, ha finalmente assunto uno statuto
più o meno definito
cause scientifiche, che hanno messo in luce come il rapporto tra lo spettatore e il
film muta in continuazione al mutare delle condizioni, della società e dei valori che le sue
trasformazioni recano con sé, del fattore tecnologico, che è discriminante (es. tv);
fenomeni sociali per cui il cinema, dinanzi al nuovo modello sociale capitalistico e
consumistico e nella rivoluzione tecnico-meccanica-elettrodomestica, acquisisce
definitivamente il suo manifesto culturale e artistico, come luogo in cui ritrovare la
lentezza e la riflessione che la società ha sottratto alle persone e in particolare ai giovani.
Da “oggetto estraneo” che suscita emozioni viscerali e impulsi irrazionali il cinema
diventa spazio per le emozioni, per la profondità e per la riflessione, mentre il nuovo
“nemico” da tenere sotto controllo diventa la televisione.
EDUCARE VS ISTRUIRE. IL PRIMATO DELL’ISTRUZIONE (RIZZO 71)

Durante gli anni ’60 si fa aspro il dibattito tra due tendenze che spesso, nel
dibattito italiano sul tema dell’educazione, si sono escluse a vicenda:

una prospettiva che esprime la necessità di rivelare il codice, le regole del


linguaggio cinematografico, di svelare i trucchi del mezzo attraverso un’impostazione
didattico-informativa sull’allargamento delle capacità intellettuali nell’orizzonte
dell’apprendimento progressivo (teoria dell’istruzione di Jerome Bruner) che garantisca
la progressiva comprensibilità dell’informazione visiva (Lumbelli)
una prospettiva che esprime la necessità di un intervento estetico-educativo che
lavori sia sui significati sociali che sul valore artistico del cinema, sul suo sottotesto
politico-ideologico, sull’importanza di sottoporre la comunicazione filmica al lavoro
della dialettica in chiave di critica dell’ideologia (Baldelli)

Didattica del cinema educazione al cinema


VS
Trasferire competenze Proporre modelli

L’educazione al cinema diventa una didattica del cinema che scongiura


qualunque casualità, qualsiasi curiosità appassionata e qualsivoglia discorso sulla
bellezza e sull’arte nel nome di una direttrice strumentale, ossessionata dal
controllo dei processi mentali e dall’incremento delle conoscenze
EDUCARE VS ISTRUIRE. IL PRIMATO DELL’ISTRUZIONE (RIZZO 71)

La svolta semiotico-strutturalista irrobustì in diversi modi il primato


dell’istruzione. Avere la possibilità di passare al setaccio razionale del linguaggio
verbale anche l’irrazionale linguaggio cinematografico era un’occasione da non
perdere. Non tardò la pedagogia a impadronirsi della teoria del linguaggio
filmico su basi strutturaliste e semiotiche. All’opposto delle metodologie deboli
(colloquio non direttivo, dibattito a tema) si prospettava la possibilità di
un’analisi grammaticale del “testo filmico” e di lettura strutturale
dell’audiovisivo

La ricerca pedagogica del tempo si regge soprattutto su una concezione figlia


della recente tradizione cognitivista (Piaget, primo Bruner), una concezione
che si è articolata in:

 ricerche psicopedagogiche sull’apprendimento e la costruzione del linguaggio e dei


concetti;
 ricerche di teoria dell’istruzione che si colloca come mediatrice tra apprendimento e
insegnamento, indicando a questo le procedure più generali;
 ricerche didattiche, generali e speciali, che hanno prodotto teorie del curricolo,
tassonomie degli obiettivi scolastici di apprendimento, analisi strutturali delle diverse
didattiche disciplinari, dando vita a un processo che ha cambiato il sistema
dell’istruzione in senso scientifico e tecnico e rendendolo scolastico-istruttivo
EDUCARE VS ISTRUIRE. IL PRIMATO DELL’ISTRUZIONE (RIZZO 71)

Fino agli anni ’90 siamo rimasti vincolati alla scelta tra:

un’azione pedagogica che avrebbe desiderato procedere verso un’educazione


cinematografica che lavorasse in un’ottica critico-interpretativa, disalienante, facendo
riferimento al tessuto culturale in cui le forme cinematografiche agiscono e dalle quali i
soggetti sono agiti (educare)

un’azione pedagogica diretta a fornire gli strumenti, le istruzioni per l’uso, per un’intensa
opera di nominazione delle componenti strutturali del fatto filmico come messaggio
linguistico, a garanzia della conoscenza del codice specifico che lo regola (istruire)

Il soggetto dell’apprendimento diventerà allora uno specialista di un metalinguaggio


(“specialisti senza spirito”) traguardo surrettizio di qualunque distopia didatticista (da
questa linea derivano tutte le derive “sistematiche” del linguaggio cinematografico alle
quali si deve opporre un approccio germinativo verso il sapere e un approccio indiretto
alla conoscenza: invece di sciorinare e far piovere dall’alto come delle nozioni tutti i
tagli e piani, meglio far vedere la scena del ballo di “Moulin Rouge” alla fine di un
percorso sulla nascita del linguaggio cinematografico e lasciar dedurre il tutto agli
studenti)
EDUCARE VS ISTRUIRE. IL PRIMATO DELL’ISTRUZIONE (RIZZO 71)

La vittoria dei traguardi curricolari e delle ansie programmatiche ha conservato negli


anni il suo indiscutibile primato a scapito di una progettualità più strettamente
educazionale e basato sugli affetti, sulla comprensione globale, del contesto in cui
l’opera è stata creata e a cui l’opera si riferisce, operazione per la quale il cinema si
presta molto bene (che è stato il lavoro svolto dai cineclub e il lavoro negato a
un’educazione al cinema basata sulla visione e sul rapporto con il film basato sul testo
integrale e sull’emozione).

didattica educazione

istruire educare

critico culturale
VS
linguaggio emozioni

analisi esperienza

metalinguaggio discussione

frammenti Testo integrale


PADRE NAZARENO TADDEI E IL RUOLO DELLA RELIGIONE NELLA PEDAGOGIA DEL FILM (Rizzo 81)

Analisi del film su basi semiotico-strutturaliste suddivisa in 3 momenti:


• Lettura della vicenda, analisi della dimensione narrativa
• Lettura del racconto, analisi della configurazione linguistica del film
• Lettura dei fondi mentali e lettura globale, analisi della dimensione drammatica della
pellicola

L’attività di comprensione e lettura dell’opera che


Dopo si procede alla precede quella della valutazione è un’inversione
valutazione sulla base delle figlia della temperie culturale semiotica e
indicazioni di Papa Pio XII nelle istruzionista che rimpiazza sia un’impostazione più
“Esortazioni apostoliche sul dogmatica nelle pratiche culturali promosse dalla
film ideale” (1955). Valutazione Chiesa: costituisce una rivoluzione che indica la
dell’opera in base a: forma come antecedente al contenuto.
• verità
• bontà
Baldelli insiste sulla distinzione dei due momenti:
• bellezza
quello grammaticale che riguarda la coscienza critica
• bene comune
del linguaggio e quello valutativo che riguarda le
• risonanza spirituale
“categorie del giudizio che oltrepassano la
• risonanza educativa
grammatica e ne anticipano il materiale per le sue
ordinate casistiche”.

Necessità di trovare una sintesi tra che lega il funzionamento concreto dell’opera con la
sua genesi, cioè con la sostanza dei problemi sociali e politici.
PADRE NAZARENO TADDEI E IL RUOLO DELLA RELIGIONE NELLA PEDAGOGIA DEL FILM (Rizzo 81)

Sia da parte cattolica che da parte laica l’educazione rimane il regno dei fini dove non
scompare il forgiatore di uomini, il pedagogista che dal vuoto materiale vuole far
sorgere l’idealità trasparente della persona.

Il mondo dell’educazione laica importerà i suoi fini dal viraggio etico dell’economia
politica, quello cattolico dalle Scritture e dall’escatologia cristiana. Il mito pedagogico di
un telos perfetto e assoluto ha condannato molte dottrine (dalla tradizione spiritualista
a quella idealista) a stabilire, una volta per tutte e in senso universale, cosa sia educativo
e cosa non lo sia, a partire da una tavola di valori aprioristicamente assunta.

Nel campo dell’educazione cinematografica si manifestava, prepotente, l’urgenza di avere


chiare le finalità dell’intervento educativo, proprio perché l’educazione cinematografica
“spontanea” superava di gran lunga quella formalizzata.

Questo fatto comportava l’evidente fatica da parte della pedagogia di mantenere


all’interno del suo discorso disciplinare sia le forme di costituzione del cinema come
oggetto di sapere (linguistico, estetico, tecnico) sia le possibilità del suo uso sociale. un
fenomeno diffuso e sfuggente, difficile da sottomettere a una struttura didattica, terreno
contraddittorio in cui le metamorfosi continue a cui andava incontro la materia
cinematografica lasciavano poche speranze a una teoria dell’educazione
cinematografica più o meno stabile- che potesse inserirsi in un curricolo scolastico.
LA DOMINANTE COGNITIVISTA NEGLI APPROCCI ALLA FILM EDUCATION (Rizzo 84)

Approccio cognitivista nella pedagogia del cinema (primato dell’istruzione)

Apprendimento filtrato e codificato secondo logiche storiche, riduzioniste e induttive

Approccio cognitivista: presentazione dell’oggetto di studio non nel suo ordine


strutturale ma sotto forma di elementi riconoscibili dalla mente del discente

Didattica cognitivista basata su un’ “intuizione globale delle regole di funzionamento


della struttura” (Bruner) che dovrebbe essere attuato dal discente

L’apprendimento è vincolato a specifiche potenzialità cognitive proprie dell’età


evolutiva del discente

Ciascun film potrebbe essere presentato più volte nella “carriera cognitiva” del
discente, ogni volta formulato in base alle sue sue capacità cognitive (Papi)

La migliore alleata di questa impostazione è l’approccio semiologico-linguistico,


che filtra i contenuti del film secondo le categorie cognitive del linguaggio

Questo approccio, che prevede l’attivazione dello spettatore nell’analisi, dà adito alla
finalità di fondo di costruire una didattica attiva per scongiurare la fruizione passiva
LA DOMINANTE COGNITIVISTA NEGLI APPROCCI ALLA FILM EDUCATION (Rizzo 84)

“abbandonare ogni giudizio di valore, domandarsi se,


dopo tutto, il fenomeno della partecipazione
cinematografica non sia forse il modo fondamentale di
relazione esistente tra lo spettatore e lo spettacolo e se la
soppressione di questo fenomeno, non porti
automaticamente alla soppressione di questo spettacolo
stesso” (Tardy)

Esperienza cinematografica come luogo in cui sperimentare forme diverse di


comprensione che non trattano il film come oggetto da sfogliare esteticamente
o linguisticamente attraverso i suoi piani espressivi, ma lo accolgono come
evento in sé

Approccio non ossessionato da una concezione moralistica e aristocratica


dell’educazione al cinema basata sull’accrescimento delle conoscenze e sul
riconoscimento del “bello” a discapito del “brutto”

Messa in discussione di tutto l’approccio istruzionista e semiologico


LA DOMINANTE COGNITIVISTA NEGLI APPROCCI ALLA FILM EDUCATION (Rizzo 84)

Pedagogia animata da una Pedagogia che ambisce a collocarsi nell’olimpo


profonda matrice filosofica delle scienze empirico-sperimentali

Scienze pedagogiche dello spirito VS Scienze pedagogiche della natura

Anni ‘70. Il rapporto tra cinema e scuola sempre più si trasforma nel rapporto tra un
media codificato semioticamente e un sistema di tecnologie educative

Fiorire di approcci didattici di ispirazione


semiologica che riflettono un’idea della visione
Fiorire di laboratori di filmmaking (per del film chiusa nella classe, in un’idea di
questo tema si rimanda alla lezione scuola reificata, congelata, che non considera
apposita sugli approcci metodologici e il problema educativo come antecedente alle
pratici) pratiche didattiche

Il tecnicismo e il didatticismo sanciscono l’opera di sgretolamento del principio


secondo cui l’acquisizione del sapere tecnico e strumentale è inscindibilmente
legato alla formazione dello spirito e della personalità

La didattica del cinema ottiene il suo approvvigionamento epistemologico da un’altra


scienza, la semiotica. Sembra che solamente quando fosse stata donata al cinema la sua
sintassi, quando fosse stato in qualche modo disciplinato in un sistema di segni sarebbe
stato possibile inserirlo nelle discipline d’insegnamento.
BIBLIOGRAFIA

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Baldelli, P., Comunicazione visiva e educazione, Firenze, La Nuova Italia, 1966
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